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SINTESI IN PRIMO PIANO – 6 febbraio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Emergenza Covid-19: Cts rinvia apertura serale dei ristoranti;
– Governo: consultazioni e totoministri, i nomi in lizza;
– Il Piano di Draghi per il lavoro: più politiche attive e meno sussidi;
– Lotta all’evasione fiscale e tassazione: audizioni in Commissione Finanze;
– Rapporti Ue-Russia: mentre Borrell è in visita a Mosca, Putin espelle tre diplomatici;
– Caso Zaki, la famiglia chiede cittadinanza italiana; arrestato al Cairo un altro studente.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Landi Stefano
Titolo: Ristoranti aperti anche la sera: tensione sulle date – I governatori: aprire i ristoranti fino alle 22 Il Cts fissa le regole ma Speranza frena
Tema: Apertura serale dei ristoranti
Il pressing delle Regioni parte da lontano. Dice la Federazione italiana dei pubblici esercizi (Pipe), che solo l’anno scorso la pandemia ha bruciato quasi 38 milioni nel comparto del bere e del mangiare. I primi due mesi del 2021 hanno caricato la cifra. Così hanno chiesto al Cts, sulla scia delle domande già avanzate dal Mise, di valutare l’apertura dei ristoranti a cena nelle zone gialle e a pranzo in quelle arancione. II Cts apre uno spiraglio che sembra un portone a gran parte delle Regioni. La sintesi è che i ristoranti, molto più dei bar, ad esempio, possono garantire la sicurezza dei posti a sedere. «Tenendo alta l’attenzione, evitando il consumo al banco, obbligando a indossare le mascherine nei luoghi di passaggio e garantendo il distanziamento di almeno un metro tra tavoli, dove possono sedere al massimo quattro persone non conviventi», scrivono gli scienziati nel loro parere tecnico. Esultano i governatori delle zone gialle, in particolare quelli di Liguria, Emilia-Romagna e Lombardia. Ma l’interpretazione a mo’ di via libera preoccupa non poco iI ministro della Salute Roberto Speranza. Che chiede subito al Cts di fare un passo indietro, specificando che per ora nulla cambia nella gestione delle regole dei ristoranti. La decisione alla fine sarà politica. E per questo il destino delle cene fuori degli italiani resta sospeso, in attesa della linea del nuovo governo e della scadenza del Dpcm il 5 marzo. La giornata di ieri e quindi il dibattito intorno ai tavoli del ristoranti si erano aperti con la lettera, con toni da appello (disperato), del governatore lombardo Attilio Fontana in direzione governo. L’appello di tanti governatori, tra cui anche Giovanni Toti, arriva alla vigilia di un weekend che preoccupa le prefetture, che annunciano maggiori controlli per evitare assembramenti. Ma qualcosa sembra cambiato. E un’importante apertura di credito arriva dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: «Lo sostengo da molti mesi, credo che i ristoranti possano essere riaperti, in zona gialla, in sicurezza e con controlli rigidi fino alle 22», spiega. Al nuovo governo, l’ardua sentenza.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano
Autore:  Calapà Giampiero
Titolo: Intervista a Franco Locatelli – “Speranza resti, 42mln di immuni entro l’autunno – “Adesso lasciateci Speranza. Contagi in rialzo, ma lieve”
Tema: Vaccini anticovid e prudenza
D. Professor Franco Locatelli, quanto è importante la continuità? Si è già espresso per una conferma di Roberto Speranza ministro della Sanità. R. “Il lavoro fatto da Speranza si è connotato per passione convinta, dedizione e capacità di governare una situazione difficile: ecco perché ritengo meriti continuità. E avrebbe senso perché Speranza ha ora conoscenze che chiunque altro dovrebbe acquisire con tempi necessariamente lunghi in una intrinseca complessità. Ma il professor Mario Draghi non ha certo bisogno dei miei suggerimenti: è una riflessione su quanto affrontato da Speranza in questi tredici mesi”. D. Se Draghi chiamasse lei? R. “La mia risposta rimane quella che ho appena dato”. D. Vaccini: oggi 249 mila dosi di Astrazeneca. Ma a dicembre troppo ottimisti? R. “Eravamo stati ottimisti rispetto alla disponibilità assicurata da Astrazeneca in prima battuta. L’auspicio è che ora la disponibilità non sia più cambiata al ribasso e non si debba rimodulare oltre la campagna di vaccinazione. Entro fine giugno, senza altri disguidi con i tre vaccini approvati, dovremmo arrivare a 38 milioni di dosi”. D. L’obiettivo 42 milioni di vaccinati entro l’autunno è ancora possibile? R. “Sono ottimista sul fatto che si possa raggiungere l’obiettivo, perché arriveranno anche Johnson&Johnson, Curevac e Sputnik. L’Italia quando ha avuto le dosi preventivate ha dimostrato di poter correre a 100 mila dosi al giorno anche con un vaccino logisticamente complicato come quello di Pfizer. Due giorni fa ne abbiamo somministrate 95 mila”. D. Il rischio varianti è alto? Sui verbali del Cts si leggono anche scenari catastrofici da 400 mila contagi al giorno, certo in assenza di misure e vaccini. R. “La variante britannica non sembra che si connoti per ridotta sensibilità al vaccino. Su quella brasiliana non abbiamo evidenze disponibili di resistenza ai vaccini. ‘E importante monitorare bene quanto si configura con potenziali reinfezioni di soggetti già contagiati primadal SarsCov2 e nei soggetti già vaccinati dopo la prima e dopo la seconda dose. Senza sotto valutare nulla, tuttavia, eviterei al momento ingiustificati allarmismi”.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto 
Titolo: Conferme e nuovi nomi: con Speranza e Bellanova l’idea di Giorgetti e Tajani
Tema: Totoministri

Ormai è chiaro che non saranno solo politici e nemmeno solo tecnici, ancorché d’area. Si tratterà di un mix di competenze di alto livello, così come da mandato del capo dello Stato, prese a prestito dal mondo dei partiti e da quello economico, finanziario, accademico. Lo ha confermato ieri lo stesso Mario Draghi a tutte le delegazioni che ha incontrato nel secondo giorno di consultazioni. Ovviamente la composizione del futuro governo dipenderà dal perimetro della maggioranza, che sembra allargarsi sempre di più, con la probabile partecipazione anche della Lega di Salvini. Se così sarà, la presenza dei tecnici, o il loro peso, potrebbe aumentare, proprio per non generare una competizione di posti fra i partiti, che magari avranno più spazio nei ruoli di sottogoverno. Ma non c’è dubbio che una presenza politica forte sarà comunque centrale. L’apertura di ieri di Forza Italia proietta per esempio Antonio Tafani verso la casella del ministero degli Affari europei. La posizione di Salvini consente ai rumors di Palazzo di collocare Giancarlo Giorgetti, che ha grande sintonia e stima reciproca con Mario Draghi, ai Rapporti con il Parlamento, ruolo strategico per Palazzo Chigi e il collegamento fra l’attività dell’esecutivo e quella di Camera e Senato. Un’altra certezza dovrebbe essere la presenza di Luigi Di Maio, non per forza alla Farnesina, così come quella di Dario Franceschini, che potrebbe restare alla Cultura. Ma ragioni di discontinuità suggerirebbero anche un cambio in corsa fra lo stesso Franceschini e Andrea Orlando, vicesegretario del Pd. Se alla fine anche Leu sosterrà Draghi l’unico nome in pista per la formazione di sinistra resta quello di Roberto Speranza, mentre Renzi ha dichiarato di non avere alcuna richiesta da avanzare all’ex governatore della Bce ma appare molto probabile che Teresa Bellanova venga confermata nello stesso dicastero che ha appena lasciato, quello dell’Agricoltura.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lopapa Carmelo 
Titolo: La Lega tentata da Draghi – Maggioranza ampia Forza Italia c’è Salvini quasi “Governo di tutti”
Tema: Consultazioni, oggi 5S e Lega

La lunga telefonata avuta con Mario Draghi ha fugato i dubbi di Matteo Salvini ben prima dell’incontro che i due avranno questa mattina a Montecitorio. La Lega a consulto, i capigruppo Romeo e Molinari col capo, non Giancarlo Giorgetti. Forse troppo coinvolto in partita e in odor di governo, per esserci. «Serve un governo di tutti», anticipa alla vigilia il segretario federale. Ultimo appello che l’alleata Melon’ lascia cadere nel vuoto, ma è íl segno della svolta. La tesi ufficiale è che il partito deciderà dopo l’incontro di oggi. Ma l’apertura dell’ex ministro dell’Interno è così ampia che si fa fatica a scommettere su una retromarcia. Tutto questo dopo che Forza Italia – assente a sorpresa Berlusconi – conferma il sostegno al nuovo governo e Giorgia Meloni la sua «non fiducia» quando si andrà in aula. Alle 11, al primo piano di Montecitorio, andrà in scena il primo faccia a faccia di Salvini con l’ex presidente della Bce, al quale verrà consegnato una sorta di memorandum leghista: alleggerimento della pressione fiscale, no a una stretta sulle pensioni, rottamazione della cartelle di Equitalia, riforma della giustizia, piano per i cantieri in tutta Italia, nuovo piano vaccinale . «All’appello di Mattarella rispondiamo che noi ci siamo spiega Salvini – Da primo partito del Paese, se ci saranno le condizioni», l’ingresso sarà pieno, anche con loro ministri. Perché «governi tecnici alla Monti li abbiamo già provati», aggiunge. E pazienza se in casa Pd sta crescendo l’insofferenza nei suoi confronti. «Mi dispiace che altri mettano veti, non è questo lo spirito di Mattarella». Quasi un’adesione preventiva, la sua. Anzi, coi suoi non esclude di farsi avanti se dovesse passare (improbabile) l’opzione segretari di partito in squadra. E se gli chiedessero la preferenza, tornerebbe volentieri al Viminale. Se solo Luciana Lamorgese non fosse inamovibile. «Se sei dentro sei dentro, ti prendi gli onori egli oneri», niente «ipotesi strampalate, governi tecnici, appoggi esterni: o ci sei o non ci sei – continua il leader. Se la Lega partecipa a questo governo ci partecipa da primo partito».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Intervista a Giorgia Meloni: «Io non voterò a favore, faccio quello che dico Sarò la sentinella Matteo? Vediamo che fa»
Tema: Intervista alla leader di FdI

Giorgia Meloni, non è un po’ pentita? «No, perché?». Il suo «mal» a Draghi non è stato troppo precipitoso? Si può decidere tutto sulla base della «coerenza» e non della situazione? «Ma questo non è uno scenario che si modifica e al quale bisogna adattarsi. Si tratterebbe di tradire quello che siamo, fin dalla nostra nascita. Fratelli d’Italia fu fondato in polemica con il Pdl per l’appoggio al governo Monti. Sulla base di convinzioni profonde: non posso governare con il Pd e il M5S, dal quale mi divide tutto. E non voglio far passare per inevitabili troppe cose che non lo sono». Quali? «Non è vero che non è possibile andare a votare, non è vero che governando con gente con cul non si condivide nulla si possa fare bene, non è vero che un esecutivo tecnico, seppur autorevolissimo, faccia per forza meglio di uno che nasce con un mandato popolare, come la storia degli ultimi anni ci ha insegnato. La nostra non è solo una posizione di principio, è una salda convinzione». Lei sa che restare soli all’opposizione pub essere un vantaggio per intercettare la protesta, ma rischia l’isolamento, la perdita del ruolo centrale nella coalizione, forse anche della leadership «So benissimo quali possono essere i pro e i contro, ma so anche altre cóse. Primo, che Fdl non è abituata a prendere decisioni sulla base della convenienza. Secondo, che è sempre bene che esista un’opposizione in una democrazia. Lo è perfino per chi governa, e l’ho detto anche al presidente incaricato. E bene avere una sentinella, una voce libera, qualcuno che non deve seguire una linea per forza, in un senso o nell’altro. A Draghi ho assicurato che se un provvedimento ci convince ci saremo, anche se si tratterà di votare in passaggi difficili per altri. E lo faremo senza chiedere nulla in cambio».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Malaguti Andrea 
Titolo: Intervista a Luigi Di Maio: “Draghi ha un profilo prestigioso Adesso è arrivato il tempo del debito buono”
Tema: Intervista a Luigi Di Maio

Ministro Di Maio, vi siete venduti l’anima al Draghi? «La letteratura vuole che la scelta di vendere l’anima sia dettata dal perseguimento di interessi personali». Appunto. «E’ vero il contrario, in questo caso. Ho chiesto maturità e responsabilità istituzionale perché lo dobbiamo al capo dello Stato ma soprattutto al Paese, che sta vivendo uno dei momenti più drammatici della sua storia recente. C’è la pandemia, il Recovery in arrivo, la coesione europea da preservare, il comparto produttivo in attesa di risposte. In ballo c’è il futuro di tutti». Perché, per affrontare queste sfide, l’ex numero uno della Bce è meglio di Conte? «Il nostro sostegno a Conte è stato e continua ad essere forte. Sono stato io a indicarlo due volte presidente del Consiglio, tutto il M5S gli è vicino. E’ improprio mettere a confronto le due personalità, è un esercizio per dividere mentre qui bisogna lavorare per unire, è quello che ha detto anche Conte». Glielo chiedo senza comparato: chi è Draghi per lei? «Draghi ha indubbiamente un profilo prestigioso, tra l’altro ha una prospettiva economica diversa da quella di Monti. Abbiamo detto che lo ascolteremo, è giusto farlo. E lo faremo partendo dai temi». Quando dice: «lo faremo» intende dire «lo farà Rousseau»? «Si è votato sia per il Conte I che per il Conte II, se sarà richiesto anche questa volta, gli iscritti si esprimeranno in tempi rapidi» Direbbe sì a un governo tecnico? «Abbiamo ribadito più volte la necessità di un governo politico, le regole della democrazia sono chiare, le forze politiche in Parlamento sono espressione della volontà popolare».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Programmi e ministri, basta veti incrociati
Tema: Governo e programmi

No al Mes, sì al Reddito di cittadinanza, no a nuove tasse sì a quota ioo e flat tax, sì all’europeismo e alla progressività fiscale: questo “minestrone” di tutte le priorità dei vari partiti è diventato ieri il terreno su cui – secondo i leader – si dovrebbe misurare Draghi. Una piccola evoluzione visto che si è passati dai «no» personalizzati, a voler limitare gli ingressi sulla base dei programmi. È vero che non è semplice mettere insieme partiti che sono avversari ma l’operazione Mattarella/Draghi è proprio l’accettazione di un salto logico, passare da una conventio ad excludendum a una a includendum basata su una ampia base parlamentare ma con una ristretta lista di priorità. Piantare le rispettive bandiere serve a digerire l’indigeribile ma davvero un “governo del presidente” è quello che deve attuare gli impegni elettorali delle forze politiche? Qui sta il paradosso, pretendere che un “terzo” come Draghi rappresenti l’identità di ciascun partito. Intanto qualche veto è caduto. Ieri quello di Zingaretti verso la Lega – resta però quello di Leu – mentre Salvini ha aperto al sì nonostante la presenza del Pd. Un bel passo se si considera che il leader leghista ha alla sua destra Giorgia Meloni – cioè il suo assillo – che ieri ha confermato di voler stare all’opposizione. Il fatto è che aveva davanti un bivio: ascoltare la sua base elettorale prevalentemente del Centro e Nord, delle aree più produttive e favorevoli al tentativo Draghi oppure fare concorrenza ai voti di Fratelli d’Italia più radicati a Sud dove Salvini ha già un po’ perso la sua scommessa. Questa volta più della propaganda conta la forza di gravità del consenso che attrae la Lega verso un via libera all’ex presidente della Bce.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Tecnico o politico, l’ex governatore espone il principio della competenza
Tema: Governo tecnico o politico

II «metodo Draghi» è uguale per tutte le delegazioni. L’ex presidente della Bce fa una breve analisi sulla situazione del Paese, su una crisi che è insieme economica e sociale, scolastica e ambientale, contro la quale è necessario un approccio multidimensionale. Sui temi che non sono di sua competenza attende di ascoltare, sulle materie che gli appartengono ha una sua visione. E infatti annuncia a tutti che — dovesse ottenere la fiduda — la revisione del fisco sarà fondamentale, limitandosi per ora a illustrare la copertina del progetto. Sul resto delle riforme, prima di procedere, vorrà verificare cosa implementare e cosa scartare, per evitare la solita sovrapposizione di leggi. Non si sente un salvatore della patria, e tiene a precisarlo quando dice che il suo approccio è umile, è quello cioè di chi inizia a vedere dall’interno cose che viste dall’esterno possono apparire deformate. Non si scopre, neppure quando le domande sono dirette. Perciò ogni qualvolta gli chiedono se i suoi ministri saranno tecnici o politici, risponde che il tratto decisivo è la competenza. Poi si dispone a prendere appunti, per accogliere proposte e suggerimenti. Un modo per conoscere e farsi conoscere, in attesa del secondo giro decisivo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – La trattativa che scuote le certezze
Tema: Governo tecnico o politico

Le consultazioni stanno scivolando via in un alone di rispetto e di cordialità che sembra abbattere veti e posizioni di rendita. Perfino la delegazione di Fratelli d’Italia, l’unica finora a essersi schierata contro il governo di Mario Draghi, ha usato con Giorgia Meloni parole da opposizione costituzionale. Ma la marcia di avvicinamento dell’ex presidente della Banca centrale europea a Palazzo Chigi non è così piana come i toni felpati del candidato premier e i commenti dei partiti lascerebbero presumere. Il negoziato è duro. Nelle pieghe delle dichiarazioni dei leader si intravedono tormenti e riserve mentali che richiedono grandi doti di mediazione. Il passaggio da risse tribali a una sorta di unità nazionale in nome dell’emergenza sanitaria, e delle altre che si porta dietro, non è indolore. Le divisioni tra i partiti e al loro interno non sono scomparse dopo la crisi del governo di Giuseppe Conte. Ma debbono cedere II passo a un imperativo di tregua. Lo impongono sia II fallimento della coalizione uscente; sia la consapevolezza che paletti e bandierine identitarie sono sradicati e ammainate dalla richiesta del capo dello Stato, Sergio Mattarella, di un esecutivo senza pregiudiziali.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Folli Stefano 
Titolo: La ricerca della discontinuità – Draghi, la ricerca della discontinuità
Tema: Governo tecnico o politico

Per capire come procede il cammino di Mario Draghi bisogna tornare all’inizio, alle parole pronunciate da un Mattarella scuro in volto la sera di martedì: il mandato è volto a realizzare «un governo di alto profilo non riconducibile ad alcuna formula politica». L’espressione è abbastanza limpida, descrive uno stato d’emergenza in cui I giochi politici si sono risolti in un sostanziale fallimento e le strade tradizionali sono ostruite. Volendo interpretare lo stato d’animo del presidente della Repubblica, si può immaginare che non sia stato contento di aver atteso invano l’arrivo della pattuglia dei «volenterosi» promessa da Conte a puntello del proprio governo. «Non riconducibile ad alcuna formula politica»… Dunque non una riedizione del Conte-2 con un diverso presidente del Consiglio, come è ovvio, bensì un “governo del presidente” che nasce per necessità al di là dei veti e delle reciproche interdizioni tra partiti che si sono rivelati incapaci di ovviare alla decadenza del Paese. La pandemia, I vaccini insufficienti, il rischio crescente di collasso economico e sociale: l’arrivo di Draghi, in qualche misura atteso ma annunciato quasi senza preavviso dal Quirinale, testimonia l’urgenza della situazione. Tuttavia non si tratta di commissariare né tanto meno mortificare la politica.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Longo Morya 
Titolo: Effetto Draghi sullo spread: 1 miliardo di risparmi potenziali
Tema: Mercati, Piazza Affari brilla

Quanto vale la credibilità di un Premier? Guardando il movimento dei mercati finanziari di questi ultimi giorni, si direbbe tanto: da quando Mario Draghi ha ricevuto l’incarico di formare il Governo, la Borsa di Milano ha guadagnato il 4,6% contro l’1,7% medio europeo e lo spread tra BTp e Bund è sceso da 114 punti base ai 94 toccati ieri mattina (poi ha chiuso a 98). In settimana Piazza Affari è stata la migliore d’Europa, grazie anche al +0,8% di ieri, e lo spread è tomato sui livelli dei 2015. Calcola l’Osservatorio sui Conti pubblici per l’Ansa che il calo dei tassi dei BTp (dal picco toccato durante la crisi del Governo Conte) si traduce in un potenziale e teorico risparmio quest’anno per le casse dello Stato di circa 1 miliardo. E se lo spread BTp-Bund scendesse ancora, anivando a 80 punti come prevedono alcuni o addirittura intorno a 60 agganciando la Spagna come stimano altri, íl risparmio sarebbe ancora maggiore: ogni 50 punti base in meno – calcola Pictet – valgono infatti ogni anno ulten on risparmi per circa 1,5 miliardi. Questi sono calcoli teorici (basati sull’ipotesi che i tassi restino fermi tutto l’anno), ma rendono l’idea di quanto valga la credibilità di un Governo. È ovvio che il calo dei tassi dei BTp sia dovuto per ora solo alla scommessa dei mercati su cosa possa fare Draghi in futuro: anche l’ex presidente Bce dovrà dimostrare coi fattidiessere all’altezza delle aspettative. Ma l’apertura di credito rappresenta un aiuto non indifferente per l’Italia: è vero che non devono essere gli investitori a scegliere i Governi, ma è anche vero che un Paese come l’Italia con i mercati deve farei conti. I motivi di tanta grazia, sebbene non ci sia ancora la certezza il Governo nasca davvero, sono vari. «Il mercato premia solitamente la stabilità e la qualità di un Governo – osserva Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Am -. In questo caso non sappiamo se l’Esecutivo di Draghi avrà stabilità, ma questa volta il mercato riconosce un premio speciale alla qualità».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sabella Marco 
Titolo: Lo spread scende a 93. Verso un miliardo di risparmi
Tema: Mercati, Piazza Affari brilla
A giudizio di Filippo Diodovich, senior market strategist della casa d’investimenti IG Italia, la credibilità di un governo con Draghi, «diminuirebbe il rischio Paese per l’Italia, con uno spread in forte calo nelle prossime settimane sui livelli di Spagna e Portogallo (ieri i Bonos spagnoli registravano uno spread di 58 punti rispetto al Bund, ndr)». «Vuol dire — continua Diodovich — che il differenziale con il Bund tedesco potrebbe scendere fra 50 e 60 punti portando il rendimento dei Btp poco sopra lo 0,1%». In questo caso il risparmio da un miliardo potrebbe salire a un miliardo e mezzo. Un dividendo finanziario ma anche politico, considerando che l’Italia potrebbe a questo punto fare a meno del Mes (con interessi allo 0,15%) togliendo dal campo un ostacolo piuttosto ostico per il nuovo governo. La decisione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di affidare a Mario Draghi l’incarico di formare un governo «di alto profilo» peraltro ha messo le ali anche a Piazza Affari. Ecco dunque che il Ftse Mib, il principale indice del listino milanese ieri, ieri ha chiuso in rialzo dello 0,8%, dopo aver messo a segno in una settimana un balzo del 79, migliore performance tra le principali Borse europee. In cinque giorni la rapitali7zazione di Piazza Affari è passata da circa 600 miliardi ai 645 miliardi di ieri.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio – Tucci Claudio 
Titolo: Assunzioni in calo del 23% con l’emergenza: 893mila ingressi previsti tra gennaio e marzo
Tema: Lavoro

A causa delle restrizioni legate all’emergenza Covid le imprese hanno rivisto al ribasso i programmi di assunzioni nei primi tre mesi del 2021: i quasi 893mila ingressi previsti tra gennaio e marzo, infatti, corrispondono ad una flessione del 23% sul primo trimestre 2020. Segnali in controtendenza, però, si intravedono, e arrivano da due settori: costruzioni (le 117.560 assunzioni previste nel trimestre gennaiomarzo corrispondono ad un + 13,3% sullo stesso periodo dello scorso anno) e per i servizi informatici e delle telecomunicazioni (41.330 inserimenti ipotizzati, pari a +4%) mentre resta stabile la propensione ad assumere nell’industria del legno e del mobile (umila posizioni, come nel primo trimestre 2020), e nei servizi avanzati di supporto alle imprese (59.570 pari a -0,3%). Il recupero maggiore è atteso al Nord Ovest, in primis Lombardia e Piemonte. È il quadro che emerge dalla lettura del bollettino del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, basato sulle interviste realizzate ad un campione di 108 mila imprese iscritte al registro delle Camere di commercio che evidenzia come, mediamente, il 34% dei profili ricercati dai datori di lavoro sia difficile da reperire sul mercato del lavoro. Un numero che rimane sostanzialmente stabile, su livelli elevati, nonostante la crisi e la contrazione delle assunzioni. Quali sono i profili più richiesti? Tecnici, specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali – figure che hanno supportato l’accelerazione della trasformazione digitale indotta dalla pandemia – ma anche operai specializzati. «Le imprese puntano su profili con elevate competenze per i quali, già prima dell’emergenza Covid si registrava un maggiore mismatch fra domanda e offerta che ora si acuisce portando a livelli ancora più elevati la difficoltà di reperimento», spiegano da Unioncamere.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: La partita di Draghi per il lavoro Meno sussidi e più politiche attive
Tema: Lavoro

Aiuti selettivi a lavoratori e imprese, con la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti ma non per tutti. Un reddito di cittadinanza “europeo” che sia solo sostegno ai poveri veri, non assistenza indiscriminata. Riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive per riqualificare in tempi brevi quanti hanno perso o perderanno il posto. E soprattutto «un massiccio investimento di intelligenza e risorse finanziarie» per i giovani, non più procrastinabile. L’agenda del lavoro del premier – per ora solo “incaricato” – Mario Draghi è già fittissima. Ma già se ne intuiscono le prime ricette. Lunedì Draghi dovrebbe incontrare le parti sociali – imprese e sindacati – al termine del primo giro di consultazioni con le forze parlamentari. Un segnale di estrema importanza, vista la drammaticità del momento. Tra le prime sfide da affrontare, c’è senz’altro il quinto decreto Ristori: 32 miliardi di scostamento (nuovo deficit) autorizzati dal Parlamento; ma rimasti appesi alla crisi del governo Conte bis. Si prevedevano indennizzi alle attività produttive chiuse o ridimensionate dalla pandemia nel 2020. Un’ulteriore stagione di Cig Covid, la cassa integrazione gratis per tutte le aziende. Nuovi fondi al Reddito di cittadinanza, perché la povertà cresce e quest’anno potrebbe trascinare nel bisogno altre 5,5 milioni di persone. Ma soprattutto si attendeva una decisione sul 31 marzo, allorquando scadrà il divieto al licenziamento che ormai dura dal 23 febbraio dello scorso anno. I sindacati vogliono una proroga di entrambi e per tutti: Cig e blocco fino a giugno o anche a dicembre. Le imprese chiedono di poter ristrutturare e tornare a licenziare, laddove non ci sono alternative. La soluzione potrebbe stare nel mezzo: chi usa la Cig non può licenziare e può chiederla (gratis) chi si trova in settori messi in ginocchio dalla crisi. Un décalage ragionato degli aiuti, insomma. D’altro canto Draghi era stato molto chiaro nel suo ultimo intervento pubblico al Meeting di Rimini, lo scorso 18 agosto: «I sussidi sono una prima forma di vicinanza, servono a sopravvivere, a ripartire. Ma finiranno e ai giovani bisogna dare di più». Intervenire dunque con «flessibilità e pragmatismo» per ricostruire e «disperdere l’incertezza».
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Testata:  Stampa 
Autore:  S. RIC. 
Titolo: Tasse, la stangata è sul ceto medio l’evasione sfonda quota 32 miliardi
Tema: Evasione Fiscale, audizione Corte dei Conti

Una tassazione sul ceto medio a livelli che contraddice i principi della Costituzione. Ne è convinto il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino che, intervenuto in commissione Finanze alla Camera, definisce «poco lungimirante affrontare la riforma dell’Irpef senza porsi come obiettivo strategico la lotta all’evasione». Carlino ha toccato i nervi sensibili della politica non appena ha parlato di patrimoniale, bocciata dal centrodestra e ritenuta da Matteo Orfini (Pd) «è una strada da percorrere». In realtà la Corte dei Conti ha solo illustrato vari modelli per rendere più equa e meno elusibile l’imposta sui patrimoni. Per i giudici contabili «senza un risoluto intervento finalizzato a contenere il livello di evasione sulle attività d’impresa e di lavoro autonomo, appare velleitario e destinato all’insuccesso un intervento riformatore circoscritto alla sola struttura dell’Irpef». Per la Corte dei Conti sarebbe poi “auspicabile un intervento sul quadro piuttosto frammentato della tassazione sui patrimoni» e questo «anche se non si volesse affidare al prelievo patrimoniale ulteriori finalità redistributive o di reperimento di risorse». L’intervento sulla tassazione dei patrimoni sarebbe, per i giudici contabili, tanto più necessaria in quanto «un stato recentemente invocato sia come metodo per contrastare la disuguaglianza sia in relazione alla copertura dei costi della pandemia» . Nell’esame delle criticità del sistema fiscale italiano, il presidente Carlino ha individuato nei redditi compresi tra 28 e 55 mila euro quelli «eccessivamente gravati dall’Irpef» e sui quali il legislatore dovrebbe ridurre l’onere fiscale. Tornando alla lotta all’evasione, la Corte dei Conti ha sottolineato che la propensione all’evasione e all’elusione (tax gap) «in ambito Irpef è stata, nel 2018, pari al 67,6% per i redditi da lavoro autonomo e di impresa (32,7 miliardi euro) mentre per i redditi da lavoro dipendente è stata al 2,8% (4,4 miliardi)».
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Testata:  Libero Quotidiano 
Autore:  Castro Antonio 
Titolo: Intervista a Giuseppe Vegas – «Irpef al 15% uguale per tutti poi più prelievi sui consumi»
Tema: Audizione ex Presidente Consob

Passare dalla “spremitura” delle persone alla tassazione sulle cose. L’idea di riformare l’imposizione fiscale in Italia, più volte ventilato, si è sempre arenata sulla sostenibilità economica e finanziaria di qualsiasi ipotesi di cambiamento. Tra le riforme che da tempo ristagnano sulle scrivanie più importanti di Palazzo Chigi e via XX Settembre c’è sicuramente quella fiscale. Giusto ieri – mentre il presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, incontrava le delegazioni parlamentari per tentare di mettere in piedi numeri e programma del “governo del Presidente” – alle commissione congiunte Finanze di Camera e Senato si svolgeva l’audizione parlamentare per approfondire proprio l’indispensabile riforma dell’Irpef. E a spiegare come tenere in piedi un cambiamento epocale ha fatto capolino Giuseppe Vegas, professore della facoltà di Economia dell’Università Cattolica Sacro Cuore, un tecnico di rango (da viceministro dell’Economia a presidente della Consob), esperto di bilancio pubblico e finanza dello Stato che ha navigato tra leggi finanziarie e riforme varie per una manciata di legislature. Vegas – in un documento di poco più di venti pagine – ha spiegato ai parlamentari come passare da un sistema fiscale messo in piedi negli anni Settanta, basato sul prelievo progressivo sul lavoro dipendente, a una tassazione più adatta ai tempi d’oggi. Dove il lavoro dipendente è (e sempre più sarà) una chimera, dove il reddito cambia e dove la famosa “classe media” non può continuare ad essere spremuta come un limone per poter fare cassa e tappare le falle di una macchina statale da rinnovare. «Perché, spiega Vegas, «cambiano i tempi. Cambia il mondo del lavoro. La globalizzazione ha innescato una mutazione con cui non si può non fare i conti, anche rispetto ad un sistema fiscale oggi inadeguato».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Il Recovery al bivio una nuova task force o il super-mini stero
Tema: Recovery

Dopo quello di primo ministro è certamente l’incarico più importante all’interno del nuovo governo. E non è detto che alla fine dei giochi non finiscano per sovrapporsi. La responsabilità di gestire un Recovery plan da 200 e passa miliardi di euro, e prima ancora di riscriverlo e aggiustarlo, magari spostando di più il peso sugli investimenti a scapito di sussidi e «debito cattivo», è la più strategica. Ed è il primo tassello che dovrà andare a posto. Quella della governance del Recovery plan è però anche la pagina che Conte & C. hanno lasciato in bianco dopo che (a partire da Renzi) nei mesi scorsi era stata bocciata la struttura a piramide (la troika guidata dallo stesso premier con Gualteri e Patuanelli ed Amendola a tenere i contatti con la Ue, con sei manager responsabili delle sei missioni e sotto i 300 tecnici della task force) immaginata in un primo momento, vera e propria scintilla che poi ha innescato la crisi di governo. Struttura di missione a palazzo Chigi o al Mef, un ministero creato apposta oppure la delega assegnata ad un nuovo sottosegretario alla presidenza? Negli ultimi mesi sono state esplorate tutte le soluzioni senza però concludere nulla. Nel momento in cui si andrà a stringere sulla nuova squadra, Mario Draghi dovrà scegliere la formula da adottare, e si troverà di fronte ad un bivio. In base alle linee guida stilate dalla Commissione europea ci sono infatti solo due possibilità di scelta: o la responsabilità viene assegnata ad un ministero oppure si crea una nuova authority, nel nostro caso una struttura di missione. Secondo la Commissione, infatti, per «garantire un’attuazione efficace» dei programmi nazionali, è necessario «stabilire responsabilità chiare individuando una figura di coordinamento (ministero/autorità guida) a cui attribuire la responsabilità generale dei piani di recupero e resilienza e che fungerà anche da punto di contatto unico per la Commissione».
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Testata:  Messaggero 
Titolo: Formazione e ricerca, fondi extra – Più soldi a scuola e ricerca così cambierà il Recovery
Tema: Recovery

Il piano di ripresa e resilienza, ha spiegato Draghi alle delegazioni dei partiti, dovrà avere più investimenti e meno bonus. L’obiettivo centrale sarà portare al massimo dei giri il motore italiano della crescita. I 209 miliardi, insomma, dovranno andare in quella che il presidente incaricato del consiglio ha definito «spesa buona», per contrapporla alla «spesa cattiva», quella corrente che non serve a costruire il futuro e nemmeno a garantire gli investitori sulla sostenibilità del debito pubblico. Ma qual è questa spesa “buona” che ha in testa Draghi? Innanzitutto quella per il «capitale umano». Uno degli obiettivi strategici del suo gabinetto, sarà quello di aumentare i lavoratori a produttività medio-alta. Sono i più formati, i più qualificati, quelli più ricercati dalle aziende e che hanno redditi migliori. Si tratta di investimenti a lunghissimo termine perché partono dalla scuola. Istruzione e giovani, insomma, sono i due principali investimenti produttivi da compiere. Serviranno risorse per ridurre l’abbandono scolastico, per aumentare il numero dei laureati, soprattutto di quelli che scelgono materie scientifiche. Molto si dovrà investire anche in ricerca, e rafforzare le connessioni tra le Università ë il mondo delle imprese. Il mercato del lavoro andrà riformato per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta. Del resto che l’investimento in istruzione fosse quello con i moltiplicatori più alti, cioè in gradi di restituire con gli interessi i soldi investiti, era chiaro anche al governo Conte. Nelle tabelle del Recovery si riconosceva che un euro speso in istruzione ne avrebbe restituiti ben 2,2 nel lungo periodo. Meglio persino di programmi come Transizione 4.0 per le imprese.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Visco Vincenzo 
Titolo: Il culto del diritto amministrativo frena la ricostruzione della Pa
Tema: P.A.

Le difficoltà di funzionamento della Pa italiana sono evidenti e certificate dal fatto che ogni volta che si desidera accelerare adern pimenti per poter ottenere risultati concreti è necessario ricorrere a procedure straordinarie, eccezionali, basate sull’accentramento di funzioni e poteri. Questo è stato il caso dell’Expo di Milano, del ponte Morandi a Genova, degli acquisti di emergenza durante la pandemia Covid… Attualmente la questione si ripropone perla gestione dei fondi del Next Generation Eu. In altri termini, la nostra Pa viene considerata, e in realtà risulta, inadeguata a svolgere la sua funzione istituzionale. La ragione di tutto ciò va ricercata altrove, nell’assetto istituzionale che è alla base del sistema. Si tratta di un insieme organico e ipertrofico di norme, regolamenti, procedure, che sovraintendono al funzionamento delle pubbliche amministrazioni, norme primarie e secondarie, per lo più analitiche e di dettaglio piuttosto che di principio. È questa l’origine di fondo della paralisi operativa delle nostre amministrazioni: l’impossibilità di agire in autonomia, senza controlli preventivi, mschi diricorsi amminist rativi, interventi dei giudici amministrativi o contabili. Naturalmente ciò non vuol dire negare l’esigenza di una normativa specifica che regoli i rapporti tra lo Stato e i cittadini. Il problema è come farlo rispettando la natura diversa delle varie attività che vengono svolte in modo ragionevole e razionale. I cultori del Diritto amniinistrativo tendono avedere la Pa come un settore unitario, da regolare in modo uniforme e organico, applicando le stesse norme e procedure a tutte le situazioni concrete. Al contrario, dal punto di vista della teoria economica, la distinzione tra attività dei governi e attività dei privati, tra Stato e mercato, risiede nella diversa natura dei beni prodotti: per i beni privati esiste il mercato ed esistono prezzi che esprimono le preferenze effettive dei consumatori, e quindi valgono le leggi della domanda e dell’offerta; per i beni pubblici (ordine pubblico, giustizia, difesa nazionale…) il mercato, invece, non esiste, fallisce, e lo stesso accade per i beni che producono rilevanti esternalità positive (istruzione, sanità, assistenza…) e quindi si giustifica e si comprende una regolamentazione specifica per la loro produzione e fornitura con procedure trasparenti agaranzia dell’interesse collettivo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Dragoni Gianni 
Titolo: Alitalia, 200 milioni per sopravvivere Un hedge per Air Italy
Tema: Alitalia

Il commissario di Alitalia Giuseppe Leogrande attende che si formi il governo per chiedere altri 200 milioni di euro per tenere in volo la compagnia in attesa della cessione che continua a slittare. La direzione generale Concorrenzadell’Ue ha confermato che ci dovrà essere un nuovo bando di gara per la vendita, «aperto, trasparente, non discriminatorio». Si riaccendono intanto i riflettori su Air Italy, la compagnia di Olbia spenta da un anno. È affiorata una manifestazione d’interesse comma lettera inviata ai liquidatori da un hedge fund di Londra guidato da italiani, Abraxas Capital Management. La lettera è firmata dall’amministratore Ludovico Filotto. Abraxas è stato fondato nel 2002 da Fabio Frontini. La Ue vuole vedere il bando su Alitalia prima che venga pubblicato, perché sia conforme ai paletti fissati nella pesante lettera inviata l’8 gennaio al governo. La sostanza dei rilievi Ue è che Alitalia non può vendere in blocco tutte le attività e che non può esserci una trattativa diretta con Ita, la Newco pubblica Ita dovrà mettersi in competizione con altri pretendenti, che potrebbero spaziare da Lufthansa a German Efromovich. La Ue inoltre ha chiesto che handling e manutenzione siano ceduti a soggetti diversi da Ita. Leogrande intende chiedere al nuovo governo e al Mise di ottenere «una nuova tranche» di finanziamenti per pagare gli stipendi e le altre spese peri 4-5 mesi necessari a completare la gara. Alitalia brucia cassa per circa 50 milioni al mese. La novità sconvolge anche i piani di Ita, probabilmente la società dovrà rifare il piano industriale che prevede il decollo ad aprile con 52 aerei e almeno 5.200 dipendenti.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Mosca: via tre diplomatici «Fanno il tifo per Navalny»
Tema: Ue-Putin

È una crisi diplomatica e politica in piena regola, la più grave dall’annessione della Crimea nel 2014, quella innescata dal caso di Alexeij Navalny tra la Russia e l’Unione europea. Mosca ha espulso ieri tre diplomatici di Germania, Svezia e Polonia, con l’accusa di aver partecipato alle dimostrazioni in favore della liberazione del dissidente, condannato martedì scorso a 2 anni e 8 mesi di carcere. Una decisione tanto più clamorosa e sprezzante, in quanto annunciata nelle ore in cui Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, era nella capitale russa per chiedere il rilascio di Navalny. Incontrando il ministro degli Esteri Sergeij Lavrov, Borrell aveva espresso le preoccupazioni europee per la sorte dell’oppositore e rinnovato la richiesta di una indagine sul suo avvelenamento, avvenuto la scorsa estate in Siberia e all’evidenza orchestrato dai servizi russi. Domande platealmente ignorate dal capo della diplomazia del Cremlino, che in conferenza stampa ha invece accusato la Ue di «abusare dei diritti umani» e di essere «un partner inaffidabile». Immediate le reazioni delle cancellerie europee. Angela Merkel ha definito l’espulsione «del tutto ingiustificata e un’altra violazione dello Stato di diritto in Russia». L’ambasciatore russo a Berlino è stato convocato all’Auswärtigesamt, per la notifica di una nota di protesta. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, dopo una videoconferenza con la cancelliera, ha condannato «con forza» l’espulsione, esprimendo piena solidarietà a Berlino, Stoccolma e Varsavia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Agliastro Giuseppe 
Titolo: Mosca espelle tre diplomatici Ue Borrell: “Liberate Navalny”
Tema: Ue-Putin

I rapporti tra Mosca e Bruxelles si fanno sempre più complicati. Nel giorno del vertice moscovita tra l’Alto Rappresentante Ue Josep Borrell e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, la Russia ha espulso tre diplomatici di Germania, Polonia e Svezia accusandoli di aver partecipato alle proteste contro la detenzione dell’avversario numero uno di Purin, Alexey Navalny. Le stesse che la polizia russa ha soffocato a manganellate e con migliaia di arresti. Uno schiaffo politico in piena regola visto che poche ore prima Borrell aveva esortato la Russia a scarcerare Navalny e a indagare sul suo avvelenamento. Il capo della diplomazia europea aveva sottolineato che i rapporti tra Russia e Ue sono «sotto tensione» per il caso Navalny, che rappresenta per essi «un punto critico» e potrebbe condurre a nuove sanzioni contro il Cremlino. Ma Lavrov gli aveva risposto a muso duro dichiarando che Mosca ritiene l’Ue «un partner inaffidabile». Dopo l’incontro tra Borrell e Lavrov, le relazioni tra Mosca e Bruxelles non appaiono insomma di certo migliorate e la decisione russa di cacciare tre diplomatici Ue ha suscitato la dura reazione di molti governi occidentali, da Roma a Londra, da Stoccolma a Varsavia. «Condanno quello che è successo, dall’avvelenamento di Navalny fino all’espulsione dei diplomatici», ha detto Macron in una conferenza congiunta con Angela Merkel, che ha a sua volta definito «ingiustificata» la mossa del Cremlino. Berlino ha anche convocato l’ambasciatore russo per rimarcare la sua posizione sul caso Navalny, ma al momento non pare voler sacrificare il gasdotto Nord Stream-2. «E chiaro che sia un progetto controverso, e che se ne debba discutere in Europa», ma «si possono trovare delle soluzioni comuni», ha dichiarato Merkel.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ginori Anais – Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Merkel non cede sul gasdotto e convince anche Macron “Tutelare la nostra autonomia”
Tema: Ue-Putin

La notizia dei tre diplomatici europei espulsi dalla Russia irrompe nel mezzo del Consiglio franco-tedesco sulla difesa e suscita le reazioni dure di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Ma infrange appena il muro della Germania sul contestatissimo gasdotto che coinvolge Berlino e Mosca, Nord Stream 2. «E’ chiaro che è un progetto controverso, e che se ne debba discutere in Europa», ammette la cancelliera al termine della riunione, ribadendo allo stesso tempo di voler portare a termine la pipeline già completata al 90%. «Almeno», ha scandito in conferenza stampa, «per ora». Dopo essersi prestato a fare da spalla alla nuova amministrazione Biden nel pressing sulla Germania per abbandonare il progetto, Macron si è ricompattato ieri con la Cancelliera. «Ho posto la questione dall’inizio, ci siamo accordati e adesso sono assolutamente solidale», ha spiegato il leader francese che insiste sull’obiettivo comune di difendere la «sovranità energetica dell’Europa» nel lungo periodo. La Francia che può contare sul nucleare, non è nella stessa situazione della Germania che ha abbandonato l’atomo e vuole chiudere le centrali a carbone. Nel consorzio del gasdotto tra Berlino e Mosca è tra l’altro presente il gruppo francese Engie. Al termine della riunione a distanza tra Parigi e Berlino, finalmente Merkel concede anche ai suoi critici la possibilità che «si possano trovare delle soluzioni comuni» sul gasdotto ormai quasi finito. Anzitutto discutendo in Ue un nuovo giro di sanzioni contro la Russia, «specialmente contro individui», quelle che fanno tradizionalmente più male ai regimi dittatoriali. Tuttavia la Cancelliera ha continuato anche ieri a insistere sulla necessità di tenere separato il dossier Navalnyj dal destino del gasdotto russo-tedesco. In secondo luogo, la Germania sta riflettendo su soluzioni che possano rendere meno indigesto Nor Stream 2. Una è stata esplicitata indirettamente dal nuovo leader della Cdu, Armin Laschet, che ha sottolineato come occorra «garantire gli interes si geopolitici dell’Ucraina».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Serafini Marta 
Titolo: Come Zaki: arrestato al Cairo lo studente di un master
Tema: Studente arrestato al Cairo

Rientrava in Egitto per le vacanze invernali. E frequentava un master in Austria. Fa tornare alla mente la vicenda di Patrick Zaki, l’arresto di Ahmed Samir Abdelhay Ali, studente della Central european university di Vienna, finito in cella il primo febbraio. L’allarme per la detenzione senza accuse del giovane è stato lanciato ieri dal suo ateneo fondato dal miliardario George Soros che ha sede sia a Budapest che a Vienna. Nel chiederne «il rilascio immediato e un suo ritorno in sicurezza alla sua famiglia e ai suoi studi», Ignatieff, rettore e presidente dell’Università, ha riferito che Ahmed è stato subito interrogato all’arrivo all’aeroporto internazionale di Sharm El Sheikh, dove doveva trascorrere le vacanze. Poi però gli è stato consentito di ripartire per stare con la propria famiglia al Cairo. Poi Samir cinque giorni fa si è presentato volontariamente a un commissariato di polizia come richiesto dalle autorità ma è stato arrestato. «Un nuovo raso Zaki», l’ha definito Laura BoldrIni, deputata del Pd ed ex presidente della Camera. «Sembra di essere davanti a una prassi che prende di mira gli studenti egiziani all’estero», ha sottolineato Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia durante l’incontro «Patrick Zaki: un anno dall’arresto» in diretta Facebook sulla pagina del Corriere. La notizia arriva proprio mentre è quasi trascorso un anno dall’arresto di Patrick Zaki, studente dell’Università di Bologna arrestato al suo rientro in Egitto per le ferie invernali e che si trova attualmente rinchiuso nel carcere di Tora in regime di detenzione preventiva. A Zaki martedì è stata rinnovata la detenzione preventiva di altri 45 giorni.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: La famiglia di Zaki “L’Italia lo adotti” Nuovo caso al Cairo
Tema: Studente arrestato al Cairo

La famiglia di Patrick Zaki lancia un appello a sostegno della raccolta firme per la concessione della cittadinanza italiana allo studente dell’Università di Bologna detenuto da un anno al Cairo, così da conferire al governo di Roma maggiore forza negoziale con l’Egitto. Il tutto nel giorno in cui giunge la notizia dell’arresto di un altro giovane egiziano iscritto in una altro istituto europeo. Episodio che aggrava i timori su talune pratiche utilizzate dalla sicurezza del Paese così come accaduto perla barbara uccisione di Giulio Regeni. «La raccolta di firme online è un’ottima iniziativa, spero non resti solo una petizione», afferma Manse, sorella di Zaki. Alla raccolta firme va il massimo appoggio dei parenti quindi, come per qualsiasi iniziativa per la libertà di Patrick: «Se un giorno dovesse accadere, ringrazieremo tutti». L’appello è rivolto in prima istanza al nuovo governo che sta nascendo sotto la guida di Mario Draghi. Fonti del Viminale spiegano che esiste tecnicamente la cittadinanza per meriti speciali e questa deve essere proposta dall’interessato, da un familiare o da una associazione (come Amnesty International). La proposta per ora non è giunta al ministero degli Interni, ma nel caso sarà istruita la procedura (dalla direzione libertà civili) a cui dovrà far seguito la delibera del Consiglio dei ministri e la firma del presidenza della Repubblica. «La richiesta della cittadinanza italiana per Zaki ha un valore simbolico ma anche politico e darebbe all’Italia maggiore forza negoziale durante il processo che si annuncia non breve.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Poggetti Lucrezia 
Titolo: Cina, affari e democrazia
Tema: Cina-Ue

Il 2021 si è aperto con una domanda fondamentale per l’Ue e i suoi Stati membri, ben posta dall’economista della Kennedy School di Harvard, DanI Rodrik, su Project Syndicate: possono le democrazie rimanere fedeli ai loro valori nell’intrattenere relazioni commerciali con la Cina? A far discutere è l’accordo di principio sugli Investimenti siglato da Bruxelles e Pechino a dicembre. Il Comprehensive Agreement on Investment ICai) dovrà superare il vaglio del Parlamento europeo, che ha già espresso riserve sul trattato. I dubbi degli europarlamentari sorgono anche a fronte delle rivelazioni sul lavoro forzato degli uiguri – minoranza etnica sottoposta a campagne di repressione nella regione autonoma dello Xinjiang in Cina – nelle catene di produzione mondiali. Questa settimana dure critiche sono arrivate anche dall’ex presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, il quale ha definito l’accordo come troppo debole sul piano degli standard in materia di lavoro. Farsi che Pechino ponga fine alle sue pratiche di violazione dei diritti umani attraverso clausole negli accordi commerciali dell’Ue – come quella del Cai che spinge il governo cinese a “compiere sforzi continui e sostenuti” per ratificare le Convenzioni sul lavoro forzato dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro – è un obiettivo irrealistico. Tuttavia, questo non esonera le democrazie dalla responsabilità di assicurarsi di non essere complici negli abusi in Cina.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Micalessin Gian 
Titolo: Libia, Cina e Russia: quei dossier esteri da riaprire
Tema: Libia-Cina-Russia

Draghi dovrà individuare un ministro degli Esteri capace di restituirci credibilità e autorevolezza operando sui binari consolidati dell’Alleanza atlantica. Il che non significa sudditanza all’America di Joe Biden, ma capacità di ritagliarci un ruolo nelle zone grigie dove gli Usa necessitano di alleati affidabili. La Libia, con i suoi aggregati del Mediterraneo e dell’Africa Settentrionale, è una di queste. Su quella sponda, uscito di scena Marco Minniti, ci siamo trasformati da potenza di riferimento in ospite pagante pronto a venir messo alla porta dalla Turchia di Erdogan. Ma Ankara, protagonista di opache intese con Mosca, è un alleato troppo infido per un’America preoccupata di ritrovarsi una base navale russa in quel di Sirte. Le ambiguità turche possono dunque diventare opportunità se sapremo riavviare quei rapporti libici di cui anche l’americano più scaltro stenta a comprendere logiche e misteri. Ma per riconquistarci un ruolo a Tripoli dobbiamo tornare a contare nel Mediterraneo, ridimensionando le manovre navali ed energetiche di una Turchia che preoccupa Washington anche per le minacciose mosse sul fronte di Cipro e Grecia. Senza dimenticare che l’Italia si ritrova alla confluenza di una rotta dei Balcani e del Mediterraneo Centrale, su cui si muove gran parte del traffico migratorio diretto in Europa. Quelle due rotte, oltre a costringere l’Italia ad un’insopportabile onere dell’accoglienza, rappresentano (lo dimostrano gli attentati di Nizza e Vienna dello scorso autunno) una doppia via di penetrazione per un terrorismo pronto a rialzare la testa nel dopo-pandemia. Per questo l’Italia deve proporre politiche di contenimento del fenomeno migratorio affiancate da politiche di sicurezza per la prevenzione del terrorismo. Ancor più importante sarà ribadire il nostro ruolo e la nostra funzione di terzo contribuente europeo.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  Grossi Alessia 
Titolo: Vince il clan di Misurata: Dbeibah nuovo premier
Tema: Libia

Un potente imprenditore di Misurata e l’ex ambasciatore in Grecia. Abdul Hamid Dbeibah e Mohammad Menfi sono stati eletti rispettivamente premier della Libi a e capo del Consiglio presidenziale fino alle elezioni del 24 dicembre. A votare “la lista numero tre” sono stati i grandi elettori ri uniti a Ginevra al Forum di dialogo libico sotto gli auspici della Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), con 39 preferenze, sconfiggendo al secondo turno la lista di Aquila Saleh e Fatih Bashagha, data per vincente. Dbeibah, ingegnere, 62 anni, che ha ricevuto il sostegno delle tribùdellaThpolitania,contrarie all’elezioni di Saleh, è amministratore delegato di Libyan investment and development company. Presidente e fondatore della corrente “Libia del futuro”, il neo premier ha ottenuto un master in ingegneria all’Università di Toronto, pur negando di avere il passaporto canadese. Secondo i media della Cirenaica, Dbeibah godrebbedell’appoggiodellaTurchiae di lui si sa che ha lavorato con uno dei figli di Gheddafi, Saif al Islam, nel 2007, proprio dopo il master in Canada. “E solo questo il mio legame con l’ex regime”, hafatto sapere Dbeibah in un’intervista del 2018 in cui si presentava come “alternativa” al premier Fayez al Sarraj e al generale Khalifa Haftar. Controverso e al centro di polemiche dopo che su Twitter l’esperto di Libia Mohamed Eljar aveva denunciato che Ali Ibrahim Dbeibeh avesse offerto 200 mila dollari adue delegati del Foro del dialogo di Tunisi a novembre scorso in cambio di voti in suo favore, lui stesso si era definito contrario a questa procedura di elezione, “gestita da persone che non conoscono la realtà libica”.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Intervista a Massimo Scaccabarozzi – “L’Ue deve avere pazienza senza bioreattori impossibile produrre i vaccini in casa”
Tema: Bioreattori

L’industria farmaceutica italiana sarebbe tanto felice di garantire agli italiani una produzione-monstre di vaccini anti-Covid. Ma non ha le spalle così larghe. E quindi c’è poco da fare demagogia sul tema. «Non è così facile come produrre una pasticca. I vaccini sono prodotti biologici. E non tutte le aziende farmaceutiche dispongono dei bioreattori indispensabili per la produzione di vaccini», spiega Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Janssen, farmaceutica del gruppo Johnson&Johnson, e presidente di Farmindustria, il comparto di Confindustria. Presidente Scaccabarozzi, ci faccia capire. Sarebbe bello allestire in corsa una linea produttiva di vaccini. «Assolutamente si. Ma in Italia, pur essendo il primo produttore farmaceutico europeo, ci sono pochi stabilimenti con un bioreattore. E soprattutto, quando si fosse trovato un bioreattore, quando questo fosse compatibile con quel tipo di vaccino, lo azioniamo… ci mettiamo dentro la sostanza per fare il vaccino… e a quel punto ci vogliono dai 4 ai 6 mesi. Il problema di non avere 56 milioni di dosi pronte dal primo giorno, come vorremmo tutti, è dovuto al fatto che l’industria farmaceutica ha battuto tutti i tempi con la ricerca, si sono trovati i vaccini velocemente, però ora bisogna avere il tempo di produrli. Chiedo di avere pazienza». Dicono tutti, dalla Commissione Ue ai governi, fino agli assessori regionali alla Sanità: riconvertiamo altre fabbriche. «Guardi, i produttori hanno la loro produzione, ma hanno fatto anche “scouting” in giro per il mondo per vedere se qualcun altro poteva aiutarli. È quel meccanismo che si chiama produzione in conto terzi».
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