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SINTESI IN PRIMO PIANO – 29 gennaio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– Renzi congela il Conte ter
– Mattarella verso un mandato esplorativo a Fico o Lamorgese
– Covid, dossier dei servizi a Palazzo Chigi
– Autostrade, i dubbi della Ue sull’intervento del governo:
– Polacchi in piazza per il diritto all’aborto

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Breda Marzio 
Titolo: Il Quirinale valuta le ipotesi di un incarico esplorativo o di un secondo giro di consultazioni – II Colle allende le risposte dei 5 Stelle Sul tavolo l’incarico esplorativo
Tema: crisi di governo
Il verbale della crisi trascritto da chi assisteva Sergio Mattarella alle consultazioni di ieri, la giornata chiave, riassume un bilancio complicato. La febbrile battaglia dei contiani per trovare una congrua pattuglia di volenterosi si è impantanata. I numeri che il Capo dello Stato aveva chiesto e che avrebbero dovuto dimostrare l’esistenza di una maggioranza autosufficiente e salda (senza Italia viva), non bastano a far nascere un Conte ter. E Matteo Renzi, che si è dichiarato «contrario a elezioni adesso» e favorevole a un governo politico ma pure a uno istituzionale», ha evitato di citare davanti alle telecamere il premier uscente. «Nomina sunt consequentia rerum», ha detto il senatore florentino. Perciò prima «serve una proposta politica e un confronto sulle idee» e solo «dopo si potrà parlare di nomi». Anzi, ha precisato che prima ancora vuole che gli ex alleati dicano «se ci vogliono&raquo ;. Mattarella ha visto naufragare l’opzione principale del chiarimento politico che aveva avviato. Cioè un reincarico a Giuseppe Conte. E ora, dopo che Italia viva ha fermato — ma provvisoriamente — la ripartenza dell’ex premier, il capo dello Stato si trova davanti a due ipotesi di lavoro. Entrambe irte di incognite. Ia prima è di affidare un incarico «esplorativo» a una figura che non sia direttamente interessata a formare il gaverno. E’ un incarico, quello di chi «esplora» le forze politiche in nome del Quirinale, che spesso viene affidato al presidente di una delle due Camere. E guarda caso in Parlamento viene già evocato per questo ruolo Roberto Fico Non vanno però escluse a priori altre persone in grado di garantire capacità di mediazione, neutralità e autorevolezza (e a tale proposito circola pure il nome di Luciana Lamorgese). Questo tipo di scelta, utile a decantare le tensioni, stavolta è comunque subordinato agli sviluppi che produrranno oggi le dichiarazioni di Renzi dal Quirinale. Dichiarazioni fiammeggianti, certo. Ma — così le avrebbero interpretate sul Colle — con un minimo di apertura leggibile in quel «non siamo anco ra disponibili a un mandato a Conte».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Renzi, per ora, ferma Conte – Renzi blocca l’incarico a Conte Punta prima a un mandato a Fico
Tema: crisi di governo

II secondo giorno delle consultazioni è soprattutto l’esegesi delle dichiarazioni e delle posizioni di Matteo Renzi. Prima di salire al Colle riceve una telefonata da Giuseppe Conte, dirà in seguito di aver risposto che non esistono problemi personali ma «enormi dal punto di vista politico». Dopo il colloquio con Mattarella Matteo Renzi parla per 27 minuti davanti alle telecamere: «Per noi il punto fondamentale è dire che siamo pronti ad appoggiare un governo, ma questa proposta politica necessita il passaggio ulteriore di capire se vogliono stare o no con noi. Devono confrontarsi con noi. Poi discuteremo delle persone. Io non vedo altra maggioranza politica che non contempli Italia viva». Insomma Renzi sembra ancora disposto a discutere dello stesso perimetro della precedente maggioranza, ma prima vorrebbe un passaggio intermedio per un confronto sui programmi, mentre viene fatto filtrare che sarebbe gradito un incarico esplorativo a Robe rto Fico, il presidente della Camera. Ma dopo essere salito al Quirinale, in una giornata in cui si confrontano con Mattarella anche il Pd, Leu, II centro di Bruno Tabacci, è ancora il leader di Italia viva a chiarire meglio la sua posizione: «Andare ad elezioni sarebbe un errore, preferiamo un governo politico ma siamo disponibili anche a un governo istituzionale. No a un incarico a Conte ora, sì a un mandato esplorativo. Nel caso non ci sia una maggioranza politica a noi va bene un governo del presidente». L’ultima parola naturalmente spetta a Mattarella ma ci sono più scenari e si rischia di rotolare ad elezioni». Per Leu e Pd invece il confronto con il capo dello Stato è servito a cristallizzare una posizione nota: «Abbiamo indicato la disponibilità a sostenere un incarico al presidente Conte che anche nell’ultimo voto di fiducia si è rivelato punto di sintesi ed equilibrio avanzato», dice Nicola Zingaretti, al termine delle consultazioni. Così come Leu, il Pd ha comunicato di sostenere l’incarico al presidente uscente Giuseppe Conte.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bertini Carlo 
Titolo: Da Zingaretti no a governi istituzionali “Adesso Italia viva ha le spalle al muro”
Tema: crisi di governo
«Ormai Renzi è stretto in un angolo: una volta che Mattarella darà un reincarico a Conte, per lui sarà molto complicato sfilarsi», sorridono in serata al Nazareno, sede dei dem. Con lac hiosa che «Matteo ha fatto tutto questo per ritrovarsi Conte, in una maggioranza che appena partirà il nuovo governo si allargherà per supplire alla sua totale inaffidabilità»: questo il giudizio impietoso che arriva dai suoi ex compagni sull’esito di questa partita. E se Zingaretti si è presentato col volto terreo al podio del Colle è stato per rimarcare la differenza di stile con Renzi che si è prodotto in un comizio «scomposto». Ma l’umore è diverso. Riunito in conclave, lo stato maggiore del Pd fa il punto su una giornata che si «è chiusa bene» e analizza l’atteggiamento di Renzi come quello «di uno stoppato l’altra sera dai suoi senatori di Iv a dire no a Conte» . Sarà che i dem hanno capito che il Presidente è determinato a chiudere la crisi in temi rapidi. E che ha fatto bene intendere a Renzi che non poteva cincischiare troppo. Fatto sta che nel Pd sono certi che domani al Quirinale Giuseppe Conte potrà ricevere un mandato. E solo lì la partita si riaprirà. «Ma se a quel punto Renzi si metterà a fare il pazzo, salta tutto e si finisce alle urne», taglia corto uno dei quadrunviri che gestiscono la crisi al Nazareno, ovvero Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Goffredo Bettini e Andrea Orlando.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Conte – Il premier teme Draghi e spera nelle fratture di Iv “Vogliono solo logorarmi”
Tema: crisi di governo
Un attimo dopo che Matteo Renzi ha finito di parlare al Quirinale, Giuseppe Conte è già al telefono. Sente ministri e leader di Pd e M5S. «Ha citato appositamente il governo istituzionale – è la sintesi del suo ragionamento -. È chiaro che intende logorarmi, per poi puntare a quell’obiettivo». Mario Draghi, Marta Cartabia e Carlo Cottarelli sono i nomi che ormai da mesi il leader di Italia Viva gli agita alle spalle, e che alimentano gli incubi della maggioranza in questa crisi senza sconti. L’ex presidente della Consulta e l’ex numero uno della Bce, più degli altri, negli ultimi giorni vengono evocati quasi quotidianamente dai 5 Stelle, incrinati dalle proprie incertezze, e sempre meno granitici quando davanti ai loro occhi si spalanca la scelta: il voto o un governo del presidente allargato a Forza Italia e forse anche alla Lega di Matteo Salvini. Se ancora resta una esile speranza di strappare un terzo mandato, Conte, almeno per oggi, avrà bisogno che il Movimento sia compatto. La strategia di Sergio Mattarella e le condizioni poste da Renzi durante il colloquio lasciano un ultimo spiraglio. Se i 5 Stelle confermeranno, come sembra e come gli hanno chiesto di fare anche i dem, di non porre un veto su leader di Italia Viva, non è escluso che Conte possa riprovarci. Se non domani, riceverebbe un incarico dopo un’esplorazione preliminare del presidente della Camera Roberto Fico o della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, o dopo un secondo giro di consultazioni al Colle. Renzi ha chiesto al Capo dello Stato che tra la rissa personale e l’eventuale riappacificazione ci fosse un evento intermedio. In questo passaggio però tutto potrebbe tornare in discussione o deragliare. Dipenderà dalle condizioni del senatore fiorentino. Gli alleati danno per scontato che chiederà una svolta garantista sulla giustizia, pretenderà la testa del ministro Bonafede, e di partecipare in maniera più diretta alla gestione del Recovery, magari mettendo Boschi a un ministero tra Infrastrutture e Sviluppo economico.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – Un tatticismo deprimente che non offre soluzioni
Tema: crisi di governo
È la nemesi di chi ha visto naufragare Il tentativo di Conte di arruolare in Senato una serie di «volenterosi» chiamati, nelle intenzioni, a dimostrare la marginalità di lv: un’operazione di trasformismo fallita malamente. E ora, sentendo di essere indispensabile per ricreare la vecchia maggioranza, Iv pone condizioni e chiede un «riconoscimento politico». Si tratta di un’impostazione che confida nel timore dei Cinque Stelle di andare al voto anticipato: ossessione in realtà anche dei renziani. Ma nell’intemerata fatta dopo il colloquio con Sergio Mattarella, Renzi ha puntato il dito senza citarlo sullo stesso Pd, che lo ha accusato di irresponsabilità: giudizio che Zingaretti ha ribadito dopo il colloquio con Sergio Mattarella, riproponendo Conte come premier. Difficile, dunque, pensare che l’approccio renziano sia accettato dal M5S e dall’intero Pd. Più che una soluzione, quella renziana è l’imposizione di una puntut a trattativa con la «fu maggioranza». Senza escludere che possa finire male. Renzi sembra guardare in tutte le direzioni, incluso un governo istituzionale, se quello con M5S, Pd e Leu non coinvolge Iv. Il solo fatto di citare di passaggio Mario Draghi, a proposito delle misure del Fondo per la ripresa, è un altro schiaffo indiretto a Conte, che in questi mesi non ha mal interpellato l’ex presidente della Bce. Palazzo Chigi si ritrova di fronte così ùn ex alleato incattivito e deciso a far pesare la sua posizione di rendita; e soprattutto a ritorcere contro M5S e premier gli errori grossolani commessi da quando è cominciata la crisi. Si è in pieno tatticismo e lo spettacolo è deprimente.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Sorgi Marcello 
Titolo: Italia viva, binario morto
Tema: crisi di governo

Dalla direzione del Pd e dall’assemblea dei gruppi parlamentari grillini è emerso chiaramente che una parte dei Democrat (pur stretti all’unanimità attorno al segretario) e una rumorosa corrente dei pentastellati capeggiata da Di Battista e dall’ex-ministra Lezzi pensano chiaramente che occorrerebbe evitare che Italia viva rientri al governo, che Renzi sia assolutamente inaffidabile e sarebbe meglio perfino arrischiare le elezioni anticipate pur di liberarsene. Inoltre l’operaziòne “responsabili”, finita adesso tra il ridicolo e il trash, è stata condivisa da entrambi i partiti. Il Pd ci ha messo pure la firma quando ha prestato una senatrice al nuovo gruppo dei cosiddetti “europeisti” del Senato per consentirgli numericamente di nascere. Se ne ricava che quando Conte, specialmente negli ultimi tempi, ha accentuato la conflittualità con Renzi, lo ha fatto non per “hybris” personale per presunzione o per antipatia, ma seguendo precise indicazioni dei suoi alleati LeU compreso). È su questo che il leader di Italia viva ha chiesto un chiarimento preliminare, lasciando interdetti Zingaretti e 5 stelle, che già pensavano a un incarico a Conte per domani e a una soluzione compatibilmente rapida della crisi. Renzi invece ha bloccato tutto per arrivare, o a un ritorno alla vecchia maggioranza, con Italia viva determinante, senza i “responsabili” e forse con un premier diverso, Pd o grillino. Oppure a un governo “istituzionale”, guidato da uno dei presidenti delle Camere, o da un’alta personalità come l’ex-presidente della Corte costituzionale Cartabia. Che Mattarella invierebbe in Parlamento con un programma limitato e un termine temporale breve, per garantire il ritorno anticipato alle urne, o per proseguire se le Camere lo vorranno, stile governo tecnico Dini del 95-’96. E per attrarre, ma questo è sottinteso, il consenso anche della destra, tutta o in parte, che ieri sera infatti è entrata in ebollizione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano – Tonacci Fabio 
Titolo: Dossier dei Servizi a Palazzo Chigi “I contagi sottostimati del 50%” – Il report segreto dell’intelligence “Contagi sottostimati del 50%”
Tema: Covid

In piena crisi politica e col Paese bloccato in attesa dell’esito delle consultazioni, sulla scrivania del presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte è finito un dossier dell’intelligence che ridisegna drammaticamente al rialzo l’andamento pandemico degli ultimi due mesi. E che preoccupa i collaboratori più stretti del premier. I nuovi positivi giornalieri in Italia sarebbero in realtà il 40-50 per cento in più di quelli rilevati ufficialmente. «Il totale dei contagiati è sottostimato a causa del calo del numero dei tamponi avvenuto a metà novembre 2020», scrivono gli analisti. Che lanciano due allarmi: la curva epidemiologica non sta piegando verso il basso tanto quanto attestano i bollettini diramati dal ministero della Salute; i dati al momento sono inattendibili e quindi difficili da analizzare e da usare per prendere misure adeguate di contenimento del virus. Il Covid-19, col suo violento impatto sanitario e social e, è diventato fin da subito materia di sicurezza nazionale, prioritaria per le nostre agenzie di intelligence. Con l’aiuto di statistici e matematici, di recente hanno elaborato un modello predittivo che, alla prova dei fatti, è risultato essere efficace. II 25 dicembre scorso, infatti, stimava in 86.500 il numero dei decessi totali che l’Italia avrebbe raggiunto nei successivi trenta giorni: il 26 gennaio la conta delle vittime del Covid ha toccato quota 86.422, con un errore, rispetto alla previsione, dello 0,09 per cento. Irrisorio. Il modello matematico da loro adottato sembra funzionare. Come arrivano però a sostenere che il sistema italiano di sorveglianza, composto da ministero della Salute, Protezione civile e Regioni, sta sottostimando i contagi? Con un calcolo che si basa sulla proporzione matematica tra nuovi ingressi nelle terapie intesive e la quota giornaliera di positivi aggiornata dal bollettino.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Berizzi Paolo 
Titolo: Piano pandemico, Speranza 5 ore dai pm
Tema: Covid
Cinque ore di interrogatorio per il ministro Speranza e una giornata per sentire gli altri vertici della sanità italiana, ovvero la catena di comando nella gestione dell’epidemia da coronavirus. L’inchiesta della procura di Bergamo sui morti Covid — segnatamente nel periodo infernale febbraio-marzo 2020 — fa di nuovo capolino a Roma. Come da programma, il pool guidato da Maria Cristina Rota è sceso nella capitale per gli interrogatori riguardanti, in primo luogo, la controversa questione del piano pandemico. Un piano è stato accertato — risalente al 2006 e mai aggiornato. Perché non è stato fatto? Impreparazione? Negligenze? Ritardi o, addirittura, omissioni? ll primo interrogatorio è stato quello del ministro Speranza (sentito, come tutti gli altri, in qualità di persona informata sui fatti). «Certo che il ministro sapeva dell’esistenza del piano pandemico», ha commentato la pm Rota all’uscita dal mi nistero, senza aggiungere nulla. Poche parole che, volendole interpretare, non lasciano spazio a dubbi sull’orientamento dell’inchiesta: la volontà di andare a fondo per fare chiarezza su chi e perché sarebbe venuto meno all’indicazione dell’Oms. Che il 5 gennaio 2020 lancia un alert per dire a ogni paese di adottare i rispettivi piani pandemici. Ora: il 22 gennaio, 17 giorni dopo, al ministero della Salute si insedia una task force per la gestione dell’emergenza. Che in Italia Inizia a bussare un mese dopo, 11 21 febbraio. Della task force facevano parte, tra gli altri, il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, l’attuale dirigente della Prevenzione del ministero e componente del Cts, Gianni Rezza, e Giuseppe Ippolito, dello Spallanzani. Sono stati sentiti ieri pomeriggio.
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Testata:  Giornale 
Autore:  MMO – FMan 
Titolo: Palamara rilancia: «Fatemi raccontare il “Sistema”» E adesso il Csm potrebbe ascoltarlo
Tema: giustizia

Appuntamento al Csm. È quello che voleva Luca Palamara, l’ex leader Anm che con le sue rivelazioni contenute nel libro Il Sistema di Alessandro Sallusti potrebbe riscrivere la storia giudiziaria degli ultimi anni. «Quello che ho raccontato è basato alla mia esperienza diretta, credo che il luogo più appropriato per discutere i fatti e vicende raccontate sia il Csm, la prima commissione. Mi metto a disposizione per raccontare fatti e vicende», aveva detto l’ex pm a 24 mattino su Radio24. «Quasi quotidianamente oggi l’attività del Consiglio su nomine, valutazioni di professionalità è basata sull’interpretazione delle mie chat. Tanto vale chiamarmi, anche in un pubblico confronto con chi ritiene che io non abbia detto la verità, il Csm la sede istituzionale più competente per fare questo», ha spiegato Palamara, allontanato dalla magistratura in attesa del processo che lo aspetta a Perugia. «Giusto sent irlo», è la replica di Alessio Lanzi, membro laico di Forza Italia e vicepresidente della prima commissione del Csm, la stessa a cui vorrebbe parlare Palamara e che in questi giorni sta passando al setaccio una serie di pratiche aperte sulle chat estratte dal cellulare dell’ex leader Anm trasmesse a Palazzo dei Marescialli. «Noi ci stiamo occupando dei rapporti di Palamara e altri magistrati. La proposta potrebbe essere accolta – spiega ancora Lanzi – perché in effetti ci occupiamo dell’interlocuzione tra un magistrato, per il quale si valuta se avviare o meno un procedimento, e Palamara. Nei poteri della commissione potrebbe esserci anche quello di sentirlo direttamente. Può essere utile per capire il contesto e il tenore delle cose che si sono detti e che risultano dalle trascrizioni».
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Economia e finanza

Testata:  Repubblica 
Autore:  Petrini Roberto 
Titolo: Per le cartelle fiscali nuovo stop di un mese
Tema: fisco
Potrebbe arrivare in extremis un ulteriore stop di un mese alla partenza delle 50 milioni di cartelle e pignoramenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e da quella della Riscossione. II provvedimento potrebbe trovare spazio nel Consiglio dei ministri di oggi, convocato per sbrigare misure urgenti, o slittare a fine settimana. Si affievoliscono invece le speranze dell’esecutivo di varare il decreto Ristori in piena crisi di governo. Il congelamento, oggetto di trattarive fino a notte fonda, riguarda una immensa mole di notifiche che vanno dal pagamento di cartelle esattoriali, multe, avvisi di accertamento e pignoramenti e sui quali è necessario intervenire per evitare un impatto a `valanga” sui contribuenti. La bolla, come è noto, si è venuta formando lo scorso anno quando, sotto l’emergenza Covid, sono state via via congelate tutte notifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate. «Stiamo lavorando a uno scaglionamento degli invii delle cartelle dell’Agenzia della Riscossione e degli atti dell’Agenzia delle Entrate, che li diluisca in un periodo di tempo più lungo per alleggerire la pressione sul contribuenti ed evitare l’affollamento degli uffici», ha detto ieri il ministro dell’Economia Gualtieri. «Inoltre – ha aggiunto – pensiamo ad una riduzione degli importi di alcuni atti delle Entrate per i soggetti che abbiano subito un calo del fatturato per effetto della pandemia. Sono elementi del provvedimento che stiamo facendo, anche consapevoli della scadenza del primo febbraio». La viceministra dell’Economia Laura Castelli chiede invece una misura tampone immediata con un rinvio di un mese della spedizione delle notifiche e un intervento successivo generalizzato di sconto sugli importi degli avvisi o delle cartelle e non limitato solo a chi perde il fatturato.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Manca Daniele 
Titolo: L’illusione del rinvio – L’illusione che il rinvio possa essere una strategia
Tema:
Si avvicina pericolosamente la scadenza del primo febbraio, giorno al quale era stata ancorata la miniproroga delle cartelle fiscali. Solo ieri il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha assicurato che si sta lavorando per dare qualche certezza in più ai cittadini. E questo a 72 ore dalla scadenza, quando al 31 dicembre dello scorso anno i crediti non riscossi erano pari alla cifra monstre di mille miliardi accumulati dal 2000 al 2020. Un numero emblematico, rivelato dallo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. E che racconta meglio di ogni parola quanto in Italia la stortura di lasciare aperti i dossier sia la regola e non l’eccezione. Crisi o non crisi. A rischio di slittamento sono persino partite urgenti come i ristori legati alla grave emergenza Covid. Misure appese alle parole e alle dichiarazioni di buona volontà di questo o quel ministro. Ma se questa è l’evidenza, quanti altri piccoli e poco conosciuti provvedimenti fin iranno nell’enorme cassetto di Stato delle misure travolte dalla crisi di governo? Stando a quanto rilevato dal «Sole 24 ore», sarebbero in attesa di essere varati oltre 540 su 919 decreti attuativi che avrebbero dovuto rendere operative le scelte dei due governi Conte, il primo gialloverde il secondo giallorosa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Massaro Fabrizio 
Titolo: Mps, senza un partner subito un aumento da 2,5 miliardi
Tema: banche

Mps punta a una soluzione «strutturale», ovvero a una fusione con un istituto «di primario standing» e «in un orizzonte di breve-medio termine», sottolinea la banca guidata da Guido Bastianini. Finora l’unico interlocutore, ufficioso, è Unicredit, che però si trova nell’interregno tra l’uscita di Jean Pierre Mustier l’11 febbraio e l’insediamento di Andrea Orcel a metà aprile. Dunque, serve del tempo. Ieri Mps ha indicato che, se non ci sarà l’operazione strutturale, servirà un aumento da 2,5 miliardi «a condizione di mercato», che il Tesoro coprirà per il suo 64%. Il rafforzamento (da approvare all’assemblea del 6 aprile) potrebbe concludersi nel terzo trimestre; nel frattempo la banca «si potrebbe trovare» sotto i minimi patrimoniali fissati da Bce, che comunque sta concedendo la flessibilità prevista per la crisi da Covid. Mps ha già detto che sarà «sott o» di 300 milioni a marzo e di 1,5 miliardi a fine anno. Ieri Mps non ha dunque specificato le operazioni sul capitale, che pure erano attese. Si era anche parlato dell’annuncio di un bond At1 (ad alto rischio). Secondo indiscrezioni, prima di ogni mossa sul capitale si dovrebbe sciogliere il nodo della continuita aziendale, sottolineato fra gli altri dal finanziere Giuseppe Bivona. Tre giorni fa si è dimessa Il sindaco Messia Bastiani, ufficialmente per motivi personali. Mps deve però anche affrontare i rigorismi di Bruxelles: «Sulla base delle prime interlocuzioni intercorse con Dg Comp», scrive Mps, «la banca dovrà presentare ulteriori misure di compensazione per il mancato rispetto» degli impegni del piano di ristrutturazione 2017-2021, ancora in vigore anche se Mps ha proposto un mese fa un nuovo piano stand alone.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Autostrade, i dubbi della Ue sull’intervento del governo: «Chiarite su Anas e revoca»
Tema: Autostrade
La Commissione Ue interviene nella partita su Autostrade per l’Italia (Aspi) e, quali che siano le gravi responsabilità dell’azienda nel crollo del Ponte Morandi, chiede al governo di giustificare la propria condotta. In questi giorni sta partendo per Roma una prima lettera formale della direzione generale di Bruxelles per i servizi finanziari e i mercati dei capitali. Formula più domande che risposte, per ora. Ma anche quelle contengono un messaggio: neanche una sciagura come quella di Genova e i seri elementi a carico della società concessionaria giustificano una torsione in Italia che cancelli la certezza del diritto, favorisca società a controllo pubblico e danneggi gli investitori di minoranza. Poco importa che essi si trovino — come in questo caso — nelle fondazioni con Crt, nella City di Londra con Tci, in Francia con Edf, in Germania con Allianz o nei fondi d’investimento del governo cinese con Silk Road o di Singapore con Gic. Si scriv e da Bruxelles: «Le modifiche normative introdotte dal decreto (Milleproroghe del 31 dicembre 2019, ndr) potrebbero costituire restrizioni alle libertà del mercato interno, in particolare la libertà di stabilimento e la libera’ circolazione del capitali». Questa della Commissione è la prima reazione ai ricorsi presentati da alcuni investitori per le norme del Milleproroghe, divenuto legge undici mesi fa: in particolare il congelamento di fatto delle tariffe autostradali; e le norme che cambiano ex post il contratto fra Autostrade e il governo del 2007 e danno a quest’ultimo il potere di revocare la concessione versando un indennizzo minore o anche pari a zero, in caso di violazione degli obblighi della società del gruppo Atlantia. Il potere di revoca rafforzato rispetto ai controversi accordi del 2007, conta un motivo in più: è visto dagli investitori esteri come un mezzo di pressione su Atlantia perché ceda il controllo di Aspi a una cordata guidata da Cassa depositi e prestiti a condizioni di favore per il gruppo controllato dallo Stato. Di qui le «domande» che Bruxelles manda a Roma.
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Testata:  Giornale 
Autore:  De Francesco Gian_Maria 
Titolo: Allarme Fmi sul debito: «Usate il Recovery» Arriva la tegola del fisco
Tema: il Fmi sull’Italia

Il debito pubblico italiano volerà al 159,7% del Pil nel 2021. La stima è contenuta nell’aggiornamento del Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, secondo cui il dato 2020 si dovrebbe attestare al 157,5%. Un macigno che impone al governo (qualunque esso sia) di stabilizzare i conti pubblici, cioè aumentare il prelievo fiscale. Il responsabile del dipartimento Affari fiscali dell’Fmi, Vitor Gaspar, infatti, ha invitato il nostro Paese a usare le risorse del Recovery Fund «per finanziare progetti di alta qualità in grado di rafforzare le prospettive di crescita e accelerare la riduzione del debito». Il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha aggiunto che «nella revisione delle nostre regole fiscali affronteremo il problema del debito elevato e dei bassi tassi di interesse». Un orientamento al quale si è allineato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sostenuto dal direttore delle Entrate, Er nesto Maria Ruffini, che hanno circostanziato come si intende procedere in tema di riforma fiscale. «L’idea di tassare le partite Iva per cassa è una ipotesi per imprese minori e lavoratori autonomi, con il superamento contestuale dell’attuale sistema di acconti e saldo, nonché della ritenuta d’acconto per i professionisti», ha precisato Ruffini aggiungendo che «la riforma potrebbe essere estesa mano a mano ad una platea di contribuenti più ampia attraverso il superamento degli ammortamenti e altre voci contabili per competenza: di fatto verrebbe tassato quello che rimane in tasca al contribuente». Ma che cosa significa questo cambiamento, tra l’altro in vigore dal 2017 per le categorie professionali? In pratica, si versa a scadenze prefissate (presumibilmente mensili) l’imposta sulla base della differenza tra ricavi e costi.
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Testata:  Foglio 
Autore:  Stagnaro Carlo 
Titolo: Ascoltare i moniti del Fmi per non sprecare la crisi di governo
Tema: il Fmi sull’Italia

Secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, quest’anno l’economia globale dovrebbe crescere del 5,5 per cento, 3 decimi di punto sopra le precedenti stime. La ripresa sarà trainata soprattutto dalla Cina (con una crescita attesa dell’8,1 per cento, dopo un risultato nonostante tutto positivo nel 2020) e dagli Stati Uniti (più 5,1 per cento, due punti sopra le attese). L’Eurozona segnerà solo un più 4,2 per cento, dopo il meno 7,2 per cento del 2020 (un punto in meno rispetto all’edizione precedente del World Economic Outlook). Come spiegare queste differenze? Secondo il Fondo, la causa prossima va ricercata nel peggiore impatto del Covid sul Vecchio continente, forse anche a causa della nostra struttura demografica. Conta pure la lentezza nella somministrazione dei vaccini: le nazioni Ue più virtuose (Malta e Danimarca) hanno raggiunto tra il 4 e il 5 per cento della popolazione, contro il 7 per cento americano e l’11 per cento inglese. Inoltre, per rallentare la circolazione delle varianti più aggressive i governi stanno proclamando periodi di lockdown più severi e prolungati. Naturalmente, i numeri vanno presi con le pinze: tutto dipende dalla buona riuscita dei piani vaccinali. Inoltre, il Fmi solleva tre questioni cruciali: in quale modo le restrizioni future condizioneranno la ripresa? Come proseguirà lo sforzo di vaccinazione? Quali traiettorie seguiranno i mercati finanziari e i prezzi delle commodity? Se il pil e la domanda energetica mondiale tornano a crescere, i corsi azionari e del petrolio potrebbero scaldarsi, schiacciando così l’Ue tra l’incudine di un’economia asfittica e il martello dell’inflazione delle materie prime. Resta poi da capire se e come l’Europa saprà tenere assieme le politiche di stimolo all’economia con gli obiettivi dichiarati di decarbonizzazione e digitalizzazione. L’enorme volume della spesa pubblica degli scorsi e dei prossimi mesi, infatti, può sortire effetti sia positivi sia negativi. Può accelerare l’economia, aumentandone il potenziale di crescita di lungo termine, oppure drogarla, alzandone il livello nell’immediato.
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Testata:  Mf 
Autore:  Leone Luisa 
Titolo: Sugli aiuti del Recovery l’Italia deve andare a lezione dalla Grecia – Sul Recovery Atene batte Roma
Tema: Recovery

Da Cenerentola a principessa d’Europa, la Grecia con il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è considerata ora un benchmark per il Continente ed è al suo esempio che l’ Italia dovrebbe guardare per uscire dalle secche. «La Grecia ha scritto un ricettario con tempi, quantità e azioni per fare una torta, mentre noi abbiamo scritto che vogliamo fare una torta»: questa l’efficace metafora di Carlo Altomonte, professore di Politica economica europea alla Bocconi e associato di M&M. «Nel Pnrr greco ci sono tutti gli elementi che la Commissione si aspetta di trovare: ci sono le priorità e le linee di intervento coordinate a livello Ue, come digitale e ambiente, ma anche un serio legame con il quadro di riforme che Bruxelles ha sempre suggerito al Paese». Ma non solo: «Per ogni progetto è indicata una scheda specifica con le riforme collegate ed è indicato quando si parte, quali sono le tappe intermedie e la c hiusura, chi controlla il progetto e come è inserito in una visione complessiva, con valutazione di impatto». Non un miracolo ma il frutto di un dialogo costante con la Commissione, le cui fila sono state tenute da uno dei sottosegretari all’Economia delegato a questo, che si è incontrato una volta a settimana la con la task force Ue dedicata al Paese. Quello che l’Italia dovrebbe fare per evitare di accumulare ritardi è proprio il passaggio dal tomo inviato al Parlamento, ultima bozza del Recovery Plan, a un vero piano di azione fatto di tempi e modi e articolato in schede specifiche per ciascun progetto.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  De Masi Domenico 
Titolo: Recovery, solito ignoto – Recovery Plan, il solito ignoto
Tema: Recovery
Il Recovery Plan – che, piaccia o no, scolpisce l’Italia del 2027 – ha la malasorte di essere commentato senza essere letto. Eppure si tratta di 167 pagine scritte in buon italiano, con tabelle molto chiare, divise in sei parti ineludibili, le “missioni”, dedicate ad altrettanti temi suggeriti dall’Europa: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Si è detto che il presidente Conte ha elaborato il RecoveryPlan nel chiuso del suo studio, con una stretta consorteria di fedelissimi. Chi ha letto il documento e ne ha potuto valutare la complessità sa che ciò non è possibile. In effetti, all’elaborazione del documento lavora da mesi una squadra di esperti del Mef che si è confrontata con tutte le parti sociali e alla quale confluiscono di giorno in giorno dossier, promemoria, proposte e c ritiche provenienti da ministeri, ordini professionali, sindacati e lobby. Del resto, si tratta di allocare 219 miliardi, che poi sono 224 e, da qui al 2026, arriveranno a 312. Francesco Giavazzi, sul Corriere del 2 settembre scorso ha scritto che “nell’elenco degli oltre 600 progetti che i ministeri hanno sottoposto al governo per i finanziamenti del Recoveryfund, troverete solo cappotti termici, alta velocità e autostrade, piu qualche investimento industriale proposto dalle aziende, dall’Ilva alla Fincantieri. Niente riforme, né nella scuola, né all’università, né, ci mancherebbe, nel mercato del lavoro”. Nelle 167 pagine del Recovery Plan c’è ben più dei cappotti termici e dell’alta velocità. Oltre a un elenco preciso delle fonti dalle quali il Piano ricava i suoi finanziamenti, vi è una descrizione dettagliata delle sei “missioni” raccomandate dall’Europa e, per ogni “missione”, vi sono le varie parti componenti.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Usa, i cento giorni senza limiti “Faremo 150 milioni di iniezioni”
Tema: Usa

Joe Biden accelera il passo sulle vaccinazioni. Fino al giorno del suo giuramento, II 20 gennaio, l’obiettivo ufficiale era «cento milioni di vaccinazioni nei primi cento giorni». Ma una volta insediato alla Casa Bianca il nuovo presidente si è reso conto di avere ereditato da Donald Trump una situazione migliore – almeno su questo fronte – di quanto credeva. La tabella di marcia di un milione di vaccini inoculati ogni 24 ore era già rispettata o superata due settimane fa. Gratis per tutti, inclusi gli immigrati illegali. ll fatto che gli Stati Uniti abbiano vaccinato più del triplo della propria popolazione (26 milioni, il 7% degli abitanti) rispetto all’Europa continentale, è ancora merito della vecchia Amministrazione. Ma non basta e Biden ha aggiustato la mira al rialzo: “Un milione e mezzo di vaccini al giorno, possiamo e dobbiamo farcela”. Si tratta di un’accelerazione del +50% rispetto alla velocità di crociera precedente. A questo fine Biden ha già firmato l’acquisto di 200 milioni di dosi in più da Pfizer e Moderna. Anche qui si tratta di un aumento del 50%, rispetto all’acquisto iniziale di 400 milioni di dosi. Entro l’estate l’Amministrazione Biden conta di avere 600 milioni dl vaccini, sufficienti per tutta la popolazione. Bill Gates, uno dei massimi esperti di logistica ed economia delle vaccinazioni di massa, ieri in una videoconferenza si è detto ottimista sugli Stati Uniti: “C’è ancora bisogno di rafforzare la capacità produttiva e di migliorare l’organizzazione distributiva sul territorio, ma sono tutte cose fattibili e i miglioramenti sono già in corso”. L’idea che i migliori risultati americani avvengano ai danni dell’Europa, non sembra avere fondamento. La Pfizer ha centri di produzione distinti, quello che produce per l’Europa è in Belgio mentre il mercato americano viene rifornito da tre fabbriche che si trovano nel Michigan, Missouri e Wisconsin.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: Visti da lontano – L’America rischia la politica blindata
Tema: Usa

La politica blindata rischia di diventare una realtà permanente per l’America. L’inaugurazione della presidenza Biden era visto dai responsabili della sicurezza come il momento di maggior pericolo ma anche come un spartiacque, dopo l’assalto al Congresso del gennaio. Migliaia di soldati della Guardia Nazionale che hanno protetto la città della politica nelle ore in cui il nuovo presidente ha giurato e si è insediato alla Casa Bianca, però, sono dovuti restare a Washington perché si temono altri disordini durante il processo per l’impeachment di Trump che inizierà ai primi di febbraio al Senato. E dal calendario della paura di attentati o moti insurrezionali già spuntano altre date a rischio che potrebbero portare a una permanenza più lunga dei militari nella Capitale. Non si tratta, però, solo di difendere il perimetro della cittadella della politica. Ora la Homeland Security lancia un allarme generale circa il rischio di terrorismo interno: I parlamentari vanno difesi nei loro percorsi in città e da e per gli aeroporti. Trenta deputati hanno scritto alla speaker Nancy Pelosi e al capo dei deputati repubblicani, Kevin McCarthy, chiedendo misure di protezione anche quando sono lontani da Washington, nei loro collegi, perché «nell’era digitale è facile sapere dove abitiamo, avere informazioni sulle nostre famiglie, sugli eventi ai quali partecipiamo». L’illusione che un’elezione potesse spazzare via, come un brutto sogno, quattro anni di linguaggi violenti e di disprezzo per le istituzioni democratiche alimentato dallo stesso presidente, è già evaporata.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Niente strappi e tanta cautela nel Medio Oriente di Biden e Blinken
Tema: Usa e Medio Oriente
L’ex stratega di George W. Bush, Karl Rove, accusa Joe Biden di una «corsa verso la sinistra radicale» per i primi atti su economia, ambiente, immigrazione. Ma le prime uscite pubbliche del nuovo segretario di Stato, Antony Blinken, non supportano questa teoria. Il Medio Oriente è un terreno ideale per i primi test della nuova politica estera. Il verdetto: la continuità con Donald Trump prevale sulle rotture. L’ambasciata Usa resterà a Gerusalemme, dove l’ha spostata Trump. La diplomazia di Biden ha raffreddato ogni attesa di un rapido ritorno all’accordo con l’Iran sul nucleare. Ha approvato gli accordi di pace Abramo promossi da Trump fra Israele e gli Emirati. Ha rilanciato l’accusa di “genocidio” per il comportamento della Cina verso gil ufguri, minoranza islamica la cui sorte è seguita con attenzione in Medio Oriente. Perfino la decisione di sospendere alcune vendite di armi all’Arabia Saudita e agli Emirati (F-35 e missili), è stat a ridimensionata dal Dipartimento di Stato che la spiega così: «Routine, atto dovuto, normale riesame dei dossier come avviene ogni volta che c’è un’alternanza di governo». Niente strappi e tanta cautela. Forse perché il Medio Oriente – con la Cina – è uno dei terreni sui quali la politica estera dl Trump non è stata condannata in toto dai democratici. Biden si trova in sintonia anche sui ritiri di truppe da Afghanistan, Iraq e Somalia, decisi o annunciati dal suo predecessore.
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Testata:  Domani 
Autore:  De Benedetti Francesca 
Titolo: In Polonia la tregua sull’aborto è finita Inizia la seconda ondata di proteste
Tema: Polonia
La tregua in Polonia è finita. Mercoledì pomeriggio la Corte costituzionale ha pubblicato le motivazioni del suo verdetto, lo stesso che il 22 ottobre ha sancito che l’aborto è vietato anche in caso di gravi malformazioni del feto, e che ha innescato così la più imponente ondata di proteste mai viste in Polonia dai tempi della caduta del regime comunista. Il dissenso così trasversale — tra le donne ma non solo, e fra persone di ogni età, con una partecipazione massiccia delle nuove generazioni — aveva costretto il governo, guidato dal partito ultracattolico e conservatore Pis, a una mossa attendista: la sentenza non era stata recepita nella Gazzetta ufficiale. Esisteva, quindi, ma non dispiegava i suoi effetti: era rimasta, fino a questo mercoledì, un verdetto fantasma. La costituzione polacca prevede che le sentenze siano pubblicate «senza indugio», e allora il governo si era aggrappato alla forma il pro nunciamento è nero su bianco, «ma le motivazioni non sono arrivate ancora», sosteneva. Nel frattempo, il dilagare del Covid-19, il rigido inverno polacco e la stanchezza avevano trasformato l’ondata in singhiozzi: qualche flash mob sporadico e poco più. Poi, nel pomeriggio del 27 gennaio, le motivazioni sono state rese pubbliche. Puntuale come un orologio, il movimento Strajk Kobiet (“sciopero delle donne”) ha riattivato tutte le cellule dormienti della protesta. «Adesso scateniamo l’inferno!», è uno dei primi tweet, seguiti da un tam tam di messaggi, una organizzazione fulminea ma dilagante che già mercoledì stesso, tra le 18 e le 20, ha radunato frotte di persone nelle strade delle grandi città, di Poznan, Cracovia, Lodz, Katowice, e ovviamente nella capitale Varsavia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tarquini Andrea 
Titolo: Intervista a Klementyna Suchanow – “Noi polacche in piazza per l’aborto Nessuno fermerà la nostra rivoluzione”
Tema: Polonia
«La nostra lotta ha avviato una rivoluzione più importante di quella del 1989. I giovani, ma non solo, sono con noi. La società civile si dà strutture da Stato alternativo. Ma temo risposte repressive alle prossime manifestazioni nel weekend». A parlare è Klementyna Suchanow, leader insieme a Marta Lempart di Strgjk Kobiet, il movimento femminile polacco che è tornato a scendere in piazza mercoledì sera dopo l’entrata in vigore della contestata legge che limita il diritto all’aborto, garantito solamente in caso di stupro, incesto o pericolo per la vita della madre. Come continuerà la lotta? «Con proteste di strada pacifiche e una grande marcia domania a Varsavia». Il vostro slogan è «to jest wojna”, «questa è una guerra”: come vincerla? «Con la mobilitazione e la determinazione della società. Non con giochi politici. Le opposizioni sono deboli e tacciono, non contano nulla. Non vogliono una separazione Chiesa-Stato. La vera opposizione è la società civile in piazza che segnala la fine dell’Homo sovieticus».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cremonesi Lorenzo 
Titolo: Decapitato da Al Qaeda Il Pakistan libera gli assassini di Pearl – Nessuna giustizia per Pearl Il Pakistan libera i 4 killer La famiglia: «Un’infamia»
Tema: terrorismo

Con la liberazione di quattro estremisti islamici, già condannati per il sequestro e quindi la decapitazione ripresa in video diciannove anni fa del giornalista Daniel Pearl, le massime Istituzioni pachistane tornano a confermare la loro ambigua convivenza di lunga data con il peggio della meteora jihadista. «Una beffa, il totale travestimento di ogni giustizia. La scarcerazione di questi assassini mette in pericolo la vita di qualsiasi giornalista ovunque nel mondo, oltre a quelle dei pachistani. Chiediamo al governi pachistano ed americano di intervenire per correggere quest’infamia», così la famiglia dell’inviato del Wall Street Journal, barbaramente ucciso tra il gennaio e febbraio 2002 da una cellula qaedista di Karachi con finalità e modalità che precedettero le esecuzioni di occidentali pochi anni dopo e sino alle decapitazioni in serie condotte da Isis, ha commentato ieri a caldo le notizie appena giunte da Islamabad. Il passo &eg rave; grave, ma era atteso da tempo. La Corte Suprema di Islamabad, il massimo organismo giuridico del Paese legato a filo doppio agli apparati di sicurezza, ha deciso di liberare Ahmed Omar Saeed al Sheikh assieme ad altri tre noti esponenti delle cellule qaediste di Karachi tutti già destinati all’ergastolo per la morte di Pearl e per la preparazione e diffusione del video. «Queste persone non avrebbero dovuto trascorrere neppure un giorno in cella», sostengono i loro avvocati.
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PRIME PAGINE

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LA STAMPA
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