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(RI)CONQUISTARE MERCATI con l’identità culturale | Civiltà del Lavoro 3/2025

07.09.2025

Puntare sugli aspetti immateriali e sull’identità culturale dei prodotti di lusso: è questa la “ricetta” suggerita dal professor Matteo De Angelis, docente del Dipartimento di Impresa e Management dell’Università Luiss, coordinatore del PhD in Management e Advisor del rettore per marketing, reclutamento e orientamento, nonché autore insieme a Cesare Amatulli del volume “Luxury marketing: vendere il lusso nell’epoca della sostenibilità”.

Come valuta la situazione dell’industria del lusso a livello globale e italiano?
È una situazione certamente difficile per diversi brand a livello di performance di mercato. Tale difficoltà affonda le radici certamente nei prezzi molto elevati, anche rispetto al valore funzionale e simbolico offerto dai prodotti di lusso, ma sarebbe riduttivo identificare nella sola leva prezzo la difficoltà dei brand del lusso.
Da diversi anni, infatti, è in atto un fenomeno di progressiva diluizione del valore intrinseco dei beni di lusso, fenomeno anche noto come luxury fatigue, al quale hanno certamente contribuito l’accessorizzazione del lusso e la sovraesposizione dei beni di lusso, anche sui social media, che li ha resi meno aspirazionali.

Come si è modificato negli anni il concetto di “lusso” e come pensa potrà cambiare in futuro?
Il concetto di lusso si è evoluto, forse paradossalmente, nel senso di una minore inaccessibilità, fenomeno spinto da una crescente domanda di accesso al lusso e ai brand di lusso, pur tramite accessori dal prezzo relativamente contenuto. È altresì emerso il fenomeno delle esperienze di lusso, divenute sempre più pervasive.
Il lusso, quindi, sembra aver perso parte del suo capitale culturale e del suo valore aspirazionale. Il futuro potrebbe però vedere un ritorno alla inaccessibilità, non solo materiale, ma anche intellettuale e culturale del lusso. Un’idea potrebbe essere quella di puntare sul concetto di conoscenza del lusso, che consiste nel fatto che l’inaccessibilità del lusso possa risiedere nel suo capitale culturale più che nei suoi prodotti materiali. In altri termini, molti possono comprare prodotti o esperienze di lusso, ma pochi possono realmente conoscere il patrimonio culturale dei brand di lusso.

La globalizzazione ha molto ampliato le categorie di consumatori che possono accedere a prodotti di lusso. Questa tendenza proseguirà oppure la crisi della globalizzazione e la guerra dei dazi tenderà a restringere queste categorie di consumatori?
La guerra dei dazi, ammesso e non concesso che proseguirà nell’intensità annunciata, potrebbe contribuire a rendere più complicato l’accesso al lusso alla fascia intermedia di clienti, cioè coloro che acquistano beni di lusso non di altissima gamma.

Che cosa dovrebbero fare le aziende del lusso, che spesso in Italia sono piccole e operano nella subfornitura, per fronteggiare le difficoltà?
Risultati di nostre ricerche scientifiche sembrano dimostrare che bisogna recuperare, anche a livello di comunicazione e storytelling, la dimensione più pura del lusso, che consiste in ciò che è “invisibile”, e quindi tutto ciò che è legato all’heritage, all’artigianalità, alla tradizione e alla storia dei brand.
Serve in altri termini recuperare l’autenticità, che richiama qualità e differenziazione, in un mondo che tende invece all’omologazione e alla massificazione.

Su quali nuovi mercati si potrebbe puntare per l’export?
Su tutti direi il Medio Oriente, ad esempio l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, area nella quale sta aumentando l’interesse per prodotti esclusivi, personalizzati e legati a heritage culturale europeo.
Ma anche Cina e Sudest asiatico – ad esempio, Vietnam, Malesia, Indonesia e Filippine – dove sta crescendo in maniera importante il segmento premium, soprattutto tra i giovani.

Che interventi pubblici suggerirebbe per sostenere le aziende in questa fase?
L’intervento migliore che mi sento di suggerire è nel capitale umano, nella formazione manageriale e nella ricerca scientifica, che possa contribuire ad aumentare la consapevolezza del valore sociale e culturale dei beni di lusso e possa offrire ai manager spunti su come valorizzarla a livello economico.

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