Menu

SINTESI IN PRIMO PIANO – 27 maggio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– Intesa governo Regioni sul coprifuoco
– Alitalia, c’è il sì dell’Ue
– Cdp, Scannapieco verso la nomina. E a Fs arriva Ferraris
– Strage della funiva: tre fermati
– Lukashenko respinge le accuse: “Contro di noi una guerra ibrida”
– Intesa Roma-Parigi sui migranti

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Savelli Fabio 
Titolo: Non ci sarà più il coprifuoco, intesa sulle regioni bianche
Tema: riaperture

L’intesa col governo è stata trovata. Complice uno scenario epidemiologico in forte miglioramento con la riduzione costante della pressione sul sistema ospedaliero. Ieri 3.937 nuovi casi e 121 decessi con 1.278 pazienti in rianimazione (45 in meno di martedì). Cosi le Regioni hanno trovato l’accordo col ministero della Salute per eliminare il coprifuoco quando si entra in fascia bianca e anticipare l’avvio di una serie di attività che nel decreto in vigore dovevano attendere ancora un po’. Si accelera perché ci sono tre regioni in zona bianca dal primo giugno — Friuli-Venezia Giulia, Molise e Sardegna, con meno di 50 casi Covid ogni 100 mila abitanti — e altre che seguiranno nelle settimane successive. Fino ad arrivare — se non ci saranno impennate improvvise della curva epidemiologica —a un’italia libera a fine giugno. L’ordinanza potrebbe arrivare già oggi. Chi entra nella minima area di rischio potrà riaprire parchi tematici e sale da gioco, consentire l’utilizzo delle docce nelle palestre e piscine al chiuso. Unico obbligo in queste regioni sono «mascherine, distanziamento, aerazione e sanificazione nei luoghi chiusi». Sarebbero quindi stati superati i rilievi del Comitato tecnico-scientifico che aveva rivisto in senso più restrittivo le linee guida «per la ripresa delle attività economiche e sociali». Richieste ritenute «eccessive» dalle Regioni, come quella di limitare il numero di persone nei mercati all’aperto o sulle spiagge libere. Al momento resta immutato l’assetto originario — dunque la chiusura — che riguarda le discoteche, nonostante le pressioni di alcune Regioni come il Veneto, che ritengono si possa riaprirle, assimilandole ai ristoranti, con l’adozione del green pass. Gli scienziati raccomandano però ancora prudenza.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Nelle nuove zone bianche non scatterà il coprifuoco Mascherina al ristorante
Tema: riaperture

La linea “aperturista” alla fine ha prevalso tra i governatori, che al termine della Conferenza delle Regioni ieri hanno presentato il loro pacchetto di proposte al ministro Speranza. Che in tasca ha però già le linee guida, valide anche per le regioni in giallo, rivedute e corrette dal Cts, con novità non da poco per i ristoranti, dove da un lato sarà possibile tornare a comporre tavolate di amici e parenti, perché scompare il limite di sole 4 persone sedute a pasteggiare se non conviventi. Dall’altro però, ed è la cosa che risulterà poco gradita a commensali e ristoratori, a tavola quando si chiacchiera rilassati tra una portata e l’altra bisognerà tirare su la mascherina, sia che ci si trovi al chiuso che all’aperto. In pratica, come scrivono gli esperti del Cts, «i clienti dovranno indossare le mascherine tranne nei momenti del bere e del mangiare». Una restrizione che non è piaciuta affatto ai governatori, i quali hanno dato mandato ai loro tecnici di confrontarsi al più presto con il Comitato per cercare di correggere il tiro, magari sostituendo con il green pass la mascherina, che con l’arrivo dell’estate a tavola potrebbe essere fastidiosa. Ma il green pass, inteso come uno dei tre certificati tra vaccinale, di guarigione dal Covid o di negatività al tampone, sarà obbligatorio anche per cerimonie, banchetti e ricevimenti, così come in qualsiasi attività, vedi grandi eventi sportivi o musicali, «dove si punta progressivamente alla saturazione dei posti disponibili» e «per tutti i lavoratori che non possono mantenere il distanziamento previsto», scrivono nelle linee guida gli uomini del Cts.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Colonnello Paolo 
Titolo: Intervista ad Attilio Fontana – Stop al coprifuoco nelle zone bianche Parla Fontana: “Ora basta restrizioni” – “Meritiamo meno restrizioni non è solo merito di Moratti”
Tema: riaperture

il governatore della Lombardia, Attilio Fontana intravvede una luce in fondo al tunnel: la zona bianca. Possibilmente senza coprifuoco. E il merito, dice, è della Moratti ma con l’intera squadra. Governatore, l’anno horribilis della pandemia è ormai alle spalle? «Sicuramente stiamo andando verso una sua conclusione. Nel futuro dovremo ancora stare attenti ma credo che il problema ormai sia stato affrontato e risolto». Dunque verrà rispettata la promessa di Bertolaso; entro giugno tutti i lombardi vaccinati? «La promessa di Bertolaso era subordinata al fatto che arrivassero i vaccini in numero sufficiente e questo purtroppo non è successo, dobbiamo rinviare di un mese per somministrare almeno una dose a tutti e completare il giro. Noi potremmo vaccinare fino a 150 mila persone al giorno, ma in questi giorni abbiamo dovuto ridurre a 80 mila al giorno perché mancano dosi. All’inizio di ogni settimana il generale Figliulo ci dice qual è il nostro target e non possiamo superarlo. Siamo arrivati a inoculare il 97 per cento delle risorse a nostra disposizione. Quando il generale ci ha consentito di salire un po’, abbiamo superato le 115 mila punture senza problemi. Se potessimo farlo tutti i giorni attestandoci sulle 120 mila, per il 10 luglio avremmo finito».
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Pasqualetto Andrea 
Titolo: «Hanno tolto i freni per soldi» – Tre fermi per la strage in funivia «Hanno scelto di bloccare i freni»
Tema: strage delle funivia
Non chiudeva occhio da domenica scorsa, Gabriele Tadini. Sapeva dei freni disattivati, sapeva che era la causa del disastro e ieri notte si è liberato di quel peso enorme. Quarant’anni di funivia alle spalle, responsabile del funzionamento dell’impianto del Mottarone, Tadini ha confessato qualcosa di sorprendente: non si è trattato di un errore, di una dimenticanza. Il blocco dei freni è stata una scelta consapevole, meditata, fin dal giorno della riapertura della funivia dopo lo stop per il Covid, il 26 aprile. Motivo? L’impianto aveva delle anomalie, i freni scattavano bloccando le cabine e tutto questo si traduceva in perdite di tempo, di corse e di biglietti. La decisione sarebbe stata condivisa con il gestore della funivia, Luigi Nerini, e con il direttore di esercizio Enrico Perocchio, ingegnere, il più alto in grado della società di gestione. Risultato: tre fermi con l’accusa di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e omissione di cautele. «Confidavano nella buona sorte», ha sintetizzato il procuratore di Verbania Olimpia Bossi. Confidavano cioè nel fatto che la fune non si sarebbe mai rotta. L’evento in effetti è rarissimo ma quando capita e non ci sono quei freni, bloccati dai cosiddetti forchettoni, può succedere di tutto. Domenica scorsa è stata una strage. Perocchio, che ha un doppio ruolo essendo anche dipendente della Leitner, la società che ha fornito le cabine e fa le manutenzioni all’impianto, ha negato ogni responsabilità.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Pastore Cristina 
Titolo: Intervista a Olimpia Bossi – “Il guasto era noto a tutti i dipendenti” – La procuratrice “La scelta era nota a tutti i dipendenti”
Tema: strage della funivia

Non lo dice, ma a Olimpia Bossi, procuratrice della Repubblica di Verbania, glielo si legge in faccia. Ha avvertito le aspettative di una comunità allargata al mondo dopo l’agghiacciante vicenda della funivia impazzita che domenica è stata la tomba di quattordici persone. Soddisfatta del lavoro fatto in meno 48 ore? «In questa vicenda la parola soddisfazione non potrà mai esserci. Piuttosto abbiamo provato altro dolore e un amarissimo sconcerto quando ci siamo resi conto che il mancato funzionamento del sistema frenante era esito di una scelta. Qua non c’entra la negligenza, ilpressappochismo, quell’errore umano che non rende immuni da responsabilità ma almeno genera una certa comprensione. Ci troviamo davanti a chi, a fronte di un proprio interesse, ha preferito mettere a repentaglio la vita degli altri».
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 – Un Parlamento sempre più sfilacciato prepara il 2022
Tema: scenario politico

Gli occhi sono puntati su Governo e maggioranza, sugli ultimi strappi mal ricuciti sui licenziamenti, sulle nomine nelle partecipate e sulle mediazioni ancora da fare nel Dl Semplificazioni ma anche in Parlamento e dentro i partiti si stanno muovendo le acque. Non c’è solo il grande punto di domanda sui gruppi parlamentari dei 5 Stelle che attendono lo sblocco della vicenda Conte e piattaforma Rousseau ma pure a destra qualcosa bolle. Ieri, per esempio, è nato un piccolo nuovo gruppo “Coraggio Italia”. Niente di eclatante ma quella pattuglia di onorevoli (sarebbero una trentina) passata sotto le fila del sindaco di Venezia Brugnaro e del presidente di Regione Toti qualcosa vuol dire. La spiegazione più immediata è che si prepara a far valere quei voti nella partita del febbraio 2022 sul nuovo capo dello Stato. In quella occasione, infatti, in assenza di un grande accordo tra i partiti principali, i voti si conteranno fino all’ultimo deputato. Dunque la scelta di costituire una neo formazione vale per acquisire un potere negoziale verso gli altri leader e intanto si aspetta di vedere cosa succederà a quella parte di Forza Italia che si sente stretta in una guida troppo filo-destra. E le acque si muovono anche a casa di Letta. Dopo la proposta sulla tassa di successione, che ha consentito al segretario di coprire il versante sinistro del partito, comincia la campagna della parte più centrista riunita in Base Riformista, la più vicina ai renziani. In una riunione di qualche giorno fa, la corrente guidata da Guerini e Lotti, ha deciso di presentare i19 giugno il “manifesto dei riformisti” che vuole essere un «contributo costruttivo» da portare al neo leader. La tesi è che se Letta ha avuto bisogno di lanciare proposte di sinistra per acquisire una credibilità con gli ex Ds, il fatto di avere sul tavolo anche le proposte più moderate gli consente di trovare una sintesi meno schiacciata su una parte. E soprattutto eviterebbe uno scivolamento verso l’opposizione a Draghi che sarebbe una pagina imprevista per il Pd.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – Il Campidoglio metafora di un’alleanza che non decolla
Tema: alleanza Pd-M5S

La campagna elettorale per il Campidoglio rischia di diventare una metafora di quello che potrebbe accadere tra Movimento Cinque Stelle e Pd a livello nazionale. La virulenza con la quale la sinistra e la sindaca grillina Virginia Raggi si stanno attaccando a quattro mesi dal voto di ottobre, è la conferma di un’alleanza non solo tutta da costruire, ma dalle fondamenta fragilissime. M5S e Pd sono troppo distanti culturalmente, e troppo contigui e in competizione dal punto di vista elettorale, per poter trovare una prospettiva comune. Si può aggiungere, come fattore di ulteriore incertezza, lo spappolamento del grillismo. E va tenuto conto della lunga, infruttuosa ricerca di un candidato del Pd, prima che il segretario Enrico Letta desse il via libera all’ex ministro Roberto Gualtieri: un’operazione che aveva frustrato anche il predecessore, Nicola Zingaretti. Se a questo si aggiunge l’accelerazione che l’arrivo del governo di Mario Draghi ha impresso all’intero sistema politico, il cerchio si chiude. Non a caso il centrodestra soffre problemi simili a quelli degli avversari. Ma nel caso di Movimento Cinque Stelle e Partito democratico, reduci da un anno e mezzo di tormentata «alleanza giallorossa», lo scenario è più conflittuale. Forse proprio perché il loro patto di potere oggi viene tentato per superare o comunque velare una debolezza in termini di identita e di alleanze, mostra rughe fin dall’inizio; e per motivi oggettivi. E difficile sostenere che con Giuseppe Conte premier le cose non sono andate così male; e in parallelo bombardare la giunta Raggi, avanguardia del grillismo governativo.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni 
Titolo: Muro del M5S sulla prescrizione La difficile mediazione di Cartabia per non rompere la maggioranza
Tema: giustizia
Si sono rivisti nello stessa stanza a cento giorni di distanza, Marta Cartabia e Alfonso Bonafede: dal passaggio delle consegne tra ministri della Giustizia, subito dopo il giuramento del governo Draghi, alla discussione di ieri sulla riforma del processo penale che la Guardasigilli vuole condividere con la maggioranza prima di portare in Parlamento i propri emendamenti. Il Movimento 5 Stelle, in questo percorso attraverso le diverse posizioni dei partiti che sostengono il governo, rappresentano l’ostacolo più arduo. Perché uno dei punti sui quali bisognerà intervenire è la riforma della prescrizione targata Bonafede, il quale non ha nessuna intenzione di vedere sconfessato ciò che — da ministro e anche dopo — ha sempre rivendicato come una conquista di civiltà. Alla fine, è lui a dare il via libera al comunicato post-riunione: «Riteniamo che, in adempimento del dettato costituzionale, sia fondamentale garantire a ogni cittadino un processo celere che si esaurisca in termini ragionevoli, ma questo non deve mai tradursi in denegata giustizia; ogni cittadino che si rivolge allo Stato per avere una risposta di giustizia deve avere la certezza che quella risposta arriverà». I toni attutiti con cui la delegazione grillina commenta le due ore di incontro «cordiale» servono a tenere bassa la tensione, anzi a far capire che c’è spirito di collaborazione e disponibilità al dialogo; ma servono anche a ribadire ciò che è stato detto e ripetuto nel chiuso del grande ufficio di via Arenula: non ci si può ripresentare ai cittadini con la norma che consente ai processi di andare in fumo, magari dopo anni di attesa e a pochi passi dalla sentenza definitiva, perché il tempo è scaduto. Una posizione netta alla quale la Guardasigilli ha risposto in maniera altrettanto netta: d’accordo sull’esigenza di scongiurare la «denegata giustizia», ma non ci si può presentare nemmeno con una litigiosità senza fine che impedisce di trovare soluzioni ai problemi di una giustizia che non funziona anche perché troppo lenta.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Giornale 
Autore:  Zurlo Stefano 
Titolo: Tribunali a due velocità su Berlusconi Roma stralcia, Milano prende tempo
Tema: processo Ruby ter

Si al rinvio, no a un processo a parte. Il tribunale di Milano ha paura di perdere per strada l’imputato Silvio Berlusconi e decide di non stralciare la sua posizione. Il processo Ruby Ter va all’8 settembre e quel giorno si vedrà il da farsi. Insomma, il Cavaliere è malato, ma non così fragile come lo aveva dipinto la procura di Milano che aveva chiesto di separare la sua posizione. «Silvio Berlusconi è seriamente malato», aveva spiegato in aula il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che a quel punto aveva proposto una soluzione pratica, lontana dalle letture ideologiche e dietrologiche del passato: avanti con tutti gli altri, meglio creare un dibattimento ad hoc per l’ex premier, modulandolo sulle sue difficoltà e i suoi acciacchi. Sembrava una soluzione sensata, anche se certo non è l’ideale spaccare un procedimento e duplicarlo. E invece il presidente della settima sezione Marco Tremolada dice no: «Tenuto conto della necessaria unitarietà della trattazione del processo, lo rinvia all’8 settembre 2021, sospendendo i termini di prescrizione per tutti gli imputati». L’ex presidente del consiglio e altre 28 persone, accusate a vario titolo di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza. Dunque, il Ruby Ter scivola sulla stagione estiva e riprenderà a settembre. Ma il procuratore aggiunto Siciliano e il pm Luca Gaglio paiono perplessi. «Alla luce delle condizioni di Silvio Berlusconi, così come ci vengono descritte – rilancia Siciliano – mi domando sin da ora se non sia necessaria una valutazione anche in termini di accertamento peritale del dottor Berlusconi di partecipare al dibattimento».
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Economia e finanza

Testata:  Stampa 
Autore:  Monticelli Luca 
Titolo: Nomine, Draghi taglia fuori i partiti – Cassa depositi e Fs Draghi azzera i vertici e taglia fuori i partiti
Tema: nomine

La parola chiave è discontinuità. Con buona pace della politica e dei salotti buoni. I partiti hanno avuto l’antipasto del «metodo Draghi» sulla prima tornata delle nomine che da qui ai prossimi mesi interesseranno oltre 500 cariche nelle partecipate dello Stato. Fabrizio Palermo dovrebbe essere sostituito da Dario Scannapieco alla guida di Cassa Depositi e prestiti, ma l’ufficialità si avrà solo oggi direttamente in assemblea. Il condizionale è d’obbligo visto che tre anni fa Scannapieco fu rimpiazzato da Palermo la notte precedente alla consegna della lista. Luigi Ferraris è il nuovo amministratore delegato di Ferrovie che si troverà a gestire 30 miliardi del Recovery plan, mentre il presidente sarà Nicoletta Giadrossi. Prendono il posto di Gianfranco Battisti e Gianluigi Castelli. Ferraris vanta una lunga carriera tra Enel, Poste e Terna. Giadrossi ha esperienze alla General Electric, Fincantieri e oggi siede nel cda di Brembo. Ha battuto la concorrenza di Paolo Scaroni che nei giorni scorsi aveva incontrato Francesco Giavazzi, il consigliere economico del premier. Il vertice a Palazzo Chigi sulle nomine, saltato martedì per gli impegni europei di Draghi, si è svolto ieri nel tardo pomeriggio, dopo una ricognizione mattutina che però non era stata definitiva. Intorno alle 21 è uscita la nota del Tesoro con la lista del cda di Fs mentre si apriva l’assemblea delle Ferrovie. Oggi toccherà invece a Cdp: Dario Scannapieco, vice presidente della Banca europea degli investimenti, sembra destinato a tornare a Roma dove potrà riabbracciare il suo amico Mario Draghi. Lavorerà in sinergia con il Mef e Palazzo Chigi per attuare la strategia di rilancio dell’economia nel periodo post Covid. Palermo, salvo colpi di scena dell’ultima ora, viene rimosso dopo tre anni di risultati importanti: 39 miliardi di risorse mobilitate e operazioni come Borsa-Euronext e l’acquisizione della maggioranza di Open Fiber. Un manager stimato che potrebbe usufruire delle porte girevoli del potere e rientrare in qualche altra grande azienda di Stato. Voci di corridoio nei giorni scorsi lo davano forte su Leonardo, nel caso in cui le vicende giudiziarie di Alessandro Profumo lo costringessero a un passo indietro.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Dragoni Gianni 
Titolo: Ferrovie, l’ad è Ferraris Giadrossi alla presidenza – Ferraris nuovo ad di Fs Scannapieco verso Cdp
Tema: nomine

Riservato fino all’ultimo momento, il premier Mario Draghi ha calato ieri i nomi dei nuovi vertici delle Ferrovie, nominati in serata dall’assemblea dei soci su proposta del Mef, d’intesa con il Mims di Enrico Giovannini. Oggi tocca all’assemblea di Cdp. il dossier nomine era stato messo a punto nel pomeriggio in una riunione a Palzzo Chigi, cui ha partecipato anche il ministro-azionista, Daniele Franco, responsabile del Mef. Il governo ha deciso di sostituire i manager nominati nel luglio 2018 dal governo M5S-Lega di Giuseppe Conte. ll nome di Ferraris come nuovo ad di Fs circolava da qualche settimana, come candidato gradito ad ambienti del Pd. Le Fs sono in prima linea negli impegni per gli investimenti con i fondi europei del Pnrr, almeno 28 miliardi di euro che potrebbero lievitare a 36 miliardi. Dall’ottobre scorso Ferraris è nel cda di Psc Group, un’azienda romana di impiantistica che è fornitore di diversi grandi gruppi pubblici, da Enel a Ferrovie. Nel cda di Psc Group è stato di recente cooptato e designato come a.d. Mauro Moretti, ex a.d. di Fs e di leonardo-Finmeccanica. La presidente, Nicoletta Giadrossi, nata a Trieste nel 1966, è nei cda di Brembo e Falck Renewables e presidente di Casirn Energy, è senior advisor di Bain Capital, ha lavorato in Bcg. Gli altri componenti del cda di Fs sono Pietro Bracco, tributarista, Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, Alessandra Bucci, direttore commerciale mercato di Trenitalia, Silvia Candiani, a.d. di Microsoft per l’Italia e Riccardo Barbieri Hermitte, dirigente del Tesoro. Nel comunicato sulle nomine il Mef «esprime un sentito ringraziamento al presidente Gianluigi Vittorio Castelli, all’a.d. Gianfranco Battisti e ai consiglieri uscenti per il prezioso lavoro svolto e gli importanti risultati ottenuti».
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Marro Enrico 
Titolo: Semplificazioni, la mossa di Draghi
Tema: Dl Semplificazioni

Riunione della cabina di regia a Palazzo Chigi, questa mattina, per sciogliere i nodi del decreto legge Semplificazioni, che il premier Mario Draghi vorrebbe portare entro questa settimana in Consiglio dei ministri. Si tratta di un provvedimento fondamentale, insieme con il decreto legge sulla governance, per dare attuazione al Pnrr, il piano di ripresa che fa affidamento sugli oltre 200 miliardi di euro di risorse europee fino al 2026, le quali, però, verranno trasferite all’Italia in base allo stato di avanzamento dei lavori. Diventa quindi. decisivo semplificare appunto le norme e le procedure per velocizzare la realizzazione delle opere. Solo che sulla bozza di decreto messa a punto nei giorni scorsi si è scatenato uno scontro nella maggioranza e tra il governo e i sindacati, in particolare sulla liberalizzazione dei subappalti e il ritorno al criterio del massimo ribasso. Scontro che si intreccia con quello sui licenziamenti. Ieri i sindacati hanno alzato il tiro, dopo che nel decreto Sostegni bis è saltata la proroga del di-vieto di licenziare. II leader della Cgil, Maurizio Landini, ha chiesto al governo di convocare le parti sociali altrimenti «valuteremo quali iniziative mettere in campo, e non ne escludo neanche una», mentre la minaccia di sciopero generale è già stata lanciata nei giorni scorsi sul dl Semplificazioni, appunto. Draghi proverà a risolvere i contrasti nella maggioranza con il vertice di questa mattina. Le posizioni sono distanti.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Appalti, senza riforma penali del 5% – Senza riforma del subappalto a rischio il 5% dei fondi Ue assegnati
Tema: appalti

Nella discussione politica sul decreto Semplificazioni e sulla riforma degli appalti irrompe una decisione della commissione Ue del 2019 che potrebbe essere applicata in questi giorni per la prima volta. La decisione C (2019) 3452 del 14 maggio 2019 stabilisce «le linee guida per determinare le rettifiche finanziarie da applicare alle spese finanziate dall’Unione europea per il mancato rispetto delle norme in materia di appalti pubblici». Rettifiche finanziarie significa, in termini più ruvidi, taglio delle risorse assegnate dall’Unione e si applica in prima battuta ai fondi strutturali. Ma non è affatto escluso che lo stesso principio si possa applicare al Pnrr. L’allegato alla decisione individua una casistica molto ampia con 23 fattispecie di mancato rispetto delle direttive Ue in materia di appalti e al punto 13 segnala, in particolare, il caso della «limitazione ingiustificata del subappalto», prevedendo una sanzione nella misura del 5%.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Palazzo Chigi irritato con il Pd per la fuga in avanti sul lavoro
Tema: lavoro

Un’irritazione che monta, invece di diminuire, mano a mano che la situazione si fa più complicata. Ora che i sindacati minacciano scioperi se non si rimette mano al blocco dei licenziamenti prolungandolo fino a fine ottobre. Ora che anche i vescovi dicono: attenzione a levare un ombrello di protezione necessario, se non si è fatto nulla per attutire la caduta. C’è malumore a palazzo Chigi nei confronti del ministro del Lavoro Andrea Orlando e del Partito democratico. I problemi con la Lega e con Matteo Salvini  chi è più vicino al premier li aveva forse messi in conto. Quelli col Partito democratico guidato da Enrico Letta, che Draghi conosce da tempo, molto meno. Il presidente del Consiglio è convinto che la norma approvata nel decreto Sostegni sulla cassa integrazione praticamente gratuita (al netto dei contributi pagati) come incentivo anti-licenziamento per le aziende sia una norma molto avanzata. Arriva a definirla di sinistra. E invece, si ritrova le barricate e l’accusa di aver ceduto alle pressioni di Confindustria. Questa narrazione, è la convinzione di chi lavora a stretto contatto con il capo del governo, sta passando a causa della posizione del Pd. Che all’ultimo momento ha voluto di più, aggiungendo alla mediazione trovata il comma che prevedeva l’impegno a non licenziare delle imprese che a giugno chiederanno la Cig Covid almeno fino a fine agosto. Per Orlando sarebbe stato un modo per modulare i licenziamenti che comunque ci saranno e che sarebbe meglio fossero più scaglionati. Sono a rischio, secondi i conti di Bankitalia, 577 mila posti di lavoro. Per Draghi, semplicemente non si poteva fare e non era nei patti. Perché non esiste in nessuna parte del mondo e tutti sapevano – Orlando compreso – che il blocco doveva finire. Secondo il premier la norma venuta fuori dalla mediazione è così innovativa e premiante per le aziende che non licenziano che dai sindacati sarebbero dovuti arrivare applausi.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Repubblica
Autore:  Amato Rosaria 

Titolo: Sindacati in piazza sui licenziamenti “Draghi ci ripensi”
Tema: lavoro

Mobilitazione dei sindacati contro lo sblocco dei licenziamenti. Cgil, Cisl e Uil hanno indetto un presidio di protesta per domani alle 10 a Montecitorio: non è ancora lo sciopero generale minacciato qualche giorno fa da Maurizio Landini ma, conferma il leader della Cgil, se non cambia la posizione del governo «valuteremo quali iniziative mettere in campo, non ne escludo neanche una. Non si può cambiare il Paese contro e senza il mondo del lavoro». Replicando al presidente del Consiglio Mario Draghi che aveva parlato di «mediazione in linea con i Paesi Ue» (in effetti solo in Spagna e Grecia ci sono stop ai licenziamenti analoghi a quelli italiani), Landini obietta che «questa non ci sembra la mediazione utile. Il blocco per una parte del mondo del lavoro è il 31 ottobre, continuiamo a pensare che per tutti debba essere quello il limite». I sindacati confederali stanno anche per inviare una lettera indirizzata a tutte le forze politiche in Parlamento, chiedendo un intervento correttivo in sede di conversione del decreto Sostegni bis. «Al presidente del Consiglio Mario Draghi chiediamo di aprire un tavolo di confronto, ci appelliamo al senso di responsabilità di tutti – dice il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri -. Quando si tratta di dare soldi alle aziende si danno a tutte, non riesco a capire perché invece il blocco dei licenziamenti debba essere selettivo». E il leader della Cisl Luigi Sbarra lancia un appello anche a Confindustria e a tutte le organizzazioni datoriali, invitandole a un confronto «per orientare le aziende a non produrre licenziamenti e a sottoscrivere intese per utilizzare i contratti di solidarietà, gli ammortizzatori sociali, il fondo nuove competenze», tutti gli strumenti in campo per arrivare a evitare i licenziamenti, anche se dovesse essere confermato lo sblocco dal primo luglio.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Alitalia, c’è il sì della Ue Tagli e logo messo in gara – Alitalia, accordo con Bruxelles «Intesa sulla discontinuità»
Tema: Alitalia
Dopo un lungo e sofferto negoziato, il governo italiano e la Commissione europea hanno trovato ieri a Bruxelles una prima preliminare intesa sul futuro di Alitalia. La strada è per lo più tracciata. Ora spetterà alle autorità italiane mettere in pratica l’accordo e completare il quadro, in particolare presentando a Bruxelles un piano di investimenti nella nuova compagnia aerea con denaro pubblico che sia in linea con le regole sulla libera concorrenza. «Dopo intense e costruttive discussioni a tutti I livelli, la Commissione e le autorità italiane hanno raggiunto un’intesa sul parametri chiave per garantire la discontinuità economica tra Ita e Alitalia. I contatti continueranno ora a pieno ritmo a livello tecnico», ha detto una portavoce della Commissione europea dopo un incontro tra la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager e il ministro per lo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Ha aggiunto in un punto stampa il ministro Giorgetti: «Abbiamo fatto dei passi in avanti, non è finita, ci sono tanti passaggi tecnici e non solo. Però sicuramente oggi è una tappa importante verso la soluzione del problema». Il caso Alitalia si suddivide in tre parti: una indagine comunitaria sulla legittimità degli aiuti concessi negli anni scorsi; la nascita di una compagnia aerea che si dimostri nuova rispetto alla precedente; e il piano di investimenti pubblici a favore di quest’ultima. L’aspetto relativo alla discontinuità tra Alitalia e Ita, su cui è stata raggiunta un’intesa proprio ieri, è propedeutico alla nascita della nuova compagnia aerea, e deve consentire alla nuova società di nascere libera da oneri, relativi per esempio alle indagini comunitarie sugli aiuti possibilmente illegittimi ottenuti dalla vecchia Alitalia.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  G.Tr. 
Titolo: Franco: 110% prorogato al 2023 in manovra
Tema: superbonus

L’impegno del governo sul superbonus edilizio del 110% prevede l’inserimento «nel disegno di legge di bilancio per il 2022 di una proroga per il 2023 tenendo conto di tutti i dati relativi alla sua applicazione nel 2021». L’incrocio delle annualità nella ricostruzione offerta dal ministro dell’Economia Daniele Franco al question time di ieri alla Camera ricorda i contenuti chiave del compromesso nella maggioranza con cui si è chiusa la partita del superbonus nel Recovery Plan italiano. Recovery che non contempla la proroga al 2023 chiesta a gran voce da un ampio fronte politico guidato dal Movimento 5 Stelle oltre che dalle imprese. A impedire l’inserimento della proroga nel Pnrr, e quindi a trasferire il tema alla prossima manovra, sono state anche le dimensioni finanziarle del bonus fiscale. Nasce da qui la seconda precisazione di Franco. La proroga sarà costruita appunto sulla base dei dati relativi all’utilizzo della misura nel corso di quest’anno: che potrebbero offrire buone notizie al Mef. Perché il paradosso che accompagna il superbonus può essere riassunto in questi termini: meno funziona, più è facile prorogarlo. Naturalmente al governo si sta lavorando per superare una quota delle difficoltà iniziali, con le nuove misure preparate per il decreto Semplificazioni atteso domani che salvo sorprese dovrebbe liberare l’avvio dei lavori permettendo la partenza con la sola Cila e concentrando ex post i controlli e le possibile cause di decadenza dal beneficio.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Scott Antonella 
Titolo: Potassio, raffinerie e gasdotti nella sfida Ue-Lukashenko
Tema: Bielorussia

Il volo Belavia 2-869, Minsk-Barcellona, ha invertito la rotta ieri pomeriggio sopra la Polonia: le autorità locali hanno informato i piloti che lo spazio aereo francese sarebbe stato chiuso per loro. Sul sito della compagnia aerea bielorussa, l’elenco dei Paesi Ue che le negano via via i cieli costringendola a cancellare a sua volta i propri voli «per cause indipendenti da noi» si allunga: a un anno dalla primavera di Minsk, che si è spenta nella repressione degli oppositori al regime Lukashenko, il fossato tra questa Bielorussia e l’Europa è sempre più profondo. L’isolamento è destinato ad aggravarsi nelle prossime settimane, quando l’Unione Europea dovrebbe trasformare in provvedimenti concreti il mandato ricevuto martedì dai leader riuniti a Bruxelles. È probabile che venga ulteriormente allungata la”lista nera” che già congela i conti e mette al bando dall’Unione sette entità bielorussee 88 individui, compreso il presidente Aleksandr Lukashenko. A loro dovrebbero aggiungersi personaggi direttamente coinvolti nell’operazione che domenica scorsa ha costretto i piloti del volo Ryanair Atene-Vilnius ad atterrare a Minsk, dove il giomalista-attivista dell’opposizione Roman Protasevich e la fidanzata Sofia Sapega sono stati arrestati. I funzionari europei stanno studiando anche sanzioni dirette a settori specifici dell’economia bielorussa: un percorso non semplice, tuttavia, perché richiede il consenso di tutti i Paesi membri e la certezza che le restrizioni siano inattaccabili legalmente. Nello stesso tempo si vorrebbe evitare di andare a colpire, attraverso l’economia, la popolazione.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Agliastro Giuseppe 
Titolo: Lukashenko respinge le accuse “Contro di noi una guerra ibrida”
Tema: Bielorussia

Sempre più isolato e sempre più dipendente da Mosca, il despota bielorusso Aleksandr Lukashenko punta il dito contro l’Occidente accusandolo di condurre «una moderna guerra ibrida» contro di lui e di voler poi passare «a est», cioè alla Russia che è il principale alleato del suo regime. «I malintenzionati esterni e interni» hanno superato «molte linee rosse e i limiti del buon senso e della moralità», ha dichiarato l’«ultimo dittatore d’Europa» commentando per la prima volta l’atterraggio fuori programma di un aereo Ryanair a Minsk che si pensa sia stato forzato dalle autorità bielorusse per far finire in manette l’oppositore Roman Protasevich e la sua fidanzata. Affiancato da un jet militare, l’aereo è stato costretto ad atterrare nella capitale bielorussa per un allarme bomba poi rivelatosi infondato: una trappola del regime contro Protasevich e con l’obiettivo di intimidire i dissidenti, sottolineano molti osservatori. Il satrapo ha invece fornito un’altra versione ai parlamentari bielorussi: ha affermato che le norme di sicurezza sono state rispettate e persino che i sistemi di difesa aerea erano stati messi in allerta perché il Boeing volava non lontano da una centrale nucleare. Parole che evidentemente non convincono gli Stati Uniti e i Paesi europei, che ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu hanno condannato «fermamente il dirottamento» e hanno chiesto «un’indagine urgente» dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) . Minsk è già sotto sanzioni Ue e Usa per la repressione delle proteste contro l’inverosimile trionfo di Lukashenko alle presidenziali di agosto, ritenuto frutto di massicci brogli elettorali. Bruxelles e Washington ora potrebbero però varare nuove restrizioni contro il regime. Minsk minaccia un embargo sulle merci occidentali e allo stesso tempo rimarca a ogni occasione la sua alleanza con Mosca. «Siamo un’area di test per loro prima di muoversi verso est», ha detto infatti Lukashenko, che domani incontrerà Putin a Sochi.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Il corsivo del giorno – L’Europa, i voli, la Bielorussia: solo parole
Tema: Bielorussia

Ieri un Embraer 295 da 125 posti della Belavia proveniente da Minsk, Bielorussia, è atterrato a Fiumicino alle 11 e 40 con sessantacinque passeggeri a bordo. Un’ora dopo, e ripartito per Minsk con un carico di trentuno persone. Semivuoto, ma senza alcun contrattempo. Il giorno prima un altro aereo della Belavia, la compagnia di bandiera bielorussa, era atterrato e ripartito da Milano Malpensa. E la vendita di biglietti per il volo di stasera prosegue. Come se niente fosse accaduto. Ora, confrontate tutta questa surreale normalità con le parole dei leader europei dopo che il regime bielorusso ha dirottato un Ryanair fra Atene e Vilnius e, affiancandogli un caccia MiG-29, l’ha costretto ad atterrare a Minsk. Lì Roman Protasevich, oppositore del dittatore Aleksandr Lukashenko, è stato arrestato con la compagna Sofya Sapega. E successo domenica.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – Ginori Anais 
Titolo: Patto tra Roma e Parigi “Uniti per la pace in Libia” – Migranti e Sahel Ecco la “pace libica” tra Draghi e Macron
Tema: Libia

Frenare le partenze dei migranti dalla Libia, rafforzando anche finanziariamente il governo transitorio di Tripoli. Collaborare per mettere ordine nel caos del Sahel. Sono i pilastri della nuova “pace” tra Roma e Parigi. Una svolta, dopo anni di battaglie per interposte milizie. Ecco i tasselli di una strategia sigillata martedì da un lunghissimo faccia a faccia tra Mario Draghi ed Emmanuel Macron in una saletta dell’hotel Amigo di Bruxelles. C’è una somma di interessi comuni, a cementare la novità e a far dire al Presidente Macron: «Procediamo mano nella mano». Un vero e proprio piano d’azione condiviso, che prevede almeno due step. Primo: rafforzare l’esecutivo libico, affinché controlli subito tutto il Paese (quindi anche la Cirenaica) e diventi stabile ancora prima delle elezioni del prossimo 24 dicembre. Secondo: sostenere nell’ambito del patto europeo sui migranti – che inizierà a essere discusso al Consiglio di giugno – anche l’opzione di finanziamenti solidi a Tripoli. Contestualmente, i due Paesi coopereranno al massimo per spegnere la polveriera della fascia che va dal Mali al Ciad, in modo da arrestare il flusso dei trafficanti di uomini e attenuare il rischio terrorismo. Che non è più soltanto un cruccio dell’Eliseo, ma preoccupa anche l’Italia e l’Unione. Sia chiaro: la convergenza d’interesse tra Italia e Francia non significa improvvisa generosità geopolitica. Lo si capisce a occhio nudo nel teatro libico, con l’Italia che non trancia del tutto il filo con la Turchia – il vero regista negli attuali equilibri del governo di Abdul Hamid Mohammed Dbeibah – mentre la Francia si oppone strenuamente ad Ankara. O, a parti invertite, nel rapporto con l’Egitto. E però prevale l’interesse comune. Draghi pensa che molto arriverà da questa cooperazione. Roma intende mantenere una presa solida sul terreno libico e nello stesso tempo sminare un dossier caldissimo – quello dei migranti – che può diventare un problema di politica interna.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Stefanini Stefano 
Titolo: Se Roma e Parigi aiutano Tripoli
Tema: Libia

Alzando il sipario sulla collaborazione italo-francese, Mario Draghi ed Emmanuel Macron cambiano le carte sui tavoli libico, nordafricano, mediterraneo ed europeo. Se Francia e Italia fanno tandem, anziché sterile concorrenza, il faticoso ma promettente cammino intrapreso dal governo di unità nazionale Menfi-Dbeibeh trova la sponda europea unificata. Solo i libici possono portarlo a buon fine, ma il sostegno europeo – dei due Paesi che lì contano di più – li aiuta. Ma non c’è solo la Libia. Insieme, Parigi e Roma diventano una forza trainante per una politica Ue per il Mediterraneo. Già l’anno scorso il Recovery Fund ha dimostrato la potenza di fuoco di un’intesa italo-francese nell’Ue. Al Consiglio europeo di martedì, Draghi e Macron hanno messo a fuoco Libia e Nord Africa. Lì inizia una nuova sintonia italo-francese. Il resto verrà dopo. Al pettine vengono tre nodi: stabilizzazione politica del Paese; flussi migratori; minaccia di movimenti terroristici operanti sul poroso confine libico Sud con Chad e Niger-quest’ultimo adiacente al Mali dove da anni la Francia combatte contro gruppi jihadisti di varia affiliazione. Rimettere in piedi una Libia unitaria e funzionante è tassello indispensabile per affrontare una stagione migratoria che si annuncia calda e per sorreggere la stabilità regionale. Le migrazioni hanno un risvolto umanitario urgente su cui il presidente Draghi ha messo fortemente l’accento. Toccano anche-corde sensibili nell’opinione pubblica e fragili in politica interna, sia della larga coalizione di governo italiana che della prossima campagna elettorale in Francia, dove si vota fra un anno. Macron e Draghi puntano a ripartire l’onere degli arrivi fra Stati membri dell’Ue, anziché farne ricadereil peso su quelli di arrivo – l’Italia nel caso degli sbarchi dalla Libia. Appuntamento al Consiglio europeo del 24-25 giugno.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buccini Goffredo 
Titolo: Il blocco navale, i dubbi dei generali «Se attuato in Libia, attirerebbe migranti»
Tema: Libia

Se facessimo sul serio, sarebbe una vera azione militare sulla Libia. «Che può essere intrapresa solo con una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu o su richiesta del Paese interessato: fuori da questi casi, il blocco navale è una misura di guerra», spiega Claudio Graziano, presidente del Comitato di difesa dell’Unione europea. E non si fa con due o tre navi, occorre una forza adeguata che si assuma responsabilità gravi: fino ad affondare i battelli che provino a violare il blocco. Il richiamo storico più facile è il blocco navale degli Stati Uniti contro Cuba durante la crisi dei missili russi del1962. Nel nostro caso, un blocco potrebbe ritorcersi contro di noi, perché qui non parliamo di embargo sulle armi, ma di carrette del mare coi profughi a bordo: si faccia avanti chi se la sente di colarle a picco. «Il blocco potrebbe allora costituire un pull factor, un fattore di attrazione», continua infatti il generale Graziano, «perché le barche dei migranti punterebbero dritto verso le nostre navi e non è che puoi lasciarle affondare girandoti dall’altra parte, nessuna marina militare al mondo, nel rispetto del diritto internazionale e dei principi umanitari, lo accetterebbe». Non è buonismo, è onore. Tuttavia, il blocco navale nella politica nostrana è un’idea… carsica. Scorre sotterranea e riemerge a ogni tensione sui migranti, di recente con l’ennesima crisi di Lampedusa e con quella dell’enclave spagnola di Ceuta: «Ci vuole il blocco navale!». Da anni è il mantra di Giorgia Meloni. E molti lo sostengono, specie a destra. Ma anche il pd Nicola Latorre lo invocò nel 2015, perché l’Onu fermasse «il traffico di esseri umani dalla Libia».
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: Usa, polemiche per la mancata riforma della polizia
Tema: caso Floyd

«Passiamo leggi per proteggere le aquile dalla testa bianca, dovremmo poter approvarne una per proteggere le persone di colore». L’appello di Philonese Floyd ha sferzato la politica americana nelle ore del primo anniversario dell’uccisione a Minneapolis del fratello George, il 46enne afroamericano soffocato da un poliziotto, Derek Chauvin. Un anno dopo l’ex agente è stato condannato per omicidio. Ma il cammino di appelli a riforme nazionali delle forze dell’ordine si è rivelato più lento e tortuoso. La bald eagle, l’aquila dalla testa bianca, resta così oggi simbolo indiscusso del Paese; l’uccisione di Floyd invece simbolo di elusive svolte su diritti civili e giustizia razziale, di divisioni politiche in Congresso con i democratici che spingono per interventi più ampi e i repubblicani che resistono. Il presidente Joe Biden ha ammesso frustrazione in un incontro con i familiari di Floyd, per non aver rispettato la promessa di una legge entro l’anniversario, entro il 25 maggio. Anche se ha riaffermato la speranza che un progetto bipartisan – battezzato George Floyd Justice in Policing Act – arrivi sulla scrivania nelle prossime settimane. Una simile frustrazione ha trovato voce nelle strade d’America: manifestazioni più di protesta che di commemorazione si sono tenute in numerose città, da New York ad Atlanta a Portland, dove nella notte di martedì sono avvenuti alcuni scontri.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Olivo Francesco 
Titolo: Spagna Indulto ai leader catalani Il premier Sánchez punta sul dialogo – Indulto ai leader catalani Sánchez studia la svolta
Tema: Spagna

Pedro Sánchez vuole uscire dal labirinto catalano: «C’è un tempo per il castigo e un tempo per la concordia». Il premier spagnolo aveva promesso di trovare una soluzione al conflitto territoriale, ed ecco che arriva la prima misura concreta: l’indulto per i nove leader indipendentisti in carcere da oltre tre anni. La misura ancora non è stata annunciata ufficialmente, ma è già chiaro che per portarla avanti, il governo progressista dovrà affrontare diverse tempeste. L’opposizione, nel più tenero dei casi, lo definisce «regalo ai golpisti». I giudici ci mettono il carico: «Un premio a chi ha tentato di sovvertire lo Stato», scrive il Tribunale Supremo in un parere, non vincolante, ma che difficilmente può essere ignorato. Quello che, nella sostanza, i giudici contestano è che i detenuti non abbiano mostrato il benché minimo segno di pentimento. E, sebbene oggi la via unilaterale sia lontana, l’autocritica per i fatti del 2017 è molto sfumata. L’ipotesi della clemenza circola da tempo, ma questi anni non sono serviti per far digerire la mossa a una buona fetta dell’opinione pubblica spagnola, che ha vissuto come una ferita nell’orgoglio quel 2017, in cui il governo catalano organizzò un referendum considerato illegale da Madrid e poi arrivò a dichiarare l’indipendenza unilaterale (rimasta lettera morta). Il provvedimento, secondo le indiscrezioni, sarà parziale ovvero cancellerà solo le condanne per il reato di sedizione e malversazione e non per la disobbedienza. Una volta deliberato dal consiglio dei Ministri, i «presos» verrebbero scarcerati immediatamente, a partire dal leader di Esquerra republicana Oriol Junqueras. Dal provvedimento sarebbe escluso Carles Puigdemont, l’ex presidente che vivendo in Belgio ha evitato la condanna (in Spagna non c’è la contumacia).
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Loewenthal Elena 
Titolo: Quel bacio del Papa alla donna del lager
Tema: papa Francesco

Un uomo si piega, accoglie con delicatezza la mano di una donna e le stampa sul dorso un bacio leggero, a fior di labbra. Un gesto di cavalleria d’altri tempi, che oggi come oggi ci lascia spiazzate, pur se lusingate, nei rari casi in cui succede. Ma se l’uomo è Papa Francesco e la donna è Lidia Maksymowicz, una signora polacca di origini bielorusse sopravvissuta al lager, il gesto è tutt’altra cosa. E poi il bacio non approda sulla mano, no, ma sul numero infame che Lidia ha tatuato sul braccio. E subito dopo quel bacio, Lidia butta le braccia al collo del Papa e quasi se lo stringe a sé. Tutto si svolge nel giro di pochi, intensi secondi, ma è come se la brevità del momento lasciasse un immenso spazio bianco da dedicare alla ricerca del significato, ai pensieri e alle domande che il gesto desta in tutti noi. La prima cosa che ci resta impressa, di quella scena, è la dolcezza. Non c’è nulla di brusco né di drastico. E come se ci dicesse: badate, questo gesto non pretende nulla. Non vuole imporre una svolta alla storia, né raccontare qualcosa che nessuno aveva mai sentito prima d’ora. Non è, insomma, un gesto che nasce per diventare simbolico, pubblico. Né tanto meno esige nulla da Lidia, e men che meno ci sembra una richiesta di perdono.
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

PRIME PAGINE

IL SOLE 24 ORE
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

CORRIERE DELLA SERA
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

LA REPUBBLICA
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

LA STAMPA
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

IL MESSAGGERO
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

IL GIORNALE
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

LIBERO QUOTIDIANO
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

IL FATTO QUOTIDIANO
Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

SCARICA L'APP