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SINTESI IN PRIMO PIANO – 9 giugno 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Stati generali, stoccata Pd: “Serve un salto di qualità”. Colao consegna il piano;
– Crollano Pil e occupazione. Cig, imprese contro Tridico;
– Di Maio: un patto per l’export, di squadra;
– Il primo giorno di Immuni e la corsa per correggere gli errori;
– Ok di Conte alla vendita di due navi da guerra all’Egitto. La rabbia dei Regeni: il governo ci ha tradito;
– Negli Usa stretta sulla polizia, Trump crolla nei sondaggi.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Frignani Rinaldo 
Titolo: Come cambia l’epidemia – In sette regioni nessun caso Ma in Lombardia crescono i positivi
Tema: Covid-19, i dati

Nessun nuovo caso in Valle d’Aosta, Sardegna, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria. Ma un aumento di contagi in Lombardia, dove ne sono stati registrati ieri 194 contro i 125 del giorno precedente. Calano in provincia di Milano (dove sono passati dai 23 di domenica ai 15 di ieri) e in città, mentre c’è un’impennata a Bergamo (da 7 casi a 51) e a Brescia (da 19 a 63). Proprio in provincia di Bergamo, peraltro, l’Ats ha reso noti i risultati dei test sierologici effettuati fra il 23 aprile e il 3 giugno sul 20.369 persone, delle quali 10.404 sanitari e 9.965 cittadini: la percentuale di positività è del 57% proprio nella seconda categoria, mentre fra medici e infermieri scende al 30%. Sempre in Lombardia con i nuovi 194 casi positivi su 4488 tamponi, il rapporto fra controlli e contagi è balzato al 4,3%: 1,03% invece il dato nazionale, su 27.112 tamponi, poco più della metà di quelli di sabato quando il raffronto era dello 0,4%. E questo è un dato che preoccupa. Le vittime nella regione hanno toccato quota 16.302 (ieri 32) su 90.389 positivi dall’inizio dell’emergenza coronavirus (23.437 solo nel capoluogo). Invariato invece il numero di persone che hanno lasciato la terapia intensiva rispetto a domenica (107), mentre ci sono altri 263 guariti o dimessi. Infine i ricoverati non in terapia intensiva sono adesso 2.708 (-93). L’incremento maggiore di contagi di ieri dietro alla Lombardia è però dell’Emilia Romagna con +20. Quattordici in più poi in Piemonte e in Liguria. In altre regioni non si arriva a dieci. E dalla Croce Rossa, il vice presidente nazionale Rosario Valastro annuncia che l’indagine sierologica nazionale predisposta dall’Istat e cominciata due settimane fa «sarà prorogata a fine giugno. Anche se ci aspettavamo una maggiore adesione dei cittadini», ammette.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Turin Silvia 
Titolo: I nuovi malati? Più giovani e meno gravi – Chi sono i nuovi contagiati dal virus
Tema: Covid-19, i dati

L’andamento dell’epidemia in Italia è in costante discesa, ma ancora si registrano centinaia di casi, soprattutto in Lombardia. Non si possono considerare esattamente tutte «nuove infezioni», piuttosto si tratta di nuove diagnosi. Tracciando un identikit delle segnalazioni, scopriamo che i nuovi contagi sono rarissimi. «Al San Martino di Genova non arrivano praticamente più casi “freschi” da dieci giorni – dice il primario della clinica di Malattie infettive, Matteo Bassetti -. Abbiamo avuto un cluster in una Rsa dove abbiamo ricoverato cinque nonnine che sono già tutte uscite. Una sola aveva un quadro più impegnativo, ma niente a che vedere con quello che c’era a marzo. Ci sono tanti soggetti che definiamo “grigi”, arrivano con sintomi respiratori e rimangono per un paio di giorni. Le posso dire che su una trentina di soggetti, negli ultimi 15 giorni neanche uno era Covid». Stessa situazione a Milano: «Anche da noi nessun ricovero per Covid nelle ultime due settimane – racconta Sergio Harari, pneumologo all’Ospedale San Giuseppe MultiMedica -. In realtà non ci sono casi ospedalieri». «Noi non ricoveriamo un paziente in terapia intensiva dal i6 aprile», conferma Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano. Il monitoraggio completo lo stanno facendo di settimana in settimana all’Istituto superiore di Sanità (Iss). L’epidemiologo che coordina i report, esperto di Modelli matematici e Biostatistica, è Patrizio Pezzotti, che osserva una diminuzione dell’età media: «Sono persone più giovani di quelle che vedevamo prima, 55 anni rispetto a 6o anni di media. Essendoci meno infezioni, le capacità del sistema di fare diagnosi sulle persone meno sintomatiche è aumentata».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: Il Pd a Conte: ora una svolta – Le tensioni nel governo – Zingaretti avverte il premier: ora una svolta, non si può sbagliare
Tema: Il parlamento e l’emergenza

II Pd è preoccupato. Teme i mesi che verranno. E ha paura che il governo possa non essere all’altezza della «sfida» del dopo-emergenza sanitaria. Più d’uno in Direzione evoca i pericoli di «un’ondata di disagio sociale a ottobre». Nasce di qui la decisione di Nicola Zingaretti, Dario Franceschini e Roberto Gualtieri di mandare un segnale al premier, per fargli capire che non può fare da solo, che le prossime mosse vanno studiate con attenzione: niente improvvisazioni. Quindi si facciano pure gli Stati generali, ma non si risolvano in una passerella. Prima di aprire la Direzione del suo partito, il leader dem riassume il senso del suo discorso ai fedelissimi: «Noi siamo al fianco del governo, ma se vengono fatti degli errori non si può non farlo notare. Siamo leali e proprio per questo dobbiamo dire apertamente quando le cose non vanno o quando si sbaglia». Perciò – collegato in videoconferenza con gli altri dirigenti dem – Zingaretti dà il suo «ok agli Stati generali» e subito dopo avverte: «Attenzione perché la Ue ci chiede rigore e piani seri, non possiamo sbagliare». Già, o per dirla con Gualtieri, «non possiamo perdere l’occasione del Recovery fund». Quindi non bastano operazioni mediatiche: «Abbiamo davanti a noi un bivio. O la solita Italietta o un nuovo modello di sviluppo». Per questa ragione il Partito democratico chiede a Conte che gli Stati generali siano l’avvio di una campagna d’ascolto che porti poi a un piano di rilancio del Paese. Questo mentre Vittorio Colao presenta il piano della task force per il rilancio: rinvio delle tasse, rinnovo dei contratti a termine e più 5G.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vitale Giovanna 
Titolo: Stati generali, stoccata Pd “Serve un salto di qualità” Colao consegna il piano
Tema:  Il parlamento e l’emergenza

Conte è un premier accerchiato. Dalle opposizioni che lo esortano a pubblicare il piano in sei punti «per un’Italia più forte, resiliente ed equa» elaborato dalla task force guidata da Vittorio Colao, che lui avrebbe preferito tenere per sé: materiale da cui attingere per scrivere il suo personale documento di rilancio in vista del confronto con le parti sociali. Dal Pd, che ormai mal cela una certa insofferenza e per bocca del suo segretario, Nicola Zingaretti, invoca «una fase nuova», perché è vero che «a questa coalizione non ci sono alternative», però «ora il Paese è a un bivio, serve una svolta per il futuro». Persino dal suo “amico” Luigi Di Maio che, mentre il presidente del Consiglio è impegnato nella difficile gestazione della kermesse governativa da inaugurare (forse) venerdì, mette la freccia e lo precede, presentando alla Farnesina quello che i 5S subito definiscono «un grandioso piano per l’export»: 1,4 miliardi di investimenti pubblici per favorire le esportazioni e il made in Italy, davanti a mezzo governo seduto in prima fila, ministri dem inclusi. Eppure era stato proprio Conte a chiamare l’ex ad di Vodafone a palazzo Chigi: capitano di quel dream team che avrebbe dovuto aiutare l’Italia a ripartire. E invece, in fondo a tre mesi di faticosa coabitazione, ancora non si sa quante e quali di quelle proposte saranno prese in considerazione. Il documento, peraltro, contiene anche una frecciata al governo: «È intervenuto con sostegni economici senza precedenti a cittadini e imprese colpiti dalla crisi», si legge nel report della task force, «anche se alcune lentezze nell’erogazione di fondi non hanno permesso di raggiungere tempestivamente tutte le persone e le aziende in difficoltà».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Gentili Alberto 
Titolo: Zingaretti chiede la svolta: dobbiamo uscire dalla palude e subito una risposta sul Mes
Tema: Il parlamento e l’emergenza

Il malcontento del Pd per l’attendismo di Giuseppe Conte e «i “no” ideologici» dei 5Stelle che bloccano l’azione del governo, adesso è nero su bianco. Ciò che Dario Franceschini aveva detto riservatamente al premier, Nicola Zingaretti lo ripete urbi et orbi nella riunione della Direzione dem. La prima on-line e la prima in teleconferenza. Il segretario del Pd chiede a Conte e agli alleati «una svolta». Invoca «risposte urgenti» e «non chiacchiere» sul “piano di rinascita”, sull’utilizzo del Fondo salva Stati (Mes) e per il «superamento dell’impasse su molte crisi aziendali come Autostrade, Alitalia, Ilva che sembrano finite in una palude e di cui non si vede una via di uscita». Per Zingaretti il Paese è «a un bivio: restare l’Italietta, oppure adottare un nuovo modello di sviluppo per non dilapidare le risorse» che pioveranno dall’Europa grazie al Pd. «Se c’era Salvini al governo quei soldi non sarebbero mai arrivati». Al Nazareno fanno sapere che non si tratta di «un ultimatum». Tanto più perché «Conte è il primo ad avere capito che serve una svolta». E sottolineano che quella che può apparire come la minaccia di elezioni anticipate – «siamo in un momento cruciale, si gioca il futuro della legislatura» – è accompagnata invece dalla convinzione che «va bene questo governo, va bene questo premier» e che «a questa coalizione non ci sono alternative». Dunque, «non c’è alcuna contrapposizione tra il Pd e Conte».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Mar. Pen. 
Titolo: Il primo giorno di Immuni e la corsa per correggere gli errori
Tema: Immuni, l’app di tracciamento

Per Immuni questa è la settimana dei test sul territorio. Da ieri Liguria, Abruzzo, Marche e Puglia possono attivare l’invio di notifiche a chi è stato a contatto per almeno 15 minuti a meno di due metri di distanza con qualcuno poi rivelatosi positivo al coronavirus, e dotato dell’applicazione di tracciamento dei contatti attiva da lunedì 1° giugno e scaricata da due milioni di italiani. Nelle regioni coinvolte dalla sperimentazione che dovrebbe durare una settimana, per poi essere estesa al resto del Paese, i contagi sono bassi: secondo i dati diffusi ieri dalla Protezione civile sono 14 in Liguria, due nelle Marche, uno in Puglia e zero in Abruzzo. Motivo per cui potrebbero passare giorni prima che una diagnosi di positività a SarsCov-2 coinvolga un utente Immuni e faccia partire il processo. «Noi siamo pronti con i nostri circa 4 mila medici di base che potranno essere contattati dalle persone a rischio, per cui è previsto un tampone e la risposta al tampone in giornata», spiega Pierluigi Lopalco – l’epidemiologo a capo della task force pugliese – sottolineando come questa capacità di reazione si debba alla situazione di calma in cui ci troviamo. La scorsa settimana è stata invece quella dei bug, gli errori da correggere. Il principale riguardava gli smartphone prodotti da Huawei e quelli, sempre Huawei, con il marchio Honor ed è stato risolto ieri. Resta un problema con il sistema operativo di Apple, anch’esso in via di risoluzione: alcuni utenti visualizzano una richiesta di riattivare l’app, pur avendolo già fatto. Non c’è margine, invece, sulla data dei dispositivi: in base al sistema di Apple e Google, per scaricare e usare Immuni bisogna avere i sistemi operativi iOs 13.5 e Android 6 e seguenti. Restano quindi tagliati fuori i possessori di smartphone precedenti al 2015.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Canettieri Simone 
Titolo: Intervista a Paola Pisano – Immuni, partenza a marcia ridotta Pisano: «I governatori collaborino» – «Tutti al mare con Immuni i governatori collaborino»
Tema: Immuni, l’app di tracciamento
“In settanta giorni non sviluppa un’App nemmeno Dio”. Ministra Pisano, interessante questo paragone sui 70 giorni. «Era per dire: mi spiego meglio, allora. In settanta giorni nemmeno un colosso come Google riuscirebbe a mettere in campo un’applicazione come la nostra. Siamo stati davvero un modello anche per gli altri Paesi… se n’è occupata una start-up di giovani, l’iter è passato dall’Europa, dalla presidenza del Consiglio, dal parlamento, dal Garante della privacy, dal Copasir. Insomma, devo continuare?». Sta dando la colpa dei ritardi alla burocrazia? «No, affatto. Al contrario, sto dicendo che ci siamo trovati davanti a una tecnologia complessa in uno scenario altrettanto complicato come quello della pandemia che ha sconvolto il mondo. E abbiamo rispettato tutti i passaggi, come doveva essere». Ma la fase 2 è partita il 4 maggio, oggi è l’8 giugno. E siamo solo alla sperimentazione in quattro regioni. Si procede per tentativi? «Anche qui, lo ripeto: noi siamo partiti il 24 marzo. E prima non potevamo metterci in moto. Non era corretto». Perché? «Perché era giusto che l’attenzione di tutti fosse rivolta agli sforzi dei medici e alle strutture sanitarie in prima linea». Quindi non siete partiti in ritardo? «No». Ma molti governatori sono pronti a usare altre applicazioni per il tracciamento del possibili contagiati e, dato più importante, finora sono solo due milioni di italiani ad aver scaricato Immuni. Non c’è qualche problema? «Parlerò con le Regioni. Adesso devono essere loro a dare un contributo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lopapa Carmelo 
Titolo: Verso le urne il 20 settembre Fi vota con la maggioranza Scontro a destra sui candidati
Tema: Election day

Sul voto regionale che alcuni governatori avrebbero voluto subito e altri a settembre, i tre partiti di centrodestra – alla prova del voto alla Camera – sono riusciti a esprimersi in tre modi differenti. Ma soprattutto, la maggioranza giallorossa ha votato compatta la proposta dl Forza Italia che prevede le elezioni «non prima del 20 settembre». Discussione accesa a Montecitorio sul rinnovo delle sette amministrazioni regionali e delle migliaia di comuni, in un election day che includerà il referendum sul taglio dei parlamentari e le suppletive. E l’intero blocco di elezioni che si sarebbe dovuto tenere in primavera e che è slittato a causa dell’emergenza sanitaria. L’emendamento del forzista Francesco Paolo Sisto al di del governo (che avrebbe voluto anche anticipare la data alla prima metà di settembre) passa con 287 voti: Fi e tutta la maggioranza, appunto. Contro i 33 no (tra i quali Fdi) e 77 astenuti (i leghisti). Parere favorevole del relatore e del governo. La finestra elettorale dunque si apre a partire dal 20-21 settembre, con secondo turno il 4 ottobre. «Era giusto dire basta al balletto sulle date», spiega l’avvocato berlusconiano. Governatori sul piede di guerra. «Non ci prenderemo la responsabilità di aprire le scuole prima del voto per richiuderle», avverte il ligure Giovanni Toti.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  De Riccardis Sandro – De Vito Luca 
Titolo: Milano, i pm indagano sui camici pagati alla moglie di Fontana
Tema: Inchiesta – Regione Lombardia

Un’indagine conoscitiva, al momento senza ipotesi di reato né indagati per far luce sul contratto con cui la Regione Lombardia ha formalizzato l’acquisto da 513mila euro di camici, nel pieno dell’emergenza sanitaria. Che si aggiunge all’altra tegola che cade sul governatore lombardo Attilio Fontana: la decisione del Tar che annulla l’accordo tra la Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia e l’azienda Diasorin per lo sviluppo dei test sierologici. I giudici amministrativi parlano di «risorse pubbliche, materiali ed immateriali» impegnate «con modalità illegittime» e chiedono l’intervento della Corte dei conti. Innanzitutto la procura intende verificare se ci siano state irregolarità o favoritismi nell’affidamento diretto della commessa dei camici a Dama spa, società di cui la moglie di Fontana detiene una quota e il cognato ne è l’amministratore. Un potenziale conflitto di interessi, svelato dalla trasmissione Report, che viene smentito con decisione da Fontana.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni 
Titolo: Il BTp legato al Pil punta sulla ripresa – Arriva il BTp Futura: cedole progressive e premio legato al Pil
Tema: BTp Futura

Il Tesoro chiede ai risparmiatori italiani di scommettere sulla crescita del Paese. Ma accompagna questa mozione ideale con una base di partenza piuttosto concreta, rappresentata dal rimbalzo del Pil che tutte le analisi si attendono per il 2021. Rimbalzo che non basterà a recuperare il crollo della produzione di quest’anno, nonostante la «possibilità concreta di una ripresa già nel terzo trimestre» 2020 indicata dal ministro dell’Economia Gualtieri commentando i dati Istat in linea con le previsioni del governo; ma che aiuterà parecchio ad alimentare il «premio fedeltà» per i piccoli investitori che decideranno di seguire il Tesoro nella scommessa. Lo strumento per farlo è il nuovo «BTp Futura» presentato ieri dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera e da Davide Iacovoni, che guida la dg del Debito pubblico. Si baserà su questo titolo, in offerta dal al 10 luglio, quella che per i vertici politici del ministero dell’Economia è «l’alleanza fra risparmiatori e Stato», e che su un piano più prosaico ma più concreto è per il Tesoro l’obiettivo di ampliare e diversificare il panorama dei detentori del debito italiano. Dal Futura Via XX Settembre non si aspetta la replica di quell’exploit, ma l’avvio di un percorso articolato nel tempo, che già dopo l’estate potrebbe conoscere una seconda tappa con una nuova emissione.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: Per il Pil 2020 calo dell’8,3% A luglio primo rimbalzo – Istat, Pil giù deli’8,3% quest’anno rimbalzo da luglio, +4,6% nel 2021
Tema: Consumi – I dati Istat

La caduta dell’economia nazionale causata dalla pandemia potrebbe fermarsi quest’anno a -8,3%, mentre nel 2021 il recupero arriverebbe a +4,6%. È quanto prevede Istat nell’esercizio di stima diffuso ieri, uno scenario di ben nove decimali più ottimistico di quello pubblicato venerdì dalla Banca d’Italia (-9,2% quest’anno; +4,8% il prossimo). Il rimbalzo verso cui si riposizionerebbe il prodotto nazionale da luglio in avanti – sono positivi i segnali sui consumi di energia elettrica da inizio maggio – dopo il tonfo del secondo trimestre (dovremmo essere attorno al -13%-14%) è naturalmente soggetto a precise condizioni: i contagi Covid19 non devono ritornare e le misure di emergenza messe in campo dal governo devono dispiegare tutti i loro effetti, a partire da gli impegni di spesa. Di più: la politica monetaria ultra-accomodante deve continuare a mantenere stabili i mercati finanziarie ben fluidi i canali di trasmissione del credito. Altrimenti i rischi al ribasso di materializzerebbero immediatamente: nelle previsioni Istat c’è per esempio uno scenario simulato con il modello econometrico MeMo-It secondo cui un rallentamento del 5% del commercio internazionale provocherebbe una minore crescita del 1,1%. L’Italia non è ancora nella fase post Covid ma «cerchiamo di vedere una luce in fondo al tunnel. I dati dell’Istat confermano le previsioni del Governo e indicano la possibilità concreta di una ripresa già nel terzo trimestre. E già da questo mese colgono alcuni segnali di ripartenza» ha commentato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Il retroscena – Piano Colao, gelo di Conte – Il manager senza invito e l’addio di Conte ai tecnici “Ora tocca alla politica”
Tema: Piano Colao

Il gelo di Giuseppe Conte sul piano Colao fa contatto con il caldo umido che avvolge Palazzo Chigi. Eppure, a due giorni dagli Stati generali il premier decide di ignorare ancora, esplicitamente il progetto della task force. Peggio: alle 21 di lunedì sera l’invito all’ex ad di Vodafone non è ancora partito – e non è detto che partirà, così fanno sapere – mentre l’agenda per il rilancio finisce in pasto ai media senza un passaggio formale, né una stretta di mano pubblica. L’amarezza di Colao si nutre dei segnali espliciti che arrivano da Palazzo Chigi. Il manager non riesce a capire se il suo piano finirà nel progetto di rilancio del Paese a cui lavora Conte in gran segreto, pescando nel frattempo trai suoi sei punti. La nebbia che avvolge le intenzioni del premier su un lavoro durato mesi, insomma, lascia senza parole l’intera task force. E d’altra parte è proprio l’avvocato a voler far capire a tutti che sarà lui a gestire le danze. Ha deciso di invitare in videoconferenza la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il resto dei nomi delle “menti brillanti” intende condividerlo con i capi delegazione di maggioranza, convocati a sera nella sede dell’esecutivo. Eppure, Conte è convinto che nessuno staccherà la spina. «La gente è dalla mia parte», sostiene in privato, e cita spesso i sondaggi di opinione che per il momento non gli voltano le spalle. La verità è che Zingaretti e Franceschini pensano che soltanto la crisi economica possa far cadere il premier, ma rischiando di travolgere anche il Pd.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barbera Alessandro 
Titolo: Ecco il piano Colao
Tema: Piano Colao

Due mesi di lavoro. E il piano della task force guidata da Vittorio Colao è arrivato sul tavolo di Conte. Un lavoro lungo corredato da oltre cento schede e 121 pagine di analisi divise in sei grandi aree di intervento: imprese e lavoro come «motore dell’economia»; infrastrutture e ambiente come «volano del rilancio», turismo arte e cultura come «brand del Paese»; una Pubblica amministrazione «alleata di cittadini e imprese»; istruzione, ricerca e competenze «fattori chiave per lo sviluppo». E infine ma non per ultimo, il tema delle famiglie e degli individui «in una società più inclusiva e equa». Tra i punti principali del dossier, intitolato «Iniziative per il rilancio 2020-2022», c’è l’indicazione di derogare alle responsabilità penali dei datori di lavoro se un dipendente si ammala di coronavirus e di «introdurre una defiscalizzazione temporanea delle maggiorazioni previste» per le indennità di turni aggiuntivi, straordinari, lavoro festivo e notturno, legate agli obblighi di sicurezza o per recuperare la produzione persa durante il lockdown. Tanti, naturalmente, gli spunti e le riflessioni messe in campo: dalle opportunità offerte dal 5G, a partire dal tema della digitalizzazione, dall’economia circolare fino all’incentivazione di alcune università per «specializzarsi nell’offrire lauree professionalizzanti». La task force invoca una maggiore collaborazione fra pubblico e privato. Per «modernizzare il sistema della ricerca», creare «poli di eccellenza scientifica internazionale competitivi», più istruzione professionalizzante (leggasi istituti tecnici) e formazione per gli ordini professionali. Basta soprattutto con il caro e vecchio «dottorato di ricerca», spesso refugium peccatorum per chi ama studiare e solo studiare
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Perotti Roberto 
Titolo: L’analisi – Quattro montagne da scalare
Tema: Piano Colao

Il piano Colao è un documento per molti versi impressionante. Per la prima volta si mettono nero su bianco una serie di proposte concrete e organiche per rivoltare l’Italia come un calzino. Ora il pallino passa al premier Conte. Non sarà facile distillare le priorità tra le migliaia di proposte, ed evitare i rischi insiti nell’attuazione. Eccone alcuni. Primo, le difficoltà non saranno politiche nel senso di “partitiche” perché in gran parte le proposte credo siano condivisibili da quasi tutti. II problema sarà la resistenza di alcune categorie che si opporranno alla modernizzazione dei rispettivi settori. La storia italiana è piena di politici bravissimi negli intrighi politici, ma totalmente inetti nell’affrontare la burocrazia ministeriale o le associazioni di categoria. Se questo avvenisse anche nella fase di attuazione del piano Colao sarebbe un disastro. Per evitarlo, è necessario che i politici, e Conte in testa, facciano quello che quasi mai hanno fatto nella storia italiana: impegnarsi nei dettagli dell’attuazione dei provvedimenti. Secondo, anche se il piano Colao è stato concepito come un piano organico, inevitabilmente, data la sua vastità e il poco tempo a disposizione, in parecchie parti va riempito di contenuti specifici. Il rischio è di ottenere un risultato paradossale: una proliferazione legislativa incontrollata che si concentri sugli aspetti formali.  Terzo: anche se non se ne parla mai, ci sono ministeri e ministeri. Non tutti i ministeri hanno la capacità di attuare le riforme di loro competenza del piano Colao.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Imprese in rivolta: «Da Tridico parole offensive sulla cig» – Le imprese a Tridico: «Sulla Cig parole inaccettabili»
Tema: Imprese contro Tridico

«Scioccanti per il mondo produttivo». Così il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha definito le parole del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, dette in una intervista ieri, sulle aziende che non riaprono perché lo Stato copre l’80% della busta paga e per pigrizia imprenditoriale. Accanto al leader di Confindustria è scattatala protesta del mondo imprenditoriale. Parole «inaccettabili», «sconcertanti», «ingenerose», «offensive», che «riflettono i pregiudizi anti impresa». Rivolte verso chi, le aziende italiane, combattono, anticipando i soldi della cassa integrazione. Parole lontane dallo spirito di coesione, hanno sottolineato gli imprenditori, rilanciato dal presidente Mattarella, dalla Banca d’Italia e da esponenti del governo. «Le affermazioni che abbiamo letto sono sconfortanti, profondamente ingiuste e ingenerose, offensive nei confronti di chi sta combattendo per contribuire al benessere del paese» ha commentato Robiglio, presidente della Piccola industria di Confindustria, sottolineando che «riflettono il forte pregiudizio anti impresa». Per Vito Grassi, presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali di Confindustria e numero uno di Confindustria Campania, «Tridico avalla ipotesi assurde: nessun imprenditore ha interesse a tenere chiusa la propria azienda Il crollo dei fatturati potrà determinare chiusure e interventi sulla struttura dei costi aziendali. Non certo speculazioni sulla cig». Parole che sono il frutto di un «atteggiamento anti impresa che non fanno bene al paese, fanno perdere la fiducia delle imprese nei confronti dello Stato e danneggiano l’immagine del paese all’estero» il commento del presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz. «In questi mesi – ha detto Alessandro Spada, presidente Assolombarda – ho visto le imprese mettersi a disposizione del paese e fare sacrifici per non perdere quote di mercato. E oggi con senso di responsabilità guardiamo avanti».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Crollano Pil e occupazione Cig, imprese contro Tridico
Tema: Imprese contro Tridico

Le prospettive per l’economia italiana non sono buone. Ce lo ricorda l’Istat quando prevede un crollo dell’8,3% per il Pil di quest’anno e un recupero dimezzato per il prossimo: +4,6%. Le previsioni aggiornate dell’Istat ci dicono che la pandemia in un solo anno farà il doppio dei danni portati dalla doppia crisi del 2008-2013. Per questo preoccupano i dati sulla cassa integrazione ancora non erogata da Inps a 1,4 milioni di dipendenti privati che, tramite le loro imprese, hanno Inviato regolarmente all’Istituto di previdenza il documento per essere pagati: l’SR41. E per questo le associazioni Imprenditoriali hanno reagito con forte disappunto alle dichiarazioni del presidente hips Pasquale Tridico, rilasciate ieri in un’intervista a Repubblica: «Basta scrivere “Covid e noi paghiamo, sovvenzionando con la Cig anche aziende che potrebbero ripartire, magari al 50%. Ma preferiscono non farlo. Per pigrizia, per opportunismo. Tanto c’è lo Stato che paga». Furibondo Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica: «Parole che fanno perdere fiducia alle imprese nello Stato e danneggiano l’immagine del Paese all’estero. Pare che il presidente dell’Inps non abbiamo mai messo piede in un’azienda». Aggiunge Alessandro Spada, presidente di Assolombarda: «Forse a Tridico sfugge che molte aziende stanno anticipando la cassa per supplire alle mancanze della burocrazia statale Inefficiente».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Marro Enrico 
Titolo: Di Maio: un patto per l’export, di squadra
Tema: Patto per l’export

Per un Paese con economia di trasformazione come l’Italia il rilancio delle esportazioni, duramente colpite dal rallentamento del commercio mondiale imposto dalla pandemia, è vitale. E con esso anche il rilancio del turismo, altro settore fondamentale per il nostro Paese e che è legato all’immagine del made in Italy. Per questo il governo attribuisce grande importanza al «Patto per l’export» firmato ieri alla Farnesina col coinvolgimento, oltre al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, di altri sei ministri, intervenuti di persona alla cerimonia: Economia, Agricoltura, Trasporti e Infrastrutture, Beni culturali, Ricerca e università, Innovazione. E, per il ministero dello Sviluppo, il sottosegretario Gian Paolo Manzella. Partecipano al Patto tutte le agenzie governative a supporto delle esportazioni, Sace, Simest e Ice, la Cassa depositi e prestiti, le associazioni imprenditoriali e bancarie, la Conferenza delle Regioni. L’idea, insomma, è quella di fare quello che all’Italia non è mai riuscito, cioè dar vita a un «sistema Paese», dove tutte le istituzioni e le forze economiche lavorino in squadra per promuovere e sostenere le imprese del made in Italy. Di Maio ha spiegato che il Patto si fonda su «sei pilastri»: comunicazione; formazione e informazione; e-commerce; sistema fieristico; promozione integrata; finanza agevolata.
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Testata:  Stampa
Autore:  Capurso Federico 
Titolo: Il retroscena – Di Maio cerca la ribalta La kermesse alla Farnesina per oscurare Conte
Tema: Patto per l’export

La competizione tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte è entrata nel vivo. Il ministro degli Esteri ha ospitato ieri alla Farnesina ministri e viceministri, capi delegazione, imprenditori e rappresentanti di categoria, per lanciare il suo piano per l’export da 1,4 miliardi, attraverso il quale promuovere il made in Italy nel mondo. Organizzazione pensata in grande, tanto che nelle chat del M5S è stata ribattezzata «gli stati generali dell’export», contrapponendola così agli stati generali dell’economia che il premier sta invece cercando, a fatica, di allestire. Le resistenze, infatti, hanno costretto Conte a indire ieri un vertice notturno con i capi delegazione per provare a sbrogliare almeno i primi nodi. In quest’ottica gli Stati generali dovrebbero aprirsi venerdì pomeriggio. Ma se l’iniziativa autonoma del premier può rappresentare l’inizio della sua trasformazione da «mediatore super partes» a «peso politico» nel governo, quella del ministro degli Esteri viene vista come la prima pietra del suo percorso verso palazzo Chigi. E le due strade sono costrette a scontrarsi. D’altronde, Di Maio non ha più alcuna intenzione di tornare a fare il capo politico del Movimento, come ripete ai suoi da mesi; quella è una questione che – per dirla con parole sue – vorrebbe lasciare alle «retrovie», spalmando magari il potere in un organo collegiale. Le aspirazioni, per chi a 33 anni è stato già vicepresidente della Camera, leader di partito, vicepremier, ministro del Lavoro, dello Sviluppo economico e degli Esteri, convergono ormai solo verso la presidenza del Consiglio.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: I senatori del partito lasciano solo Trump, timorosi di una disfatta
Tema: Le proteste negli USA

Per Mitt Romney, senatore repubblicano dello Utah, il gesto si è consumato in pubblico: la sua rottura con Donald Trump è avvenuta in strada, dove ha marciato con i manifestanti contro il razzismo, la violenza della polizia e le ingiustizie sociali. Fianco a fianco, cioè, con un movimento che il presidente ha apostrofato come terrorista e contro il quale aveva minacciato l’intervento militare. Romney – che ha spiegato la sua partecipazione con lo slogan dei dimostranti Black Lives Matter, la vita degli afroamericani conta – non è il solo conservatore ad abbandonare la Casa Bianca. Se non è un esodo, è una fuga di influenti leader. Ci sono Lisa Murkowski dell’Alaska accanto a Romney, George W. Bush e suo fratello Jeb; la moglie dello scomparso John McCain, Cindy; John Boehner e Paul Ryan, che sono stati presidenti della Camera; e il generale Colin Powell che guidò Foggy Bottom. Si smarcano con dei distinguo. Powell, che aveva già sostenuto sia Barack Obama che Hillary Clinton, ha accusato Trump di «mentire» ed essere un pericolo per il Paese e la Costituzione. Alle presidenziali di novembre voterà per il candidato democratico Joe Biden. Trump via tweet ha replicato che Powell è un generale «sopravvalutato». Un voto a Biden potrebbe arrivare da Cindy McCain. George W. Bush, assieme a Romney, ha fatto sapere che quantomeno non sosterrà Trump.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Barlaam Riccardo 
Titolo: Progetto di legge democratico per riformare le forze di polizia
Tema: Le proteste negli USA

«La sinistra radicale democratica è diventata pazza» scrive Donald Trump su Twitter commentando l’idea di abolire o tagliare i fondi alla polizia dopo ledi proteste anti razziste. A Minneapolis, teatro del tragico episodio che due settimane fa è costato la vita a George Floyd, l’afroamericano di 46 anni disarmato morto soffocato con il ginocchio sul collo da parte di un poliziotto bianco, che ha aperto la strada alle maggiori proteste per i diritti civili degli ultimi cinquant’anni, il consiglio comunale ha approvato una delibera che prevede l’abolizione del Dipartimento di polizia. «L’obiettivo è quello di riformare e ricostruire assieme a tutta la nostra comunità un nuovo modello di sicurezza pubblica che davvero garantisca la sicurezza di tutti», ha scritto su Twitter una delle consigliere comunali. A New York il sindaco Bill de Blasio ha annunciato il taglio di una parte delle risorse destinate al New York Police Department con un aumento dei fondi destinati ai giovani e ai servizi sociali: la polizia di Nyc ha un budget annuo di 6 miliardi. A Los Angeles il sindaco Eric Garcetti ha annunciato un piano per riallocare oltre 150 milioni di dollari del budget della polizia ad azioni in sostegno della comunità nera. Trump ieri alla Casa Bianca ha ospitato una tavola rotonda che va nella direzione opposta, verso un rafforzamento delle forze dell’ordine. Il presidente cerca di associare il suo rivale democratico Joe Biden agli attivisti del movimento “defund the police” che chiedono di togliere i fondi alla polizia.  «Il movimento “defund the police” è cresciuto nel partito di Biden e lui sarà obbligato a farlo proprio», ha detto Tim Murtaugh, il direttore comunicazione della campagna elettorale di Trump.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Biden va dai parenti di George Floyd Il Congresso vuole un freno per gli agenti
Tema: Le proteste negli USA

La politica cerca di dare una risposta alle proteste per l’omicidio dell’afroamericano George Floyd. Quattro parlamentari democratici hanno messo a punto una proposta di legge per limitare i poteri della polizia e prevenirne gli abusi in tutto il Paese. Tra le misure c’è l’abolizione del cosiddetto «chokehold», la tecnica di strangolamento usata per bloccare un sospetto. Il provvedimento toglierebbe di mezzo le tutele e i privilegi che negli ultimi decenni hanno reso molto difficile punire i crimini commessi dagli agenti. L’iniziativa è partita dalla deputata Karen Bass, presidente del Congressional Black Caucus, il gruppo formato da 55 parlamentari democratici afroamericani. Ha aderito anche la senatrice Kamala Harris, tra le favorite per il posto da vice nel ticket presidenziale con Joe Biden. Il piano dei parlamentari, però, non corrisponde allo slogan del movimento: «Defund the Police», tagliate i fondi alla polizia. I manifestanti di Washington lo hanno scritto a lettere cubitali gialle sulla 16esima strada, a cento metri dalla Casa Bianca. È da anni una delle richieste di Black Lives Matter, l’organizzazione che ha dato un minimo di struttura alle marce di questi giorni, almeno nella capitale. L’idea non è quella di cancellare la polizia, ma di ridimensionarne i compiti, di demilitarizzarla. E’ il modo più rapido ed efficace per farlo è tagliare una parte del bilancio,  Joe Biden, lo sfidante di Donald Trump, ha fatto sapere di essere contrario alla linea «Defund the Police».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Guiata Anna 
Titolo: Sondaggi, Trump giù Balzo di Biden: +14% – Trump crolla nei sondaggi Negli Usa stretta sulla polizia
Tema: Le proteste negli USA

Donald Trump tutto va bene. L’epidemia è superata, l’economia sta riprendendosi «in un modo che sorprende anche i grandi professionisti», e la Guardia Nazionale può tornare a casa perché le manifestazioni sono «sotto controllo». L’80 per cento degli americani, tuttavia, non la pensa come lui, e crede che il Paese sia «fuori controllo». Questa radicale differenza di visione fra i cittadini e il presidente può spiegare come mai nell’ultimo sondaggio Cnn Trump si trovi superato dal suo rivale Joe Biden addirittura di 14 punti, 55 a 41. A oltre quattro mesi dalle elezioni, i sondaggi si devono prendere con le molle, e Trump stesso lo ha rigettato con un tweet carico di disprezzo: «E’ fake, come sono fake e vostre notizie». Ma resta il fatto che l’ex vicepresidente democratico è oramai da mesi in vantaggio netto sul presidente, e nella popolarità ha superato il tetto del 50%, considerato un segnale positivo per lui, in quanto vuol dire che anche gli indipendenti (e forse persino un pugno di repubblicani) si sono spostati sul suo campo.
Difatti un sondaggio interno della stessa campagna di Trump rivelerebbe che il presidente è preoccupato proprio per aver perso il sostegno di una fetta di indipendenti, oltre che di una forte percentuale di donne bianche, quelle che nel 2016 avevano abbandonato Hillary per scommettere su di lui. Forse un appiglio per rilanciare la lotta glielo darà comunque la sinistra democratica, che si sta facendo conquistare dal movimento populista che vorrebbe «defund the police», cioè ridurre I finanziamenti ai corpi di polizia e stornare i fondi verso iniziative sociali, un’idea che però allarma molto i moderati.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Franceschini Enrico 
Titolo: Nel Regno Unito proteste contro Churchill e i “razzisti”
Tema: Regno Unito

Erano cominciate come manifestazioni di solidarietà con il Black Lives Matter dopo l’omicidio di George Floyd negli Stati Uniti. Ma le proteste a Londra e in altre duecento città britanniche hanno finito per puntare un dito anche più vicino a casa: chiamando in causa il razzismo nel Regno Unito. La statua di Edward Colston, commerciante di schiavi del 700, abbattuta a Bristol e gettata in un fiume; il monumento di Winston Churchill davanti al parlamento di Westminster imbrattato dalla scritta “era un razzista”; cartelli che avvertono “Rhodes, sarai il prossimo”, sottinteso a cadere, all’università di Oxford, riferimento alla campagna per demolire la statua di Cecil Rhodes, campione del colonialismo al tempo dell’Impero britannico. La politica di questo paese portata sul banco degli imputati per le colpe del passato come per quelle del presente, le operazioni, di “stop and search”, ferma e perquisisci, contro le gang giovanili, accusate di discriminare le minoranze etniche, e il “racial profiling”, la schedatura razziale nella prevenzione del terrorismo. Il primo ministro Boris Johnson denuncia «la minoranza violenta di delinquenti che si è impossessata» delle manifestazioni contro il razzismo. Marvin Rees, sindaco nero di Bristol, risponde di «non considerare una perdita» per la città il fatto che sia stata tirata giù la statua dello schiavista Colston, «era un affronto alla nostra comunità».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Rizzo Alessandra 
Titolo: La piazza inglese smonta i simboli “Anche Churchill era un razzista”
Tema: Regno Unito

L’onda di “Black Lives Matter” che sta attraversando il mondo è arrivata nel cuore del Regno Unito, riaprendo il dibattito sul razzismo nel Paese e sull’eredità storica dell’Impero Britannico. Decine di migliaia di giovani hanno preso parte a manifestazioni che si sono rivelate più grandi del previsto, segno che il tema della discriminazione tocca una corda profonda in un Paese in cui, dati alla mano, chi proviene da una minoranza etnica ha il doppio delle probabilità di morire di Covid-19 rispetto ai britannici bianchi, ed è stato più colpito dalla perdita dei posti di lavoro legati alla pandemia. «Dovete capire quanto fa male sentirsi ripetere ogni giorno che la tua razza non conta nulla», ha detto l’attore John Boyega, diventato famosissimo grazie agli ultimi film della saga di Guerre Stellari, in una manifestazione a Hyde Park, megafono in mano e lacrime agli occhi. E il Guardian invitava qualche giorno fa a non cadere nell’errore di ritenere che il «razzismo sistemico» sia un problema solo americano. Quasi 140 mila persone, secondo il ministero dell’ Interno, hanno preso parte nei giorni scorsi alle proteste: non solo nella cosmopolita Londra, dove i manifestanti si sono radunati a piazza del Parlamento e di fronte all’ambasciata Usa, ma in tante altre città, da Manchester a Edimburgo. Un fiume di persone che ha disatteso l’invito del governo a evitare le adunate a causa del rischio del coronavirus, e ha manifestato in modo per lo più pacifico, salvo qualche momento di tensione e qualche scontro con la polizia: a Londra 35 agenti sono rimasti feriti e 135 manifestanti arrestati.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: I trucchi dei regimi che nascondono i veri dati sul Covid – Dal Brasile alla Turchia Così i regimi mentono sulla letalità del virus
Tema: Coronavirus – I dati

I casi sono due: o durante una pandemia la libertà fa male alla salute; oppure il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, nel cercare di nascondere la realtà dei morti da Covid nel proprio Paese, non fa che accodarsi a un trend diffuso fra decine di governi autoritari, dittatoriali, populisti e illiberali nel mondo. Difficile spiegare altrimenti perché l’incidenza più alta di decessi da coronavirus si concentri oggi nelle democrazie liberali del pianeta, mentre i Paesi retti da regimi più chiusi e opachi sembrino meno colpiti. Sono passati tre mesi da quando Covid-19 è stata definita una pandemia dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nel frattempo ha raggiunto 216 Paesi, con più di sette milioni di contagi registrati e ufficialmente oltre 400 mila morti. Per adesso il tasso di letalità registrato nel mondo è del 5,7%, dunque sembra morire in media una persona ogni 17 di cui viene accertato il contagio. Ma in Belgio finora ha perso la vita una persona ogni sei, in Italia e in Gran Bretagna una ogni sette; in Venezuela, in Arabia Saudita, Qatar, Eritrea, Gabon, Capo Verde o Kazakistan meno di una ogni cento. Una possibile spiegazione, in teoria, è che i sistemi sanitari in questo secondo gruppo di Paesi funzionano meglio e salvano più malati di quanti ne sopravvivano in Europa o negli Stati Uniti. Ma una breve ricerca sui decessi da coronavirus in più di cento Paesi ne porta alla luce un’altra: le informazioni su Covid-19 fornite da decine di Paesi retti da sistemi autoritari non sono veritiere. Governi poco o per niente democratici tendono a presentare un quadro sostanzialmente falso degli effetti dell’epidemia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano 
Titolo: La rabbia dei Regeni: il governo ci ha tradito – La delusione della famiglia Regeni “Questo governo ci ha tradito”
Tema: Il caso Regeni

Era l’otto ottobre del 2019. II ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, incontro alla Farnesina i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio. «Per l’Italia – disse – è arrivato il momento di cambiare passo e atteggiamento nei rapporti con l’Egitto. Lo stallo con l’Egitto non è più tollerabile. Per noi la verità sull’omicidio di Giulio è una priorità che non può subire alcuna deroga». Otto mesi dopo il cambio di passo è arrivato. Ma in direzione opposta rispetto a quanto era lecito immaginarsi. Il governo ha dato il via libera alla vendita all’Egitto di due fregate Fremm, importati navi militari costruite in Italia da Fincantieri. A sbloccare l’affare una telefonata, avvenuta domenica, tra Conte e il presidente egiziano Al Sisi. Una vendita delicatissima perché quelle navi erano destinate alla Marina militare italiana che, già nei mesi scorsi, aveva fatto trapelare tutto il suo disappunto per l’operazione. Delicatissima perché certifica un nuovo strettissimo legame politico e commerciale tra l’Italia il governo del Cairo, che mai in questi quattro anni ha collaborato per trovare i nomi dei sequestratori, torturatori e assassini di Giulio Regeni. E che il 7 febbraio ha arrestato lo studente egiziano dell’università di Bologna, Patrick Zaki. Che, ancora oggi, tiene in carcere. La notizia della vendita delle fregate ha, inevitabilmente, sconvolto i genitori di Giulio che fino a questo momento non si erano mai sottratti agli incontri con il presidente Conte, il ministro Di Maio egli esponenti dell’esecutivo, certi di trovare una sponda reale per arrivare alla verità sulla morte di loro figlio. «E invece ora questo governo – dicono a Repubblica Paola e Claudio, insieme con il loro legale Alessandra Ballerini – ci ha traditi». «Ci sentiamo traditi. Ma anche offesi e indignati dall’uso che si fa di Giulio» dice ancora la famiglia Regeni.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  De Marchi Toni – Tecce Carlo 
Titolo: Regeni & Zaki, la verità fregata: ok di Conte alla vendita di due navi da guerra all’Egitto
Tema: Il caso Regeni

Domenica pomeriggio il generale Abdel Fattah Al Sisi e il premier Giuseppe Conte hanno parlato al telefono di questioni libiche, ieri l’Italia ha venduto all’Egitto una coppia di fregate Fremm di Fincantieri, destinate inizialmente alla Marina militare italiana. L’operazione vale circa 1,2 miliardi di euro, più del doppio per Fincantieri che dovrà costruire altre fregate per l’Italia. Dopo mesi di trattative, Al Sisi ottiene la prima parte di una commessa ben più ampia, fra i 9 e gli 11 miliardi di euro: altre 4 fregate e 20 pattugliatori d’altura sempre di Fincantieri; 24 caccia Eurofightere 20 velivoli addestratori M346 di Leonardo (ex Finmeccanica) e forse un satellite da osservazione. Per l’ordine più grosso serviva la firma del contratto che prelude alla consegna delle Fremm, di fatto sottratte alla Marina. Come scritto dal Fatto, l’Egitto non era disposto ad aspettare oltre la metà di giugno e il governo italiano aveva già autorizzato la vendita, ma non sapeva come rivelarlo. Adesso dovrà affrontare la prevedibile polemica, dopo che per settimane ha tentato di evitarla con un rimpallo di responsabilità e la dilatazione dei tempi. L’Egitto di Al Sisi è lo Stato autoritario che non collabora con i pm romani nell’indagine sull’uccisione del ricercatore universitario Giulio Regeni, ma da un anno è il primo cliente dell’industria bellica italiana. Da una parte la politica intima a se stessa di interrompere i rapporti diplomatici con il Cairo per Regeni e anche per Zaki, il ragazzo egiziano arrestato al rientro da Bologna.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stabile Giordano 
Titolo: Ora Erdogan mette le mani sul petrolio di Tripoli
Tema: Turchia

La Turchia non perde tempo, mette a frutto la vittoria in Tripolitania e punta senza esitazioni al petrolio libico. Nel giro di una settimana le forze fedeli al premier Fayez al-Sarraj hanno spazzato via l’esercito di Khalifa Haftar e lo hanno respinto fino a Sirte. Tripoli non è più sotto assedio e per Al-Sarraj e il suo sponsor Recep Tayyip Erdogan si aprono le prospettive economiche dell’alleanza, una parte essenziale del memorandum firmato lo scorso 27 novembre. L’intesa prevedeva aiuti militari ma anche collaborazione economica e così ieri il ministro delle Risorse energetiche Fatih Donmez, ha dichiarato di aver già ottenuto «licenze per sette lotti». Le trivellazioni alla ricerca di nuovi giacimenti cominceranno «fra tre mesi». Il leader turco ha anche avuto una telefonata con il presidente Trump per risolvere «qualche problema» a proposito della Libia. Ankara importa la quasi totalità del greggio e del metano consumato. Ha fretta di mettere le mani su risorse proprie, anche per ripagarsi dei costi de lla difesa di Tripoli. Pochi giorni fa la Turkish Petroleum aveva chiesto al governo di Tripoli i permessi per l’esplorazione di giacimenti offshore lungo le coste libiche, alle ricerca soprattutto di gas. La Turchia stima che le riserve di metano siano pari a tutte quelle del Mediterraneo Orientale.
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