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SINTESI IN PRIMO PIANO – 5 maggio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:
– Covid-19, i malati scendono sotto quota centomila
– L’Italia riparte senza caos
– Di Matteo accusa Bonafede «Suo il voltafaccia sul Dap»
– Auto, vendite crollate del 98%. Il governo pensa agli incentivi
– Imprese, crolla la produzione (-50%)
– Virus, l’Europa chiede un’indagine indipendente –

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bartoloni Marzio 
Titolo: Fase 2: caos su tamponi, test e app – Fase 2 in salita, il nodo tamponi Caos sull’uso dei test sierologici
Tema: la fase 2
Scende sotto quota 100 mila il numero dei malati per coronavirus, 199 in meno rispetto a domenica. Da ieri è iniziata ufficialmente la convivenza con il virus. Nella Fase due servirà la massima allerta perché c’è la quasi certezza che i contagi risaliranno, visto che tornano a muoversi milioni di italiani. L’effetto si vedrà tra una decina di giorni. Sarà quindi cruciale che i nuovi positivi e i loro contatti siano scovati rapidamente bloccando sul nascere eventuali focolai, con tanto di lockdown chirurgici se necessari. Ma l’Italia è attrezzata per tenere a bada il Covid? Sono quattro le armi messe in campo per sorvegliare il virus, ma alcune sono spuntate perché usate troppo poco o male – come i test sierologici o i tamponi a singhiozzo a seconda delle Regioni- altre invece proprio non ci sono, come la app per tracciare i positivi che si vedrà solo a fine maggio in piena Fase 2. Infine le cure a casa: solo 13 Regioni hanno attivato le Unità speciali (Usca) con circa 500 medici. Pochi per seguire gli oltre 80mila malati di Covid a casa e monitorare i possibili futuri casi.  Dalla Protezione civile sono stati distribuiti 3,637 milioni di tamponi alle Regioni che ne hanno fatti però 2,1 milioni (solo l’Asl può utilizzarli): quindi ci sono 1,5 milioni di tamponi nei magazzini. Nelle ultimissime settimane molte Regioni hanno aumentato la loro potenza di fuoco, ma non è stato sempre così come ricordano le tante denunce di ritardo nelle diagnosi, con differenze macroscopiche tra Regioni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Caccia Fabrizio 
Titolo: L’Italia riparte senza caos – Fase 2: un debutto ordinato Poche file, bimbi nei parchi
Tema: la fase 2

Il sollievo e la rabbia, le due facce del nuovo inizio. Perché il lockdown ieri è finito sì (sono tornati al lavoro 4,4 milioni di italiani) ma non per tutti. Così 350 stabilimenti balneari della Versilia hanno aperto per un’ora per protesta contro la mancata possibilità di ricominciare subito a lavorare. E a Voghera (Pavia) flash mob di una sessantina di parrucchieri ed estetisti, altre due categorie ancora bloccate dal Dpcm del governo. Battimani e slogan, poi, dal Ponte di Rialto in una Venezia senza più turisti: così hanno deciso di farsi sentire le partite Iva locali, lavoratori di alberghi, ristoranti e bar che chiedono anche loro di poter riaprire. Ma c’è pure chi passa al contrattacco e si ribella: «A Olbia, l’11 maggio apriranno i negozi e il 18 i pubblici esercizi, con tanto di servizio al tavolo e al banco», annuncia il sindaco gallurese Settimo Nizzi, tra i più critici verso la prudenza del premier, che ha colto al volo la delega attribuita ai sindaci sardi dal governatore Christian Solinas. Un 4 maggio davvero indimenticabile. «Oggi è un po’ liberi tutti», ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, mentre sul lago di Garda è ripartito anche il golf. «No, non è vero, la partita col virus non è chiusa», la cautela del presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, che ha augurato comunque un «buon rientro» ai tanti siciliani tornati già ieri sull’isola dal Nord. Ma mai quanti in Calabria: tra ieri e oggi ne torneranno oltre 1.400. Ora, però, li aspetta la quarantena. Anche per i rientri in Campania sono scattati controlli. Il rischio contagi è sempre in agguato. Una nota lieta, invece, è data dal fatto che con le scuole chiuse e il grosso degli uffici in smart working, non c’è stato il tanto temuto assalto a bus e metropolitane, a Roma come a Milano e a Bologna.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Distanze, turni rigidi e attrezzi sanificati: in palestra il 18 maggio
Tema: la fase 2
Nella richiesta di parere per il comitato tecnico scientifico sarà indicata anche la data: 18 maggio 2020. E il giorno in cui il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora vorrebbe far riaprire le palestre. Possibile che questa scadenza slitti di un’altra settimana per consentire ai gestori di adeguarsi alle regole severe contenute nel protocollo, ma l’obiettivo è ripartire entro la fine del mese. E nelle regioni dove l’indice di contagio avrà raggiunto la soglia minima, quel Ro pari a 0,2, anche parrucchieri e centri estetici potrebbero anticipare rispetto all’indicazione del i giugno data dal premier Conte al momento di presentare il decreto se i dati del monitoraggio saranno buoni. Ma dovranno farlo seguendo regole rigide visto che, secondo le tabelle stilate dall’Inail, si tratta di mestieri inseriti nella fascia di rischio «medio alta» e per questo si è deciso di metterli in fondo alla lista come bar e ristoranti. Il protocollo è ormai pronto e ricalca quello già applicato agli allenamenti degli atleti nei centri sportivi, anche se con misure molto più stringenti. Entro qualche giorno sarà inviato agli scienziati con la richiesta di concedere il via libera tra due settimane. A quel punto scatterà la verifica sui locali e sull’organizzazione di palestre e scuole di danza e soltanto chi sarà davvero a norma potrà riprendere l’attività.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Dimito Rosario 
Titolo: Task force, almeno due donne in più – Quote rosa nella task force cambia la squadra di Colao
Tema: donne e politica

II governo rafforza la presenza delle donne nella task force di esperti guidata da Colao che coadiuva con il governo per la fase 2. Ieri il gruppo di esperti ha incontrato le parti sociali e il tavolo è stato suddiviso in funzione di tre dei sei gruppi di lavoro in cui è articolata la squadra dei 17 esperti guidati dall’ex top manager Vodafone che verrà integrata. «Oggi (ieri, ndr) chiamerò Vittorio Colao per comunicargli l’intenzione di integrare il comitato di esperti che dirige attraverso il coinvolgimento di donne le cui professionalità, sono certo, saranno di decisivo aiuto al Paese», ha detto Giuseppe Conte. Attualmente sono quattro le quote rose del gruppo (Elisabetta Camussi, Filomena Maggino, Mariana Mazzucato, Raffaella Sadun) e siccome per legge esse devono rappresentare almeno il 30% di un consesso, è presumibile che ne arrivino almeno altre due. Una maggiore presenza femminile era stata segnalata al premier da un gruppo di senatrici. Tornando alla triplice riunione con le categorie produttive per il rilancio economico, la coesione e la giustizia sociale, esse sono servite per raccogliere suggerimenti e formulare un progetto al governo per definire i pilastri del futuro dell’Italia post lockdown. C’erano dalla grande industria alla piccola, agli artigiani, alle coop, ai costruttori. Unici presidenti Ettore Prandini (Coldiretti) e Mauro Lusetti (Lega coop), poi il vicepresidente di Confindustria Carlo Robiglio, i segretari generali di Confcommercio Luigi Taranto e Confartigianato Cesare Fumagalli. Colao ha anche chiesto la disponibilità a Cgil, Cisl e Uil per un colloquio dove affrontare i temi dell’organizzazione del lavoro.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni 
Titolo: Di Matteo accusa Bonafede «Suo il voltafaccia sul Dap»
Tema: polemica Di Matteo-Bonafede

«Esterrefatto rimasi io dall’improvviso voltafaccia del ministro», spiega l’ex pubblico ministero antimafia Nino Di Matteo agli amici che gli chiedono una reazione al Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha usato proprio quell’espressione — esterrefatto — per definire il proprio stato d’animo alla rivelazione del magistrato sulla sua mancata nomina al vertice delle carceri italiane, nel giugno 2018. Pubblicamente Di Matteo non aggiunge altro, solo un «confermo quello che ho detto parola per parola, non arretro di un millimetro». Ma ce n’è abbastanza per alimentare la polemica innescata dalla doppia telefonata (sua e di Bonafede) alla trasmissione Non è l’Arena, su La7, domenica sera (quasi notte). Anche perché ieri è arrivata una nuova ricostruzione di Bonafede, in netto contrasto con quella del magistrato. Un contrasto chiaro ed evidente, destinato ad alimentare lo scontro politico apertosi fin dalla notte tra domenica e lunedì. Perché sullo sfondo restano le preoccupazioni dei boss mafiosi e camorristi per il ventilato arrivo di Di Matteo al Dap come presunto motivo del ripensamento ministeriale. Illazione che Bonafede rifiuta sdegnato, rivendicando la propria politica antimafia e precisando che quando fece la doppia proposta a Di Matteo, che includeva il Dap, quelle intercettazioni erano già note. Per il ministro, insomma, tutto si riduce a un malinteso. Le prime richieste di dimissioni a Bonafede arrivano da un partito di maggioranza, con il deputato di Italia viva Cosimo Ferri; poi il suo leader, Matteo Renzi, parla di «regolamento di conti tra giustizialisti». Il Pd attende che il ministro chiarisca in Parlamento perché «la confusione non è ammissibile», mentre i Cinque Stelle si schierano al fianco del Guardasigilli, capo- delegazione nel governo. L’opposizione di centrodestra, compatta, chiede la testa di Bonafede con il paradossale effetto di ergere a proprio paladino, in questo scontro, l’ex pm tanto osteggiato da Forza Italia, che nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia è riuscito a far condannare, in primo grado, Marcello Dell’Utri.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Colonnello Paolo 
Titolo: Intervista a Armando Spataro – “Frasi inaccettabili per una toga Così disonora le istituzioni”
Tema: polemica Di Matteo-Bonafede

Il procuratore di Torino e ex magistrato antiterrorismo Armando Spataro, non certo immune in passato da scontri con il potere politico, soprattutto nell’inchiesta sul sequestro Abu Omar, riesce ad essere sorprendente: nella lite tra il Guardasigilli Alfonso Bonafede e il magistrato antimafia Nino Di Matteo si schiera a favore del ministro. E di per se è già una notizia visto che di solito i magistrati stanno dalla stessa parte e i politici dall’altra. Invece no. Cosa dobbiamo pensare di questo ennesimo scontro tra magistratura e politica, dottor Spataro? «Intanto trovo sia giusto parlare più dello scontro di un magistrato e devo anche dire che le affermazioni di questo magistrato, che per altro è anche un componente del Csm, mi hanno lasciato senza parole». Perché? «Intanto perché non è la prima volta che attraverso certe affermazioni Di Matteo non rende onore alle istituzioni. Ognuno è libero di pensarla come crede, ma la sensazione che ne esce dalle sue affermazioni è che il ministro della Giustizia aveva intenzione di nominarlo al vertice del Dap e in qualche modo ci abbia ripensato perché questa decisione poteva non essere gradita ai detenuti mafiosi». Questo è ciò che ha lasciato intendere in televisione. Non doveva parlarne? «Non è accettabile che una cosa del genere venga detta da un pm che dovrebbe parlare non per ipotesi ma per fatti certi. Essere poi membri del Csm comporta un maggior rispetto istituzionale. Sono rimasto così colpito da queste accuse che insieme al consigliere Nello Nappi abbiamo inviato due righe al ministro per esprimere la nostra solidarietà. Vada sé che il riferimento è solo a questo episodio perché poi possono esserci altre scelte del ministro criticabili e da me criticate».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  D’Alimonte Roberto 
Titolo: Niente scambi di voti Pd-M5S I flussi sostengono l’alleanza – Nessuno scambio di voti Pd-M5S: così i flussi sostengono l’alleanza
Tema: sondaggi

La stabilità delle coalizioni di governo dipende da molti fattori. Uno di questi è l’equilibrio nei rapporti di forza a livello elettorale tra ipartiti che ne fanno parte. Se lo stare insieme al governo fa perdere voti, o ne fa guadagnare, in maniera consistente all’uno o all’altro dei partiti alleati prima o poi le coalizioni si sfasciano. Tanto più se il fenomeno interessa uno dei partiti maggiori. Un caso esemplare è stato il primo governo Conte. Tra il Conte I e il Conte II c’è una grossa differenza.  I dati del sondaggio Winpoll-Sole24Ore dicono che da quando si sono messi insieme Pd e M5s non hanno sottratto molti voti l’uno all’altro, come invece si eraverificato in misura massiccia tra M5s e Lega ai tempi del Conte I. Uno scambio di voti tra Movimento e Pd c’è stato ma modesto. Solo il 4% degli elettori che hanno votato M5S alle elezioni europee del 2019 voterebbe oggi Pd. Un flusso in parte cornpensato da un 2% di elettori Pd delle Europee orientati a votare il Movimento. Durante il Conte I invece il flusso di voti pentastellati in uscita verso la Lega di Salvini è stato molto più consistente, tra il 15% e il 20%secondo le nostre stime. Tra Lega e M5s continua a esserci un passaggio divoti più significativo che tra Pd e Movimento, ma è diventato uno scambio e non un flusso unidirezionale. Infatti, il M5s perderebbe verso la Lega l’8% dei voti ma gliene sottrarrebbe esattamente la stessa percentuale. In questa fase della politica italiana sono altri i flussi più consistenti. In particolare quelli dalla Lega a Fratelli d’Italia e dal Pd a Italia Viva. Ma ciò che conta ai fini del ragionamento sulle prospettive di durata del governo è l’elevato tasso di fedeltà dell’elettorato del Pd e di quello del M5s.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 – Se cade Conte per il Quirinale le elezioni sono inevitabili – Se cade Conte, per il colle elezioni inevitabili
Tema: tenuta governo
Con l’inizio della Fase 2 il Governo entra in un terreno più delicato e complicato di quello in cui si è mosso finora. È da questo contesto che bisogna partire per leggere la ripresa delle ostilità nella maggioranza. Verso quale sbocco possono portare? E con quali effetti a catena su tutti i fronti appena ricordati? Renzi ha derubricato i suoi penultimatum ad “appelli” al premier ma comunque li si voglia chiamare hanno messo in circolo un’instabilità che appesantisce tutti gli appuntamenti della Fase 2, dal varo del decreto alle tappe della trattativa con l’Europa. Elementi di rischio che al Quirinale soppesano con grande serietà anche perché non si vedono maggioranze alternative al Conte II. Già alcune settimane fa, da Mattarella era arrivato un segnale di allarme per il pericolo di crisi al buio e da quelle parti si continua a pensare chele formule politiche di questa legislatura si siano esaurite. Insomma, se qualcuno accendesse la miccia per far cadere il Governo si precipiterebbe in una spirale in cui non resterebbe che la prospettiva delle elezioni. Non sarebbe sostenibile – con il contesto finanziario ed economico in cui siamo – tenere aperta una crisi con lunghe consultazionie nuove trattative tra tutti i partiti dall’esito quanto mai incerto. Dare in fretta una risposta alla paralisi sarebbe la prima urgenza. E perfino l’argomento della necessità di attendere l’esito del referendum sul taglio dei parlamentari – previsto per l’autunno – diventerebbe del tutto irrilevante rispetto agli effetti distruttivi dell’incertezza.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – Per l’esecutivo identità da reinventare nella fase due
Tema: tenuta del governo
Il tentativo cauto di ritornare alla normalità consegna un’Italia politica incapace di mostrarsi unita. Il governo di Giuseppe Conte riemerge forse più debole di prima dalla quarantena per la pandemia; ma puntellato, fuori e dentro la maggioranza, dall’incapacità delle opposizioni di proporre un’alternativa fattibile. La Fase 1 ha obbligato tutti a prendere atto che le ostilità contro Palazzo Chigi in un momento di emergenza erano controproducenti. La Fase 2 si apre all’insegna di un rigurgito polemico destinato a peggiorare per le incognite sulla ripresa economica; ma ancora senza sbocco. Pensare che lo stallo possa essere una garanzia di sopravvivenza, però, è rischioso. Quando si afferma che il futuro del governo si gioca nelle prossime settimane, non si esagera. Il Covid-19 ha rappresentato un banco di prova e insieme uno scudo perla maggioranza tra M5S, Pd, Leu e Iv. Una volta caduto, la scommessa è se la «ragione sociale» del governo andrà modificata, e come. Il sospetto è che lo scontro non si consumerà solo con l’opposizione di destra, radicalizzata dalla Lega e, in misura minore, da FdI, con Silvio Berlusconi attendista. Gli scricchiolii che dovrebbero preoccupare Conte sono quelli nei Cinque Stelle. È la polemica inquietante e opaca tra un membro del Csm come il magistrato Nino Di Matteo e il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede: uno scontro che rimanda alle dinamiche interne al Movimento, con Bonafede costretto a difendersi dall’«accusa infamante» di essere stato condizionato in alcune scelte dai boss mafiosi.
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Testata:  Foglio 
Autore:  Cerasa Claudio 
Titolo: Italia: momenti di trascurabile ottimismo – L’esempio di chi ha aperto e i numeri della nuova Italia. Spunti di ottimismo
Tema: gli italiani e la crisi

Si può essere ottimisti oppure no rispetto alla possibilità che la riapertura parziale dell’Italia possa essere qualcosa di diverso da un mezzo disastro? Per provare a rispondere a questa domanda e cercare nei piccoli dettagli della nostra nuova quotidianità quelli che un tempo Francesco Piccolo avrebbe forse definito i nostri momenti di trascurabile felicità occorre prendersi del tempo, riordinare le idee e mettere insieme i pochi ma non banali elementi che potrebbero aiutarci ad affrontare le prossime settimane senza aggiungere dosi massicce di panico alla nostra già nutrita paura. Il primo elemento di relativo e cauto ottimismo riguarda le condizioni di salute di alcuni paesi che hanno riaperto prima di noi e nonostante le sciocchezze raccontate in questi giorni, per esempio sulla Germania, i numeri sono incoraggianti. I dati dei nostri vicini di casa non sono sconfortanti e per provare a capire su quali basi si potrebbe non essere pessimisti anche rispetto al nostro paese vale la pena riprendere un passaggio particolare del discorso consegnato giovedì scorso alle Camere dal presidente del Consiglio. Giuseppe Conte ha affermato che, sulla base dell’esperienza di queste settimane, sono quattro i principali fattori di crescita dei contagi: i contatti familiari, i luoghi di lavoro, la scuola, le relazioni di comunità. Dato che la scuola resterà chiusa fino a settembre e che le relazioni di comunità sono state, secondo una stima del ministero della Salute, ridotte di circa il 90 per cento, i due fattori di crescita da monitorare sono i luoghi di lavoro e i contatti familiari.  Si può continuare a essere non del tutto pessimisti anche in una stagione di pandemia a condizione che la nuova fase apertasi ieri venga osservata per quello che è: non la fase in cui verrà misurata la responsabilità dei cittadini, l’app Neuroni finora ha funzionato bene, ma la fase in cui verrà misurata la capacità delle istituzioni di farci sentire protetti anche senza tenerci a casa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Veltroni Walter 
Titolo: Il commento – Le reazioni sagge – Nel dramma abbiamo dimostrato di essere un popolo fiero
Tema: tenuta del governo
Gi italiani, quelli raccontati come furbi e cinici, sempre pronti ad aggirare regole e leggi, si sono dimostrati, fin qui, più saggi di molti altri. Non hanno preso le armi in mano contro il lockdown come negli Usa, non si sono riversati in piazza senza regole e mascherine come in molti Paesi europei. Hanno osservato, salvo eccezioni isolate e deprecabili, le pur confuse indicazioni che gli venivano date e hanno aspettato. Lo hanno fatto ripulendo i negozi, inventandosi mille forme per tenere vivo il lavoro e l’economia, continuando a studiare e a insegnare, facendo passare ai bambini la paura del mostro. Siamo stati un popolo fiero, fin qui. Gente robusta, radicata nella terra e nel lavoro. Ma ora viene il momento più difficile per tutti. Per i cittadini, che non dovranno pensare che tutto sia finito e dovranno mantenere alto il senso di responsabilità. L’obiettivo di tutti è evitare un esiziale nuovo lockdown. E per le istituzioni. II tempo degli annunci è finito. Come quello dei decreti di aprile presentati a maggio. Alla responsabilità mostrata fin qui dagli italiani dovrà corrispondere la forza, la velocità, la trasparenza della democrazia. Ricordando sempre che quando non c’è il lavoro, la liberta vacilla.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Orlando Luca 
Titolo: Imprese, crolla la produzione (-50%) – Produzione industriale giù di oltre il 50%
Tema: crollo della produzione
In marzo e aprile la produzione industriale ha fatto registrare una perdita di oltre il 50% cumulato. Le stime del Centro studi di Confindustria lasciano pochi dubbi sulla profondità di impatto del virus sulla manifattura nazionale, con una produzione che dopo aver ceduto un quarto del proprio volume tra febbraio e marzo aggiunge una perdita analoga nel mese successivo, periodo interamente coinvolto dal lockdown varato via Dpcm lo scorso 22 marzo. Se destagionalizzare il dato in queste condizioni, pur con metodiche straordinarie per trattare le nuove osservazioni, pare impresa quanto mai ardua, nessun sollievo arriva però da una lettura diversa, con il confronto annuo a quantificare il dramma dell’industria italiana più o meno nella stessa misura: un calo di oltre il 45% rispetto ad aprile 2019. Caduta senza precedenti nelle serie storiche – si legge nella nota Csc – legata a due fattori diversi. Da un lato il blocco dell’attività manifatturiera deciso nel Dpcm dello scorso marzo, che fino alla fine di aprile ha coinvolto in media il 60% dell’industria. Affidando ad una manciata di settori Ateco e alle eccezioni prefettizie il compito di mantenere acceso il motore del Paese rendendo meno amare le già apocalittiche medie. Restrizioni all’offerta innestate su una domanda interna indebolita dalla chiusura di molte attività del terziario e dai vincoli alla mobilità individuale, così come azzoppata dalle misure di contenimento anti-virus è stata la richiesta di made in Italy su base internazionale. Export che già ha vissuto i primi effetti negativi a febbraio in Cina, con marzo a presentare un calo corale del 12,7% per i mercati extra-Ue e aprile che quasi certamente vedrà numeri peggiori, nei mercati più remoti così come in Europa. Doppio shock dal lato dell’offerta e della domanda che ha prodotto il dimezzamento dell’output, portando l’indice destagionalizzato della produzione poco oltre quota 57, a distanza siderale rispetto a livello di appena un paio di mesi fa.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Cellino Maximilian 
Titolo: Debito. BTp, la Bce conferma il paracadute ad aprile e raddoppia gli acquisti – Bce: più che raddoppiati gli acquisti di BTp ad aprile
Tema: debito italiano

La Bce raddoppia: prosegue a ritmo sostenuto gli acquisti sul mercato e continua soprattutto a considerare con occhio di riguardo l’Italia. I dati diffusi ieri sull’ammontare netto utilizzato in aprile nei differenti programmi per contrastare l’emergenza Covid-19 mostrano che il mese precedente non era stata, come prevedibile, un’eccezione. Una parte rilevante, ben 29,6 dei 38,5 miliardi di euro di titoli raccolti sul mercato attraverso l’Asset purchase programme (App) sono stati destinati dall’Eurotower ai titoli di Stato, ma ancora più importanti, almeno agli occhi nostri, sono i 10,9 miliardi impiegati per i BTp. È vero, come avvertono gli analisti, che occorre tenere presente i reinvestimenti effettuati per compensare le obbligazioni già presenti nel portafoglio Bce che nel frattempo sono scadute o sulle quali sono maturate cedole. Resta però il fatto che per il secondo mese consecutivo nei forzieri dell’istituto centrale è finito un quantitativo di titoli di Stato italiani più che doppio rispetto a quanto indicato dalle quote di capitale detenute. La deviazione rispetto al discusso criterio di distribuzione (sul quale però la Bce si è riservata massima flessibilità) è stata in aprile secondo Pictet Wm positiva per 6,4 miliardi per i BTp, ma anche di 2,9 miliardi per gli Oat francesi e di 1,1 miliardi per i Bonos spagnoli. Al contrario, la Germania è risultata largamente penalizzata dalla ripartizione, visto che l’Eurotower ha comprato appena 600 milioni dei 7 miliardi di Bund in teoria previsti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni – Tucci Claudio 
Titolo: Gualtieri: lo Stato resterà fuori dalle governance – Gualtieri: lo Stato non entrerà nella governance delle imprese
Tema: aiuti all’economia
Nella manovra anticrisi ci sarà un modello di sostegno alle imprese «molto ambizioso», che però non sarà animato da «alcun intento di nazionalizzazione o controllo». L’assicurazione arriva direttamente dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che risponde così alle domande dei parlamentari sulle misure in arrivo. L’audizione alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera è sul decreto imprese. Ma l’attenzione di tutti è sulla maximanovra, e soprattutto sul pacchetto di interventi sulle imprese, a più livelli a seconda del fatturato. Il tema è stato al centro del confronto nella maggioranza anche nel vertice di ieri sera con i capidelegazione, in un calendario che continua a essere incerto. In mattinata Gualtieri aveva indicato l’obiettivo di «metà settimana» per l’arrivo del provvedimento in Consiglio dei ministri, ma molto dipende anche dalle modifiche al Quadro Temporaneo Ue sugli aiuti di Stato che potrebbero richiedere qualche giorno inpiù. L’intenzione del governo, secondo le parole del ministro, è anzi quella di «andare oltre» i limiti del Temporary Framework nel sostegno al sistema produttivo italiano. Il primo livello, riservato alle imprese sopra i 50 milioni di fatturato, passa dall’operazione «patrimonio dedicato». La sua azione, che dovrebbe contare su una provvista da 50 miliardi, si tradurrà in un sistema di interventi articolato, che passerà per «ristrutturazioni, ricapitalizzazioni e anche ingresso nel capitale», in un ventaglio modulato in base alla «specificità delle imprese in crisi». Ancora più discusso è il secondo livello, quello per le aziende da 5 a 5o milioni di fatturato: qui il sostegno dello Stato dovrebbe accompagnare, con somme pari, le ricapitalizzazioni private. E si dovrebbe trasformare in aiuto a fondo perduto sulla base di una serie di parametri ancora al centro delle discussioni.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Ducci Andrea – Voltattorni Claudia
Titolo: Tre mesi di affitto alle aziende in difficoltà – Aiuti a fondo perduto legati alle vendite
Tema: aiuti all’economia
Per il prossimo maxi decreto economico da 55 miliardi si ipotizzano contributi diretti e a fondo perduto per chi ha sotto i 5 milioni di fatturato annuo, tra cui artigiani, commercianti, piccoli imprenditori. Per le medie imprese (tra 5 e 5o milioni di fatturato annuo) e quelle più grandi il governo pensa invece a ricapitalizzazioni con l’intervento di Cassa depositi e prestiti e un fondo ad hoc di circa 50 miliardi, un ingresso nel capitale che sarebbe temporaneo e che però non si tradurrebbe in una nazionalizzazione. «Non c’è alcun intento in questo senso — garantisce il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri —, né l’intenzione di intervenire nella governance». Si tratta, dice, «di un modello molto ambizioso che potrà, da una parte garantire con incentivi adeguati l’afflusso dei finanziamenti e del risparmio a sostegno delle Pmi, e per lo Stato di concorrere alla ricapitalizzazione sia sulle perdite che come sostegno». Ennesima giornata ieri dunque di riunioni tra governo e maggioranza per definire e aggiungere misure al decreto maggio, la maxi manovra per sostenere l’economia italiana e aiutare a farla ripartire. Nel mese di marzo e aprile la riduzione della produzione è stata del 5o-55% e, dice il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, «si prevede un calo annuale nell’ordine di 400 forse 500 miliardi di euro in tutti i comparti produttivi». Ecco l’importanza di rendere più sostanziosi gli interventi per le imprese e più rapidi gli aiuti economici.  Il Fondo di garanzia per i prestiti alle Pmi sarà rifmanziato di altri 4 miliardi e si studiano sgravi ad hoc per gli investimenti post Covid-19 di ristoranti, bar, alberghi, spiagge. Ecco poi misure come lo sblocco di 12 miliardi per i pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione, e la stabilizzazione per altri 3 anni di Industria 4.0. E poi l’intervento su affitti e bollette commerciali, oltre agli incentivi sisma ed ecobonus per far ripartire l’edilizia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barbera Alessandro – Lombardo Ilario 
Titolo: Decreto da 55 miliardi Maggioranza divisa su imprese e reddito
Tema: aiuti all’economia

Quando alle 21,30 – l’ora dell’ennesimo vertice notturno – il premier e il ministro del Tesoro si riuniscono per definire il maxidecreto anticrisi, il clima nella maggioranza è ancora teso. Per ragioni diverse il Pd, ma soprattutto Italia Viva, non sono disposti a farsi dettare la linea dai Cinque Stelle, tanto sugli aiuti alle imprese che alle famiglie più povere. La parte più difficile del lavoro riguarda anche questa volta gli aiuti all’economia. Il Tesoro ha pronto uno schema che prevede un sostegno a fondo perduto a tutte le imprese sotto i cinque milioni di fatturato (anche per il pagamento di affitto e bollette nelle settimane del lockdown), interventi da parte di Invitalia per rafforzare il patrimonio delle aziende tra cinque e cinquanta milioni, infine propone l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di tutte quelle sopra i cinquanta milioni. A scatenare l’opposizione dei renziani, rappresentati nella riunione da Luigi Marattin, economista e vicecapogruppo alla Camera, è la formula scelta per la categoria delle imprese medio-grandi. Che senso ha – questo il ragionamento di Italia Viva – concedere un contributo a fondo perduto fino a cinque milioni e invece l’intervento dello Stato nel patrimonio per quelle fino a cinquanta milioni? Una tesi che per una volta sembra convincere Conte, già piegato dagli attacchi del nuovo presidente di Confindustria Carlo Bonomi . Un’«inaccettabile campagna di nazionalizzazione» da parte di chi «non ascolta» le imprese e «soldi a pioggia» invece di pensare agli investimenti, l’unica vera leva possibile per far ripartire il Paese. «Non vogliamo sovietizzare il sistema produttivo», la risposta del ministro grillino dello Sviluppo Stefano Patuanelli. Eppure l’impressione del mondo delle imprese è proprio quella.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Greco Filomena 
Titolo: Auto, i concessionari riaprono ma il tracollo è totale (-97%)
Tema: crollo mercato auto

Mercato praticamente azzerato nel mese di aprile, con le immatricolazioni auto a -97,5 %e un intero settore alle prese con la Fase 2. Da gennaio le vendite si sono dimezzate passando dalle 712mila autovetture nuove del 2019 alle 351mila dei primi quattro mesi del 2020. Ad aprile sono arrivate sul mercato soltanto 4.279 autovetture rispetto alle 174.924 di un anno prima, riportando indietro la lancetta del mercato alla soglia degli anni Cinquanta. La pandemia lascerà un segno pesante sul mercato auto, tanto in Italia quanto in Europa, complice la permanenza dell’allerta sanitaria e la perdita di potere d’acquisto dei consumatori. «La forte contrazione del Pil già registrata nel primo trimestre del 2020 fa notare Gian Primo Quagliano a capo del Centro Studi Promotor – e le prospettive negative per il resto dell’anno rendono il recupero del settore auto problematico». Con la riapertura dei concessionari e degli showroom a partire da ieri, il settore proverà a frenare l’emorragia di vendite e lo farà usando due leve: da un lato l’accelerazione dei modelli a basso impatto ambientale, ne è un esempio la campagna lanciata da Fca su Panda e Fiat 500 ibride, dall’altro la richiesta di incentivi a sostegno del settore. Il tema è tanto italiano quanto europeo, se ne parla in Francia e in Germania, ad esempio, e il dossier è sul tavolo della Commissione europea grazie ad una lettera indirizzata alla presidente Von Der Leyen dall’Acea, l’Associazione a cui aderiscono i produttori di auto del Vecchio continente.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Griseri Paolo 
Titolo: Auto, vendite crollate del 98% Il governo pensa agli incentivi
Tema: crollo mercato auto

Per il Centro studi Promotor di Bologna «se venisse mantenuto il ritmo di vendite di aprile, nel 2020 il mercato italiano si chiuderebbe a 48.883, i livelli del 1949». Un disastro non solo per i 160.000 addetti diretti dell’automotive italiano, ma anche per le decine di miliardi di euro di tasse che l’auto determina nella Penisola. La “terapia d’urto” che propone il direttore Gian Primo Quagliano è quella di «una campagna di incentivi sul modello di quella del 1997: lo stato mette una quota che il costruttore raddoppia per sostituire un’auto vecchia di più di dieci anni con una nuova, ad alimentazione elettrica ma anche tradizionale purché euro 6». L’apertura agli incentivi anche per le auto a benzina e diesel, purché di ultima generazione, sembra essere anche dello stesso commissario europeo ai Trasporti, Frans Timmermans. Timmermans ne ha parlato il 22 aprile scorso in una conferenza con i legislatori europei. Rispondendo a una richiesta dell’Acea, l’associazione dei costruttori del Vecchio continente, il commissario dichiarato: «L’industria automobilistica ci chiede un aiuto per aiutare le famiglie ad acquistare una nuova auto. Perché non farlo con sistemi di incentivi ecologici alla rottamazione che permettano di sostituire una macchina vecchia ed inquinante con una più pulita anche ad emissioni zero?». La chiave di tutto sta in quell’«anche». L’avverbio apre la strada alla possibilità di incentivare, anche a livello europeo, l’acquisto di auto diesel o benzina di ultima generazione, le “euro 6 d”. Ipotesi che, nel governo italiano, incontrerebbe l’opposizione dei 5 Stelle.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Vico Dario 
Titolo: I prossimi impegni – I prossimi impegni per misurare la ripartenza
Tema: la ripresa del Paese

L’Italia delle fabbriche alla fine è ripartita ieri con 4,4 milioni di lavoratori che si sono aggiunti ai loro colleghi che non avevano mai smesso. A sbloccare l’impasse un contributo importante è arrivato dal basso con gli accordi di contrattazione aziendale sulla sicurezza che hanno arricchito i protocolli romani, grazie anche al coinvolgimento di virologi come Roberto Burioni e Giuseppe Remuzzi. Se prendiamo come test l’industria alimentare, rimasta aperta lungo il lockdown, il bilancio — fatto proprio ieri da Marco Lavazza — suona positivo: le aziende sono riuscite a garantire la sicurezza dei dipendenti, l’assenteismo è stato basso, il ricorso allo smart working molto frequente e apprezzato e gli orari sono stati rimodulati su tre turni per sette giorni. Vedremo se anche negli altri settori, a cominciare dalla meccanica, l’indirizzo si confermerà e soprattutto se le barriere anticontagio si dimostreranno efficaci come promesso. L’adozione di misure di distanziamento fisico in alcune lavorazioni avrà delle ricadute sulla produttività ma ci dovrebbero essere le condizioni per affrontare il rebus in sede negoziale e risolverlo con pragmatismo. Nell’attesa di misurare i problemi concreti sarà utile però ricucire il rapporto tra imprenditori e opinione pubblica, inevitabilmente segnato dalle polemiche su Bergamo, e per farlo bisogna partire da una semplice considerazione: continuare ad avere un’industria forte e competitiva non è un bene solo per il portafoglio degli azionisti ma per il sistema Italia e la nostra società. Solo aziende sane e moderne possono garantire buoni livelli occupazionali, sbocchi di qualità per i nostri talenti ed evitare che l’Italia del dopo-virus sia solo debito e sussidio. Occorre sospendere il fuoco amico anche perché il compito che grava sui nostri imprenditori è già di per sé pesante.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Zatterin Marco 
Titolo: L’obbligo di agire in fretta
Tema: la ripresa e le lentezze della politica

Se la politica è tentata dall’assistenzialismo più che dallo stimolo al sistema, gli sguardi problematici non possono che tingersi di sospetto profondo. Bisognava “fare presto”, oggi magari andrebbe pure bene “non fare troppo tardi”. Ma se il decreto diventasse “di giugno”, alla fine non si sorprenderebbero in tanti. La storia della Repubblica italiana è seminata di ritardi costosi e occasioni perdute. La fase due del coronavirus è finalmente cominciata. Assomiglia al secondo atto di una tragedia in cui gli attori sono sul palco, il pubblico è seduto impaziente, e gli autori stanno ancora cercando di trovare le idee giuste per riscrivere la trama e il finale della storia. Sul tavolo ci sono 55 miliardi. Che per gli accademici sono tre punti di pil, per l’azienda Italia sono un sacco di soldi necessari ma non sufficienti per non collassare, e per buona parte della politica nostrana rappresentano l’ennesima gustosa tentazione per calamitare consenso. Un minimo di saggezza, e l’emergenza di due mesi di dolorosa serrata virale, consiglierebbero di spenderli in un giorno e bene, seminandoli nel terreno in cui germogliano i posti di lavoro, e non nella palude dove i partiti vanno a cercare i voti. L’azione del governo dovrebbe essere un sodalizio fortunato fra protezione dei lavoratori, sostegno alla formazione, misure di garanzia e sicurezza per le imprese. Nel pacchetto messo insieme dalle squadre di Gualtieri e Patuanelli ci sono molte buone idee che puntano in questa direzione, ma il “taglia e cuci” degli interessi di bottega continua imperterrito. L’esecutivo dalle quattro anime, almeno, continua a far impazzire gli uomini della ragioneria.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Spini Francesco 
Titolo: Intervista a Marco Tronchetti Provera – Il governo litiga sui soldi di maggio Tronchetti: basta assistenzialismo – “Il governo adesso cambi passo Subito i prestiti alle imprese”
Tema: le imprese e lo Stato
«Abbiamo di fronte un’opportunità di cambiare che non dobbiamo sprecare. Bisogna passare da una cultura fondata sull’assistenzialismo, sullo statalismo e sul debito a un’altra, che si basi sulla dignità del lavoro e liberi l’energia delle imprese, con finanziamenti a lunghissimo termine, contributi a fondo perduto e in cui non manchino investimenti pubblici». Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato e vice presidente esecutivo di Pirelli, da ieri sta lentamente riaprendo i siti italiani del gruppo degli pneumatici. Dottor Tronchetti, non pensa che in Italia si potesse ripartire prima? Siamo in ritardo? «Penso che l’Italia abbia gestito bene l’impatto del virus. Il nostro ritardo non è nella riapertura, ma nella corsa alla liquidità di cui necessitano le imprese. Germania e Francia sono arrivate prima di noi» . Quale sarà il conto della crisi? «Sarà molto salato. Per questo bisogna fare in fretta. La Bce ha risposto prontamente. Bruxelles si sta muovendo nella giusta direzione e anche il presidente Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e il commissario Gentiloni hanno agito bene, ora il problema è fare arrivare concretamente i soldi dall’Europa. Nel rispetto degli obblighi delle banche verso la Bce e la Banca d’Italia, vanno semplificate le procedure per i prestiti. Bisogna innalzare le garanzie al 100%, i finanziamenti vanno concessi in base ai progetti, non con esami formali della situazione attuale che è, per forza di cose, penalizzante». Bisogna semplificare tutto? «Dobbiamo fare un esercizio di verità: siamo il Paese più indebitato, quello con la crescita più bassa. Non possiamo più permetterci di non utilizzare appieno i fondi europei. Ma per fare questo c’è bisogno che il governo ascolti l’Italia che produce».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Ferrando Marco 
Titolo: Intervista a Flavio Cattaneo – Cattaneo: «Italo? Senza aiuti dovrà restare fermo» – «Allo Stato serve il coraggio d’investire Italo? Senza aiuti dovrà restare fermo»
Tema: Ntv
Flavio Cattaneo, uomo di finanza e di impresa, ha davanti a sé i numeri di Ntv, di cui è vicepresidente e azionista. Ma «l’incertezza per un tempo indefinito» riguarda buona parte del tessuto imprenditoriale italiano «che va supportato strutturalmente a sopravvivere ma anche a investire, per cogliere tutti gli spazi che questa ripartenza globale offrirà a chi sa muoversi per primo». Perché la sfida, dice, «è provare a giocare in attacco e non solo in difesa. Più che a nazionalizzare badiamo alla crescita e allo sviluppo: il punto non è controllare le aziende ma farle girare». Tutti chiedono allo Stato di fare di più: anche lei? «Per forza: siamo davanti a una crisi globale, senza precedenti. Gli Stati si indebiteranno, ma come dice Mario Draghi in questo momento la priorità è spendere e il debito viene dopo: quando l’emergenza sarà passata tutto il mondo sarà più indebitato, e a quel punto servirà a tutti trovare una soluzione». Com’è la situazione in Ntv? «Se penso ai nostri dipendenti dico buona, perché abbiamo pensato subito alla loro salute e non abbiamo avuto alcun caso di contagio. Se guardo al volume dei ricavi vedo una cifra che mi fa impallidire: -99,7%. Ma quello che mi preoccupa è il dopo. Impedire lo spostamento tra regioni significa bloccare l’alta velocità. E bloccare l’alta velocità significa bloccare l’alta velocità. E bloccare l’alta velocità significa inchiodare l’Italia. Dunque mi aspetterei un ravvedimento operoso sia dal punto di vista delle regole che delle tariffe: viaggiando al massimo al 50% della capienza i treni non arrivano al break even e noi dovremo tenerli nei depositi. A meno che non vengano ridotti conseguentemente gli oneri che paghiamo a Rfi per l’utilizzo dell’infrastruttura».
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Testata:  Mf 
Autore:  Cintioli Fabio 
Titolo: Appalti e processo amministrativo, i nodi da sciogliere in vista della Fase 3
Tema: appalti

Ferve il dibattito su semplificazione degli appalti e processo amministrativo. E’ emblematico di quanto sia importante accelerare nell’ormai vicina fase della ricostruzione. Ma è anche sintomatico di una diffusa difficoltà a percepire quanto sia grave la situazione. Molti equivoci dipendono da conclusioni affrettate, come quelle che hanno accusato i Tar e il Consiglio di Stato di «bloccare» gli appalti. Non è vero, perché il processo amministrativo è molto rapido e conclude i due gradi di giudizio in tempi anche inferiori a due anni: un vero e proprio record per la giustizia italiana. Il punto è che gli investimenti pubblici da lanciare quando sarà disponibile il recovery fund e sarà avviata la Fase 3 saranno davvero urgenti e non potranno attendere. Nemmeno due anni. Serve un pacchetto organico, che rompa il legame tra appalti e anticorruzione ripensando l’Anac, che sostituisca poche norme al codice dei contratti pubblici, che riveda l’ambito della giurisdizione della Corte dei conti, che chiami anche il giudice penale in questo nuovo afflato istituzionale, che spinga verso sistemi semplificati, con meno formalità e buste chiuse, con più discrezionalità, con più procedure negoziate e più dialoghi competitivi. In tutto questo, però, anche il processo amministrativo dovrà dare il suo aiuto. La proposta sul campo è sostituire all’annullamento il risarcimento del danno.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Barlaam Riccardo 
Titolo: Il piano di Trump: far rientrare le aziende Usa dalla Cina
Tema: virus, polemica Usa-Cina
Partita da Washington, la campagna contro la Cina si è diffusa come il virus: la decisione di Trump di dirigere la rabbia popolare per il Covid-19 verso Pechino, è la nuova strategia della campagna elettorale del presidente, costretto a modificare in corsa il messaggio prima centrato sui successi dell’economia, svaniti di colpo con la pandemia. La lotta per la conquista per la Casa Bianca rischia così di trasformarsi in un referendum su chi è più forte contro la Cina, Trump o Joe Biden. Le prossime mosse dell’amministrazione potrebbero essere persino più drastiche dei 2 anni di guerra commerciale. Il capo della diplomazia Mike Pompeo su Abc, facendo eco alle parole del presidente, ha insistito sul fatto che ci sono «prove sostanziali» sulla provenienza del virus Covid-19 dal laboratorio di virologia di Wuhan, senza però, come Trump, spiegare quali siano tali prove. Pompeo non ha potuto smentire quanto dichiarato il 30 aprile in una nota ufficiale dall’Odni, l’ufficio federale che raggruppa le agenzie di intelligence Usa secondo cui «il virus Covid-19 non è stato creato dall’uomo». Si è detto d’accordo con questa ricostruzione, ma sostiene che il virus potrebbe essere sfuggito per errore dal laboratorio. L’altra sera Trump, seduto sotto la statua di Abramo Lincoln, nel Lincoln Memorial di Washington D.C. in una town hall virtuale trasmessa da Fox News, ha promesso la pubblicazione di un report definitivo sull’origine cinese del Covid-19. Secondo il rapporto, di cui la Cnn ha anticipato qualche stralcio, «la Cina avrebbe tagliato le esportazioni delle sue forniture mediche prima di notificare all’Oms la pericolosità del Covid-19». Il rapporto firmato dai “Five Eyes”, le agenzie di intelligence di Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, ricostruisce le omertà e i ritardi iniziali di Pechino.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Trump: «La Cina occultò l’errore» E cerca una sponda con gli alleati
Tema: virus, polemica Usa-Cina

Nella mattinata di domenica, Pompeo aveva dichiarato alla tv Abc: «Ci sono prove enormi che il virus arrivi dal laboratorio di Wuhan. La Cina ha fatto di tutto per tenerlo nascosto. Classica operazione di disinformazione comunista. Ne risponderanno». La reazione di Pechino è altrettanto dura. II Global Times, controllato dal governo, scrive nell’editoriale: «Accuse infondate. Se Pompeo dice che ci sono “prove enormi”, le presenti al mondo, soprattutto agli americani continuamente presi in giro dall’amministrazione». L’Associated Press ha rivelato l’esistenza di un rapporto compilato dall’intelligente per la sicurezza interna. La conclusione è che i dirigenti cinesi «nascosero intenzionalmente la rapida diffusione del Covid-19». Inoltre sui media si mette in luce la posizione della comunità scientifica: il virus non è stato «fabbricato» tra le provette, ma ha un’origine animale. Si moltiplicano le ipotesi: forse i servizi segreti americani starebbero verificando se nei laboratori ci sia stato un incidente mentre si esaminava un animale, una cavia infetta. In ogni caso non bisogna perdere di vista l’ossatura politica della vicenda. Le figure chiave che hanno in mano la fase istruttoria sono tre: Pompeo; il capo dello staff di Trump, Mark Meadows, ex parlamentare dell’ala repubblicana più conservatrice; Matthew Pottinger, esperto di Cina e vice del consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’ Brien. Su un cerchio più esterno agiscono i senatori repubblicani Tom Cotton (Arkansas), Marco Rubio (Florida), Marsha Blackburn (Tennessee), Lindsey Graham (South Carolina). Infine vari gruppi di pressione, tra cui quello che fa capo a Nikki Haley, ex ambasciatrice all’Onu: in pochi giorni ha raccolto centomila firme con una petizione «per punire la Cina».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  D’Argenio Alberto 
Titolo: Virus, l’Europa chiede un’indagine indipendente – La richiesta della Ue indagine indipendente sulle cause del virus
Tema: L’Ue nella polemica Usa-Cina
‘Unione europea è pronta a chiedere un’indagine indipendente internazionale per far luce sulla nascita del Covid 19. I governi dei Ventisette, coordinati dall’Alto rappresentante Josep Borrell, sono al lavoro su un testo di risoluzione che sarà presentato il 18 maggio a Ginevra in occasione dell’Assemblea mondiale della sanità, il principale organo decisionale dell’Oms. Dopo che gli Usa hanno accusato la Cina di avere prodotto il Covid 19 in un laboratorio di Wuhan, quella europea è una partita diplomatica complessa, che punta a tenere saldi i legami atlantici depotenziando però la carica di aggressività di Washington verso Pechino. A sua volta considerata dalla Ue un competitor commerciale, con il quale tuttavia è necessario scendere a patti. Insomma, l’Europa prova a porsi come polo indipendente tra i due giganti del Ventunesimo secolo, cerca di non venire stritolata dai loro attriti e dalle potenziali ritorsioni con le quali tanto gli Stati Uniti quanto la Cina potrebbero colpire duramente le nostre economie. In queste ore a Bruxelles preferiscono «non speculare» sull’ipotesi di virus in laboratorio avanzata da Trump e Pompeo. Lo stesso Borrell, nel fine settimana, ha affermato: «Bisogna sempre prendere con le pinze le affermazioni di Trump, qualche giorno fa ci ha consigliato di bere del disinfettante contro il coronaviurs». Tuttavia anche gli europei – come confermato dallo stesso Borrell – vogliono fare chiarezza sull’origine del virus e in vista di Ginevra negoziano con i partner internazionali una bozza di risoluzione che chieda ad una commissione indipendente di riferire «il prima possibile» all’Oms l’esito della sua inchiesta.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Intervista a Giuseppe Conte – Conte: non cambio politica estera – Conte: “‘L’Italia non cambia politica Gli alleati sapevano degli aiuti russi”
Tema: politca estera italiana

Se quello di Mark Esper, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti era un avvertimento a non dare spazio a russi e cinesi, il nostro governo l’affronta con calma olimpica. «L’Italia – dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, richiesto di un commento – nel momento di massima necessità, ha chiesto e ricevuto aiuti da molti Paesi. Tra questi vi sono stati anche la Cina e la Russia. Abbiamo gestito tali aiuti in totale trasparenza sia verso la nostra opinione pubblica sia verso i nostri alleati». E già qui c’è la prima risposta. Gli alleati sapevano, l’Italia è stata leale e trasparente. Ma Conte dice anche di più: «Quel che posso dire – aggiunge – è che tra gli aiuti ricevuti, a proposito dei quali abbiamo espresso pubblico ringraziamento a ciascuno, mi piace ricordare lo specifico memorandum di sostegno all’Italia firmato dal Presidente Trump per un valore di 100 milioni di dollari, memorandum che lo stesso Presidente Usa mi preannunciò alla vigilia con una lunga e calorosa telefonata». Il senso del discorso è chiaro. Quando si è sul piano degli aiuti umanitari, richiesti da un Paese che si è trovato in vera emergenza, tutti quelli che aiutano sono sullo stesso piano. E poi, se addirittura Donald Trump non ha avuto nulla da obiettare in una telefonata diretta tra Casa Bianca e Palazzo Chigi, perché caricare di significati particolari l’intervista di un ministro? «Non mi voglio dilungare – conclude quindi Conte – sull’eventuale geopolitica di chi aiuta; piuttosto, nel caso nostro, sulla geopolitica di chi ha ricevuto e posso confermare che la nostra linea di politica estera di oggi è identica a quella di ieri».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Intervista a Lorenzo Guerini – Guerini: sul Covid e le sue origini serve trasparenza – Guerini “Ue e Nato i nostri pilastri Serve trasparenza sull’origine del virus”
Tema: origine del virus

Un virus minuscolo e le informazioni sulla sua genesi stanno alzando un muro imponente tra Stati Uniti e Cina. Ministro Lorenzo Guerini, la pandemia ha generato una nuova guerra fredda? «L’emergenza si sviluppa su diverse dimensioni: sanitaria, economica, geopolitica. Ed è chiaro che questa partita va affrontata partendo dalla collaborazione tra gli Stati, dalla necessaria trasparenza nella comunicazione e nella condivisione dei dati sul virus». Trasparenza e condivisione, dice. Ma Washington accusa Pechino di aver nascosto al mondo notizie fondamentali per contrastare la pandemia, a partire dal virus che sarebbe sfuggito dal laboratorio di Wuhan. Il governo cinese è stato reticente? «Penso che condivisone e circolazione di informazioni sul virus siano essenziali per consentire al mondo di reagire alla pandemia con un’azione adeguata. E alla comunità scientifica di lavorare alle cure. Non possono esserci zone d’ombra, opacità o mancanza di trasparenza». Andiamo ancora più a fondo: l’Italia ha ricevuto aiuti da Cina e Russia. Di fronte a una escalation tra Cina e Usa, rischiamo di dover scegliere tra la tradizionale collocazione internazionale e i nuovi sbocchi commerciali? «Dialoghiamo con tutti, ma i pilastri della nostra sicurezza sono Nato e Unione europea. E questi rimangono».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Gli anti-nucleari al governo: atomiche Usa via dalla Germania
Tema: no tedesco alle armi nucleari Usa
Nel pieno della crisi pandemica, esplode in Germania uno strano dibattito. Con John Le Carrè, potremmo definirla una polemica «che viene dal freddo», tanto i termini e le linee di demarcazione rimandano appunto alla Guerra Fredda e al mondo di ieri. In realtà è più attuale che mai, riguardando tanto il presente, nello specifico la stabilità della Grosse Koalition, quanto il futuro, cioè il ruolo della Germania nell’architettura della sicurezza europea. Tant’è. I leader della Spd chiedono il ritiro di tutte le armi nucleari americane dalla Repubblica Federale. A lanciare la richiesta è stato il capogruppo socialdemocratico al Bundestag, Rolf Mützenich, secondo il quale lo stazionamento degli ordigni Usa sul territorio tedesco, nel quadro della Nato, «non aumenta la nostra sicurezza, anzi ha l’effetto opposto». Mützenich ha citato l’imprevedibilità di Trump, «il quale ha detto chiaramente che i sistemi nucleari sono armi con cui si può combattere una guerra». E se qualcuno, anche all’interno della socialdemocrazia, ha pensato che la sua fosse una posizione isolata, si è dovuto subito ricredere. Poche ore dopo Mützenich, i due copresidenti della Spd, Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken, hanno manifestato il loro appoggio all’idea di una Germania denuclearizzata. La Spd riapre così un dibattito che ha scandito l’intero dopoguerra tedesco, a tratti lacerando il Paese come durante la crisi degli Euromissili all’inizio degli Anni 80. Di più, la fine della Guerra Fredda e della minaccia comunista lo ha reso non più una diatriba dall’esito scontato, ma un conflitto tra due ipotesi strategiche entrambi accessibili. Una cosa non è mai cambiata: anche trent’anni dopo Il crollo del mondo bipolare, in Germania sono in molti a vedere le armi nucleari Usa come una inutile provocazione verso Mosca. Oltre che dalla Linke, la posizione è condivisa dai Verdi, nonché da una maggioranza dell’opinione pubblica.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  R.Mi. 
Titolo: Expo Dubai, slittamento al 1° ottobre 2021
Tema: Expo rinviato

Expo Dubai 2020 slitta di un anno. È stata infatti superata la maggioranza dei due terzi necessaria al rinvio tra gli Stati componenti il Bureau International des Expositions (Bie), l’ente intergovemativo che organizzale esposizioni universali. L’Expo si svolgerà nell’emirato dal 1° ottobre 2021 al 21 marzo 2022. Erano stati gli Emirati Arabi Uniti, Paese ospite, a chiedere a marzo, quando l’epidemia di coronavinrs è esplosa in tutto il mondo, che l’evento in programma il prossimo ottobre venisse posticipato. Un comunicato di Expo Dubai ha fatto sapere che il segretario generale Dimitri S. Kerkentzes ha fissato a129 maggio la data in cui verrà ufficiallzzato iI rinvio. L’esposizione, che sitiene ogni cinque anni, secondo le previsioni iniziali avrebbe dato un contributo dell’1,5% al Pil degli Emirati, grazie a investimenti e turismo. Le attese per l’evento erano alte con stime fino a 25 milioni tra visitatori e turisti. Sempre secondo le attese, l’evento era destinato a contribuire per circa 31 miliardi di euro all’economia degli Emirati. Per gli oltre 190 Paesi che avevano già confermato la partecipazione, tra i quali l’Italia, le importanti occasioni di business vengono dunque rinviate e lo slittamento farà dell’evento un’occasione per il rilando delle economie pesantemente provate dalla crisi Covid-19.
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PRIME PAGINE

IL SOLE 24 ORE
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CORRIERE DELLA SERA
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LA REPUBBLICA
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LA STAMPA
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IL MESSAGGERO
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IL GIORNALE
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LIBERO QUOTIDIANO
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IL FATTO QUOTIDIANO
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