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IL GRIDO INTERIORE Munch a Palazzo Bonaparte | Civiltà del Lavoro 1/2025

24.05.2025

Un percorso espositivo centrato sul “grido interiore” di Munch, sul suo saper costruire, attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti, scenari in grado di condividere le sue esperienze emotive e sensoriali.
L’inizio della sua carriera coincide con cambiamenti radicali nello studio della percezione: alla fine dell’Ottocento è in corso un dibattito tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista. Il suo interesse per le forze invisibili che danno forma all’esperienza, condizionerà le opere che lo rendono uno degli artisti più significativi della sua epoca.
Sebbene sia uno degli artisti più amati nel mondo, è anche uno degli artisti più difficili da vedere rappresentato nelle mostre perché la quasi totalità delle sue opere sono custodite al Munch Museum di Oslo che, eccezionalmente, ha acconsentito ad un prestito senza precedenti. E così dall’11 febbraio 2025, a Palazzo Bonaparte di Roma è possibile ammirare cento capolavori di Edvard Munch, tra cui le iconiche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901), Danza sulla spiaggia (1904), nonché una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895).
La mostra, prodotta e organizzata da Arthemisia e promossa anche da Generali Valore Cultura, racconta l’intero percorso artistico di Munch, dai suoi esordi fino alle ultime opere, attraversando i temi a lui più cari, collegati gli uni agli altri dall’interpretazione della tormentata essenza della condizione umana. “Crediamo che l’arte sia un bene di tutti. Per questo – ha osservato il Group CEO di Generali, Cavaliere del Lavoro Philippe Donnet – promuoviamo iniziative culturali diffuse, attraverso collaborazioni di lungo periodo con le più importanti istituzioni del settore, pubbliche e private, per generare un reale impatto economico e sociale sul territorio. Vogliamo ridurre le barriere e coinvolgere il più ampio numero di persone nella fruizione di questo patrimonio collettivo, nel convincimento che esso costituisca una leva di crescita e benessere per l’intera comunità”.

ALLENARE L’OCCHIO
Munch mirava a rendere visibile l’invisibile. “Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto.” La formazione artistica di carattere accademico che riceve in gioventù si trasforma presto in tecniche inventive capaci di esprimere i ricordi e le emozioni che sfuggono all’occhio umano. Munch presta una particolare attenzione alle immagini, ai suoni, ai colori e persino alle vibrazioni percepibili nell’aria; è estremamente consapevole dei modi in cui le emozioni filtrano le sue esperienze del mondo, riflettendo la ricerca di Hermann von Helmholz e del filosofo William James. Nei suoi scritti annota più e più volte come la sua vista influenzi la sua esperienza sensoriale, incluso i suoni che sente e gli stati emotivi che prova, producendo capolavori come “L’urlo”. Nella seconda sezione, “Quando i corpi si incontrano e si separano”, sono raccolte opere che esprimono la “grandiosità della sessualità”. Negli anni ´90 del XIX secolo Munch comincia a organizzare le sue immagini di desiderio erotico, risveglio sessuale e desolazione in una serie chiamata “Amore” che sviluppa nel corso dei decenni successivi e trasforma nella serie intitolata “Il Fregio della vita”, che per lui simboleggia un ciclo essenziale della vita umana. In mostra sono presenti opere come Bacio vicino alla finestra (1891), Coppie che si baciano nel parco (Fregio di Linde) del 1904 e Madonna (1895). Segue la sezione “Fantasmi”, in cui le opere raccontano i suoi ricordi manipolati attraverso la pittura e la scrittura. Se le raffigurazioni sentimentali della malattia erano popolari nei paesi nordici, le immagini di Munch sono cariche dell’agonia che si prova nel guardare qualcuno morire, e della lotta con la morte che immagina i malati debbano affrontare.
In questa sezione sono presenti opere celeberrime, tra le altre, come Sera. Malinconia (1891), Disperazione (1894) L’urlo (1895), Lotta contro la morte (1915) e La morte nella stanza della malata (1893).

MUNCH IN ITALIA
In “Munch in Italia” è possibile incontrare un aspetto poco conosciuto del lavoro di Munch. Il suo primo viaggio nella Penisola risale al 1899, assieme alla sua amata Tulla Larsen, e comincia subito con il piede sbagliato: “Sarebbe dovuto andare a Parigi”, scrive l’artista utilizzando la terza persona, “Ma la sua salute non glielo permise, e forse l’Italia gli avrebbe giovato, quindi si diressero insieme a Firenze. Malattia, alcol, disastri: questo fu il viaggio a Firenze.” I dipinti monumentali successivi devono un tributo al Rinascimento italiano: “Penso alla Cappella Sistina … Trovo che sia la stanza più bella al mondo.” Ben rappresentato anche “L’universo invisibile” di Munch e la sua produzione di autoritratti, veicolo di auto-invenzione ed espressione dell’identità artistica, una dimensione che Munch esplora servendosi di una teatralità eccezionale.
In mostra sono raccolti alcuni suoi capolavori che permettono di rileggere attraverso precise scelte compositive il suo immaginario disturbante, inquieto, eppure seducente. La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo dell’artista, con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio, è realizzata in collaborazione col Museo Munch di Oslo.

 

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