La storia dell’integrazione europea è una storia fatta di cessioni, complete o parziali, di sovranità da parte degli Stati membri, che hanno trasferito parte delle loro competenze a istituzioni sovra nazionali in settori come la politica monetaria, il commercio, la concorrenza e i diritti fondamentali. Parallelamente, si sono affermati un concetto e un sentimento di cittadinanza europea, che si sono andati affiancando a quelli più tradizionali limitati ai confini nazionali. Eppure, negli ultimi tempi sembra emergere una sempre maggiore di stanza tra i cittadini e le istituzioni europee.
Sembra infatti che della forza rivoluzionaria del Manifesto di Ventotene oggi resti poco. La tendenza dominante nell’opinione pubblica, e in molte forze politiche di stampo sovranista, appare quella di insistere sulla narrazione delle inefficienze di Bruxelles, ignorando deliberatamente le reali cause del malfunzionamento dell’Unione. Le criticità fondamentali dell’Ue risiedono spesso, invece, nella sua stessa struttura: da una Commissione che non rappresenta un organo politico nel senso tradizionale di un governo nazionale, alla presenza del diritto di veto, che spesso rallenta – fino a bloccare – l’azione politica dell’Unione.
I NODI STRUTTURALI DELL’UNIONE
Proprio allo scopo di superare le inefficienze e gli squilibri emersi nel corso del tempo a causa di un sistema che prevede un’unanimità paralizzante, è stata proposta la riforma dei trattati. Essa, sebbene sia la strada principale, non rappresenta l’unica alternativa possibile: tra le soluzioni prospettate vi sono gli strumenti di soft law, accordi paralleli che si collocano al di fuori del contesto istituzionale (vedi accordo di Schengen). Oppure di sistemi di cooperazione rafforzata, come previsti dal Trattato di Lisbona che, se implementati con efficacia, potrebbero effettivamente rendere gli strumenti di governance europea più efficienti. Ma al di là delle questioni di governo e di gestione della “macchina europea”, resta da affrontare un interrogativo fondamentale: come rilegittimare e rafforzare il senso di appartenenza all’UE da parte dei cittadini? Questa domanda, inevitabilmente complessa, chiama in causa temi quali la legittimità democratica, il principio di sussidiarietà e la partecipazione civica.
ERASMUS E IL SOGNO DELLA SCUOLA EUROPEA
Nell’ottica della promozione di un senso di identità con diviso, il programma Erasmus è, per i giovani, un importante motore di integrazione. La possibilità di viaggiare e trascorrere un periodo di formazione in un altro paese dell’Unione ha contribuito a costruire un’idea di Europa che vada oltre la mera definizione di organizzazione politica ed economica a carattere sovranazionale, includendo anche l’aspetto comunitario dell’Unione, composta da popoli e culture diverse, capaci di incontrarsi e arricchirsi reciprocamente. L’esperienza positiva che il progetto Erasmus ha rappresentato e rappresenta per molti studenti invita a riflettere sulla possibilità di promuovere un’integrazione ancora più profonda tra i sistemi educativi europei, spingendoci finanche all’ambiziosa prospettiva di una vera e propria “Scuola europea”. Inoltre, investire sul sistema scolastico e universitario è fondamentale anche per permettere all’Europa di tornare ad acquisire un ruolo di primo piano nel panorama scientifico e tecnologico internazionale. Allo stato attuale, il sistema universitario in Europa, pur offrendo in media una formazione di buon livello, risulta essere carente rispetto al Nord America e all’Asia riguardo la presenza di centri di ricerca di eccellenza riconosciuti a livello internazionale. L’innovazione trae beneficio dal legame tra ricerca accademica e attività del settore privato, che risulta essere al momento insufficiente. Risuona ormai nelle orecchie di molti, un motto diffuso tra le testate giornalistiche “L’America innova, la Cina replica, l’Europa regola”.
AUTONOMIA ENERGETICA E COMPETITIVITÀ
Il freno all’innovazione è solo uno dei fattori che contribuisce, ad oggi, a rendere l’Europa un giocatore meno competitivo sullo scacchiere mondiale. Il contesto di “policrisi” dello scenario geopolitico contemporaneo ha reso evidenti le principali criticità europee relative alla sicurezza energetica e alle catene di approvvigionamento. Nello specifico, il conflitto russo-ucraino ha sottolineato la forte dipendenza dell’Europa, storicamente priva di risorse naturali, dalle importazioni di gas, energia e petrolio. Nonostante l’Ue abbia reagito con prontezza a tale crisi, anche attraverso il piano REPowerEU, il rapporto Draghi mette in evidenza due fattori che tuttavia contribuiscono ad alimentare la mancanza di competitività delle imprese europee: l’eterogeneità delle misure energetiche adottate dai singoli stati membri e la conseguente volatilità dei prezzi dell’energia. È dunque più che mai necessario che la risposta dell’Unione alla crisi energetica non si limiti ad un’azione emergenziale. Al contrario sarebbe auspicabile una vera Unione dell’Energia, caratterizzata da una visione comune anziché dall’abituale frammentazione decisionale, che non fa altro che indebolire la posizione dell’UE nel contesto globale.
DIFESA COMUNE E SOVRANITÀ TECNOLOGICA
Infine, diventa imprescindibile includere una riflessione sul rapporto tra l’Unione e la Nato, specialmente alla luce del progressivo disimpegno statunitense e dunque della necessità, per l’Europa, di sviluppare una propria autonomia strategica militare. Già nel 1951 Alcide De Gasperi auspicava la creazione di una difesa comune europea, a difesa di “una patria più vasta”. Oggi, alla sfida della difesa comune si accompagna quella della sovranità tecnologica: la dipendenza europea da servizi esterni come GPS e Starlink espone infatti l’Europa a importanti vulnerabilità.
In un mondo segnato da conflitti diffusi, l’Unione europea è chiamata a interrogarsi sul proprio ruolo e sulle responsabilità che le spettano nel garantire sicurezza, stabilità e coesione.
Affinché l’Unione europea non venga percepita come un ente distante dalla vita quotidiana dei cittadini, è forse necessario ricordare ancora una volta che essa è, primariamente, una comunità fatta di persone, di cittadini. Oggi, diventa sempre più urgente rafforzare il senso di cittadinanza europea, perché solo così ognuno potrà farsi carico della sfida e della responsabilità di pensare, progettare e costruire l’“Europa che vogliamo”.