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Scavolini, dalla cucina alla casa in 60 anni

16.03.2022

La Scavolini compie sessant’anni e la sua storia è anche un pezzo di storia d’Italia, anche perché i grandi cambiamenti del modo di abitare degli italiani sono spesso passati per la cucina. Ne parliamo con il fondatore e presidente Valter Scavolini.

Sessant’anni: un anniversario è sempre una festa, ma anche un momento in bilico fra bilanci e obiettivi.

«Semi guardo indietro non ho rimpianti, non posso dire: questo o quello lo avrei fatto diversamente. E comunque non amo molto guardarmi indietro. Preferisco il futuro. In cui l’obiettivo principale è garantire alla Scavolini continuità e un domani senza problemi anche in questo mondo più complicato di quello in cui abbiamo cominciato».

Lei ha fondato la Scavolini a Pesaro con suo fratello Elvino. Legame con il territorio e famiglia sono stati due tratti distintivi dell’impresa. Lo sono ancora?

«Da Pesaro ormai si deve andare alla conquista del mondo, bisogna essere internazionali. La famiglia resta fondamentale e continuerà a giocare un ruolo centrale: in azienda ci sono ormai i figli e i nipoti, e sono loro il nostro presente e il nostro futuro».

“La più amata dagli italiani”, il claim e la Carrà come testimonial, è noto, sono idee nate guardando la copertina di un noto settimanale popolare. Meno noto è il rapporto che avete avuto con la Carrà e, soprattutto, con la Cuccarini.

«Beh, possiamo dire che la Cuccarini è ormai diventata di famiglia. Si parte con il bel ricordo della sua venuta per la finale di basket tra Pesaro e Milano, nel 1988 (che la Cuccarini rievoca nel video victorialibertas.it/la-vuelle-festeggia-i-3 0-anni-dal-primo-scudetto-con-lorellacuccarini/), e si prosegue con un rapporto di amicizia, perché lei a Pesaro non veniva solo per lavoro ma anche in occasioni familiari».

Lei è un appassionato sportivo, anche praticante, e la storia della Scavolini è intrecciata con lo sport, dal volley al rugby, ma soprattutto ovviamente il basket.

«Mi sono anche occupato di calcio con la Vis Pesaro. Le sponsorizzazioni sono state un modo per essere di aiuto alle squadre locali, e solo poi una strategia di visibilità pubblicitaria, ma devo dire che di visibilità ne abbiamo avuta molta».

La Scavolini è anche un osservatorio privilegiato sul cambiamento della cucina.

«La cucina continua a cambiare e noi monitoriamo la sua trasformazione, ma la prima rivoluzione l’abbiamo vissuta noi: nel dopoguerra la gente non aveva niente e servivano soprattutto credenze e buffet per riporre le stoviglie. Poi sono arrivate le prime cucine componibili ed è cambiato tutto».

Dalle cucine all’intera casa. Oggi Scavolini arreda il living, il bagno, anche nella versione con palestra, insomma, offre un total look. Ma non c’è più spazio per le specializzazioni?

«Ci sarà sempre spazio. Ma per chi ha negozi il tutto il mondo è strategico poter soddisfare tutte le esigenze dei clienti, avere una risposta per tutti i bisogni dell’abitare». La pandemia ha messo la casa al centro dell’attenzione. «Il nostro settore è molto più fortunato di altri. La gente, chiusa in casa, ha sentito il bisogno di migliorarla, di cambiarsela addosso e nei mobili ha speso volentieri. Ma tutti non vediamo l’ora di uscire, e lasciare questo triste periodo alle spalle».

Tutti parlano di ecosostenibilità.

«Inevitabile. Ci impegniamo su molti fronti. E abbiamo da poco ottenuto il certificato di circolarità al 96 per cento per i prodotti di cucina, living e bagno».
Qual è un ricordo particolarmente caro?
«Il giorno che sono diventato Cavaliere del lavoro, credo che sia il massimo premio per un imprenditore».

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Articolo pubblicato il 16 Marzo 2022 da La Repubblica Design

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