“La medicina è una scienza sociale e la politica non è altro che medicina su vasta scala”. Questa affermazione di Rudolf Virchow, medico e politico tedesco del XIX secolo, risuona con forza ancora oggi, in un’epoca nella quale la salute pubblica è chiamata ad affrontare sfide sempre più difficili. Virchow, con lungimiranza, aveva colto il legame inscindibile tra la salute di una popolazione e le decisioni politiche che ne influenzano le condizioni di vita, l’accesso alle cure e l’organizzazione dei sistemi sanitari.
Proprio come allora, anche oggi la sanità non può essere considerata un mero servizio, ma un elemento cruciale del benessere sociale, un diritto fondamentale che richiede un impegno congiunto tra tutte le componenti del sistema.
In un contesto nel quale la domanda di prestazioni sanitarie è in costante crescita e il sistema pubblico fatica a rispondere in modo tempestivo ed efficiente, la riflessione di Virchow sulla “medicina su vasta scala” ci invita a superare le divisioni ideologiche e a ricercare soluzioni innovative che garantiscano equità e universalità delle cure. La complementarietà tra erogatori di diritto pubblico e di privato, lungi dall’essere una semplice alternativa, si configura come una necessità, una strategia fondamentale per assicurare a tutti i cittadini il fondamentale diritto alla salute, come sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana.
In questa prospettiva, la componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale (Ssn) emerge come un interlocutore imprescindibile, in grado di contribuire, significativamente, all’obiettivo di garantire equità e universalità nell’assistenza sanitaria. Non si tratta di una mera alternativa, ma di una realtà già strutturale: il Ssn si fonda, sin dalla sua origine, su un modello dove le strutture sanitarie private accreditate collaborano con quelle pubbliche, nell’ambito di un’unica funzione di tutela della salute. Questo modello ha permesso all’Italia di divenire un esempio positivo per tutti gli altri paesi, nonché di ampliare l’offerta di assistenza e garantire prestazioni di eccellenza in aree particolarmente delicate e complesse come la cardiochirurgia, l’oncologia e l’ortopedia. Sono i dati a restituirci, plasticamente, questa immagine: le strutture di diritto privato rappresentano il 31% dei posti letto del Ssn e assicurano, oggi, più di 1/4 dei ricoveri nazionali, impiegando circa 1/10 della spesa ospedaliera complessiva.
Una attività, questa, nella quale è altissimo l’impegno ai fini di promuovere modelli organizzativi innovativi e nella garanzia di elevati standard di qualità assistenziale: a titolo esemplificativo, a livello nazionale, secondo l’ultimo Rapporto sulla qualità degli outcome clinici negli ospedali italiani, elaborato da Agenas e da Aiop, delle 511 strutture di diritto pubblico valutate, il 9% riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta; mentre delle 297 strutture di diritto privato, quelle con standard elevati sono, invece, il 27%.
In questo contesto, come imprenditrice di una realtà che opera nel panorama sanitario siciliano, come past president e vicepresidente dell’associazione maggiormente rappresentativa degli erogatori di diritto privato e attuale presidente della sua articolazione regionale, ritengo di primaria importanza promuovere tutte quelle azioni in grado di coniugare qualità dell’assistenza, innovazione tecnologica, ricerca scientifica, opere di miglioramento e ammodernamento dell’edilizia: il tutto a beneficio dei pazienti e dell’economia locale e nazionale.
Promuovere modelli organizzativi avanzati, capaci di rispondere con flessibilità ed efficienza alle esigenze di salute della popolazione fa, intrinsecamente, parte della nostra mission imprenditoriale e associativa, intesa come scelta consapevole di una associazione che vuole far conoscere la componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale nella sua totalità: dalla risposta che garantisce ai bisogni di salute della popolazione, alla presa in carico dei problemi della comunità nelle quali opera, alla ricchezza che redistribuisce alla collettività di riferimento. Da qui la politica deve partire per riformare e curare, in modo lungimirante, il sistema: si pensi, ad esempio, a come l’allocazione inefficiente delle risorse, unita a un’errata programmazione della domanda, ha generato tempi d’attesa incompatibili con i principi di equità e appropriatezza clinica. In questo ambito, la componente di diritto privato può – e deve – essere parte della soluzione: è prioritario riflettere sull’estrema variabilità della qualità all’interno delle due componenti del sistema, in ogni Regione e tra Regioni, facendo emergere quelle contraddizioni che devono essere migliorate in un percorso di efficientamento complessivo che tuteli i valori di universalità, solidarietà ed equità ai quali si ispira il nostro Servizio sanitario nazionale.