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SINTESI IN PRIMO PIANO – 3 settembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:
– Berlusconi positivo al Covid-19
– Gualtieri: avanti sul taglio del cuneo fiscale
– Atlantia-Cdp, si tratta ancora
– Veleno a Navalny: Merkel accusa il Cremlino

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  De Bac Margherita 
Titolo: Speranza: ragazzi, rispettate le regole «Vaccino, prime dosi entro l’anno»
Tema: Covid-19

Si appella ai giovani perché rispettino le tre regole fondamentali anti-contagio «che confermeremo nel prossimo decreto della presidenza del consiglio». Ribadisce che la riapertura della scuola in sicurezza a settembre è in cima alle volontà del governo, impegnato con «tutte le sue energie». Riafferma il ruolo dell’Italia, in prima linea «nella battaglia per il vaccino» grazie all’alleanza stretta con Francia, Germania e Olanda che permetterà al Paese di occupare un posto al sole quando «entro la fine del 2020 arriveranno le prime dosi» di quello prodotto dalla multinazionale Astrazeneca. Il ministro della salute Roberto Speranza ha informato il Parlamento, prima il Senato (dove l’opposizione ha contestato l’assenza del premier Conte) e poi la Camera, sulle strategie anti Covid. II prossimo Dpcm non sarà molto diverso da quello in scadenza il 7 settembre. Niente fa prevedere che le misure di contenimento possano essere allentate. Anche se l’Italia si trova in uno spazio virtuoso, il quadro epidemiologico europeo si è «deteriorato» e la diffusione del virus è aumentata. II nostro tasso di incidenza è il più basso in Europa assieme a quello della Germania, 23 casi su 100 mila abitanti rispetto ai 205 della Spagna e agli 88 della Francia. Merito del lockdown che ha funzionato e ci ha dato un vantaggio. Domani nella riunione dei ministri Ue della salute il governo proporrà una stretta sui controlli ai passeggeri in arrivo dai Paesi a rischio che non vanno visti come «un atto ostile ma un atto per aumentare la sicurezza». Si punta a costruire un meccanismo di reciprocità in modo che i test obbligatori per i cittadini provenienti da Spagna, Grecia, Malta e Croazia non assumano un valore punitivo. Però, insiste Speranza, bisogna continuare lungo la strada del rigore. Irrevocabili le tre regole d’oro: uso corretto delle mascherine, distanziamento di almeno un metro, rispetto delle norme igieniche fondamentali a partire dal lavaggio delle mani. Oggi il comitato tecnico scientifico è chiamato ad altre scelte complesse, il ritorno del pubblico agli eventi sportivi. Gli Internazionali di tennis sono alle porte e chiedono di avere spettatori. La richiesta è già stata respinta.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: “Pronti 11 milioni di mascherine al giorno Le prime dosi di vaccino entro fine anno”
Tema: Covid-19

Il ministro della Salute Roberto Speranza va in Parlamento a fare il punto sulla pandemia di Coronavirus e conferma quello che i bollettini quotidiani descrivono già molto bene: il virus è tomato a circolare e anche i ricoveri in terapia intensiva sono tornati sopra quota 100, anche se restano una percentuale molto bassa rispetto al totale dei malati. Anche ieri i nuovi contagi sono stati oltre mille, per la precisione 1.326. In totale le persone che sono attualmente malate sono 27.817, più del doppio dei circa 12 mila di fine luglio. I malati in condizioni critiche sono saliti a 109, due in più rispetto al giorno prima, ma complessivamente rappresentano solo lo 0,39% delle persone attualmente colpite dal virus. Un dato che riflette soprattutto due fenomeni: l’età media dei contagi sempre più bassa (ormai sotto i 30 anni) e il grande numero di tamponi – ieri record, 102.959 – che permette di scovare anche i malati asintomatici o con sintomi molto lievi. Insomma, in questa fase si ammalano soprattutto i giovani, che più raramente accusano sintomi gravi, e vengono individuati anche contagiati che qualche mese fa sarebbero sfuggiti ai medici. Ma se la situazione al momento è tutto sommato sotto controllo, l’andamento dei contagi deve comunque indurre a grande prudenza, avverte Speranza. Per questo il governo si appresta a confermare le misure di sicurezza contenute nel Dpcm che scadrà il 7 settembre. Nel frattempo, il governo si impegna a far ripartire la scuola «in sicurezza», assicura Speranza, e «l’Italia è l’unico paese in Europa e nel mondo che metterà a disposizione 11 milioni di mascherine al giorno per studenti e personale scolastico», ribadendo che però le protezioni potranno essere tolte quando gli studenti sono seduti e a distanza l’uno dall’altro. Il ministro cerca anche di rassicurare gli insegnanti preoccupati del contagio: «Rispetto ai casi di positività non lasceremo soli i nostri presidi e i nostri insegnanti».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Borgia Pier_Francesco 
Titolo: Forza Silvio – Berlusconi positivo
Tema: Covid-19
Un controllo di routine. In ossequio alle disposizioni per chi come lui ha passato le ultime settimane in Sardegna. Non è il primo tampone cui si sottopone Silvio Berlusconi. Le notizie che venivano dalla Costa Smeralda avevano convinto il leader di Forza Italia a restare in costante controllo. Lo stesso 25 agosto scorso ne aveva effettuato uno. Proprio il giorno in cui si era diffusa la notizia del ricovero di Flavio Briatore. Al ritorno a casa, però, l’ultimo esame (effettuato al San Raffaele di Milano) ha prodotto un esito positivo. E sempre ieri è arrivata anche la notizia della positività al tampone per i figli Luigi e Barbara, con sintomi che li ha spinti a fare il tampone. «L’ho sentito assolutamente tranquillo, consapevole che non si sa come lo abbia preso – ha spiegato il fratello Paolo -. Mio fratello ha una costituzione forte. L’ho visto martedì, quindi coscienziosamente ci siamo messi in autoisolamento, per precauzione e per qualche giorno, previo tampone che andremo a fare». «Mi è successo anche questo. Ma vado avanti e continuo la mia battaglia», il commento a caldo del diretto interessato, durante un collegamento con il Forum Azzurro Donna, promossa da Katia Polidori. I medici gli hanno detto che può continuare a lavorare da casa, viste la sua condizione di asintomatico. Ora però per lui scatta l’isolamento come da protocollo. Ed è così che Berlusconi prima che la notizia fosse rilanciata dalle agenzie ha preferito onorare il suo impegno e partecipare in via telematica al Forum. Nel corso del suo intervento il presidente azzurro ha ribadito il ruolo determinante di Forza Italia nel centrodestra e nel futuro della coalizione». «Chi ha la testa sulle spalle – ha aggiunto – voterà Forza Italia. Milioni di italiani sono disgustati dalla politica e non vogliono andare a votare, e in base a un sondaggio in nostro possesso, quasi sette milioni se dovessero andare a votare voterebbero per un partito moderato di centrodestra, noi a loro dobbiamo rivolgerci».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Palazzolo Salvo 
Titolo: Metà dei boss ancora a casa – La beffa dei boss mafiosi scarcerati per il virus La metà è ancora a casa
Tema: scarcerazioni Covid

Il costruttore boss Pino Sansone, l’ex vicino di casa di Totò Riina, ha ottenuto gli arresti domiciliar a fine aprile, nel pieno dell’emergenza Covid. Ed è ancora II, a casa sua, nonostante l’accusa pesante di aver tentato di riorganizzare un pezzo di Cosa nostra. Anche Gino Bontempo, il ras della mafia dei pascoli che razziava i contributi europei per i Nebrodi, è rimasto ai domiciliani, eppure l’emergenza Coronavirus in carcere si è ormai attenuata. Stesso beneficio per l’ergastolano Ciccio La Rocca, il padrino di Caltagirone su cui aveva indagato il giudice Falcone. E per tanti altri personaggi di peso delle mafie italiane. E lunga 112 nomi la lista di boss e trafficanti di droga che non sono più ritornati in cella nonostante il decreto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che a inizio di maggio aveva tentato di mettere un argine alla valanga di scarcerazioni per il rischio di contagio in carcere. «Ma altri 111 hanno fatto già rientro in istituto penitenziario — spiegano al ministero della Giustizia — ed è un risultato importante, il meccanismo del decreto si è rivelato decisivo perché, rispettando l’autonomia dei giudici, li ha chiamati a riconsiderare tutti i provvedimenti di scarcerazione e ha consentito di fare rientrare in carcere i boss più pericolosi». La prima novità che balza all’evidenza è nel numero di 223 scarcerati per rischio Covid: il 14 maggio, in commissione giustizia, il ministro Bonafede aveva parlato invece di «498 scarcerati fra alta sorveglianza e 41 bis». Pérché questa differenza? Il nuovo vertice del Dap, gestito da due ex pubblici ministeri antimafia ha fatto una cosa semplice appena insediatosi dopo le dimissioni di Franco Basentini, travolto dalle polemiche: ha passito in rassegna tutti i fascicoli dei boss andati ai domiciliari ed è saltato fuori che appunto solo 223 erano stati scarcerati per ragioni connesse al rischio Covid. I rimanenti 275 erano finiti ai domiciliari per «cause diverse e indipendenti dalla pandemia».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rubino Monica 
Titolo: Legge elettorale, alla Camera solo dopo referendum e Regionali
Tema: riforme

Dopo un lungo pressing del Pd – che lega il suo Sì al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari all’approvazione di una riforma elettorale in tempi rapidi – martedì 8 settembre il testo base verrà adottato in commissione Affari Costituzionali della Camera. II 28 settembre il testo andrà in aula per la discussione generale, una settimana dopo l’esito del referendum e non prima come chiesto dal Pd. E in un quadro politico che, all’indomani delle elezioni regionali, potrebbe essere molto diverso da quello attuale. Il 25 settembre a Montecitorio sbarca anche il disegno di legge costituzionale Fornaro sui correttivi al taglio dei parlamentari. Il calendario è serrato ma è ancora troppo poco. II percorso della legge elettorale rimane incerto e, dopo l’uscita di Italia Viva dal patto a tre con Pd e M5S, per la maggioranza non sarà facile portare a casa il risultato. A faticare di più saranno proprio i dem, con Zingaretti che spinge per costruire posizioni unitarie, nonostante il moltiplicarsi delle voci favorevoli al No al referendum. Ultima quella di Ferruccio Sansa, candidato Pd-M5S in Liguria, che al Foglio annuncia il suo voto contrario. Ma in che cosa consiste questo testo base? Al 99% si tratta del Brescellum, ossia il disegno di legge che prende il nome dal deputato grillino Giuseppe Brescia. Di fatto è un Rosatellum a cui vengono tolti i collegi uninominali e assegnati solo i seggi del proporzionale, alzando la soglia di sbarramento dal 3 al 5 per cento. La novità è il cosiddetto “diritto di tribuna”: il partito che supera il quorum in almeno tre circoscrizioni alla Camera e una al Senato ottiene seggi anche se non ha raggiunto il 5% a livello nazionale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto 
Titolo: Caso servizi, solo 276 voti di fiducia Il malessere del M5S in 28 assenze
Tema: voto sui servizi segreti

A Montecitorio il decreto di proroga dello stato di emergenza, al cui interno è contenuta la modifica della legge sui servizi segreti, passa l’esame del voto di fiducia. Sono 276 i sì e 194 i no. Sono tante le assenze. Forse troppe. E gli esperti di dinamiche parlamentari avvertono che si tratta «di un numero che sembra essere il più basso fra quelli ottenuti dalla maggioranza». Ma i riflettori della Camera si orientano sui 28 grillini che non partecipano alla fiducia. Quanti di questi avevano firmato l’emendamento che avrebbe voluto cancellare la norma che proroga i vertici dei servizi segreti? Una domanda che fino a sera non trova una risposta certa. Forse potrebbero essere sette, o forse di più, non è dato sapere. Ecco perché un minuto dopo il voto di fiducia, si fa di conto nel cortile di Montecitorio. «Chi e quanti sono gli assenti?» è la domanda che ricorre nei capannelli. Sono ancora tesi i membri del governo in quota M5S che si aggirano per tutto il pomeriggio a Montecitorio a fare i guardiani di un gruppo parlamentare in ebollizione, a smussare gli angoli, a ridurre al minimo le defezioni. La ferita non si è certo rimarginata. Il dato politico è lì perché la maggioranza ha superato la prova ma non a pieni voti. «Così la prossima volta si rischia di andare a sbattere». Il gruppo parlamentare del M5S corre ai ripari e si affanna a precisare che «risultano solo 7 assenti ingiustificati al voto di fiducia sul dl Covid. Fisiologico per un gruppo di quasi 200 deputati». Si cerca capire se c’è un legame fra le assenze e la rottura sui servizi segreti. Federica Dieni, prima firmataria della modifica e fortemente contraria al voto di fiducia, dà comunque il sostegno all’esecutivo: «Il fatto che io abbia votato a favore della fiducia dimostra che la proposta sostenuta da alcuni deputati M5s non era contro il governo, ma riguarda una norma che non condividevo e che continuo a non condividere».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: Il commento – Gli eccessi tattici di un’alleanza fragile e nervosa – Alleanza fragile e nervosa
Tema: tensioni nella maggioranza

In parte era prevedibile. Si sapeva che il doppio appuntamento delle Regionali e del referendum sulla riduzione dei parlamentari avrebbe rappresentato uno spartiacque per il governo e la maggioranza. Ma si registra un eccesso di ansia e di nervosismo che va oltre le previsioni. E chiama in causa le contraddizioni e dunque la fragilità diu n’alleanza incompiuta,e forse a questo punto velleitarla, tra M5S e Pd; un grillismo così lacerato dalla perdita dí identità e di leadership che continua a scaricare sul governo le sue convulsioni interne; un Pd in tensione per la consapevolezza di avere scelto una sponda scivolosa e inaffidabile, con un interlocutore incapace di garantire non solo gli accordi con gli altri ma la sua stessa tenuta interna; e un premier che oscilla tra protagonismo e sindrome dell o struzzo, non appena si profilano difficoltà tali da insidiare la sua popolarità e lasua permanenzaa Palazzo Chigi. Le defezioni vistose dei 5 Stelle durante il voto di fiducia sono solo un sintomo di quanto può avvenire dopo il21 settembre. E insieme sono l’emblema di una maggioranza che«non può» cadere, e in parallelo mostra crepe così vistose da regalare argomenti a opposizioni che pure non brillano né per lucidità politica né per strategie alternative.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  D’Alimonte Roberto – Maggini Nicola 
Titolo: Sondaggio. Puglia, Fitto è in testa ma Emiliano sta recuperando – Puglia, Emiliano tallona Fitto Decisivi incerti e voto utile
Tema: sondaggio elettorale Puglia
Sono due le regioni in cui il risultato del voto del 20-21 Settembre è del tutto incerto. Una è la Toscana, l’altra è la Puglia. Secondo le stime del sondaggio Winpoll-Cise, Raffaele Fitto, candidato di tutto il centrodestra, e già governatore tra il 2000 e il 2005, raccoglie il 39,6% delle intenzioni di voto contro il 38,2% del presidente uscente Michele Emiliano. Una differenza statisticamente insignificante . Seguono Antonella Laricchia del M5s con il 15,9% e Ivan Scalfarotto, candidato di Italia Viva, +Europa, e Verdi, con il 4,7 per cento. Per Emiliano è una corsa in salita. A differenza di altri governatori uscenti che si sono ricandidati, Zaia, De Luca, Toti, il Covid non sembra averlo avvantaggiato veramente. Né può sfruttare un giudizio particolarmente favorevole sull’operato della sua amministrazione. Infatti ne danno una valutazione molto o abbastanza positiva solo il 46% degli intervistati. Rispetto a cinque anni fa, quando conquistò il suo primo mandato, il quadro è cambiato nettamente. Allora aveva vinto con il 47,1%, sostenuto da una coalizione che comprendeva tutti i partiti del centrosinistra (tranne Verdi e l’Altra Puglia) e aveva preso complessivamente il 48,3% dei voti proporzionali. Per di più il centrodestra era diviso. Infatti, Forza Italia e Noi Con Salvini appoggiarono Adriana Poli Bortone che prese il 14,4%, mentre Fratelli d’Italia presentò come candidato presidente Francesco Schittulli che raccolse il 18,3%. Oggi invece la situazione si è ribaltata: il centrodestra è unito e il centrosinistra è diviso con Italia Viva e +Europa che hanno deciso di non appoggiare il presidente uscente. Un po’ per questo motivo ma soprattutto per il declino del Pd e della sinistra in generale le liste che lo sostengono valgono oggi solo il 35,3 per cento. Eppure la partita è aperta.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Pagnoncelli Nando 
Titolo: Liguria, Toti accelera: avanti di oltre 22 punti – Il vantaggio di Toti supera il 22% L’asse Pd-M5S non sfonda
Tema: regionali

Le elezioni regionali in Liguria non sembrano destinate a riservare Ì sorprese. Il vantaggio del presidente uscente Giovanni Toti sul principale avversario Ferruccio Sansa, il candidato unitario di Pd, M5S (e di altre forze politiche), è molto netto: la differenza di oltre 22 punti appare difficilmente colmabile. Nonostante la presenza di ben dieci candidati alla presidenza della Regione, il sondaggio odierno mostra che la competizione è limitata aToti (accreditato del 57,4%) e Sansa (34,8%). A seguire il candidato di Italia Viva, +Europa e Pvu Aristide Massardo con il 2,5%, allo stesso livello di Alice Salvatore l’ex candidata del M5s alle precedenti regionali, sostenuta dalla lista II Buonsenso. Tutti gli altri candidati sono stimati al di sotto dell’1%. Si stima un’affluenza alle urne del 62%, nettamente superiore sia alle precedenti regionali sia alle Europee 2019. La decisione di propendere per un candidato unitario da parte di Pd e 5 Stelle è stata faticosa e ha alimentato non poche contrarietà all’interno delle due forze politiche. Sulla carta la scelta appariva promettente, dato che la somma dei voti ottenuti nel 2015 dalla candidata del centrosinistra Paita (27,8%) e quelli della Salvatore (24,8%), era nettamente superiore rispetto al risultato di Toti che si affermò con il 34,4%. Ma la politica non è quasi mai fatta di somme aritmetiche di risultati precedenti e nella campagna attuale gli avversari di Toti devono fare i conti con una valutazione positiva dell’amministrazione espressa dal 62% dei liguri. Inoltre, a differenza di quanto abbiamo registrato nei precedenti sondaggi realizzati nelle Marche e in Puglia, la maggioranza (43%) auspica che il la voro della prossima amministrazione sia in continuità con quello dell’attuale, mentre il 39% è di parere opposto. Toti può contare anche su un gradimento personale (52%) nettamente superiore rispetto a quello di Sansa (27%), la cui notorietà peraltro è più contenuta (57%) rispetto a quella del presidente uscente (92%).
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Folli Stefano 
Titolo: Il punto – L’improbabile fuga nel voto anticipato
Tema: regionali

Sul Manifesto di ieri Goffredo Bettini, consigliere e ispiratore di Zingaretti, aggiungeva qualcosa alla lettera, peraltro esplicita, del segretario pubblicata da Repubblica. L’attacco è a Renzi, il “guascone”, il sabotatore dell’intesa strategica tra Pd e Cinque Stelle: Renzi che a differenza di Calenda, ricorda Bettini, è a pieno titolo nel governo ma non rinuncia a indebolirlo insieme alla coalizione. Anche e soprattutto in vista delle elezioni regionali. L’esempio più volte evocato della candidatura di Scalfarotto in Puglia è emblematico: i sondaggi accreditano il renziano sottosegretario agli Esteri di una percentuale modesta eppure coincidente, più o meno, con la distanza che separa Fitto (centrodestra) da Emiliano, il presidente uscente del centrosinistra costretto alla rincorsa. Si avverte un senso di ansia crescente nel Pd e le parole di Bettini lo confermano. Ma non tutta la diagnosi è convincente. Lo è la descrizione di un partito e di un gruppo dirigente che combattono una solitaria battaglia per la sopravvivenza. Un Pd e un gruppo di vertice che si son fatti carico delle maggiori responsabilità nell’ultimo anno e che adesso rischiano di pagare il prezzo più amaro all’eventuale sconfitta. I 5S nelle Regioni hanno meno da perdere — a parte vedere come si volatilizzano i loro consensi — e inoltre sono pronti a intestarsi tutti i “Sì” del referendum costituzionale. Il Pd invece è il partito del governo locale e nazionale: una sconfitta nelle Regioni (cioè in Puglia e non parliamo della Toscana, ipotesi tuttora poco verosimile) non potrà non rispecchiarsi sul governo centrale. Ma prima ancora sarà il detonatore di una crisi interna.
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Testata:  Stampa 
Autore:  NIC. CAR. 
Titolo: Lampedusa, Conte promette “Via i profughi e aiuti fiscali” – Conte: ora aumenteremo i rimpatri e svuoteremo di migranti Lampedusa
Tema: migranti
Entro domani il centro di accoglienza di Lampedusa sarà svuotato. Questa la promessa di Giuseppe Conte al sindaco dell’isola Totò Martello, al termine della riunione di palazzo Chigi. «Tra giovedì e venerdì arriveranno due navi di grandi dimensioni per ospitare i migranti e allentare la pressione sull’isola, ha detto il premier. L’obiettivo è non raggiungere più i picchi di questi giorni, con 1200 presenze contemporanee a fronte di una capienza massima prevista di 190 persone. «Nel centro saranno fatti dei lavori per garantire maggior sicurezza e il rispetto delle norme igienico sanitarie — ha spiegato Martello — dopo lo sbarco tutti i migranti faranno il tampone e saranno trasferiti direttamente sulle navi». Il sindaco incassa gli impegni del governo, dice che «ci sono i requisiti per revocare lo sciopero» annunciato dai lampedusani, anche perché sono in arrivo «novità importanti domani (oggi ndr) dal Consiglio dei ministri». Del resto, durante l’incontro Conte ha fatto capire che lo stop al pagamento delle tasse per gli abitanti e gli imprenditori dell’isola è cosa fatta: «Lampedusa merita misure economiche di favore, con specifico riguardo a sospensione di adempimenti e versamenti, anche arretrati». Non si fida invece il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, anche lui a palazzo Chigi. Aveva tentato di chiudere gli hotspot con un’ordinanza che il Viminale ha impugnato e il Tar ha poi sospeso. Ora prende atto che «a parole c’è la volontà di risolvere il problema degli hotspot», che è stato aperto un varco, ma non ci sono ancora risposte concrete.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Edilizia e appalti, la mappa delle novità – Appalti più veloci, i veti frenano le città
Tema: Dl Semplificazioni

Si conclude con 200 emendamenti approvati la lunga maratona per l’approvazione del decreto legge semplificazioni nelle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato. Il testo che si può considerare definitivo del Dl è pronto e sarà trasformato oggi in un maxiemendamento che sarà votato domani con voto di fiducia nell’Aula di Palazzo Madama. È stata una maratona durissima, con una grande tensione nella maggioranza, in più occasioni spaccata fra un asse Pd-Italia Viva e un asse M5s-Leu, soprattutto sulla rigenerazione urbana e sui temi ambientali. Il governo è anche andato sotto sulla norma che facilita la riqualificazione degli stadi (primo firmatario Matteo Renzi): dopo le discussioni dei giorni scorsi fra Pd e Italia viva su chi dovesse intestarsi l’emendamento, alla fine i Cinque stelle hanno deciso di votare contro e la modifica è passata solo grazie al sostegno del centrodestra, e della Lega, che ha subito sottolineato la cosa. Il risultato finale del testo si può forse sintetizzare dicendo che ha tenuto l’impianto del decreto legge nel suo nocciolo, gli articoli 1-9 che accelerano le procedure per gli affidamenti diretti degli appalti pubblici con l’aggiramento o l’alleggerimento delle gare, e invece c’è stato un sostanziale passo indietro sull’articolo 10 che avrebbe dovuto facilitare e accelerare gli interventi di edilizia privata. In particolare, avrebbe dovuto accelerare i progetti di rigenerazione urbana e di demolizione-ricostruzione nelle città, consentendo anche modifiche alle sagome e ai volumi: invece è stato stoppato dall’emendamento De Petris (Leu) che vieta questa accelerazione in larghe parti delle città storiche.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Greco Filomena – Pieraccini Silvia – Trovati Gianni 
Titolo: Il recovery plan dei sindaci: periferie, scuola e mobilità sostenibile – Periferie, scuola mobilità e Pa: il Recovery plan dei sindaci
Tema: Recovery plan

Periferie, mobilità, scuola e riforma della Pubblica amministrazione. Ruota intorno a queste priorità il lavoro dei sindaci sui progetti da presentare al governo per la costruzione del Recovery Plan. Le riunioni si susseguono, il calendario è fitto e l’obiettivo è quello di portare sui tavoli del Comitato interministeriale per gli Affari europei un pacchetto di proposte in grado di portare le città nella prima fila del programma di rilancio: un ruolo “dovuto” perché dai Comuni passa il 25% degli investimenti pubblici. ll cantiere è all’opera in vista degli incontri con Palazzo Chigi e Mef, dove proseguono le riunioni politiche e tecniche sul Recovery italiano: ieri a Vía XX Settembre èstato il turno dell’ad di Ferrovie, Gianfranco Battisti, e dei vertici di altre partecipate statali, in una serie di incontri che coinvolgono tutte le aziende del Tesoro che dovranno gestire fette rilevanti dei progetti. In questo quadro, le proposte dei sindaci partono da due presupposti: bisogna concentrarsi su pochi filoni il più possibile comuni, evitando elenchi sterminati di microinterventi chiamati a soddisfare con i fondi europei le esigenze localistiche, e accompagnare il tutto con una serie di proposte di riforma per mettere la Pa locale nelle condizioni di saper spendere davvero le risorse che possono arrivare. Perché il primo rischio avvertito dagli amministratori, anche se il tema resta sottotraccia perché non incrocia l’enfasi sulle opportunità aperte dagli aiuti comunitari, è quello di perdere il treno non per assenza di soldi o di progetti, ma delle condizioni per realizzarli nei tempi necessari. Nasce da questi presupposti il piano «Città-Italia» su cui sta lavorando l’Anci in queste settimane.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tucci Claudio 
Titolo: Gualtieri rilancia: avanti sul taglio del cuneo fiscale – Gualtieri: «Avanti sul taglio del cuneo fiscale»
Tema: riforma fiscale

Il governo conferma l’intenzione di voler andare avanti sulla strada del taglio del cuneo fiscale, e sempre, da quanto si apprende, a vantaggio solo dei lavoratori: «La riforma fiscale ha due grandi pilastri – ha spiegato ieri il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri -. Primo, proseguire sulla strada del cuneo fiscale riducendo l’Irpef sul lavoro per aumentare salari e stipendi e ridurre il costo del lavoro. Secondo, sostenere l’assegno unico che è lo strumento più potente per aiutare la genitorialità e la famiglia». Gualtieri ha poi aggiunto che la riforma fiscale ha un costo strutturale a regime e non può essere finanziata con strumenti congiunturali come il Recovery Fund: «Deve perciò essere autofinanziata – ha detto il titolare del Tesoro – con la riduzione delle tax expenditures e il contrasto all’evasione fiscale. C’è molto spazio». Nelle settimane scorse, lo stesso Gualtieri aveva tratteggiato le linee generali dell’intervento, l’equità, la semplificazione delle regole e la riduzione del carico fiscale sui ceti medio-bassi insieme a un’impostazione più “verde” del sistema fiscale con un meccanismo di incentivi-disincentivi per premiare comportamenti e produzioni più sostenibili. Il cantiere insomma è aperto; e si guarda anche ai modelli stranieri, come, ad esempio, quello tedesco, per rivedere le aliquote Irpef. Prima però bisogna “coprire” una fetta del primo taglio al cuneo, scattato dallo scorso luglio, con aumenti in busta paga per 16 milioni di lavoratori, privati e pubblici. Una fetta dell’incremento (quello legato alla detrazione) è infatti finanziato fino a dicembre, e per renderlo strutturale, secondo le prime stime, servono almeno 1,5 miliardi di euro.
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: Gualtieri: taglieremo le tasse aggredendo l’evasione fiscale
Tema: riforma fiscale

L’abbassamento delle imposte è diventato uno dei cavalli di battaglia di questa maggioranza in piena campagna elettorale per le regionali (nella prossima primavera andranno al voto città come Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli). È anche la tradizionale proposta popolare del centrodestra. Ma soprattutto è quello che chiedono tutte le categorie sociali e percettori di redditi medio bassi. Ora il premier Giuseppe Conte e il suo ministro dell’Economia vogliono andare fino in fondo. Giù il cuneo, meno Irpef sul lavoro per aumentare gli stipendi e sostenere la grande innovazione dell’assegno unico per le famiglie. Dice Gualtieri che Gentiloni ha ragione: «Sappiamo che la riduzione fiscale non può essere finanziata dal Recovery Fund, le cui risorse dovranno essere concentrate su pacchetti di riforme e investimenti». Si pensa invece a meccanismi di «autofinanziamento»: sfoltimento della giungla fatta di tax expenditures, sgravi e agevolazioni fiscali che nell’insieme valgono 54 miliardi di euro. Semplificare le agevolazioni, cancellare quelle dannose per l’ambiente. Non ci può essere un intervento fiscale senza aggredire l’evasione fiscale attraverso la fatturazione elettronica, il cashback che dovrebbe partire a fine anno. Per Gualtieri il Recovery Fund produrrà investimenti e crescita, nuove entrate fiscali, ma soprattutto consentirà di liberare risorse da finalizzare alla riduzione delle tasse che dovrà essere «permanente e strutturale». I dati dell’Istat fanno ben sperare il governo: per i mesi di luglio e agosto «suggeriscono il proseguimento della fase di ripresa». I numeri dell’occupazione secondo Gualtieri offrono altri «segnali positivi» così come i consumi elettrici e la fatturazione elettronica. Il tracollo del Pil nel 2020 a causa del coronavirus, nonostante nel terzo trimestre i dati mostrino «segnali di un forte rimbalzo», sarà comunque una batosta per l’economia italiana.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  F. Gre. 
Titolo: Innovazione, l’Italia risale di poco (28 posto) nella graduatoria globale
Tema: dati Insead

Sul fronte dell’innovazione l’Italia recupera terreno ma resta indietro nella graduatoria del «Global Innovation Index», edizione 2020. Il paese risale di due posizioni e si attesta alla posizione numero 28, prima di Cipro, Spagna e Malta. In testa alla classifica c’è comunque la Svizzera, per il decimo anno consecutivo, seguita dalla Svezia e dagli Stati Uniti, che precedono Regno Unito, Olanda e Danimarca. La Germania è al nono posto ed è seguita dalla Corea del Sud, che entra nella Top 10 dei paesi più innovativi al mondo. L’indice, calcolato dal 2007 dalla scuola di management Insead di Parigi e dalla Cornell University insieme alla World Intellectual Property Organization – Wipo, Agenzia specializzata delle Nazioni Unite – assegna alla Svizzera un punteggio di 66 su una scala da 0 a 100 in materia di innovazione mentre l’Italia si ferma a quota 45,7. Il Paese, spiega lo studio, è frenato da fenomeni collegati alla market sophistication. L’Italia è prima al mondo nel design industriale ma combatte con zavorre come il credito – 101esima posizione per la facilità di ottenere prestiti – e gli investimenti (74esima posizione). La stabilità del contesto politico ed il peso delle istituzioni attestano il paese in 59esima posizione mentre l’efficienza dell’Esecutivo pone l’Italia alla posizione numero 47.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Fotina Carmine 

Titolo: Rete unica La carta degli impegni per il via libera delle Authority – Rete unica, la carta degli impegni per il via libera delle Authority
Tema: infrastrutture

Pronta, e già attesa nella serata di ieri, la notifica di Tim all’Authority per le comunicazioni (Agcom) sull’operazione FiberCop. A condurre l’analisi e la consultazione pubblica sarà però il nuovo consiglio, che potrebbe insediarsi nei giorni successivi alle regionali e al referendum del 20 e 21 settembre, una volta completato con il parere delle commissioni parlamentari l’iter di nomina del presidente Giacomo Lasorella. Nella seconda fase, se e quando si completerà l’operazione rete unica con AccessCo, scatterà un’ulteriore notifica con conseguente analisi di mercato dell’Agcom. L’intreccio regolamentare che grava sulla prospettata infrastruttura unitaria è ben presente ai ministeri dell’Economia e dello Sviluppo economico, che da settimane lavorano su questo tema anche con il supporto di alcuni tra i maggiori esperti italiani di regolamentazione dei servizi a rete. Attualmente il quadro regolamentare dell’Authority per le comunicazioni, pur tenendo conto degli investimenti effettuati da Open Fiber, di fatto prevede già una posizione di Tim “monopolista” nella veste di operatore verticalmente integrato. Dunque per quanto riguarda i remedies regolamentari dell’Agcom, ad esempio il controllo dei prezzi all’ingrosso, l’operazione AccessCo condotta con Tim in maggioranza azionaria non avrebbe impatti diretti se non per il mercato separato di Milano, che attualmente è fuori dai vincoli perché presenta un grado di concorrenza infrastrutturale particolarmente elevato. Il problema si pone semmai sugli investimenti che il nuovo soggetto dovrebbe garantire, tanto più se vuole cancellare ogni retropensiero sulla volontà di preservare il rame e rallentare quindi lo switch off alla fibra ottica
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Savelli Fabio 
Titolo: Autostrade, la Borsa scommette Ma resta il nodo responsabilità
Tema: Atlantia

È un’ipotesi ma indica una direzione che fa scommettere il mercato sull’approssimarsi di un accordo sul riassetto del principale gestore autostradale del Paese visto che ieri il titolo ha archiviato la seduta guadagnando il 16,23% a 15,65 euro per azione. La traccia è quella di una scissione di Autostrade dalla holding Atlanta, controllata al 30% dai Benetton. Una separazione che decreterebbe in primis l’uscita della famiglia di Ponzano Veneto dalla gestione della società concessionaria. Uno spin-off che porterebbe, in secondo luogo, alla costituzione di un veicolo da quotare in Borsa che riguarderebbe però non la totalità delle azioni del gestore, ma il suo 70% riconducibile ad Atlantia. Fuori dal perimetro resterebbe il 12% in carico ai soci esteri, Edf-Allianz e il fondo cinese Silk Road che a quel punto potrebbero mantenere oppure vendere la partecipazione conferendo loro possibilità di scelta che verrebbe meno da un aumento di capitale preliminare riservato alla Cassa. E il restante 18% detenuto dalla holding infrastrutturale che lo liquiderebbe in una seconda fase appena il mercato valuterà il veicolo in Borsa pesandone meglio i flussi di cassa da qui ai prossimi 18 anni (l’orizzonte di concessione) non appena verrà approvato il nuovo piano economico-finanziario sottoposto alle valutazioni incrociate tra ministero delle Infrastrutture ed Authority dei Trasporti. II rebus di Autostrade è ancora non risolto ma si susseguono frenetici i tavoli con Cassa Depositi e ieri si sono incontrati anche i rispettivi numero uno di Atlantia (Carlo Bertazzo) e di Cdp (Fabrizio Palermo). Oggi nel consiglio di amministrazione di Atlantia i vertici porteranno all’attenzione degli amministratori un’informativa sullo stato della trattativa e delibereranno le due opzioni proposte al governo i primi di agosto che modificano lo schema di accordo raggiunto nella notte del 14 luglio a Palazzo Chigi. La scissione da Atlantia e, in alternativa, la vendita dell’88% della quota sul mercato tramite asta competitiva ad uno o più investitori.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Puledda Vittoria 
Titolo: Atlantia-Cdp, si tratta ancora Il nodo è quanto vale Autostrade
Tema: Atlantia

Fonti vicine al dossier Autostrade dicono che se tutto procederà per il verso giusto, entro sette-dieci giorni si potrebbe arrivare alla firma. Nello stesso governo sembra esserci la sensazione che un accordo si possa raggiungere in pochi giorni, con qualche sforzo in più. Mai come in questo caso il diavolo si nasconde nei dettagli. Oggi sarà comunque una giornata-chiave: prima il consiglio straordinario — anche se fissato da tempo — di Atlantia; una manciata di ore più tardi, alle 14, l’audizione del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sul possibile ruolo della Cassa nella partita. In cda della quotata ci sarà un’informativa sullo stato dell’arte e si procederà sull’ipotesi di scissione di Aspi, così come era stato da tempo anticipato, senza escludere in subordine la possibilità che si proceda ad una vendita all’asta dell’intera partecipazione (l’88% della società titolare della concessione autostradale). Ma questa seconda possibilità è poco più di un’ipotesi di scuola: l’idea della scissione è considerata ormai di gran lunga prevalente. Secondo quanto è stato possibile ricostruire, oggi lo schema che verrà adottato segnerà solo il percorso (la scissione) senza entrare nel merito dei dettagli. Cioè scorporo del 70% di Aspi, quotazione, successivo aumento di capitale riservato a Cdp (e ad altri investitori vicini alla Cassa, ma non F2i) per 6 miliardi, successivo riacquisto dell’ultimo 18% di Aspi in pancia ad Atlantia. Uno schema non definitivo, anzi su cui si starebbe ancora discutendo (animatamente). Quanto è vicino l’accordo? A fasi alterne gli attori vicini alla partita lo danno per quasi fatto o ancora con molti punti da trattare. Un osservatore sintetizzava così la situazione: con alcune settimane di le parti in causa stanno cercando di tradurre in un progetto più accettabile l’accordo raggiunto il 14 luglio scorso.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Dragoni Gianni 
Titolo: Alitalia, la perdita operativa arriva a quota 427 milioni
Tema: Alitalia, la relazione semestrale

Nel primo semestre di quest’anno Alitalia ha subito una perdita operativa (Ebit) di -427 milioni di euro, con un peggioramento di 177 rmlioni rispetto alla prima metà del 2019. I ricavi operativi totali sono crollati del 62% da 1.444 a 544milioni. I dati sono contenuti nella relazione sul primo semestre 2020 inviata dal commissario della compagnia, Giuseppe Leogrande, alle commissioni Trasporti di Camera e Senato. La relazione afferma che il peggioramento è dovuto al crollo del traffico causato dal coronavirus, che da marzo ha pesantemente intaccato i ricavi. La perdita operativa del primo semestre è quasi uguale a quella dell’intero 2019, che fu di -443 milioni. Secondo Leogrande i danni patiti da Alitalia per il coronavirus nel periodo febbraio-giugno ammontano a «complessivi 254 milioni», senza tener conto dei biglietti rimborsati per i voli cancellati. Leogrande afferma che tra il 17 febbraio e il 25 giugno la compagnia ha rimborsato 400.000 biglietti per circa 123 milioni e ha emesso 127.214 voucher per circa 27 milioni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Intervista a Gian Carlo Blangiardo – «Le nascite ai nuovi minimi Scenderemo sotto 400 mila, il welfare deve cambiare»
Tema: calo nascite

Gian Carlo Blangiardo, 71 anni, demografo, presidente dell’Istat dal 2019, ha notato una stranezza: nove mesi dopo l’arrivo della nube tossica di Chernobyl, nel maggio del 1986, la natalità in Italia è calata (temporaneamente) del 10% rispetto alla norma di quel periodo. Gli italiani avevano reagito all’incertezza e alla paura rinviando le scelte di procreazione. Presidente, il Covid innescherà lo stesso effetto, magari moltiplicandolo? «In Italia abbiamo una tendenza che dura dal 2009, con un calo di circa un quarto delle nascite da allora. Già gennaio 2020, prima della pandemia, ha un calo dell’1,5% rispetto a un anno prima. Vedremo dai dati di dicembre quanto la paura avrà inciso, a partire da marzo. Contano anche l’incertezza sul lavoro e le difficoltà della vita quotidiana, che inducono le persone a posticipare il momento di avere un figlio fin quando magari diventa tardi. Fare previsioni è difficile, ma temo che nel 2021 potremmo scendere sotto le 400 mila nascite». Erano più di un milione nel 1964, 576 mila nel 2008. «Da notare che il declino riguarda anche la popolazione straniera. L’immigrazione oggi porta 62 mila nati all’anno, dopo essere arrivata a 8o mila. Ma aldilà dei fattori congiunturali — la crisi, la pandemia — in Italia c’è soprattutto un effetto strutturale, perché si sta riducendo il numero di persone in età feconda. I nati all’apice del baby boom oggi hanno 56 anni. Le generazioni in età riproduttiva saranno sempre più ristrette». Come reagire? «Dobbiamo rendere compatibili lavoro e maternità, con un maggiore coinvolgimento dei padri».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Giovazzi Francesco 
Titolo: Qualche scomoda verità – Qualche scomoda verità su istruzione e lavoro
Tema: istruzione e lavoro
Di che cosa ha più bisogno la nostra scuola? Di dotare ciascuno dei 40.000 edifici scolastici di un cappotto termico, o piuttosto di interventi per ridurre gli abbandoni nella scuola secondaria, o di capire perché, dopo avere assunto negli ultimi 5-6 anni 180.000 insegnanti, il prossimo anno scolastico partirà con 250.000 supplenti? Non avrebbe piuttosto bisogno di scuole aperte il pomeriggio, e magari anche in luglio e di ricominciare le lezioni già oggi, anziché perdere altre due settimane (tre in alcune regioni)? Per ridurre gli abbandoni nelle scuole superiori era stata introdotta nel 2017 l’alternanza scuola-lavoro: l’anno successivo il governo giallo-verde la ridusse drasticamente perché dava fastidio agli insegnanti, aggiungendo compiti che non consentivano loro di limitarsi a ripetere anno dopo anno il medesimo programma. Per agevolare l’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro, in tutta Europa si introdussero vent’anni fa i diplomi triennali. Da allora la riforma del 3+2 in Italia è fallita perché i professori universitari hanno inteso 3+2=4 e si sono limitati a spalmare su cinque anni i corsi quadriennali che facevano prima della riforma. E così lo Stato ha abbandonato la formazione per i nuovi lavori, dal design alla moda, delegandola alle scuole private, dall’Istituto europeo di design alla Marangoni per la moda.Di che cosa ha più bisogno il nostro mercato del lavoro? Di un’estensione a tutti, indiscriminatamente, della cassa integrazione, come chiede Landini, o di un sistema di sussidi di disoccupazione simile a quello che esiste, ad esempio, in Francia e Germania, riservando la Cassa a quelle imprese che devono affrontare cadute temporanee della domanda? La Cassa illude i lavoratori che finita la pandemia il loro posto di lavoro sarà lì ad aspettarli: in molti casi purtroppo quel posto non ci sarà più ed è meglio prepararsi in tempo. Servono scuole e progetti di formazione che facilitino questa riallocazione. Altrimenti fra un anno assisteremo a un’esplosione della disoccupazione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Querzè Rita 
Titolo: Torna il supereuro a 1,20 «Ma l’export sta tenendo, soglia critica a quota 1,40»
Tema: i rischi del supereuro

Come se non bastasse l’emergenza Covid a rimettere in discussione gli equilibri dell’export, un nuovo fattore di incertezza si delinea all’orizzonte. È il fantasma del supereuro che rende ancora più in salita la strada delle nostro export. Quale è l’impatto, a oggi, di un cambio euro/ dollaro che ieri si aggirava intomo a quota 1,18 dopo avere toccato la soglia di 1,20 il primo settembre? «Per rispondere a questa domanda bisogna avere chiaro il contesto in cui ci troviamo — dice il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz —. I nostri tecnici non riescono ad andare all’estero così come quelli stranieri non riescono a venire da noi. Troppo complicato con le quarantene e i lockdown. Le filiere si stanno accorciando e stanno accorciando. L’apprezzamento dell’euro non fa che accentuare questa tendenza. Certo, è una sfida enorme. Perché le nuove filiere continentali puntano su prodotti nuovi, le auto ibride ed elettriche in primis». Mentre la globalizzazione che fa un passo indietro, una leva per resistere agli stress del cambio è la qualità. «Mi rendo conto che i produttori di beni di consumo standardizzati possano registrare già oggi un impatto negativo. Per fortuna nel nostro settore non è così. Almeno non ancora», dice Massimo Carboniero, presidente di Ucimu, associazione che rappresenta le imprese produttrici di macchine utensili.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pignatelli Michele 
Titolo: Navalny è stato avvelenato Merkel: Mosca deve spiegare – Navalny avvelenato con il novichok Merkel: ora Mosca dovrà spiegare
Tema: il caso del dissidente russo

Alexej Navalnyè stato avvelenato con il novichok. La conferma ufficiale da parte del governo tedesco che il più noto dissidente russo – tuttora ricoverato a Berlino in coma assistito – è stato vittima dello stesso agente nervino usato nel 2018 contro l’ex spia russa Serghej Skripal e la figlia alza il livello dello scontro diplomatico con Mosca, sempre più sospettata di avere responsabilità nell’avvelenamento. La Germania ha convocato d’urgenza l’ambasciatore russo, si prepara a consultare gli alleati e a varare, con tutta probabilità, sanzioni nei confronti della Russia, come fanno presagire anche le immediate ripercussioni negative sul rublo. «È chiaro che Navalny è stato vittima di un tentativo di omicidio – ha dichiarato senza mezze misure la cancelliera Angela Merkel – con l’obiettivo di metterlo a tacere. Ci sono domande a cui solo il governo russo può e deve rispondere». A confermare l’avvelenamento «in maniera equivocabile», come ha sottolineato la cancelliera, sono stati i test condotti da un laboratorio militare tedesco specializzato. Ma i sospetti erano emersi immediatamente il 20 agosto, quando Navalny – di ritorno dalla Siberia, dove si trovava per la campagna in vista delle elezioni regionali – si era sentito male poco dopo il decollo dall’aeroporto, dove aveva bevuto una tazza di tè.  +e ieri la prima reazione russa è stata ribattere che prima di lasciare Omsk non c’erano tracce di veleno nel corpo di Navalny e che le affermazioni tedesche non sono supportate da prove, mentre il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, chiedeva a Berlino uno scambio completo di informazioni. Salvo aggiungere, comunque, che la Russia è pronta a un’ampia cooperazione con la Germania. “Novichok” è il nome di una famiglia di agenti nervini altamente tossici, sviluppati tra gli annni 7o e 8o nell’ex Unione Sovietica, anche se Mosca non lo ha mai dichiarato all’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: «Navalny avvelenato» La condanna di Merkel – Navalny è stato avvelenato Berlino: «Prove inequivocabili»
Tema: il caso del dissidente russo
E stato Steffen Seibert, il portavoce della cancelleria, a dare per primo la notizia in una dichiarazione diffusa per posta elettronica, spiegando che i test tossicologici condotti da un laboratorio speciale della Bundeswehr, l’esercito federale, non lasciano alcun dubbio sull’origine dello stato di salute di Navalny, 44 anni, in coma dal 20 agosto dopo aver bevuto un tè all’aeroporto di Tomsk in Siberia. Due giorni dopo il primo oppositore di Vladimir Putin era stato trasportato con un volo speciale nella capitale tedesca, dove viene corato alla Charité, il più grande policlinico berlinese. «E un fatto scioccante», ha scritto Seibert. Mosca viene richiesta di «dare spiegazioni al più presto», mentre Berlino ha già informato i partner dell’Unione Europea e della Nato, per «discutere una reazione comune appropriata». Seibert ha anche annunciato che verrà contattata l’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Secca anche la reazione americana: «Gli Stati Uniti sono profondamente turbati dai risultati» dei test tossicologici che hanno confermato l’avvelenamento di Alexei Navalny, «totalmente riprovevole». Il portavoce del Cremlino, citato dalla Ria Novosti, ha detto che il governo russo non ha ancora ricevuto alcuna informazione ufficiale dalla Germania sul caso Navalny: «No, questa notizia non è stata portata alla nostra attenzione», ha detto Dmitrij Peskov. La conferma dell’avvelenamento rischia di avere ripercussioni profonde. Nuove sanzioni contro Mosca potrebbero essere decise, in aggiunta a quelle già in vigore dal 2014, dopo l’annessione della Crimea.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Franceschini Enrico 
Titolo: Se si rompe il cerchio magico di Putin – La cancelliera ora sfida Putin nel nome dell’Occidente
Tema: il caso del dissidente russo
Il caso vuole che la cancelliera tedesca abbia in questo semestre la presidenza di turno della Ue: con la richiesta immediata di spiegazioni a Vladimir Putin, il leader del più importante Paese del continente si pone alla guida dell’Europa per fare capire a Mosca che questa crisi non verrà facilmente archiviata. Navalnyj è il capo dell’opposizione, l’avversario numero uno del Cremlino, ed è stato attaccato in Russia, non all’estero, per di più mentre era tenuto sotto controllo e pedinato dalla polizia in ogni suo spostamento in Siberia, secondo quanto reso noto dalle stesse autorità russe, con un eccesso di solerzia o di ingenuità, ancora prima che venisse trasportato a Berlino. Non è il primo leader dell’opposizione a finire nel mirino di un killer in Russia, purtroppo: appena cinque anni or sono Boris Nemtsov, che svolgeva un ruolo simile a quello di Navalnyj oggi, fu assassinato impudentemente sulla Piazza Rossa. La reazione dell’Europa e degli Stati Uniti, se non dell’intera comunità internazionale come sarebbe lecito aspettarsi (il Foreign Office e la Farnesina hanno già espresso una condanna analoga a quella di Berlino), contribuirà ora a determinare se questo nuovo sopruso sarà l’ultimo.
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Autore:  Sorrentino Riccardo 
Titolo: Macron in Iraq: sostegno militare contro l’Isis
Tema: Medio Oriente
Dopo il Libano, l’Iraq. Emmanuel Macron non ha concluso a Beirut il suo viaggio in Medio Oriente. La sua strategia di ricostruzione di un ruolo francese in Medio Oriente – lo ha portato in visita – annunciata all’ultimo momento per motivi di sicurezza – a Baghdad,. nel tentativo di rilanciare i rapporti con un antico alleato, uno dei pochi paesi sui quali la Francia può far leva per la propria politica nell’area. È un sostegno strutturato, quello che Macron offre all’Iraq. Entro un mese, il primo ministro Mustafa AlKadhimi sarà a Parigi per siglare un nuovo protocollo, una roadmap strategica – in preparazione dalla visita di luglio del ministro degli Esteri JeanYves Le Drian – e dare all’Irak stabilità in un quadro regionale magmatico e un sostegno anche militare. È un ritorno al passato, sotto diversi aspetti. Oggi, il sostegno francese ha la funzione di aiutare il nuovo Iraq nella sua lotta allo Stato islamico – le forze francesi hanno già partecipato nel 2016-2017 alla battaglia per la liberazione di Mosul – e nella “normalizzazione” delle forze armate ufficiali, la cui operatività è ridotta dalla presenza delle milizie di Hachd alChaabi, le Unità di mobilitazione popolare sostenute dall’Iran e forti di almeno 6omila soldati.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Barlaam Riccardo 
Titolo: La strategia di Trump: coprire la crisi Il debito Usa sta per superare il Pil – Stati Uniti, sorpasso in arrivo del debito sul prodotto interno lordo
Tema: debito Usa

Per risalire nei sondaggi Donald Trump abbraccia le teorie cospirazioniste e si propone come difensore dell’ordine e della legge. Obiettivi: nascondere la pandemia che ha ormai superato i 6 milioni di casi e avanza al ritmo di mille morti al giorno e oscurare la crisi economica che si porta dietro il sorpasso del debito federale sul Pil, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale. Pesano gli anni dell’amministrazione Trump, con il maxi-taglio alle imposte societarie dal 35% al 21% che ha ridotto le entrate fiscali e portato il deficit federale a livelli record. Ma pesano soprattutto i piani di salvataggio dell’economia dal Covid. Con la disoccupazione a doppia cifra. Intanto a Wall Street i trader scommettono sul su un risultato elettorale incerto e su una lunga scia di polemiche, e incertezze che rischia di generale una pericolosa crisi costituzionale. Il debito pubblico federale supererà il Pil americano per la prima volta dalla Seconda Guerra nell’anno fiscale che termina il 30 settembre, secondo i dati del bipartisan Congressional Budget Office. Gli Stati Uniti entreranno nel club delle nazioni – di cui fanno parte anche Italia, Giappone e Grecia – che hanno un livello di debiti più elevato delle rispettive economie.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Il giovane Kennedy e la sconfitta che mette fine a una dinastia
Tema: democratici Usa

«Il Kennedy che ha messo fine alla suadmastia», è il titolo impietoso di Politico.com. Joseph Kennedy III, che porta il nome del “patriarca” (il padre di JFK), è il primo dei Kennedy a subire l’eliminazione elettorale sul terreno di casa, nel feudo familiare del Massachusetts. Non è riuscito a sconfiggere un notabile anziano nella primaria democratica. Era in palio la candidatura per il seggio senatoriale che fu di John e di Ted. Un tramonto inglorioso per l’ultimo erede di una famiglia-simbolo della sinistra americana. Si chiude una storia che durava da 60 anni, se si sceglie come data di partenza l’elezione di JFK alla Casa Bianca. Oppure da più di 80 anni se si parte dalla carriera politica di Joseph I, che Franklin Roosevelt nominò ambasciatore a Londra alla vigilia della guerra. Ma la cronologia si può leggere anche in un altro modo. 57 anni dopo l’assassinio di John, 52 anni dopo l’uccisione di suo fratello Bob, solo i pensionati possono ricordare un’Amministrazione Kennedy. Il nipote di Bob che ha perso sul terreno di casa era ben consapevole che le dinastie hanno una scadenza. Joseph III ha tentato di fare una campagna autonoma, riducendo al minimo i riferimenti all’eredità del cognome. La sua storia personale lo aiutava: sua madre divorziò malamente da Joseph II e cercò di educare i figli nel modo meno “kennedyano” possibile: tenuto conto della lunga serie di scandali sessuali che hanno accompagnato la storia dinastica. Alla fine il notabile che ha sconfitto un Kennedy sul terreno di casa, il senatore uscente Ed Markey, è quello che ha usato i metodi più spregiudicati. Avendo sentito un’atmosfera radicale nella base democratica del Massachusetts, Markey ha fatto una sterzata a sinistra e si è procurato l’endorsement della star dei giovani, la deputata newyorchese Alexandria Ocasio-Cortez. Il paradosso quindi è che Kennedy ha finito per incarnare suo malgrado il centro moderato del partito, mentre l’anziano Markey ha raccolto il 55,6% dei voti scavalcandolo a sinistra.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: Il tramonto della dinastia Kennedy
Tema: democratici Usa

Quando il giovane Kennedy, un deputato 39enne, decise di sfidare il suo compagno di partito Markey, questo figlio di un lattaio, entrato in Congresso 44 anni fa, pensò addirittura di ritirarsi: i sondaggi lo davano per sicuro sconfitto, staccato di oltre dieci punti percentuali da Joe III. Che aveva l’appoggio del grosso del partito e anche della speaker della Camera, Nancy Pelosi. Poi, però, Ed decise di combattere. Abbracciati il New Deal verde della Ocasio-Cortez e il Medicare for All, la riforma sanitaria proposta da Sanders, cercò e trovò il sostegno della sinistra radicale Usa che, spesso ideologicamente molto rigida, con lui è stata accomodante: gli ha perdonato un passato da politico moderato nel quale Ed ha commesso gli stessi errori (votare per la guerra in Iraq e la riforma penale restrittiva degli anni No- vanta che ha portato in prigione molti neri anche per reati non violenti) oggi rinfacciati a Biden. La Ocasio-Cortez è andata più volte in Massachusetts a sostenere Markey che, divenuto un paladino della «rivoluzione verde», ha goduto dell’aiuto massiccio sul territorio degli attivisti di varie organizzazioni ambientaliste come il Sunrise Movement. Per Biden il voto del Massachusetts contiene elementi di allarme ma anche di speranza: allarme perché è chiaro che, se diventerà presidente, dovrà vedersela con una sinistra liberal decisa a imporre il suo punto di vista. Speranza perché il risultato di Markey, che ha battuto Kennedy anche nelle città universitarie, dimostra che, se adeguatamente stimolati, i giovani possono mobilitarsi anche per un candidato ultrasettantenne. Per i Kennedy è l’ora di un crepuscolo doloroso.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salom Paolo 
Titolo: Morto Duch, l’aguzziono dei Khmer Rossi
Tema: Cambogia

All’anagrafe era registrato come Kaing Guek Eav. Ma il nome che ancora toglie il sonno a migliaia di cambogiani, e che lo ha tristemente fatto passare alla storia, era quello di battaglia: compagno Duch. Uno dei leader più feroci dei Khmer Rossi, e stato il comandante della prigione di Tuoi Sleng, alla periferia di Phnom Penh, dove sono passati per mai più uscire (se non per i campi della morte, i killing fields) almeno 15 mila esseri umani. Si è spento a 77 anni, nella prigione dove stava scontando un ergastolo per crimini contro l’umanità. Lo ha annunciato un portavoce del tribunale dell’Onu costituito proprio per giudicare le barbarie commesse durante la folle utopia realizzata sui sogni di Pol Pot. Dal 1975 al 1979, la rivoluzione che doveva instaurare una nuova società di eguali nella Cambogia martoriata da guerra civile, bombardamenti americani e fame atavica, provocò invece la decimazione della sua popolazione, a partire da intellettuali, borghesi, militari e chiunque avesse una qualche forma di sapere.
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