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INVERTIRE LA ROTTA per recuperare la salute pubblica | Civiltà del Lavoro 1/2025

19.05.2025

L’ inverno demografico perdura anzi avanza (se continua così, nel 2070 noi italiani saremo 11 milioni in meno), accompagnato dall’invecchiamento della popolazione e dall’infertilità di coppia in aumento. È altresì legato allo spopolamento delle aree interne e alle problematiche ambientali, con significativo impatto sul sistema socioeconomico sanitario della nostra Italia. Interconnessi, questi fenomeni sollevano interrogativi per il futuro del Paese da gestire nel breve-medio termine, con sforzi coordinati da parte di istituzioni e società civile. Molteplici le cause della denatalità. Tra queste, l’incertezza economica, la precarietà lavorativa, la carenza di politiche a sostegno della genitorialità, impediscono ad una coppia di realizzare la propria progettualità genitoriale. Spicca l’orientamento al successo professionale, che porta a posticipare spesso il momento del primo figlio dopo l’età fertile biologicamente ottimale (18-35anni) e, considerando che le giovani madri sono sempre meno, la bassa propensione alla genitorialità dopo il primo figlio.
Anche l’evoluzione della struttura familiare rivede la difficoltà di conciliazione lavoro-famiglia. Inoltre, la migrazione dei più giovani, attratti da un’offerta superiore, verso i grandi centri urbani dove il costo della vita è però più alto rende più difficile la scelta di avere figli; peraltro, questo spostamento porta allo spopolamento delle aree marginali. Infine, altro tema capace di influenzare la salute umana, includente la fecondità, è il cambiamento climatico. Serve dunque un nuovo equilibrio di convivenza tra persone e territorio.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale, l’infertilità interessa il 17,5% delle coppie, con punte del 23% in territori come la Cina: un dato significativo che risulta sottostimato, non avendo alcuni paesi come India, Bangladesh e alcuni stati africani fornito statistiche complete.
Le analisi disponibili si concentrano prevalentemente sull’infertilità femminile, trascurando quella maschile, dimostrata essere in declino negli ultimi anni. Infatti, la meta-analisi apparsa sullo Human Reproduction Update fotografa il crollo verticale della capacità riproduttiva maschile segnando meno 59,3% in 40 anni (da 99 milioni di spermatozoi per millilitro nel 1973 a 47 milioni nel 2011), con un’accelerazione del declino dal 2000. Il sistema riproduttivo è particolarmente sensibile a stress endogeni ed esogeni: stili di vita scorretti, inquinamento, scarsa prevenzione inducono processi di invecchiamento dei gameti, complicando la procreazione, comportando una maggiore predisposizione a patologie cronico-degenerative e una riduzione dell’aspettativa di vita sana, con un peggioramento della salute complessiva della popolazione. Tutto ciò solleva serie preoccupazioni nella comunità scientifica.
A tal proposito, il progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) – che indaga il rapporto fra inquinamento, stili di vita, alimentazione, fertilità in coorti selezionate di giovanissimi sani, non fumatori, non bevitori abituali, non consumatori di droghe, in diverse aree d’Italia ad alto tasso di inquinamento (Terra dei Fuochi, Brescia, Valle del Sacco, Modena, Vicenza, Taranto) – evidenzia come un giovane maschio su due presenti almeno un’alterazione di uno dei parametri dello spermiogramma e, in particolare, anomalie nei sistemi antiossidanti, proteomici, epigenetici, genetici degli spermatozoi. Queste anomalie sono state messe in relazione con il bioaccumulo di contaminanti ambientali, quali metalli pesanti, sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), policlorobifenili (PCB), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti organici volatili (VOC), nel liquido seminale degli utenti, suggerendo il forte legame tra salute riproduttiva ed esposizione ambientale.
I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti esaminando giovani della stessa età, con le medesime con dizioni di salute, ma residenti in un’area a basso tasso di inquinamento (Valle del Sele), e i rischi riproduttivi sono risultati molto meno significativi. La pressione ambientale dunque gioca a sfavore. E la disuguaglianza in termini di salute riproduttiva, rilevata precocemente attraverso la qualità del seme “sentinella” sensibile all’ambiente, è in linea pure coi dati di maggiore incidenza di patologie cronico-degenerative che si riscontrano proprio nelle aree più inquinate.
Il rapporto Istat 2024 mette in luce come questa problematica sia particolarmente acuta nelle aree interne (o marginali), che rappresentano il 58% del territorio nazionale, il 22,7% della popolazione, circa 13 milioni di persone, in un’Italia che registra uno dei tassi di natalità più bassi al mondo (1,20), lontano dalla soglia di sostituzione della popolazione (2,1).
Con una glocal mentality, dalle aree interne può partire un rilancio sostenibile, divenendo centri nevralgici nella creazione dell’ecosistema equilibrato uomo-natura: grazie a uno stile di vita più sano, a un ambiente più salubre, a filiere produttive più corte, queste possono rappresentare il punto di partenza per buone pratiche. L’area cilentana, ad esempio, culla dell’elisir di lunga vita e della dieta mediterranea, offre carte da giocare per affrontare le sfide sociosanitarie del nostro tempo e gestire l’inverno demografico.
Non vi è dubbio che per costruire una strategia di medio-lungo termine è fondamentale l’impegno da parte del governo con un vero e proprio patto fra scuola e sanità. Nelle scuole occorre sensibilizzare gli studenti sui temi della tutela ambientale, dei rischi espositivi legati agli inquinanti fisici chimici biologici, della consapevolezza alimentare, degli stili di vita, dell’importanza degli screening. Investire sui giovanissimi e far capire loro che hanno un ruolo sociale attivo e che tutelare la propria salute riproduttiva significa salvaguardare la salute generale in età adulta e anche garantire quella della progenie e, di conseguenza, il futuro demografico del Paese.
È innegabile ormai che, con le proprie scelte, ognuno di noi gioca la sua parte.

 

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