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Investire sulle idee, APRIRE NUOVE STRADE | Civiltà del Lavoro 1/2025

07.05.2025

Come ogni azienda la Pedrollo ha un piano strategico. Ma con grande affetto per il mio Paese mi chiedo se anche l’Italia ce l’abbia. La nostra classe dirigente pensa all’industria, a difenderla, rafforzarla? Tra gli squilibri dei mercati mondiali saltano scenari consolidati e si lavora con più fatica, mentre continue complicazioni aggravano la crisi. Da imprenditore però non posso che restare ottimista. Le aziende cercano sempre opportunità, e la mia ha superato con buoni risultati anche anni difficili. Guardando avanti.
La decisione più importante e vincente l’ho presa ormai 50 anni fa: non smettere mai di investire. Ogni euro è servito a far crescere la capacità di produrre – prima, meglio e di più –, a ridurre i costi con progetti e strumenti più efficaci, a formare il personale, a creare un modello commerciale che ha al centro qualità e servizio, ad arrivare ovunque ben prima della globalizzazione, ma tenendo in Italia ideazione e produzione.
Gli imprenditori che mi hanno ispirato, molti tra i Cavalieri del Lavoro, cercano sempre cosa e dove migliorare per potenziare la crescita. Non solo tecnologia ma formazione, reti di vendita, innovazioni di processo e prodotto: precorrere i tempi, aprire strade nuove. Aggiorniamo ciclicamente i nostri prodotti anche se hanno successo, e quelli che progettiamo a volte sono perfino in anticipo sui mercati. Ma non innovare perché “il vecchio prodotto vende ancora bene” significherebbe rinunciare a soddisfare per primi i clienti di domani.
Le nostre elettropompe spostano l’acqua da dove si trova a dove serve. Però senza progettisti che danno vita a nuove idee con l’università non potremmo rispondere alla domanda che cresce in Africa, Medio o Estremo Oriente, dove l’acqua è poca o va portata alle industrie, ai campi e soprattutto alle persone. Se è concreta, la geopolitica è proprio questo. L’invasione russa dell’Ucraina ci priva dal 2022 di due mercati chiave, tanto che ci saremmo accontentati di un 2024 senza perdite: ma è andata meglio del previsto, con un incremento di fatturato. E anche nel 2025 i primi due mesi ci vedono in crescita.
I prodotti rispondono ai temi globali. Transizione ecologica con il riciclo delle acque pulite e di quelle sporche o inquinate, consumi energetici contenuti, strumenti per le inondazioni scatenate dal clima estremo sono gli obiettivi da perseguire. Ma si investe sulle idee quando va bene, non a crisi iniziata. Noi procediamo così. Le elettropompe funzionano se c’è elettricità: e se non ci sono generatori o il gasolio costa troppo? Si cerca un’alternativa: la nostra è stata rendere le pompe autonome perfino in Africa, collegandole direttamente ai pannelli solari.
Stesso metodo per la formazione: i tecnici possono lavorare sulla meccanica, sui motori elettrici e sull’elettronica. Progettare bene riduce i tempi, riduce gli errori e ci prepara al futuro. L’innovazione è anche avere come manager commerciali i colleghi nati nei paesi di cui siamo partner. Un vantaggio inestimabile che ci ha aperto mercati inattesi. E investiamo nel made in Italy che ci distingue nel mondo. Bello o brutto, un prodotto costa più o meno lo stesso, ma l’effetto è incomparabile: e questo patrimonio va protetto e difeso dalla contraffazione.
Infine la sostenibilità: è un dovere verso il pianeta e la società e un valore per l’azienda. Energia rinnovabile e materie prime riciclabili: alluminio, plastiche, acciaio e gomma. Il riutilizzo di ciò che sottraiamo alla discarica migliora i processi e consegue molti risparmi. E naturalmente poi c’è l’acqua, che è all’origine della nostra visione. Il recupero dell’acqua piovana dai pluviali, ad esempio, oggi ci permette di risparmiare cinque milioni di litri all’anno.
Fra i problemi dell’Italia spiccano il costo dell’energia e l’approvvigionamento di materie prime, ma la vera urgenza è quel male nascosto e pervasivo che è una crescente burocrazia che moltiplica le criticità senza risolverle. Bisogna semplificare il sistema per non sovraccaricare le aziende con procedure di scarsa utilità, complicate, da sbrigare in fretta ma che poi sembrano finire nel nulla.
È opprimente, come viaggiare col freno a mano tirato. Negli anni Ottanta si diceva che “l’azienda funziona fino al proprio cancello, fuori è una terra di nessuno”: sembriamo fermi lì. Come sostenere il sistema? In passato qualche legge ha portato vera crescita, come la Sabatini del 1965 o Industria 4.0, ma oggi non c’è visione e le imprese si arrangiano procurandosi da sole automazione e Intelligenza artificiale.
E così gli imprenditori tornano a fare da soli, senza chiedere o attendere aiuti, anche in settori come il nostro, che fronteggiano già un inquietante futuro di emergenza idrica. Imprenditore da 50 anni, affronto gli imprevisti per poter crescere, ma la disaffezione che l’Italia sembra provare per le aziende mi pesa più dei costi e dei dazi. Siamo creativi, ma spiace veder distogliere energie e risorse da uno sforzo comune per restituire all’Italia il successo che merita.

 

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