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Brunello Cucinelli, la coerente sostenibilità porta verso il miliardo

27.09.2022

Era 1987 quando nella sede delle Nazioni Unite a New York veniva presentato il “Rapporto Bruntland”: in quelle pagine, intitolate “Our common future”, per la prima volta il mondo leggeva la dizione “sviluppo sostenibile”, che intendeva una mappa di interventi volti ad assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». Nello stesso anno, in Umbria, un giovane imprenditore aveva iniziato a produrre maglioni di cashmere: un’attività che impegnava già molte aziende nella regione, ma che lui voleva condurre in modo del tutto originale, secondo i principi di quello “sviluppo sostenibile” di cui nessuno aveva ancora sentito parlare. Per Bruntland, il cognome della coordinatrice del programma delle Nazioni Unite dedicato all’ambiente e allo sviluppo, la sostenibilità non era «uno stato di armonia prefissato, ma un processo di cambiamento». E lo stesso sentire era quello di Brunello Cucinelli, che anno dopo anno costruisce la sua azienda secondo la sua vis ione: riparte da un borgo, Solomeo, vittima dello spopolamento delle zone interne italiane, e mattone dopo mattone, edificio dopo edificio, lo rende una sorta di feudo-manifattura, aggiungendo al laboratorio un Teatro, una Cantina, un Monumento alla Dignità dell’Uomo, fino a giungere alla Biblioteca Universale, prevista per il 2024. Un feudo che ne ha anche la forma, poiché si espande intorno al castello trecentesco del borgo, ma che invece di essere chiuso nelle sue mura è pensato come omphalos di una visione da condividere il più possibile: la sostenibilità secondo Brunello Cucinelli, che prende forma in un Decalogo laico intriso delle letture incessanti dell’imprenditore, da Platone a Marco Aurelio, da Sant’Agostino ai mistici persiani, da San Benedetto a Jean-Jacques Rousseau e a Immanuel Kant. «Amiamo e rispettiamo la Terra Madre coltivandola secondo natura e accogliendo i suoi frutti come il dono più caro»

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Articolo pubblicato il 20 Settembre da Il Sole 24 Ore Moda

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