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Start up centenaria

27.12.2021

Da un magazzino a Vicenza a una multinazionale con filiali in 23 Paesi e prodotti distribuiti in 87 nazioni. In mezzo due guerre mondiali, tre Cavalieri del lavoro e moltissime molecole innovative. Ma nei 115 anni del gruppo farmaceutico Zambon una è stata la costante: l’azionariato familiare. Dal fondatore Gaetano all’attuale presidente Elena, il percorso di questa grande azienda di famiglia rappresenta un esempio di società secolare ma con l’attitudine all’innovazione di un nuovo attore del mercato. Non a caso la presidente è solita descriverla come «una startup con 115 anni di vita». In questo lungo percorso temporale si possono distinguere tre fasi, ognuna rappresentata da una generazione. Con il capostipite Gaetano, gli inizi e la trasformazione da commercianti a industriali. Con il figlio Alberto, espansione e internazionalizzazione. Con Elena la riorganizzazione societaria e il focus verso le patologie severe come fibrosi cistica e morbo di Parkinson, nonché gli impulsi verso un’ulteriore crescita anche via MeA. I risultati finanziari del 2020, anche se impattati dalla pandemia, mostrano le attuali dimensioni del gruppo: una multinazionale da 694 milioni di euro di fatturato e 78,3 milioni di ebit, con un utile pari a 52,3 milioni.

La stella polare per arrivare a questi risultati la si può rintracciare in un aforisma di Sallustio: «Nell’armonia anche le piccole cose crescono, mentre nel contrasto anche le più grandi svaniscono». La frase si trova nel testamento imprenditoriale di Gaetano Zambon, scritto a luglio del 1948 quando il fondatore decide di passare la guida dell’azienda ai suoi discendenti. un momento cruciale per l’Italia intera, alle porte del boom economico, ma anche per la stessa Zambon: lo storico stabilimento produttivo di via Cappuccini a Vicenza è andato distrutto in un bombardamento quattro anni prima, e l’azienda ha da poco inaugurato il suo sostituto. Step necessario per il passo successivo della società che Gaetano insieme a Silvio Farinaaveva inaugurato come rivenditrice di medicinali nel 1906 per poi trasformarla prima nel 1920 come fabbrica di prodotti galenici e poi 13 anni dopo incorporando nell’attività anche la sintesi dei prodotti chimici di base. Con il nuovo stabilimento, la Zambon passa alla produzione industriale su larga scala e soprattutto punta allo sviluppo di molecole innovative. A prendere le redini per questo ulteriore passo è il figlio Alberto, che prende alla lettera le indicazioni del padre curando non solo la crescita industriale ma anche i rapporti personali con i suoi collaboratore e dipendenti, secondo quella che i familiari definiscono una «leadership affettuosa». Con lui al comando la società si espande all’estero (il primo stabilimento fuori dall’Italia è in Brasile, nel 1956) e sviluppa il prodotto decisivo per le sue sorti: il Fluimucil, primo dei farmaci mucolitici. Sposta la sede centrale a Bresso (Mi) per la maggiore vicinanza agli aeroporti e per dare maggior centralità logistica ai collaboratori internazionali. La società riceve offerte d’acquisto da Sanofi, SmithKline, Pfizer, ma l’amministratore delegato rifiuta sempre, non volendo mettere in discussione l’assetto a conduzione familiare stabilito da Gaetano. Nominato Cavaliere da Cossiga nel 1987, cinquant’anni dopo il padre, deve cedere la gestione operativa per motivi di salute e decide insieme ai figli di rivoluzionare l’assetto manageriale. I ruoli proprietari sono separati da quelli gestionali e questi ultimi affidati a professionisti esterni.

La scelta è stata così spiegata da Elena Zambon: «Il settore stava cambiando rapidamente con l’affermazione dei farmaci generici, la ricerca sempre più complessa e l’arrivo di aziende low cost soprattutto indiane e cinesi. La gestione di un’azienda chimico-farmaceutica internazionale necessitava di competenze manageriali di spessore». In occasione del centenario, però ha raccontato ancora l’attuale presidente del gruppo, «nel tornare in azienda ci siamo resi conto che le persone avevano perso il senso di appartenenza che aveva rappresentato nel tempo la forza della Zambon. Sembrava avessimo perso di vista la centralità delle persone»: per rimediare, i discendenti di Gaetano e Alberto tornano a ricoprire i ruoli istituzionali di presidente e vicepresidente. Intanto il ramo chimico e quello farmaceutico sono scissi in Zambon Pharma e Zach. La presidenza, come già detto, è affidata a Elena Zambon: classe 1964, laurea in economia aziendale alla Bocconi di Milano, ex membro del cda di Unicredit, Ferrari e Cdp, tra gli altri. Dallo scorso anno anche lei è Cavaliere del lavoro. Mentre dal 2016 l’amministratore delegato è Roberto Tascione. Con il nuovo assetto, il gruppo Zambon ha avviato un «nuovo cammino»: diffondere iprodotti già esistenti nei mercati emergenti e contemporaneamente aumentare la specializzazione nelle malattie gravi. E per quest’ultimo obiettivo ha avviato un piano d’acquisizioni che nel 2019 ha portato all’incorporazione della biotech Breath Therapeutics per un prezzo minimo di 140 milioni di euro, che può raggiungere i 500 milioni al raggiungimento di target regolatori e commerciali. I nsultati si iniziano a vedere, con la safinamide (contro i sintomi del morbo di Parkinson) già presente in 20 Paesi. Mentre è in fase III la sperimentazione di una cura per una malattia respiratoria che finora ne è sprovvista, la bronchiectasia. L’unica prospettiva che per Zambon non sembra al momento contemplata è lo sbarco in Borsa: «Non ne abbiamo bisogno. Ma chissà, forse un domani…», ha dichiarato la presidente lo scorso 7 dicembre.

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Articolo pubblicato su Milano Finanza il 24/12/2021

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