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TEMPI INCERTI PER LA MANIFATTURA Reggono meccanica e farmaceutica | Civiltà del Lavoro 1/2025

07.05.2025

Come fronteggiare l’incertezza determinata dall’andamento della congiuntura e dalle minacce di dazi di Trump? Quali interventi europei e nazionali sarebbero necessari per contrastare il calo della produzione industriale che va avanti dall’inizio del 2023? Ne parliamo con l’economista Alessandra Benedini, Associate Partner di Prometeia, curatrice del Rapporto sui settori industriali uscito nel febbraio 2025.

Il 2024 si è chiuso con la produzione industriale in calo del 3,5%, dopo 23 mesi di riduzione costante, e un crollo del 7,1% a dicembre; quali sono stati i settori più in difficoltà e quelli che vanno meglio?
Pur in un contesto difficile, ci sono stati settori che sono cresciuti anche nel 2024. In termini di fatturato deflazionato (-2,5% per il complesso del manifatturiero nel 2024), al top del ranking troviamo la farmaceutica (+6,7%, sempre in fatturato deflazionato), il largo consumo (+4,7%, grazie alle performance della cosmesi, premiata dai consumatori alla ricerca di beni consolatori a basso importo unitario), l’alimentare e bevande e l’elettrotecnica; tutti settori che si caratterizzano per una domanda meno sensibile al ciclo economico e una buona competitività internazionale.
A fianco di questi settori ce ne sono stati altri in forte difficoltà: l’automotive, che sconta la difficile transizione all’elettrico e una domanda europea depressa; il sistema moda, penalizzato dal rinvio degli acquisti di beni non necessari sia in Italia che all’estero; i produttori di beni d’investimento dell’elettronica e della meccanica, che hanno accusato il ritardo dei decreti attuativi del piano incentivante “Transizione 5.0”. Poco brillanti anche le performance dei produttori di beni durevoli per la casa, mobili e soprattutto elettrodomestici, per i quali il ripiegamento dell’edilizia residenziale ha accentuato situazioni di crisi aziendali.

Nonostante il 2024 si sia chiuso negativamente, nel vostro recente Rapporto “Analisi dei settori industriali” realizzato con Intesa Sanpaolo prevedete segnali di ripresa nel 2025, pur in presenza di incertezze geo-politiche. Qual è la vostra analisi?
Benché la crescente incertezza internazionale abbia aumentato l’attendismo e fatto sfumare le attese di rafforzamento del ciclo, la fiducia delle imprese appare in miglioramento nelle ultime rilevazioni, sia in Italia che sui principali mercati europei.
A febbraio di quest’anno, nonostante la forte incertezza internazionale, l’indice Pmi del manifatturiero nell’Eurozona è salito al livello più alto degli ultimi due anni (47,6 punti), avvicinandosi alla soglia di stabilizzazione.
Il miglioramento dell’industria europea sarebbe molto positivo per il manifatturiero italiano, che all’area destina oltre la metà delle proprie vendite estere, soprattutto in presenza di un inasprimento delle barriere sul mercato statunitense, come minacciato dall’amministrazione Trump.

L’amministrazione Trump ha ipotizzato dazi del 25% sull’importazione di auto. Che effetti avrebbero sullo scenario 2025-26?
Sul fronte dazi sono molti gli annunci fatti. Al momento in cui scriviamo (intervista rilasciata a inizio marzo ndr.), i provvedimenti che dovrebbero entrare in vigore a breve sono quelli relativi all’import di alluminio e acciaio, che dal 12 marzo dovrebbero essere sottoposti a dazi del 25% (come definito già nel 2018, cancellando esenzioni e rettifiche introdotte negli anni successivi).
Per gli altri prodotti, nuove misure dovrebbero essere introdotte a inizio aprile, sulla base delle analisi realizzate dall’amministrazione statunitense nell’ambito del “Fair and reciprocal plan” firmato da Trump il 13 febbraio: in base ai risultati delle analisi previsti a inizio aprile, gli Stati Uniti adotteranno misure – non solo dazi, ma anche barriere non tariffarie e fiscali – volte a contrastare gli “accordi commerciali non reciproci”.
Nel caso dell’auto, le cui importazioni dall’Europa sono daziate al 3% dagli Stati Uniti, a fronte del 10% con cui gli europei daziano i prodotti statunitensi, è probabile un intervento da parte dell’amministrazione Trump, anche se non è ancora chiaro di quale entità. A soffrire maggiormente sarebbero le produzioni non premium, che vedrebbero intaccarsi più la marginalità delle vendite che i volumi, con un impatto che potrebbe essere attenuato anche dall’andamento del cambio euro/dollaro.
È comunque da considerare come, sia nel caso dell’automotive (filiera molto integrata a livello internazionale), che di altri importanti settori quali meccanica e farmaceutica, che destinano una quota rilevante di vendite al mercato statunitense, l’interscambio Italia-Stati Uniti sia influenzato da una fitta rete di investimenti esteri, che potrebbero portare a soluzioni negoziali o garantire continuità ai flussi in essere.

Quali sono le attese per i consumi interni e gli investimenti?
Si stima che i consumi cresceranno grazie al calo dell’inflazione e dei tassi d’interesse e agli adeguamenti salariali conseguenti ai rinnovi contrattuali, ma le famiglie continueranno a privilegiare i servizi rispetto ai beni, limitando soprattutto gli acquisti di prodotti costosi e non essenziali come auto (che scontano anche l’incertezza tecnologica), beni della moda e mobili.
Per gli investimenti, la discesa dei tassi e le semplificazioni normative apportate al piano Transizione 5.0 sono attese impattare positivamente sugli acquisti di macchinari, mentre i progetti infrastrutturali legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) continueranno a supportare gli investimenti in costruzioni, nonostante le difficoltà della ristrutturazione edilizia dopo la fine del Superbonus.

Gli incentivi di Transizione 5.0 finanziati dal Pnrr sten tano a partire. Che cosa si potrebbe fare per accelerarne l’utilizzo?
Il ritardo nei decreti attuativi e la complessità per di mostrare il risparmio energetico conseguente ai nuovi investimenti sono risultati un freno all’accesso agli incentivi previsti da “Transizione 5.0” nel corso del 2024.
Il governo ha recentemente introdotto misure volte a semplificare l’accesso agli incentivi e, in particolare, il soddisfacimento dei requisiti di risparmio energetico conseguenti ai nuovi investimenti, garantiti a chi sostituisce un macchinario già completamente ammortizzato da due anni, elemento sicuramente importante per favorire l’adozione di tecnologie innovative, anche in ottica green, nel segmento delle piccole imprese. Ricordo, però, che il piano incentivante scade a fine anno.

Quali sono i settori industriali con migliori prospetti ve nel 2025 e quelli più in difficoltà?
L’atteso risveglio degli investimenti favorirà la produzione di beni strumentali – industria meccanica, importante settore di specializzazione del manifatturiero italiano, elettrotecnica ed elettronica. Si tratta di settori che secondo le nostre ultime previsioni cresceranno a ritmi entro il 2%, più vivaci di un manifatturiero atteso poco più che stabile.
Fra i settori di consumo, la farmaceutica si confermerà leader della crescita (pur condizionato dalla forte esposizione al mercato Usa), ma performance positive si attendono anche per largo consumo, alimentare e bevande; per il sistema moda il recupero sarà rinviato alla seconda parte dell’anno, nell’ipotesi di un rientro dell’incertezza.
Una ripresa, sia pure modesta, dovrebbe caratterizzare anche i settori produttori di beni intermedi, che nel corso del 2024 si sono caratterizzati per dinamiche “stop and go”, riflesso anche dell’incertezza che ha dominato le politiche di ristoccaggio in un contesto di domanda difficile.

Che politiche europee e nazionali sarebbero necessarie per contrastare l’incertezza e rilanciare la manifattura?
La manifattura italiana ha necessità, al pari di quella europea, di rafforzare la propria capacità innovativa, puntando su ricerca e formazione per intercettare proattivamente i trend tecnologici emergenti e sostenere la produttività.
Questo rilancio, per avvenire in tempi relativamente brevi, dovrà essere guidato da misure di politica industriale – sia sul fronte della domanda, che dell’accesso al credito, della governance e così via – volte a supportare le imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni, nell’adozione di nuove modalità operative e produttive e a incentivare lo sviluppo dei settori chiave, grazie alla creazione di player europei in grado di competere coi colossi statunitensi e cinesi, al fine anche di ridurre la dipendenza dall’estero delle forniture di in put strategici.
Tali politiche consentirebbero anche il rilancio della domanda interna, sempre più importante in un futuro che vedrà ridursi gli spazi di crescita sui mercati mondiali.

 

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