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DA IMPRESE E SCUOLE serve uno sforzo congiunto | Civiltà del Lavoro 1/2025

04.05.2025

È ormai consuetudine discutere di mismatch tra domanda e offerta di lavoro, che da inziale emergenza è oramai diventata condizione sistemica. Infatti, secondo i dati dell’ultimo rapporto redatto da Unioncamere, in Italia oltre il 45% delle posizioni aperte risulta di difficile copertura per mancanza di profili adeguati.
Le cause che alimentano questo disallineamento sono molteplici, intrecciate tra loro e legate a profonde trasformazioni demografiche, sociali e tecnologiche. Basti pensare al progressivo invecchiamento della popolazione (nel 2050 i cittadini over 65 saranno circa il 35% – Dati Inps) o all’inesorabile esodo dei giovani all’estero (tra il 2011 e il 2023 sono oltre 550mila i giovani che hanno lasciato l’Italia – Dati Fondazione Nord Est).
La crescente difficoltà di reperire profili adeguati, quindi, non soltanto incide sulla competitività economica e alimenta un clima di incertezza diffusa, ma evidenzia con urgenza la necessità di un profondo ripensamento del nostro sistema formativo, affinché risulti più aderente alle reali esigenze delle imprese e più reattivo ai cambiamenti demografici e tecnologici in atto.
In questa prospettiva, assumono particolare rilievo due aspetti fondamentali: ridefinire la nostra concezione di talento e strutturare percorsi formativi di qualità orientati alle competenze. Il primo aspetto consiste nell’aggiornare il concetto di talento, non più visto come prerogativa di pochi individui eccezionalmente dotati, bensì come un’abilità che tutti possiedono in potenza e che richiede allenamento continuo, opportunità mirate e condizioni favorevoli per potersi esprimere pienamente. A ciò dovrebbe affiancarsi un ripensamento completo dei processi che sviluppano le competenze dei lavoratori. È evidente, infatti, che il sistema formativo e produttivo debba evolversi, perché se il successo aziendale dipende da competenze tecniche e specialistiche, imprese e scuole devono collaborare per creare percorsi in cui le persone imparino ad apprendere in modo continuo e a interpretare con prontezza i cambiamenti. Senza un simile sforzo congiunto, le professionalità rischiano una rapida obsolescenza, esponendo le aziende a una cronica carenza di personale qualificato e rallentando lo sviluppo complessivo del mercato. È assolutamente necessario recuperare quella capacità di dialogo che in passato legava a doppio filo le realtà produttive e l’offerta formativa presente sui territori, dove imprese e istituzioni formative si influenzavano a vicenda in un circolo virtuoso. Accanto a ciò è urgente scardinare certi modelli culturali. Mi riferisco ad esempio alla partecipazione femminile nei percorsi di alta qualificazione: in Italia solo 15 donne su 100 che hanno conseguito un titolo terziario lo hanno ottenuto in una disciplina Stem. È inutile parlare di digitalizzazione, automazione dei processi e Intelligenza artificiale se, per abitudine culturale, si preclude a metà della popolazione la possibilità di accedere alle professioni più richieste e a maggior valore aggiunto. Su questo solco si colloca l’esperienza e il percorso intrapreso da Gpi. Per rispondere proattivamente a queste grandi sfide trasformative abbiamo predisposto all’interno della nostra Direzione HR funzioni strutturate dedicate a questi ambiti: da chi si occupa dei percorsi di upskilling e reskilling dei collaboratori, alle funzioni specializzate nel recruiting di figure avanzate, a un’area interamente focalizzata sul rapporto con scuole e università. Stiamo affrontando un percorso che nel tempo verrà perfezionato, ma che ha già prodotto dei numeri significativi. Nel 2024, in Italia, Gpi ha erogato 95mila ore di formazione professionale, con un incremento del 5% rispetto al 2023 e del 17% rispetto al 2022. In parallelo, la collaborazione con il mondo scolastico e accademico ha portato all’attivazione di 61 percorsi di alternanza scuola-lavoro, 23 tirocini curricolari e 141 tirocini extracurricolari, spesso trasformati in contratti di lavoro.
Sul fronte accademico l’impresa co-finanzia tre borse di studio di dottorato in partnership con l’Università di Verona, con l’obiettivo di sostenere la ricerca e la specializzazione a livelli sempre più elevati.
L’esperienza di Gpi dimostra che non esistono formule immediate per affrontare sfide così complesse, ma anche che una visione integrata e distribuita nel tempo può generare opportunità di valore per le persone e per le imprese. Da un lato le aziende sono chiamate a completare la loro trasformazione e a riconoscersi come attori sociali, non più meri produttori di beni o servizi; dall’altro, scuole e università devono promuovere una conoscenza aperta e in continua evoluzione. In questo modo, combinando l’eccellenza formativa alla visione d’impresa, si possono creare opportunità concrete capaci di genere un contesto sociale in cui la crescita delle persone coincida con quella delle organizzazioni, innescando un percorso di sviluppo reciproco in costante evoluzione.

 

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