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SINTESI IN PRIMO PIANO – 9 giugno 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– L’Italia si ritira dall’Afghanistan: dopo vent’anni la missione è finita;
– Svolta al Copasir accordo tra i partiti per Urso presidente;
– Accordi e favori sull’ex Ilva: arrestato il legale Amara;
– Riparte l’occupazione con 560 mila posti liberi. Ma mancano i lavoratori;
– Lavoro: si tratta su licenziamenti, Cig e contratti a termine
– Green pass, via libera dell’Europa. Dal primo luglio viaggi senza divieti;
– Macron preso a schiaffi da due estremisti di destra. E Le Pen: «Intollerabile».

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Lio Pierpaolo 
Titolo: Mattarella e il virus: noi sulla buona strada – Il grazie di Mattarella agli scienziati: «Ma il traguardo non è raggiunto»
Tema: Emergenza Covid-19

L’euforia della speranza non deve distrarre dalle ultime curve della pandemia. In un’Italia che vira velocemente verso il total white, di fronte a una platea di studenti in rigoroso collegamento web, Sergio Mattarella mette in guardia dai rischi d’inciampare a pochi passi dall’obiettivo. Grazie alla campagna vaccinale «siamo sulla buona strada, ma è bene mantenere alta l’attenzione perché il traguardo non è stato ancora raggiunto», e anche una volta superata l’emergenza «sarà bene tenere questa tragedia sempre presente, non rimuoverne il ricordo e gli insegnamenti». II capo dello Stato parla nell’aula magna dell’Università Statale di Milano – presenti anche il sindaco Beppe Sala, il presidente lombardo Attilio Fontana e il ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti – in occasione dell’inaugurazione (tardiva) dell’anno accademico 2020-2021. Ed è in questo ateneo – «il quarto al mondo per gli studi sul Covid», come rivendicherà più tardi nel suo discorso il rettore Elio Franzini – che Mattarella celebra il primato della scienza nella difficile guerra al virus: «In questa stagione è emerso agli occhi di tutti il valore della scienza e della ricerca. Non saremo mai abbastanza grati al mondo della scienza per la velocità e l’impegno con cui ha consegnato all’umanità gli strumenti per sconfiggere la pandemia». Mattarella ha poi ricordato che il virus ha rappresentato uno «stress test» per tutto il Paese, sulla cui pelle ha lasciato ferite profonde ma anche insegnamenti da mandare a memoria per il futuro. E cioè che «ognuno ha bisogno degli altri e viceversa, e questo è un criterio che speriamo non venga rimosso. Non lo sia a livello di relazione tra le persone e neanche nelle relazioni tra gli Stati. E un insegnamento che sarà bene custodire e mettere a frutto».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Logroscino Adriana 
Titolo: Piano per le discoteche: da luglio col green pass – Il piano per riaprire le discoteche: dal primo luglio si entra col green pass
Tema: Emergenza Covid-19

Molti punti di contatto. Non soltanto tra i gestori dei locali notturni e un pezzo consistente delle forze di governo. Ieri a interessarsi delle sorti delle discoteche ancora chiuse sono stati il segretario della Lega, Matteo Salvini, e il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Ma a favore della riapertura delle discoteche dal primo luglio si sono pronunciati anche infettivologi, epidemiologi, esperti che collaborano con il ministero della Salute: con il green pass, che attesti l’avvenuta vaccinazione, l’avvenuta guarigione, o con l’esito negativo di un tampone fatto nelle ultime ore, si può tornare a ballare. Ora sul punto, però, deve esprimersi il ministro della Salute Roberto Speranza dando indicazioni sulle eventuali limitazioni e sulla data per la riapertura. Ma un’azione di forza da parte dei proprietari dei locali pare scongiurata. In perfetta sintonia con i gestori dei locali si mostra Salvini. Il segretario della Lega al termine dell’incontro con Maurizio Pasca del Silb (sindacato locali da ballo aderente alla Pipe), riassume così la sua posizione: «Dal primo luglio le discoteche devono poter riaprire, in sicurezza. E’ sempre meglio un divertimento sano e controllato delle ammucchiate fuori da ogni regola».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni 
Titolo: Accordi e favori sull’ex Ilva: arrestato il legale Amara – «Favori per l’ex Ilva», arrestato Amara Quel «patto illecito» con il procuratore
Tema: Ex Ilva

Di loggia Ungheria non si parla, ma tutti gli episodi di presunta corruzione contestati all’avvocato Piero Amara, all’ex procuratore Carlo Capristo e al poliziotto Filippo Paradiso ruotano intorno alla nomina del magistrato da cui proprio Amara prese spunto per svelare ai magistrati milanesi l’esistenza di quella ipotetica associazione segreta. Ieri l’avvocato è stato arrestato su ordine di un giudice di Potenza, e tra i motivi per cui è finito in prigione ci sono le «reti di relazioni» con cui sarebbe in grado di «influenzare l’esercizio dei pubblici poteri» ed esercitare «capacità di ricatto». Amara e Paradiso sono in carcere, Capristo ha l’obbligo di dimora, un avvocato e un ex consulente dell’Ilva commissariata sono agli arresti domiciliari, tutti con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. È l’epilogo temporaneo di un intreccio tessuto intorno all’ex procuratore di Trani e Taranto capace – secondo il giudice dell’indagine preliminare che ha avallato le tesi della Procura – di «orientare» le proprie attività «nel senso tipicamente corruttivo-collusivo» riassunto in un semplice concetto: «Per gli amici i favori, per gli altri la legge». Il nocciolo della storia riguarda la nomina di Capristo a Taranto, decisa dal Consiglio superiore della magistratura marzo 2016. Ma per arrivare a quella scelta, accusa il giudice, si verificò una «incessante attività di raccomandazione, persuasione e sollecitazione svolta da Amara e Paradiso su alcuni membri del Csm e/o su soggetti ritenuti in grado d’influire su questi ultimi». Attività che il magistrato avrebbe ripagato «vendendo la sua funzione» in modo da garantire ai corruttori «utilità, vantaggi e agevolazioni professionali di significativo rilievo». Ma soprattutto a Taranto c’era e c’è l’ex Ilva, il gigante dell’acciaio già sotto inchiesta verso la quale il neoprocuratore avrebbe tenuto «una gestione di procedimenti e indagini complessivamente molto favorevole e certamente meno rigorosa rispetto a quanto avvenuto prima, come accertato nei processi «Ambiente svenduto» (conclusosi con le pesanti condanne della settimana scorsa), in quello relativo all’incidente mortale occorso all’operaio Giacomo Campo» e in altre vicende.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Si sblocca il nodo Copasir Verso il sì a Urso (FdI)
Tema: Cosipar

“Dal Copasir ci siamo dimessi perché l’organismo non è legittimamente composto, continuiamo a mantenere le nostre dimissioni”: le parole del leader della Lega, Matteo Salvini, arrivano alla vigilia del voto. Oggi infatti il Copasir dovrebbe avere il nuovo presidente: Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e unico membro dell’opposizione tra i dieci componenti dell’organismo bicamerale di controllo dei Servizi, dovrebbe raccogliere i voti per diventare il nuovo numero uno del Comitato, dopo le dimissioni del presidente leghista, Raffaele Volpi, che ha lasciato lo scorso 20 maggio. Una soluzione che arriva dopo mesi di scontro, con Fdl che ha reclamato, come previsto dalla legge, la presidenza in quanto unica forza di opposizione. Il senatore meloniano, che si ritrova candidato unico, dovrebbe poter contare sui voti dei due forzisti Elio Vito e Claudio Fazzone, così come sui voti dei 3 M5S (Cattoi, Dieni e Castiello). E il Pd? «Esprimerà un voto di consenso alla proposta avanzata da Fdl per motivazioni di carattere istituzionale», dice Enrico Borghi, responsabile delle Politiche per la sicurezza.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Pucciarelli Matteo 
Titolo: Svolta al Copasir accordo tra i partiti per Urso presidente
Tema: Cosipar

Alla fine, dopo mesi di guerra a bassa intensità, un braccio di ferro tutto interno alla destra, la spunta Fratelli d’Italia che ottiene ciò che la Lega aveva provato a evitare fino all’ultimo: cioè la presidenza del Copasir. Sarà Adolfo Urso, appunto esponente del partito guidato da Giorgia Meloni, il prossimo presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Oggi prenderà il posto del leghista Raffaele Volpi e ci riuscirà grazie al voto favorevole di M5S, Pd e Forza Italia. Che di fatto hanno appoggiato l’unica soluzione possibile per sbloccare l’impasse dell’organo, la cui presidenza è da sempre appannaggio delle opposizioni. E visto che il Carroccio è entrato nel governo di Mario Draghi, doveva per forza cedere all’unico esponente delle opposizioni nella rosa, appunto Urso, attuale vicepresidente. I desiderata di Matteo Salvini erano altri: aveva fatto dimettere Volpi e Paolo Arrigoni, i due membri leghisti dei dieci in totale, nella speranza di ottenere una nuova elezione di tutto l’organismo, delicatissimo per le funzioni di controllo sulla sicurezza interna, quindi – anche – sui servizi segreti. Sabotando così Urso, inviso alla Lega. Peraltro di sfondo c’è un’altra delicata questione diplomatica: Urso nel recente passato, nelle vesti di imprenditore, ha avuto rapporti e fatto affari per anni con l’Iran, dove per riuscire serve l’appoggio del governo di Teheran. Solo che a rigor di regolamento non si poteva ricambiare tutto il plenum, parere confermato dai presidenti di entrambe le Camere. Stando così le cose, il risultato finale era inevitabile: «Sono molto felice per Urso, sarà un ottimo presidente – dice Ignazio La Russa (Fdi) – ma sono dispiaciuto per il centrodestra, così ne usciamo sconfitti tutti. La si poteva gestire in maniera meno conflittuale: spero che i due membri leghisti votino anche loro Urso e si ristabilisca un clima sereno».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Lite sui poteri dell’Anac Il governo: le competenze resteranno le stesse
Tema: Anac

Per il governo nessun potere viene sottratto all’Anac: «Rimangono integre e non modificate le competenze assegnate dalle vigenti discipline di settore alle autorità e in particolare all’Anac», è scritto nella relazione illustrativa dell’articolo 6 del decreto Semplificazioni, che oggi dovrebbe essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Ma i vertici dell’Autorità nazionale anticorruzione ancora non si fidano del tutto, vogliono prima leggere il testo finale di quell’articolo che a giudizio del presidente dell’autorità indipendente, Giuseppe Busia, rischierebbe, se non modificato, di costituire «un’espropriazione di poteri, un pessimo segnale da evitare ad ogni costo, soprattutto nei confronti di organismi e investitori internazionali che credono nel nostro sistema di trasparenza e vigilanza in materia di anticorruzione», Il tira e molla va avanti da almeno tre giorni, da quando Busia ha puntato l’indice contro quella parte del Dl Semplificazioni che a suo giudizio rischia di costituire un passo indietro sulla credibilità del nostro sistema: il fatto che alcune competenze in materia di corruzione passino anche sotto la regia della Funzione pubblica, sarebbe a giudizio di Busia qualcosa di inimmaginabile, «il controllore gerarchicamente subordinato al controllato, invece che indipendente dallo stesso, con un passaggio di competenze da un’autorità indipendente eletta dal Parlamento ad uffici governativi». Il chiarimento interpretativo delle norme del decreto dovrebbe aver smussato la polemica a distanza fra Anac e governo, o meglio le critiche dell’Autorità dirette dell’esecutivo, che sin qui non ha mai replicato: fonti dell’esecutivo infatti rimarcano che non solo la relazione illustrativa all’articolo incriminato chiarisce e fuga ogni dubbio, ma che il problema non è mai esistito realmente. Non c’è mai stata alcuna volontà di sottrarre competenze normativa» all’Anac, dicono a Palazzo Chigi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: Mosse (anche) nel Pd: chi parteciperà al «nuovo Ulivo»?
Tema: Pd

Le elezioni politiche sono fissate per il 2023 e il Pd non vuole giungere impreparato a quell’appuntamento, tanto più che nel centrodestra comincia a farsi strada l’idea di una federazione o, addirittura, di un partito unico. «Dobbiamo arrivare alle elezioni con un nuovo centrosinistra», continua a ripetere Enrico Letta. E anche per questa ragione che il segretario dem all’inizio aveva sposato il maggioritario: per facilitare un processo di aggregazione. Quell’idea però aveva incontrato diverse resistenze dentro e fuori il partito, ma la creazione di una federazione del centrosinistra è possibile anche senza cambiare la legge elettorale. Già, la drastica riduzione dei parlamentari, come spiega Luigi Zanda al Foglio, favorisce «un nuovo bipolarismo e, forse, un nuovo bipartitismo». Perciò, ragionano al Nazareno, l’obiettivo di Letta si può centrare anche senza il maggioritario. E infatti Zanda, sempre sul Foglio, immagina un Pd che «unisca i riformisti», da Bersani a Renzi e Calenda. Gli ultimi due leader, però, non sembrano intenzionati a fare i «cespugli» di questo nuovo Ulivo. Non a caso ieri Andrea Orlando ha parlato di ricomposizione della sinistra rivolgendosi a Bersani e compagni e tralasciando gli altri: «Alcune rotture che sono maturate su vicende di carattere contingente penso possano e debbano essere superate». E da parte di quel pezzo di Pd che se ne andò in contrapposizione con Renzi c’è interesse per questa operazione. A maggio Roberto Speranza aveva annunciato che i transfughi del Pd sono pronti a partecipare alle Agorà democratiche. Ossia a quella piattaforma di confronto fortemente voluta da Letta che da luglio a dicembre coinvolgerà non solo il partito ma «tutti i soggetti interessati» a «ripensare le forme di una nuova presenza progressista in Italia».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Il retroscena – Ora Conte vuole cambiare nome al M5S I dubbi tra i grillini: “No a personalismi”
Tema: M5S

Che fare del nome M5S? La domanda era sorta appena Beppe Grillo aveva convinto Giuseppe Conte a prendere in mano la sua creatura, pochi giorni dopo la detronizzazione da Palazzo Chigi. L’ex premier non ha mai nascosto l’ambizione di stravolgere dalle fondamenta l’intera architettura del M5S. Ha chiesto sin da subito ampi margini per cambiarlo e trasformarlo in un partito solido. Grillo lo ha lasciato fare ma ha posto a Conte delle condizioni. E tra queste c’era che non avrebbe dovuto toccare il nome originario. Qualche ritocco sì, come per esempio inserire lo slogan “Italia 2050” nel simbolo, ma nient’altro di più. Adesso però Conte starebbe tornando alla carica, con un’idea che i suoi collaboratori coccolano sin dall’inizio e che era stata fatta filtrare qualche mese fa. Inserire all’interno del simbolo il proprio cognome: o così com’è o “Con Te”. Una scelta che però, sentendo la base parlamentare ma anche ministri e sottosegretari, viene vissuta come un eccesso di personalismo. Nella cerchia dell’avvocato sono convinti che il brand dell’ex premier funzioni e che così possa attirare più voti, anche fuori dall’elettorato tradizionale dei grillini. Devono, però, fare i conti con le perplessità diffuse dentro il Movimento, tra chi vive con ansia le prossime mosse di Conte ed è stato poco rassicurato dal suo passaggio in tv, ieri sera, su La7 a «Dimartedì». Il futuro capo politico ha lasciato qualche indizio del percorso del «suo» nuovo Movimento: avrà un dialogo costante con il Pd ma parlerà anche ai moderati, mantenendo un profilo «radicale» sui valori fondanti del MSS, a partire dal tema della giustizia.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Borgia Pier_Francesco 
Titolo: Salvini spinge l’unione Lega-Fi «Si può arrivare fino al 37%» Summit comunali
Tema: Centrodestra

Salvini è convinto della bontà dell’idea riguardante la federazione dei partiti di centrodestra di governo e tira dritto per la sua strada. «Tutti i parlamentari della Lega che mi è capitato di sentire in questi giorni – diceva già lunedì – si sono dimostrati disponibili». Anzi, di più. «Berlusconi – rivela a «Porta a Porta» – addirittura mi ha proposto il partito unico. Io però gli ho detto “Silvio, il partito unico non lo fai in un quarto d’ora…”. Non è che in quindici giorni ti inventi il partito unico, perché occorre ragionare per passi». E’ innegabile la suggestione «elettorale» di questo strumento federativo. Tanto che il Carroccio ha commissionato un sondaggio per vedere che tipo di reazione esso susciti nell’elettorato. E il risultato è stato sicuramente confortante per quanti vedono in questo strumento un vantaggio politico dei partiti che vi si associano. Una federazione di centrodestra, composta da Lega, Forza Italia e dai «cespugli» centristi, oggi vanta una forza percentuale del 31,6 ma ha un valore potenziale che oscilla tra il 34 e il 37 per cento. Almeno questo è il risultato cui è arrivato il sondaggista Enzo Risso. La federazione raccoglierebbe, secondo questo studio demoscopico, il 5% degli elettori del M5S, il 2% degli elettori del Pd, e pescherebbe un sostanzioso 14% dal bacino degli indecisi. Negli ambienti di via Bellerio i volti sono sicuramente rasserenati. E c’è già chi maliziosamente fa notare che il sondaggio mostra una evidente compattezza e piena visibilità al centrodestra di governo. Fatto questo che sicuramente va a vantaggio di Salvini e del suo impegno nello smarcarsi dal confronto diretto con l’alleata di coalizione (ma non di governo) Meloni.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio 
Titolo: Licenziamenti, con lo sblocco un aiuto ai giovani – L’Ufficio parlamentare di bilancio: sbloccare le uscite aiuta i giovani
Tema: Dl sostegni bis – Licenziamenti

Dal 1° luglio potrebbero verificarsi licenziamenti per circa 70mila lavoratori concentrati quasi esclusivamente nell’industria, «plausibilmente scaglionati nel tempo man mano che si concretizzano le opportunità di turnover e di ricomposizione degli organici»; una quota potrebbe anche transitare nella Cassa integrazione ordinaria” agevolata”. Si tratta di un numero «analogo» a quello del flusso delle cessazioni da contratto a tempo indeterminato che «prima della crisi si registrava ogni bimestre nell’Industria». Sono stime dell’Ufficio parlamentare di Bilancio che, nella memoria sul decreto Sostegni bis depositata ieri in commissione Bilancio alla Camera, valuta l’impatto della fine del blocco dei licenziamenti in scadenza il 30 giugno per i settori coperti dalla cassa integrazione ordinaria, ovvero industria e costruzioni, che non avranno più settimane di cassa Covid gratuita, ma potranno ricorrere fino a fine anno alla cassa integrazione “scontata” delle addizionali applicate in base all’utilizzo (senza poter licenziare mentre godono dello sconto). Stime importanti, quelle dell’Upb, alla luce delle preoccupazioni dei sindacati che, invece, temono di assistere ad un’ondata di licenziamenti e chiedono di approvare una nuova proroga per industria e costruzioni per confluire nel blocco dei licenziamenti in vigore fino a fine ottobre per le aziende del terziario. L’Upb sottolinea che la ripresa economica della prima parte del 2021 e le positive aspettative di crescita «rendono possibile l’eliminazione» del blocco dei licenziamenti «a beneficio anche delle politiche di occupazione a favore dei soggetti, soprattutto i giovani, in cerca di lavoro che nei mesi scorsi hanno visto venire meno le opportunità di impiego».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio – Tucci Claudio 
Titolo: Lavoro: si tratta su licenziamenti, Cig e contratti a termine
Tema: Dl sostegni bis – Licenziamenti

ll governo si affida ad un mix di strumenti per gestire la progressiva uscita dalle misure emergenziali con l’obiettivo di attutire le ripercussioni negative sull’occupazione: a partire dall’estensione del contratto d’espansione, con i prepensionamenti che potrebbero interessare anche le imprese al di sotto dell’attuale limite di 100 dipendenti ed essere collegati ad incentivi che favoriscano nuove assunzioni. Allo studio anche il contratto di solidarietà allargato alle imprese che hanno perdite di fatturato inferiori a quel tetto del 50% indicato dal Dl Sostegni Bis (l’ipotesi è di portare l’asticella al 30%). Si ragiona anche di modifiche al decreto Dignità sui contratti a termine, per ammorbidire ulteriormente le causali e dare più spazio alla contrattazione collettiva, inclusa quella aziendale. Fino al delicato tema del blocco dei licenziamenti per alcuni settori dell’industria più in difficoltà (tessile) accompagnato però da nuove settimane di Cig Covid gratuita per le imprese. Il dossier è in mano ai tecnici di Palazzo Chigi, del ministero del Lavoro e del Mef, che stanno elaborando le prime simulazioni sui costi; l’ipotesi prevalente è che queste norme entreranno nel Dl Sostegni bis, con un emendamento del governo. Considerando che il provvedimento verrà convertito in legge dopo il 30 giugno, quando scadono le procedure emergenziali, si pensa di fare una norma che avrà l’entrata in vigore “retroattiva”.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia – Savelli Fabio – Ferraino 
Titolo: Tensione sui licenziamenti – Maggioranza divisa sui licenziamenti
Tema: Blocco dei licenziamenti

Da un lato ci sono quasi un milione e 300 mila posti di lavoro da occupare nei prossimi tre mesi estivi. Oltre mezzo milione (560 mila) solo nel mese di giugno. Più del 2019. Li offrono l’industria, il turismo, il commercio, le costruzioni. Perché «le imprese provano a ripartire» sostiene il bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal che ha diffuso i dati ieri e secondo il quale già solo nel mese di giugno il 15% delle imprese programma nuove assunzioni e il 19,8% prevede un aumento della produzione nel trimestre giugno-agosto. Ma dall’altro lato, si avvicina quel 30 giugno 2021 che vedrà la fine del blocco dei licenziamenti che fa tremare i sindacati e agitare il governo. La pratica sembrava archiviata con il decreto Sostegni bis da cui era stata tolta la proroga alla fine di agosto per le aziende più grandi. Invece la maggioranza rischia di spaccarsi di nuovo con Pd, Leu e Cinque Stelle che premono per una proroga, Forza Italia che è contraria e la Lega che chiede un blocco selettivo. Ieri lo stesso ministro del Lavoro Andrea Orlando ha ammesso che la preoccupazione di eventuali tensioni sociali per la fine del blocco «è anche del presidente del Consiglio Mario Draghi: nessuno pensa che il problema non esista, ma il punto è come si affronta». Il ministro invoca «più cautela», definisce «eccessivo ottimismo» la valutazione del presidente di Confindustria Carlo Bonomi sulla ripresa delle assunzioni («Il Paese si sta riprendendo, il blocco è sbagliato») e sottolinea che sul blocco “la partita non è stata persa, nel pacchetto ci sono molte cose importanti, bisogna attendere il confronto in atto tra le forze politiche e quelle sociali: quanti giù strumenti ci sono meglio è”.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Carratelli Niccolò 
Titolo: Intervista ad Andrea Orlando – Orlando: tutele universali a luglio il via alla riforma – “Ammortizzatori, a luglio via alla riforma E a Salvini dico: basta tatticismi politici”
Tema: Blocco dei licenziamenti

Sul blocco dei licenziamenti «la partita non è stata persa». Il ministro del Lavoro Andrea Orlando torna sullo scontro di cui è stato protagonista all’interno della maggioranza e avverte Salvini: «Non bisogna fare tattica politica sulla vita delle persone». Quanto a Confindustria, che prevede assunzioni, «mi pare che il loro ottimismo sia eccessivo, ma spero che Bonomi abbia ragione». Il ministro annuncia che la riforma degli ammortizzatori sociali «sarà pronta per i primi di luglio, ma servirà un confronto il Mef per trovare le risorse». E dice la sua sul Pd di Letta, che deve continuare a costruire l’alleanza con il M5S e ricomporre le fratture nel centrosinistra.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Amato Rosaria – Cappelli Rory 
Titolo: Alla ripresa servono cinquecentomila lavoratori – Riparte l’occupazione con 560 mila posti liberi Ma mancano i lavoratori
Tema: Lavoro, nuove assunzioni

Riparte il lavoro. Per Unioncamere a giugno ci saranno 560 mila nuovi contratti, meglio di due anni fa, prima della pandemia. E a fine agosto si arriverà a 1,3 milioni. Eppure le aziende hanno difficoltà a trovare lavoratori. Cresce la difficoltà di trovare figure adeguate, non solo nel turismo. Per Confindustria servono 110 mila professionalità tecnico-scientifiche. Via libera dell’Europa al Green pass, il certi ficato che consentirà di viaggiare tra i Paesi dell’Unione. A scuola lezioni anche d’estate.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Manca Daniele 
Titolo: Il commento – Il paradosso dei contratti – È tempo di assunzioni: il paradosso dei contratti a termine
Tema: Lavoro, nuove assunzioni

Sta vincendo ancora una volta il riflesso condizionato che ci porta a combattere la disoccupazione attraverso provvedimenti che mirano al mantenimento a tutti i costi dei posti di lavoro. Non perché non vadano fatti tutti i tentativi affinché questo si realizzi. Quanto piuttosto per cambiare l’approccio dalla difesa alla creazione di lavoro. Dovremmo passare a discutere di assunzioni a fare in modo che il ritorno o l’ingresso nel mondo produttivo sia agevolato il più possibile. Non si tratta solo di parole. Quando si pongono ostacoli come quelli sui contratti a termine che hanno trovato forma nel cosiddetto decreto Dignità, si dimostra l’ostilità preconcetta verso le imprese che sono i luoghi dove il lavoro si crea. Come se ogni azienda assumesse delle persone, Implicitamente le formasse, le inserisse nella propria organizzazione con il solo intento di liberarsene dopo un anno. Sarebbe davvero singolare l’imprenditore che ragionasse in questo modo. O meglio, esisteranno pure situazioni di questa natura, ma agire per legge significa agire per affrontare quella che si ritiene essere una condizione generale. Senza contare che questo porta ad affrontare degli autentici paradossi. II ministro Renato Brunetta ha con giusto orgoglio presentato le 24 mila assunzioni prossime nella Pubblica amministrazione. Un reclutamento massiccio con almeno un paio di clausole. Che sarà possibile rescindere il contratto in caso di non raggiungimento degli obiettivi. E che si tratterà di assunzioni a tempo (di massimo 5 anni). Una coerente flessibilità nella Pubblica amministrazione che non trova riscontri nel mondo privato.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Bonomi: partnership pubblico privato più forte per il rilancio del Paese
Tema: Confindustria

«Questo è il momento di stare insieme dobbiamo allearci. Solo insieme possiamo uscire dalla crisi». Per Carlo Bonomi stare insieme significa una partnership pubblico-privato: «anche il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ne ha parlato nella relazione annuale, un anno fa, all’assemblea di Confindustria, quando ho lanciato il Patto per l’Italia. Questo è un paese che deve ritrovarsi e tornare ad avere sogni, come nel Dopoguerra, dalla sostenibilità ambientale a quella economica e sociale. Per dare un futuro migliore ai nostri figli». Riforme e Pnrr, sostenibilità, lavoro, in particolare femminile, liquidità delle imprese: il presidente di Confindustria è intervenuto al summit “Made in Italy: setting a new course”, organizzato dal Gruppo 24 Ore, dal Financial Times e Sky Tg24, intervistato da Londra. La sostenibilità è uno dei pilastri del Pnrr: «l’industria italiana è pronta, siamo leader del riciclo e pochi lo sanno. Siamo all’avanguardia nei progetti di sostenibilità, ma la vera sfida sarà sulle riforme, capire se saremo più moderni ed efficienti per scaricare a terra le risorse». Sostenibilità, quindi, ambientale, economica e sociale. No, però, a quell’«integralismo» che non tiene conto della necessità di una transizione, «non per le imprese, ma per una sostenibilità sociale ed economica».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tonacci Fabio 
Titolo: Cybersecurity, nasce l’Agenzia Si chiamerà Acn – Pronto il decreto di Draghi sulla cybersicurezza italiana
Tema: Agenzia per la cybersicurezza

Il nome è stato scelto e lo sentiremo pronunciare prima del previsto. Si chiama Agenzia per la cybersicurezza nazionale, acronimo: Acn, e già domani il decreto legge che la istituisce potrebbe finire sul tavolo del Consiglio dei ministri, sempre che il premier Draghi riesca a convocarlo prima di partire per il G7 in Cornovaglia. L’Agenzia, fino ad oggi tassello mancante della complessa architettura di difesa delle nostre reti e infrastrutture strategiche, ha in sé l’ambizione di far recuperare all’Italia il ritardo accumulato nell’ultimo decennio in un settore cruciale come quello della protezione cibernetica. La cui importanza continua a sfuggire a gran parte dell’opinione pubblica, ma è ben chiara ai governi dell’Alleanza Atlantica, preoccupati dall’aggressività di camaleontici gruppi di hacker legati ad apparati parastatali e paramilitari cinesi, russi, nordcoreani. La bozza del decreto legge, a cui ha lavorato Franco Gabrielli, ex capo della Polizia adesso Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, è articolata e molto tecnica: definisce gli obiettivi, la struttura e il funzionamento dell’Acn e, contemporaneamente, riscrive la governance della cybersecurity in Italia. Il testo è già stato mandato al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), in nome di un impegno preso da Gabrielli a condividere il dl con gli onorevoli. Segnando così, una volta di più, la discontinuità col metodo del governo Conte II.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pesole Dino 
Titolo: Quella lunga marcia del debito che pesa e dovrà essere stoppata
Tema: Debito pubblico

ll debito pubblico è parte integrante della nostra storia. Se si guarda al tetto massimo scolpito nelle tavole del Trattato di Maastricht fin dal 1992 (il 60% del Pil), ancorché ora sospeso fino a tutto il 2022 per effetto della pandemia, siamo l’unico Paese al mondo ad aver superato quel limite per più di 110 anni. E ora, in conseguenza delle ripetute manovre in deficit disposte dall’aprile del 2020, pari a oltre 200 miliardi, e del crollo del Pil (-8,9%), Il debito viaggia spedito verso il 160% in rapporto al prodotto. In termini assoluti, si è raggiunto il picco dei 2.640 miliardi. E tuttavia una sorta di sentimento generale di rimozione sembra aleggiare nel nostro Paese. Non è un problema – si dice – arriveranno 248 miliardi da qui al 2026 sotto forma di prestiti e sovvenzioni europee. E poi di che preoccuparsi, visto che circa un quarto dei titoli di Stato in circolazione è nelle mani della Bce? Vero ma occorre ricordare che le risorse del Recovery Fund non verranno erogate “a prescindere”, ma solo a fronte della puntuale realizzazione del Pnrr. E quando la politica monetaria della Bce tornerà a normalizzarsi, quel macigno andrà rimosso. Come? Con la maggiore crescita dell’economia e attraverso un costo di finanziamento del debito che dovrebbe continuare a giovarsi di tassi contenuti. Ma soprattutto se vi sarà la consapevolezza che gli errori del passato vanno tenuti nel giusto conto.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cremonesi Lorenzo 
Titolo: L’Italia si ritira dall’Afghanistan: dopo vent’anni la missione è finita – Ammainato il Tricolore a Herat: «Ma l’Afghanistan non sarà solo»
Tema: Afghanistan

L’Italia ha finito la sua missione in Afghanistan. Dopo vent’anni viene ammainato il Tricolore a Herat. Le nostre forze erano state inviate nel martoriato Paese all’indomani degli attentati di al Qaeda negli Stati Uniti. Guerini insiste sul valore della missione. Ricorda le ragioni della mobilitazione Nato nell’autunno 2001 in risposta agli attentati di Al Qaeda negli Stati Uniti. «C’è da chiedersi cosa sarebbe stato di questo Paese se non fossimo intervenuti. Grazie a noi la società afghana è progredita. Ce ne andiamo dopo aver ottenuto risultati importanti per la sicurezza internazionale e per la libertà del popolo afghano. Ci sono stati progressi nei diritti delle donne, nella vita democratica, ora si tratterà di aiutare a difenderli», spiega. La sua attenzione è adesso rivolta all’Africa, dove la presenza italiana sta crescendo nel tentativo di contrastare le nuove minacce jihadiste. Ma ad Herat le sue parole non nascondono le immense incertezze per il futuro. Lo dimostrano i circa 270 interpreti e collaboratori locali che portiamo via con noi, alcuni vengono con le famiglie. Altri 400 attendono di ottenere il visto. «I loro casi sono sotto esame», dice Guerini. L’intera missione internazionale se ne va accompagnata dall’incubo dell’avanzata talebana, il timore che Al Qaeda e Isis approfittino del nuovo «Stato fallito» per allargare le loro basi locali utilizzandole come trampolino di lancio per le operazioni all’estero.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Brera Paolo 
Titolo: “Missione finita, ma non vi abbandoniamo” – Ammainato il tricolore Sull’Afghanistan si alza l’ombra dei talebani
Tema: Afghanistan

Addio alle armi, infine. Vent’anni, 54 morti per portare pace e democrazia tra questa sabbia ocra che tutto ricopre; centinaia di feriti e mutilati ma ora la bandiera va giù dal pennone, è finita. L’Italia se ne va, la Nato ritira le truppe, l’Afghanistan torna agli afgani e non è detto che sia una buona notizia, c’è da tremare e la gente trema. I talebani controllano ancora più o meno direttamente metà del Paese, con la loro cultura misogina e medievale. Noi italiani siamo arrivati nel novembre del 2001, la missione si chiamava Enduring Freedom, era la risposta americana alla strage dell’11 settembre ma la “libertà duratura” costa cara, il terrorismo ha perso terreno ma non è stato sconfitto. Così si iniziano a rimuovere i simboli della nostra permanenza, del controllo di un territorio fatto non solo con i blindati e gli sminatori ma «con 2.200 progetti per la popolazione civile», come dice il ministro della Difesa Lorenzo Guerini prima che scenda il silenzio, il silenzio con la tromba mentre il tricolore vien giù dal pennone. Un progetto per tutti lo sceglie il capo di stato maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli: ricorda «l’impegno dei militari per le donne afgane, per migliorare la condizione femminile nel Paese», un impegno che ora rischia di essere sabbia al vento, se i talebani si riprenderanno lo spazio perduto. «Hanno operato qui più di 50mila militari italiani», ricorda Guerini
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: Lo schiaffo e lo slogan monarchico Macron aggredito in mezzo alla folla
Tema: Francia, Macron aggredito

«La stragrande maggioranza dei francesi si interessa ai problemi di fondo. Non lasciamo che fatti isolati e che individui ultra violenti, come ce ne sono sempre anche nelle manifestazioni, si impossessino del dibattito pubblico: non lo meritano», dice in serata Emmanuel Macron, che ha continuato a stringere mani e a parlare con i cittadini che lo avvicinavano. Ma quello che è accaduto poco dopo le 13 e 30 non era mai accaduto a un presidente della Repubblica francese, ed è segno della tensione che attraversa la vita politica a meno di un anno dalla prossima elezione presidenziale. In visita nel dipartimento della Drôme, nel Sud della Francia, Macron ha lasciato il liceo alberghiero di Tain l’Hermitage ed è salito in auto diretto a Valence, dove era atteso per il pranzo. Ha voluto però fermarsi pochi metri dopo per andare a salutare un gruppo di cittadini venuti a salutarlo. E sceso dall’auto e senza giacca il presidente si è avvicinato alle transenne per stringere le mani. Ha offerto l’avanbraccio a un uomo che lo ha afferrato con la mano sinistra, e che con la destra gli ha dato uno schiaffo sul volto esclamando Montjoie Saint Denis!, grido di guerra dei Capetingi usato oggi come slogan dall’estrema destra monarchica, e À bas la Macronie, «Abbasso la Macronia» (cioè il sistema di potere di Macron, secondo l’espressione usata dai suoi detrattori).  Il presidente è stato immediatamente allontanato dalle guardie del corpo. Altri agenti hanno arrestato l’uomo che ha dato lo schiaffo, Damien T., 28 anni, disoccupato, appassionato di kendo e di arti marziali medievali, vicino all’estrema destra e ai gilet gialli, e il coetaneo che era accanto a lui, Arthur C., dallo stesso profilo, che indossava una maglietta del gruppo folk metal olandese Heidevolk.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pierantozzi Francesca 
Titolo: Macron e gli schiaffi dagli estremisti – Macron preso a schiaffi da due estremisti di destra E Le Pen: «Intollerabile»
Tema: Francia, Macron aggredito

«Rivolgo a tutti un appello al rispetto e alla calma»: nonostante il clima sociale e politico annunci turbolenze, Emmanuel Macron appare sorridente e rilassato. E’ quasi mezzogiorno, ha appena terminato di visitare le cucine dell’istituto alberghiero di Tain-L’Hermitage, parla con gli studenti in grembiule, accanto agli chef stellati Anne-Sophie Pic e Thierry Marx, un gesto simbolico dopo la riapertura dei ristoranti, rimasti chiusi per Covid per oltre sette mesi. Il presidente vuole «prendere il polso del Paese», a due settimane dalle elezioni regionali, a un anno dalle presidenziali, con l’epidemia che si ritira, e la tensione politica, anche violenta, che invece monta: all’uscita dall’alberghiero si dirige verso le poche decine di persone ammassate dietro alle transenne. Telefonini, mani tese, «merci, merci» sorride Macron, che vuole godersi íl ritorno ai bagni di folla. E invece è un brusco ritorno alla realtà: un uomo lo afferra per il braccio e alza mano, parte lo schiaffo, le guardie del corpo intervengono. Qualcuno grida: «Montjoie, Saint Denis!», di carolingia memoria, grido di guerra dei capetingi, considerato uno slogan sovranista, a cui segue un «A bas la macronie», abbasso il macronismo. Macron è tirato via da una guardia del corpo, lo schiaffeggiatore e un altro uomo sono immobilizzati a terra dagli agenti, Macron si riavvicina alle transenne: «Non è niente, lasciatelo» dice. C’è chi parla subito di «anarchici», chi di Gilets Jaunes (quattro erano stati fermati poco prima e gli era stato impedito di avvicinarsi alle transenne). Si scoprirà che i fermati sono due 28enni, Damien T. e Arthur C. incensurati, entrambi appassionati di giochi di ruolo di ispirazione medievale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Tutto pronto per il G7 Diplomazie al lavoro per il bilaterale Biden-Draghi
Tema: G7

Joe Biden dovrebbe incontrare Mario Draghi, in un bilaterale a margine del G7 che comincerà venerdì e si concluderà sabato 12 giugno in Cornovaglia. Le diplomazie, secondo le indiscrezioni filtrate a Washington, ci «stanno lavorando» e quindi non c’è ancora un annuncio ufficiale. Il presidente americano sbarca oggi in Gran Bretagna. Domani è già fissato il colloquio con il padrone di casa, il premier Boris Johnson. Non sarà un atto di formale cortesia. Lo stesso Biden ha scritto in un articolo per il Washington Post che intende «confermare la relazione speciale che esiste tra Stati Uniti e Regno Unito». Nell’Unione Europea diversi analisti si erano illusi che la Brexit potesse favorire un legame più stretto tra Stati Uniti e Francia, oppure tra Stati Uniti e Germania o, ancora, tra Stati Uniti e Italia. Non sarà così: il primo viaggio europeo di Biden inizia nel segno della continuità: «La relazione speciale» con Londra non si tocca. Nello stesso tempo, però, il «Commander in Chief» si presenta con un obiettivo ambizioso: consolidare «la lega tra le democrazie» in funzione anti-Cina. Sara questo il vero tema politico del G7, o perlomeno dei bilaterali che si stanno programmando. Al momento Jen Psaki, portavoce dello Studio Ovale, si limita a annunciare che «il presidente vedrà diversi leader di altri Paesi». Quasi certamente la cancelliera tedesca Angela Merkel e, appunto, il presidente del Consiglio italiano. Sarebbe il primo faccia a faccia tra Biden e Draghi
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tito Claudio 
Titolo: Via libera della Ue al Green pass – Green pass, via libera dell’Europa Dal primo luglio viaggi senza divieti
Tema: Green Pass europeo

L’ultimo via libera è arrivato ieri sera. Il Parlamento europeo, per la prima volta da più di un anno riunito a Strasburgo, ha votato a favore dell’introduzione del Green pass europeo. Il certificato in formato digitale che consentirà a tutti gli europei di tornare a viaggiare liberamente, senza quarantene o restrizioni, tra i Paesi dell’Unione. E anche in alcuni di quelli che pur non essendo “soci” dell’Ue aderiscono al progetto: Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein. Il voto di ieri è stato quindi l’ultimo vero ostacolo ai “viaggi liberi”. Molto probabilmente, infatti, già lunedì prossimo ci sarà la firma finale dell’accordo da parte di tutti i paesi-membri. Cosa cambierà? Intanto questo programma entrerà concretamente in funzione dal primo luglio. Da qui a quella data, infatti, tutti i governi dell’Unione dovranno adeguare i propri sistemi informatici e i propri uffici per distribuire il “certificato verde” e renderlo in grado di essere letto dalla “piattaforma” tecnologica predisposta da Bruxelles. Sostanzialmente il pass sarà composto da un Qr code a lettura ottica che sarà riconoscibile in tutta Europa. Quindi i “Green pass” emessi dal singolo Paese verranno inseriti nel Gateway, la piattaforma comunitaria che raccoglie i dati di tutti i certificati.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Il punto – Il certificato Ue è già realtà in nove Stati L’Italia aspetta
Tema: Green Pass europeo

Già più di un milione di cittadini europei hanno ricevuto il certificato digitale Covid19 che consente di viaggiare tra i Paesi Ue senza dover fare tamponi o quarantene se si è vaccinati oppure se si è guariti dalla malattia. Questo perché, anche se il regolamento europeo entrerà in vigore soltanto il 1° luglio, nove Stati hanno deciso di introdurre in anticipo il documento. Da oggi anche la Francia non chiederà più il tampone negativo ai turisti che hanno completato il ciclo di vaccinazioni. L’Italia invece, pur essendo tecnicamente pronta ad allacciarsi al portale europeo dei certificati, non ha ancora iniziato a distribuirlo. Le Certificazioni verdi Covid19 che sono attualmente in vigore valgono soltanto sul territorio nazionale per gli spostamenti tra le regioni rosse o arancioni. Chi arriva dall’estero, anche se vaccinato, deve sottoporsi al tampone nelle 48 ore precedenti l’arrivo in Italia. Dal ministero della Salute spiegano che «d’intesa con la presidenza del Consiglio si sta lavorando per anticipare l’introduzione del certificato» valido a livello Ue. Ma il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, scalpita perché teme la fuga di turisti – anche quelli americani – verso gli altri Paesi del Sud Europa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Battistini Francesco 
Titolo: «Bosnia, fu genocidio» Mladic in carcere per il resto della vita
Tema: Bosnia

“Fu un genocidio”, buttate via la chiave. Priscvila a Matimba Nyambe, giudice dello Zambia, alle cinque della sera guarda l’aula dell’Aja e la seggiola vuota dell’imputato. Elenca rapida tutte le accuse. Dall’assassinio allo sterminio, dalla persecuzione al terrorismo. Ma è su quella parola che si sofferma un attimo: «Genocidio». E dopo 26 anni d’attesa del mondo intero, 16 di latitanza dell’imputato, 10 di processo alla Corte Onu, finalmente pronuncia la verità giudiziaria su uno dei più spietati criminali di guerra della storia: Ratko Mladic. Il Boia di Srebrenica. Il generale serbo-bosniaco che nel 1995 ordinò il peggior massacro in Europa dai tempi dei nazisti. Lo stratega del più lungo assedio del XX secolo, i 1.426 giorni e gli undicimila morti di Sarajevo. A 79 anni, malato e contumace, Mladic si vede respingere l’appello e condannare definitivamente all’ergastolo per genocidio. La novità sta proprio nella motivazione. E una «sentenza storica» che fa esultare il presidente americano, Joe Biden, perché «dimostra che coloro che commettono crimini orribili saranno considerati responsabili». È soprattutto un verdetto che insieme risarcisce le vittime, zittisce i negazionisti e chiarisce una cosa: in Bosnia non ci fu «solo» una sequela terrificante di crimini di guerra e contro l’umanità, come traspariva già dalla condanna all’ergastolo in primo grado, ma si consumò un vero genocidio.
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