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SINTESI IN PRIMO PIANO – 30 luglio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Giustizia, trovato l’accordo. Draghi convince i 5 Stelle;
– Variante Delta, crescono i contagi. “Iniziata la quarta ondata”;
– Svolta Mps, UniCredit tratta con il Tesoro: 40 giorni per decidere;
– Crescita, nel biennio 2021-2022 recupera solo il Centro Nord;
– Draghi apre il G20 cultura: “Il sostegno al settore è cruciale per ripartire”;
– Tunisi, i soldi degli evasori per finanziare lo sviluppo;
– Cina, 18 anni di carcere al miliardario utopista Sun.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto – Galluzzo Marco 
Titolo: Giustizia, trovato l’accordo – Nove ore di liti. Poi arriva l’intesa Regime speciale per i reati di mafia
Tema: Riforma della Giustizia

Nove ore di tensione in Consiglio dei ministri, con la minaccia di astensione dei 5 Stelle, ma alla fine l’intesa sulla riforma della giustizia viene raggiunta. Mario Draghi ha difeso la struttura complessiva del provvedimento, introducendo un regime speciale per i processi per tutti i reati di mafia. Secondo l’accordo non si sterilizzano i tempi processuali per i reati riconducibili al 416 bis e ter, dunque si va avanti senza scadenza. Mentre per l’aggravante mafiosa si arriva a sei anni in appello, con un regime transitorio da qui al 2024. Dal 2025 l’appello scenderà a 5 anni. «Quella che si chiude – ha commentato la Guardasigilli Marta Cartabia – è un giornata importante, c’è stata un’approvazione all’unanimità, con piena convinzione di tutte le forze politiche e l’impegno a ritirare tutti gli emendamenti che erano stati presentati dalle forze di maggioranza con l’obiettivo di accelerare il più possibile il lavoro in Parlamento e concludere prima della pausa estiva questa importantissima riforma». Conte rivendica di avere impedito «che i processi per mafia e terrorismo fossero avviati a dissolversi nel nulla». Di Maio, invece, esalta il lavoro di squadra: «Quando si ha un obiettivo comune si possono raggiungere importanti risultati, e la riforma della giustizia approvata in Consiglio dei Ministri è un passo fondamentale che non lascia spazio a rischi di impunità peri reati di mafia e terrorismo». Anche Letta gioisce: «L’equilibrio trovato dal governo rende la riforma della giustizia migliore. Lo avevamo chiesto e ci siamo spesi per l’accordo fino in fondo». Salvini, invece, sferza II M5S: «La riforma del processo penale approvata oggi in Cdm nonostante le minacce dei grillini e un primo passo». E Renzi è sulla stessa scia: «La riforma è una piccola parte, c’è ancora un lavoro lunghissimo da fare, ma ora abbiamo archiviato la Bonafede». Dello stesso tenore le parole di Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia : «Si segna la fine della riforma Bonafede e del giustizialismo del M5S».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Capurso Federico 
Titolo: Giustizia, Draghi convince i 5 Stelle – Accordo sulla prescrizione Draghi convince il M5S passa la riforma Cartabia
Tema: Riforma della Giustizia

Tirano tutti un sospiro di sollievo, all’interno del governo, e ognuno può sventolare la propria bandiera intorno all’accordo trovato – non senza un’ultima giornata di sofferenze – sulla riforma della Giustizia. La sintesi offerta dalla Guardasigilli Marta Cartabia riceve così, una seconda volta, il voto unanime del Consiglio dei ministri e può finalmente approdare in Aula alla Camera, domenica, per essere sottoposta al voto di fiducia. Giusto in tempo per evitare un rinvio che avrebbe trascinato ogni discussione a settembre, offrendo all’Europa un’immagine non buona dell’impegno italiano sulle riforme. E su questo punto, il presidente del Consiglio Mario Draghi si mostra soddisfatto.  La soluzione arriva in serata e prevede un «regime particolare per quei reati che nel nostro Paese hanno sempre destato allarme sociale», dalla mafia al terrorismo, fino ai reati sessuali, spiega Cartabia. «Nessun processo andrà in fumo& raquo;, assicura quindi la ministra della Giustizia, invitando le forze di maggioranza a ritirare i loro emendamenti. Le voci di un’intesa e quelle di una rottura si sono rincorse fino all’ultima curva. Il primo strappo arriva in tarda mattinata, quando Cartabia mette sul tavolo del Consiglio dei ministri la sua proposta. Dentro, però, c’è ben poco di quello che chiedono i Cinque stelle, solo una norma transitoria. Conte riunisce quindi i suoi, chiama all’unità il partito e minaccia di far saltare tutto, se non vengono esclusi i reati di mafia, terrorismo e violenza sessuale, dalla tagliola dell’improcedibilità. A spendersi in prima persona per una mediazione è Draghi, incontrando prima i ministri M5S, poi allargando la riunione alle altre delegazioni. . Intervengono anche i pontieri del Pd e Conte, a fine giornata, può ritenersi soddisfatto: «Non è la nostra riforma, ma abbiamo contribuito a migliorarla», sottolinea uscendo da Montecitorio.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Milella Liana 
Titolo: Intervista a Alfonso Bonafede – Bonafede: “Noi soli contro tutti, ma almeno i boss non resteranno impuniti” – Bonafede “Noi soli ma abbiamo blindato i processi di mafia”
Tema: Riforma della Giustizia

Cartabia cancella Bonafede. La sua prescrizione scompare. M5S ha perso? «Guardi, parliamo con sincerità e senza fronzoli. Continuo ad avere la ferma convinzione che dopo la sentenza di primo grado ci debba essere la certezza che arriverà la risposta di giustizia. È evidente a tutti che in questa maggioranza ci sono tante altre forze politiche che combattono contro questo principio. E che vorrebbero riempire di tagliole l’intero percorso della giustizia…». Non sta esagerando? «Senza girarci intorno quello che abbiamo fatto oggi è stato blindare i processi di mafia, di terrorismo e di violenza sessuale, e di mettere in maggiore sicurezza tutti gli altri che rischiavano di andare in fumo». Ma è vero o no che la sua prescrizione era un vessillo, un simbolo per il M5S? E adesso non c’è più…. «Ribadisco il concetto. In questa maggioranza, soli contro tutti, abbiamo blindato i processi di mafia, e questo risu ltato ha un solo nome, ed è il Movimento 5 stelle, e una sola firma, quella di Giuseppe Conte». Dica la verità, lei è soddisfatto perché comunque Cartabia ha conservato la sua prescrizione per tutto il primo grado. Tant’è che nella maggioranza in molti se ne lamentano. È un risultato no? «Prendo semplicemente atto che ci sono parti importanti della mia riforma che sono rimaste. Le mie critiche le ho già espresse pubblicamente e sono note a tutti».
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: Intervista a Matteo Salvini Intervista a Salvini: “Felice di aver smontato la Bonafede, il premier sia meno paziente con i grillini” – “Ho smontato la riforma Bonafede Draghi sia meno paziente con i 5S”
Tema: Riforma della Giustizia

Salvini dice che la sua pazienza nei confronti dei 5 Stelle, ma anche del Pd, è «inesauribile», ma spera che ad essere meno paziente con i grillini, che piantano grane ad ogni Consiglio dei ministri, sia il premier Mario Draghi. «Comunque sono soddisfatto di avere smontato la riforma Bonafede. Siccome Conte-Bonafede sono una coppia di fatto capisco il loro nervosismo». È comunque soddisfatto dell’accordo fatto e del ringraziamento ricevuto dallo stesso Draghi per la collaborazione della Lega e soprattutto il contributo di Giulia Bongiorno. Il leader della Lega in questa intervista anticipa di avere ottenuto l’incontro con il premier e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che considera totalmente immobile sull’immigrazione. Conte si è intestato le modifiche sui reati di mafia. Una bandierina piantata del nuovo leader di M5S o è stata veramente utile la sua richiesta? «Come Lega, oltre ai reati di mafia, abbiamo aggiunto, grazie a Giulia Bongiorno, il tema della violenza sessuale e dello spaccio di droga come reati particolarmente gravi. Magari in casa 5 Stelle sono temi delicati… Fino all’ultimo loro hanno minacciato di non votare la riforma Cartabia, però io fra ieri e oggi avrò sentito il presidente del Consiglio almeno una decina di volte. Anche in questo caso la Lega è stata forza di garanzia e di equilibrio. Draghi e il ministro Cartabia ci hanno ringraziato per il contributo. Conte fa gli show, Giulia Bongiorno ha lavorato giorno e notte per migliorare questo testo. Mentre i 5 stelle facevano i capricci e presentavano 900 emendamenti, noi abbiamo migliorato il testo».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Logroscino Adriana 
Titolo: La variante spinge i contagi Speranza: serve il green pass
Tema: Emergenza Covid-19

Tecnicamente, con i 6.171 nuovi casi individuati ieri – un numero che ricorda un altro momento di crescita del contagio, quello di metà ottobre -, il tasso di positività che sale dal 2,3 di mercoledì al 2,7 per cento di ieri, e 19 morti, l’Italia è già nella quarta ondata. Provocata dalla variante Delta che, come ha ribadito ieri in Senato il ministro Roberto Speranza, si sta imponendo e diventerà dominante qui, come nel resto d’Europa, ad agosto. In alcune regioni più avanti col sequenziamento (Emilia e Lazio), è già oltre l’80%. E’ un’ondata che non risparmia i vaccinati, non tutti, almeno. In base alla rilevazione dell’Istituto superiore di Sanità, sono 3.805 quelli che, nell’ultimo mese e mezzo, si sono contagiati nonostante le due dosi di vaccino: era stato immunizzato il 5 per cento di persone di età compresa tra i 12 e i 39 anni e il 6o% degli over 80 risultati positivi. Un’incidenza crescente ch e si spiega con quello che l’Iss ha definito il paradosso vaccinale. «Se le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, come accade per gli anziani, si verifica l’effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati e non vaccinati». Questo però non significa che il vaccino non funziona. Al contrario. «La vaccinazione dal Covid – riepilogano dall’Iss – protegge all’88 per cento dall’infezione, al 96% dall’esito fatale della malattia ma non protegge il 100% degli individui vaccinati».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Dusi Elena 
Titolo: Variante Delta, crescono i contagi “Iniziata la quarta ondata” – La Delta spinge contagi e morti “È già iniziata la quarta ondata”
Tema: Emergenza Covid-19

In una settimana, tra il 21 e il 27 luglio, in Italia i contagi sono aumentati del 65%. I decessi sono cresciuti del 46%, i ricoveri del 35%, i letti occupati in terapia intensiva del 15%. «È la quarta ondata»: la diagnosi è chiara e arriva dalla Fondazione Gimbe che dall’inizio della pandemia svolge il monitoraggio dei numeri del Covid. Primavera e autunno 2020, poi ancora primavera 2021: dopo tre ondate, oggi ci risiamo. I contagi risalgono: 6.171 ieri, al livello del 15 maggio. «Dopo 15 settimane di calo, sono tornate a salire le vittime: 111 nell’ultima settimana, 46% in più rispetto ai 76 della settimana precedente» spiega Gimbe. Ieri sono state 19. «I numeri sono molto chiari e rispecchiano una tendenza non solo italiana». Il ministro della Salute Roberto Speranza commenta i dati di Gimbe durante un’interrogazione al Senato. «L’attesa è che la variante Delta diventerà dominante in tutti i paesi europei da qui al mese di agosto». La situazione preoccupa non solo per i malati e la pressione sugli ospedali, che resta stabile (3% nei reparti ordinari e 2% nelle terapie intensive). Il tema cruciale è il ritorno sui banchi fra un mese e mezzo. Su questo Speranza è perentorio: «La ripresa in presenza e in sicurezza è l’obiettivo del governo, che non farà mancare iniziative forti». Lo strumento su cui fare leva è il vaccino. «Nel personale scolastico l’85% ha ricevuto almeno una dose. Noi vogliamo che questa cifra cresca in maniera significativa» dice il ministro. La questione per il governo «è strategica» e «utilizzeremo tutti gli strumenti possibili».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rizzo Sergio 
Titolo: Raggi, Gualtieri, Calenda primo confronto con rissa e Michetti se ne va
Tema: Elezioni sindaco di Roma

Ilcolpo di scena si verifica quando i tempi supplementari sono già iniziati. Michetti “Chi?” Enrico si alza e abbandona il palco allargando le braccia. Mentre mormora «una rissa!», giù nel prato un piccolo manipolo di suoi sostenitori (e collaboratori) si spella le mani. La “rissa” che ha scatenato la teatrale reazione del candidato del centrodestra alla poltrona di sindaco di Roma sarebbe quella scoppiata fra Roberto Gualtieri e Carlo Calenda sui reciproci programmi per liberare Roma dall’assedio dei rifiuti, in verità con tratti assai simili, con il primo che dà del «cerchiobottista» al secondo e il secondo che lo apostrofa con un «eh no, bello della casa…». In certi talk show televisivi si vede di molto peggio, senza che nessuno per questo se ne vada indignato. Neppure Michetti “Chi?”, per quello che si può ricordare. E anche al primo dibattito pubblico fra i quattro principali candidati alle comunali romane di ottobre, organizzato nei giardini della meravigliosa Casa dell’architettura all’Esquilino nessuno si sarebbe stupito se fossero volati gli stracci. Tante, e così velenose, erano state le stoccate che l’avevano preceduto. Invece qui si comincia a colpi di fioretto. Virginia Raggi paragona Roma a una Ferrari che lei avrebbe trovato grippata, e che si vanta di aver rimessa in moto? Calenda in Ferrari ci ha lavorato e le rinfaccia che la città è purtroppo rimasta come il modello 348, «quella che non gli entravano le marce», per concludere che «Roma è l’unica capitale al mondo che cresce meno del proprio Paese, fra rifiuti, trasporti e degrado è una città che non esiste…». Difficile smarcarsi, anche per una come la sindaca che in cinque anni si è fatta crescere pian piano addosso una corazza impenetrabile.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Bassi Cristina 
Titolo: II Csm «boccia» Greco Lui attacca il pm Storari: «Slealtà e menzogne»
Tema: Csm

La serenità ormai è un miraggio al quarto piano del Palazzo di giustizia di Milano. Con tre pm, su due fronti opposti, nel mirino delle Procura di Brescia e a rischio provvedimento disciplinare del Csm, ora arriva la delibera approvata a larga maggioranza in cui il Consiglio superiore prende atto del progetto organizzativo del procuratore Francesco Greco per il triennio 2017-2019, ma con diversi «rilievi». Non c’è, si legge, «un’analisi dettagliata della realtà criminale nel territorio di competenza, non risulta un’indicazione e un’analisi attuale e dettagliata dei dati relativi alle pendenze e ai flussi di lavoro, non sono stati individuati gli obiettivi organizzativi, di produttività e di repressione criminale». Una carenza che «preclude al Csm una compiuta valutazione delle scelte effettuate». Il Csm dà ragione alle osservazioni già mosse da 27 pm e dall’ex pg facente funzioni Nunzia Gatto che ave va segnalato in particolare un’apparente «anomalia» tra il numero di magistrati addetti al dipartimento Affari internazionali, quello di Fabio De Pasquale, e assegnati ad altri dipartimenti che pure trattano «reati gravi e delicati». Intanto ieri lo stesso Greco ha inviato una dura mail ai propri sostituti in cui attacca il pm Polo Storari, oggi davanti al Csm per la vicenda dei verbali di Piero Amata consegnati a Piercamillo Davigo.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Zurlo Stefano 
Titolo: Caccia grossa contro Renzi Ma vince il round sulla Leopolda
Tema: Iv

E’ un giorno double face per Matteo Renzi. Il Corriere della sera fa sapere che i pm di Roma hanno aperto i telefonini di Lucio Presta per cercare i finanziamenti sotto traccia all’ex premier. Ma nel pomeriggio escono indiscrezioni e stralci della sentenza della Cassazione sulla Fondazione Open e si capisce che l’ex premier ha vinto questo round contro i magistrati fiorentini. «La cosa più bella – afferma il leader di Iv – è che la Cassazione dice chiaramente che l’organizzazione della Leopolda non ha niente a che fare con l’organizzazione del Pd. Quindi cade il teorema di chi diceva che finanziare la Leopolda significasse finanziare la corrente di un partito». Non basta. La Suprema corte dà un’altra bacchetta al tribunale di Firenze spiegando che il tribunale non solo si era allineato alle richieste della procura di Firenze, ma ne aveva copiato le parole: una per una, con esiti imbarazzanti. Il risultato è stato quello di «travisare l’an alisi, di rilevanza decisiva, dei flussi finanziari della Fondazione Open». La cassaforte del renzismo chiusa nel 2018 e nel mirino dei magistrati toscani. Insomma, se Roma avanza, Firenze arretra. E l’ex premier lascia filtrare un altro messaggio che descrive il suo stato d’animo: «Qualche tempo prima che si aprisse l’inchiesta su Open un importante giornalista di Rcs dice ad un parlamentare: non passare con Renzi perché ci sarà una valanga che lo porterà via». E in effetti il partito dei giudici sembra aver trovato nell’ex sindaco della città toscana il nemico di cui era rimasto orfano, che prima era Berlusconi e prima ancora il «Cinghialone», Craxi.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Ferrando Marco 
Titolo: Mps, UniCredit apre la trattativa – Svolta Mps, UniCredit tratta con il Tesoro: 40 giorni per decidere
Tema: Mps

UniCredit apre le trattative sul Monte dei Paschi. Dopo quelle informali dell’ultimo anno, avviate da Jean Pierre Mustier dopo l’assalto di Intesa a Ubi, è l’ora di quelle ufficiali. Premessa di un’acquisizione-salvataggio che a questo punto pare tutta da discutere ma almeno alla portata. La notizia è stata confermata dalla banca nella serata di ieri, con un comunicato e una conference call tenuta a stretto giro dal ceo, Andrea Orcel. Nella sostanza, ieri il cda presieduto da Pier Carlo Padoan ha approvato l’avvio delle trattative con il Mef in vista dell’eventuale acquisizione di una parte degli asset del gruppo. È solo il primo passo, preliminare e non vincolante, per un’integrazione della banca controllata dal Tesoro, tenuto a uscirne entro l’inizio del 2022 per onorare gli impegni presi con Bruxelles. Ma è quanto basta a sbloccare un’impasse che durava da mesi, e a disinnescare con qualche ora di anticipo l’effetto della pagella che arriverà nel la serata di oggi dopo gli stress test condotti da Eba e Bce. Una pagella che probabilmente vedrà in capo a Mps un’elevata carenza di capitale, attesa nell’ordine dei due miliardi. La decisione del Tesoro, ma soprattutto di Andrea Orcel, di uscire allo scoperto e di porsi nella condizione di dover spiegare al mercato un’operazione che ha sempre ritenuto indigesta, dimostra che i presupposti per un esito positivo ci sono. Tuttavia, i 40 giorni di due diligence e di trattativa che si aprono ora non saranno una passeggiata: Piazza Gae Aulenti dovrà decidere non solo quali parti di Mps assorbire, ma anche se stare o uscire dalla partita.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Massaro Fabrizio 
Titolo: Unicredit-Mps parte la trattativa con il governo – UniCredit, svolta su Montepaschi «Sì, ma nell’interesse dei soci»
Tema: Mps

pubblica gli stress test che faranno emergere la reale necessità di capitale UniCredit apre ufficialmente il tavolo per rilevare Mps, quantomeno la sua parte sana, cioè la rete commerciale. Ma alle condizioni da sempre dettate dal ceo Andrea Orcel: niente crediti deteriorati e niente rischi legali. E, per quanto riguarda la sua banca, totale «neutralità di capitale», ovvero i soci non ci dovranno perdere. La dote del governo sotto forma di crediti fiscali («dta»), che valgono circa 2,2 miliardi sarà fondamentali in questo così come altri aiuti, ancora tecnicamente da definire. Ci sarà tempo fino a metà settembre per la due diligence, poi sarà siglato eventualmente l’accordo. Non è ancora chiaro se si tratterà di un’acquisizione della entità giuridica Mps o delle sole attività bancarie: ma la strada appare tracciata. Ieri sera il consiglio del colosso di Piazza Aulenti conv ocato per i conti semestrali e e il mef «hanno approvato i presupposti per una potenziale operazione avente ad oggetto le attività commerciali di Mps, attraverso la definizione di un perimetro selezionato e di adeguate misure di mitigazione del rischio», è scritto in una nota. il Tesoro è azionista al 64% di Mps dopo il salvataggio del 2017 e devev”uscire dalla banca entro fine anno per accordi con la Ue. Sulla decisione si è astenuto il presidente di Unicredit, Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia ai tempi del salvataggio di Siena. Per Andrea Orcel, che ieri sera ha tenuto una veloce call con gli analisti, un’eventuale mea serve a «accelerare i piani di crescita organica dell’istituto».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  C. Fo. 
Titolo: Crescita, nel biennio 2021-2022 recupera solo il Centro Nord
Tema: Crescita, il rapporto Svimez

Una caduta omogenea nell’anno nero della pandemia. Ma una ripresa a due velocità. È il quadro macroeconomico disegnato dalla Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, per il Centro-Nord e il Sud. Alla luce delle previsioni, nel biennio 2021/2022 il contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla ripartenza del Mezzogiorno non sarà comunque sufficiente a compensare la minor crescita tendenziale dell’area. In Italia la caduta del Pil nel 2020 è stata di oltre il 2% superiore alla media europea (-8,2% contro il -6,1%), relativamente omogeneo a livello territoriale: -8,1% nella media delle regioni meridionalie -9,1% nel Centro-Nord. Le misure di sostegno hanno attutito l’impatto sulle famiglie e la riduzione del reddito disponibile è stata compresa tra il -2,1% del Centro, il -2,8% del Mezzogiorno e il 4,2% nel NordEst. Quanto al recupero, nel 2021 secondo le stime il Pil italiano dovrebbe aumentare del 4,7% ma in manier a più accentuata al Centro-Nord (+5,1%), mentre nel Sud è previsto al +3,3%. Gli investimenti viaggeranno con un +8,4% al Centro-Nord, grazie soprattutto ai macchinari, e un +7% al Sud con il traino delle costruzioni comprese le opere pubbliche. La Svimez valuta che le misure varate nel 2021 e la quota del Pnrr che potrà essere attivata nel biennio contribuiscano alla crescita cumulata del Pil nel 2021/22 per il 4,1% nel Sud e per il 3,7% nel CentroNord. Un differenziale che non compensa però la più debole dinamica tendenziale del Mezzogiorno. In altre parole, almeno in questo biennio, il divario di crescita non si chiuderà.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Il Nord che corre traina la ripresa dell’Italia Lombardia locomotiva, il Piemonte soffre
Tema: Crescita, il rapporto Svimez

Lombardia, Emilia Romagna e Veneto che ingranano la quarta, il Piemonte che soffre, il Centro «che da terza Italia si sta trasformando in un nuovo Sud», ed il Mezzogiorno che si risolleva ma resta sempre molto distante dal resto del Paese, anche perché nel 2019 il suo Pil era ancora 10 punto sotto a quello del 2008. «Nord e Sud uniti nella crisi, divisi nella ripartenza» sintetizza la Svimez. Che con l’anticipazione del suo Rapporto 2021 presentato ieri alla Camera, come ha spiegato ha spiegato ieri il presidente Adriano Gianola, cerca di «testare la “temperatura” del Paese e misurare la sua capacità di resilienza». Dopo l’anno terribile del Covid, che ha visto la nostra economia perdere ben il 9,4% del Pil, senza grandi differenze tra un’area e l’altra (ma ben tre punti in più della media europea), il Paese sta ripartendo ma ancora una volta a velocità differenziate tra una regione e l’altra. Per la Svimez la «fra mmentazione dei percorsi di sviluppo regionali» oramai è «un dato strutturale che si è consolidato nel corso degli ultimi 20 anni». La novità è che questo fenomeno va oltre il Sud. Le previsioni per il biennio 2021-22, anche tenendo conto dei primi investimenti del Recovery plan, sono infatti fortemente differenziate: quest’anno ed il prossimo, sostiene la Svimez, la crescita del Centro-Nord è complessivamente forte e tale da recuperare quanto perso nel 2020.  Questo ad eccezione di alcune regioni del Centro, e in parte del Piemonte, aree che vedono accrescere la loro distanza nei confronti di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco 
Titolo: Riforme, fisco e concorrenza slittano a settembre
Tema: Riforme di fisco e concorrenza

Dopo la frenata sugli ammortizzatori sociali, si allungano i tempi di altre due riforme del Pnrr “avallato” da Bruxelles: concorrenza e fisco. La notizia del rinvio a dopo la pausa estiva, probabilmente a settembre, del varo dei due provvedimenti è arrivata nella mattinata di ieri prima dell’inizio dell’atteso Cdm chiamato a sbrogliare l’intricata matassa delle diverse posizioni nella maggioranza per trovare un’intesa sulla riforma della giustizia. E proprio nella necessità di individuare prioritariamente una via d’uscita sul pacchetto-Cartabia, considerato strategico tra gli impegni presi dall’esecutivo con la Ue, è da ricercare uno dei i motivi che possono aver indotto Palazzo Chigi a ritardare di alcune settimane l’invio al Parlamento della legge annuale sulla concorrenza del disegno di legge delega sulla riforma fiscale. La scadenza originariamente ipotizzata per il varo di queste due riforme era quella del 31 luglio ed era stata registrata nel cronoprogramma per l’attuazione del Pnrr al quale fanno esplicitamente riferimento i dossier parlamentari. Anche se da Palazzo Chigi si è subito tenuto a sottolineare che questa scelta è coerente con la “road map” delle riforme indicata nel Recovery plan. Mario Draghi, insomma, si potrebbe essere convinto nella necessità di non mettere troppa carne al fuoco nel momento in cui si decideva l’esito della delicata partita sulla giustizia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Olivo Francesco 
Titolo: Draghi apre il G20 cultura “Il sostegno al settore è cruciale per ripartire”
Tema: G20

L’Italia punta sulla diplomazia culturale e lo fa nella maniera più maestosa possibile, riunendo i ministri del G20 nell’arena del Colosseo. L’effetto stupore funziona, come non potrebbe essere altrimenti, le delegazioni subiscono il fascino, fanno i complimenti a Dario Franceschini che li riceve e scattano foto con il cellulare, ancora prima di posare per quella ufficiale. Inizia così la prima ministeriale della Cultura nella storia del G20. Oggi si entra nel vivo con i lavori ospitati a palazzo Barberini, sotto il magnifico affresco di Pietro da Cortona, al termine dei quali sarà firmata la Dichiarazione di Roma, che conterrà le grandi sfide dei prossimi anni, dai cambiamenti climatici, la ripresa dopo la pandemia e, appunto, la diplomazia informale, possibile anche «tra i Paesi più lontani, la cui distanza può essere colmata dalla cultura», come sottolinea Franceschini. Alla direttrice generale dell’Unesco Audrey Azoulay, Dragh i scherzando suggerisce di «considerare tutta l’Italia come patrimonio Unesco». I beni artistici non sono estranei è quella del cambiamento climatico: «La tutela del patrimonio artistico richiede anche maggiore sostenibilità ambientale. In Italia, più di dieci siti Patrimonio dell’Umanità sono in pericolo per l’innalzamento del livello del mare. Il rischio di alluvioni minaccia tra il 15 e il 20% dei beni culturali del nostro Paese. Dobbiamo agire subito, perché le generazioni di domani possano godere dei tesori che noi ammiriamo oggi e che hanno accompagnato tutta la nostra vita, certamente la mia». Dopo l’allarme i progetti: «Il settore dei viaggi e del turismo vale il 13% del Pil e impiega in maniera diretta o indiretta tre milioni e mezzo di persone – spiega il premier – Nel Pnrr investiamo in queste attività quasi 7 miliardi di euro».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: Crescita Usa più debole del previsto Ma il Pil torna ai livelli prepandemici
Tema: Usa

L’economia americana torna a livelli pre-pandemia, anzi li supera di scatto con una crescita del Pil al passo annualizzato del 6,5% nel secondo trimestre. Il dato rappresenta un’accelerazione rispetto al 6,3% di gennaio-marzo. Ed è stato trainato anzitutto da una forte spesa dei consumatori, che rappresenta oltre due terzi dell’attività. La crescita è risultata tuttavia inferiore alle previsioni, che si erano spinte all’8,4%, e fa presagire rallentamenti nel prosieguo dell’anno sul quale pesa l’incognita della diffusione della variante Delta del coronavirus. Il traguardo raggiunto da Pil – che batte oggi dello 0,8% il livello del quarto trimestre 2019 – è difficile da sottovalutare: solo un anno fa, con i lockdown da pandemia, l’economia soffrì contrazioni record e uscì dalla recessione in aprile. Dopo la debacle del 2009 furono necessari due anni per un recupero. La marcia del Pil potrebbe tuttavia aver raggiunto ora un picco: l’outlook per la seconda metà dell’anno è segnato da Interrogativi che potrebbero ostacolare gli exploit, da strozzature nelle catene di forniture a tensioni su materie prime e mercato del lavoro e all’esaurimento della spinta di aiuti pubblici anti-Covid, seimila miliardi da Inizio pandemia. I ritorni del coronavirus stanno inoltre spingendo sia il governo che grandi aziende, da Apple a Alphabet, a reintrodurre precauzioni e restrizioni. Segnali incerti sono trapelati dagli ultimi dati sul fronte occupazionale. Gli economisti: «Nel complesso il recupero è comunque stato più rapido anche delle attese più ottimistiche»
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  R.Es. 
Titolo: Fuori onda – Via libera del Qatar al voto per il Parlamento: prime elezioni in ottobre
Tema: Qatar

L’emiro del Qatar ha approvato ieri la legge che porterà alle prime elezioni legislative dello Stato del Golfo Arabo. Il voto, già previsto da un referendum costituzionale del 2003, eleggerà i due terzi del Consiglio consultivo della Shura. Si terrà a ottobre, a dieci mesi dalla fine del boicottaggio che l’Arabia Saudita e i suoi alleati imposero nel 2017, accusando il Qatar di sostenere il terrorismo islamico. E un anno prima della Coppa del mondo di calcio di Doha del 2022. L’emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani continuerà comunque a nominare 15 dei 45 membri del Consiglio della Shura che, secondo la nuova legge, avrà autorità legislativa e dovrà dare la sua approvazione alle politiche generali dello Stato e al bilancio. Il Consiglio della Shura controllerà in parte anche l’azione dell’esecutivo, ma non gli organi istituzionali che hanno responsabilità in materia di difesa, sicurezza, politica economica e invest imenti. Come altri Stati del Golfo, il Qatar non consente la formazione di partiti politici pur prevedendo già elezioni a livello locale.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  R.Es. 
Titolo: Fuori onda – Tunisi, i soldi degli evasori per finanziare lo sviluppo
Tema: Tunisia

L’uomo forte di Tunisi, il presidente Kais Saied emerso con nuovi poteri dal colpo di mano con cui nei giorni scorsi ha sospeso il Parlamento e licenziato il premier, ha presentato una ricetta personale per combattere la corruzione e nello stesso tempo far quadrare i conti pubblici. La proposta è stringere un patto tra lo Stato e centinaia di uomini d’affari sospettati di evasione fiscale e frode: avranno la possibilità di evitare una condanna se finanzieranno ospedali, scuole e progetti di sviluppo nelle regioni più povere del Paese. Impegnato a respingere l’accusa di avere organizzato un golpe per sbarazzarsi dell’opposizione, nell’unico Paese arabo in cui le rivolte del 2011 hanno segnato un passaggio duraturo alla democrazia, Saied ribadisce la propria fedeltà ai diritti e alle libertà garantiti dalla Costituzione tunisina. E conferma il carattere transitorio dell’operazione, necessaria per affrontare con maggiore determinazione dei governi che si sono susseguiti in questi anni la grave crisi economica, complicata dalla pandemia. La lotta alla corruzione fa parte del programma. Saied ha avanzato l’insolita proposta a 460 importanti uomini d’affari sospettati di essersi indebitamente appropriati di 5 miliardi di dollari prima della rivoluzione del 2011. Suggerendo loro «di restituire il denaro sottratto al popolo tunisino», sotto forma di finanziamenti allo sviluppo nelle regioni che ne hanno più bisogno.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stabile Giordano 
Titolo: Saied, il presidente populista presenta l’elenco dei corrotti “Ridate i soldi alla gente”
Tema: Tunisia

Kaies Saied porta sotto il suo controllo anche la tivù pubblica ma intanto apre a una possibile amnistia per uomini politici e d’affari accusati di corruzione, con l’intento di recuperare miliardi di dollari e rilanciare l’economia. Il presidente tunisino sembra navigare a vista, a quattro giorni dal colpo di mano di domenica notte. L’opposizione, dopo il congelamento del Parlamento e le dimissioni forzate del premier Hichem Mechichi, stenta a riorganizzarsi. Il leader del partito islamico Ennahda, Rachid Ghannouchi, ha lanciato ieri un “fronte nazionale”, e chiesto che il capo dello Stato nomini subito un nuovo primo ministro e “annulli” le decisioni che concentrano nelle sue mani tutti i poteri, compreso quello giudiziario. Saied resta però imprevedibile. Dopo aver presentato una sua lista di presunti corrotti, che avrebbero sottratto alle casse delle Stato «13,5 miliardi di dinari», pari 4,8 miliardi di dollari, e accusato i deputati di «nascondersi dietro l’immunità parlamentare», pure sospesa, il presidente ha precisato che i fondi debbono essere restituiti «al popolo tunisino» in base a una nuova legge che sembra prevedere un’amnistia generalizzata. Più che un colpo alla corruzione sembra uno scambio per ottenere quelle risorse di cui la Tunisia ha disperato bisogno, senza ricorrere ai prestiti del Fondo monetario internazionale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  L. Cr. 
Titolo: I giovani di Tunisi pronti a fuggire
Tema: Tunisia

Non serve cercarli verso le spiagge attorno a Sfax, come quella di Sidi Mansour, dove gli scafisti sono più attivi. I potenziali migranti tunisini sono dovunque, anche nel centro della capitale. «Non mi interesso di politica. Non credo nel fronte islamico, o nelle promesse del presidente Saied di riformare il governo. So soltanto che qui non c’è lavoro e la situazione non può che peggiorare dopo il colpo di Stato», spiega Mohammad Ali Alari, un trentenne che fa il saldatore saltuario per 250 euro al mese, ma sogna di raggiungere l’amico d’infanzia Hamjad, che da Torino gli manda messaggi via WhatsApp dicendogli che lui per lo stesso mestiere ne prende oltre 2.000, ha sposato un’italiana e stanno bene. Siamo nel quartiere di Ethadamen (Solidarietà), uno dei più poveri e popolosi di Tunisi. Tutti i giovani che incontriamo dicono che stanno pensando di risparmiare i mille euro per il passaggio sui barconi verso l’Italia. «Lampedusa ri schia di tornare tunisina, come dopo la rivoluzione del 2011», avvertono gli oppositori del presidente. II presidente tunisino Kais Saied ha licenziato il primo ministro Hicham Mechichi, congelato l’attività del parlamento per trenta giorni e sospeso l’immunità ai parlamentari. La folla aveva preso d’assalto gli uffici di Ennahda, II più grande partito tunisino, chiedendo le dimissioni del premier e di sciogliere iI parlamento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Cina, 18 anni di carcere al miliardario utopista Sun
Tema: Cina

Diciotto anni di carcere: è la condanna inflitta a Sun Dawu, 67 anni, miliardario utopista che ha trasformato un villaggio di campagna in una cittadina modello per i suoi 9 mila dipendenti e le loro famiglie nella provincia dello Hebei, vicino a Pechino. «Bisogna ridistribuire uniformemente la ricchezza prodotta», aveva fatto scrivere davanti all’ingresso della sua azienda agricola. Sun Dawu è leggendario in Cina. Ex militare dell’Esercito popolare di liberazione, dopo il congedo aveva lavorato nella Banca agricola cinese, nel 1989 aveva fondato la sua azienda partendo con 50 maiali e 1000 polli. La sua gestione moderna e accorta ha portato alla costruzione di un gruppo miliardario, esteso all’agriturismo e alla sanità. Aveva deciso di incentivare i dipendenti costruendo un villaggio per integrare lavoro e vita delle maestranze, completo di scuole, un ospedale con mille posti letto, una biblioteca, uno stadio sportivo. Sun si definiva un «comuni sta confuciano». Ma è entrato in rotta di collisione con il Partito comunista, anzitutto perché i capitalisti privati diventati troppo ricchi, indipendenti, famosi e con un seguito sui social network non piacciono a Xi Jinping. E poi, Sun aveva ripetutamente sfidato il potere, ultimamente criticando le autorità all’inizio dell’epidemia di Covid-19; prima aveva anche denunciato l’insabbiamento della peste suina nel 2019; e per anni aveva appoggiato alcuni dissidenti, compreso il Premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, pagando le loro spese legali.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Guelpa Luigi 
Titolo: Bavaglio cinese Così Pechino condanna dj e magnati – «Provocano problemi» Pechino condanna un dj e il magnate agricolo Sun
Tema: Cina

La Cina continua ad avere un concetto sempre più distorto e arbitrario della giustizia. Ne sanno qualcosa il magnate Sun Dawu e il conduttore radiofonico di Hong Kong Tam Tak-chi, condannati per il surreale reato di «aver provocato problemi». È la delirante sentenza di due processi distinti, ma condotti allo stesso modo da Pechino, sempre meno tollerante nei confronti di chi non abbraccia il pensiero unico imposto da Xi Jinping. Sun Dawu, imprenditore agricolo e filantropo, era finito nel mirino delle autorità cinesi per il suo impegno a favore della giustizia sociale e degli attivisti umanitari. Il 67enne magnate è il fondatore di un impero agricolo da miliardi di dollari. Fino al suo arresto in novembre, l’imprenditore ha impiegato i profitti del suo gruppo per favorire la giustizia sociale, soprattutto nelle aree rurali più povere della Cina. Dopo un processo lampo che si è svolto in gran segreto, è stato riconosciuto co lpevole dal tribunale di Gaobeidian, nella provincia dello Hubei, di capi di imputazione quali «raduno di folla per attaccare organi statali», «ostacolo all’amministrazione del governo», ma soprattutto «aver provocato problemi». Espressione che viene usata in Cina per etichettare i dissidenti. Ora dovrà scontare 18 anni di carcere. Anche il 48enne Tam Tak-chi è una persona che «crea problemi». Ieri mattina è apparso nell’aula del tribunale di Hong Kong dove i giudici l’hanno ritenuto colpevole di aver pronunciato discorsi sediziosi. Rischia cinque anni di carcere e ha due giorni di tempo per presentare ricorso alla condanna.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bufacchi Isabella 
Titolo: Germania, la fiammata dei prezzi mette alla prova la nuova strategia Bce
Tema: Germania

Le azioni di politica monetaria particolarmente incisive o persistenti possono «comportare un periodo transitorio in cui l’inflazione si colloca su un livello moderatamente al di sopra dell’obiettivo». Questo sforamento, che nel gergo dei banchieri centrali è noto come “overshooting”, è entrato nella nuova strategia di politica monetaria della Bce con voto unanime dei membri del Consiglio direttivo. Ha fatto più notizia ieri un altro genere di “overshooting”, e questa volta di vita reale, non ipotetico: l’inflazione in Germania, secondo le stime preliminari diffuse dall’ufficio statistico Destatis, è salita in luglio al 3,8% anno su anno (+0,9% rispetto a giugno) mentre a livello armonizzato, contando sconti e saldi, è aumentata del 3,1% anno su anno. Si è trattato, rispettivamente, del maggiore incremento dal 2008 e dal 1993, in entrambi i casi ben oltre le attese degli analisti (20 centesimi in più del previsto solo per l ‘inflazione armonizzata). E non è tutto: di strada all’insù ne resta ancora da fare. Entro fine anno la banca centrale tedesca Bundesbank prevede un’inflazione in Germania «verso il  5%»: senza allarmi, per ora.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Audino Uski 
Titolo: Germania contro l’Italia sui migranti “C’è un trattamento inumano, restino qui”
Tema: Germania-Italia

L’accusa è di quelle pesanti: in Italia c’è «il serio pericolo di un trattamento inumano e degradante» per i migranti. È questa la motivazione in base alla quale il tribunale amministrativo superiore del Nordreno Vestfalia ha deciso di non rimandare in Italia due richiedenti asilo, un maliano e un somalo, e di accogliere il loro ricorso. I due avevano visto respinta la loro richiesta di rimanere in Germania nelle istanze di primo livello. Il tribunale di Muenster invece ha dato loro ragione. Nel caso di un rientro in Italia, sostengono i giudici, queste persone «per un lungo periodo di tempo non avrebbero né un alloggio né un lavoro» e in più «non avrebbero accesso alle relative cure», si dice nel riassunto della sentenza del tribunale superiore di Muenster. La motivazione non è generica ma circostanziata. Si fa riferimento alla perdita del diritto all’alloggio per i migranti in Italia dopo un certo periodo di tempo. «Non hanno più diritto all’alloggio in Italia», scrive il tribunale, e la spiegazione è che «il cosiddetto decreto-Salvini del 2018, che limitava i diritti dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione in Italia, è stato riformato nel dicembre 2020 tuttavia, le norme che regolano la perdita del diritto all’alloggio in in un centro di accoglienza continuano ad essere applicate, nonostante la riforma». Alla luce di tutto questo il tribunale di seconda istanza ha rigettato la richiesta delle autorità tedesche di rimandare indietro i due migranti, secondo il dettato del regolamento di Dublino, che prevede la presa in carico del procedimento d’asilo da parte del paese di primo approdo.
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