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Radici e futuro del vino pugliese. Leone De Castris: coltiviamo cultura. | Civiltà del Lavoro 6/2023

19.02.2024

Articolo pubblicato nella rivista n.6/2023 di Civiltà del Lavoro

 

Sono amministratore dell’Antica Azienda Vitivinicola Leone de Castris, impresa di famiglia fondata nel 1665 a Salice Salentino con una produzione annuale di oltre 2 milioni di bottiglie. Qual è il segreto di questo successo?

La nostra azienda, più antica, ha un’attività plurisecolare principalmente nel campo della vitivinicoltura e nel 1925 (con mio nonno Piero) è stata la prima in Puglia a imbottigliare. La prima, con la vendemmia 1943, a proporre un vino rosato italiano.

Credo che il segreto principale sia stato l’impegno che ogni generazione ha dimostrato nel mantenere gli aspetti legati alla tradizione, unendoli alle necessarie innovazioni. Non fermandosi mai sui successi conseguiti, puntando sempre più in alto e investendo costantemente in tecnologia e formazione. Diversificando la produzione nelle aree più significative delle quattro province pugliesi nelle quali opera; attualmente è l’unica pugliese che nella gamma ha sia la DOC Salice Salentino, che quelle del Primitivo di Manduria e del Gioia del Colle Primitivo. Creando anche prodotti innovativi per la nostra area: ad esempio i primi Metodo Classico da uve Negroamaro.

La sua è un’azienda fortemente internazionalizzata, con un export di circa il 50%. Quali sono i mercati che più apprezzano le vostre produzioni?

Da sempre si è puntato sia su una distribuzione nazionale, che su quella internazionale. I principali mercati, nelle altre nazioni, sono: Germania, Belgio, Gran Bretagna, USA, Russia, Canada, Giappone, Cina, Messico, Brasile, Australia, Nuova Zelanda. Si stanno aprendo nuove relazioni anche in Medio Oriente e in Africa, potenziandone altre in zone dell’Asia che si aprono al consumo del vino. È importante, infatti, che i prodotti siano distribuiti in un’area che comprenda tutti i continenti.

Il periodo di crisi che stiamo attraversando ha rivoluzionato le abitudini di consumo. Che risposta ha avuto la sua azienda?

Certamente le abitudini di consumo sono cambiate in vari periodi e nel tempo. Noi abbiamo una gamma di prodotti variegata che può soddisfare sia chi si avvicina al mondo del vino, sia consumatori più esperti. Il vino si consuma sempre di più nei wine-bar, con un pubblico di giovani che lo abbina a momenti di convivialità. Ristoranti ed enoteche sono punti di riferimento tradizionali e anche alcune catene del Canale Moderno mostrano maggiore attenzione verso prodotti di pregio. Nel periodo pandemico anche l’e-commerce si è particolarmente sviluppato. Certamente ora il consumatore presta più attenzione a un buon rapporto prezzo-qualità. Si sono aperti nuovi mercati, si è puntato in maniera più evidente sull’e-commerce e su un contatto più stretto con il consumatore finale; anche per questo è stato aperto il Wine hotel Leone de Castris-Villa Donna Lisa adiacente alla cantina. Si è, poi, allargata la nostra offerta producendo da alcuni anni vini DOC Gioia del Colle Primitivo. Quindi alle difficoltà che, in particolar modo, caratterizzano gli ultimi anni (Covid, guerre, forti aumenti dei costi, campagne contro il consumo del vino, ecc.) si risponde con un dinamismo anche legato alla comunicazione di un uso consapevole dei prodotti. Il vino è cultura, economia, identità territoriale, orgoglio italiano e convivialità.

Ha fondato il Museo del vino “Piero e Salvatore Leone de Castris”. Ci racconta questa esperienza?

Il Museo è stato dedicato a mio nonno e a mio padre e contiene in particolar modo nostri documenti e attrezzi. Ha sviluppato le visite legate al turismo del vino, fenomeno in crescita che permette di conoscere meglio la produzione locale. È un contenitore anche per diversi eventi culturali e racconta la storia del Salento in più secoli. Direi che si può considerare un riferimento non solo aziendale. Collaboriamo, infatti, spesso con varie Istituzioni e viene considerato un punto di riferimento per il territorio, dando la possibilità, anche alle stesse, di utilizzarlo.

Può descriverci l’emozione che ha provato quando è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro?

È stata un’emozione grande, così come ritengo stimolanti i primi eventi ai quali ho partecipato. Molto toccante la cerimonia al Quirinale che ha visto affiancato un nuovo Cavaliere a un nuovo Alfiere. Mi ha poi colpito che sia stato insignito a 20 anni dalla morte di mio padre, anche lui Cavaliere del Lavoro nel 1979. Oltretutto in un periodo che vede mio figlio Piersalvatore (che porta il nome di mio nonno Piero e mio padre Salvatore) ora presente nelle nostre attività. Il motto dei Cavalieri del Lavoro “Me l’Ovrare Appaga” indica chiaramente l’impegno che gli insigniti hanno reso protagonista della loro vita. Essere insignito rappresenta una grande responsabilità ed evidenzia l’importanza sociale dell’impresa volano di sviluppo economico e morale per la nazione e i suoi componenti.

 

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