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TEMPO DI OPPORTUNITÀ | Civiltà del Lavoro 2/2025

03.07.2025

L’ andamento del settore aerospaziale è per sua natura altalenante perché strettamente legato alle vicende storiche e sociali del pianeta. Basti pensare che dopo la Missione Apollo 11 del 1968, a seguito della quale l’umanità sembrava non avere più limiti di espansione, l’evento dello Shuttle Challenger del 1968, del Columbia nel 2003 e la chiusura del programma Concorde hanno generato momenti di riflessione dolorosa e significativa sulle capacità tecnologiche dell’uomo, sul senso del tutto, della corsa all’innovazione, peraltro attraverso la Guerra fredda e le crisi petrolifere.

L’ascesa dei grandi consorzi
L’aumentare degli scambi commerciali e le esigenze di mobilità hanno tuttavia aperto ad un periodo di ripresa in cui è nato il Consorzio Airbus (1970) e, con l’acquisizione di McDonnell Douglas da parte di Boeing (1997), si è creato, di fatto, il duopolio dei giganti dell’aviazione commerciale da un lato e quello Nasa/Esa nelle applicazioni dello spazio, dall’altro, ovvero due coppie di fari trainanti nel settore aerospaziale.
Giunti alla fine del millennio, gli attentati delle Torri Gemelle, da un lato, e l’emergere delle tecnologie digitali, dall’altro, hanno generato nuovi paradigmi; questi due eventi possono sembrare disgiunti, ma, riflettendo, si vede il loro stretto legame, che oggi può rappresentare un’opportunità da cogliere; forse siamo ancora in tempo.

Nuovi scenari dopo l’11 settembre
Dopo l’11 settembre la mobilità delle persone ha privilegiato voli “pin to pin”. Niente più giganti dei cieli come il B747 e l’A380, un nuovo futuro per l’aviazione commerciale, apportando nuova linfa per i velivoli regionali, fino a 100 passeggeri; si veda il successo clamoroso delle macchine fino a 250 passeggeri come i top seller B737 ed A321 ma, soprattutto, il proliferare di macchine per uso privato, definite commuter fino a 20 passeggeri, quindi Textron/Cessna, Gulfstream, Bombardier, Cirrus, Diamond, Honda, Mitsubishi vedono tutt’oggi un futuro radioso nel settore denominato Aviazione generale.

Occasione persa per l’industria italiana
Purtroppo, l’industria italiana ha visto scorrere tutto questo solo dalle seconde linee, rinunciando a raccogliere le sfide per vari motivi: politici, economici e sociali. Ancora oggi, di fatto, due o tre aziende mettono in pista velivoli proprietari, nuovi, pronti al decollo e, con la cessione di Piaggio, di fatto solo Tecnam ha voce in capitolo nell’ambito dell’aviazione generale; va fatta l’eccezione di Leonardo, ma prevalentemente nel settore militare elicotteristico.
Sia per il Green Deal che per l’approccio Urban Mobility e, purtroppo per le nuove tecnologie emerse nel conflitto Russia-Ucraina, la digitalizzazione ha probabilmente di nuovo ribaltato il tavolo; fermo restando che è necessario verificare attentamente la fattibilità tecnica e la sostenibilità reale dei nuovi concetti di mobilità aerea, il volo non è più solo prerogativa né dei colossi, né dei gruppi finanziari.
Questo vale sia nel settore civile che in quello militare, generando delle scale di opportunità tecniche e operative che potrebbero vantaggiosamente essere colte dal tessuto industriale italiano, sempre tacciato di “nanismo”, ma che ora potrebbe paradossalmente trovare proprio nella dimensione quei fattori di competitività, strategia e visione che oggi mancano ai big player, ingessati in mille vincoli e policy, presentate spesso come nuovi modelli organizzativi, anche se a volte non si sa bene “di cosa” e di “quali contenuti”.

Il ruolo della politica e delle infrastrutture
Per cogliere le nuove opportunità che si presentano, è necessario innanzitutto che la politica chiaramente ponga l’attenzione nel settore aerospaziale, destinando non solo risorse per quanto è ragionevole e possibile ma, in particolare, favorendo lo sviluppo e l’accesso a infrastrutture; qui basti pensare che la recente apertura alle operazioni duali, non solo militari, dell’Aeroporto di Grazzanise, in provincia di Caserta, dovrebbe avere ulteriore seguito, con azioni concrete per l’impiego. E non è il solo esempio possibile.
Va da sé che, dal canto suo, l’industria deve impegnarsi criticamente nel valutare scelte di modelli, processi e tecnologie guardando al prodotto, all’applicazione finale, alle esigenze di mercato, curando innanzitutto le risorse umane, che siano in grado di concepire e sostenere soluzioni all’altezza.
Con l’attenzione indirizzata all’efficienza dei mezzi di produzione e alla capacità produttiva, gli investimenti privati finiscono per essere una leva per intercettare commesse a saturazione degli impianti – una via breve se vogliamo – senza valorizzare l’intuizione, l’innovazione e l’intelligenza che hanno sempre contraddistinto l’industria italiana.

Industria e capitale umano: una sfida da rilanciare
Non è detto che i nuovi paradigmi di mobilità di persone e cose siano necessariamente legati al mondo militare ovvero a progetti utopistici; vi è un mercato di servizi reali alla popolazione e quindi di mezzi di trasporto aereo, purché nel rispetto delle regole dell’aeronavigabilità in totale sicurezza; qui c’è tanto da dire e fare, ancora oggi con margini di successo.
Non è più una questione strettamente legata alle materie prime e ai mezzi di produzione, né è corretto sperare o aspettarsi di comporre in Italia, in vario modo, prodotti originati in Cina, Paese in cui il settore aerospaziale è ancora molto auto-referenziato.
Ci vuole un ritorno alla cultura tecnologica delle discipline propulsive, motoristiche e dei velivoli, che oggi si può avvantaggiare del cambio di scala e della digitalizzazione; proprio per questo la “minaccia cinese” nell’aerospazio non è più o non più solo legata alla capacità produttiva, bensì alla fame di competenze e cultura aeronautica che vengono raccolte nel mondo e che, prima o poi, daranno risultati tangibili, come sta già avvenendo nel settore automobilistico.
In ragione di quanto esposto, dal 2000 l’azienda ha iniziato un processo di evoluzione tecnologica, dalla mera trasformazione, attraverso la meccatronica, fino all’elettro-avionica, con la costituzione di un gruppo di analisi e sperimentazione in grado di sostenere lo sviluppo di equipaggiamenti, componenti dei comandi di volo, sistemi propulsivi elettrici ed eliche per velivoli commerciali, dell’aviazione commerciale e per aeromobili a pilotaggio remoto, progettati e costruiti autonomamente, ricorrendo solo marginalmente alle forniture di parti terze e solo per sistemi non critici.
La base manufatturiera resterà sempre un elemento fondante, a servizio dei nuovi sistemi il cui sviluppo, di converso, spinge l’officina verso nuove sfide. La componentistica dell’elettronica di potenza (Mofset basati su carburo di silicio) per il controllo dei motori e delle fuel cell, lo sviluppo autonomo del software e la capacità di analisi e previsione delle prestazioni, sono poste alla base dei nuovi concept, il tutto indirizzato da subito a sostenere le sfide della Certificazione di Tipo, requisito imprescindibile nel settore aerospaziale e, come detto, elemento di vantaggio competitivo.

 

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