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SINTESI IN PRIMO PIANO – 5 febbraio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Cresce il fronte del «sì» a Draghi: Conte e Pd spingono i 5 Stelle al sì;
– Berlusconi apre a Draghi: compatta il partito e andrà alle consultazioni;
– Effetto Draghi: vola la Borsa, spread sotto 100;
– Ufficio parlamentare di bilancio: gelata sul Pil 2021 fermo a +4,3%;
– Von der Leyen: “Bene Draghi ora sul Recovery plan l’Italia lavori senza sosta”;
– La diplomazia di Biden “L’America è tornata reagirà a Cina e Russia”;
– Condannato «Daniel», la spia dall’Iran Europa-ayatollah: è un caso diplomatico.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto – Galluzzo Marco 
Titolo: Cresce il fronte del «sì» a Draghi – Conte e Pd spingono i 5 Stelle al sì Anche Berlusconi apre a Draghi
Tema: Mandato a Draghi

Il primo giorno delle consultazioni di Mario Draghi, cominciato con i partiti minori e che si concluderà domani con i Cinque Stelle e la Lega, è anche il giorno delle aperture multiple ad un governo guidato dall’ex presidente della Bce. Parlano sia Di Maio, che richiama il suo partito alla responsabilità e all’unità, sia Conte che dice di lavorare solo per il bene del Paese. Berlusconi appoggia apertamente la scelta di Mattarella e in sostanza assicura che avrà l’appoggio di Forza Italia. Insomma si delineano i contorni di quella che potrebbe essere una «maggioranza Ursula», sulla falsariga dello schema che ha votato l’attuale presidente della Commissione Ue a Bruxelles, la precedente maggioranza più gli azzurri. Due dichiarazioni quasi in contemporanea danno una spinta al governo Draghi. Luigi Di Maio invita alla «maturità» il suo Movimento, rivendica di essere la prima forza in Parlamento, dice ai colleghi di partito che «nel rispetto istituzionale che viene prima di tutto abbiamo il dovere di ascoltare e poi decidere». E’ un invito all’unità e insieme un auspicio all’appoggio di Draghi, che subito dopo viene bissato da Berlusconi: «La scelta del presidente della Repubblica di conferire a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato: quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese». Conte si presenta in piazza Colonna davanti ai cronisti per ringraziare Mario Draghi e il capo dello Stato e per sostenere che anche lui sta lavorando per il bene del Paese: «Lavorerò per il bene del Paese, non sono un ostacolo alla formazione» dell’esecutivo. Conte però chiede, come Di Maio, un esecutivo a caratura politica, perché le scelte politiche «non possono essere affidate a squadre di tecnici».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Il retroscena – L’idea degli incarichi a «personalità d’area» per tenere insieme una maggioranza larga
Tema: Mandato a Draghi, cresce il fronte del «sì»

Ha già incassato la fiducia dell’Europa e dei mercati, incasserà presto la fiducia del Parlamento. Quarantottore fa Mario Draghi non aveva i numeri per varare il suo governo, ventiquattrore dopo ne ha persino troppi: c’è la ressa. Ci sono i grillini liberatisi dalle mire di Conte, c’è il Pd e ovviamente Renzi, che ha prodotto il big bang nel Palazzo. Poi c’è Berlusconi e in più si approssima Salvini, spinto verso l’ex presidente della Bce dal Nord produttivo prima ancora che dai suoi governatori e dai dirigenti del suo partito. E l’unità nazionale. Nemmeno Draghi immaginava che il disgelo si verificasse in così poco tempo. Caduto ogni pregiudizio, stanno cadendo pure storici steccati. II Pd – che aveva già dovuto metabolizzare la crisi del suo governo e il controllo della corsa per il Quirinale – sperava almeno di resistere dietro una gracile linea Maginot: «Mai con i partiti eversivi», come aveva detto tra il serio e il faceto il costituzionalista Ceccanti, poche ore prima che il capo dello Stato assegnasse l’incarico al braccio destro di Ciampi. Con Draghi è cambiato tutto. E ieri Zingaretti l’ha fatto capire chiaramente: «Pd e Lega sono alternativi ma spetterà al premier incaricato costruire la maggioranza». «Troveremo il modo per gestire gli equilibri che dovranno portarci fino all’elezione del capo dello Stato», spiega uno dei notabili dem: «Poi si andrà alle urne». Se così stanno le cose, anche il percorso sarebbe più chiaro. Il governo di scopo potrebbe avere durata limitata: il tempo di mettere in sicurezza il Paese e assegnare Draghi a un futuro incarico istituzionale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Il patto tra Di Maio e Grillo per dare il via libera: non si può dire no al Colle
Tema: Mandato a Draghi, cresce il fronte del «sì»

Un gruppo ferocemente ostile, che solo a sentire la parola Draghi andava in escandescenze, parlando di «macelleria sociale», di «lacrime e sangue», di «banchieri dracula», dell’uomo che «ha sottratto diritti sociali ai popoli» (Nicola Morra). Al Senato si parlava del «90 per cento» del gruppo contrario. Alla Camera volavano insulti. Vito Crimi, imprudentemente, era già uscito con il de profundis di Draghi. In questo quadro, Luigi Di Maio non poteva che muoversi con cautela, evitando strappi, indorando la pillola con i «no al governo tecnico ma», con l’apprezzamento di quel Draghi che gli aveva fatto «buona impressione» e mettendo l’accento sulla locuzione, passpartout perché ambigua, «governo politico». Un’operazione di persuasione quasi occulta che sta dando i suoi frutti e che ha avuto bisogno della spinta finale di altre figure chiave del Movimento, Beppe Grillo e Giuseppe Conte. I primi due si sono sentiti ripetutamente per trascinare il Movimento fuori dalle secche nelle quali rischiava di restare impantanato, l’ex premier alla fine si è accodato. Beppe Grillo ha condiviso con Di Maio prima e con Conte poi la necessità di non perdere quest’occasione. «Non possiamo dire di no al Quirinale», gli ha detto Di Maio. E Grillo ha convenuto: «Sono convinto anche io». A quel punto è partita l’opera di «pontiere», dove ogni pezzo è stato posato con cautela, per evitare un cedimento strutturale «dovete mantenere sangue freddo e lucidità», ha spiegato Di Maio ai suoi, in preda alla rabbia. «Dobbiamo mettere Draghi nelle migliori condizioni per la costruzione di un governo che dia stabilità al Paese».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: L’avvocato punta alla guida del M5S «Io per voi ci sono e ci sarò»
Tema: Conte apre a Draghi

Giuseppe Conte non vuole entrare nel nuovo governo, ma nemmeno intende arroccarsi. E poche cose lo hanno offeso in questi giorni tormentati, quanto il sospetto che abbia mai pensato di ostacolare la formazione di una maggioranza a sostegno di Mario Draghi, indicato dal Quirinale: «I sabotatori cerchiamoli altrove». In quei 180 secondi in piedi dietro al tavolino di piazza Colonna, assediato da cameramen, fotografi e giornalisti, l’avvocato degli italiani ha plasticamente detto addio a Palazzo Chigi, la cui facciata faceva da fondale alla scenografia studiata dal portavoce Rocco Casalino. Ma chi si aspettava un passo di addio, ha assistito a una «mossa del cavallo» che sa tanto di discesa in campo. La dichiarazione con cui il presidente del Consiglio dimissionario rinuncia alla tentazione dell’Aventino, raccoglie l’appello di Mattarella alla responsabilità nazionale e si ritaglia uno spazio politico, contiene messaggi destinati a incidere su uno scenario in convulsa evoluzione. Per dirla con Goffredo Bettini, «Conte ha messo con delicatezza una mano sulla testa dei 5 Stelle». Ha detto loro «io ci sono e ci sarò», parole che tanti parlamentari hanno interpretato come la volontà di mettersi alla testa del Movimento e traghettarlo «per il bene del Paese» nella nuova maggioranza. La scelta sofferta di Conte, favorita in primis da Beppe Grillo, sposta il partito numericamente più grande del Parlamento dal campo di una possibile, barricadera opposizione, a quello della maggioranza.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Il retroscena – Conte apre le porte al governo Draghi – Il predellino del Conte federatore apertura al governo e opa sul M5S
Tema: Conte apre a Draghi

Giuseppe Conte apre le porte al governo Draghi e lancia un’opa sul M5S. Il presidente del Consiglio uscente auspica la formazione di un esecutivo politico e si candida alla guida dei Cinque Stelle: pronto un asse con Grillo e Di Maio per convincere i parlamentari scettici. Parte il pressing del Partito democratico affinché l’avvocato del popolo sia vicepremier. Berlusconi dà il via libera mentre la Lega fibrilla. Ma il vicesegretario del Carroccio, Giorgetti, rompe gli indugi: “L’ex governatore è come Cristiano Ronaldo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Il retroscena – «Perché mai non sostenerlo?» Berlusconi compatta il partito e andrà alle consultazioni
Tema: Mandato a Draghi – Centrodestra

Raccontano che pochi minuti dopo l’appello di Sergio Mattarella, martedì sera, Silvio Berlusconi avesse già spalancato le porte: «Se nasce un governo tecnico guidato da Draghi, con le migliori energie del Paese, perché mai non dovremmo sostenerlo?». E giurano che sia quella sera, sia il giorno dopo, il Cavaliere fosse pronto a una nota per approvare la scelta del capo dello Stato e per complimentarsi con l’ex presidente della Bce «che io ho indicato, io ho nominato, io ho voluto». E infatti dopo cinque mesi di assenza in pubblico il Cavaliere ha deciso di tornare a Roma per guidare la delegazione azzurra all’incontro con Draghi. Le parole che tutti attendevano sono arrivate ieri mattina, con una nota: la scelta di Mattarella «va nella direzione che abbiamo indicato, quella di una personalità di alto profilo istituzionale» per formare un governo con «le migliori energie del Paese». «Un’antica stima mi le ga a Mario Draghi» quindi è «naturale da parte nostra guardare senza alcun pregiudizio al suo tentativo», auspicando «una squadra di governo di profilo adeguato all’enorme impegno» e «un programma all’altezza».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M.Cre. – P.D.C. 
Titolo: Lega in pressing, Salvini è tentato Giorgetti: Draghi è come Ronaldo
Tema: Mandato a Draghi – Centrodestra

Divisi alle consultazioni e divisi, con ogni probabilità, anche al governo. Finisce anche visivamente l’unità del centrodestra, per tutta la durata della crisi ostentata e funzionale a impedire la sopravvivenza del Conte 2 e a far nascere il Conte 3. Tanto era stata decisiva la coesione per impedire lo sfaldamento dei singoli partiti, quanto oggi è necessario che ognuno, per dirla con Matteo Salvini, vada alle consultazioni per conto proprio per dire «liberamente quello ha in testa». Fermo restando che la posizione del leader leghista oggi è quella del «vado a vedere»: «E mio dovere ascoltare Draghi, senza pregiudizi e senza veti». In una situazione che cambia «di ora in ora», i punti fermi sembrano il sì di Forza Italia e il no deciso di Giorgia Meloni che continua a considerare solo il voto contrario o l’astensione. La leader di Fratelli d’Italia stuzzica: «Non metto in discussione la seriet&ag rave; di Mario Draghi, che non conosco, metto in discussione la serietà di quelli che stanno andando con lui al governo». Precisando di riferirsi a Matteo Renzi. Poi si rivolge a Salvini: «Non capisco la sua posizione quando dice: “Draghi scelga tra la Lega e il Movimento 5 Stelle”… perché il Pd va bene? La Boldrini va bene? Leu va bene? Qualcosa mi sfugge, glielo chiederò quando lo sento». La Lega sembra aver superato il bivio. Tra l’altro, già ci sarebbero state delle caute interlocuzioni tra Salvini e qualcuno vicino a Mario Draghi. Alla segreteria del partito, il vicesegretario Giancarlo Giorgetti esprime con grande enfasi la sua posizione nota: «Draghi è un fuoriclasse come Ronaldo, uno come lui non può stare in panchina».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Il retroscena – Ecco i big dei partiti che entrano in squadra – Di Maio, Franceschini, Speranza i big nella squadra, ma c’è il nodo Lega
Tema: Squadra Draghi

Un passo alla volta. Con cautela e ascolto: ecco come si pone Mario Draghi nella costruzione del suo governo. Cesellare la maggioranza, anche con due giri di consultazioni. Ragionare parallelamente sulle caselle da riempire, tassello dopo tassello. Uno è certamente il format del suo esecutivo. Un mix di tecnici e politici, questo è il percorso più probabile. II suo desiderio è un dream team con pochi nomi politici selezionati. E qui si apre però il primo bivio, perché in astratto non può escludere il coinvolgimento di alcuni big. Sarebbe una mossa divisiva, per certi versi, ma anche una “blindatura”. A partire dall’eventuale coinvolgimento di Nicola Zingaretti e Giuseppe Conte. Per il segretario del Pd, diventare ministro servirebbe a rimettersi in gioco. Anche solo non escludere un proprio coinvolgimento, inoltre, diventa strumento di pressione per far capire a Salvini che la Lega dovrebbe restare fuori. Zingaretti otterrebbe un minis tero di peso, come la Difesa o lo Sviluppo economico. Per ora resta sul vago, ma non nega. «Io ministro? Ne parleremo con Draghi e il Pd, ma sono Governatore e faccio già grande fatica così». È evidente che le alternative, per il Nazareno, si riducono a tre: Franceschini, Guerini o Orlando, che però sembra proiettato sul futuro del partito. Difficile, molto difficile che Roberto Gualtieri resti invece al ministero dell’Economia. Più facile che passi le consegne a un super tecnico.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni 
Titolo: Ufficio parlamentare di bilancio: gelata sul Pil 2021 fermo a +4,3% – Sulla ripresa nel 2021 la prima sfida: per l’Authority dei conti Pil solo a +4,3%
Tema: La nota congiunturale Upb

Sull’economia italiana di quest’anno istituzioni e centri di ricerca fanno ormai risuonare un coro che colloca le aspettative della ripresa poco sopra o poco sotto il 4 per cento. E questo dato, quasi utopistico in tempi normali, dopo la mannaia prodotta dal Covid sul 2020 diventa il problema più urgente nell’agenda di Mario Draghi. Che infatti già ieri ha cominciato a parlarne alle delegazioni dei partiti sottolineando, a quanto filtra, l’esigenza di andare in fretta oltre ai ristori per cercare di investire nei settori che offrono nuove «opportunità di crescita». Perché un rimbalzo nei dintorni del 4% è due punti sotto l’obiettivo fissato dal programma di finanza pubblica, e a parità di altre condizioni porterebbe il deficit 2021 vicino a quota 9,5-10% (oggi è ufficialmente stimato all’8,8%). Ma soprattutto perché una ripresa più modesta di quella sperata in autunno rischia concretamente di allungare i tempi del recupero dei livelli pre-crisi. E quindi di estendere gli effetti sociali della pandemia fin qui parzialmente congelati dagli aiuti e dal blocco dei licenziamenti. L’ultimo esame delle prospettive italiane di breve e medio termine è arrivato ieri dalla Nota congiunturale di bilancio dell’Upb. L’Authority parlamentare ipotizza per quest’anno una crescita del 4,3%, cioè quasi due punti sotto alla previsione realizzata in autunno con la validazione della Nadef, a cui seguirebbe un +3,7% nel 2022 (circa un punto in più di quanto calcolato a ottobre). Una dinamica del genere non riuscirebbe a riportare l’economia italiana al livelli pre-Covid alla fine del prossimo anno, fermandola 1,4 punti sotto quella del 2019.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Cellino Maximilian 
Titolo: Spread sotto quota 100 come nel 2015 Conte prepara il sì a Draghi dei 5 Stelle – Effetto Draghi: vola la Borsa, spread sotto 100
Tema: Mercati

Prosegue l’effetto Draghi sui mercati finanziari. Dopo aver premiato il conferimento all’ex presidente della Bce dell’incarico per il nuovo Governo italiano, gli investitori hanno accompagnato ieri la successione di notizie sulle consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo dando ancora fiducia agli asset targati Italia, nonostante la soluzione della crisi politica appaia tuttora incerta. Lo hanno fatto sia acquistando i BTp, i cui rendimenti decennali sono scesi allo 0,55% comprimendo lo scarto sul Bund sotto i 100 punti base per la prima volta da oltre 5 anni, sia sostenendo PiazzaAffari, che con il +1,65% di ieri non ha soltanto guidato l’Europa per il secondo giorno consecutivo, ma si è pure riportata sui massimi da un anno. Significativo il fatto che l’accelerazione sui listini abbia coinciso con l’apertura che il presidente del Consiglio uscente, Giuseppe Conte, ha concesso al successore, sottolineando di non essere un ostacolo al nuovo esecutivo e quindi contribu endo a stemperare le tensioni (e i dubbi) che già cominciavano a insinuarsi anche fra gli investitori. Intanto da Bruxelles la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, plaude all’incarico a Draghi: «Alla Bce ha svolto un ruolo straordinario e di questo ne sono tutti consapevoli. Non solo in Italia».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Draghi: riscriverò il Recovery Plan
Tema: Recovery Plan

Al centro dei colloqui c’è sempre il Recovery plan. Mario Draghi – racconta chi gli ha parlato ieri – ci torna spesso durante la prima giornata di consultazioni. Il premier incaricato è convinto che la salvezza non solo dell’Italia ma dell’Europa passa da lì. «Per la prima volta ci sono degli europei disposti a pagare le tasse per altri europei», sottolinea Draghi, che allo stesso tempo avverte la pericolosità della sfida: «Se non saremo in grado di usare bene con saggezza e intelligenza le risorse messe a disposizione da Next generation Eu, la reazione sarà durissima e l’Europa farà un significativo passo indietro». Ecco perché non c’è tempo da perdere. L’ex presidente della Bce è attento nell’uso delle parole. Ma la sostanza è chiara: il Piano va riscritto puntando sulla crescita «per convertire la depressione di quest’anno e mezzo, anche delle persone, in vitalità». Sus sidi e ristori non bastano, servono investimenti. Il primo giorno di consultazioni si apre positivamente per il premier incaricato. I mercati con lo spread sotto quota 100 anticipano quanto di lì a poco sarebbe stato chiaro: la maggioranza per il Governo Draghi c’è e sarà consistente. Più complicato sarà scrivere la lista dei ministri.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Intervista a Ursula von der Leyen – Von der Leyen “Bene Supermario subito il Recovery” – Von der Leyen: “Bene Draghi ora sul Recovery plan l’Italia lavori senza sosta”
Tema: Recovery Plan

Bisogna «lavorare senza sosta» al Recovery Plan italiano. Perché il tempo a disposizione è poco e i soldi da utilizzare tanti. Ursula von der Leyen cerca di tenersi fuori dalle dinamiche politiche romane, ma il sorriso che compare sul suo volto quando sente pronunciare la parola «Mario Draghi» fotografa alla perfezione il sentimento di fiducia che si respira nel Palazzo Berlaymont verso il nuovo capo del governo. Dal quartier generale della Commissione europea, la presidente difende il piano Ue sui vaccini che le sta costando parecchie critiche. Ma per la prima volta ammette i passi falsi: l’Ue ha sottovalutato i problemi legati alla produzione e soprattutto ha contribuito ad alzare più del dovuto le aspetta tive dei cittadini. In Italia sta per nascere un governo guidato da Mario Draghi: per voi è l’opzione migliore? «Alt. Si tratta di un affare italiano. E come sapete abbiamo una regola d’oro: non commentiamo mai le que stioni politiche interne. Posso solo dire che Draghi alla Bce ha svolto un ruolo straordinario e di questo ne sono tutti consapevoli. Non solo in Italia». Con il precedente governo italiano avevate avviato la discussione sul Recovery Plan: che impatto avrà il cambio della guardia a Palazzo Chigi? «Da settimane, per non dire mesi, lavoriamo con le autorità italiane e con le parti interessate per sviluppare i dettagli della bozza. E il lavoro è ancora in corso. Lo dico per sottolineare quanto dettagliato sia questo lavoro, visto che si tratta di un ammontare enorme di fondi da spendere in un periodo di tempo relativamente limitato, in pochi anni. Dobbiamo andare in profondità nei dettagli, definendo obiettivi e tabella di marcia. Per questo siamo pronti e impegnati con l’amministrazione italiana per lavorare senza sosta e andare avanti perché il tempo è prezioso e non vediamo l’ora di vedere come sarà formato il nuovo governo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  D’Argenio Alberto 
Titolo: Ma per avere i fondi europei Roma deve correre
Tema: Recovery Plan

Un sentimento contrastante. Da un lato l’ottimismo e la fiducia verso l’Italia che crescono insieme all’ipotesi di un governo guidato da Mario Draghi, possibilmente sorretto da una maggioranza solida. Dall’altra la consapevolezza che Roma non ha più tempo da perdere: se vuole incassare subito, già in estate, i primi soldi del Recovery Fund, deve correre. Già, perché intorno al 20 febbraio la Commissione europea aprirà alle notifiche formali dei piani nazionali per accedere ai finanziamenti straordinari. Bruxelles da settimane chiede di più all’Italia, tra i paesi storicamente con le peggiori performance per l’assorbimento dei tradizionali fondi europei. I soldi del Recovery dopo il primo acconto del 13% verranno sborsati a tranche semestrali previo controllo del rispetto della roadmap su opere, investimenti e riforme. Per evitare che Roma perda le tranche perché troppo lenta nella realizzazione del piano, la Commissione europea “consig lia” di introdurre procedure speciali che rendano più snelli i vari passaggi burocratici e amministrativi per l’attuazione del piano. Un’altra sfida pressante che attende il prossimo governo. A Bruxelles c’è un ultimo timore, ma a questo punto più sfumato rispetto ai giorni scorsi. Affinché la Commissione Ue possa andare sui mercati a raccogliere i 750 miliardi del Next Generation Eu con gli Eurobond, è necessario che i parlamenti nazionali ratifichino il Recovery. E affinché l’Eurogoverno possa iniziare i primi pagamenti a giugno, è vitale chele ratifiche arrivino entro aprile. L’Italia ha inserito la ratifica nel Milleproroghe di fine dicembre, che va convertito entro fine febbraio.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio 
Titolo: Marcegaglia: «Draghi è la persona giusta»
Tema: Mandato a Draghi, le reazioni dei sindacati

Il premier incaricato, Mario Draghi «è assolutamente la persona giusta. La sua storia parla per lui, ricordiamoci che, alla guida della Bce, ha salvato l’Europa durante la crisi finanziaria»: sono parole di Emma Marcegaglia, chair del B20, il Business summit nell’ambito del Geo Italy che ha aggiunto «è un uomo di grandissimo spessore internazionale ed esperienza. E ha anche la sensibilità politica per affrontare un momento drammatico». Tra temi da affrontare, Marcegaglia ha richiamato «quello che ha già detto il presidente Mattarella e lo stesso Draghi: lavorare sulla vaccinazione, sul problema del lavoro, fare in modo che l’Italia torni a crescere. Quindi lavorare sul Next generation Eu: abbiamo a disposizione 209 miliardi, bisogna mettersi subito al lavoro con proposte e progetti concreti». Reazioni anche da Cgil, Cisl, Uil che valutano «molto positivamente che il presidente incaricato Mario Draghi abbia affermat o di voler aprire un confronto di merito anche con le parti sociali». Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri hanno espresso «la loro disponibilità fin da subito ad incontrare il presidente incaricato» per «esternare le proposte già illustrate al precedente governo», esprimendo «preoccupazione per l’emergenza sanitaria, sociale, occupazionale ed economica del Paese che rischia di aggravarsi nelle prossime settimane, quando scadrà il blocco dei licenziamenti e la cassa Covid». I sindacati auspicano la proroga della cassa integrazione per l’emergenza Covid contenuta nel decreto Ristori 5, che rimane in stand by a causa della crisi di governo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto 
Titolo: Da Ruffini a Scannapieco, tecnici ai ministeri economici Il rebus dei dicasteri ai partiti
Tema: Mandato a Draghi

I tre ministeri di spesa, Mef (Economia), Mise (Sviluppo economico) e Mit (Infrastrutture), affidati a tecnici, d’area o puri. Poi due ministri a partito, almeno per quelli più grandi, uno ad Italia viva. Uno schema che subirebbe comunque una dinamica a fisarmonica in base al perimetro della maggioranza: più è larga più è possibile immaginare una prevalenza di tecnici sui politici, proprio per sminare conflitti e incompatibilità, anche caratteriali dentro il nuovo esecutivo. È comunque ancora prematuro immaginare la futura squadra di Mario Draghi, il momento della verità arriverà solo alla fine delle consultazioni, dopo che l’ex governatore della Bce avrà chiara la dimensione del sostegno politico al suo esecutivo e sarà pronto a giurare nella mani del capo dello Stato.  In ogni caso quello che appare certo è che l’ex governatore della Bce non ha alcuna intenzione di fare consultazioni sui n omi, di cui parlerà con il Quirinale. Ha già sfilato una serie di opzioni per le diverse caselle dell’esecutivo ma sarà in sostanza una squadra modello «prendere o lasciare». Suggerisce un ministro uscente: «Un maggiore spazio per gli equilibri cari ai singoli partiti potrà essere riservato semmai nella cornice della scelta dei sottosegretari».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Biden: le truppe Usa restano in Germania
Tema: Stati Uniti

Il contingente dei soldati americani in Germania non si tocca. Fine, invece, dell’appoggio militare all’occupazione saudita dello Yemen. E un avvertimento a Putin: gli Usa sono pronti a «rispondere con durezza» a «ogni azione maligna», che sia un attacco cibernetico o il tentativo di turbare le elezioni presidenziali. «L’America è tornata», annuncia Joe Biden nel suo primo discorso organico di politica estera, tenuto ieri al Dipartimento di Stato. La chiave del nuovo corso è il ritorno non solo al multilateralismo, ma alla logica delle coalizioni tra gli alleati storici. «Nelle ultime due settimane ho parlato con i leader di molti dei nostri più stretti partner – Canada, Messico, Regno Unito, Germania, Francia, la Nato, il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia – per cominciare a rinsaldare la nostra cooperazione e a irrobustire i muscoli delle alleanze democratiche che si erano atrofizzate negli ultimi quattr o anni». Da notare che il presidente Usa ha citato tutti i Paesi del G7, tranne l’Italia. C’è, invece, un segnale di distensione molto forte verso la Germania. Il Pentagono non ritirerà 12 mila militari, su un totale di 36 mila, come aveva ordinato Trump nel luglio del 2020. La cronaca porta al colpo di Stato nel Myanmar (Birmania). Biden minaccia «severe sanzioni, se la giunta militare non lascerà il potere. Biden richiama «le ambizioni crescenti della Cina» e «la determinazione russa di destabilizzare la nostra democrazia». Promette «fermezza» per «fronteggiare i comportamenti commerciali scorretti dei cinesi» e «l’abuso sui diritti umani». Ancora più duro con il Cremlino: «Ho messo in chiaro con il presidente Putin che è finita una stagione. L’America reagirà a qualsiasi tipo di attacco. Intanto il governo russo rilasci Navalny».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: La diplomazia di Biden “L’America è tornata reagirà a Cina e Russia”
Tema: Stati Uniti

«America Is Back»: l’America è di ritorno. Subito dopo: «Diplomacy is Back», torniamo a fare diplomazia. Sono le due frasi con cui Joe Biden apre il suo primo discorso programmatico di politica estera. Lo fa al termine di una visita al Dipartimento di Stato. Biden indica subito quali siano le due sfide principali: «Rispondere alle ambizioni crescenti della Cina. Reagire alle offensive con cui la Russia ha cercato di sabotare la nostra democrazia». Per Biden il richiamo alla tradizione liberale e umanitaria non è buonismo: «Una diplomazia che affonda le radici nei nostri valori, che difende la libertà, è la nostra forza, è ciò che ci ha sempre messi in vantaggio sugli avversari». Che non sia un disegno di abbassare la guardia verso Xi Jinping, lo chiarisce subito: «Affronteremo la Cina per i suoi abusi economici. Se rispettasse le regole del gioco, non avrebbe sofferto tanto la competitivit à dei lavoratori e delle imprese americane». C’è anche il tema dei diritti umani sul quale questa Amministrazione usa un linguaggio eguale a quello di Mike Pompeo: il nuovo segretario di Stato Antony Blinken ha ripreso la stessa definizione di «genocidio& raquo; per il trattamento inflitto agli uiguri musulmani dello Xinjiang. Ma apre alla cooperazione «se i cinesi vogliono lavorare insieme a noi». Biden indica subito un terreno possibile d’intesa nella lotta al cambiamento climatico. Fra i terreni su cui invece lui è deciso a contrastare l’avanzata cinese – oltre alla guerra tecnologica, al 5G, allo spionaggio industriale, agli attacchi di hacker – c’è l’esportazione del modello autoritario fuori dal perimetro della Grande Muraglia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Olimpio Guido 
Titolo: Condannato «Daniel», la spia dall’Iran Europa-ayatollah: è un caso diplomatico
Tema: Terrorismo

Un messaggio giudiziario e politico a Teheran. C’è questo nella sentenza per Assadollah Assadi, diplomatico iraniano condannato a 20 anni di prigione. Un tribunale belga lo ha riconosciuto colpevole di aver progettato un attentato contro una manifestazione di esuli a Parigi, nell’estate del 2018. Terzo segretario all’ambasciata iraniana a Vienna, dove arriva nel 2014, il funzionario è ritenuto il responsabile della rete europea del Dipartimento 312, entità dei servizi di intelligence. Per questo si sposta in tutto il continente per allacciare rapporti e reclutare elementi, compresa una coppia che vive da tempo in Belgio, Amir Saadouni e la moglie Nasimeh Naami. Le indagini sono ampie, condotte da Germania, Belgio, Austria, Francia. Gli inquirenti hanno ricostruito tutti i movimenti, lavoro favorito anche dalla documentazione sequestrata. In particolare un taccuino verde, dove la spia ha annotato appuntamenti, trasferte, spese, e il Gps delle auto utilizzate. Dall e carte processuali risulta che ha visitato 289 località in undici Paesi diversi. Nella lista appare anche l’Italia – 13 volte – con tappe a Milano e Venezia. Assadi somiglia più a Pollicino che a 007. L’enorme massa di indizi solleva dubbi sulla sua professionalità, un funzionario che peraltro aveva già operato in zone difficili, come l’Iraq. La vicenda fornisce munizioni a quanti chiedono che Joe Biden non riapra il dialogo con Teheran. Davanti agli addebiti la Repubblica islamica ha parlato di atto illegale, di una manovra creata dagli avversari per mettere in difficoltà il presidente Rouhani. Ma ha anche pensato al dopo rastrellando diversi iraniani con la doppia cittadinanza: messi in prigione con vari pretesti, rischiano di restare a lungo in cella oppure la sentenza capitale.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colarusso Gabriella 
Titolo: Venti anni al diplomatico iraniano “Una spia, voleva colpire l’Europa”
Tema: Terrorismo

Per la prima volta dalla rivoluzione khomeinista del 1979, un diplomatico iraniano è stato condannato da un tribunale europeo per terrorismo con una sentenza destinata a influire sui rapporti tra Bruxelles e Teheran mentre si discute di nuovi possibili negoziati sul nucleare. Assadollah Assadi era il terzo segretario dell’ambasciata iraniana a Vienna dal 2014. Nel 2018 è stato arrestato con l’accusa di aver organizzato un attentato – poi sventato dalle intelligence – contro un raduno in Francia del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, sigla che racchiude diversi gruppi dell’opposizione iraniana all’estero e che è considerata da Teheran un’organizzazione terroristica. Ieri il tribunale di Anversa ha condannato Assadi a 20 anni di prigione e i suoi tre complici, tra cui due cittadini con doppio passaporto belga e iraniano, a 15,17 e 18 anni, accogliendo la tesi dell’accusa che a ordinare l’attentato sia stata direttamente l’intelligence iraniana. I legali di Assadi hanno già annunciato che faranno ricorso, mentre il governo iraniano nega qualsiasi coinvolgimento e definisce il processo illegale. «E’ una cospirazione. Non riconosciamo la giurisdizione del Belgio nè la legittimità della sentenza, Assadi ha l’immunità diplomatica», dice l’ambasciatore iraniano in Italia, Hamid Bayat. Assadi fu arrestato mentre era in viaggio in Germania, le autorità tedesche sostennero che l’immunità non valeva fuori dall’Austria e lo estradarono in Belgio.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Maraini Dacia 
Titolo: Donne nel board se parlano poco
Tema: Olimpiadi

Il presidente dei Giochi olimpici giapponesi, Yoschiro Mori, ha sostenuto che le donne parlano troppo e quindi è meglio che non stiano nei comitato decisionale dei Giochi. E’ stato subito preso in giro e poi accusato di  misoginia e richiesto di dimettersi. Lui si è scusato, ma rifiutando di riconoscere fino in fondo la sua responsabilità. Come a dire: io continuo a pensare così, ma poiché sono un gentiluomo, uno che di fronte a una porta, fa passare avanti le signore, chiedo scusa, ma rimango al mio posto con le mie idee. Qualcuno ha sostenuto che non bisogna dare peso alle parole di un vecchio conservatore ormai fuori tempo. Ma purtroppo devo dire che le stesse parole potrebbe averle dette un giovane. Purtroppo, di fronte alle nuove libertà professionali ed erotiche delle donne, molti uomini, i più deboli e impauriti, trovano conforto nell’antico istinto brutale: una vendetta selvaggia e totale. Il mondo dello sport, oltre tutto , è spesso considerato un giardino privilegiato maschile. Il calcio, la corsa, le gare ciclistiche, automobilistiche, si ammette che possano essere accompagnate da una fedele osservatrice, da belle e giovanissime tifose, ma il protagonista vincente e combattivo non può che essere maschio. Ora invece le donne stanno entrando in campi a loro interdetti fino a poche generazioni fa. Lo fanno con una serietà e un impegno che contraddicono gli stereotipi della femminile delicatezza e fragilità.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Cesare Gaia 
Titolo: «Le donne? Parlano troppo» Olimpiadi senza quote rosa
Tema: Olimpiadi

L’obiettivo parità di genere è fissato per le Olimpiadi di Parigi 2024, ma già da quest’anno le donne saranno poco meno della metà degli atleti in gara a Tokyo, il 48,8%. Eppure anche stavolta – come ogni buon evento che si rispetti – il copione si ripete. Le frasi sessiste o ironiche, secondo qualcuno – di un uomo con ruolo e poltrona di primo piano, la bufera che ne consegue, le scuse postume di chi ammette di aver sbagliato, e poi tutto come prima. Fino alla prossima gaffe. Nell’occhio del ciclone stavolta è finito Yoshiro Mori, 83 anni, presidente del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo ed ex primo ministro, che con le sue dichiarazioni ha aggiunto altri guai all’appuntamento sportivo, già colpito dal rinvio per coronavirus e posticipato di un anno all’estate 2021, con il sospetto che l’emergenza sanitaria possa ancora costringere alla cancellazione. Ma ecco le frasi incriminate: «Nei consigli di amministrazione con tant e donne si perde molto tempo». La ragione? Parlano troppo. «Hanno difficoltà a finire i loro interventi». Anzi peggio: «Le donne hanno spirito di competizione. Se una alza la mano (per intervenire), le altre credono che debbano esprimersi anche loro. E finiscono per parlare tutte», spiega Mori durante una riunione on-line i cui contenuti finiscono sui giornali. Passano pochi giorni e la marea anti-Mori si alza.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Campane a morto per l’Urss Mosca 1991, il golpe abortito
Tema: Russia

Resteranno per sempre i comunisti who couldn’t shoot straight, che non sapevano sparare dritto. Sono passati quasi trent’anni da quell’agosto del 1991, quando un improbabile e maldestro gruppo di golpisti si illuse di poter riprendere il controllo dell’Unione Sovietica, ormai trasfigurata dalla perestrojka di Gorbaciov, con un putsch militare che invece finì per precipitare il crollo del primo Stato socialista nato dalla rivoluzione d’Ottobre. Il golpe d’agosto fu una tragica commedia degli errori, segnata da improvvisazione, dilettantismo, superficialità, ma soprattutto autismo politico e incapacità di percepire il Paese reale da parte di una banda di sedicenti vestali dell’ortodossia marxista-leninista. Ma fu anche uno di quei momenti fatali di cui parla Stefan Zweig, nei quali la storia si fa strada a spallate e ad un tratto tutto appare possibile, rovesciando ogni paradigma e proiettando sul palcoscenico del mondo nuovi protagonisti.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Varese Federico 
Titolo: Il narcotraffico dietro al golpe in Birmania – Birmania, il golpe dei generali salva gli affari del narcotraffico
Tema: Golpe in Birmania

Pochi sembrano aver compreso le ragioni del colpo di stato in Myanmar. Per capire gli eventi di questi giorni bisogna avventurarsi nel nord della Birmania, dove si produce e raffina l’eroina, le pillole di metanfetamina mischiata al caffè dette yaba, e l’ice, piccoli cristalli bianchi nove volte più potenti della cocaina venduti in bustine da tè. Il fentanil, prima smerciato agli americani in modo legale dall’industria farmaceútica, viene ora confezionato qui. Il nostro viaggio parte da Ruili, una città cinese al confine con la Birmania, che ho visitato qualche anno fa per scrivere un libro sulle mafie globali. Attraverseremo il confine per entrare a Muse e continueremo fino a Lashio e Mandalay. Questo viaggio ci permetterà di capire l’equilibrio della droga, dove gruppi paramilitari appoggiati dai generali birmani, milizie etniche ed esercito regolare gestiscono un mercato che vale 40 miliardi di dollari l’anno, in una delle regioni più povere del mondo. Capiremo anche come le proposte del parlamento che mettevano in pericolo questo sistema andavano fermate. Nel frattempo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso “profonda preoccupazione” per il golpe e ha chiesto l’immediato rilascio di Suu Kyi e degli altri detenuti. Lunedì i militari hanno annunciato che avrebbero preso il potere per un anno, accusando il governo di non aver indagato sulle presunte frodi elettorali avvenute nelle recenti elezioni, che hanno visto una schiacciante vittoria della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) di Suu Kyi. Intanto le azioni di disobbedienza civile (alla quale ha fatto appello la Lnd) si moltiplicano. In prima linea c’è il personale medico, che ha dichiarato che non lavorerà per il governo militare.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Joly Andrea 
Titolo: I liceali scrivono a Patrick “Anche in carcere non sei solo” – “Caro amico Patrick…” Tante lettere e un appello per la cittadinanza
Tema: Caso Zaki

L’Italia intera si mobilita per Patrick Zaki. A quasi un anno esatto dall’arresto, il 7 febbraio 2020, si moltiplicano le iniziative per la liberazione dello studente egiziano iscritto all’università di Bologna. A 364 giorni da quel fermo all’aeroporto del Cairo con l’accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazioni illegali, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo, l’intero Paese vede nascere movimenti per reclamare il suo rientro. A partire da internet, dove la petizione online diretta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha raccolto oltre 100 mila firme per ottenere la cittadinanza onoraria per Patrick: «Noi italiani —-si legge – abbiamo già dovuto subire schiaffi morali con il caso Giulio Regeni. La proposta nazionale parla di 200 comuni che concederanno la cittadinanza a Patrick: iniziativa lodevole, ma non basta». L’organizzazione internazionale Amnesty International Italia, vuo le illuminare di giallo il 7 e l’8 febbraio tutti gli edifici pubblici, i monumenti e le fontane. E ha attivato da mesi un progetto che coinvolge più istituti superiori perché gli studenti facciano sentire la propria vicinanza alla famiglia e a Patrick attraverso una serie di lettere inviate dalle proprie aule. Come nel caso del liceo scientifico Galileo Ferraris di Torino, dove i giovani di una classe seconda ogni mese inviano i propri pensieri a Patrick. E anche se queste lettere non gli sono mai state recapitate questi studenti non si fermano.
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