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L’ UE ALLA SFIDA DEI DAZI Più unità e semplificazione | Civiltà del Lavoro 2/2025

04.07.2025

A fare da “convitato di pietra” del secondo workshop preparatorio del Convegno di Venezia sono stati senz’altro i dazi annunciati poche ore prima da Donald Trump. E non avrebbe potuto essere altrimenti, visto il tema al centro dei lavori: “Potenza economica globale e politiche industriali per una nuova Europa”.

In apertura dei lavori, il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella, ha affrontato direttamente la questione, sottolineando come i dazi del 20% – poi temporaneamente ridotti al 10% per un periodo di 90 giorni, ndr – rappresentino non solo un onere economico per i consumatori finali, ma anche un segnale preoccupante di potenziali incertezze economiche globali. “Il rischio maggiore è l’inizio di una recessione” ha affermato Sella, richiamando il precedente storico dell’aumento dei tassi sotto l’amministrazione Hoover nel 1930, che contribuì ad aggravare la Grande Depressione.

L’intervento di Sella ha evidenziato la necessità per l’Europa di reagire con decisione, investendo nella propria competitività, nella difesa e nell’innovazione, senza perdere di vista gli obiettivi di decarbonizzazione e il rafforzamento delle politi che industriali comuni.

“Pensate all’incertezza che nasce da tutto ciò. Abbiamo avuto il Covid, la guerra in Ucraina, l’emergenza del gas e ora questa enorme incertezza che ci dà Trump. L’Europa, come evidenzia il rapporto Draghi, dovrebbe assolutamente reagire. È probabilmente finito il periodo delle fonti energetiche a basso costo; è finito il periodo in cui la sicurezza ce la garantivano gli Stati Uniti e quindi dobbiamo investire nella difesa, non c’è nessun dubbio”. “E dobbiamo ricordarci – ha aggiunto – che abbiamo nostri settori chiave, come quello dell’auto, che adesso vedono non solo l’imposizione di dazi del 25 e non del 20, ma anche agevolazioni per chi va a produrre auto negli Usa. Allora dobbiamo migliorare la nostra competitività”. Infine, un’annotazione sul clima di fiducia nei confronti dell’Europa. “Gli ultimi sondaggi dicono che il 74% degli europei considera vantaggiosa l’appartenenza all’Ue. Il messaggio è chiaro: l’Europa è ancora un riferimento di democrazia e di valori che gli Usa sembrano perdere un po’”.

Enrico Zobele, presidente del Gruppo Triveneto e organizzatore del prossimo Convegno nazionale di Venezia, ha rimarcato come l’attualità e la complessità del tema scelto per l’evento del 7 giugno riflettano la continua evoluzione del contesto geopolitico e commerciale internazionale. “Costruire un’Europa che dimostri di esistere e di saper agire con decisione – ha detto Zobele – è la sfida imprescindibile per il futuro del continente”. “Credo che gli interventi al Convegno verranno definiti, limati neanche fino alla sera prima, ma fino alla mattina stessa, vista l’evoluzione ormai continua di cambiamenti, di sorprese, di problemi che vengono comunque al pettine. L’Europa che non c’è, avevamo detto inizialmente, ma effettivamente oggi è difficile dire che l’Europa esista”. Zobele ha sottolineato che non è questo il momento dei “distruttori”. “Dobbiamo realmente unirci se vogliamo uscire da questa situazione. Costruire l’Europa che vogliamo, un’Europa che dimostri di esistere, che dimostri di agire effettivamente, di riuscire a prendere decisioni serie e durature, e che decida anche dove vuole stare nel contesto geopolitico mondiale”. Il presidente del Gruppo Triveneto ha infine ricordato il peso dell’Europa. “Siamo importantissimi, siamo 400 milioni di cittadini, pesiamo per un 15-16% del Pil mondiale, ma solo se siamo uniti, se siamo invece un numero X di Stati che vanno ognuno per conto suo, il nostro peso va inevitabilmente a ridursi e ne paghiamo le conseguenze.

 

BUTI: “I tre indicatori del declino europeo” La relazione introduttiva del workshop è stata affidata a Marco Buti, titolare della Cattedra Tommaso Padoa-Schioppa presso il Centro Robert Schuman dell’Istituto Universitario Europeo, già Direttore Generale dell’area economica dell’Ue e capo di gabinetto del commissario Gentiloni. “La prima cosa su cui dobbiamo mettere l’accento – ha detto Buti – è sul fatto che l’Europa ha un modello di crescita, direi addirittura un business model, che è nel medio termine insostenibile”.

Il primo punto critico indicato da Buti sta nell’eccessiva dipendenza dalla domanda estera. “Noi abbiamo, come Europa, un surplus persistente delle partite correnti che, in realtà, non è un segno di competitività, ma un segno di investimenti che purtroppo non trovano sufficienti sbocchi e quindi esportiamo il nostro risparmio che è notevole, soprattutto dall’altra parte dell’Atlantico. Avere una crescita che dipende eccessivamente dalle esportazioni è un elemento di vulnerabilità”.

Il secondo punto è il progressivo allontanamento dalla frontiera tecnologica. Su dieci tecnologie dell’avvenire, l’Ue è forte soltanto su due: Clean Tech Manufacturing e nuovi materiali. “Si tratta di settori importanti, ma su tutte le altre siamo in ritardo a cominciare dall’AI”.

Il terzo punto è l’inverno demografico. “Se guardiamo gli ultimi 10 anni abbiamo un aumento di 2,2 dell’età mediana. Le conseguenze sono una crescita stagnante, un’erosione della coesione sociale e un rischio di progressiva marginalizzazione geopolitica”.

Il rischio è quello che Draghi ha chiamato “una lenta agonia”, che potrebbe anche diventare un’implosione subitanea. La Commissione ha proposto di implementare il Rapporto Draghi attraverso quello che ha chiamato la “Competitiveness Compass”, la “bussola per la competitività”. C’è un grande sforzo di semplificazione ha spiegato Buti facendo riferimento all’ipotesi contenuta nel Rapporto Letta sul mercato unico relativa al cosiddetto 28esimo regime, cioè la possibilità per le imprese, soprattutto Pmi, di adottare un 28esimo regime fiscale che permetta di bypassare le regolamentazioni nazionali. Bisogna poi risolvere il “trilemma” della politica industriale.

La domanda è: dove prendere le risorse per rendere competitiva l’industria europea? Se vengono dai bilanci nazionali, è chiaro che questo rischia di frammentare il mercato unico; se la via, quindi, è quella degli aiuti di Stato, allora il rischio è che i Paesi più ricchi corrano di più; se invece non si vuole frammentare il mercato unico, bisogna pensare a una politica industriale centralizzata e una capacità fiscale centralizzata, anche se la Commissione non propone questa strada. “Secondo me invece bisogna attraversare il Rubicone di un rafforzamento del bilancio europeo”.

Il professor Buti prosegue la sua relazione con alcuni suggerimenti sul tema cruciale della semplificazione. “Ecco quattro suggerimenti molto pragmatici per cominciare a semplificare. Il primo è tornare alla proposta iniziale della Commissione come base perché, in realtà, la grandissima parte delle complicazioni avvengono durante il negoziato con gli Stati membri e con il Parlamento. Il secondo è rendere obbligatoria una valutazione di impatto anche degli emendamenti inseriti dal Consiglio e dal Parlamento Europeo, soprattutto sull’economia e sulle piccole e medie imprese. Il terzo punto è di passare dalle direttive ai regolamenti che sono direttamente applicabili. Infine, bisogna avere una più rigorosa attuazione delle sanzioni del mercato unico”.

 

PAGLIERI: “Manifattura torni prioritaria (anche) per i giovani” A fare da premessa del suo intervento, il Cavaliere del Lavo ro Debora Paglieri, Amministratore Delegato Paglieri, ha ricordato il ruolo cruciale delle imprese familiari per il futuro dell’Europa. “Esse rappresentano un punto di forza perché favoriscono la continuità intergenerazionale e spesso privilegiano lo sviluppo sostenibile a lungo termine rispetto al profitto immediato”. Ha poi sottolineato che queste aziende, radicate localmente, contribuiscono alla stabilità economica evitando la delocalizzazione. Paglieri ha poi analizzato i cambiamenti globali dal 2020, osservando come “l’incertezza sia diventata la nuova costante”, con fattori geopolitici quali l’instabilità americana e la fragilità dell’unità europea. “Il vero problema è che il contesto è cambiato fortissimamente perché ieri la protezione era assicurata dagli Stati Uniti, l’energia dall’Africa insieme alla Russia, mentre la Cina ci assicurava mano d’opera a basso costo. Oggi la situazione è completamente cambiata, l’Europa è nuda non avendo più questi schermi protettivi e questa nudità fa sì che si affaccino tutte le sue fragilità e le sue debolezze. E la principale di queste fragilità è quella che non riesce a essere veramente unita. Il problema dell’Europa, secondo me, è questo”.

L’imprenditrice ha sottolineato la necessità, evidenziata anche dal rapporto Draghi, di un cambio di paradigma nel modello di sviluppo europeo. L’attuale impostazione, fortemente orientata alle esportazioni e caratterizzata da salari contenuti, non è più sostenibile. Occorre invece puntare su una crescita trainata dalla domanda interna, promuovendo investimenti più consistenti e un innalzamento dei salari. Questo approccio aumenterebbe il potere d’acquisto dei cittadini europei e contribuirebbe a rendere l’Europa più solida e autonoma sul piano economico. Paglieri ha insistito sull’importanza di preservare il primato manifatturiero del continente, valorizzando il know-how industriale che rappresenta un patrimonio distintivo dell’Europa. In quest’ottica, è fondamentale cambiare anche la percezione delle nuove generazioni, facendo comprendere che la manifattura, oltre a finanza e servizi, è un settore stimolante e ricco di opportunità. Infine, ha proposto una riflessione sull’utilizzo del risparmio europeo. Invece di confluire nei fondi americani – come spesso accade – tali risorse potrebbero essere reindirizzate a sostenere lo sviluppo interno, con tribuendo così a rafforzare l’economia del continente e il suo modello sociale.

Debora Paglieri individua quattro pilastri fondamentali per rilanciare un modello europeo vincente. Primo, una politica industriale realmente condivisa, che sostenga e protegga le filiere manifatturiere europee con investimenti mirati e consistenti. Questo permetterebbe all’Europa di generare nuove eccellenze e competere alla pari con potenze come Cina e Stati Uniti. Il secondo pilastro è un mercato unico veramente armonizzato. Pur essendo un principio fondante dell’Unione, nella pratica persistono forti disomogeneità normati ve tra i Paesi membri.

Paglieri cita l’intervista a Enrico Letta pubblicata sul precedente numero di Civiltà del Lavoro, in cui parla del “28° regime”, ovvero uno Stato virtuale con regole uniformi a cui i Paesi potrebbero aderire volontariamente, per garantire condizioni operative e normative uguali per tutti. Il terzo pilastro è una transizione ambientale e digitale sostenibile, che tenga conto dei tempi e dei costi, e premi i comportamenti virtuosi. In campo tecnologico, auspica massicci investimenti nell’innovazione, soprattutto in ambiti strategici come l’intelligenza artificiale, chiedendo normative che tutelino ma non soffochino il progresso. Infine, il quarto pilastro è il capitale umano e la formazione, che dovrebbero essere rafforzati attraverso percorsi unificati a livello europeo. Le imprese, sottolinea, devono essere riconosciute come veri e propri luoghi di apprendimento. Concludendo, Paglieri ha lodato l’iniziativa dei workshop: “Questi incontri sono fondamentali per condividere buone pratiche e visioni strategiche. Costruire una nuova Europa significa dare voce a chi crea valore ogni giorno attraverso il lavoro”.

 

PIOVESANA: “Ue non sia comparsa nello scacchiere globale” Nel suo articolato intervento, Il Cavaliere del Lavoro Maria Cristina Piovesana, presidente Alf Uno, ha riconosciuto la straordinaria attualità della riflessione. In apertura, ha sottolineato che l’Europa auspicata è prima di tutto un’Europa libera, indipendente, pacifica e competitiva. Valori che l’Unione ha saputo difendere per settant’anni, ma che oggi si trovano messi in discussione da un contesto geopolitico radicalmente mutato. Piovesana ha individuato un punto di svolta: l’Europa è di fronte a un bivio storico. Può fare un deciso salto in avanti oppure rischia di perdere quanto faticosamente costruito. L’imprenditrice ha distinto un’Europa politica e un’Europa mercato, sottolineando le debolezze della prima e l’incompiutezza della seconda. Partendo dal concetto di Stato, Piovesana ha osservato che mancano tre elementi chiave: un popolo europeo condiviso, un territorio chiaramente definito, e una sovranità compiuta. “Se è vero che esiste un passaporto europeo, nella percezione collettiva ciascuno si sente ancora prima di tutto cittadino del proprio Paese. E sul piano territoriale, l’allargamento verso Est e l’uscita della Gran Bretagna rendono fluidi i confini dell’Unione”. Quanto alla sovranità, l’Europa dispone di una moneta comune, ma non ha un esercito europeo, una sicurezza condivisa, né una difesa dei confini integrata. “Mancano dunque i presupposti per definirla un vero soggetto politico sovrano”.

Anche sul piano economico l’Europa resta un progetto incompiuto. Piovesana ha riconosciuto i grandi risultati raggiunti: libera circolazione delle persone e delle merci, moneta unica in larga parte del continente, confine doganale comune. Ma i quadri regolatori restano fortemente disomogenei, a cominciare dal fisco, passando per lavoro, finanza e, per l’Italia, il tema cruciale della giustizia. Inoltre, malgrado l’inglese sia lingua franca, i cittadini europei continuano a parlare 27 lingue e a pensare secondo visioni nazionali, spesso figlie delle rispettive culture linguistiche.

Guardando al cammino europeo, Piovesana ha sottolineato come ci si trovi oggi distanti tanto dall’ideale federale di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene, quanto dal modello più pragmatico di Jean Monnet, basato su una sovrastruttura efficiente e integrata. Ancor più ci si è allontanati dall’ispirazione dei padri fondatori – De Gasperi, Schuman, Adenauer – che sognavano un’Europa politica e coesa. “Mi fa piacere quello che ho sentito prima da parte del Presidente Sella, che il 74% degli europei crede e vuole un rafforzamento dell’Europa, ma nella realtà, quando poi andiamo alle votazioni all’interno dei singoli Paesi, vediamo invece che c’è un rigurgito o quantomeno un voler spesso ritornare a nazionalismi e identità nazionali che, di fatto, rappresentano una retrocessione rispetto all’idea di un’Europa unita. È evidente che se tutto questo non viene superato, saremo condannati ad essere semplicemente una comparsa nello scacchiere internazionale”.

Se l’Europa non affronta con decisione le proprie in completezze politiche, economiche e giuridiche, rischia di restare una comparsa nel nuovo ordine mondiale. Per invertire la rotta, occorre rilanciare con forza il progetto di un’Europa unita. Piovesana ha proposto due strade concrete. La prima: riprendere il percorso interrotto della Costituzione europea, bloccato dal fallimento referendario del 2005. I trattati oggi in vigore, osserva, sono meri strumenti di cornice: serve una vera architettura costituzionale per dare piena legittimità e coerenza al progetto europeo. La seconda: un nuovo piano europeo sull’energia, ricalcando l’esperienza fondante della Ceca del 1951, che unificò il mercato del carbone e dell’acciaio. Un piano energetico condiviso garantirebbe indipendenza strategica, riduzione dei costi per cittadini e imprese, e maggiore autonomia rispetto ai grandi attori globali. In chiusura, Piovesana si è appellata al senso di responsabilità collettiva. L’Europa, dice, ci ha consegnato quattro grandi valori: libertà, indipendenza, pace e competitività. Sta ora a noi non solo conservarli, ma trasformarli in un sogno europeo compiuto da trasmettere alle nuove generazioni. Un sogno che può realizzarsi solo accelerando il cammino verso una vera Europa politica, economica e giuridica unitaria, capace di parlare con una voce sola nel mondo”.

 

SCUDIERI: “Si passi all’azione. Dazi occasione per Ue” Nel suo intervento conclusivo al workshop preparatorio del Convegno Nazionale, Il Cavaliere del Lavoro Paolo Scudieri, presidente di Adler Group, ha tracciato un quadro lucido e realistico delle sfide che l’Unione europea è chiamata ad affrontare per non soccombere nel nuovo disordine globale. Con uno sguardo rivolto ai recenti eventi – tra cui le dichiarazioni del Presidente Trump che hanno scosso in poche ore l’intero sistema commerciale mondiale – Scudieri ha messo in evidenza come l’Europa rappresenti oggi l’anello debole tra le grandi potenze, impantanata in burocrazia, lentezza decisionale e mancanza di una visione strategica condivisa. Nonostante custodisca un patrimonio unico di cultura, storia e industria, il Vecchio Continente sembra aver smarrito il dinamismo necessario per stare al passo con le economie emergenti e le superpotenze globali.

Secondo Scudieri, l’Europa deve “darsi una scossa”: è impensabile continuare a operare con sistemi decisionali lenti, spesso vincolati dall’unanimità, mentre Stati Uniti e Asia procedono con determinazione. L’Unione deve diventare più competitiva, più agile, più strategica: serve una vera politica industriale comune, la capacità di stringere alleanze intelligenti con i Paesi detentori di materie prime strategiche (come quelli dell’Africa subsahariana) e un approccio più concreto nella gestione dei grandi dossier energetici, logistici e produttivi.

Una parola chiave del suo intervento è stata “tangibilità”: per Scudieri, l’Europa deve passare dalle ideologie alle azioni concrete. “Non c’è più tempo per pensare e discutere”, avverte. “Bisogna agire con velocità, attrarre investimenti, liberare l’iniziativa economica”.

Scudieri ha lanciato un appello all’Italia, che deve giocare un ruolo da protagonista nel rilancio europeo. “Il nostro Paese, dice, deve promuovere una politica internazionale propositiva e pragmatica, capace di incidere sulle scelte comuni e superare i freni che oggi bloccano il processo di integrazione. L’obiettivo non è inseguire un’unità astratta, ma costruire un’Europa concreta, funzionale, orientata alla crescita”.

L’imprenditore ha messo in guardia dai rischi della iperregolamentazione, che scoraggia gli investimenti esteri e rallenta lo sviluppo. “In Europa è più difficile che altrove avviare un’azienda, farla crescere, innovare”, ha denunciato, confrontando la rigidità del Vecchio Continente con la flessibilità americana. Con la sua azienda attiva in oltre trenta Paesi, Scudieri porta l’esempio degli stabilimenti statunitensi, dove l’integrazione tra impresa e territorio è più fluida ed efficace.

Una delle critiche più forti riguarda le profonde divisioni tra i Paesi membri, in particolare tra Nord e Sud Europa. La spaccatura tra i cosiddetti “Paesi frugali” e le economie mediterranee rende difficile qualunque processo decisionale. Scudieri ha proposto una revisione delle regole di voto, che consenta di superare l’impasse e affrontare finalmente i grandi temi strategici: energia, logistica, sicurezza economica, innovazione.

“L’Europa ha un potenziale straordinario – ribadisce – ma deve scegliere di liberarlo”. L’ultima parte dell’intervento è dedicata alle dinamiche commerciali globali, con riferimento ai nuovi dazi “a geometria variabile” annunciati dagli Stati Uniti. Scudieri ha invitato a leggere con attenzione le misure, che potrebbero in alcuni casi rappresentare un’opportunità competitiva per l’Europa, rispetto ad altri competitor come la Cina. In questo scenario, sarà fondamentale rafforzare le catene logistiche e distributive, elemento cruciale per sostenere l’export e difendere la competitività dei prodotti europei.

 

IL DIBATTITO Nel dibattito seguito agli interventi di Buti, Paglieri, Piovesana e Scudieri, alcuni Cavalieri del Lavoro hanno arricchito la riflessione con proposte concrete, richiami storici e visioni strategiche sul futuro dell’Europa.

Francesco Averna ha richiamato due passaggi cruciali nei blocchi dell’integrazione europea – il veto francese del 1954 sull’Europa della difesa e quello franco-olandese del 2005 sulla Costituzione – sottolineando che senza un’identità condivisa e un richiamo alle radici culturali comuni, l’Europa non può evolvere. Ha poi lodato il piano Ue sulla difesa, proponendo però un affiancamento immediato di un programma coordinato e semplificato, che includa standard comuni su software, hardware, catene di comando, formazione e cybersicurezza. Emanuele Remondini ha posto l’accento sul deficit di sistema che penalizza gli imprenditori italiani in Europa, rispetto a omologhi francesi e tedeschi. Ha suggerito di avviare un coordinamento strutturato con i 76 europarlamentari italiani, per creare un canale diretto tra rappresentanza politica e tessuto produttivo, migliorando efficacia e informazione reciproca.

Marco Bonometti ha esortato a trasformare il Convegno di Venezia in una piattaforma propositiva, evitando narrazioni ripetitive sul passato. Ha chiesto di convergere su poche proposte concrete e realizzabili, capaci di incidere sul piano europeo. Tra le priorità: affrontare i dazi cinesi, ridurre i gap di competitività interni all’Ue (costi di energia e lavoro), e rivedere un Green Deal percepito come squilibrato. Ha invocato un cambio di passo urgente, sottolineando che senza decisioni tempestive, l’industria manifatturiera europea rischia l’estinzione.

Gianfelice Rocca ha offerto una lettura geopolitica ampia: l’Europa, oggi, gioca in un mondo segnato dal ritorno delle politiche di potenza, in cui si confrontano modelli accentrati (Cina) o federali (Usa). Per non restare ai margini, l’Ue deve dotarsi di una strategia industriale strutturata, affrontando in modo realistico le transizioni digitali ed energetiche e costruendo una governance orizzontale e verticale, settoriale e strategica. In questo quadro, l’Europa può anche sfruttare le nuove migrazioni intellettuali dagli Usa, rafforzando il proprio ruolo nel blocco occidentale.

Con tono pragmatico, Fabio Ravanelli ha evidenziato quanto l’eredità storica degli Stati nazionali continui a frenare l’unificazione europea. Ha lanciato un appello a “buttare il cuore oltre l’ostacolo” e procedere con decisione verso un’uniformità sostanziale nei mercati di capitali, energia e telecomunicazioni, ritenendoli settori strategici per la creazione di “campioni europei” in grado di competere a livello globale.

 

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