In un contesto globale in continua trasformazione, le imprese sono chiamate non solo a restare competitive, ma anche a contribuire attivamente al progresso sociale. Dunque, la sostenibilità sociale e la parità di genere emergono come leve strategiche per rafforzare la resilienza, stimolare l’innovazione e favorire una crescita inclusiva.
Parallelamente, l’Europa sta attraversando un profondo cambiamento demografico. Nei prossimi decenni, milioni di persone raggiungeranno l’età pensionabile, mentre la popolazione in età lavorativa diminuirà drasticamente: si stima una riduzione di quasi 50 milioni di persone entro il 2100. Con tassi di natalità ben al di sotto del livello di sostituzione, questa tendenza rischia di mettere sotto pressione i mercati del lavoro, i sistemi pensionistici e l’equilibrio economico generale.
In questo contesto, una risposta strategica consiste nel valorizzare il potenziale del capitale umano europeo, in particolare delle donne. Pur rappresentando la metà della popolazione e benché, in media, conseguano livelli di istruzione più elevati rispetto agli uomini, le donne continuano a essere sottorappresentate nel mercato del lavoro. Nel 2023 il tasso di occupazione maschile nell’Ue era dell’80,4%, contro il 70,2% per le donne. Il divario si accentua ulteriormente se si osserva il lavoro a tempo pieno: solo il 42% delle donne lavora full time, rispetto al 57% degli uomini.
Eppure, il potenziale ancora inutilizzato è enorme. Con le giuste condizioni, una maggiore partecipazione femminile potrebbe portare, entro il 2030, a 17,3 milioni di lavoratori in più. Un apporto fondamentale per aumentare la produttività, colmare il gap di competenze e rafforzare la competitività europea. La parità di genere, quindi, non è solo una questione di equità, ma una priorità strategica per il futuro dell’economia europea.
Oggi, le donne risultano ancora sovrarappresentate nei contratti part time e nei settori a basso reddito, mentre la loro presenza nei settori strategici e ad alta crescita – come il digitale, le discipline Stem e le tecnologie verdi – resta decisamente limitata. Colmare questi squilibri richiede un approccio integrato, capace di combinare politiche formative mirate, trasformazioni culturali profonde e interventi concreti a livello settoriale.
La segregazione di genere nel mondo del lavoro rimane infatti un ostacolo strutturale. Settori chiave come l’edilizia, i trasporti e l’informatica continuano a essere dominati dalla componente maschile, mentre le donne sono prevalentemente impiegate nella sanità e nell’istruzione. Sebbene negli ultimi anni si siano registrati segnali di progresso, questi schemi consolidati continuano a limitare la piena valorizzazione del talento femminile. Le transizioni digitale e verde offrono un’opportunità per riequilibrare questi divari. Riformando i settori e creando nuovi sbocchi professionali, queste trasformazioni possono incentivare una maggiore partecipazione femminile nei settori tradizionalmente maschili. Tuttavia, per tradurre questo potenziale in realtà servono interventi mirati: accordi settoriali, programmi di formazione, mentoring e strumenti efficaci per rimuovere le barriere all’ingresso e alla permanenza delle donne nei settori emergenti. In questo senso, anche la diffusione delle buone pratiche sta dimostrando di essere un utile catalizzatore di promozione dell’integrazione.
Il settore privato, in molte realtà europee, sta già dando prova di visione e impegno. Dai programmi di mentoring per donne nella scienza e nell’ingegneria ai per corsi di reinserimento post maternità, dai sussidi per l’infanzia alla formazione degli insegnanti per ispirare le nuove generazioni, sempre più imprese stanno dimostrando che l’inclusione conviene. E non solo in termini sociali: studi dimostrano che ambienti di lavoro inclusivi sono più innovativi, flessibili e capaci di affrontare le sfide del futuro.
Un esempio interessante per superare gli stereotipi di genere è rappresentato da una campagna che punta a rinnovare l’immagine dell’artigianato, valorizzandolo come percorso professionale attrattivo per le nuove generazioni e, in particolare, per le donne. Un passo importante per abbattere stereotipi e ampliare gli orizzonti occupazionali. BusinessEurope sostiene quadri normativi che favoriscono soluzioni volontarie, adattati al contesto specifico delle imprese, evitando oneri burocratici eccessivi che rischierebbero di frenare, anziché stimolare, l’innovazione. Le imprese devono poter progettare e applicare misure efficaci e sostenibili, in linea con le reali esigenze del proprio settore e della forza lavoro.
Tra gli ostacoli strutturali più significativi alla parità di genere figurano le caratteristiche dei sistemi fiscali e di protezione sociale, che in molti casi disincentivano l’attività lavorativa del secondo percettore di reddito, solitamente la donna, all’interno del nucleo familiare. A ciò si aggiunge la persistente carenza di infrastrutture e servizi per l’infanzia, spesso inaccessibili o troppo costosi, che rappresentano una delle principali barriere alla piena partecipazione femminile al lavoro a tempo pieno. Interventi strutturali in questi ambiti sono fondamentali per un cambiamento duraturo e sistemico.
È altresì fondamentale che la parità di genere non sia percepita come un tema esclusivamente femminile. Anche gli uomini devono essere parte attiva del cambiamento, sia nella condivisione delle responsabilità familiari sia nel sostegno al cambiamento culturale. Promuovere una distribuzione più equa delle responsabilità è essenziale per modificare le aspettative culturali e consentire alle donne di esprimere appieno il proprio potenziale professionale.
Saper valorizzare ogni talento rafforzerà non solo le nostre economie, ma anche la coesione sociale europea.
Creare un ambiente che favorisca la piena partecipazione femminile al mercato del lavoro significa gettare le basi per un futuro più forte, inclusivo e sostenibile.