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SINTESI IN PRIMO PIANO – 4 gennaio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Italia a colori, la nuova stretta: limiti e divieti anche dopo l’Epifania;
– Ipotesi rimpasto sul tavolo di Conte. E Renzi: «Servono cambiamenti»;
– Vaccini, la Lega scarica Gallera: “Non rappresenta il governo lombardo”;
– Recovery plan, si tratta sulla Sanità. E scompare la fondazione per gli 007;
– Usa, le minacce di Trump per ribaltare il voto in Georgia;
– Strage jihadista nel Niger. Trucidati almeno 100 civili;
– L”India parte con AstraZeneca: tutto pronto per la maxi campagna.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Italia a colori, la nuova stretta – Limiti e divieti anche dopo l’Epifania ma dal 15 l’ipotesi di una zona bianca
Tema: Emergenza Covid-19: le nuove disposizioni

La Befana non sarà per gli italiani il giorno della liberazione da divieti e restrizioni. Il 9 e 10 gennaio tutto il Paese potrebbe tornare in fascia arancione, come nei giorni feriali del periodo natalizio. Al termine di una lunga giornata scandita da riunioni politiche e tecniche il governo decide di varare nuove misure per contenere i contagi da Covid-19. E lavora al calendario delle nuove chiusure dal 7 al 15 gennaio: alla mezzanotte dell’Epifania scadrà il Decreto Natale e servirà un provvedimento-ponte, un’ordinanza del ministro della Salute. Roberto Speranza lancia l’allarme: «La terza ondata arriverà e bisogna organizzarsi». La curva epidemiologica in salita e l’Rt che in alcune regioni continua a crescere, convincono anche che sia opportuno modificare subito i parametri per la definizione delle fasce gialle, arancioni e rosse. Con il via libera del Cts, si abbassa dunque la soglia che fa entrare le regioni nelle aree di rischio ch e impongono il blocco degli spostamenti e la chiusura dei locali pubblici. Con una ulteriore novità: dal 15 gennaio sarà probabilmente introdotta una «zona bianca» che consentirà di far ripartire tutte le attività, palestre, cinema e teatri compresi. È stato il ministro Dario Franceschini a proporre questo cambiamento «per dare una nuova speranza ai cittadini», trovando subito l’appoggio del titolare della Giustizia Alfonso Bonafede, anche lui esponente dell’ala rigorista ma comunque d’accordo sulla necessità di «guardare alle ripartenze almeno dove è possibile». Tra le misure che si stanno valutando c’è la proroga del divieto di spostamento tra le regioni anche se si trovano in fascia gialla. Per questa misura, che limita le libertà costituzionali, serve un decreto legge e il governo ha deciso di confrontarsi con i presidenti di Regione. «Fondamentale è mantenere il rigore», ribadiscono i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Zunino Corrado 
Titolo: “La scuola riaprirà il 7” Si allarga il partito del no ma il governo tiene duro
Tema: Emergenza Covid-19: le misure per la scuola
II pressing è forte, almeno quanto la paura. «Rimandate l’apertura delle scuole». Il premier Conte, però, resiste: «Dobbiamo riuscire a dare un segnale, mantenere almeno il 50% degli istituti superiori in presenza». La sua certezza incoccia nei dubbi del Partito democratico, del ministro Roberto Speranza in particolare: in serata, durante l’incontro con le Regioni, viene ipotizzata questa mediazione: le regioni che il 7 gennaio avranno il colore giallo potranno riportare le loro scuole superiori in presenza al 50%. Le regioni in arancione, no. Candidate a questo secondo colore sono il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, l’Emilia Romagna, le Marche e la Calabria. Non è semplice applicare questa idea tout court, visto che Emilia e Marche si dicono pronte alla riapertura, addirittura con un’aliquota di presenza superiore. Per Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Antonio Spirlì, che invece, da presidenti leghisti, hanno diffuso u n documento critico verso il governo e il ministero dell’Istruzione, il rinvio potrebbe essere una buona soluzione. A queste sei regioni, tuttavia, andrebbero aggiunte Campania e Puglia che, al di là della situazione clinica e pandemica, hanno intenzione di varare un loro calendario scolastico per gennaio. La crisi di governo rende più debole l’esecutivo di fronte alla periferia con la ministra Lucia Azzolina, già in difficoltà e ora con il governo in bilico a rischio sostituzione. Esce allo scoperto la deputata dem Lucia Ciampi: «Comprendo la sincera volontà di molti studenti di medie e superiori di tornare a scuola, ma è meglio riprendere nella seconda metà di gennaio che dover richiudere subito». Esprimono dubbi sull’immediata ripartenza la Cisl nazionale e la Flc Cgil del Lazio. Elvira Serafini, segretaria dello Snals: «La riapertura i17 gennaio è troppo rischiosa, spostiamola al 18».
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Vaccini, la Lega scarica Gallera – Medici lasciati di riposo, bufera su Gallera La Lega: non rappresenta il governo lombardo
Tema: Lombardia, il caso dei vaccini

«Le dichiarazioni dell’assessore Gallera non sono state condivise e non rappresentano il pensiero del governo della Lombardia». E’ un colpo sparato ad altezza uomo, quello partito nel tardo pomeriggio di ieri dalla macchina della comunicazione della Lega. E anche se non c’è una firma non è difficile leggervi in calce il nome di Matteo Salvini. E il bersaglio è Giulio Gallera, assessore al Welfare e quindi responsabile della Sanità nella giunta regionale guidata dal presidente Attilio Fontana (Lega) e politicamente sorretta su una maggioranza relativa leghista, accompagnata da Forza Italia, Fratelli d’Italia e altre sigle del centrodestra. Motivo della stizzita presa di distanza sono le parole dell’assessore lombardo a proposito delle critiche su ritardi del piano vaccinale nel territorio di sua competenza. In un comunicato della Regione diffuso sabato, Gallera aveva spiegato che in Lombardia si partirà dal 4 gennaio con «una scelta ponderata e attenta, motivata anche dal fatto che nei giorni delle festività parte del personale ha goduto di un sacrosanto riposo, visto che dal mese di febbraio, come in nessun altra regione italiana, è sotto pressione per la violenza con cui il virus ha colpito il nostro territorio». E in un’intervista pubblicata ieri da la Stampa ha definito «agghiacciante» la classifica delle Regioni che finora hanno vaccinato di più. All’interno (ma anche all’esterno) di Palazzo Lombardia, sede del governo regionale, almeno dall’estate scorsa non è mistero per nessuno che Gallera sia diventato indigesto per buona parte del movimento guidato da Matteo Salvini. Al punto di ipotizzare una mozione di sfiducia, senza attendere di accodarsi alle opposizioni. L’offensiva verbale di ieri alza il livello della tensione. Da Palazzo Lombardia arrivano solo «no comment».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Ipotesi rimpasto sul tavolo di Conte E Renzi: «Servono cambiamenti» – Maggioranza, i pontieri al lavoro Un rimpasto per evitare la crisi
Tema: Rimpasto – Tenuta del governo

Potrebbe finire con un rimpasto, o anche solo con un «rimpastino», il tenace braccio di ferro che da settimane tiene col fiato sospeso il mondo politico di un Paese che piange ancora oltre 300 morti per Covid al giorno.  La possibilità che si apra formalmente la crisi di governo è tutt’altro che esclusa. Ma ieri è stata la giornata delle frenate e dei pontieri. E chi ha visto Giuseppe Conte nei vertici di Palazzo Chigi lo ha trovato «tranquillissimo», determinato a spendere anche l’ultimo secondo utile per ricucire la sbrindellata tela dei rapporti con Matteo Renzi. Raccontano che il premier voglia «andare a vedere le carte» dell’alleato-avversario, perché sente di avere dalla sua parte non solo il Pd e Leu, ma anche il M5S: Beppe Grillo lo sostiene e Luigi Di Maio è convinto che sarebbe da irresponsabili far cadere il governo in un momento così drammatico. «I 5 Stelle non reggerebbero un go verno senza Conte», confermano i dem. E il Pd, spiega un ministro, «non farebbe un governo con Le caselle Le voci, se si cambiano le caselle, collocano Renzi alla Farnesina e Di Maio al Viminale Salvini e Meloni neppure se a guidarlo fosse Draghi». Ecco allora che i margini di manovra si restringono, tanto più che il Colle non vedrebbe di buon occhio un governo che nascesse solo per evitare le elezioni e col soccorso dei «responsabili». Forte di questi convincimenti, il premier potrebbe presto chiamare Renzi per un confronto, da soli o al tavolo dei leader, e cercare un accordo che salvi il governo giallorosso.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: «Ma sarebbe folle toccare il premier» – Di Maio: bisogna trovare la quadra Ma sarebbe folle toccare il premier
Tema: Rimpasto – Tenuta del governo

Ore febbrili di contatti continui all’interno del Movimento. Le tensioni di governo preoccupano e non poco i vertici dei Cinque Stelle e anche il gruppo parlamentare. L’incertezza è dominante. Tra i pentastellati c’è chi spinge per tornare alle urne e confrontarsi con il centrodestra, la maggioranza invece non esclude un rimpasto che porti a un Conte ter. A mediare in prima linea con le altre forze politiche di governo c’è Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri nutre timori per come stanno andando le cose. Gli scenari che si prospettano sono molteplici e tra questi non è stato escluso il voto o addirittura un governo tecnico guidato da Mario Draghi. Sebbene si tratti di semplici ipotesi. Di Maio ha chiari i rischi e lo ha detto senza mezzi termini ai suoi: «Spingere al voto il Paese nel pieno della terza ondata sarebbe un fallimento, rischiamo di compromettere i fondi del Recovery. Senza quei 209 miliardi l’Italia è morta, non c’è futu ro. Se si va a votare il Recovery rischia di saltare». E «l’immagine che rischieremmo di dare al mondo sarebbe pessima, con i mercati finanziari che reagirebbero colpendo la nostra economia», è il ragionamento su cui insiste il ministro degli Esteri. Sottolinea quindi ai suoi interlocutori che il rischio di lasciare l’Italia in mano al centrodestra è concreto: «Il Movimento ha una responsabilità di governo e deve onorarla a differenza di quanto hanno fatto altri in passato, non può consegnare il Paese in mano a chi diceva che la mascherina non serve». Di Maio è pronto a schierarsi a fianco del premier e difendere la stabilità politica: «Conte va difeso, metterlo in discussione è folle», dice.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vecchio Concetto 
Titolo: Per il Colle difficili altre coalizioni e la strada delle urne resta aperta
Tema: Rimpasto – Tenuta del governo

Conte è appeso a un filo. E se davvero si spezzasse? II barometro del Quirinale segna sempre elezioni. Non che il presidente Sergio Mattarella voglia andare a tutti i costi alle urne. Affatto. Ma prevale la sensazione che in caso di crisi, con Conte dimissionario, sarà complicato formare un’altra maggioranza, che il Capo dello Stato pretende non risicata, coesa, omogenea nella composizione, filo europeista e varata non soltanto per evitare le urne. Il contrario di un’operazione responsabili, per intenderci. Insomma, bisognerà trovare un nuovo equilibrio – il terzo, dalle elezioni del 2018 – e sarà difficile trovarlo. Ieri, dal Colle si guardava perciò con attenzione alle trattative domenicali in corso nel governo per evitare la crisi in extremis e ricomporre la frattura tra Conte e Renzi. Ma intanto, nell’incertezza e nella confusione, fioriscono le ipotesi dei governi tecnici, tipo quello che potrebbe reggere l’ex presidente della Corte costituzion ale Marta Cartabia: uno dei nomi che circolavano ieri sera, un rumour a cui il Quirinale è estraneo. Un eventuale governo tecnico avrebbe il compito di portare l’Italia rapidamente al voto, già a marzo: prima di agosto in ogni caso, quando scatta il semestre bianco. Difficilmente un simile esecutivo potrebbe percorrere una strada più lunga, perché a un certo punto sarebbe difficile soffocare le proteste della destra, che da tempo reclamano le elezioni, perché ritengono di essere maggioranza nel Paese. Una richiesta che sarebbe difficile non accogliere da parte del Quirinale. Al Colle insomma attendono gli sviluppi. Il Conte 2 è in una fase di crisi di fatto. Le operazioni al rilento sulle vaccinazioni e le difficoltà sul Recovery sono lì a testimoniare un governo che viaggia col fiato grosso.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Martini Fabio 
Titolo: Renzi concede altri tre giorni a Conte “Poi segnali concreti o ci sarà la crisi”
Tema: Rimpasto – Tenuta del governo

Matteo Renzi sa bene che da 48 ore il suo antagonista, il presidente del Consiglio, si è messo paura, sa che Conte vuole trattare, sa che ha rinunciato all’operazione-Responsabili, sa che sta preparando una controproposta, ma in mancanza di atti pubblici di “pentimento”, l’ex leader del Pd tiene il punto: «Dipende tutto da Conte. Noi abbiamo messo per iscritto tutto quello che non ci convince. Argomenti di merito, tanti. Aspettiamo segnali molto concreti». Per via diplomatica Matteo Renzi ha fatto sapere a Conte e al Pd di essere pronto ad aspettare ancora tre giorni, ma se entro giovedì 7 gennaio non ci sarà una svolta su Recovery, Mes e Servizi, a quel punto «Italia Viva ritirerà la sua delegazione». E si aprirà una formale crisi di governo. Poi, certo, una crisi che potrà essere “pilotata” verso un Conte-ter, che potrebbe anche rivelarsi una crisi-lampo, ma comunque sarà una crisi vera. Con tanto di dimission i del governo e salita al Quirinale del presidente del Consiglio. Uno “scalpo” decisivo, quello della crisi aperta e consumata, per poter dimostrare che non si è scherzato? Con Matteo Renzi, i suoi amici lo ripetono ogni ora, non si può mai essere certi di nulla, perché nessuno sa tenere le carte coperte come lui. Però da 48 ore la partita è di nuovo cambiata. O almeno questo è l’intento del Presidente del Consiglio e del Pd. Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Dario Franceschini e Goffredo Bettini, i “quadrumviri” che guidano il Partito democratico – si sono parlati e hanno deciso la linea: bene che Conte si sia deciso a trattare, ma ora sta a Renzi dirci cosa vuole. Dove vuole arrivare.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: Intervista a Matteo Renzi – «Le elezioni? Tutti sanno che non ci saranno» – «Aspettiamo Conte al Senato Le elezioni? Tutti sanno che non si andrà a votare»
Tema: Tenuta del governo: l’intervista a Renzi

Senatore Matteo Renzi, ritira la delegazione di Italia viva al governo? «Le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto sono persone serie. Stanno al governo perché hanno delle idee, non per vanagloria. Se queste idee non piacciono, noi non siamo come gli altri: le poltrone le lasciamo. Capisco che in tempi di populismo ciò suoni stravagante, ma si può fare politica anche senza incarichi istituzionali. Oggi tocca al premier decidere se ciò che abbiamo detto su vaccini, Mes, cantieri da sbloccare, scuola e cultura, è degno di nota oppure no». Pare che il premier abbia cambiato atteggiamento e voglia siglare un accordo con lei. «Non so da cosa derivi questa sua impressione. So che l’ultimo giorno dell’anno l’avvocato Conte ha disertato il Senato dove stavamo discutendo una legge di Bilancio da approvare in 24 ore, senza possibilità di fare emendamenti pena l’esercizio provvisorio. Siamo stati costretti a ques to scandalo dai ritardi dell’esecutivo e tutto il Senato ha espresso il proprio rammarico per la mortificazione del Parlamento. In quel momento il presidente anziché venire in Aula a scusarsi, ha scelto di fare una conferenza stampa senza aspettare nemmeno per garbo che i senatori finissero i lavori. E in quella conferenza stampa Conte ha risposto alle sollecitazioni di Italia viva, dicendo: “Ci vediamo in Parlamento”. Lo aspettiamo al Senato, allora, che posso dire di più?». Dunque si andrà a un Conte ter? Oppure a un nuovo esecutivo? «Non so che formula prevarrà. So che questo è il tempo di mettere al centro l’interesse dell’Italia e degli italiani contro gli egoismi di parte. L’appello del presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno perché prevalgano le ragioni dei “costruttori” mi sembra saggio e illuminante».
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Testata:  Giornale 
Autore:  de Feo Fabrizio 
Titolo: Il retroscena – Centrodestra: ci siamo in caso di crisi Alleati in coro: «Non servono responsabili ma gente capace»
Tema: Centrodestra

La maggioranza giallorossa continua a camminare sui fili dell’alta tensione. E il centrodestra osserva con attenzione una situazione sempre più incerta, puntando il dito contro un braccio di ferro che va in scena proprio nel momento in cui il governo si appresta a presentare la nuova bozza del Recovery Plan e ricerca faticosamente la soluzione al rebus scuola. La domanda che si fanno i leader del centrodestra è quella di tutti: cosa accadrà il 7 gennaio? Renzi ritirerà davvero i suoi ministri aprendo la crisi? Nascerà un Conte Ter o si percorrerà un’altra via e la maggioranza punterà su un nuovo nome? «Quando apri il vaso di Pandora può succedere di tutto, noi siamo per le elezioni» dice Antonio Tajani. «Il nostro Paese non ha bisogno di responsabili» dice Sestino Giacomoni al Tg2. «Ha bisogno di persone competenti e capaci. Forza Italia punta a essere la forza trainante del centrodestra ed è per questo che presenteremo le nostre proposte per il piano vaccinale e per il Recovery plan, per salvare le imprese e i posti di lavoro». Il piano sul Recovery a cui fa riferimento il parlamentare azzurro è già sul tavolo di Berlusconi. Un documento per la ripartenza nel segno di una riforma fiscale, giudiziaria e burocratica di stampo liberale e di una visione ambientale moderna e non ideologica. L’atteggiamento di Fratelli d’Italia verso il governo non differisce di molto da quello di Fi. «Sarebbe necessario avere un governo autorevole per affrontare le difficoltà sanitarie e la crisi economica, invece assistiamo a un balletto tra le forze di maggioranza fatto di ricatti e cialtronerie» dice il capogruppo di Fdi, Francesco Lollobrigida. «Il popolo italiano ha già sfiduciato Conte, ora facciamolo in Parlamento».
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Economia e finanza

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco – Marro Enrico 
Titolo: Recovery plan, si tratta sulla Sanità E scompare la fondazione per gli 007
Tema: Recovery plan

Nella nuova bozza del Recovery plan non ci sarà più il progetto di creare un Centro nazionale sulla cyber security a Palazzo Chigi. La nuova struttura era indicata a pagina 8 del testo del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) del 29 dicembre, su proposta del presidente del Consiglio, nel capitolo sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione che prevedeva una spesa di 2,5 miliardi. Contro questa struttura si era schierato Matteo Renzi, che da tempo chiede allo stesso Conte anche di affidare la delega sui servizi segreti a un’altra persona. Anche il Pd non aveva gradito l’accentramento nelle mani del premier di un tema così delicato, e in queste ore di trattative frenetiche chi nel Partito democratico sta lavorando per ricucire lo strappo fra Conte e Renzi sta cercando anche di convincere il primo a mollare la delega. Ieri al ministero dell’Economia i tecnici hanno lavorato fino a tarda sera per riscrivere il Pnrr sulla base delle richieste che i partiti della maggioranza hanno presentato a Roberto Gualtieri e al collega degli Affari europei, Vincenzo Amendola. Alla fine, fermi restando i 196 miliardi complessivi che verranno chiesti dal governo a Bruxelles nell’ambito del Next generation Eu, dovrebbe scendere la parte dedicata agli incentivi (i 55 miliardi della prima bozza potrebbero ridursi di 10-15 miliardi) a favore di un potenziamento degli investimenti, in particolare green, a più alto impatto sulla crescita del prodotto interno lordo. Sarebbe un’altra delle richieste di Italia viva che verrebbe accolta. Resta da sciogliere il nodo della Sanità. Tutti i gruppi di maggioranza hanno chiesto di aumentare le risorse, indicate in 9 miliardi nel vecchio testo. Il governo potrebbe innanzitutto far ricadere sotto questa voce i circa 5 miliardi tra edilizia ospedaliera e altri investimenti che nella precedente bozza ricadevano sotto altri capitoli di spesa.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Dal Fisco ai ristori con la crisi saltano oltre 40 miliardi – Recovery Plan, ristori e riforma del Fisco l’ombra della crisi sui progetti di rilancio
Tema: Recovery plan

Il Recovery plan sarebbe il flop più clamoroso e per l’Italia anche il più devastante. Ma non sarebbe il solo. Una eventuale crisi, con l’attività di governo limitata al solo disbrigo dei cosiddetti affari correnti ed all’orizzonte un rimpasto o magari, addirittura, il voto anticipato, metterebbe certamente a rischio l’accesso ai fondi europei, facendo svanire quella che tutti hanno definito «un’occasione storica per il Paese», ma avrebbe effetti anche su altre misure economiche altrettanto importanti. L’ipotesi non è nemmeno immaginabile, perché equivarrebbe ad un suicidio. Il contraccolpo più pesante di una crisi lo si avrebbe sui 196 miliardi tra prestiti e sussidi che l’Italia conta di ricevere dall’Unione europea, a partire dal primo anticipo di 17 miliardi decisivo, tra l’altro, per far quadrare la legge di Bilancio. Se Conte fosse costretto a gettare la spugna si interromperebbe infatti l’iter di definizione del maxi-progra mma di investimenti e molto difficilmente l’Italia potrebbe rispettare la scadenza di aprile per presentare i suoi progetti alla Ue. Allo stato dei fatti il «Next generation Italia», per quando già in parte affinato, dovrebbe ottenere un prima via libera da parte del Consiglio dei ministri per essere poi trasmesso al Parlamento ed alle parti sociali per le necessarie consultazioni, andrebbe alla fine redatta la versione finale che quindi, dopo l’approvazione da parte del Cdm, potrebbe essere trasmessa a Bruxelles. Il cronoprogramma che ha fornito a fine anno Conte prevedeva che entro metà febbraio l’intero iter potesse essere completato. L’apertura di una crisi cadrebbe esattamente nel pieno di questo percorso.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Cherchi Antonello – Finizio Michela 
Titolo: Casa, lavoro, figli: l’Italia 2021 riparte da 130 novità e sconti fiscali – Tutte le novità al via nel 2021 tra emergenze, aiuti e bonus
Tema: Manovra

Esoneri contributivi, sconti fiscali e incentivi. Nuove regole, proroghe, piani di rilancio e politiche mirate. Complice l’emergenza da Covid-19 che ha spinto l’acceleratore di alcune riforme e reso urgenti misure di sostengo straordinarie, l’agenda dell’anno nuovo è ricca di novità, al debutto direttamente il 1° gennaio o che entreranno in vigore nei prossimi mesi, anche se – spesso – vincolate all’approvazione dei decreti attuativi. Un quadro variegato frutto di un articolato sistema normativo che ha preso le mosse dai tanti provvedimenti anti-pandemia emanati nel corso di questi mesi di emergenza ed è culminato nella struttura della manovra di fine anno: un solo articolo con 1.150 commi. E come se non bastasse, al consueto decreto legge Milleproroghe, questa volta si è aggiunta la sorpresa di un decreto legge, contemporaneo alla legge di bilancio, con il quale si intervenuti su alcune parti di quest’ultima. A sconvolgere le vite di molte famiglie sa rà innanzitutto lo scadere del blocco dei licenziamenti: dopo il 31 marzo si potrà procedere per giustificato motivo oggettivo, collettivo o individuale, e il peso della crisi economica rischia di riflettersi sul destino di molti lavoratori, soprattutto nei settori più colpiti. Con l’inizio del nuovo anno è poi ripreso l’invio delle cartelle esattoriali, che era stato congelato dall’8 marzo scorso. Così riparte il calendario della riscossione e cresce la pressione sui conti degli italiani. Altro segno che la pandemia lascerà già da quest’anno è il ricorso allo smart working. II 60% dei pubblici dipendenti dovrà prepararsi a lavorare da remoto. E restando nel campo del digitale, toccherà sempre alla pubblica amministrazione garantire che entro il 28 febbraio i propri servizi online siano raggiungibili con Spid o la carta di identità elettronica. Questo, di contro, significherà che i cittadini dovranno dotarsi di almeno di una di quelle chiavi di accesso.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Amato Rosaria 
Titolo: Smart working, Pd e 5Stelle divisi sui nuovi contratti
Tema: Smart working

Nuova legge o maggiore spazio alla contrattazione collettiva. La legge 81/2017, entrata in vigore quando gli smart worker italiani non arrivavano neanche a mezzo milione, si è rivelata inadeguata a tutelare gli oltre 5 milioni di questi mesi. Sono emerse con forza l’esigenza di garantire il diritto alla disconnessione, la necessità di un modello organizzativo diverso, basato sul raggiungimento e sulla misurazione degli obiettivi, e di un salario accessorio che non penalizzi chi non lavora in ufficio. Ma sulle soluzioni la maggioranza è divisa. Se un nutrito gruppo di senatori M5S ha depositato qualche mese fa una legge di riforma, ora all’esame della commissione Lavoro, il Pd è orientato invece a dare spazio alla contrattazione collettiva, mentre Leu ha una posizione intermedia: sì alla riforma legislativa ma dopo un approfondito dibattito che coinvolga le parti sociali. La questione è seguita attentamente dal Cnel: «Siamo in una fase d i grande espansione dello smart working, che come tutte le fasi sperimentali sarebbe sbagliato appesantire con un intervento legislativo. – dice il presidente Tiziano Treu – Anche perché c’è già la legge del 2017, una legge “leggera”, che va bene proprio per questo. Nel privato c’è una fioritura di accordi collettivi, che noi stiamo raccogliendo: sono molto interessanti, flessibili, propongono forme nuove di mescolanza tra chi lavora dentro e chi lavora fuori». La legge all’esame del Senato è firmata da 21 parlamentari M5S; è stata depositata in maggio, e poi assegnata alla Commissione Lavoro.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Intervista a Nunzia Catalfo – Catalfo: “Nuovo stop ai licenziamenti per le aziende in difficoltà” – Catalfo “Continuerà lo stop ai licenziamenti per le aziende in crisi”
Tema: Intervista al m inistro Catalfo

Proroga selettiva dello stop al licenziamento, oltre il 31 marzo. Un miliardo in più al Reddito di cittadinanza. Riforma degli ammortizzatori e delle politiche attive nei primi mesi dell’anno, con la possibilità di chiedere la Cig e agganciare offerte di lavoro con la app lo, quella del cashback. Navigator confermati per tutto il 2021. Riforma delle pensioni a giugno. Naspi allungata a tre anni per gli over 50 o chi è vicino alla pensione. L’agenda della ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5S), stride con i venti di crisi politica. Ministra, è il momento giusto per far saltare il governo? «Credo non lo sia. Piuttosto è il momento di rimboccarsi le maniche e correre, se non vogliamo subire anziché gestire la crisi. Non mettere in atto la Next Generation Eu significa negare il futuro alle nuove generazioni. Non ce lo possiamo permettere». Lei ha in mano tre riforme cruciali: ammortizzatori sociali, politiche attive per i l lavoro, pensioni. Le porterà avanti in parallelo? «Nei primi mesi vorrei mettere a punto le prime due. Per le pensioni, a giugno avremo il piano per superare Quota 100 e garantire flessibilità in uscita. Ho già convocato alcuni tavoli sugli ammortizzatori e il lavoro autonomo. Le commissioni sui lavori gravosi e per separare previdenza e assistenza partiranno a breve. Proveremo a inserire i lavoratori fragili al Covid, con patologie importanti, nella platea dell’Ape sociale». La fine dl marzo è vicina. II 31 scadono lo stop ai licenziamenti e la Cig Covid gratis per le Imprese. Si temono un milione di disoccupati. Prorogherete entrambi? «Faremo un ragionamento per le aziende in forte crisi: per loro si può pensare di allungare stop e Cig. L’obiettivo è evitare lo tsunami occupazionale, formare i lavoratori in transizione, ricollocarli altrove se l’impresa non riparte. Confidiamo poi nella campagna vaccinale e nei suoi effetti positivi sull’economia».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Manacorda Francesco 
Titolo: Due dinastie europee dell’auto alla prova del capitalismo globale – Con la fusione Fca-Psa il capitalismo europeo alla prova globale
Tema: Fca-Psa

“Con loro, come con altri, i pianeti potrebbero essere allineati”. Sono trascorsi meno di due anni dalla prudentissima ma chiara ammissione di Robert Peugeot su una possibile alleanza con Fca, ed ecco che stamani quei pianeti si allineano davvero in una combinazione che – potenza delle evocazioni astronomiche – si chiamerà Stellantis. Sulla scena della fusione dell’anno ci sono i numeri e i bilanci, anche quelli di potere: il fatturato di 180 miliardi di euro, il quarto posto nella classifica mondiale dei costruttori con 8,7 milioni di auto, il ruolo di ad per Carlos Tavares che oggi fa lo stesso lavoro in Psa e quello di presidente per John Elkann, attualmente al vertice di Fca e della finanziaria di controllo Exor (che controlla anche Gedi, il gruppo che edita La Repubblica), Exor azionista di maggioranza relativa e i francesi che ottengono 6 posti su 11 in consiglio. Così la fusione che verrà votata oggi dalle assemblee dei due gruppi, dopo che a met à 2019 una prima proposta di Psa di rilevare semplicemente Fca era stata rifiutata dallo stesso Elkann, impegnato nelle trattative con Robert Peugeot – è anche un riconoscimento delle origini comuni: del resto 450 chilometri appena dividono il primo stabilimento della Fiat in Corso Dante, a Torino e l’omologo francese di Audincourt.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  G.Sar 
Titolo: Trump registrato: «Trovami i voti»
Tema: USA

«Brad, riusciamo a trovare 11.780 voti? Sono quelli che ci mancano per vincere le elezioni in Georgia». Sabato scorso Donald Trump telefona al Segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger e, in sostanza, gli chiede di trovare il modo per ribaltare il risultato elettorale del 3 novembre, quando Joe Biden la spuntò più o meno con quello stesso margine. Il Washington Post ha pubblicato la registrazione di quel colloquio durato circa un’ora. L’effetto è devastante per Trump e per quei repubblicani che si preparano a contestare l’esito delle elezioni il prossimo 6 gennaio al Congresso. Senza contare il possibile impatto sui due ballottaggi per il Senato in programma proprio domani in Georgia. Trump comincia osservando che «i georgiani, gli americani sono arrabbiati» perché non viene riconosciuta la sua vittoria. Prosegue accampando una serie di teorie cospirative sballate: parti dei macchinari sostituite, schede nascoste e cos&i grave; via. Raffensperger, un repubblicano, tiene il punto: «No signor Presidente non ci sono state irregolarità». E respinge la richiesta di «trovare» i voti mancanti. È una telefonata forse ancora più grave di quella con il neo presidente ucraino Volodymyr Zelensky («riapri l’indagine sui Biden o niente aiuti militari») che portò all’impeachment di Trump. Ma ormai il presidente in carica è alla deriva.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Usa, le minacce di Trump per ribaltare il voto in Georgia – Trump scuote il test Georgia Minacce per ribaltare il voto
Tema: USA

Donald Trump punta sulla Georgia per il suo ultimo tentativo di stravolgere l’elezione presidenziale calpestando il verdetto degli elettori. Telefona al segretario di Stato della Georgia, la più alta autorità locale deputata a certificare il risultato del voto, per convincerlo a cambiare il conteggio e a ribaltare l’esito, a quattro giorni dalla seduta solenne del Congresso che a Washington ratificherà la conta del collegio elettorale. Il segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, è un repubblicano. Nella registrazione della lunga telefonata – un’ora intera – avvenuta sabato e pubblicata ieri sul sito del Washington Post, Trump alterna lusinghe e minacce, evoca perfino la possibilità dl un’azione penale contro Raffensperger. «Devi solo trovarmi 11.780 voti, perché la Georgia l’ho vinta lo», dice il presidente al ministro locale. Quest’ultimo, nonostante l’inaudita pressione, non si lascia intimidire: «Signor pres idente, i suoi conti non tornano». Ancora una volta l’offensiva del presidente uscente viene respinta, anche dalle autorità repubblicane che localmente hanno garantito la regolarità dell’elezione, e che rifiutano le accuse di “frodi e brogli”. L’estremo tentativo di Trump colpisce per la sua gravità e aggiunge alla tensione già altissima che circonda due scadenze di questa settimana: il voto per due seggi di senatori proprio qui in Georgia domani, a cui segue mercoledì la riunione del Congresso a Washington per ufficializzare il risultato.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Olimpio Guido 
Titolo: Attacco dei jihadisti: cento civili massacrati in Niger
Tema: Terrorismo – Attacco in Niger

Una strage di civili in Niger. Due militari francesi dilaniati da un ordigno nel vicino Mali. Doppio episodio che racconta quanto avviene sul fronte più pericoloso, quello del Sahel, dove colpiscono componenti jihadiste e gruppi con agende piu locali. Una linea di frattura su un’area gigantesca. La pagina più feroce e quella scritta nei villaggi di Tschomabangou (70 morti) e Zaroumadareye, distanti meno di sette chilometri l’uno dall’altro, vicino al confine maliano. Le località sono state assalite quasi simultaneamente da colonne di militanti arrivati a bordo di qualche pick up ma soprattutto a cavallo di moto – pare fossero 100 – un mezzo impiegato dalla guerriglia. Gli uomini armati hanno massacrato la popolazione, una rappresaglia per l’uccisione di due loro compagni. Gli aggressori sarebbero arrivati dal Mali per ribadire la legge del terrore. Incursione che coincide con un momento politico importante nel Paese in attesa del secondo turno elettorale pre visto per il 21 febbraio. Quanto alla matrice dell’eccidio gli osservatori lasciano spazio a molte ipotesi e molti sospetti si concentrano su fazioni vicine allo Stato Islamico, solo una delle costole della lotta armata in una regione dove povertà, natura inospitale e guai cronici rappresentano un fardello pesante per chi ha poco o nulla. E la situazione nigerina è connessa a quanto avviene in Mali. In pochi giorni la Francia ha perso 5 soldati, tutti caduti a causa di bombe piazzate lungo i rustici assi stradali.
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Testata:  Stampa 
Titolo: Strage jihadista nel Niger Trucidati almeno 100 civili
Tema: Terrorismo – Attacco in Niger

Almeno 100 civili sono stati trucidati nelle loro case da uomini armati su un centinaio di moto che, in pieno giorno, si sono divisi in due gruppi circondando e attaccando due villaggi del Niger a ridosso del confine con il Mali. Un attacco pianificato militarmente, avvenuto sabato e non ancora rivendicato, ma che gli osservatori non esitano ad attribuire a terroristi islamici, facenti capo alle “famiglie” dell’Isis o di Al Qaeda o ai Boko Haram nigeriani. Tra i pochi dettagli emersi, si sa che almeno 70 delle vittime abitavano il remoto villaggio di Tchombangou e 30 quello vicino di Zaroumdareye, entrambi situati nella regione nigerina sud-occidentale di Tillabéri, un imbuto di deserto incuneato fra i porosissimi confini con il Mali e il Burkina Faso, due Paesi travagliati non meno del Niger, preda di instabilità politica, di terrorismo jihadista, di traffici di esseri umani, armi e droga e percorsi da violenze interetniche, spesso sottotraccia. Tre Paesi che da soli n el 2019 hanno avuto circa 4.000 morti per terrorismo. La strage, avvenuta verso mezzogiorno, è coincisa con l’annuncio ufficiale dei risultati delle elezioni presidenziali in Niger del 27 dicembre, che molti sperano possano segnare il primo passaggio pacifico del potere e un primo segno di stabilità per un piccolo Paese instabile, poverissimo e violento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  L.Cu. 
Titolo: E anche l’India parte con AstraZeneca
Tema: Covid-19 – Vaccinazioni

Il vaccino sviluppato da AstraZeneca con l’Università di Oxford e l’azienda italiana Irbm non è stato ancora approvato negli Stati Uniti e in Europa, mentre ha avuto il via libera in Gran Bretagna e India per l’uso emergenziale: perché? Alla base c’è una richiesta di ulteriori dati da parte dell’Ema, dato che durante i test il gruppo dei vaccinati ha ricevuto per sbaglio due diversi dosaggi, con la conseguenza che al momento non conosciamo il livello di efficacia del vaccino e la dose corretta. L’azienda anglo-svedese ha quindi dovuto produrre nuovi documenti, consegnati all’Ema il 30 dicembre, che si è presa almeno un mese per analizzarci. Ecco perché, ad oggi, non è possibile prevedere se e quando ci sarà il via libera. Situazione simile negli Stati Uniti: la Food and drug administration (Fda) dovrebbe ricevere da AstraZeneca i documenti richiesti a marzo, di conseguenza esclude fino ad allora un’autorizzazione emergenzia le. Il vaccino di AstraZeneca è uno di quelli su cui l’Europa ha puntato di più, così come l’Italia che ha prenotato 40,30 milioni di dosi. La Gran Bretagna ha deciso invece di procedere in modo indipendente, sotto la pressione dell’impennata di cast dovuta alla nuova variante del virus, approvando il vaccino con procedura straordinaria.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Basile Massimo 
Titolo: Exploit di contagi negli Usa E in California manca anche il legno per le bare
Tema: Covid-19 – Emergenza negli Usa

Trump continua a sostenere che i numeri della pandemia sono «di gran lunga esagerati», ma il Paese è entrato nella fase più drammatica dell’emergenza. Jerome Adams, portavoce del governo per la salute pubblica, ha contraddetto il presidente, sostenendo che sui dati forniti dai Centri federali sanitari «non c’è alcun motivo di dubitare. Le proiezioni sono abbastanza spaventose». Se negli Usa si sono registrati finora 20,4 milioni di casi e più di 350 mila morti, il numero dei decessi, stando alle previsioni dell’Università di Washington, dovrebbe superare il mezzo milione entro aprile. Un dato statistico ulteriore sembra smontare la teoria di Trump: al 19 dicembre negli Stati Uniti erano morte 431 mila persone in più rispetto alla media degli anni precedenti nello stesso arco di tempo. Nelle ultime 24 ore ci sono stati 299mila nuovi positivi e per il 32esimo giorno consecutivo il numero dei ricoverati ha superato i 100 mila. I morti sono 2600 al giorno. Le pompe funebri non hanno più posti, le richieste sono aumentate di sei volte, al punto che si cercano in affitto stanze frigo dove sistemare i corpi. E manca persino il legno per le bare. Dal 14 dicembre sono stati somministrati negli Usa 4,2 milioni di vaccini, su 13 milioni di dosi consegnate, ma in molte zone manca il personale, mentre aumentano i medici e infermieri che rifiutano di immunizzarsi. In alcune aree del Paese, come l’Ohio, la percentuale dei “no vax” arriva al 60%. E il peggio della pandemia deve ancora arrivare. A spaventare è l’onda lunga delle festività. Ovunque ci sono stati party clandestini.
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Testata:  Stampa 
Titolo: Oggi la sentenza del tribunale britannico sull’estradizione di Assange negli Usa
Tema: Spionaggio informatico – Wikileaks

Arriverà oggi in un tribunale britannico la decisione sull’eventuale estradizione negli Stati Uniti del fondatore di Wilileaks, Julian Assange, accusato di spionaggio dalle autorità americane per aver divulgato documenti a contenuto confidenziale. Assange deve rispondere di 17 capi di imputazione per spionaggio informatico e un capo di accusa per pirateria informatica. Assange era stato arrestato nell’aprile 2019 dopo essere vissuto per anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove si era rifugiato nel 2012. Assange potrebbe essere condannato a 175 anni di reclusione da scontare in «condizioni amministrative speciali», versione particolarmente rigida del confinamento solitario, ma ci si attende che Wikileaks ricorra in appello nel caso di un’estradizione, il che significa che il suo trasferimento negli Stati Uniti potrebbe essere rinviato per un periodo di tempo non specificato.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Castelletti Rosalba 
Titolo: Russia, tornano le celle di Stato per gli ubriachi – Aumenta l’alcolismo e in Russia tornano le celle per gli ubriachi
Tema: Russia, lotta all’alcolismo

«Il nuovo è un vecchio che è stato ben dimenticato», recita un vecchio detto russo. E così, per combattere l’alcolismo che ha raggiunto «vette preoccupanti» in molte parti della Federazione, il Cremlino ha pensato di rispolverare le vytrezviteli, letteralmente “stazioni di disintossicazione”. Create in epoca zarista e diventate tristemente rinomate sotto Stalin, queste celle dove gli ubriachi prelevati dalle strade venivano rinchiusi finché non smaltivano la sbornia erano state abolite dieci anni fa. Ma per i deputati della Duma che hanno caldeggiato la legge siglata a fine anno da Vladimir Putin ed entrata in vigore il primo gennaio, i “rifugi per ubriachi” sono l’ultima arma nella lotta all’alcolismo. Circa 50mila russi continuano a morire ogni anno per il troppo bere, fino a 10mila per ipotermia dopo essersi accasciati all’aperto per la sbronza. E, se è vero che durante il ventennio di Putin al potere il consumo di alcol & egrave; crollato del 40%, il 2020 ha visto le vendite di vodka aumentare del 65% durante il lockdown.
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