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Piovan Group raddoppia dopo l’acquisizione in Usa e lancia la sfida sul riciclo

06.04.2022

Si fa presto a dire plastica riciclata, perché in realtà le tecnologie alla base della rigenerazione di un materiale così versatile e impattante sul piano ambientale sono sempre più sofisticate e in evoluzione. Sono anche un business in espansione, come lo stanno diventando anche economia circolare e sostenibilità.

Al Gruppo Piovan di Santa Maria di Sala, quotato nel segmento Star di Borsa Italiana, si sono specializzati in tecnologie per la lavorazione della plastica, ma la direzione nuova che il presidente esecutivo Nicola Piovan e l’amministratore delegato Filippo Zuppichin vogliono imprimere all’azienda, ha il proprio focus esattamente sul riciclo e sui criteri Esg.

«Un filone trainante per i prossimi dieci anni», lo definisce Zuppichin, che d’ora in poi sarà comunicato come tale anche agli investitori di mercato. Fino ad ora Piovan è stata percepita soprattutto come azienda di macchine per la lavorazione della plastica, ma l’integrazione verde” di questa mission è la variante strategica che d’ora in poi caratterizzerà il gruppo, secondo quanto assicurano presidente e Ad. Fra l’altro, proprio in questi giorni l’azienda veneziana ha pubblicato il proprio bilancio di sostenibilità. Quella dell’economia circolare è una priorità che si aggiunge a quella dell’integrazione della statunitense Ipeg, acquisita l’anno scorso.

«E un impegno che ci prenderà qualche anno – spiega Piovan – perché non c’è alcuna volontà di assorbimento puro e semplice, vogliamo capire con calma che competenze e quali tecnologie Ipeg abbia al proprio interno, per poi focalizzare ciascuna società del gruppo allargato su altrettante specializzazioni».

Per dare le proporzioni del lavoro che attende l’azienda sul fronte americano, grazie alla recente acquisizione della Ipeg il gruppo veneziano raggiungerà un fatturato consolidato di circa 465 milioni, 1.800 dipendenti, 14 stabilimenti e 40 sedi nel mondo. L’anno scorso Piovan Group ha registrato ricavi consolidati per 287 milioni di euro (+27,5% rispetto al 2020) e un margine operativo lordo a 41,2 milioni (+27,6%). L’utile netto di esercizio è di 27,7 milioni (+58,9%), mentre il cda proporrà ai soci la distribuzione di un dividendo di 10 centesimi ad azione. Come dire che la “digestione” di Ipeg significherà per Piovan il raddoppio della propria stazza. In parallelo si sviluppa la partita sulle tecnologie per il riuso della plastica, che è una tendenza soprattutto europea, meno americana, per nulla asiatica. Eppure assicura un trend globale in crescita e redditizio, specialmente se il prezzo del petrolio resterà a lungo così alto da rendere altrettanto costosa la produzione della plastica vergine: a prezzi del barile più allineati alla media degli ultimi anni, produrre plasticavergine costerebbe la metà che produrne di riciclata. Anche perché la raccolta della plastica usata è un’attività che deve ancora decollare del tutto, se non in Europa almeno negli Stati Uniti, e questo crea una strozzatura nell’offerta: troppo poca plastica da rigenerare. «Se però si afferma la cultura che il rifiuto è una risorsa, abbiamo compiuto un passo in avanti», dice Davide Cappellini, responsabile di innovazione e ricerca dell’azienda.

Il mercato e la sensibilità sociale, almeno in Europa, chiedono comunque l’applicazione dei criteri Esg. Ed è una tendenza consolidata. «Solo nel 2021 — racconta Zuppichin — abbiamo sviluppato nove brevetti in tema di economia circolare». Perché la costruzione di macchine per la rigenerazione della plastica richiede competenze, investimenti, ricerca e sviluppo: occorre togliere la polvere dalla plastica usata, rimuovere gli odori, le contaminazioni, normalizzare il processo e controllare la qualità. Ciascuna di queste fasi corrisponde a macchine che Piovan vende come impianti integrati ai propri clienti. Macchine come il “naso elettronico” in via di sperimentazione, che assicura l’assoluta assenza di odori nella plastica invia di rigenerazione. Oppure macchine per togliere ogni singolo granello di polvere. È quella che i tecnici chiamano la “memoria” della plastica usata. Eliminarla in funzione del riuso è una strada di mercato per limitarne l’impatto ambientale.

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Articolo pubblicato il 1 Aprile 2022 dal Corriere delle Alpi

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