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SINTESI IN PRIMO PIANO – 28 maggio 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Lombardia contro Sardegna, scontro Sala-Solinas sulle vacanze;
– Riforma “Bonafede”: nuove regole per elezione Cms e nomine;
– Sì della Commissione Europea al Fondo per la ripresa: 750 mld, all’Italia 173;
– Caso Autostrade, vertice con Conte a Palazzo Chigi;
– Cina: manifestazione in piazza per sfidare i diktat di Pechino;
– Stati Uniti: Trump minaccia di chiudere i social media.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Il retroscena – I timori per le «tensioni sociali» – «Ora dobbiamo evitare la rabbia sociale» Nel governo i timori (e i piani urgenti)
Tema: I timori per le «tensioni sociali»

Il lockdown è terminato da nemmeno due settimane e già tre politici sono finiti sotto scorta: il ministro all’Istruzione Azzolina, il vice ministro alla Salute Sileri e il governatore lombardo Fontana. Sono tre storie diverse, come diversi sono i profili «tecnici» che hanno portato alla decisione di tutelarli. Ma le loro vicende sono legate da un denominatore comune: la gestione dell’emergenza da Covid-19. Nelle rispettive funzioni Azzolina, Sileri e Fontana sono diventati «visibili» per le attività istituzionali che svolgono e si sono trasformati in «bersagli». È vero – come spiegano dal Viminale – che si tratta «soltanto di misure cautelari e precauzionali», ma è altrettanto vero che la gravità delle minacce deve aver largamente travalicato il confine degli insulti se si è disposta la protezione dei tre politici. E nel governo la preoccupazione è forte, tanto che un suo rappresentante con accesso ai dossier della sicurezza si è lasciato sfuggire un «e ancora non abbiamo visto niente»: «Il clima non aiuta – ha aggiunto – perciò è indispensabile che le risorse economiche stanziate giungano al più presto a destinazione. Abbiamo presente il rischio della rabbia sociale». D’altronde le strutture preposte si erano mosse con largo anticipo, come testimoniarono all’inizio della pandemia due esercitazioni anti-sommossa di corpi speciali. Mentre la titolare dell’Interno Lamorgese, con direttive inviate ai prefetti e con interviste, anticipò a più riprese come «alle difficoltà nel mondo delle imprese e del lavoro potrebbero accompagnarsi gravi tensioni».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Frignani Rinaldo 
Titolo: Deriva di insulti e minacce Anche Fontana e Azzolina finiscono sotto scorta
Tema: Fontana e Azzolina sotto scorta

Insulti e minacce di morte sui social, ma anche scritte sui muri. Da Roma a Milano sale la tensione. Dopo la tutela assegnata dalla Prefettura della Capitale al viceministro della Salute Pierpaolo Sileri (M5S) per le pressioni subite dopo tentativi di corruzione e intimidazioni (un biglietto sul parabrezza dell’auto) collegati alla gestione dei fondi pubblici per l’emergenza coronavirus (un dirigente sanitario sarebbe già sotto inchiesta), da lunedì scorso due militari della guardia di finanza scortano la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, mentre il prefetto di Varese ha assegnato la protezione al governatore della Lombardia Attilio Fontana. Nel primo caso la decisione è legata a ripetuti post minacciosi, contenenti anche insulti sessisti, ricevuti sui social dalla responsabile del dicastero di viale Trastevere, che giorni fa ha preso posizione sul terrorismo (per l’anniversario del ritrovamento del corpo di Aldo Moro) e sulla strage di Capaci. Ma il movente di questi avvertimenti sarebbe più legato al concorso straordinario per stabilizzare 32 mila precari. Il presidente Fontana ha invece confermato di essere sotto scorta, non per sua richiesta, dopo la comparsa a Milano, alla Bovisa e a Crescenzago, di scritte a firma Carc, il partito dei Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo: «Fontana assassino», è stato scritto giorni fa sul naviglio della Martesana. Oltre alle protezioni di esponenti istituzionali, alle quali ne potrebbero seguire altre, l’Antiterrorismo indaga anche sulla Rete per individuare gli ambiti nei quali sono maturati questi episodi, tenendo presente che scorte e tutele vengono assegnate dopo un’attenta analisi della situazione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Senesi Andrea 
Titolo: La lite sulle vacanze tra Sala e la Sardegna – «Ce ne ricorderemo». «Stia zitto» Sala e la Sardegna, lite sulle vacanze
Tema: Lombardia vs Sardegna, è lite sulle vacanze

«Ce ne ricorderemo al momento giusto», «abbia la decenza di stare zitto». Quasi una lite da saloon, consumata intorno a uno dei temi più sacri per gli italiani e più caldi in queste settimane di post-quarantena: le vacanze. Protagonisti, da un lato, il sindaco di Milano Beppe Sala (centrosinistra) e, dall’altro, il governatore della Sardegna Christian Solinas (centrodestra). Il primo colpo parte da Milano e colpisce di sponda i presidenti di Sicilia e soprattutto Sardegna, «colpevoli» di pretendere un patentino d’immunità per i turisti lombardi in arrivo sulle loro spiagge. Da Palazzo Marino, dallo studio da cui ogni giorno dall’inzio della pandemia il sindaco registra il suo «buongiorno» ai milanesi, parte l’attacco: «Alcuni presidenti di Regione dicono che per noi ci vuole una patente d’immunità? Io però, e parlo da cittadino più che da primo cittadino, quando poi deciderò dove andare per un weekend o per una vacanza, me ne ricorderò». La risposta da Cagliari arriva nel giro di pochi minuti. «Sala in materia di coronavirus dovrebbe usare la decenza del silenzio, dopo i suoi famigerati aperitivi pubblici in piena epidemia», la bordata del presidente sardo Solinas, che poi precisa la sua posizione «sanitaria»: «Nessuno ha chiesto improbabili patenti di immunità, ma un semplice certificato di negatività. Con la mia proposta anche un cittadino di Milano potrebbe godersi da subito le vacanze in Sardegna facendo un semplice test che ne certifichi la negatività al virus al momento della partenza». L’ultimo round si consuma nello studio del Tg La7, dove però i toni di Sala si stemperano per farsi quasi accorati: «Qui abbiamo sempre accolto tutti da ogni parte d’Italia e in un momento in cui noi milanesi e lombardi siamo in difficoltà, sentirci trattati da untori non è bello».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mattioli Alberto 
Titolo: Intervista a Giuseppe Sala – Sala all’attacco “La Lombardia merita di meglio” – “Il turismo in Sardegna creato dai milanesi E ora la sinistra deve riconquistare il Nord”
Tema: Sala, “La Lombardia merita di meglio”

«Io in vacanza dove mi chiedono il test non ci vado». Ed è subito polemica. Da una parte, il sindaco di Milano, Beppe Sala, che pretende libere ferie in libero Stato, senza discriminazioni sulla regione di provenienza. Dall’altra, il governatore della Sardegna, Christian Solinas, che prima annuncia di voler chiedere una «patente di immunità» a chi visiterà l’isola e poi dice che Sala dovrebbe avere «la decenza di tacere». Sala, è pentito? «No, perché? Ho chiesto solo di fare chiarezza. E ho aggiunto, da cittadino, che se qualcuno mi obbliga a fare il test per andare a casa sua io preferisco rinunciare. A Milano abbiamo sempre accolto tutti. E il turismo in certe regioni l’hanno costruito proprio i lombardi». Perché «certe»? Chi non vi vuole è la Sardegna. «Mi sembra che anche la Sicilia abbia ventilato qualcosa del genere. Comunque, è una questione di trasparenza verso i cittadini». Quale trasparenza? «Ci vogliono regole chiare e anche in fretta. Ancora non sappiamo se dal 3 giugno potremo uscire dalla Lombardia. Ora, chi decide? E su quali basi? Poter viaggiare da cosa dipende? Dal parametro RO della Regione? Dal numero di ricoveri? Da quello dei contagi? E poi: Solinas parla di test. Ma quali test? E come? Il tampone? Il sierologico? E quale? Il pungidito o il test del sangue? Lo sa che oggi farlo nelle strutture pubbliche è quasi impossibile e in quelle private difficile? Ha stabilito un protocollo? Io sto chiedendo ai miei cittadini dei sacrifici. Ma devo dare loro delle certezze».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele – Corica Alessandra 
Titolo: Lombardia, ancora troppi contagi. Caccia ai commissari per l’esame di maturità – Riaperture, allarme Sud lite tra Sala e la Sardegna Più contagi in Lombardia
Tema: Covid-19, in Lombardia ancora troppi contagi

Se si deciderà di chiudere la Lombardia, o altre regioni, per i rischi legati all’andamento dei contagi, non sarà sulla base dei dati del monitoraggio dei tecnici di ministero alla Salute e Istituto superiore di sanità. Ieri c’è stata una nuova riunione della cabina di regia e la valutazione dei numeri delle regioni secondo 21 indicatori ancora una volta dipinge un quadro di rischio basso nelle grandi realtà, prima di tutte appunto la Lombardia. L’area più colpita del Paese, dopo essere stata rischio moderato due settimane fa è passata a rischio basso giovedì scorso, giudizio che sarebbe confermato anche questa settimana a giudicare dai dati di ieri. Non ci sono quindi segnali preoccupanti né per quanto riguarda l’impegno sanitario né per l’andamento dei contagi. Eppure la regione guidata da Attilio Fontana ieri ha visto una nuova risalita dei numeri: 384 nuove diagnosi, cioè due terzi del totale nazionale, e 58 decessi. E un esercito di persone – 24.037 – che ancora sono positive, «dovrebbero essere 15 mila e non 24 mila per non correre rischi riapprendo i confini regionali», ragiona l’epidemiologo Vittorio Demicheli. Al momento però la Lombardia, come detto, non rischia di vedere le sue frontiere rimanere chiuse dopo il 3 giugno, almeno non sulla base del report settimanale del comitato tecnico scientifico. La decisione sugli spostamenti tra Regioni dovrebbe arrivare entro il week end.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Negri Giovanni 
Titolo: La riforma Bonafede: chi fa politica dovrà lasciare la toga
Tema: Riforma Bonafede

Introduzione di oggettivi criteri meritocratici nell’assegnazione degli Incarichi da parte del Csm, un meccanismo elettivo che sfugga alle logiche torrentizie, il blocco definitivo delle cosiddette porte girevoli fra politica e magistratura. Sono questi i 3 pilastri su cui poggerà la futura riforma dell’ordinamento giudiziario che il Governo si accinge ad approvare. Ieri il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, nel question time alla Camera, ne ha messo in evidenza gli aspetti chiave, ricordando che sul testo, ancora provvisorio, c’era già stato un accordo dl massima all’interno della maggioranza, ma la parte venne poi stralciata, per non appesantirlo, dal disegno di legge sulla riforma del processo penale (nel quale è collocata anche la norma sulla prescrizione) approdato in Parlamento. Ieri si è svolto anche il vertice tra le forze di Governo per stabilire la prossima tabella di marcia: il disegno di legge dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri già la prossima settimana, con l’obiettivo di aprire poi un confronto in Parlamento anche con le opposizioni. Bonafede intanto, nel suo intervento alla Camera, ha puntualizzato che «è importante sottolineare che non si tratta di un implanto normativo nato sull’onda emotiva del momento buio che stiamo vivendo e che non si tratta di norme contro la magistratura». La bozza di riforma, provando a rendere più definito il confine tra magistratura e politica, oltre a un’estensione del regime di ineleggibilità e di aspettativa obbligatoria dei magistrati che si candideranno alle elezioni prevede norme che sostanzialmente impediscono al magistrato di tornare in ruolo dopo aver ricoperto cariche politiche elettive odi governo anche a livello territoriale per un determinato periodo di tempo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni 
Titolo: Riforma Csm, elezione a doppio turno Nuove regole per gli incarichi direttivi
Tema: Riforma Csm

Mentre il governo tenta di accelerare la riforma del Consiglio superiore della magistratura dopo le nuove puntate del «caso Palamara», il vice-presidente David Ermini rivendica: «Questo Csm non deve cambiare passo perché l’ha già fatto da tempo. Nessuno si illuda, chiedendo lo scioglimento, che questo Csm torni indietro». E a proposito di nuove norme per cambiare la composizione e il funzionamento dell’organo di autogoverno dei giudici, Ermini assicura: «Noi siamo i primi a voler dare suggerimenti di tipo tecnico e cambiare quello che non va». Non c’è solo la modifica del sistema elettorale nel disegno di legge governativo di cui hanno discusso ieri il ministro grillino Alfonso Bonafede, il sottosegretario del Pd Andrea Giorgis e i «responsabili giustizia» dei partiti di maggioranza. Provvedimento che il Guardasigilli vorrebbe portare in Consiglio dei ministri già la prossima settimana. Sono previste nuove regole per l’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi negli uffici giudiziari, che assieme a quelle sul voto dei rappresentanti togati dovrebbero servire ad aumentare il tasso di meritocrazia, riducendo il peso delle correnti negli «scambi» e spartizioni di posti. Diventa obbligatoria, ad esempio, l’audizione dei candidati, ora rimessa alla discrezionalità del Consiglio; s’innalzano i requisiti di anzianità per le candidature alle funzioni direttive, ed è prevista la partecipazione a specifici corsi della Scuola superiore, con esami finali. L’obiettivo è ridurre la platea dei candidati e i margini di discrezionalità nella scelta dei nominati, oltre che disincentivare (con la trattazione cronologica) la pratica delle «nomine a pacchetto» per soddisfare contemporaneamente le esigenze di tutte le correnti.
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Testata:  Italia Oggi 
Autore:  Ricciardi Alessandra 
Titolo: Intervista a Carlo Nordio – Nordio: liberare il Csm dalle correnti con il sorteggio dei suoi componenti – Liberare il Csm dalle correnti
Tema: Nordio, “Liberare il Csm dalle correnti”

Uno schifo. Davanti al quale anche i padri costituenti se risorgessero sarebbero i primi a voler cambiare le regole del Csm». Carlo Nordio, una vita in magistratura, ex Procuratore aggiunto di Venezia, protagonista di grandi inchieste, da Mani Pulite alle Brigate rosse venete e Tangentopoli, sul caso Palamara-Salvini dice: «L’ho trovato ripugnante. È grave se un giudice si pronuncia per l’assoluzione di una persona che ritiene colpevole. Ma se auspica la condanna di uno che ritiene innocente è un sacrilegio». Per ridare credibilità alla magistratura è essenziale, dice l’ex procuratore, oggi attento analista delle vicende politiche e giudiziarie italiane, liberare il Consiglio superiore della magistratura dalle correnti. E lo si può fare, evidenzia Nordio, «solo attraverso il sorteggio dei suoi componenti». L’uso del trojan per le intercettazioni? »È uno strumento ignobile, dovrebbe esser trattato come i confidenti, le spie o le lettere anonime. Cioè un elemento di spunto per le indagini, ma non un mezzo di prova». Domanda. La giunta del senato ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio dell’ex ministro dell’interno Salvini sul caso Open Arms. Quanto hanno contato le intercettazioni di Palamara che diceva di «attaccare» il leader della Lega al di là dell’inconsistenza degli elementi probatori a favore dell’accusa? Risposta. Secondo me hanno contato abbastanza. Mandare a giudizio Matteo Salvini dopo quelle rivelazioni imbarazzanti di Luca Palamara sarebbe stato fargli un enorme regalo politico. E il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, è molto sensibile a questo aspetto. Ha salvato, al momento del voto di sfiducia, il ministro Alfonso Bonafede, pur avendogli dato dell’incapace, solo per evitare una crisi di governo, ed ha anche avuto l’onestà di ammetterlo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Mattarella Sergio 
Titolo: La voce libera di Tobagi e quei semi di speranza – Perché Walter Tobagi ci esorta alla speranza
Tema: 40°anniversario dalla morte di Tobagi

Walter Tobagi fu ucciso barbaramente perché rappresentava ciò che i brigatisti negavano e volevano cancellare. Era un giornalista libero, che indagava la realtà oltre stereotipi e pregiudizi, e i terroristi non tolleravano narrazioni diverse da quelle del loro schematismo ideologico. Fra un democratico, un riformatore, e questo risultava insopportabile al fanatismo estremista. Era un uomo coraggioso che sentiva il dovere di difendere i valori costituzionali: proprio questa sua coerenza lo ha portato a esporsi e a divenire bersaglio di una violenza la cui disumanità non si attenua con il passare degli anni. In uno dei suoi ultimi articoli Tobagi scrisse dei brigatisti, descrivendo le loro fragilità e contraddizioni, pure in una stagione in cui continuavano a far scorrere tanto sangue. Non sono «samurai invincibili», sottolineò. Forse anche questo mosse la crudeltà della mano assassina. Tobagi è morto giovanissimo. A trentatré anni aveva già dimostrato straordinarie capacità, era leader sindacale dei giornalisti lombardi, aveva risultava del tutto insopportabile al fanatismo estremista al suo attivo studi, saggi storici, indagini di carattere sociale e culturale. E stato ucciso in quei mesi, in cui altri uomini dello Stato, altri eroi civili, cadevano a Milano e in tutta Italia per fedeltà a quei principi di convivenza che la mitologia rivoluzionaria, le trame eversive, le organizzazioni criminali di diversa natura volevano colpire. A quarant’anni da quel 28 maggio 1980, desidero anzitutto esprimere i miei sentimenti di vicinanza alla famiglia Tobagi.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Fondo Ue per la ripresa da 750 miliardi All’Italia 173 miliardi, spread a quota 193 – Recovery Fund Ue da 750 miliardi (di cui 173 all’Italia)
Tema: Recovery Fund Instrument – Next Generation Eu

La Commissione europea ha proposto ieri ai Ventisette uno storico bilancio comunitario per i prossimi sette anni. Per la prima volta in 60 anni, l’esecutivo comunitario verrebbe chiamato a indebitarsi in modo sostanzioso sui mercati finanziari, per un totale di 750 miliardi di euro. Nei fatti, la Commissione guadagnerebbe autonomia finanziaria, permettendo all’Unione europea di compiere un passo avanti nell’integrazione comunitaria. L’esecutivo comunitario ha proposto altresì che il nuovo strumento distribuisca 500 miliardi sotto forma di sovvenzioni e altri 250 miliardi sotto forma di prestiti. Aggiungendo al nuovo Fondo il consueto bilancio comunitario, la forza d’urto finanziaria dell’Unione sale nel periodo 2021-2027 a 1.850 miliardi di euro. L’obiettivo è di far fronte allo shock economico provocato dalla pandemia influenzale. All’Italia oltre 170 miliardi. Si tratta di «una svolta europea per fronteggiare una crisi senza precedenti», ha detto il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni. All’Italia, secondo cifre circolate ieri qui a Bruxelles in attesa di conferma oggi, potrebbero andare 82 miliardi in sovvenzioni e 91 miliardi in prestiti, provenienti dal Fondo. A titolo di confronto, la Spagna riceverebbe 77 miliardi di sovvenzioni e 63 miliardi di prestiti.Con questa proposta cambiano le prospettive dell’Unione europea. Si affidano notevoli poteri di finanziamento all’esecutivo comunitario, poteri finora limitati a due istituzioni finanziarie con obiettivi precisi: la Banca europea degli investimenti e il Meccanismo europeo di stabilità. A conferma delle informazioni circolate nelle ultime settimane il nuovo Fondo per la ripresa si baserà su tre pilastri, rispettivamente dedicati al sostegno dei Paesi membri, al rilancio dell’economia, e al rafforzamento di programmi già esistenti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Perrone Manuela – Trovati Gianni 
Titolo: Conte: dalla Ue segnale ottimo ma c’è l’incognita risorse 2020 – Conte rilancia ma resta il nodo 2020
Tema: Recovery Fund Instrument – Next Generation Eu

«Well done», twitta il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. «Ottimo segnale da Bruxelles, va proprio nella direzione indicata dall’Italia», esulta il premier Giuseppe Conte. Ma la trattativa sul Recovery Fund presentato ieri dalla Commissione Ue non si annuncia semplice. E non solo perché adesso deve iniziare il negoziato in vista del Consiglio europeo del 19 giugno, che probabilmente non sarà ancora quello decisivo. Il nodo, vitale per i sofferenti conti pubblici italiani, è infatti quello dei tempi. Perché la maxi-manovra ora in discussione alla Camera ha esaurito tutti gli spazi di debito a disposizione, e i primi aiuti Ue servono quest’anno. È il famoso “ponte” che dovrebbe traghettare i Paesi verso il 2021, data dell’avvio a regime del nuovo Fondo. Ma per adesso questo “bridge” pare piuttosto stretto, almeno a giudicare dai commenti arrivati ieri da Bruxelles. «Per affrontare la crisi in questi mesi – ha spiegato il commissario al Bilancio Ue Johannes Hahn – proponiamo di aggiungere un volume ponte da 11,5 miliardi». Perché nell’ottica comunitaria i veri fondi da usare subito sono i 540 miliardi messi a disposizione tra Sure, Bei e Mes. Ma per l’Italia il Fondo Salva-Stati rimane un problema, che Conte vorrebbe poter annacquare nel calderone più generale degli aiuti europei. Per questa ragione all’esultanza Conte, rinfrancato da «un risultato impensabile fino a poche settimane fa», ha affiancato l’esortazione: «Ora acceleriamo sul negoziato e liberiamo presto le risorse».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Maxi piano Ue, Italia in testa – Maxi piano Ue da 750 miliardi E 172 sono previsti per l’Italia
Tema: Recovery Fund Instrument – Next Generation Eu

Dopo alcuni rinvii è arrivata la proposta della Commissione europea per affrontare la crisi economica scatenata dal diffondersi del Covid: un piano da 750 miliardi temporaneo (dura fino al 2022) agganciato al bilancio Ue 2021-2027 da 1.100 miliardi, che dovrà rendere l’Ue più verde, digitale e resiliente. Il Recovery Instrument, chiamato Next Generation Eu, sarà finanziato attraverso emissioni di bond da parte della Commissione e prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto (vincolati a riforme e investimenti concordati con Bruxelles) per i Paesi e i settori più colpiti dalla crisi e 250 miliardi di prestiti a lungo termine. La quota di fondi per l’Italia ammonta a 172,7 miliardi, di cui 81,8 trasferimenti (a fronte di un contributo di circa 60 miliardi se non sarà raggiunta un’intesa sulle risorse proprie) e 90,9 prestiti. Il nostro Paese sarà il maggiore beneficiario, seguito dalla Spagna con un totale di 180,4 miliardi (77,3 miliardi aiuti e 63,1 miliardi prestiti). Francia e Germania avranno solo sovvenzioni pari a 38 miliardi e 28,8 miliardi. L’impostazione si avvicina molto al piano franco-tedesco ma tiene anche conto delle richieste dei Paesi «frugali»: Olanda, Austria, Danimarca e Svezia. Ora comincia la trattativa tra gli Stati membri, che avrà il suo culmine nel Consiglio europeo del 19 giugno (ma è probabile che servirà un altro incontro). Il testo finale dovrà avere anche il via libera del Parlamento Ue, che è codecisore. Il presidente David Sassoli ha definito il piano «il DDay europeo del 21esimo secolo».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Il retroscena – Infrastrutture, digitale e istruzione Ecco i piani che l’Italia vuole finanziare
Tema: Recovery Fund Instrument – Next Generation Eu

La scaletta delle priorità l’ha indicata ieri nella sua lettera ad alcuni quotidiani il presidente del Consiglio Conte elencando sette punti, ovvero i sette «pilastri» del piano italiano che punterà su incentivi a favore della digitalizzazione e dei pagamenti elettronici, interventi a favore della capitalizzazione ed il consolidamento delle imprese e sostegni a favore di filiere produttive e start up, il rilancio degli investimenti pubblici e privati, investimenti a favore dell’economia sostenibile, diritto allo studio e innovazione dell’offerta formativa, e infine due riforme di cui si discute da sempre, quella della giustizia (sia penale che civile) e quella fiscale. Che grazie agli spazi di bilancio che i fondi europei renderanno disponibili e al calo dello spread dovrebbe finalmente portare alla riduzione delle aliquote e quindi del prelievo, a razionalizzare gli incentivi e a semplificare tutta la selva delle norme. Il Recovery fund, ha spiegato ieri Gualtieri in una lunga intervista a il Foglio, «è una straordinaria opportunità non solo per avere nuove risorse da immettere nella nostra economia ma anche per provare a fare quello di cui l’Italia ha urgente bisogno: dimostrare di avere una strategia non solo per galleggiare ma anche per provare a navigare». A sua volta il responsabile del Mef ha indicato alcuni campi di azione come il potenziamento degli investimenti pubblici e privati, interventi nel campo della conoscenza e il capitale umano, la semplificazione delle procedure e della macchina amministrativa. Molti i driver da attivare: innovazione, digitalizzazione, sostenibilità ambientale, infrastrutture materiali e immateriali, coesione sociale e territoriale «con un’attenzione particolare al Sud».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario – Sforza Francesca 
Titolo: Intervista a Giuseppe Conte – Parla Conte: “Bene così, ma gli aiuti devono arrivare subito” – Conte: “In pochi ci scommettevano Ma gli aiuti devono arrivare subito”
Tema: Conte: “Bene così, ma gli aiuti devono arrivare subito”

«Ci abbiamo creduto quando in pochi ci avrebbero scommesso». Per Giuseppe Conte godersi il momento vuol dire riavvolgere il nastro e riguardarsi l’intero film di come si è arrivati fin qui. Fare i conti con gli ostacoli, gli scoraggiamenti, le speranze, i sussurri di chi, anche nella maggioranza di governo, gli diceva di lasciare perdere, che tanto è così che funziona in Europa, che è la solita storia italiana. «In molti, anche sul piano interno, mi invitavano ad essere cauto e a non espormi dicendo che avrei sicuramente rimediato una cocente sconfitta politica. Ma sono stato sempre consapevole che una reazione europea forte e unitaria era assolutamente necessaria non solo per l’Italia ma anche per il futuro stesso dell’Europa». Certo, non ci sono gli eurobond, imprescindibile punto di partenza della trattativa, ma passo dopo passo le ambizioni si sono ridimensionate e trasformate. La quota di sussidi cosl alta, molto più alta della parte di prestiti, è un buon compromesso per il presidente del Consiglio. Prima la sponda con Emmanuel Macron, poi quella con Angela Merkel sono state cruciali. E il giorno della proposta franco-tedesca ha capito che forse questa volta ce l’avrebbero fatta, nonostante l’opposizione dura, ruvida, dei riluttanti falchi olandesi e austriaci. «Con i leader europei più contrari o perplessi mi sono confrontato più volte, anche in modo molto franco, invitandoli a considerare che senza una risposta adeguata avremmo distrutto il mercato unico e compromesso irrimediabilmente tutte le catene di valore. Una risposta buona ma tardiva sarebbe stata inutile».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Manacorda Francesco 
Titolo: Intervista a Vittorio Colao – Colao “Così diventeremo un Paese per giovani” – Vittorio Colao “Cento progetti per trasformare l’Italia in un Paese per giovani”
Tema: Colao, “Cento progetti per trasformare l’Italia in un Paese per giovani”
Entro i primi di giugno, consegneremo al governo il nostro lavoro per il piano di rilancio dell’Italia da qui al 2022. Circa venti obiettivi con un centinaio di proposte concrete, perché fare piani è relativamente facile, ma “scaricare a terra” le azioni, agire in pratica, è quello che conta davvero». Vittorio Colao si avvicina a concludere la missione che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, gli ha affidato un paio di mesi fa. In una prima fase il suo comitato ha guidato la riapertura graduale di «attività essenziali, poi manifattura, costruzioni, servizi, con soluzioni e presìdi che applicheremo anche ad altri settori». E adesso, dottor Colao? «Adesso si tratta di far ripartire il Paese, trasformando il rilancio economico e sociale in un’occasione per disegnare il futuro e tenendo a mente una cosa fondamentale: i costi inevitabili e altissimi che dovremo affrontare per questa crisi possono, anzi debbono, essere trasformati in investimenti. Nel breve termine bisogna investire per ripartire e mantenere la coesione sociale; nel più lungo periodo gli investimenti devono servire a disegnare un’Italia più efficiente e migliore per le nuove generazioni, per quelli che avranno venticinque o trent’anni a metà di questo decennio e che oggi si trovano ad affrontare una situazione particolarmente difficile. A loro dobbiamo passare un Paese appoggiato sù pilastri solidi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cappellini Stefano 
Titolo: Intervista a Nicola Zingaretti – “Ora un piano per spendere i soldi della Ue” – Zingaretti “Un patto con le aziende di Stato per investire i miliardi della ricostruzione”
Tema: Zingaretti, “Ora un piano per spendere i soldi della Ue”

Segretario Nicola Zingaretti, parliamo subito di fase 2. Lo sa che gli italiani, al momento, ci leggono più il ritorno ai litigi nel governo che una strategia per uscire dai guai? «ll governo ha affrontato la risposta alla paura del Coronavirus con scelte chiare e coraggiose che altre democrazie hanno fatto solo in parte o in ritardo, pagando costi immensi. Non era scontato riuscirci. Ora deve essere chiaro che è cambiato l’ordine del giorno. La nuova fase richiede una capacità di progettare il futuro e quindi una comune visione sull’idea di Paese. Se gli italiani non percepiscono questo sforzo, la fiducia delle persone non ripartirà». Non si vede però una strategia chiara e condivisa. Più toppe, che un abito nuovo. «Mi sembra un giudizio ingeneroso. Casomai è la destra che propone toppe. C’è enorme differenza tra idee vecchie come i condoni e fatti concreti come eco-bonus e sisma-bonus. I campioni mondiali del neo liberismo e populismo hanno combinato disastri. Dobbiamo chiudere una fase storica del dopoguerra e aprirne una nella quale il modello di sviluppo parta dalla sostenibilità ambientale e sociale:green economy e lotta alle disuguaglianze. Consapevoli che la paura delle conseguenze sociali ed economiche del virus è ora più grande della paura del virus stesso».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Monti Mario 
Titolo: I benefici per il paese – Il piano europeo e i benefici per il paese
Tema: Recovery Fund Instrument – Next Generation Eu

L’Italia ha tradizionalmente auspicato questa evoluzione a livello europeo. Già questo dovrebbe favorire un apprezzamento da parte del governo e delle forze politiche del nostro Paese, il quale trarrà anche benefici ben più che proporzionali dal bilancio presentato. Speriamo che in Italia si sappia guardare con minore sdegno di quanto avviene per il Mes ai fondi che saranno resi disponibili dal Recovery Fund. Non si consideri un insulto se una parte dei fondi prenderà forma di prestiti, peraltro a condizioni favorevoli. Non si diffonda la pretesa che solo i grant, cioè i contributi, siano il modo in cui l’Europa può disobbligarsi con l’Italia per chissà quali torti inflitti al nostro Paese nei decenni. Soprattutto, si traduca grant come contributo, che non comporta rimborso, e non come contributo a «fondo perduto», nel senso di incapacità di fare uso corretto e produttivo, in termini economici e sociali, dei fondi ottenuti. Non si respinga con rabbia l’esistenza di forme di condizionalità, se è intesa come verifica sul buon uso dei fondi, anche al fine di riformare strutturalmente parti dell’economia o dell’amministrazione pubblica che ne hanno veramente bisogno. Si cerchi di prendere in contropiede i Paesi «frugali», come l’Olanda e l’Austria.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta – Pogliotti Giorgio 
Titolo: Dl Rilancio, Confindustria: «Abrogare totalmente l’Irap» – Confindustria: abolire l’Irap, decreto poco mirato al rilancio
Tema: Dl Rilancio, Confindustria: «Abrogare totalmente l’Irap»

Un provvedimento «fortemente» orientato all’emergenza e «poco al rilancio del sistema produttivo». Manca «un disegno complessivo per la ripresa», che parta da un potenziamento degli investimenti pubblici e privati, da una riforma del fisco al sostegno della crescita, dal sostegno alla domanda. Anche se non mancano elementi positivi, come la sospensione dell’Irap a giugno, il pagamento dei debiti della Pa e l’effidentamento energetico. È l’analisi sul decreto Rilancio che il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, ha presentato nell’audizione alla Commissione Bilancio della Camera. Per Panucci l’«eccessiva frammentazione delle misure» contenute nel decreto e la necessità di «numerosi» provvedimenti attuativi e adempimenti burocratici rischiano di vanificare l’efficacia e la tempestività delle misure.E la vice Ministra dell’Economia, Laura Castelli: «Con il decreto Rilancio abbiamo dato un segnale importante», con l’eliminazione della rata di giugno dell’Irap, ma «credo che vada cancellata del tutto».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Petrini Roberto 
Titolo: Castelli “E adesso un assegno unico che aiuti le famiglie”
Tema: Dl Rilancio

Abolizione dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive; introduzione accelerata dell’assegno unico progressivo con l’imminente varo del Family Act; una tassazione più bassa e ad hoc per cosiddetti lavoratori autonomi. La vice ministra dell’Economia, la Cinque stelle Laura Castelli, allunga il passo sulla riforma fiscale e delinea alcuni dei temi sui quali si articolerà il cantiere fisco da oggi alla legge di Bilancio in autunno quando ci sarà il varo. Per ora la novità è che le risorse, cioè il più grosso ostacolo che fino ad oggi si era frapposto ad una riforma fiscale, ci sono. Lo conferma la Castelli: «Non possiamo aspettare, l’intervento sulle tasse sarà finanziato con il Recovery fund» e conferma anche la cifra dei 10 miliardi. Sulla stessa linea anche il ministro degli Esteri grillino Luigi Di Maio: «Useremo i soldi del Recovery Fund per abbassare le tasse». E su questo schema stanno lavorando al Tesoro, come anticipato da Repubblica, dove i nuovi finanziamenti europei verranno usati per aprire spazi di manovra per la riduzione dell’Irpef, accorpando aliquote e lavorando per rimodulare la curva delle detrazioni a favore dei redditi più bassi e per evitare “salti” di aliquote. Anche il premier Conte punta sulla riforma fiscale: «Non potremo più permettersi un fisco iniquo ed inefficiente: riordineremo il sistema di deduzioni e detrazioni», ha scritto ieri in una lettera alla stampa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Bonus, corsa a ostacoli
Tema: Inps, sito non aggiornato e caos per il bonus

Si fa presto a dire bonus. Alla lista degli imprevisti nel ramo aiuti e sussidi, si aggiunge adesso il bonus babysitter. Il sito dell’Inps non è aggiornato e bisognerà aspettare il primo giugno prima di poter presentare domanda. In realtà l’inconveniente riguarda solo chi aveva già chiesto i primi 600 euro, quelli previsti dal decreto Cura Italia di marzo, e adesso vorrebbe ottenere la seconda tranche dopo l’estensione a 1.200 euro arrivata con il decreto Rilancio. Chi bussa al sito dell’Inps per la prima volta può procedere lo stesso. La ministra per la Famiglia, Elena Bonetti, assicura che il governo «vigilerà affinché non si verifichino ritardi nelle risposte». Nella prima settimana di giugno dovrebbe essere tutto a posto. Il bonus babysitter, insieme all’estensione del congedo parentale, è lo strumento per aiutare le famiglie con figli fino ai 12 anni rimasti a casa per la chiusura delle scuole. Col decreto Cura Italia è stato introdotto con un tetto di 600 euro. Col decreto legge Rilancio il tetto è stato portato a 1.200 euro, che potranno essere usato anche per i centri estivi. Raddoppiato il bonus anche per i lavoratori della sanità e delle forze di polizia, che passa da mille a duemila euro. Resta ancora un’incognita, invece, la questione dei fondi per il bonus biciclette e dintorni. Il governo sta studiando la possibilità di aumentare i fondi rispetto ai 120 milioni di euro già stanziati. Una cifra che, ipotizzando un bonus medio da 250 euro, coprirebbe 480 mila acquisti, a fronte di un numero potenziale di persone coinvolte pari a 26 milioni.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Perrone Manuela 
Titolo: Aspi, nodo transazione con Atlantia – Discesa di Atlantia in Aspi Si tratta su transazione e quote
Tema: Aspi, nodo transazione con Atlantia

La cessione di Autostrade per l’Italia da parte dei Benetton potrebbe favorire la definizione del dossier mediante una transazione. Questa è la posizione del governo: la trattativa con Atlantia è aperta e riguarda proprio le modalità di transazione e le quote azionarie che la holding holding manterrebbe nell’azionariato di Aspi. L’ipotesi resta quella di una cordata di investitori istituzionali, guidata da Cdp con F2i e fondi previdenziali, che acquisirebbe il controllo della società concessionaria. Ma su tutti questi aspetti, niente affatto secondari, nella maggioranza le posizioni ancora divergono: da un lato i Cinque Stelle, disposti ad ammainare la bandiera della revoca della concessione soltanto facendo uscire del tutto Atlantia dalla gestione della rete autostradale; dall’altro Pd e Italia Viva, che invece potrebbero accontentarsi anche del passaggio in minoranza della holding (dall’88% attuale a sotto il 50%). Il vertice di ieri a Palazzo Chigi convocato da Giuseppe Conte ha visto per la prima volta riuniti tutti i partiti della maggioranza intorno a un tavolo: la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, il titolare dell’Economia Roberto Gualtieri, e i capidelegazione Alfonso Bonafede, Dario Franceschini, Roberto Speranza e Maria Elena Boschi (in sostituzione per Iv della ministra Teresa Bellanova). «La riunione è tornata utile per fornire a tutti i rappresentanti del Governo un puntuale aggiornamento sullo stato della procedura e sui vari aspetti di questo delicato dossier», informano fonti di Palazzo Chigi in serata. «Nei prossimi giorni si completeranno alcuni approfondimenti che consentiranno di definire la posizione ultima del Governo».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Capurso Federico – Lombardo Ilaria 
Titolo: Atlantia apre alla vendita di Autostrade “Ma l’operazione non sia un esproprio”
Tema: Caso Autostrade, vertice con Conte a Palazzo Chigi

Una proposta più delle altre, alla fine del primo vertice a palazzo Chigi sul dossier Autostrade, sembra convincere il governo: portare Atlantia a lasciare le quote di controllo di Aspi in favore di Cassa depositi e prestiti, F2i e altri fondi delle casse di previdenza, aumentando gli investimenti e abbassando strutturalmente le tariffe. Nelle due ore di confronto tra Giuseppe Conte, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, quello dell’Economia Roberto Gualtieri e i capi delegazione dei partiti di maggioranza, sono stati illustrati gli enormi fascicoli prodotti dal Mit, che partono dall’analisi della precedente gestione Castellucci e si concludono con tre proposte risolutive. Oltre alla più convincente, che riguarda la vendita di quote su cui insiste il M5S, restano sul tavolo sia la revoca delle concessioni, sia il pagamento di un indennizzo da parte di Autostrade, con la costruzione di opere compensative e altri investimenti da inserire nel piano finanziario. Troppo dura, per Pd e Italia viva, la prima opzione; troppo debole, per M5S e Leu, la seconda (che resta invece la favorita da De Micheli). Non si è ancora parlato di cifre, perché Conte – dopo aver preso ieri in mano le redini – ha chiesto di tenere separati i due livelli: «Prima decidiamo la strada da prendere, poi entriamo nei dettagli economici». Ma dal capo delegazione del Movimento, Alfonso Bonafede, sarebbe arrivata un’indicazione precisa sulla necessità di vedere i Benetton uscire «danneggiati» da questa trattativa, anche se non si dovesse passare da una revoca.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  … 
Titolo: Stati Uniti. Donald Trump minaccia di chiudere i social media
Tema: Trump – Twitter

«I social media non danno voce ai conservatori. Metteremo regole oli chiuderemo». Così il presidente Usa dopo che Twitter aveva segnalato come fake news due suoi messaggi.
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Testata:  Sole 24 Ore nòva.tech 
Autore:  L.Tre. 
Titolo: Oltre frontiera – Social media. Le piattaforme meno neutrali: Twitter bacchetta Trump
Tema: Trump – Twitter

Lo scontro frontale fra Donald Trump e Twitter segna un punto di non ritorno. Ieri la piattaforma social che il tycoon, ha usato come strumento di propaganda e megafono ha per la prima volta corretto il presidente Usa. Per l’esattezza sono stati segnalti due cinguettii in cui evocava il rischio di frode elettorale dopo che il governatore della California Gavin Newsom ed altri suoi colleghi democratici hanno introdotto o stanno valutando la possibilita’ del voto per posta a causa del coronavirus. E’ la prima volta che accade. Ed è una buona notizia perché la libertà di espressione non vuole dire essere liberi da fact-checking e dalle conseguenze delle proprie azioni. Qualcuno dirà che le piattaforme digitali hanno calato la maschera. E hanno smesso di essere neutrali. Al contrario stanno imparando ad accettare le regole della democrazia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Twitter smentisce Trump E lui: «Vogliono zittirmi, faccio chiudere i social»
Tema: Trump – Twitter

La rabbia di Donald Trump investe Twitter, dopo che la piattaforma ha segnalato come «infondati» due messaggi del presidente. I giuristi hanno subito notato che il leader degli Stati Uniti non ha alcuna possibilità di oscurare i social e neanche di cambiarne la disciplina. Sono poteri che spettano al Congresso o alla Federal Communications Commission. Ma intanto il titolo di Twitter ha perso più del 3% in Borsa. Segno che i mercati temono un’escalation nel conflitto tra la Casa Bianca e la società fondata nel 2006 e guidata da Jack Dorsey. II social ha circa 330 milioni di utenti: 80 di questi, circa un quarto del totale, sono follower di Trump. Si può, dunque, tranquillamente sostenere che senza i «tweet» l’ex costruttore newyorkese avrebbe fatto molta più fatica a emergere come protagonista politico assoluto. Così come senza i messaggi di @realDonaldTrump Twitter non sarebbe diventata una fonte ineludibile nel sistema dell’informazione mondiale. Trump ha aperto un account nel 2009 e per undici anni ha potuto scrivere e sostenere quello che voleva, compresi insulti e affermazioni palesemente infondate. I dirigenti Twitter, così come Mark Zuckerberg per Facebook, hanno sempre evitato lo scontro, sostenendo che la Rete non doveva censurare nessuno. Ma il Covid-19 ha imposto una riflessione anche sulla «assoluta libertà di espressione» garantita dalla Costituzione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Flores D’Arcais Alberto 
Titolo: Twitter corregge Trump: “Dice il falso” Il presidente minaccia di chiudere i social
Tema: Trump – Twitter

Da una parte Twitter, dall’altra Trump. Nei giorni in cui l’America supera (e commemora) i 100mila morti per coronavirus, The Donald si prende la ribalta, accusa i social di voler interferire nelle presidenziali e minaccia di chiuderli: «I repubblicani ritengono che le piattaforme dei social media mettano a tacere completamente le voci dei conservatori. Le regolamenteremo con forza o le chiuderemo prima di consentire che questo accada». La sfida era iniziata alle 2 e 17 di martedì, dopo che il presidente Usa aveva pubblicato due post contro il voto per corrispondenza deciso dalla California. «Non c’è modo (ZERO!) che questo non sia altro che un’operazione fraudolenta. Le caselle postali saranno derubate, le schede saranno contraffatte, stampate illegalmente e firmate in modo fraudolento»…«Il governatore della California sta inviando le schede a milioni di persone, tutti coloro che vivono nello Stato. Poco importa come ci siano arrivati. Dopodiché dei professionisti della politica vanno loro a dire come devono votare. Questa sarà un’elezione truccata. Impossibile!». Dopo un paio d’ore Twitter li ha segnalati, aggiungendo in coda ai due post una riga blu (“ecco i fatti sul voto per corrispondenza”) e allegando un link in cui si spiega che le dichiarazioni sono prive di fondamento secondo media come la Cnn e il Washington Post. Un portavoce ha aggiunto che nei suoi tweet «Trump ha falsamente affermato che il voto per corrispondenza porta a elezioni truccate», che i «fact-checker dicono che non ci sono prove che il voto per posta possa essere una frode». Furibonda la reazione del presidente, con altri due tweet.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Di Donfrancesco Gianluca 
Titolo: Gli studenti di Hong Kong sfidano i diktat di Pechino
Tema: Cina – Autonomia contesa

Ci sono gli impiegati, scesi in strada in cravatta e mezze maniche, ma ci sono soprattutto studenti, spesso poco più che ventenni. Sono loro la grande minaccia che il regime di Pechino e le autorità della regione speciale temono e reprimono. Ieri in migliaia sono scesi in strada. La partecipazione non è stata altissima, ma neanche bassa, nonostante la paura dei gas lacrimogeni, delle pallottole al peperoncino, dei manganelli degliarresti e del Covid. Alla fine, circa 360 manifestanti stati fermati dalla polizia. Martedì, sindacati, gruppi universitari e attivisti che compongono l’arcipelago del movimento democratico di Hong Kong si erano dati appuntamento davanti alla sede del Parlamentino per protestare contro due leggi: la prima, quella esaminata ieri dall’assemblea della regione speciale, punisce con il carcere fino a tre anni e con multe salate (oltre 6mila dollari) chi manca di rispetto all’inno cinese e ne impone l’insegnamento nelle scuole. Entrerà in vigore a giugno con l’obiettivo di istillare un po’ di timor di patria negli «hongkongers». Con la seconda, il regime cinese si prepara aimporre disposizioni di sicurezza nazionale che gli permetteranno di agire sul territorio dell’ex colonia con i propri reparti speciali per dare la caccia a «sovversivi, terroristi e agitatori stranieri», termini con i quail le autorità si riferiscono al movimento democratico di Hong Kong.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Attanasio Ghezzi Cecilia 
Titolo: In prigione chi insulta l’inno cinese Hong Kong insorge: scontri e arresti
Tema: Cina – Autonomia contesa

È chiaro da subito che sarà impossibile manifestare. Il Parlamento sta discutendo la legge che punisce chiunque attenti alla «solennità» dell’inno nazionale cinese. È una legge che Pechino ha emanato nel 2017, che Macao ha recepito nel 2019 e che Hong Kong fatica ad approvare. Almeno fino a quando il governo locale non l’ha improvvisamente dichiarata una priorità. Le strade intorno al LegCo sono bloccate, i negozi in serrata. La polizia in assetto antisommossa lascia passare solo chi è munito di un permesso di lavoro e perquisisce i ragazzi che escono dalle stazioni della metro. «Siate acqua»: scorrete, disperdetevi nella città, non fatevi riconoscere. Ma i mille rivoli confluiscono a pochi chilometri di distanza: a Central, cuore del distretto finanziario, nella baia di Causeway e in altri luoghi simbolo della città. «Siate hongkonghesi!», gridano i manifestanti. Ma sono raduni non autorizzati. La polizia spara lacrimogeni, sequestra alcune molotov e qualche casco. Afine giornata si contano almeno 360 arresti, tra cui diversi minorenni. Per Hong Kong si tratta dell’ennesima battaglia per Pompeo: prendiamo atto che la città Stato non è più indipendente dalla Cina mantenere il suo status speciale garantito dall’accordo tra Margaret Thatcher e Deng Xiaoping del 1984: la colonia britannica sarebbe tornata alla Repubblica popolare secondo la formula «un Paese, due sistemi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Pompeo all’attacco di Pechino “Hong Kong non è più autonoma”
Tema: Cina – Autonomia contesa

«Hong Kong non è più autonoma dalla Cina». La dichiarazione del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, arriva a 24 ore dal varo della nuova legge di sicurezza imposta da Xi Jinping all’isola-metropoli per spegnere le proteste. Quella presa d’atto di Pompeo apre uno scenario gravido di conseguenze: le sanzioni sono inevitabili. È un nuovo passo nell’escalation della tensione fra Stati Uniti e Cina. «Prendo questa decisione senza alcun piacere – ha detto Pompeo – ma una politica estera sana esige che si riconosca la realtà. È ormai chiaro che la Cina sta plasmando Hong Kong a immagine e somiglianza di se stessa». Quella del segretario non è solo una valutazione severa sulle ultime mosse di Pechino: ha conseguenze legali pressoché automatiche. La Casa Bianca e il Congresso ora possono procedere a varare delle sanzioni, che segneranno la fine di uno status privilegiato di Hong Kong (e qualche danno economico anche per la Cina). La crisi altera uno status quo che aveva retto per 23 anni. Per gli Stati Uniti è fondamentale il rispetto del patto del 1997: all’epoca in cui il Regno Unito trasferì Hong Kong alla Cina, quest’ultima (allora guidata da Deng Xiaoping) prese un impegno solenne con la comunità internazionale. Hong Kong avrebbe mantenuto uno statuto autonomo, in particolare delle regole dello Stato di diritto come libertà di manifestazione, libertà di stampa, indipendenza della magistratura, ben diverse dalla legislazione cinese. A fronte di quell’impegno gli Stati Uniti decisero che avrebbero continuato a trattare Hong Kong come quando era britannica, in molti campi: dogane, dazi, fiscalità, visti, trattati di estradizione.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bonino Emma 
Titolo: Europa è donna il Belpaese ancora no – Christine, Angela e Ursula l’Europa è donna, l’Italia ancora no
Tema: Europa è donna, Italia no

Nel giorno in cui la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen formalizza la proposta del Recovery Fund, possiamo prendere atto che l’Europa è donna e l’Italia no. Una proposta avanzata per prima da Angela Merkel, d’accordo col presidente Macron, mentre Christine Lagarde, prima donna Presidente della Bce, ha promosso e sta sostenendo il nuovo quantitative easing di dimensioni massicce, 750 miliardi di euro di titoli per fronteggiare l’emergenza economica innescata dal coronavirus. L’unico rammarico è che l’Italia sia sempre all’anno zero e che altri Paesi, come ha scritto Elsa Fornero su La Stampa, siano più avanti di noi. E ora lo sono anche le principali istituzioni europee. Certo, a chi mi chiede se abbiamo vissuto una giornata storica, rispondo che siamo davanti ad un passaggio importante, davanti ad una buona proposta della Commissione, che ora dovrà passare al Consiglio europeo, dove di solito si annida un grumo opaco, anche perché in quel consesso non c’è mai stata un’agenda e neppure un resoconto della discussione. Ma sono fiduciosa, anche se il cammino sarà lungo, perché tutta la procedura dovrà essere messa sul piano legale. I più informati, a Bruxelles, mi dicono che il meccanismo potrebbe essere attivo entro la fine dell’anno, ma su questo aspetto noi faremmo bene a contenere le nostre critiche, se pensiamo a quanta fatica stiamo facendo a mettere d’accordo 19 Regioni.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Dusi Elena 
Titolo: Musk in orbita Una tempesta rinvia il sogno
Tema: Missione Nasa-Space X

Il conto alla rovescia era quasi iniziato. Sarebbe stato il primo non in russo ma in inglese, dal 2011, per un razzo con degli uomini a bordo. All’ultimo momento, con i serbatoi già carichi, il lancio è stato rimandato a sabato, causa uragano. Erano 9 anni, dall’ultimo volo dello Space Shuttle, che gli Stati Uniti aspettavano questo ritorno. A Cape Canaveral i due astronauti americani avevano già legato le cinture, pronti ad alzarsi in cielo verso la Stazione Spaziale Internazionale, 400 chilometri più in su. Li ha fermati, ma solo per il momento, la tempesta tropicale che impazzava poco più a nord. L’occhio del ciclone in Carolina del Sud avrebbe messo a rischio un ammaraggio di emergenza nell’Atlantico. Si ritenterà sabato. E il direttore della Nasa Jim Bridenstine ha già studiato la storica frase da pronunciare: riusciremo a lanciare “astronauti americani su un razzo americano dal suolo americano”. Era dal 2011 che gli astronauti di ogni nazionalità raggiungevano la Stazione pagando il biglietto alla Soyuz, la storica navicella russa. Stavolta però, sia pur tornando a volare dalla loro America, per i due astronauti Doug Hurley e Bob Behnken, sarebbe comunque stato diverso. La scritta Nasa compariva sempre sulla loro tuta candida. Anche la rampa su cui dovranno risalire è la stessa di Neil Armstrong e dell’Apollo, così come dei lanci dello Shuttle (Hurley, 53 anni, aveva pilotato la missione d’addio del 2011). Ma la loro capsula, chiamata Crew Dragon e montata su un razzo Falcon 9, è stata per la prima volta costruita da un’azienda privata.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  … 
Titolo: Lady Huawei più vicina all’estradizione
Tema: Lady Huawei

Più vicina l’estradizione negli Usa per Meng Wanzhou – chief financial officer di Huawei e figlia del fondatore del colosso tecnologico Ren Zhengfei – agli arresti domiciliari da 18 mesi in Canada con l’accusa di aver violato la legislazione bancaria e di avere aggirato le sanzioni americane contro l’Iran. Un giudice canadese ha deciso ieri che quelli contestati a Meng sono reati sia per la legge canadese sia per quella Usa. La sentenza apre la strada all’udienza di estradizione nel procedimento che riprenderà a giugno. Meng, 48 anni, era stata arrestata a Vancouver, nel dicembre 2018, su richiesta degli Usa. La vicenda ha creato tensioni tra il Canada e la Cina che anche ieri aveva chiesto il rilascio di Lady Huawey.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Dai divieti ai limiti: Germania più aperta
Tema: Germania – Covid-19

La limitazione dei contatti fra le persone contro il Covid-19 è prolungata in Germania fino al 29 giugno. Ma se prima vigeva un Kontaktverbot, divieto di contatto, è stato ora ridimensionato a Kontaktbeschränkung, limitazione di contatto. Una piroetta lessicale: il cosiddetto Verbot non è mai stato imposto per legge nei Länder federali, e ha piuttosto il senso di una «moral suasion». Governo e Länder hanno deciso di portare a dieci il numero di persone che possono stare insieme in pubblico, e non c’è limite fra gli appartenenti a due famiglie. Restano la distanza di 1,5 metri, l’uso delle mascherine e la raccomandazione di tenere basso e costante il numero di persone con cui ognuno ha contatti regolari. Le regole di sicurezza vanno rispettate anche fra amici in casa; e il governo suggerisce di incontrarsi di preferenza all’aperto. Sull’intesa pende tuttavia il caso Turingia, il Land orientale che ha avuto in tutto 2.900 contagi, 157 morti e che insiste per andare avanti da solo: nei giorni scorsi il premier della Linke, Bodo Ramelow, si era detto pronto a levare ogni restrizione. Il documento approvato prevede già la possibilità di allentare di più le limitazioni, «se le dinamiche regionali dell’infezione lo consentono». Ma Ramelow non contento ha fatto inserire una nota in cui il suo Land si riserva di abolire ogni regola, se i dati della pandemia lo permetteranno. Ma a conferma che il Paese è diviso sulla strada da seguire, Bassa Sassonia e Assia hanno messo a verbale che da loro tutto rimane come prima: massimo due persone o due famiglie in pubblico.
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