Bologna 2021 - Convegno Nazionale "La grande transizione"

CONVEGNO NAZIONALE 2021 LA GRANDE TRANSIZIONE Bologna, 18 settembre 2021 Teatro Auditorium Manzoni Via de’ Monari, 1/2 FEDERAZIONE NAZIONALE CAVALIERI DEL LAVORO GRUPPO EMILIANO ROMAGNOLO

FEDERAZIONE NAZIONALE CAVALIERI DEL LAVORO GRUPPO EMILIANO ROMAGNOLO CONVEGNO NAZIONALE 2021 LA GRANDE TRANSIZIONE Bologna, 18 settembre 2021 Teatro Auditorium Manzoni Via de’ Monari, 1/2

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1 SALUTI ISTITUZIONALI......................................................................... pag. 5 LORENZO SASSOLI DE BIANCHI Presidente Gruppo Emiliano Romagnolo dei Cavalieri del Lavoro STEFANO BONACCINI Presidente Regione Emilia-Romagna RELAZIONI DI SCENARIO ..................................................................... » 15 TRANSIZIONE ETICA S.E. CARDINALE MATTEO MARIA ZUPPI Arcivescovo di Bologna TRANSIZIONE SOCIALE NANDO PAGNONCELLI Presidente Ipsos in Italia TRANSIZIONE ECONOMICA MICHAEL SPENCE Premio Nobel per l’Economia 2001 TRANSIZIONE DIGITALE E GIOVANI .......................................... » 65 Intervento introduttivo VITTORIO COLAO Cavaliere del Lavoro, Ministro per l’Innovazione Tecnologia e la Transizione Digitale Tavola rotonda LEONARDO AMBROSINI Cofondatore di Nexsecutive – Innovation Manager, Business Angel, Startup Mentor SONIA BONFIGLIOLI Cavaliere del Lavoro, Presidente Gruppo Bonfiglioli DAVIDE DATTOLI Cofondatore e Amministratore delegato Talent Garden ANDREA RIFFESER MONTI Cavaliere del Lavoro, Presidente Federazione Italiana Editori Giornali 2 3 3 Indice

TRANSIZIONE ECOLOGICA ED ENERGETICA ................ pag. 91 Tavola rotonda CATIA BASTIOLI Cavaliere del Lavoro, Amministratore delegato Novamont UGO SALERNO Cavaliere del Lavoro, Presidente e Amministratore delegato RINA FRANCESCO STARACE Cavaliere del Lavoro, Amministratore delegato e Direttore generale Enel CONCLUSIONI .............................................................................................. » 111 MAURIZIO SELLA Presidente Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro Coordina i lavori: MYRTA MERLINO Giornalista GALLERIA FOTOGRAFICA................................................................. » 127 5 6 4 La grande transizione 4

SALUTI ISTITUZIONALI 1

7 1. Saluti istituzionali LORENZO SASSOLI DE BIANCHI Presidente Gruppo Emiliano Romagnolo dei Cavalieri del Lavoro Eminenza, presidente Bonaccini, prefetto Ferrandino, autorità, presidente Sella, carissimi colleghe e colleghi, oggi è un giorno speciale. È speciale perché ci ritroviamo insieme per la prima volta dopo due anni, dopo il nostro meraviglioso e memorabile Convegno di Napoli, e ci ritroviamo per riflettere su temi che riguardano tutti noi, il nostro lavoro, il nostro vivere comune e soprattutto il nostro futuro. Lo facciamo in una città che è stata ed è ancora crocevia di conoscenze, laboratorio di studi internazionali. Come sapete, le aule e le biblioteche della nostra Università hanno contribuito alla nascita della pacifica comunità europea della scienza e degli studi, la république immense des esprits cultivés, come l’aveva definita Voltaire. Bologna vi accoglie con i suoi protettivi portici, ora Patrimonio Unesco, che sono i corridoi della nostra casa comune e contribuiscono all’umanità e alla dignità della città. Bologna è la città di Galvani e di Marconi, che oggi si ripropone sulla frontiera dell’innovazione con il super processore del Tecnopolo, che ha il 20% di capacità di calcolo a livello europeo e l’80% a livello italiano. Un miliardo di miliardi di operazioni al secondo, tra i primi cinque supercalcolatori al mondo per potenza di calcolo. L’Emilia-Romagna, quindi, sarà presto la cosiddetta Valley Europea. Gran parte delle ricerche e delle applicazioni sui big data transiteranno, infatti, da qua. Tant’è vero che abbiamo anche il data center per quello che riguarda il centro europeo per il clima. A Bologna, abbiamo un tessuto giovanile con vocazione alla sperimentazione, che riflette sul nostro tempo per imparare a stare nel nostro tempo. Il mondo sta veramente cambiando. Abbiamo sconfinato da territori sicuri, le nostre certezze hanno vacillato, è iniziata una fase di intensa transizione paragonabile a ciò che avvenne per l’Illuminismo e per la Rivoluzione industriale. Mi riferisco alla combinazione di Internet, pandemia e difesa dell’ambiente, un connubio potente in cui la pandemia ha accelerato la digitalizzazione e la consapevolezza delle responsabilità che abbiamo verso il pianeta.

8 La grande transizione Ecco perché abbiamo intitolato questo nostro incontro “La grande transizione” e perché cercheremo di individuarne tutti gli aspetti, nella convinzione che abbiamo davanti un vasto orizzonte di sfide e di difficoltà, ma anche di opportunità. La sensazione che si evidenzia, in questa fase, è che tutto quello che era rigido, marmoreo, stabile, apparentemente immutabile attraversi un momento di fragilità. È come se il cuore del mondo saltasse un battito, è come se avesse un attimo di pausa e l’opportunità è proprio il fatto di approfittare di questa pausa: inserirsi in questa feritoia che si è aperta a sorpresa nel tessuto del mondo, dandoci la possibilità di esternare i nostri desideri, le nostre aspirazioni e anche i nostri sogni. Ci affacciamo su un nuovo orizzonte. È una chiamata a rialzarsi. È il momento di immaginare il nuovo e di costruirlo. Sono più che mai necessarie idee, energie e azione. Questo è il motivo per cui siamo qui oggi a riflettere insieme e a confrontarci con il futuro. È una riflessione che vogliamo dedicare ai giovani, a coloro che, con la loro energia e la caratteristica di avere orizzonti più lunghi, possono fertilizzare le nostre comunità, la nostra società. Però dobbiamo essere noi ad accompagnarli, a creare le condizioni perché i giovani abbiano spazi e modi per esprimersi. Dobbiamo attrarre e trattenere talenti. Perciò, in conclusione, vi formulo tre proposte secche. La prima: che si creino per legge quote verdi nei consigli d’amministrazione delle società quotate, il 20% di under 40 in ogni consiglio. Servono idee e sensibilità verso la trasformazione, soprattutto quella digitale. Se in un consiglio d’amministrazione di saggi mettiamo un giovane incendiario, sicuramente una qualche scintilla parte. La seconda proposta: diamoci l’obiettivo di far tornare in Italia 500.000 giovani espatriati perché hanno trovato migliori opportunità all’estero. Per convincerli, però, dobbiamo valorizzare il merito e dare trasparenza ai percorsi professionali. La terza proposta: creiamo distretti ad alta tecnologia che possano accogliere e incubare i talenti del futuro, realizzando ovviamente tutte le infrastrutture che servono.

Concludo veramente sottolineando come la pandemia ci ha fatto capire che un sistema a trazione scientifica non è infallibile. Dobbiamo imparare a sentire il mondo con empatia nomade, collettiva, pratica. Non sono principi zen, sono cose presenti all’interno dei valori occidentali e del Cattolicesimo. Dobbiamo sentire di più il mondo, non soltanto comprenderlo. Serve il coraggio di spostare la mente da un’altra parte, come facevano i clerici vagantes, i ragazzi d’Europa desiderosi di conoscenza e di esperienza che sotto le venerabili torri di Bologna venivano a formarsi. Quelle torri, che nella loro giovinezza hanno conosciuto i professori cosmopoliti, oggi, ne sono certo, tutte le loro antiche pietre gioiscono per la vostra presenza in città. Buon lavoro. 1. Saluti istituzionali 9

STEFANO BONACCINI Presidente Regione Emilia-Romagna Grazie al presidente Sassoli de Bianchi, grazie a tutti voi. Questa è una regione che proprio lo scorso anno ha fatto sottoscrivere a tutte le parti sociali, tutte quante, nessuna esclusa, dai sindacati alle associazioni imprenditoriali, dalle camere di commercio ai rappresentanti delle banche, dal forum del Terzo Settore, il volontariato, ai professionisti, per arrivare fino alle università, ai sindaci e ai presidenti di Provincia, un patto per il lavoro e per il clima – l’abbiamo aggiunto, dopo il patto per il lavoro del 2015 – che guarderà all’agenda ONU 2030, quindi ben oltre questa mia seconda legislatura, per cercare di stare dentro alla grande opportunità che il Green New Deal europeo darà, anche in termini di risorse economiche mai viste né immaginate, ma soprattutto perché le due transizioni che avete indicato, quella ecologica e quella digitale, sono i pilastri anche del PNRR che il Governo Draghi ha consegnato all’Europa e che per fortuna l’Europa ha validato. Quindi avremo questi 230 miliardi di euro a disposizione, a cui peraltro – non lo dice mai nessuno – se ne aggiungono subito altri 47, che sono le risorse che dall’Europa arrivano direttamente alle regioni. Per noi saranno circa 3 miliardi di euro per la programmazione dei fondi europei settennali 2021-2027. È un’occasione formidabile, che non dovremo sprecare, è tutto da dimostrare che ne saremo capaci. Io credo che il giudizio sulla classe dirigente nazionale e territoriale di oggi verrà, analizzato tra qualche anno, da come saremmo o non saremmo stati capaci o qualcuno sarà stato capace o meno di investire bene queste risorse, che potrebbero far ripartire l’Italia come tutti ci auguriamo. Nei prossimi anni l’Italia, se cogliamo questa opportunità, potrebbe crescere con alti ritmi, in controtendenza con gli ultimi decenni e si potrebbero recuperare nel Paese anche alcuni ritardi sedimentati e accumulati nel passato. Affrontiamo la situazione riguardante il patto per il lavoro e per il clima. Prima, il vostro Presidente ha indicato la grande scommessa che stiamo giocando in questa 1. Saluti istituzionali 11

Regione. Io mi soffermerei solo su questo, per non annoiarvi e perché ho pochi minuti a disposizione. Se avete fatto caso, il presidente Draghi, certamente oggi l’italiano più autorevole in Europa e nel mondo, ha fatto una sola uscita nel Paese ed è venuto esattamente qui, a Bologna, proprio al Tecnopolo, all’ex Manifattura Tabacchi, dove con un grande progetto di rigenerazione urbana verranno recuperati migliaia di metri quadri, programma di recupero di architettura industriale peraltro progettato dall’architetto Nervi lo scorso secolo. Cosa verrà proposto? Avverrà esattamente quello che ha proposto Nervi. Tre giorni fa abbiamo inaugurato, alla presenza anche del ministro Bianchi e delle autorità europee, il Data Center del Centro Meteo Europeo. Qualche anno fa, causa Brexit, alla Gran Bretagna sono stati tolti i centri di riferimento per tutta Europa. Erano a Reading, vicino Londra. È partita una competizione tra i 27 paesi dell’Unione europea. Tra tutte le regioni, abbiamo vinto noi. Quindi a Bologna sono già arrivate le macchine e c’è stata l’inaugurazione. Arriveranno nei prossimi mesi 1.500 ricercatori da tutta Europa e addirittura da Roma, l’agenzia ItaliaMeteo sposterà la sua sede avvicinandosi a quella europea, in questa città. È molto importante perché lo studio della climatologia sta esattamente nel cuore, nel centro della sfida della transizione ecologica per i cambiamenti climatici che potrebbero avvenire. Il Correre della Sera pochi giorni fa ha titolato: “Le previsioni meteo europee si faranno a Bologna”. La frase è succinta ma esprime la situazione che si è creata. Ma su cosa si basa la climatologia? È lì che abbiamo vinto la seconda sfida, ancora più importante. Si basa sull’utilizzo dei big data, peraltro come avviene in Formula 1, in medicina nella sanità più avanzata e comunque come è d’uso in tantissime discipline. Chi fa l’imprenditore – qui in sala ce ne sono di straordinari – sa perfettamente che senza l’avvento o, meglio, senza la transizione robotica, digitale e tecnologica, non saremmo e non sareste in grado di competere con le imprese concorrenti che operano nei comparti più avanzati d’Europa e del mondo. Quindi ci siamo candidati e anche qui abbiamo vinto. Arriverà in questa regione il super computer di calcolo tra i primi cinque al mondo per velocità e trasferimento dei big data al mondo dando riferimenti importanti all’impresa, cioè chi crea lavoro, e al mondo della ricerca e dell’università, quindi a chi forma i talenti. Come veniva detto, La grande transizione 12

l’83% dell’intera capacità di calcolo italiana, e il 21% di quella europea. Io mi sento italiano prima che emiliano-romagnolo e mi rende orgoglioso il fatto che il presidente Draghi, abbia finanziato per metà questo investimento – l’altra metà sono finanziamenti europei – ed abbia potuto dire all’Europa: “Grazie all’investimento della Regione Emilia-Romagna e del Governo italiano, per la prima volta, l’Europa competerà con i colossi cinesi e statunitensi”. Per comprendere l’importanza di essere dentro la transizione, è venuto il ministro Colao poche settimane fa. Ha fatto visita al Tecnopolo e poi al Cineca. Il Cineca è il centro di calcolo più importante in Europa. Il Direttore del Cineca ha consigliato il Ministro di ascoltare i consigli del presidente Bonaccini che comprende la situazione e si fida di noi. “Con il PNRR è importante investire 100 milioni e più di euro perché noi sappiamo già oggi quale sarà il super computer da progettare, assemblare e produrre che fra quattro anni dovrà sostituire quello presente, se si vuole continuare a competere sul mercato globale e rimanere tra i primi paesi del mondo nel mondo digitale”. Tutto questo basterebbe a inorgoglirci, a dirci che stiamo guardando al futuro, ma perché l’abbiamo fatto? L’abbiamo fatto per un motivo, perché circa il 70% dei nostri nipoti e già una parte dei nostri figli faranno lavori particolari e sono lavori che deriveranno dall’innovazione robotica, tecnologica e digitale, è bene che la politica e in particolare il teatrino italiano, che litiga dalla mattina alla sera e che si accusa di quanti posti di lavoro si perderanno per l’arrivo di un robot in più o di un computer in più o di uno smartphone in più, si dia da fare per mettere subito a disposizione delle nuove generazioni quegli strumenti che permetteranno al mondo dell’impresa e della ricerca di far sostituire ogni posto di lavoro che si perderà con un altro più tecnologico o magari anche più di uno. Ecco, noi, da questo punto di vista, guardiamo a quello che dovrà succedere domani, anche se il domani, per certi aspetti, è già l’oggi. E insieme a questo, dobbiamo accompagnare e contrastare e modernizzare ciò che oggi è una carenza tecnologica vera e propria. Ho apprezzato la proposta di dover trattenere qui i nostri talenti e riportare in Italia quelli all’estero. Noi, tra poche settimane, presenteremo come Regione un 1. Saluti istituzionali 13

progetto che provi a coinvolgere l’industria con i post-diplomati e i post-laureati. Abbiamo bisogno di talenti e di professionalità, spesso quelle che oggi mancano a tante imprese che li cercano. Ho terminato. Da ultimo, un momento di riflessione che ci rammenti la tragedia attraversata. Se io mi guardo indietro, all’inizio dell’anno scorso, quando tutto è iniziato, mi chiedo persino come abbiamo fatto a superare tutte le difficoltà che si sono susseguite, eppure l’Italia, l’Emilia-Romagna, ancora una volta, sarà pronta, riusciremo a piegare la curva pandemica e il fatto che noi possiamo essere qui, è solo grazie ai vaccini, altrimenti con i contagi di oggi e senza i vaccini, dovremmo tornare a chiudere tutte le attività che con grandi sacrifici abbiamo riaperto. Io ho fiducia che, grazie alla scienza e ai vaccini, piegheremo la pandemia sanitaria e, piegando quella, ci potremo permettere di guardare la luce in fondo al tunnel. I numeri ci dicono che l’Italia potrà crescere a ritmi non pensabili nemmeno pochi mesi fa. Se guardo la mia terra, l’Emilia-Romagna il prossimo anno crescerà tra il 10 e l’11% di PIL, in un anno e mezzo, due anni. Vorrebbe dire non solo superare l’anno pandemico, ovviamente, ma addirittura il PIL del 2019, che per noi fu l’anno record. Nell’export, 6,6 punti in più rispetto al 2019, l’anno record con oltre 70 miliardi di euro di esportazioni, tutto questo è merito delle imprese che con le loro maestranze sono riuscite a compiere cose straordinarie. Guardando al mondo e alle industrie concorrenti, nel vedere che non riescono a raggiungerci e a raggiungervi per la qualità di quello che si produce un poco di orgoglio fa capolino. Il pensiero che ho detto delle manifatture, potrebbe ripetersi anche per il turismo, ma il cuore dell’investimento, compreso quello che abbiamo fatto al Tecnopolo, è scuola, università, formazione, puntare sui saperi. Puntare sui saperi significa puntare sul bene più prezioso che abbiamo, che sono i nostri figli. Questo è l’impegno che noi mettiamo al servizio del Paese, perché siamo davvero convinti che da questa terra ripartirà non solo l’economia e il lavoro, che peraltro per tanti aspetti non si è mai fermato, ma soprattutto un contributo a far sì che l’Italia torni nel posto che merita nel mondo. Grazie e buon lavoro. La grande transizione 14

RELAZIONI DI SCENARIO 2

TRANSIZIONE ETICA MYRTA MERLINO Giornalista Credo che affrontando le grandi transizioni che sono davanti a noi, ci sia un elemento che va tenuto sempre presente, che è l’uomo. Come ci arriveremo a questi grandi cambiamenti e soprattutto dopo una crisi che è stata molto dura per moltissimi di noi? Lo è stata per le persone anziane, lo è stata per i giovani, lo è stata per chi ha perso il lavoro. Io, in tutti questi mesi molto difficili, in cui sono andata in onda tutte le mattine, anche durante il lockdown, ho raccontato in molti casi il dolore, la paura, il disagio degli italiani. Quindi credo che quando siamo convinti che possiamo ripartire ed è il momento di farlo, bisogna anche stare attenti a non lasciare indietro nessuno e a evitare gli egoismi. “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”, ha detto il Papa. Secondo me, è una frase che ci deve guidare e illuminare. È per questo che credo sia molto importante avere con noi questa mattina, su questo palco, il cardinale Zuppi, Arcivescovo di Bologna, che ci aiuterà a fare una riflessione un po’ più ampia. Il cardinale Zuppi è anticipato da una grande fama. Tutti dicono che è un uomo molto speciale. Vedo il professor Prodi in prima fila. Non so perché, ma ricordo che una volta parlammo di lui e mi disse cosa pensava della sua presenza e in particolare della sua fondamentale presenza in questa città. So che Draghi è venuto a Bologna e quando l’ha vista ha detto: “Finalmente ci incontriamo”. Nel mio piccolo, sono molto felice di incontrarla. Prego, si accomodi sul palco. Anche perché, Cardinale, lei scrisse una bellissima lettera, credo che fosse gennaio scorso, alla Costituzione, una cosa po’ atipica da parte di un uomo di Chiesa. Disse una cosa che mi colpì moltissimo. Fece un parallelo tra l’Italia travolta dalla pandemia e l’Italia del dopoguerra, specificando, però, che allora c’era una grande speranza. Oggi manca la speranza. Era gennaio, sono passati dei mesi, è cambiato molto attorno a noi. Forse la speranza è tornata. 2. Relazioni di scenario 17

S.E. CARDINALE MATTEO MARIA ZUPPI Arcivescovo di Bologna Innanzitutto, devo ringraziare ovviamente. Quella che voglio condividere con voi è una riflessione su questo momento, su questi periodi che stiamo vivendo, indubbiamente così particolari. Io ricordo una conversazione. La prima volta che conobbi uno di voi, uno dei maggiori imprenditori della nostra città, essendo dello stesso anno, del 1955, abbiamo ricordato l’eredità che tanti di noi ha ricevuto, non soltanto di consegna di possibilità, di ricchezza, di futuro, ma soprattutto come testimonianza ed esempio. L’esempio di una generazione che ci ha preceduto, che ha vissuto la tragedia, quella vera pandemia – non perché la nostra non lo sia – quella pandemia madre di tutte le pandemie, che è la guerra e di cui potremmo dire che molti di noi sono figli. Generazionalmente parlando, molti che hanno ricevuto tanto dalla progenie. Noi non abbiamo vissuto la guerra. Paragonare la pandemia alla guerra sarebbe fortemente egocentrico. Salviamo sempre le proporzioni. Ma la responsabilità, sì. La responsabilità che abbiamo, sì. Credo che tanti che ci hanno preceduto in quel periodo terribile ci hanno lasciato un grande patrimonio di speranza, di futuro, di scelte, di rigore, senza nessun moralismo, che non ha mai convinto nessuno, ma di rigore di fare le cose che si dicono, di garantire, di dare il futuro e di sapere che il nostro futuro è insieme a quello degli altri. La generazione che ci ha preceduto, perché si pensava insieme ai propri operai e alle persone, molte volte sapeva e condivideva, proprio perché aveva vissuto quella tempesta della guerra, che se ne esce insieme, che soltanto insieme è possibile venir fuori e garantire per tutti i nostri figli, tutti, qualcosa che ancora non c’è. Ecco, io sento tanto, generazionalmente, la responsabilità di questo, di momenti di svolta, di momenti decisivi, come quello che stiamo vivendo, in cui ci sono delle possibilità che non ricapiteranno. C’è una consapevolezza diffusa. C’è un’attesa a cui corrispondere. C’è un grandissimo patrimonio etico che ci è stato consegnato e che molti di voi rappresentano con la loro storia, con quello che hanno saputo condividere con gli altri. La grande transizione 18

Ecco, credo che questi mesi siano davvero decisivi e determinanti per il nostro futuro. “La grande transizione”, la scelta del tema di oggi, non a caso, vuol dire proprio quello che noi abbiamo ricevuto ed è anche una grande possibilità di perdere quello che non serve, certe ritualità che molte volte comportano dei pesi e delle fatiche, che qualche volta sprecano delle risorse, delle possibilità. Quello che noi stiamo vivendo, questa ripresa e anche questo inizio di ripresa, è fortemente incoraggiante, ma non dobbiamo perdere l’obiettivo: il rigore di questo momento. Non desidero fare la predica. Per certi versi, forse è qualcosa di più, perché siete davvero consapevoli di quello che abbiamo, dell’attesa che c’è in questo momento e delle risposte che con rigore dobbiamo offrire a quelli che ci sono e a quelli che verranno. Giustamente, com’è stato ricordato all’inizio, 500.000 ragazzi stanno fuori. La speranza sembra quasi che si trovi soltanto andando lontano. Noi dobbiamo fare esattamente il contrario, il messaggio è chiaro ed è indubbiamente affidato a ognuno, è personale ed è quello di superare le asperità ed è impressa nella vostra storia. Credo che questo sia anche il compito che abbiamo in un momento così decisivo, perché se non c’è la transizione, si perde. Se non c’è la transizione, resta qualcosa del passato. Quello che voi rappresentate è un grande passato e un grande presente, ma tutto ha senso se sappiamo traghettarlo verso il futuro e non basta mai la conservazione. In termini evangelici, chi vuole conservare perde. Molti di voi hanno dentro di sé il desiderio e la voglia di qualcosa di nuovo che conservi il passato, ma appunto guardando al futuro. Questa credo che sia la responsabilità di questi mesi, delle possibilità di nuove situazioni e soprattutto un grande momento di scelta, di rigore. È un destino comune che abbiamo compreso. Il Papa ha insistito sempre tante volte: “Guardate che siamo sulla stessa barca”. Credo che l’abbiamo capito in maniera fisica. Lo capiamo ancora in maniera tangibile per le condizioni in cui ancora ci troviamo. Questo ci ha costretto, per certi versi, di nuovo a pensarci insieme e a pensare che abbiamo davvero un destino comune, che la barca è una sola, che la casa comune è una sola e che nel ruolo di ciascuno, con le capacità di ciascuno, con la straordinaria capacità di inventare, che voi rappresentate, ci offra una grande possibilità 2. Relazioni di scenario 19

per dare sicurezza, per dare futuro, per guardare avanti e non conservare soltanto il passato. Ne abbiamo davvero bisogno, credo che ce lo chiedano i tanti che guardano a noi con speranza, con fiducia, in una concertazione nuova, in una capacità anche di mettere da parte quello che divide e di cercare quello che unisce, come avrebbe detto San Giovanni XXIII. La nostra regione ha una storia così particolare che sa unire il piccolo e il grande, l’antico e il nuovo, l’umano e anche il necessario e andare oltre questo, i rapporti così intensi e allo stesso tempo con un rigore produttivo. Ecco, credo che proprio per questo abbiamo insieme una grande opportunità di questa transizione. Se ciò non avverrà, rischieremo di vivere nel passato. Abbiamo ricevuto tanto dagli uomini, dai nostri padri, che hanno saputo guardare il futuro e consegnarci il futuro. Noi dobbiamo esattamente fare questo in questo momento permettendoci di trasformare e rendere una difficoltà una grande opportunità, nella consapevolezza di un destino comune, del pensarsi insieme e, vorrei concludere, in quella grande differenza che papa Francesco ha ricordato agli imprenditori a Genova: la differenza fra gli speculatori e gli imprenditori. Voi rappresentate la grande tradizione di una regione che ha saputo unire il piccolo e il grande, che ha mantenuto fortemente i piedi per terra, ma allo stesso tempo ha saputo accogliere e guardare lontano. Oggi abbiamo la necessità che questa vostra capacità imprenditoriale, con rigore, con visione, sappia aiutare il Paese e l’Europa a essere degne dei nostri padri per guardare e spendere la tanta sapienza umana e intellettuale permettendo il futuro per quelli che ci sono e per quelli che verranno. Finisco ricordando queste parole, appunto, che papa Francesco ha rivolto e che credo siano per noi e per voi la conferma di quello che rappresentate. Se uno rappresenta qualcosa e se lo vive per sé, si compiace. Noi non dobbiamo compiacere, perché la vera soddisfazione, credo, per tutti quanti voi, è quella di vedere qualcuno che sta meglio. È quella di vedere qualcuno che trova futuro. È quella di vedere uno straniero diventare italiano. È quella di vedere personalmente i vostri nipoti e di pensare a quello che appunto ci supererà. Questo credo che sia quello che noi profondamente vogliamo, per cui vale la pena spendersi e rischiare, avere anche il gusto di rischiare qualcosa di nuovo, perché La grande transizione 20

abbiamo ereditato tanto da uomini e donne, da persone che ci hanno affidato questo benessere perché hanno rischiato, perché hanno saputo guardare lontano, perché hanno pensato per quelli che vengono dopo. In altri termini, per gli altri. Concludo con questo. Papa Francesco ha fatto un bellissimo discorso agli imprenditori, che credo sia stato per tutti quanti un grande riconoscimento e anche una grande responsabilità. Se uno si compiace, finisce lì. I grandi riconoscimenti – e voi rappresentate tanta di questa storia e di queste capacità – sono qualcosa che ci aiuta e ci spinge a spendere in un momento così decisivo per migliorare. Papa Francesco ha detto: “Si sa che i regolamenti e le leggi pensati per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti e oggi ci sono tanti veri imprenditori, imprenditori onesti, che amano i loro lavoratori, che amano l’impresa, per certi versi che ci si identificano, che lavorano accanto a loro per portare avanti l’impresa. Questi sono più svantaggiati da queste politiche che favoriscono gli speculatori. Ma gli imprenditori onesti e virtuosi vanno avanti e alla fine, nonostante tutto, costruiscono il futuro”. Mi piace citare a questo proposito una bella frase di Luigi Einaudi, economista e Presidente della Repubblica italiana in un momento di ricostruzione, di ancora più grande transizione, che ha detto: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarne spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi”. Hanno quella mistica dell’amore. Ci serve tanto per affrontare questo momento e per fare di questo momento una grande opportunità, per essere molti di noi figli dei nostri padri e perché tanti possano godere della ricchezza che noi abbiamo. Grazie e buon lavoro. 2. Relazioni di scenario 21

TRANSIZIONE SOCIALE MYRTA MERLINO Giornalista Oggi parliamo di transizioni, di grandi transizioni e di varie transizioni. Nel frattempo, c’è una transizione sociale, c’è un Paese che deve cambiare pelle, nel bene e nel male. Io ho un piccolo osservatorio quotidiano, perché lo racconto tutti i giorni e quindi sento spesso sulla pelle quello che accade in questo Paese, ma non potrei farlo senza l’analisi dei dati, di quello che si agita all’interno della società, nel profondo della società. Questo è un lavoro che fa molto bene, sulla nostra rete, tutte le settimane da Giovanni Floris, Nando Pagnoncelli, uno dei giornalisti più ascoltati d’Italia, che riesce sempre a darci un quadro approfondito e molto interessante su quello che accade davvero nelle pieghe del nostro Paese e anche su come gli italiani si stanno preparando a queste transizioni, che per alcuni sono grandi opportunità e per altri sono timori, una paura. Quindi mettere in fila anche tutti i sentimenti che compongono la società italiana è molto importante. Invito sul palco Nando Pagnoncelli. Ben trovato. Ci deve aiutare a fare una grande ricostruzione del terreno in cui ci stiamo muovendo e anche forse di quel tema dei giovani che il presidente Sassoli ha lanciato e che secondo me anche il Cardinale ha ripreso. Cosa consegniamo ai giovani? Quindi, sostanzialmente, quale sarà il nostro futuro? Perché poi sulle gambe dei giovani cammina il nostro futuro. Grazie. NANDO PAGNONCELLI Presidente Ipsos in Italia Grazie, Myrta. Buongiorno a tutti. Sono davvero grato al presidente Sella e al presidente Sassoli de Bianchi per questo invito e sono onorato di poter condividere con voi i risultati di una ricerca che abbiamo realizzato proprio per capire a che punto è il Paese dopo più di 18 mesi di pandemia e quali sono le prospettive che i cittadini intravedono. La grande transizione 22

Ovviamente non sono atteggiamenti, risposte ed emozioni univoci. Ci è stato chiesto di indagare molto sulle emozioni della popolazione. Viviamo una situazione di sospensione, dove, come vedremo tra poco, il clima, il sentimento prevalente è quello della speranza, non disgiunto però da paura, preoccupazione e così via. Proviamo a vedere che cosa è emerso da questa ricerca, non prima però di avervi detto che è una ricerca molto ampia e corposa. I risultati saranno messi a vostra disposizione, come ha detto il presidente Sassoli de Bianchi, e quindi mi soffermerò soltanto sugli elementi principali. Però, nell’ultima parte dell’intervento, vorrei anche darvi conto delle tantissime ricerche che abbiamo realizzato sul clima sociale, in Italia e non solo, e quali possono essere le prospettive e le sfide che ci aspettano, per i giovani e per la popolazione in generale. In una ricerca molto ampia, ovviamente l’aspetto metodologico è quello che tedia di più. Non mi ci soffermo, è solo per dirvi che abbiamo avuto un approccio sia qualitativo sia quantitativo. Cosa vuol dire qualitativo? Per chi non ha dimestichezza con le ricerche demoscopiche, sono ricerche gestite da psicologi per riuscire a far emergere gli elementi non razionali, le emozioni, l’affettività e tutti quegli aspetti che, però, incidono, influenzando moltissimo i nostri comportamenti. Poi c’è la classica fase quantitativa per misurare, per dimensionare i fenomeni. Abbiamo lavorato su un campione di giovani, però abbiamo voluto anche indagare – questo è un elemento molto importante che ci ha dato, almeno a noi di Ipsos, una certa sorpresa – anche studenti frequentanti il Collegio universitario dei Cavalieri del Lavoro “Lamaro Pozzani” di Roma. Ci sono risultati davvero sorprendenti su aggregato. Abbiamo lavorato sulla popolazione matura. Poi ovviamente c’è stato un campione estensivo: mille intervistati rappresentativi della popolazione, più un sovra campione di giovani. Cosa è emerso da questa ricerca? Innanzitutto, vi sorprenderà il fatto che chiedendo “Le sue condizioni, le condizioni economiche della sua famiglia, come sono cambiate?”, il 56% riferisce che: “Non sono né migliorate né peggiorate” (Slide 2, pag. 34). Vedremo in conclusione del mio intervento la frattura tra garantiti e non garantiti, cioè tra le dimensioni all’interno del Paese di coloro che sommando tutto, in questa situazione, non hanno avuto un peggioramento. Poi, però, il 37% 2. Relazioni di scenario 23

conferma che la situazione è peggiorata e solamente il 7% che è migliorata. Quindi tra chi non ha avuto cambiamenti, prevale il peggioramento. Poi abbiamo un giudizio sulla campagna vaccinale (Slide 3, pag. 35). Il mese di svolta è stato il mese di maggio. È un giudizio largamente favorevole. Il 68% esprime un giudizio abbastanza positivo. Nella regione, addirittura sale al 72%. Attenzione, non è un dato banale, perché soltanto a marzo eravamo al 20% di apprezzamento nell’andamento della campagna vaccinale, che era limitato da aspettative che in qualche modo erano state un disattese rispetto alle aspettative. L’avvicendamento del commissario Arcuri con il generale Figliuolo è stato salutato con grande favore, anche perché simbolicamente è un uomo dello Stato che si occupa degli interessi dei cittadini. Quali sono le priorità per il Paese secondo gli italiani e secondo i giovani? (Slide 4, pag. 35). Lavoro e occupazione al primo posto; sanità al secondo posto, comprensibilmente; poi, ambiente, inquinamento, gestione dei rifiuti al terzo posto; riduzione delle tasse, crescita e sviluppo economico e il tema dell’immigrazione. Non ci sono grandi differenze nella gerarchia all’interno del campione di giovani che abbiamo interpellato. Un dato che per certi versi dobbiamo prendere in considerazione e non dare per scontato è questo: la qualità della vita nella zona in cui le persone vivono (Slide 5, pag. 36). Per il 26%, è molto elevata, uno su quattro, e uno su due dice che è abbastanza buono. Quindi il giudizio complessivo è più positivo che negativo quando si considera la qualità della vita nella zona di residenza. Quando chiediamo del futuro, il Paese è al bivio. Perché? Perché un terzo degli italiani, che vedete in blu, dice che il Paese sta andando nella direzione giusta. Un terzo. Attenzione, perché è un dato in crescita di undici punti, è un risultato importante se lo si confronta con l’aprile di quest’anno. Però, a questo 33% si contrappone il 38% che di converso considera che il Paese sta andando nella direzione sbagliata. È un dato in contrazione, ma è comunque una percentuale molto rilevante. Poi c’è il 29%, che è disorientato, smarrito, non sa se il Paese stia andando nella direzione giusta o nella direzione sbagliata. La grande transizione 24

C’è un rapporto critico con la politica, questo è chiaro. Abbiamo chiesto se si guarda con più o con meno interesse il mondo politico, il 54% dichiara di avere un interesse basso o in diminuzione, il 46%, invece, dichiara di guardare con speranza a quelle che possono essere le scelte politiche. “Quali sono le emozioni? Innanzitutto, a che punto siamo della crisi sanitaria?” Ovviamente nessuno ha la sfera di cristallo, né su questa dimensione né sugli aspetti economici e il futuro del Paese, però bisogna considerare che ciò è importante perché queste convinzioni diffuse tra i cittadini guidano poi i comportamenti della gente. Il 30% considera che il peggio sia passato; il 26% dichiara che siamo all’apice dell’emergenza, però c’è un quinto degli italiani, uno su cinque, che è preoccupato perché pensa che il peggio debba ancora arrivare. Quindi immaginate la preoccupazione che queste persone esprimono e i comportamenti che coerentemente con questa preoccupazione seguiranno. Il 23% non lo sa. Tra i giovani, “il peggio è passato” è un po’ più alto: il 36%. Poi, ovviamente, c’è la domanda un po’ tranchant: “È più preoccupato per la situazione relativa al rischio di potersi ammalare o che si possa ammalare qualche familiare o al rischio di perdere il lavoro, i guadagni, il reddito, i risparmi e così via?”. Primum vivere, deinde philosophari e inevitabilmente, anche in ragione del fatto che la metà del Paese dice di non aver avuto grossi contraccolpi economici, la preoccupazione è più incentrata sulla salute. La soddisfazione per la propria vita è elevatissima. Il 68% dà un voto almeno sufficiente. Il 28% addirittura, in una scala da uno a dieci, dà un voto da otto a dieci. Quindi l’84% dichiara una situazione complessiva positiva in generale. La felicità viene affermata da due italiani su tre. Però, analizzando i dati attraverso delle opportune tecniche di regressione cosa emerge? Che la felicità è legata alla situazione affettiva, alla situazione familiare, alle modalità con cui si trascorre il tempo, in particolare il tempo libero, i propri hobby, i propri interessi, in pratica la situazione è indirizzata sulla dimensione personale. La soddisfazione prevale su tutte le dimensioni, tranne sulla situazione sociale e politica del Paese, dove inevitabilmente abbiamo valutazioni negative. 2. Relazioni di scenario 25

Poi, dobbiamo considerare l’impatto psicologico della pandemia. Abbiamo chiesto: “Le capita più o meno spesso di essere preoccupato, ansioso e così via?”. Anche qui sottolineerei un elemento, ma non per tranquillizzare. La parte colorata in grigio che vedete, è la risposta di coloro che dicono “Più o meno come prima, non è cambiato molto” è quasi sempre prevalente. Poi, però, tra coloro che non dichiarano che non è cambiato nulla, prevalgono situazioni piuttosto complesse, preoccupazione, ansia, nervosismo, irritabilità, depressione, tristezza, l’essere sopraffatto dagli eventi e così via. Mi ha colpito molto, tra i giovani, il fatto che il sentirsi solo, per il 38%, è superiore rispetto a quello che rileviamo nella popolazione in generale, proprio perché abbiamo discusso più volte in questi mesi sulla dimensione relazionale come elemento che manca ai giovani, così come l’essere spaesato, disorientato: 39% tra i giovani, 32% nella popolazione. “Quali sono le emozioni prevalenti?” (Slide 6, pag. 36). La speranza è al primo posto, il 29%. Poi, però, abbiamo preoccupazione, stanchezza. C’è anche ottimismo, il 16%, e così via. È chiaro che in questa fase le emozioni negative prevalgono su quelle positive. C’è anche una difficoltà particolarmente acuta nel proiettarsi nel futuro, nella possibilità di realizzare i propri progetti personali (Slide 7, pag. 37). Difficoltà che è sicuramente molto diffusa nella popolazione. È interessante, però, che i giovani, da questo punto di vista, siano percentualmente più ottimisti, di poco, il 35% contro il 31% della popolazione. Vi mostrerei qualche dato qualitativo, che è per me particolarmente importante, ed evidenzierei la differenza tra gli studenti che vivono nel vostro collegio rispetto ai giovani. I giovani, in qualche modo, in sintesi, si sentono come sopraffatti dalla pandemia. Il contraccolpo sia psicologico sia emotivo è molto forte. Si sentono spaesati e incerti sul futuro (Slide 8, pag. 37). È diverso il quadro che emerge tra i giovani del vostro collegio (Slide 9, pag. 38). Esistono caratteristiche diverse dal punto di vista dell’impatto psicologico. C’è una voglia di riscatto. Sono molto più misurati dal punto di vista emotivo. Sono altamente preparati a un approccio più razionale e analitico. Sono reattivi e ricettivi a ogni stimolo. La popolazione matura, quella composta dal resto del campione La grande transizione 26

che abbiamo interpellato, è un leggermente più razionale. Attraverso una maturità esperienziale, vive con meno contraccolpi quello che stiamo vivendo e ha un approccio più analitico. I giovani, in generale, si sentono su una barca in mezzo al fiume in balia delle diverse correnti. È emersa anche questa espressione. Abbiamo usato la metafora della barca. Questo senso di onnipotenza che caratterizzava il periodo prepandemico viene meno. La spensieratezza è assente. La leggerezza manca e l’energia, la determinazione, la voglia di fare, che caratterizzavano il periodo prepandemico sono finiti. L’idea è di aver perso la possibilità di un controllo sulla propria vita e sul proprio futuro e quindi prevalgono i sentimenti di insicurezza, di sconforto. Per questa ricerca, gli psicologi hanno utilizzato delle loro tecniche. Pensate che hanno conversato per sette giorni con i giovani che sono stati coinvolti in questa ricerca. Abbiamo chiesto di indicare delle fotografie che rappresentassero il momento che stanno vivendo. C’è nostalgia del passato, un senso di immobilismo. Sono immagini infelici: i polsi legati, una strada senza fine con un punto di domanda. Poi, abbiamo chiesto di esprimere spontaneamente, di citare quale canzone rappresenta oggi il proprio stato d’animo. Vedete anche qui: “Tristezza (per favore vai via)”, “Rosso di rabbia”, “Melodia proibita”, “I Want To Be Free”, “Vivere” e sono alcune delle canzoni citate. Gli studenti del collegio, al contrario, esprimono sostanzialmente una metafora diversa, parlando sempre della barca. Si sentono capitano della propria barca, a vele spiegate, verso ciò che li attende. L’aver vissuto ovviamente all’interno del collegio la pandemia ha consentito agli studenti di vivere una quasi normalità, pur in un contesto che è cambiato profondamente, ricevendo però sostegno emotivo e psicologico e maturando emotivamente e socialmente, di conseguenza pensano all’oggi con ottimismo. Non è un caso che le fotografie che hanno scelto loro sono l’arcobaleno, il gruppo, il vaccino, la fiducia nel vaccino e così via. Le canzoni risultano particolari. Sono citate spontaneamente, non c’era nessuna guida. Quindi, vedete: “Viva la vida” dei Coldplay, “Canzone contro la paura”, “Allegria”, “We Are Young”, ecc. 2. Relazioni di scenario 27

La popolazione matura, sempre con la metafora della barca, riferendosi alla metafora di prima: “Siamo tutti sulla stessa barca, si cerca di tenere ben saldo il timone”. Ecco allora che emergono sostanzialmente: senso di concretezza, razionalità e obiettivo di stabilità (Slide 10, pag. 38). Insomma, si pongono nei confronti dell’oggi con un approccio razionale e con una tendenza a valorizzare anche le piccole cose. La rivalutazione di ciò che una volta era dato per scontato, nella popolazione adulta, emerge significativamente. In questo caso si possono elencare le immagini che hanno scelto le persone mature che abbiamo intervistato: voglia di fare fortuna e ottimismo. E vediamo le canzoni: a partire da “Il Canto degli Italiani”, quindi l’“Inno di Mameli”, agli altri titoli che sono stati menzionati spontaneamente dalle persone che abbiamo interpellato. “Quali sono le attese del futuro? Quando usciremo da questa situazione?” (Slide 11, pag. 39). Anche qui è importante osservare che la maggioranza assoluta pensa che tutto si concluderà nel 2022: metà 2022 per il 23%; per il 31% alla fine. Però, attenzione, perché c’è un quarto di popolazione che pensa che dovremo andare alla fine del 2023 e addirittura il 17%, praticamente un italiano su sei, che pensa che sia ancora più in là l’uscita dalla crisi che stiamo vivendo. Attenzione, qui veniamo agli aspetti un positivi (Slide 12, pag. 39). Le previsioni economiche. Nonostante chiediamo nei prossimi sei mesi come si prevede che cambierà la propria situazione economica, il 59% ci dice che non cambierà nulla, però prevale l’ottimismo sul pessimismo, 24% contro il 17%. Anche tra i giovani: 26% contro il 15%. L’economia del Paese. Anche qui mi soffermerò nelle conclusioni. Aumenta il livello di ottimismo, alla luce dei dati che conosciamo di previsione di andamento del PIL. Poi, se guardiamo ad un futuro prossimo, il 59% pensa che la situazione nel Paese potrà migliorare. Quindi un c’è più ottimismo rispetto al pessimismo per quanto riguarda l’immediato. Ancora, un altro elemento che mi sembrava interessante, e se volete, curioso, è questo: quando chiediamo quali sono i progetti che si hanno per il futuro, mettersi a dieta è al primo posto. Questo, ovviamente, ha sorpreso molto il presidente Sassoli de Bianchi e l’ha compiaciuto, tenuto conto della sua attività. Però, al di là di questo, che è un aspetto legato ovviamente a quello che è successo in questi 18 La grande transizione 28

mesi, ci sono i viaggi, la ristrutturazione della casa, un progetto che si coltiva da tempo, ecc. Tra i ragazzi, ovviamente, iniziare un lavoro, una nuova attività, è la risposta più gettonata. Allora, anche qui, come guardano al futuro? I giovani in generale mostrano un pessimismo prevalente (Slide 13, pag. 40). C’è desiderio e voglia di positività, ma anche paura di un ritorno a una situazione passata. Poi c’è il timore verso le diseguaglianze sociali, l’individualismo e l’egoismo, se guardano al Paese. Vedete però che gli studenti del collegio sono più realisti, hanno uno sguardo analitico verso il futuro (Slide 14, pag. 40). Pensano che ci sia possibilità di rinascita, sanno e hanno speranze nei confronti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. C’è comunque un po’ di disillusione rispetto a quella che può essere la capacità progettuale del nostro Paese, la stabilità politica a lungo termine. Vedete che tra la popolazione adulta risulta più di ottimismo. Andrei al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, così importante però così poco conosciuto, perché vedete che il 61% non lo conosce; addirittura, un italiano su tre, il 33%, non sa proprio cosa sia; solo il 7% dichiara di conoscerlo anche nei dettagli; il 32% dice che sa di cosa si tratta, ma non ha approfondito più di tanto. Allora è chiaro che, in una situazione di questo tipo, le aspettative possono essere variabili, ma sono fortemente influenzate dal livello di conoscenza di questo piano, per cui, per certi versi, rappresenta un’opportunità, ma al momento è più una prospettiva futura privata un po’ dei contenuti. Quando poi glieli leggiamo noi, si rendono conto che sono importanti e li riconoscono, però, vedete nella parte bassa della slide, essendo noi un po’ cattivi, ovviamente formuliamo anche delle risposte errate, aderiscono anche a risposte errate, come a dire che c’è un’aspettativa generalizzata su tutti questi aspetti. Però, attenzione, perché c’è una fiducia limitata rispetto a quella che sarà la capacità del Piano di far crescere il nostro Paese e risolvere alcuni nodi strutturali. Ciò che spaventa è la falsa illusione che possa cambiare davvero qualcosa per il futuro. Si teme che la speranza possa essere resa vana dalla cattiva gestione politico istituzionale che ormai contraddistingue l’Italia da troppo tempo, tranne la parentesi del presidente Draghi (Slide 15, pag. 41). Priorità di questo piano vanno alla salute, che vale il 35%, è la parte a destra dei sei capitoli. Però, attenzione, perché le preoccupazioni 2. Relazioni di scenario 29

sono incentrate sul rischio di corruzione e illegalità, sull’inefficacia dei progetti, sull’incompetenza di chi è chiamato a implementare questi progetti e così via. In pratica, conoscenza limitata, ma anche diverse perplessità (Slide 16, pag. 41). Allora, vengo alle considerazioni conclusive, che in qualche modo vorrei riallacciare anche alle prospettive future, che sono queste. Uno dei mantra dei primi mesi del lockdown era: “Ne usciremo migliori”. Ma l’interrogativo che ci poniamo è: “Siamo convinti che ne usciremo migliori?”. È chiaro che ci sono grandi opportunità, ma non possono essere opportunità che in modo inerziale si affermeranno. E allora proviamo a vedere cos’è cambiato, che cos’è mutato nella prima parte della pandemia, quando il virus ha fatto irruzione nella nostra vita. In parte, già il cardinale Zuppi ha parlato, appunto, del senso di interdipendenza. Ricordo una sua intervista sul Corriere della Sera in cui parlava di questa ricomposizione, di una frattura, di questa separazione crescente tra dimensione individuale sovrainvestita e un indebolimento del senso di appartenenza. Ritorno al senso della comunità. Viene riassegnato il valore al pubblico. Pensate a tutto il dibattito sulla sanità pubblica. Rispetto delle regole, senso di responsabilità. Sto parlando dei primi mesi del lockdown, evidentemente, però ci sono altri aspetti molto importanti. Uno: è stato riassegnato valore al tempo, perché usciamo dal presentismo permanente degli ultimi 20 anni, del qui ora, del tutto e subito. Stiamo reimpossessandoci della dimensione dei progetti di medio-lungo termine (Slide 17, pag. 42). L’altro aspetto importante: il ritorno del valore alle competenze e alla delega. In pratica è terminata l’abitudine alla disintermediazione, è finita l’idea che tutti possono fare tutto e possono esprimersi su tutto. Di fronte alla paura, l’atteggiamento prevalente è: pensaci tu. C’è bisogno di una guida. E poi, ancora, il capitale sociale, come sappiamo: volontariato, raccolte fondi. È stata una fase molto positiva con un sentimento di concordia e di coesione. Poi, però, arriva la seconda ondata, la seconda ondata porta più incertezza, disorientamento e, dall’“andrà tutto bene, ne usciremo migliori”, c’è stato un pessimismo prevalente. Sto parlando dell’autunno dello scorso anno. Quindi riaffiorano i particolarismi, riaffiorano le fratture sociali, diminuisce la fiducia. La grande transizione 30

Oggi viviamo una fase diversa. Ieri, il presidente Sella ha detto che è un momento magico, un momento magico anche per le prospettive che si stanno delineando, all’interno del Paese, nelle opinioni dei cittadini. Questo è il clima di fiducia dell’Istat, quello monitorato mensilmente. Nella slide la linea in arancione è il clima economico, quindi sta crescendo la fiducia che la situazione economica possa migliorare, però non cambia molto dal punto di vista personale (Slide 18, pag. 42). Traduco: il Paese va bene, ma alla fine io non sto vedendo ancora risultati sulla mia vita. Poi, ancora, guardate il modo di raccontare il Paese. Vi ho riportato questa tabella allegata (Slide 19, pag. 43). Noi siamo presenti in 90 paesi. Facciamo questa ricerca mensilmente. Chiediamo alle popolazioni di ogni Paese di indicare un giudizio sullo stato dell’economia del proprio Paese. Guardate un anno prima del Covid: il 17% degli italiani esprimeva un giudizio positivo sull’economia dell’Italia. Eravamo preceduti da paesi come il Perù. Il 57% di popolazione esprimeva un giudizio abbastanza positivo sull’economia del loro Paese. Quindi: incapacità di riconoscere l’Italia e i suoi meriti. Oggi siamo al 39% (Slide 20, pag. 43). Sta cambiando qualcosa. In questi 25 paesi, noi realizziamo un barometro sul clima di fiducia. L’Italia è il Paese che fa segnare la crescita maggiore di fiducia dal gennaio 2020, inizio pandemia, a oggi. È vero che partivamo bassi, ma è altrettanto vero che i segnali di cui avete parlato, in realtà, sono segnali molto incoraggianti. Allora, la preoccupazione per il Covid è ancora presente, come abbiamo visto, sebbene in contrazione. C’è una ripresa di fiducia. Ci sono aspettative elevate per il PNRR, soprattutto da parte della classe dirigente del Paese. Però, c’è un dubbio: siamo consapevoli delle responsabilità che tutto ciò comporta anche a livello individuale? Quando parliamo delle fratture, quando parliamo dei giovani. Il presidente Sassoli de Bianchi parlava delle quote giovani, ma il tema è che il cambiamento e l’inclusione dei giovani passa attraverso sicuramente provvedimenti normativi, ma passa anche attraverso il cambiamento individuale. Nelle vostre aziende, quante persone sono disposte – e non mi sto riferendomi ai dirigenti – ad avere un collega giovane che viene premiato o viene pagato di più 2. Relazioni di scenario 31

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