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SINTESI IN PRIMO PIANO – 4 maggio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– Fase 2, Conte: «L’ora della responsabilità». Dalle fabbriche ai cantieri: ripartono in 4,4 milioni;
– Covid-19, contagi e morti, dati più bassi dal 10 marzo;
– Reddito di emergenza e imprese, scontro nel governo;
– Boccia contro la Calabria, impugnata l’ordinanza. Ora rischia la Sardegna;
– Guerra Fredda sul contagio. Gli Usa accusano Pechino: «Virus uscito da un laboratorio»
– Egitto, in carcere dal 2018 muore il regista del video anti Al-Sisi.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Iossa Mariolina 
Titolo: Contagi e morti, dati più bassi dal 10 marzo
Tema: Coronavirus, i dati del contagio

I numeri che arrivano dalla Protezione civile, nella domenica precedente alla ripresa di una vita più «normale», sono una nuova conferma. Da oggi, con un virus che non è andato via ma che può essere controllato, tocca soltanto a noi cittadini. I dati ci confortano. Sono tutti in discesa, e sono i più bassi dallo scorso 10 marzo, di fatto da quando è cominciato il lockdown. I contagiati dall’inizio dell’epidemia, almeno 210.717 persone, sono cresciuti di 1.389 (0,6% l’aumento percentuale su base quotidiana), i deceduti sono 174 in più, sabato erano 192, a cui se ne erano aggiunti 282 relativi all’aggiornamento complessivo che a fine mese forniscono i Comuni della Lombardia; 1.740 i dimessi e i guariti, per un totale di 81.654, i malati attuali sono 100.179, sabato erano 100.704, venerdì 100.953. I pazienti ricoverati con sintomi sono 17.242; 1.501 (-38, -2,5%; ieri -39) sono in terapia intensiva. In Lombardia la situazione migliora, ed è questo che influisce in maniera positiva su tutti i numeri che concorrono alle medie nazionali. I nuovi casi sono 526, il giorno prima erano 533: un quadro stabile ma in progressiva diminuzione. Sono decedute 14.231 persone, con un incremento su base quotidiana di 42, e anche questo numero è in diminuzione rispetto a sabato quando erano stati 47; i guariti e dimessi sono altri 471, i ricoveri in ospedale diminuiscono di 8o e i pazienti in terapia intensiva sono 13 in meno.  Se sabato la Calabria aveva registrato zero nuovi contagi, ieri il «primato» è toccato al Molise: ma in generale i dati sono confortanti e in discesa in tutte le regioni, ad eccezione della Campania e di Trento, dove gli aumenti non sono però preoccupanti e potrebbero dipendere semplicemente dal numero di tamponi effettuati o dalle registrazioni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Addio all’autocertificazione per lavoro, passeggiate e sport Sul modulo non si deve indicare il nome di chi si va a trovare
Tema: Emergenza coronavirus, al via la fase 2
Comincia il momento più delicato dall’inizio della pandemia. I limiti e le cautele restano, ma vengono allentati molti divieti. L’ingresso nella «fase 2» dell’emergenza da coronavirus prevede minori incombenze per i cittadini e dunque maggiore responsabilità. Perché l’autocertificazione servirà soltanto in alcuni casi e la riapertura di uffici e aziende porterà molte più persone in giro. E dunque la circolare diramata ieri dal Viminale sollecita chi effettua i controlli a «valutare i casi con un prudente ed equilibrato apprezzamento» e chi esce a rispettare «il divieto di assembramento». Ma soprattutto riepiloga le regole, ormai note, per contrastare il Covid-19. Per andare al lavoro basterà esibire il tesserino o la lettera dell’azienda. Sarà necessario compilarlo per giustificare le visite mediche e quelle ai congiunti indicando il grado di parentela, ma non l’identità della persona che si va a trovare per tutelare la privacy. La mascherina. È obbligatorio indossarla –  per gli adulti e per i minori dai 6 anni in su –  quando non si può mantenere la distanza. Ma anche sui mezzi pubblici, nei negozi e quando si incontrano i congiunti
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: La Fase 2 di Conte che in tre settimane ora si gioca tutto
Tema: Emergenza coronavirus, al via la fase 2

II destino di Giuseppe Conte è appeso a una R con zero e alle sue conseguenze. Se l’indice di contagio del Coronavirus tornasse incontrollato, se il premier fosse costretto a richiudere ancora parte del Paese, se il decreto aprile, che è diventato decreto maggio e si chiamerà Curaltalia 2 non darà gli effetti sperati, nonostante i 55 miliardi di spesa, il presidente del Consiglio perderà l’unico scudo che adesso lo difende: quell’indice di popolarità che ieri il sondaggio di Demos per Repubblica dava al 64% contro il 71% di marzo. In calo di 7 punti, ma ancora abbastanza alto da fare da barriera alle frecce già puntate contro il governo: quelle di una parte degli industriali, che avevano chiesto più coraggio sulla fase due. Dell’Italia Viva di Matteo Renzi, che dalla maggioranza lancia l’ennesimo ultimatum proprio sui temi dell’economia. E ovviamente dell’opposizione, con Matteo Salvini che scommette sul disastro e prevede «il caos totale». Finora Conte è stato rassicurato dai sondaggi che ancora ieri rimbalzavano tra i suoi collaboratori dimostrando una cosa sola: le forze che sostengono il governo con convinzione, il Pd e i 5 stelle, sono salde o crescono. Chi lo attacca continua a calare. L’altro elemento è la «stabilità»: «Cambiare esecutivo in questo momento – è il ragionamento fatto a Palazzo Chigi – non potrebbe che indebolire il Paese, anche a livello internazionale. Tutto però sembra dipendere dalle prossime tre settimane. Perché per quanto gli ultimi passi siano stati improntati alla massima cautela, tanto da tornare indietro sulle visite agli amici e sulla possibilità di andare nelle seconde case, mantenendo l’obbligo di autocertificazione e inserendo quello della mascherina in tutti i luoghi chiusi, con il suo dpcm Conte ordina – da oggi – la fine del lockdown. E riapre il Paese assumendo su di sé tutta la responsabilità di un atto per certi versi inevitabile, ma ancora pericoloso.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Intervista a Giuseppe Conte – «L’ora della responsabilità» – L’appello di Conte alla responsabilità: «Ora sta a noi decidere se vogliamo evitare dolorosi dietrofront»
Tema: Fase 2, l’intervista a Giuseppe Conte

«La ripartenza del Paese è nelle nostre mani – dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte -. Tocca a noi decidere se vogliamo che sia risolutiva e definitiva. Se vogliamo evitare dolorosi passi indietro adesso più che mai servono collaborazione, senso di responsabilità, rispetto delle regole da parte di tutti. Non è una fase meno complessa di quella che si sta chiudendo, ma finora la risposta della popolazione è stata molto efficace e confido continui ad esserlo». Tutto è ormai concentrato sulle scelte dei singoli, su come reagiranno gli italiani alla fase 2, alla maggiore libertà, alla possibilità di andare a trovare un congiunto, al fatto che in quasi 4 milioni torneranno al lavoro, al rispetto rigido dei protocolli negli esercizi commerciali. Il ragionamento che Conte fa inverte l’onere della responsabilità, mettendolo anche sulle spalle degli italiani, dei loro comportamenti: «A partire dal 4 maggio i cittadini saranno i veri protagonisti della fase 2. Più che a decreti e a ordinanze dobbiamo puntare ai principi di autotutela e di responsabilità: occorrono comportamenti appropriati, infatti, per tutelare sé stessi e senso di responsabilità per proteggere gli altri. Non dobbiamo sperperare in pochi giorni quello che abbiamo faticosamente guadagnato in 50 giorni». Nel pomeriggio con un post su Facebook il capo del governo aggiunge concetti simili: «Fino ad oggi la maggior parte dei cittadini è stata al riparo nelle proprie case. Da domani oltre 4 milioni di italiani torneranno al lavoro, si sposteranno con i mezzi pubblici, molte aziende e fabbriche si rimetteranno in moto. E saranno ben più numerose le occasioni di un possibile contagio, che potremo scongiurare solo grazie a un senso di responsabilità ancora maggiore».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  P.D.C. 
Titolo: Di Maio attacca Renzi per l’aut aut al governo Salvini: loro confusi
Tema: Fase, scontro tra i partiti

Nel giorno della riapertura, almeno parziale, del Paese, la politica oscilla tra la ricerca di un linguaggio comune per affrontare l’emergenza e la sfida perenne tra partiti. Da una parte c’è il centrodestra che chiede di poter far sentire la propria voce, ma che lo fa con accenti diversi. Dall’altra le forze di governo che tendono in parte la mano, in parte respingono il dialogo, in parte litigano fra di loro. Nella maggioranza infatti risuona l’eco della minaccia di Renzi: basta col «populismo» o si faccia a meno di Italia viva. Una replica è arrivata ieri da Di Maio: «Renzi? Il tema della crisi di governo ormai, mi spiace dirlo, è una prassi tutta italiana, se traballa il governo ce lo chiediamo ogni giorno da 70 anni. Ogni singolo componente di questo governo non si sta fermando un attimo, idem il Parlamento. Stiamo giocando tutti la stessa partita. Ogni singola forza politica, di maggioranza e di opposizione, dovrebbe indossare la maglia dell’Italia». E nel merito delle richieste dell’ex premier perché si riparta velocemente: «Se pensiamo al consenso elettorale possiamo riaprire tutto già domani. Se vogliamo agire tutelando la vita dei cittadini la via è quella della prudenza». Ma la fibrillazione resta. Lo sanno nel Pd, dove si cerca un rapporto corretto con l’opposizione. Il capogruppo al Senato Andrea Marcucci si augura che «il decreto maggio avvii una nuova fase, che fino a oggi purtroppo non è decollata, collaborando con lealtà da una parte e dall’altra anche sui testi, sui margini di cambiamento, sui tempi di discussione», e sottolinea «il comportamento di FI, il gruppo che si è distinto di più». E se Silvio Berlusconi continua a dimostrarsi aperto alla possibilità di mettere assieme le forze per il bene del Paese ma senza che questo significhi fare da stampella al governo, Matteo Salvini è molto più guardingo: «Il governo ha bisogno di scaricare sull’opposizione la responsabilità delle tensioni interne alla maggioranza».
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: Tra Conte e Renzi nervi sempre più tesi “Il premier ci ascolti”
Tema: Fase, scontro tra i partiti

Renzi, Berlusconi: non ci sarà la staffetta, uno esce dal governo l’altro va a fare la stampella a Conte in un giro di valzer nei saloni dei palazzi politici. Nessuno dei due crede al premier quando, nell’intervista al direttore della Stampa, sostiene che il governo è solido e dice addirittura di riuscire a lavorare «bene» con Italia Viva. Ma intanto la attacca dicendo che in maggioranza c’è chi persegue il suo «particulare», citando il fiorentino Guicciardini. Gocce di veleno sul senatore di Rignano, che replica a modo suo: «Guicciardini molto interessante ma ho sempre preferito Machiavelli». Renzi consiglia al premier di non crogiolarsi al sole dei sondaggi. «Quelli del Grande fratello non hanno capito – spiega ai suoi – che in democrazia parlamentare non contano i sondaggi ma i seggi e Italia Viva ha 17 senatori. Ma noi non chiediamo sottosegretari e ministri: facciamo proposte senza essere ascoltati». Una risposta a quel passaggio dell’intervista in cui il premier sostiene di avere sempre dato priorità alla ragionevolezza delle proposte, «al di là di chi le sostiene, aldilà se è rappresentativo del 2 o del 25% del Paese. Quando ci confrontiamo con i capidelegazione dei partiti ognuno ha lo stesso peso». Ma è proprio questo che confutano i renziani. Un esempio su tutti: da novembre chiedono un piano shock per sbloccare le opere pubbliche senza una risposta. Clima pessimo nella maggioranza. Italia Viva considera Conte un «vanesio che vive guardandosi allo specchio». Renzi pensa che di questo passo il Paese andrà a sbattere e questo avverrà tra settembre e ottobre quando esploderà la tensione tra «garantiti e non garantiti», tra chi ha uno stipendio e i liberi professionisti, le partite Iva, chi dovrà chiudere la propria attività commerciale
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: Boccia contro la Calabria impugnata l’ordinanza Ora rischia la Sardegna
Tema: Boccia impugna l’ordinanza della Regione Calabria

Bocciata la Calabria, messa in mora la Sardegna. Il governo non fa sconti ai presidenti di Regione di centrodestra che dettano proprie regole senza attendere le linee guida per la fase 2. Dopo la diffida, è arrivata l’impugnativa per l’ordinanza con cui la governatrice calabrese Jole Santelli ha deciso l’immediata riapertura di bar e ristoranti nel suo territorio. «Santelli sa che il luogo del confronto – dice il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia – è il tavolo permanente con le Regioni. E mi dispiace che lei non abbia nemmeno partecipato alle ultime due videoconferenze. L’ho anche chiamata. Il suo atto è illegittimo». Boccia sottolinea che non è tempo di iniziative autonome: «Solo dopo il 18 maggio, o nella settimana successiva, ci saranno differenze territoriali e ogni Regione potrà fare alcune cose in funzione della sicurezza che ha costruito». Oggi gli atti saranno inviati al Tar, che potrebbe decidere sulla sospensiva del provvedimento della Regione Calabria già nei prossimi giorni. Fino a ieri sera Boccia ha atteso che Santelli ritirasse l’ordinanza, ma la governatrice ha confermato che non farà passi indietro: «Sono convinta di quello che ho firmato. E sono sicura che entro una settimana altri faranno esattamente la stessa cosa che ho fatto io. Anche all’inizio della fase 1 – dice Santelli – il governo impugnò gli atti che in diverse regioni prevedevano la chiusura delle scuole, poi mi sembra che abbia adottato la medesima misura. Bisogna tener conto che ci sono aree del, Paese che, oltre ad avere un basso numero di contagi, hanno anche una condizione di svantaggio economico. Se io non consento ai proprietari di questi locali di ripartire ora, non riaprono più».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Napolitano Pasquale 
Titolo: La «strategia» di Boccia: bastone con la Calabria carota con le regioni Pd
Tema: Boccia impugna l’ordinanza della Regione Calabria

II bastone contro Jole Santelli, governatrice di Forza Italia della Calabria. La carota contro i presidenti delle giunte rosse di Campania, Emilia Romagna e Lazio. Il governo alza la voce contro le regioni guidate dal centrodestra ma chiude un occhio su quelle amministrate dal centrosinistra. Da giorni il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia (Pd) monopolizza tv (ieri da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più) e giornali per bastonare la presidente della Calabria Santelli. Quale accusa l’esecutivo giallorosso muove contro la governatrice azzurra? Aver varato un’ordinanza che riapre parzialmente (solo tavoli all’esterno) bar e ristoranti in una regione dove il coronavirus è praticamente sconfitto. Ma lo stesso governo (di cui fa parte il bastonatore Boccia) adotta una linea morbida contro tre governatori rossi (Vincenzo De Luca, Nicola Zingaretti e Stefano Bonaccini) che danno il via libera alla ripresa degli allenamenti (decisione che anticipata le linee guida del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora) per le squadre di calcio. E dunque, più che una contestazione di merito contro la Regione Calabria sembra un’accusa di lesa maestà. Anche in Sardegna il governatore leghista Christian Solinas autorizza la ripresa delle attività sportive. Il pugno duro vale solo per Santelli. Diventata negli ultimi giorni – nella narrazione del governo Pd-Cinque stelle – una pericolosa untrice. L’offensiva contro la governatrice della Calabria compie un salto di qualità: il ministro Boccia impugna l’ordinanza della Regione Calabria del 29 aprile che prevede l’apertura parziale di bar e ristoranti. Gli atti sono stati trasmessi come da prassi all’Avvocatura generale dello Stato. Dallo studio di Lucia Annunziata, Boccia spiega: «Le ho chiesto più volte di tornare indietro. Ancora, le ho inviato una lettera invitandola a tornare indietro che si è trasformata in diffida, e ieri ho trasmesso gli atti all’Avvocatura generale dello Stato».
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Economia e finanza

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: «L’ora della responsabilità» – Dalle fabbriche ai cantieri Ripartono in 4,4 milioni
Tema: Fase 2,  ripresa delle attività lavorative

Inizia la fase 2 e dopo quasi due mesi di confinamento per 4,4 milioni di italiani si rispalancano le porte di fabbriche, laboratori e uffici. Riprendono la loro attività lavorativa dopo la sospensione decisa dal governo per cercare di contenere la diffusione del coronavirus. La pandemia sta mettendo in ginocchio l’economia italiana e quella mondiale. Oggi nel nostro Paese riparte l’attività manifatturiera, il settore delle costruzioni, il commercio all’ingrosso legato ai settori in attività, che vanno da tessile e moda ad automotive e fabbricazione di mobili. Bar e ristoranti potranno riprendere solo con la consegna a domicilio o con l’asporto. Riaprono anche le prime spiagge, quantomeno per consentire agli stabilimenti di avviare i lavori in vista dell’estate. E poi ci sono coloro che hanno sempre lavorato in smart working e continueranno a farlo totalmente o parzialmente. Non sarà comunque un ritorno alla normalità, le aziende dovranno mettere in atto una serie di precauzioni – il protocollo di sicurezza anti contagio – per evitare che il virus riprenda a diffondersi (distanziamento, mascherine, igienizzante per le mani, sanificazione degli ambienti, guanti monouso, misurazione della temperatura prima dell’ingresso in azienda). Tra i sindacati c’è la consapevolezza della criticità del momento. E lo slogan scelto da CO, Cisl e Uil per il Primo Maggio è emblematico: «Il lavoro in sicurezza: per costruire il futuro». Il leader della Cgil Maurizio Landini ha però ammonito: «Abbiamo fatto un protocollo per cui si lavora solo se ci sono le condizioni di sicurezza. Oggi è il momento della responsabilità».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Amato Rosaria 
Titolo: Lo smart working oltre la pandemia “In ufficio sarà norma per uno su tre”
Tema: Fase 2,  ripresa delle attività lavorative

Chi può, lavori da remoto. L’indicazione del decreto che regola la Fase 2 è identica a quella della Fase 1: con le aziende che riaprono e quattro milioni di persone che tornano al lavoro il rischio di sovraccaricare i mezzi pubblici e di riempire in modo eccessivo fabbriche e uffici è ancora più alto. Anche dopo, però, non si tornerà alla situazione precedente al virus. La ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha annunciato che in linea di massima i dipendenti pubblici in smart working (circa l’80%) non torneranno in ufficio da oggi, ma sono previsti solo «rientri mirati e contingentati» per venire incontro alle esigenze delle aziende che riaprono. E in futuro, quando la pandemia sarà finita, l’obiettivo della Pa è di uno smart working almeno al 30%. Neanche le imprese torneranno alla situazione pre-virus: «Adesso tutti dicono “non vedo l’ora di tornare in ufficio”, ma lo smart working è sicuramente una modalità che verrà utilizzata molto anche in futuro –  conferma Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio -. Sicuramente sarà al centro della fase 2: bisogna seguire tutte le norme dei protocolli, a cominciare dal distanziamento sociale, e quindi pensiamo a una rotazione dei dipendenti, con la metà che rimarrà a casa»
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: «Contributi a fondo perduro per le piccole imprese»
Tema: Emergenza coronavirus, il piano di Gualtieri

Contributi a fondo perduto per le imprese più piccole; contributi e incentivi alla ricapitalizzazione per quelle più grandi (le Pmi), ma senza interventi nel controllo e nella governance. E’ questo il piano illustrato ieri sera dal ministro dell’Economia Gualtieri nell’ennesimo incontro della giornata con il premier Giuseppe Conte e i rappresentanti della maggioranza per trovare un punto di accordo sul decreto economico che il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare in settimana. La maxi manovra da 55 miliardi per sostenere lavoratori, aziende e famiglie travolti dall’emergenza coronavirus, ancora fatica a vedere la luce, perché molti nodi restano da sciogliere, tra cui quello delle coperture. Tanto che oggi si terrà un nuovo vertice. Ancora su fronti opposti Italia Viva e Cinque Stelle divisi dal reddito di emergenza, cioè il bonus per 3 mesi da 400 (a persona) a 800 euro (per nucleo famigliare) destinato a chi non ha altri tipi di sostentamento e un indicatore Isee sotto i 15 mila euro, magari integrandolo anche con il reddito di cittadinanza: troppo assistenzialista per i renziani. Sembra invece sfumare la questione dell’ingresso dello Stato nelle aziende medio-grandi su cui Iv ha dato battaglia: Gualtieri ha detto sì alla ricapitalizzazione ma senza il controllo pubblico. Salgono a 14 i miliardi destinati alla cassa integrazione estesa di altre 9 settimane, fino ad un totale di 18. Confermato il prolungamento di Naspi e disoccupazione. Il punto resta l’accelerazione dei meccanismi per far arrivare il prima possibile bonus e indennità. In quest’ottica, arriva fino a 1.000 euro nel mese di maggio il bonus a professionisti e partite Iva che hanno subito un calo del reddito di almeno il 33% nel secondo bimestre 2020.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  m.pat. 
Titolo: Reddito di emergenza e imprese, scontro nel governo
Tema:  Decreto Maggio, scontro nel governo

«Non vorremmo che passi il principio per cui è più vantaggioso farsi assistere che lavorare». È intorno all’incrocio tra Reddito di emergenza, Reddito di cittadinanza e ammortizzatori sociali Covid, che si gioca la partita del Decreto Aprile, diventato Decreto Maggio proprio per i ritardi indotti dalle tensioni nella maggioranza. Il Pd è in pressing sul ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, affinché corregga l’impostazione delle misure sul lavoro scritte dalla ministra del Welfare, la pentastellata Nunzia Catalfo. Ieri fino a tarda sera si sono succeduti i vertici, inaugurati da quello tra il premier Giuseppe Conte e lo stesso Gualtieri. Il Pd, in particolare, pone una questione di equità: un lavoratore part time o intermittente in cassa integrazione, così come il precettore della Naspi – ragionano i dem che, almeno su questo punto ieri sera avrebbero incassato l’ok del M5s – rischia di vedersi riconoscere meno risorse di chi percepisce il Reddito di emergenza (Rem) o il Reddito di cittadinanza (Rdc). Inoltre, il Rem conterrebbe la stessa distorsione nei criteri di equivalenza del Rdc, risultando più vantaggioso per i single che per le famiglie con figli. Nella bozza di decreto circolata fin qui, il Rem dura tre mesi e ammonta a 400 euro mensili di base che salgono fino a 800 in proporzione al numero dei familiari. I requisiti sono un reddito mensile inferiore al reddito di emergenza stesso, un patrimonio mobiliare sotto i 10mila euro (fino a un massimo di 20mila considerando gli altri familiari), un valore dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) sotto i 15mila euro.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Bassi Andrea 
Titolo: Aiuti alle imprese e Reddito, scontro sulla maxi-manovra – Maxi decreto da 55 miliardi Su Reddito e imprese nuovo scontro nel governo
Tema:  Decreto Maggio, scontro nel governo

Cinquantacinque miliardi sono tanti, ma possono risultare anche insufficienti quando si mettono in fila le richieste dei ministri e le attese di tante categorie bloccate dal virus. E così per evitare che il decreto-aprile possa rischiare di diventare un decreto-giugno, giornata di gran lavoro al ministero dell’Economia e poi a palazzo Chigi, dove il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incontrato il ministro Roberto Gualtieri e preparato la nuova riunione, da remoto, con i capidelegazione della maggioranza Dario Franceschini, Roberto Speranza, Alfonso Ronafede, Teresa Rellanova, il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro e il vicecapogruppo di Iv Luigi Marattin. Ma non è stata una riunione risolutiva. Anzi. La tesione è stata altissima. Secondo alcune fonti ci si sarebbe accorti di un errore di calcolo dell’Inps sui fondi per la Cig. Mancherebbero 7 miliardi. Ma non è solo questo. Pesano le distanze. Soprattutto su Reddito di emergenza e partecipazione dello Stato nelle imprese. Il vertice è stato aggiornato a stasera. Mentre Luigi Di Maio alza l’asticella e chiede di “abbassare le tasse”, il resto del governo si divide su chi dovrà erogare il reddito di emergenza – Inps o comuni – sull’avvio delle grandi opere, ferme non solo per colpa del virus, e sul possibile ingresso dello Stato nelle grandi imprese. A puntare i piedi sul Rem è soprattutto Iv che contesta il progetto messo a punto dalla grillina Catalfo che allarga molto le maglie, facendolo diventare – sostengono renziant e Pd – uno strumento tutt’altro che emergenziale anche se copre anche il lavoro nero. Italia Viva sale sulle barricate anche sul meccanismo degli aiuti alle imprese con l’ingresso dello Stato nel capitale di quelle di medie dimensioni. Un progetto che prevede l’uscita dopo un tot di anni a un prezzo “scontato” se l’imprenditore si è comportato bene. Un progetto definito «statalista».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Finizio Michela 
Titolo: L’Italia riapre ma le famiglie ora fermano mutui e prestiti – Mutui e prestiti, tempo di stop alle rate contro il rischio default delle famiglie
Tema: Credito al consumo

Nelle prime settimane dopo il varo del Dl «cura Italia» sono state oltre 162mila le moratorie concesse su mutui e prestiti. Un congelamento delle rate, sempre più richiesto dalle famiglie, per avere maggiore liquidità e far fronte alle nuove forme di disagio economico emerse all’interno dei nuclei familiari dopo il lockdown imposto dall’emergenza Covid19. Il trend è in crescita, come confermato dai numeri diffusi di recente dal ministero dell’Economia: al 17 aprile si contavano già 600mila domande di moratoria da parte di famiglie che riguardano prestiti per 36 miliardi. Questi primi numeri riflettono sia lo stop delle rate introdotto a metà marzo con il Dl18/2020 sia le moratorie concesse volontariamente dalle banche. «Sono il risultato di un mix di azioni spontanee messe in atto da intermediari e banche davanti alle prime richieste delle famiglie, ma ci aspettiamo di veder crescere i numeri nei mesi successivi», afferma Antonio Deledda, direttore del sistema di informazioni creditizie di Crif. Lo strumento della moratoria, infatti, ad aprile è stato rilanciato da Abi e Assofin attraverso la sottoscrizione di linee guida nazionali che ne promuovono l’applicazione su larga scala. In poche settimane – praticamente le ultime due di marzo, da quando è partita “l’operazione moratorie” – è stata richiesta la sospensione delle rate per l’1,3% dei mutui. Proseguendo di questo passo, a fine anno lo stop delle rate potrebbe essere stato richiesto per il 20% dei contratti di mutuo attivi in Italia
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M.Bor. 
Titolo: Per 6 aziende su 10 la pandemia porterà nel 2020 un calo di vendite
Tema: Coronavirus, l’impatto sulle aziende

Il 59% delle aziende alimentari ha subito, durante il lockdown da coronavirus, un calo della produzione rispetto a una situazione di normalità. Con punte, per una su 4, di almeno il 30%. E circa il 60% delle imprese stima un calo del fatturato per il 2020 che, per quasi un intervistato su 4, sarà superiore al 20%. E per una percentuale analoga (il 61%), il Covid-19 avrà un impatto «elevato» o «molto elevato» sul suo futuro, mentre solo il 7% degli intervistati ritiene che attraverserà la crisi senza conseguenze. Emerge dalla ricerca commissionata da Unione Italiana Food – associazione di categoria che rappresenta 450 imprese di oltre 20 settori merceologici, che impiegano 65 mila persone e sviluppano un fatturato di oltre 36 miliardi di euro, di cui 12 miliardi di export – al Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università Roma Tre che descrive, per la prima volta, l’impatto del coronavirus sull’alimentare italiano. La ricerca, realizzata ad aprile, ha raccolto e analizzato i giudizi di circa 120 grandi, medie e piccole aziende alimentari aderenti a Unione Italiana Food, un campione che racchiude grandi marchi e Pmi radicate sul territorio che rappresentano tanti simboli del Made in Italy. Per le imprese alimentari gli ambiti in cui l’impatto del Covid-19 si è finora sentito di più sono quelli relativi agli aspetti finanziari (posizione creditizia e debitoria, cash flow), commercio estero, processi produttivi e logistica, marketing e innovazione di prodotto, approvvigionamenti di materie prime. Guardando, invece, al futuro immediato, le preoccupazioni più urgenti delle aziende del campione riguardano soprattutto gli scambi con i mercati esteri (in entrata e in uscita), l’organizzazione del lavoro, la finanza e la gestione della rete di vendita, tutte con valori superiori ai 3 punti in una scala di importanza da 1 a 5.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Marino Giuseppe 
Titolo: Riaprono anche le tasse – La Fase 2 riparte con le tasse E mancano i soldi per la Cig
Tema: Coronavirus, l’impatto sulle aziende

Salvo correzioni di rotta, sarà fase 2 soprattutto per le tasse. Le imprese, che ancora aspettano gli effetti al rallentatore della promessa «potenza di fuoco» della liquidità, si troveranno a fare fronte a ingenti versamenti fiscali e contributivi. La bozza dell’ex «decreto aprile» sembra ancora meno attenta alle aziende del «Cura Italia». «Se nella stesura finale non cambia nulla -denuncia Nicola Spadafora, presidente di Confapi Milano- le imprese si troveranno a versare in luglio, come ogni anno, il saldo delle tasse sul 2019 e l’anticipo del 100 per cento delle tasse sul 2020, calcolate sui redditi dell’anno precedente. Un parametro sproporzionato, perché causa virus il fatturato sarà molto inferiore, per alcune categorie». Già a marzo, del resto, le entrate fiscali sono calate di 2,5 miliardi, meno di quanto temuto, ma comunque una cifra ingente. Al momento, l’unica apertura rimane una circolare dell’Agenzia delle entrate in base alla quale se si «sbaglia» versando fino al 20 per cento in meno, non verranno erogate sanzioni. Uno «sconto» di fatto che, aggiunge Spadafora, «è completamente insufficiente a riflettere il calo degli affari per aziende che a fine giugno, se va bene, avranno appena ripreso a fatturare». Oltretutto, in contemporanea, bisognerà pagare tutti i versamenti contributivi e fiscali mensili sospesi a causa del Covid-19.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Olimpio Guido – Sarcina Giuseppe 
Titolo: «Il virus partì nel laboratorio di Wuhan» – «Numerose prove che il Covid-19 arrivi dal laboratorio cinese» Cosa c’è dietro l’affondo Usa
Tema: Covid-19, inchiesta internazionale

«Ci sono numerose prove che il virus arrivi dal laboratorio di Wuhan. La Cina ha fatto di tutto per tenerlo nascosto. Classica operazione di disinformazione comunista. Ma ne risponderanno». Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo accusa apertamente il Paese guidato da Xi Jinping di non aver arginato la diffusione mondiale del Covid-19. Affermazioni durissime che potrebbero avere un grande impatto sulle relazioni tra le due superpotenze. Intervistato ieri dalla tv Abc, Pompeo ha confermato, con forza inedita, «i sospetti» coltivati negli ultimi mesi. «Abbiamo detto fin dall’inizio che questo virus ha avuto origine a Wuhan. Ci sono prove enormi. Dobbiamo ricordare che la Cina ha una storia di infezioni propagate nel mondo e una storia di laboratori al di sotto degli standard. Questa non è la prima volta che il mondo si trova esposto a un virus che è il risultato di errori commessi in un laboratorio cinese». Domanda di Abc: il governo di Pechino ha voluto nascondere la gravità della pandemia in modo intenzionale, per danneggiare i Paesi occidentali? Pompeo non ha risposto. Ha invece insistito sulla mancanza di collaborazione, anche ora che la crisi è mondiale: «Continuano a impedire l’accesso agli occidentali, ai nostri medici migliori. Ma è necessario che i nostri esperti vadano lì. Non abbiamo ancora i campioni di cui abbiamo bisogno». Il capo della diplomazia americana, dunque, rilancia le insinuazioni avanzate da Donald Trump, giovedì 30 aprile.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  F.Ramp. 
Titolo: Pompeo accusa la Cina “Colpevole dell’epidemia” – Gli Usa accusano: “Virus uscito dal laboratorio di Wuhan”
Tema: Covid-19, inchiesta internazionale
«Ci sono prove sostanziali che il coronavirus è nato in un laboratorio di Wuhan». Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, in un’intervista alla televisione Abc lancia l’accusa che fa salire ai massimi la tensione con la Cina. Il capo della diplomazia Usa rincara la dose: «Non è la prima volta che siamo colpiti da virus per colpa di errori nei laboratori cinesi». Pompeo, che è stato anche il capo della Cia, citando un rapporto della National Intelligence esclude l’ipotesi del virus fabbricato e diffuso intenzionalmente. Propende invece per la pista dell’incidente, magari dovuto a negligenza, in uno dei due laboratori nel capoluogo dello Hubei che fu il focolaio iniziale della pandemia: il Wuhan Institute of Virology e il Wuhan Center for Disease Control and Prevention. La dura accusa del segretario di Stato s’inserisce in un clima dove la “questione cinese” è entrata nella campagna elettorale. Donald Trump descrive il rivale democratico Joe Biden come arrendevole con Pechino quando era il vice di Barack Obama. I democratici, convertiti anch’essi a una linea dura con la Cina, accusano Trump di cercare diversivi per nascondere i suoi ritardi nell’affrontare la pandemia. Le denunce sul ruolo della Cina hanno coinvolto altri governi: dalla Francia all’Australia. Uno dei rapporti d’intelligence che hanno spianato la strada a Pompeo è frutto di una cooperazione con servizi di spionaggio alleati. Dalle accuse ai risarcimenti: Trump già evoca la possibilità di farsi pagare indennizzi dalla Cina.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Molinari Maurizio 
Titolo: L’editoriale – Guerra Fredda sul contagio – Il terzo fronte della pandemia
Tema: Covid-19, inchiesta internazionale

La scelta del Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, di imputare alla Cina l’origine del Covid 19 accende i riflettori sulla terza dimensione della crisi della pandemia: oltre all’emergenza sanitaria ed economica adesso c’è la sfida internazionale. Le avvisaglie di quanto stava maturando sono arrivate dall’Europa quando, a metà marzo, la pandemia ha investito i primi Stati non asiatici: Italia e Spagna sono state inondate da fake news digitali che contrapponevano «l’amicizia cinese» ai «tradimenti dell’Unione Europea». In tale cornice sono maturati il rapporto Ue di Josep Borrell sulle «interferenze cinesi e russe» che contiene un esplicito atto d’accusa a Pechino e la presa di posizione di Jens Stoltenberg, Segretario generale della Nato, nel chiedere agli alleati di «proteggere i propri gioielli economici» dalle acquisizioni dei giganti economici cinesi attirati dalla brusca diminuzione del valore delle borse. Ue e Nato hanno registrato una doppia offensiva cinese verso l’Europa: «infiltrazioni maligne» cyber per diffondere sfiducia sulle alleanze tradizionali e tentativi di rilevare attività strategiche a prezzi stracciati. Ovvero, se Pechino ha tentato di cavalcare il virus per accreditarsi come un partner dell’Europa sul fronte sanitario, Washington ora ribatte che proprio Pechino è sospettata di aver mentito sull’origine della pandemia. Ciò significa che la nuova Guerra Fredda Usa-Cina, iniziata sul terreno dei dazi commerciali e delle crisi regionali, investe ora genesi e impatto del virus.
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Testata:  Stampa
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: Pompeo accusa Pechino della pandemia “Il Covid arriva dal laboratorio di Wuhan”
Tema: Covid-19, inchiesta internazionale

L’amministrazione degli Stati Uniti sferra un attacco coordinato e concentrico nei confronti della Cina per le sue presunte responsabilità in merito alle genesi e alla gestione dell’epidemia di Covid-19. «Ci sono numerose prove sul fatto che il coronavirus arrivi dal laboratorio di virologia di Wuhan», tuona Mike Pompeo. Il segretario di Stato è convinto che Pechino «ha fatto tutto il possibile affinché il mondo non venisse a sapere in modo tempestivo cosa stava accadendo nel Paese: «Questo è un classico sforzo di disinformazione comunista». Pompeo non spiega se la fuga del virus sarebbe avvenuta per caso o di proposito, ma la sua è l’ultima di una serie di accuse in questo senso partite da Washington nei confronti di Pechino e dei suoi presunti «fiancheggiatori». Proprio perla supposta dipendenza dalla Cina nella crisi, gli Usa hanno tagliato i fondi all’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms). Le accuse giungono, probabilmente, sulla base dei riscontri ottenuti dagli 007 americani che sulla genesi del Covid-19 stanno indagando da oltre un mese. L’attenzione degli esperti si concentrerebbe su Shi Zhengli, nome in codice “Bat Woman”, la scienziata incaricata di condurre le sperimentazioni sui pipistrelli nel laboratorio di Wuhan. Si seguono diverse piste sulla virologa tra cui le presunte relazioni pericolose del suo laboratorio con l’Università del Texas, su cui il dipartimento delllstruzione americano starebbe facendo luce. Il sospetto è che l’ateneo abbia ricevuto donazioni, finanziamenti e regali proprio dall’Istituto di virologia a cui fa capo «Bat Woman» senza denunciarli come prevede la legge.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Intervista a Mark Esper – “Cina e Russia usano il virus per condizionare l’Italia” – “Reti 5G, industria e aiuti Cina e Russia sfruttano il virus per avere più potere in Italia”
Tema: Covid-19, inchiesta internazionale

«Russia e Cina stanno approfittando di una situazione unica per far avanzare i loro interessi». L’allarme viene dal segretario alla Difesa americano Mark Esper, che invita Roma a tenere alta la guardia, annuncia gli aiuti che il Pentagono fornirà al nostro Paese per fronteggiare il coronavirus, e denuncia i rischi che correremmo facendo costruire il network 5G a Huawei. Esper, Lei vede il rischio di una nuova Guerra Fredda con Cina e Russia? Come dovrebbero rispondere gli alleati occidentali, in termini di postura militare e sfide tecnologiche, tipo la possibilità che la compagnia cinese Hauwei costruisca il nostro network 5G? «Questa crisi senza precedenti nella storia dell’Alleanza evidenzia il supporto collettivo dei Paesi membri. Purtroppo Russia e Cina stanno entrambe approfittando di una situazione unica per far avanzare i loro interessi. La Russia ha fornito assistenza medica all’Italia, ma poi ha cercato di usarla per seminare la discordia tra Roma e i suoi alleati con una campagna di disinformazione. Gli Usa sperano che l’assistenza di Mosca all’Italia sia stata utile, e hanno fiducia che gli apparati per la sicurezza nazionale italiana restino vigili, finché il contingente russo resterà nel vostro territorio. Quanto alla seconda parte della domanda, Huawei e il 5G sono un importante esempio di questa attività maligna da parte della Cina. Ciò può danneggiare la nostra alleanza. La dipendenza dai fornitori cinesi di 5G potrebbe rendere i sistemi cruciali dei nostri partner vulnerabili a interruzione, manipolazione e spionaggio. Questo metterebbe a rischio le nostre capacità di comunicazione e condivisione dell’intelligence. Per contrastare tutto ciò, noi incoraggiamo gli alleati e le compagnie tecnologiche americane a sviluppare soluzioni alternative di 5G, e stiamo lavorando con loro per condurre i test di queste tecnologie in diverse basi militari negli Usa mentre parliamo».

Testata:  Stampa 

Autore:  Perosino Monica – Tortello Letizia 
Titolo: A Varsavia riaprono gli alberghi E a Vienna si ritorna a scuola
Tema: Coronavirus, allentamenti delle misure restrittive

I casi di coronavirus nel mondo si avvicinano a 3,5 milioni, con un numero di morti che sta per raggiungere la tragica quota di 250.000. Gli Stati Uniti sono il Paese più colpito, con oltre 1,1 milioni di casi in tutto e 68 mila morti, seguiti dall’Italia con oltre 28.800 mila morti, la Gran Bretagna con 28.400 e la Spagna con 25.200 morti. Nonostante l’emergenza non sia finita, ora, dopo quasi due mesi di lockdown, non è solo l’Italia a ripartire. I primi ad allentare le misure di confinamento sono stati l’Austria e i Paesi nordici, Norvegia e Danimarca con gli studenti danesi fino a 11 anni di nuovo a scuola già dal 15 aprile. La Spagna aveva cominciato lunedì 27 aprile, con una road map verso la «nuova normalità» graduale e simmetrica. L’obiettivo, infatti, secondo quanto annunciato dal premier Pedro Sanchez, sarà raggiunto non prima della fine di giugno, con 4 fasi che dureranno come minimo 14 giorni ciascuna. Berlino ha fissato le regole e poi, nel federalismo tedesco, i Land hanno apportato i loro correttivi in base alla gravità dell’epidemia. Paese è già parzialmente riaperto (comprese le funzioni religiose), da oggi torneranno a scuola gli studenti. In Serbia, con 9.400 casi totali e 193 morti dichiarati, medici ed esperti si mostrano fiduciosi su una possibile abolizione in tempi brevi dello stato di emergenza e del coprifuoco. Notizie incoraggianti si registrano anche negli altri Paesi della regione, come Croazia, Kosovo, Bosnia-Erzegovina. Da oggi, quasi ovunque sono previsti allentamenti delle misure restrittive.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: In Polonia. La protesta anti governo in mascherina
Tema: Polonia

I manifestanti indossano maschere protettive e mostrano striscioni con la dicitura «Costituzione», in Polonia, a Breslavia, mentre prendono parte a una protesta antigovernativa a distanza durante l’anniversario del Giorno della Costituzione. Sono scesi in piazza anche diversi ex primi ministri, che si oppongono ai piani della destra, al governo, che vorrebbe procedere alle prossime elezioni esclusivamente per posta, mossa provocata dall’epidemia Covid-19. I manifestanti contestano la destra al potere per aver tentato di limitare diritti come la possibilità di abortire. Nell’emergenza, intanto, il governo ha annunciato l’apertura, da oggi, di hotel, centri commerciali, biblioteche e alcuni musei.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ginori Anais 
Titolo: I sindaci contro Macron: “Impossibile riaprire le aule”
Tema: Francia

Il ritorno a scuola dei bambini è «irrealista». Cresce la fronda dei sindaci contro il governo in vista della fine del lockdown. A concentrare timori e proteste è la riapertura delle scuole materne ed elementari, fissata I’11 maggio da Emmanuel Macron ma che ricade sui comuni nell’organizzazione concreta. «Una scadenza impossibile da realizzare» scrivono ora in una lettera-appello oltre 300 sindaci della regione Ile-de-France, tra cui la socialista Anne Hidalgo alla guida della capitale. A qualche giorno dalla data fissata, i sindaci chiedono a Macron un rinvio. Sotto accusa il ritardo con cui il governo ha trasmesso le linee guida, pubblicate solo qualche giorno fa. . Tra le regole c’è un massimo di 16 alunni in spazi di 50 metri quadrati, due mascherine di stoffa al giorno da fornire al personale. «Il tempo è poco e non possiamo improvvisare» scrivono i sindaci della regione parigina. Negli ultimi giorni, diversi sindaci di altre regioni, come Martine Aubry a Lille, avevano annunciato di non voler procedere alla riapertura. La protesta ora allarga con l’appello inviato all’Eliseo per concedere altre due settimane per organizzare la rentrée. Molti comuni devono a loro volta far fronte alla rivolta di insegnanti che non vogliono essere “cavie” mentre tra i genitori monta la paura: secondo alcuni sondaggi due famiglie su tre potrebbero tenere a casa i figli.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nizza Sharon 
Titolo: Israele, si torna a scuola ma solo su base volontaria
Tema: Israele

A due settimane dall’avvio della fase 2, ieri Israele ha dato il via a una graduale apertura del sistema scolastico, con il ritorno degli alunni dalla prima alla terza elementare e degli ultimi due anni del liceo. In un Paese con una media di 3 figli a famiglia, in cui nelle ormai quotidiane manifestazioni “distanziate” di protesta il grido ricorrente è «moriremo per la crisi, non di corona», l’apertura delle scuole era uno dei provvedimenti più attesi e riguarda circa 800 mila dei 3 milioni di alunni. La decisione è stata ufficializzata solo nel weekend, tra le polemiche di molti comuni, tra cui Tel Aviv, Haifa, Beersheva, che lamentano la mancanza di tempo per adattare le strutture e che hanno annunciato che riapriranno nel corso della settimana. Le direttive prevedono: classi dimezzate (fino a 17 alunni per classe), uno studente per banco e rispetto dei 2 metri di distanza, intervalli differenziati per evitare il contatto tra le classi, divieto di giocare col pallone a ricreazione, mascherine d’obbligo dai 7 anni (solo negli spazi aperti, non a lezione, non d’obbligo per bambini con bisogni educativi speciali), sanificazione degli spazi a fine giornata. Al personale scolastico è richiesto di monitorare durante gli intervalli che non si formino assembramenti e che non vi sia contatto fisico tra gli alunni. Il ritorno in questa fase è volontario, a discrezione dei genitori. Finora i dati israeliani hanno supportato le misure prese e rimangono confortanti: solo 8 nuovi contagi ieri e numero di ricoverati in terapia intensiva in calo costante, che al momento occupano solo il 5% della capacità di macchine respiratorie del Paese.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Fuoco alla frontiera tra Nord e Sud Corea
Tema: Due Coree
Quattro colpi a segno su una garitta sudcoreana nella DMZ, la Demilitarized Zone che divide le Due Coree. Un’azione nordcoreana isolata e di minima intensità ha riportato l’attenzione sullo stato di guerra tecnico ancora in corso dal 1953, quando fu stabilita una tregua dopo tre anni di carneficina. Un episodio strano, avvolto dalla nebbia come la maggior parte degli accadimenti in Nord Corea, avvenuto alle 7.40 del mattino nell’area di Cheorwon, porzione centrale della linea di confine che taglia la penisola per 248 chilometri, con una profondità di 4. Il Nord tace. Il Sud esprime l’ipotesi che sia stato un «fatto non intenzionale»; da Washington lo conferma il segretario di Stato Mike Pompeo. Seul minimizza, non vuole guastare quel che resta della sua politica di distensione con il Nord.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Caferri Francesca – Foschini Giuliano 
Titolo: Muore in carcere il regista simbolo “Criticava Al Sisi”
Tema: Egitto, la morte di Shady Habash

L’opposizione egiziana ha ufficialmente chiesto l’apertura di un’indagine sulla morte di un giovane filmaker venerdì nel carcere di Tora, alla periferia del Cairo: Shady Habash, 24 anni, era stato arrestato più di due anni fa per aver girato il video che accompagnava una canzone critica del presidente Abdel Fatah al Sisi e successivamente accusato di aver diffuso notizie false e di essersi unito a un’organizzazione terroristica. «Stava male da giorni, non mangiava e non beveva», ha denunciato il suo avvocato. Il caso riaccende i riflettori sulle condizioni di detenzione nelle carceri egiziane: nonostante avesse superato i due anni previsti dalla legge per la carcerazione preventiva, le accuse contro Habash non erano mai state discusse e il giovane veniva rimandato in cella di 45 giorni in 45 dopo le udienze preliminari con il giudice. Un caso esemplare di quella che Amnesty International definisce «la porta scorrevole» che tiene in carcere migliaia di prigionieri egiziani. «Questa è la prova di quello che accade a chi si oppone in qualunque maniera ad Al Sisi», dice Mohammed Lotfi, avvocato per i diritti umani che rappresenta in Egitto la famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso al Cairo nel febbraio del 2016. E che insieme a un network di legali nella giornata mondiale per la libertà di stampa e di informazione ha acceso l’attenzione sul caso di Habash. Habash era stato arrestato nel marzo 2018 per aver curato la regia di “Balaha”, una canzone di Ramy Essam, uno dei più famosi cantanti egiziani, icona della rivoluzione di piazza Tahrir, a sua volta arrestato, torturato e poi fuggito in Svezia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stabile Giordano 
Titolo: In carcere dal 2018 Muore il regista del video anti Al-Sisi
Tema: Egitto, la morte di Shady Habash

In prigione è la solitudine a ucciderti. Sono le ultime parole di Shady Habash, 24 anni, affidate a una lettera agli amici. In cella da oltre due anni, Habash è morto venerdì scorso in un carcere di massima sicurezza vicino al Cairo. Le autorità si sono limitare a comunicare il decesso al suo avvocato, senza specificare le cause. Era stato arrestato nel marzo del 2018. La sua colpa, aver girato un video sarcastico su Abdel Fatah al-Sisi, su musica di un cantante divenuto celebre all’epoca della Primavera araba e adesso in esilio in Svezia, Ramy Essam. Nel video il presidente egiziano veniva chiamato «dattero» e veniva preso in giro anche per il suo aspetto fisico. Era stato un successo immediato, come migliaia di visualizzazioni sui social media. Se ne era accorto però anche l’apparato di sicurezza. Habash era stato fermato assieme all’autore del testo, Gala el-Behairy, poi condannato a tre anni da un tribunale militare.
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