In evidenza sui principali quotidiani:
– Pd, Letta attacca le correnti
– Covid. Vertice Ue: l’Italia attacca le case farmaceutiche
– Draghi: accelerare sugli Eurobond
– Vaccini, Biden tende la mano all’Europa
– L’ingorgo di Suez può durare settimane
PRIMO PIANO
Politica interna
Testata: Repubblica
Autore: Vitale Giovanna
Titolo: Letta torna in Europa: “Ora salario minimo” E attacca le correnti
Tema: Pd
Più che un debutto, un ritorno per l’Enrico Letta reloaded che alle 11 del mattino si palesa al presummit dei socialisti e democratici europei. Letta è rispuntato con un abito nuovo: non più premier ma segretario del Pd, che lui vuole trasformare nel «partito guida di una nuova idea di progresso in Europa». Puntando anche sul prestigio di Mario Draghi, simbolo di «un’Italia che può giocare un ruolo chiave, mentre la Germania è sotto elezioni e la Francia le avrà a metà 2022». Un’instabilità politica che potrebbe finire per avvantaggiare il Belpaese. Con la coppia Draghi-Letta pronta ad approfittarne. È al suo primo vertice internazionale, il leader dem, e intende giocare bene le sue carte. Il clima è favorevole. L’esordio è sui diritti: «Il social summit previsto a Porto a maggio è uno spartiacque per realizzare quel pilastro sociale europeo rimasto finora sulla carta». Tre le misure suggerite: salario minimo, formazione continua , protezione sociale estesa ai lavoratori delle piattaforme digitali. Senza trascurare i vaccini, tema su cui l’Unione «deve parlare con una voce sola», incalza l’ex premier: «Uscire al più presto dalla pandemia è una responsabilità storica». Terzo punto, la Conferenza sul futuro dell’Europa: «Dobbiamo rimettere al centro i cittadini, specie i giovani; superare la vetocrazia», conclude Letta. Una sfida ad ampio raggio, per il Pd. Che non poteva certo presentarsi in Europa come un partito di tutti uomini. Perciò, appena arrivato, Letta ha imposto la svolta rosa: al Nazareno e nei gruppi parlamentari. AI Senato, dopo le iniziali resistenze di Marcucci, ieri è stata eletta Simona Malpezzi, mentre alla Camera i giochi si sono complicati. La favorita Debora Serracchiani non ce l’ha fatta a diventare candidata unica come avrebbe voluto Delrio, in tanti si sono espressi per Marianna Madia. E in fondo neanche al segretario dispiace un po’ di sana competizione: «AI nostro interno abbiamo personalità fporti ttra cui si può scegliere», si congratula coi deputati in assemblea. A patto però che non degeneri in scontro fra correnti: «Dobbiamo essere un par tito con anime e sensibilità diverse, ma non una federazione di partiti», avverte Letta alla fine. Martedì si vota.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Meli Maria_Teresa
Titolo: Il Pd sceglie Malpezzi al Senato Ma è battaglia sull’altra capogruppo
Tema: Pd
Contrariamente ai pronostici di qualche giorno fa al gruppo pd di palazzo Madama è filato tutto liscio come l’olio, mentre è alla Camera, dove si profila uno scontro Debora Serracchiani-Marianna Madia, che i dem si sono divisi. E infatti ieri i senatori hanno eletto la loro presidente: Simona Malpezzi, di Base riformista. Votata da tutti con grande convinzione, l’ex sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento (ovviamente ha dovuto dimettersi) ha ricevuto subito il grazie di Enrico Letta. L’unico che ha preferito non partecipare al voto è stato Luigi Zanda. L’ex capogruppo però non ha disertato lo scrutinio in polemica con Malpezzi, beni con Andrea Marcucci: «Avrebbe dovuto fare come Delrio, invece l’ha trascinata per le lunghe e questo non ha fatto bene né al gruppo né al partito. E poi ho trovato veramente poco elegante il fatto che abbia voluto candidare lui Malpezzi». Comunque, al Senato l’atmosfera nel gruppo dem ieri era mo lto distesa. Malpezzi nel suo discorso, dopo aver tenuto a precisare che «il Pd ha bisogno di tante aree di pensiero», ha dichiarato: «lo non voglio solo essere la presidente di tutti, ma anche una presidente che intende dare forma e sostanza a una leadership femminile». Dunque alla fine al Senato non ci sono state le lacerazioni temute, che erano state suffragate da alcune fake news che circolavano a palazzo Madama. Come quella secondo cui il Nazareno spingeva per Roberta Pinotti. In realtà Letta si è voluto tenere lontano dalle dinamiche interne al gruppo. Malpezzi lascia vuoto il posto di sottosegretaria che potrebbe essere occupato da un’altra esponente di Base riformista vicina alle posizioni di Luca Lotti: Caterina Bini. Alla Camera, invece, si voterà martedì prossimo su due candidature: quelle di Debora Serracchiani e Marianna Madia. Certo, di qui a martedì si potrebbe anche arrivare a una soluzione unitaria, ma non è affatto detto.
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Testata: Foglio
Autore: Cerasa Claudio
Titolo: E’ ora di mandare in prescrizione vecchi dogmi e battaglie politiche senza senso. Alleati e fighetti: perché la sfida di Letta va oltre il Pd
Tema: Pd
Le prime due settimane di Enrico Letta come segretario del Pd sono state convincenti: sono state strattonate le correnti del partito, sono stati cambiati i vertici della segreteria, sono stati sostituiti i capigruppo, sono state premiate diverse donne nelle posizioni apicali, sono stati offerti segnali di discontinuità su temi importanti come quelli economici, sono stati lanciati messaggi nuovi su questioni delicate come quella dell’allargamento della tenda e sono state tracciate sul terreno di gioco dell’identità del partito delle linee di demarcazione non banali. Il Pd è più deciso di un tempo nel provare a essere il partito dell’agenda Draghi e sembra, essere diventato anche consapevole del fatto che un partito in via di trasformazione come la Lega non va semplicemente combattuto ma va prima di tutto sfidato – nella consapevolezza che almeno per il momento la stagione dei pieni poteri non c’è più e che almeno per il momento non c’è più neppure la stagione dell’anti europeismo. Si dirà: ma che razza di discontinuità c’è in un partito che ha cambiato segretario per emanciparsi dal grillismo e che ora sembra essere intenzionato ad allearsi con il grillismo in un modo ancora più stabile di quello tentanto nel passato? Il paradosso c’è e per utilizzare lo stesso spericolato aggettivo usato da Enrico Letta per sintetizzare il senso del suo incontro con Giuseppe Conte (“un’avventura affascinante”) potremmo dire che l’elemento affascinante della leadership di Letta sarà provare a spiegare una verità che diversi liberali con molte b faticano ad accettare: il problema del rapporto con il M5s, per un partito che vuole essere alternativo al centrodestra, non è se avere un rapporto con il M5s ma è come provare ad averlo e come guidare le danze. E qui c’è il paradosso: il segretario precedente sognava di costruire un doppio binario con il M5s, alleandosi sui territori per poi correre in modo autonomo alle elezioni puntando sull’approvazione di una legge proporzionale. Letta invece ha scelto di cambiare registro e di tornare a scommettere su un sistema, maggioritario che rende così il rapporto con i l M5s simile a un abbraccio non passeggero.
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Testata: Messaggero
Autore: Jerkov Barbara
Titolo: Intervista a Matteo Renzi – Renzi: «Resto in Italia Viva saremo decisivi nel 2023» – «Non lascio Italia Viva noi decisivi nel 2023»
Tema: centrosinistra
Alla domanda se con Letta al Nazareno, i rapporti si fanno più difficili o più facili Matteo Renzi risponde: «Non so se più facili, sicuramente più semplici. Zingaretti aveva consegnato a Conte la leadership del centrosinistra. Letta invece rivendica un profilo riformista. Meglio Enrico, su questo. Vediamo però se dalle parole si passerà ai fatti perche il problema sarà capire se riesce a concretizzare ciò di cui parla. E il primo banco di prova, ovviamente, sono le amministrative a cominciare dalla Capitale». Ovvero presidente? «Il voto romano è il più importante delle prossime elezioni. Mi auguro che il Pd non si farà risucchiare da un accordo con la Raggi». Dica la verità: si è pentito di quell'”Enrico stai sereno” di sette anni fa? «Le parole volano, i fatti restano. Il cambio di governo fu una decisione pressoché unanime della coalizione per dare u na scossa all’azione dell’esecutivo. Io non sono pentito di ciò che abbiamo fatto negli anni di governo, anzi. Agli altri lascio gli slogan io mi tengo le statistiche di Pil, occupati, tasse. In quegli anni c’era chi aumentava l’Iva e chi toglieva l’Imu. Ma non mi interessa tornare su un argomento che per me ormai è passato remoto. Io sono sereno davvero, come vede. Molto sereno». lv sarà al tavolo delle alleanze per le amministrative con il centrosinistra? Letta sta incontrando uno a uno tutti i leader della coalizione: quando sarà il turno di Iv andrà lei? «Al momento non è fissato alcun incontro. Non ho alcun problema personale a incontrare Letta, ci farà sapere lui». Si parla molto di parità di genere, soprattutto nel Pd. Magari puntare su candidate-donna nelle città sarebbe un segnale forte… «Sicuramente credo che la parità di genere che il Pd ha finalmente evocato porterà la coalizione a proporre candidature femminili nelle principali città e nelle principali elezioni suppletive: mi sembra una bella svolta e noi di Italia Viva su questo tema siamo pronti a offrire le nostre migliori candidature. Se invece vogliono fare a meno di noi per rincorrere le follie di Beppe Grillo, auguri: andremo avanti a testa alta, rappresentando l’alternativa al bipopulismo».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Falci Giuseppe_Alberto
Titolo: Immunità, no allo scaricabarile» Le Regioni sotto accusa protestano
Tema: Covid, confronto Stato-Regioni
Sarà lunedì il giorno del confronto chiarificatore tra le Regioni e il governo. Un appuntamento richiesto dal presidente della Conferenza dei governatori, Stefano Bonaccini, dopo la bacchettata del presidente del Consiglio, Mario Draghi, deluso dalla difformità del piano vaccinale tra í territori. Draghi, del resto, era stato chiarissimo: alcune Regioni «trascurano gli anziani» in favore di gruppi con poteri contrattuali. Così, ieri mattina, quando si riunisce la Conferenza delle Regioni, i governatori si dicono «basiti» per le critiche. «Sono ingenerose. Lo scaricabarile non aiuta», attaccano. E lo stesso,Stefano Bonaccini attacca: «Il governo pensi a far arrivare le dosi e pretenda dalle Regioni che facciano le cose al meglio». Ed è su questa scia che Giovanni Toti, presidente della Liguria, replica al richiamo di Draghi del giorno prima: «Il rimpallo di responsabilità tra governo e Regioni non credo aiuti qualcuno, non capisco per quale ragione giochiamo allo scaricabarile, ricordo che il piano di vaccinazione è stato fatto dal governo, che poi qualche Regione lo abbia interpretato diversamente, dando priorità ad altre categorie, è vero ed è una colpa, ma più lieve delle serie difficoltà del coordinamento nazionale». Quando si conclude la Conferenza delle Regioni, il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga illustra le prossime mosse dei territori: «Manderemo un documento molto chiaro e credo anche netto e forte al Governo, dove sottolineiamo le criticità che ci sono state. Ma le Regioni sono le uniche che, con le loro forze, e rimboccandosi le maniche, sono andate avanti».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: …
Titolo: Il governo vuole un cambio di passo e lancia segnali di distensione
Tema: Covid, confronto Stato-Regioni
Lunedì i vertici delle Regioni faranno il punto con il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, con il presidente della Protezione civile Fabrizio Curcio e con la ministra Mariastella Gelmini, la quale si è trovata in mezzo al fuoco incrociato di critiche e autodifese. Un paio di giorni prima del j’accuse di Draghi, la ministra degli Affari regionali aveva detto «basta pagelle alle Regioni» e ieri è toccato proprio a lei gettare metaforiche secchiate d’acqua per spegnere l’incendio. Lunedì al vertice politico la ministra di Forza Italia proverà a riportare l’unità di intenti tra governo e Regioni. Perché il cambio di passo e la velocizzazlone della campagna vaccinale, concordano Gelmini e Bonaccini, si deve fare insieme. II resto, quanto a tentativo di ricucire e ripartire col piede giusto, lo faranno sul campo Figliuolo e Curcio, che sempre lunedì saranno in Liguria per inaugurare il nuovo hub di Genova. Un’occasione di chiarimento con il presidente Giovanni Toti, che negli ultimi due giorni ha alzato la voce per stoppare quello che a suo dire è lo «scaricabarile» del governo. I canali di confronto si sono riaperti e i presidenti sperano. di vedere presto anche Draghi, col quale hanno fretta di parlare anche di Recovery: alla consegna del piano manca un mese e le Regioni temono di restare tagliate fuori. L’altro segnale di distensione riguarda le linee guida, che Curcio aveva inviato in bozza alle Regioni giorni fa per suggerire un modello (non vincolante) di organizzazione dei punti vaccinali territoriali straordinari. Come simbolo di pace le linee di indirizzo potrebbero portare il doppio logo, della Protezione Civile e della Conferenza delle Regioni. I problemi però restano, sia sul piano del metodo sia su quello del merito.
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Testata: Repubblica
Autore: Lopapa Carmelo – Foschini Giuliano
Titolo: Immunità, le Regioni contro il governo “I ritardi non dipendono da noi”
Tema: Covid, confronto Stato-Regioni
le Regioni vanno allo scontro sul piano vaccinale con il governo. E, in particolare, con il ministro della Salute, Roberto Speranza, al centro ieri, nonostante non fosse presente, del dibattito in Conferenza Stato-Regioni. E del fuoco incrociato dei governatori, non soltanto di centrodestra. Bonaccini, Zaia, Fedriga, la vicepresidente lombarda Moratti non accettano le pesanti accuse mosse mercoledì in Parlamento dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, che, numeri alla mano, aveva segnalato come le Regioni viaggino più lente rispetto alle previsioni. E, soprattutto, come si stia procedendo a velocità diverse lungo tutto il territorio. L’obiettivo delle 500 mila vaccinazioni al giorno che doveva entrare a regime nel giro di un mese appare, purtroppo, un miraggio lontano. Colpa delle case farmaceutiche, certo, che continuano (Astrazeneca soprattutto) a non mantenere le consegne promesse. Ma anche, dice il governo, delle Regioni. I governatori però non ci stanno, e non accettano questa ricostruzione. E scaricano le responsabilità sul ministro Speranza, nonostante non fosse presente. E lo fanno nel silenzio, invece, dei due membri dell’esecutivo, i ministri forzisti Renato Brunetta e Maria Stella Gelmini. Nella riunione di ieri prendono la parola in sequenza il presidente veneto Zaia, il friulano Fedriga, l’abruzzese Marsilio, tutti di centrodestra. Ma dalla loro parte si schiera anche il presidente della Conferenza, il dem emiliano-romagnolo Bonaccini. Da tutti, la medesima critica: è vero che esiste autonomia nella gestione della campagna di vaccinazione, ma — attaccano — «per le priorità noi ci siamo attenuti alle linee guida fissate dal ministero della Salute, anche nella somministrazione delle dosi alle categorie ritenute meritevoli di protezione più di altre, al di là delle fasce d’età». È dalle frange più dure, quelle leghiste, che arrivano le contestazioni più severe e la definizione di Speranza «ministro della paura». La linea di lotta e di governo del loro leader, Matteo Salvini, produce i suoi frutti, contribuisce ad alimentare la tensione Stato-Regioni nel momento più delicato, quello in cu i la campagna dovrebbe decollare.
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Testata: Repubblica
Autore: Milella Liana – Sannino Conchita
Titolo: Palamara, il legale vede il consigliere e imbarazza il Csm – Il legale di Palamara vede il consigliere di Fi L’imbarazzo del Csm
Tema: giustizia
Un clamoroso passo falso. Un incontro off-limits tra interrogante e difensore dell’ “interrogato”. Così al Csm esplode il caso Lanzi, proprio nel giorno della prima audizione a Palazzo dei Marescialli di Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm accusato di corruzione in atti giudiziari e radiato dalla magistratura. Si scopre infatti che l’atteso appuntamento di ieri – con Palamara che risponde per un’ora e mezza alle domande della Prima commissione, dove sono avviate procedure per incompatibilità su 27 magistrati – aveva avuto un’insospettabile anteprima. Alessio Lanzi, noto avvocato di Milano e consigliere laico del Csm indicato da Fi, ha incontrato 24 ore prima, in uno studio romano, Roberto Rampioni, uno dei difensori dell’ex pm sotto processo a Perugia. La notizia del rendez-vous Lanzi-Rampioni piomba mercoledì sera in Consiglio. Ne discutono subito, nell’Ufficio di presidenza, il vice del Consiglio David Ermini, il primo presidente della Cassazione Pietro Cur zio, il Pg Giovanni Salvi. Ma Lanzi, chiamato a spiegare, minimizza, attenua: quasi fosse inconsapevole dell’oggettiva e imbarazzante coincidenza di quell’incontro. Tensioni nuove in un Csm già a lungo lacerato dallo scandalo. L’agenda però non subisce variazione: ieri, alle 9, accompagnato proprio da Rampioni, Palamara varca la soglia del Csm. In qualità di teste siede a quel tavolo della Prima commissione che, fino al 2018, conduceva da vicepresidente. E qui esplode il secondo problema della giornata. Perché l’ex leader di Unicost, a domanda specifica, conferma di aver saputo dell’esistenza del trojan inoculato nel proprio cellulare dal deputato Ferri, al quale la notizia sarebbe arrivata – attraverso i membri Csm Gianluigi Morlini e Antonio Lepre – da fonte più che autorevole: il consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani.
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Testata: Giornale
Autore: Fazzo Luca
Titolo: Tintinnio di manette per giornalisti e politici – Il caso Palamara ora investe le nomine alla Procura milanese
Tema: giustizia
Una delle Procure più importanti d’Italia viene investita in pieno dalle ondate del caso Palamara alle nove e mezza di ieri mattina, quando l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati va a sedersi in un’aula del Consiglio superiore della magistratura. Ieri mattina, Palamara compare, convocato con poche ore di preavviso dalla prima commissione del Csm senza indicazione dell’argomento. E lì scopre che il tema dell’interrogatorio è quanto avvenne quasi quattro anni fa, quando il Consiglio di cui faceva parte nominò i cinque procuratori aggiunti di Milano. Una informata di nomine senza precedenti, che doveva ridisegnare il volto della Procura di Mani Pulite dopo la faida che l’aveva attraversata negli anni precedenti. Nel telefono sequestrato a Palamara, le chat raccontano per filo e per segno come vennero scelti i cinque «vice» del capo Francesco Greco. Ieri mattina, al Csm, a Palamara viene chiesto di spiegare quelle chat e quelle nomi ne. Lui va giù piatto: «E stata una lottizzazione tra le correnti». Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire. Ma il problema è un altro. Perchè la commissione che interroga Palamara è quella che si occupa delle «incompatibilit&ag rave; ambientali» dei magistrati. E lo strumento che permette di cacciare dalla loro carica magistrati che, anche senza illeciti disciplinari, non possano più stare lì. L’ultimo è stato Marco Mescolini, rimosso dalla Procura di Reggio Emilia proprio per il caso Palamara. Chi c’è ieri, nel mirino del Csm? La risposta, racconta chi ha partecipato alla riunione segreta e a porte chiuse, è netta: Francesco Greco, il capo della Procura milanese. A Greco non è stato finora notificato nulla di ufficiale, d’altronde tecnicamente i lavori della commissione contro di lui sono nella fase «preistruttoria». Ma l’insistenza con cui ieri la commissione ha insistito sulle nomine dei cinque aggiunti ha un significato difficilmente equivocabile.
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Testata: Giorno – Carlino – Nazione
Autore: Pini Agnese
Titolo: Intervista a Luciana Lamorgese – L’ultima stretta di Pasqua – Lamorgese e la Pasqua in lockdown «I controlli? Scrupolosi ma umani»
Tema: sicurezza
Perfino il Covid può diventare un affare. Per la verità, in parte, già lo è diventato. Ce lo ripetono da una decina di mesi le associazioni impegnate nell’antimafia e le istituzioni stesse: forze dell’ordine, sindaci, prefetture alle prese con centri storici desertificati, zone industriali in affanno, imprenditori senza lavoro. I nuovi fragili: vittime perfette per le esche mafiose. E allora come ci difendiamo? II primo antidoto è la «cultura della legalità»: lo ribadisce più volte il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, stamani a Firenze insieme al Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, per «Pensa 2040», l’evento dedicato ai sindaci di tutta Italia che fa proprio della cultura e della cittadinanza le armi principali contro iI crimine organizzato. Perché «la cultura della legalità», e lo sottolinea Lamorgese, deve diventare «un valore condiviso tra categori e economiche, professionisti, amministratori pubblici». Ministro, con l’economia in ginocchio il rischio di infiltrazioni criminali è sempre più alto. «Dai primi segnali della crisi causata dal Covid, ho attivato l’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazioni mafiose nell’economia, e ho chiesto alle prefetture di vigilare con attenzione sulle attività maggiormente esposte».
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Economia e finanza
Testata: Corriere della Sera
Autore: Basso Francesco
Titolo: «Gli europei si sentono ingannati» – Vaccini, l’Ue promette fermezza Draghi: ingannati da alcune aziende
Tema: Consiglio europeo, il nodo vaccini
Consiglio europeo ed Eurosummit. Vaccini anti-Covid, ruolo internazionale dell’euro e ripresa economica. I leader Ue si sono confrontati in videoconferenza ieri, convocati dal presidente Charles Michel. Anche questa volta il premier Mario Draghi ha messo al centro il problema delle case farmaceutiche inadempienti. E ha ampliato l’orizzonte della discussione sull’euro ponendo due temi politicamente molto sensibIli: la necessità di disegnare una cornice per la politica fiscale che sia in grado di portare la Ue fuori dalla crisi e l’importanza di creare un titolo comune europeo, un «obiettivo di lungo periodo» ma su cui «è importante avere un impegno politico». Ai leader Ue si è unito per un intervento di circa mezz’ora il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha rilanciato l’alleanza transatlantica e la cooperazione tra Usa e Ue. I capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno discusso su come migliorare la produzione di vaccini e la capacità di distribuzione, e sulla strategia da tenere sulle esportazioni fuori dall’Ue dei vaccini anti-Covid (la Commissione ha rafforzato il meccanismo per la trasparenza e l’autorizzazione all’export) e nei confronti delle case farmaceutiche inadempienti. Per Draghi l’Ue non deve restare inerme: «I cittadini europei — ha detto — hanno la sensazione di essere stati ingannati da alcune case farmaceutiche». In conferenza stampa la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha chiarito che «AstraZeneca deve prima di tutto recuperare» sulle dosi concordate con l’Ue «e onorare il contratto con gli Stati membri prima di poter impegnarsi di nuovo nell’esportazione di vaccini». I numeri sui vaccini li ha mostrati von der Leyen nel suo intervento: le attese per il secondo trimestre sono di 360 milioni di dosi, di cui 200 milioni da PfizerBioNTech, 70 milioni rispetto ai 180 promessi da AstraZeneca, 35 milioni da Moderna e 55 milioni da Johnson&Johnson.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pelosi Gerardo
Titolo: Draghi: accelerare sugli Eurobond – Draghi: «Sì a un titolo comune europeo»
Tema: Consiglio europeom, il nodo vaccini
Nel corso della discussione all’Eurosummit sul ruolo internazionale dell’euro il premier italiano, Mario Draghi, ha enfatizzato l’importanza di creare un titolo comune europeo. « Lo so che la strada è lunga, ma dobbiamo cominciare a incamminarci. È un obbiettivo di lungo periodo, ma è importante avere un impegno politico», ha detto il premier, insistendo sulla priorità assoluta di non commettere errori durante la ripresa economica: «Dobbiamo disegnare una corniceice per la politica fiscale che sia in grado di portarci fuori dalla crisi». Nel frattempo Bruxelles e tutti gli Stati membri devono alzare la voce con le Big Pharma per superare le attuali diffìcoltà nella produzione e distribuzione dei vaccini. Draghi, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e alla cancelliera tedesca Angela Merkel,’ guida il nuovo “cambio di passo” della Ue sui vaccini nel Consiglio europeo in videoconferrenza che si è aperto i eri. «I cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati da alcune case farmaceutiche, penso soprattutto ad AstraZeneca» ha detto Draghi prima di ripercorre nel dettaglio la vicenda delle 29 milioni di dosi ritrovate nello stabilimento di Anagni Il premier italiano ha chiesto alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, se ritiene giusto che le dosi localizzate in Belgio e in Olanda restino destinate all’Unione europea, in tutto o in parte. La presidente dell’esecutivo europeo ha rassicurato sul fatto che le dosi prodotte nella Ue saranno destinate alla Ue.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Galluzzo Marco
Titolo: Il retroscena – Il premier pressa von der Leyen: regole più dure sull’export, rilancio stile Usa
Tema: Consiglio europeo, il nodo vaccini
Quando Mario Draghi prende la parola, nel corso del Consiglio europeo, si rivolge alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma anche ai colleghi di quegli Stati, in testa il Belgio e l’Olanda, che non sono convinti della linea dura. L’Unione europea deve far sentire la propria voce, anche con decisioni molto risolute, esorta Draghi, dando corpo al timore (collettivo del resto) di non riuscire a mantenere gli impegni con i propri cittadini: «Non possiamo restare inermi di fronte al mancato rispetto dei contratti» da parte delle case farmaceutiche, in particolare di AstraZeneca. Perché «i cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati» dalle multinazionali dei vaccini. II capo del governo ripercorre i tratti salienti della vicenda dei vaccini AstraZeneca, quasi 3o milioni di dosi, ritrovati nello stabilimento della Catalent, ad Anagni. Chiede direttamente alla von der Leyen se ritenga «giusto o meno che una ta le quantità non debba restare dentro i confini dell’Unione europea». La risposta appare univoca, affermativa, la presidente della Commissione promette che così sarà, che non usciranno dalla Ue, anche se la rassicurazione contrasta con le dichiarazioni dell’azienda stessa, secondo la quale più di 10 milioni di dosi sono destinate al Paesi più vulnerabili, appartenenti al circuito degli aiuti Covax, cui anche l’Italia contribuisce finanziariamente. La sensazione del resto è quella di un Consiglio europeo in qualche modo spiazzato dall’incertezza della situazione, preda di divisioni interne fra gli Stati membri e vittima dell’indecisione della Commissione stessa, che non ha ancora chiaro se procedere con un’azione legale nei confronti di AstraZeneca, se bloccare effettivamente le esportazioni del vaccini prodotti dentro i confini della Ue, o se invece continuare con la strategia di un pressing diplomatico molto forte che pero finora non ha dato abbondanti frutti. Mario Draghi è più incline alle prime ipotesi, del resto finora è stato l’unico capo di governo a bloccare un lotto di AstraZeneca, applicando il regolamento europeo sulle esportazioni in modo molto rigido.
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Testata: Repubblica
Autore: Mauro Ezio
Titolo: L’editoriale – Il debito di solidarietà
Tema:
Per un anno di fronte all’insidia del contagio, abbiamo aspettato il vaccino come unica soluzione. La Ue, che non ha competenze di governo sulla sanità, perché la responsabilità della tutela della salute, dell’assistenza, delle forniture e dei servizi è degli Stati, ha svolto un ruolo centrale di negoziazione con Big Pharma, allo scopo di garantire sicurezza nell’approvvigionamento, equilibrio nei costi, equità nella distribuzione. Un soggetto sovranazionale, pubblico, è dunque sceso in campo per trattare le condizioni di mercato dei rimedi immunitari con soggetti privati, come le aziende farmaceutiche. Nasceva così dalla crisi una nuova funzione di coordinamento e di centralizzazione del potere decisionale, in cui la Ue faceva valere il suo peso politico eil suo ruolo di rappresentanza, con una supplenza comunitaria di governo. Oggi vediamo che non funziona la garanzia contrattuale dell’approvvigionamento, sia nelle quantità ch e nelle tempistiche, e per di più non funziona il criterio di equità nella distribuzione dei vaccini ai singoli Paesi. Ma di chi è la colpa? Di fronte a queste procedure inedite che surrogano il governo di 27 Paesi in una operazione d’emergenza, mettendo in gioco l’immagine dell’Europa per l’urgenza delle soluzioni, e creando potere, dobbiamo chiederci quali sono i principi ispiratori che muovono la Ue. Secondo la logica e secondo i trattati, sono soltanto due la sicurezza dei cittadini e la solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione. Sulla sicurezza bisogna rilevare che per la prima volta l’Europa si sente chiamata in cause,e risponde assumendosi una responsabilità concorrente con quella dei governi nazionali, anzi ponendosi addirittura come garante di ultima istanza. Questo impegno dimostra la gravità dell’urto della crisi, e la duttilità pratica della governance europea, pronta ad avvertire il momento in cui i bisogni della popolazione diventano domande politiche. Sulla solidarietà, invece, il discorso è più complesso. La Ue pub guidare gli Stati, se riconosce che il vincolo di solidarietà nasce quando c’è un vincolo di comunità, e quindi una cultura solidale è alla base di un’identità europea ancora in formazione.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Trovati Gianni
Titolo: Pa: sui contratti 2,2 miliardi alla scuola, quasi 2 alla sanità e uno agli enti locali
Tema: Pubblico impiego
Gli ostacoli non mancano. Ma la stagione dei rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici deve superarli in fretta per non far invecchiare le promesse solenni del Patto di Palazzo Chigi. Il ministro della Pa Renato Brunetta nelle riunioni con i suoi è stato chiaro. E ieri in Conferenza Unificata ha chiesto di far presto anche ai comitati di settore di sanità ed enti territoriali La macchina si è accesa, e punta a mettere in fretta in strada i due apripista. Il primo è il contratto delle «Funzioni centrali», che si applica a ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici e soprattutto disegna la comice normativa in cui si muovono gli altri settori della Pa. Il secondo è quello della sanità, che deve riconoscere lo sforzo straordinario del personale nella battaglia al Covid. L’innesco dei rinnovi contrattuali è dato dalla direttiva «madre», che inquadra le risorse e fissa i principi guida per i negoziat i. Sul primo punto la bozza calcola i fondi complessivi in 6,815 miliardi. Di questi, 3,775 sono quelli messia disposizione dei «settori statali» (in particolare le Funzioni centrali e la scuola) dalle leggi di bilancio. In proporzione, lo stesso peso va ribaltato nei «settori non statali», che si concentrano in sanità ed enti territoriali. Per loro, secondo le cifre della direttiva ora all’esame del Mef, l’adeguamento dovrebbe valere 3,04 miliardi. Il tutto porterebbe ad un aumento dei 4,07%, tradotto in una media lorda di 107 euro al mese. Su questa base è possibile stimare la quota di risorse che toccherà ai dipendenti di ogni settore. Il primato della scuola, calcolabile in poco più di 2,1 miliardi, è dato dall’ampiezza del personale. Segue la sanità (1,6 miliardi), poi Regioni ed enti local i (poco meno di un miliardo), per chiudere con le Funzioni centrali (500 milioni). Leggi da: PC/Tablet SmartPhone
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pesole Dino
Titolo: L’analisi – Una riforma chiave per spingere il recovery
Tema: Recovery e riforma Pa
Nei contatti in corso tra la Commissione europea e il ministero dell’Economia, in vista della predisposizione del Piano di ripresa e resilienza (atteso a Bruxelles entro fine aprile) si fa non di rado ricorso a un termine inglese sintetico ed esplicativo: “boost”, vale a dire “spinta”, “impulso”. Il riferimento è a quella che viene considerata come la “madre di tutte le riforme”, in grado di spingere, appunto, l’intero Recovery Plan verso gli obiettivi indicati dalle linee guida europee e dalle più recenti raccomandazioni inviate al nostro paese: la riforma della pubblica amministrazione. Da qui la linea che va emergendo di accordare la priorità al percorso di riforma affidato al ministro Renato Brunetta, sotto la supervisione diretta del presidente del Consiglio, Mario Draghi e l’interazione con Vittorio Colao, titolare dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Lo ammette il neo segretario del Pd, Enrico Letta quando osserva che «uno dei ruol i più importanti» nella definizione del Piano di riforme lo avrà proprio Brunetta. A Bruxelles l’attesa è che la riforma delle riforme prenda corpo nei prossimi mesi Con un duplice obiettivo: replicare, se pur nelle mutate, attuali condizioni rispetto ad allora, la “spinta” che la Commissione europea assegnò alla riforma del mercato del lavoro varata nel 2016 dal governo Renzi. Ora il focus è ribaltato. Non si tratta di ottenere “sconti” o deroghe (il Patto di stabilità è sospeso e lo sarà almeno per tutto il 2022), ma di guadagnarsi sul campo l’accesso agli oltre 191 miliardi del Next Generation EU. L’altro obiettivo è più politico ed ha che fare con il ruolo che Draghi può giocare in sede europea nel sostanziale `vuoto di leadership” causato dall’indebolimento della posizione di Angela Merkel nell’approssimarsi della tornata elettorale del prossimo settembre quando a Berlino si insedierà un nuovo cancelliere, e nel rafforzamento dell’asse con Parigi (che alle elezioni andrà nel 2022).
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Testata: Stampa
Autore: Monticelli Luca
Titolo: Intervista a Pasquale Tridico – Tridico: “Per gli immigrati più reddito di cittadinanza Fragili in pensione prima” – “Così aiuteremo a individuare i fragili reddito di cittadinanza agli immigrati”
Tema: welfare
Pasquale Tridico è considerato il padre del reddito di cittadinanza, titolo che però preferisce non ostentare, soprattutto da quando svolge un ruolo istituzionale. Nei mesi più acuti della pandemia è stato al centro di polemiche feroci alimentate da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Matteo Renzi, che lo accusavano dei ritardi della cassa integrazione. Presidente Tridico, il premier Draghi ha cambiato il commissario all’emergenza Covid e il capo della Protezione civile, lei si sente in bilico? «Io sono stato designato per quattro anni con un decreto del presidente della Repubblica, la mia nomina ha ottenuto il parere positivo del Parlamento». Il reddito di cittadinanza è stato rifinanziato per un altro miliardo nel Decreto Sostegni, come si può migliorare? «Il reddito di cittadinanza è un argine importante contro la povertà assoluta che è aumentata con il Covid, raggiunge 3 milioni di persone e l’importo m edio è di 550 euro. Ora sono necessarie risorse aggiuntive soprattutto per le famiglie numerose e gli immigrati. Il reddito prevede un requisito di residenza in Italia di dieci anni, mi sembra eccessivo e non esiste in nessun Paese europeo. Quanto alle famiglie numerose, occorre aumentare il sussidio in base ai componenti del nucleo, oggi al massimo si arriva a 1.330 euro. O si cambia la scala di equivalenza, oppure si potrebbe agire sul contributo da 280 euro legato all’affitto. L’idea sarebbe di modularlo in base al numero dei familiari per raggiungere maggiore equità». Ipotizzare di far crescere l’assegno agli immigrati la espone ad altre critiche, lo sa? «Io faccio una valutazione tecnica, per formazione culturale mi occupo di sistemi economici comparati, faccio confronti con le migliori esperienze nei Paesi avanzati. Le decisioni e le legittime riflessioni politiche non spettano a me».
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Lops Vito
Titolo: L’economia americana corre e l’euro va ai minimi da novembre sul dollaro – Dollaro più forte, euro sotto quota 1,18
Tema: mercato dei cambi
Per la prima volta in quattro mesi l’euro è scivolato sotto quota 1,18 dollari. Da inizio anno la divisa continentale ha perso il 4% nei confronti del biglietto verde. Una fetta importante di questo calo è però arrivata nell’ultimo mese, quando il cross valutario ha subito un’accelerazione al ribasso. Come mai? Essendo un rapporto tra due valute bisogna andare a cercare punti di forza e di debolezza da ambo le aree geografiche. E su questo fronte lo scenario è chiaro: tra Usa ed Eurozona ci sono al momento differenti prospettive di ripresa. Nel 2021 il Pil negli Usa dovrebbe crescere del 6,5% a fronte del 4,2% atteso nell’area euro. I motivi riguardano i maggiori stimoli fiscali che il Tesoro statunitense ha messo in piedi, un’economia generalmente più dinamica e reattiva e anche una più rapida ed efficace campagna vaccinale. Di conseguenza le prospettive di inflazione a medio-lungo termine sono nettamente più elevate negli Usa. Gli in dici sull’inflazione a 5-10 anni proiettano il costo della vita al 2,5% negli States e all’1,5% in media nei 19 Paesi che condividono l’euro: una differenza di 100 punti base che si riflette solo in parte nei rendimenti dei bond obbligazionari dove il divario è ancora più ampio: i Treasury a 10 anni viaggiano all’1,6% mentre i Bund di pari durata sono ancora in territorio negativo (-0,35%). Di fronte a questi numeri è difficile continuare a vedere crescere l’euro nei confronti del dollaro come accaduto nel 2020, quando la divisa europa è salita del 5,5% nei confronti del biglietto verde. Questo netto cambio di trend nel 2021 riflette quello che gli esperti chiamano decoupling, ovvero le prospettive di una differente politica monetaria. In parole più semplici, tra Fed e Bce la prima banca che in futuro è vista muoversi nella direzione di un rialzo dei tassi è certamente la prima.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: L.G. – Mar.Man.
Titolo: Atlantia, nessuna proroga per trattativa scissione Aspi – Atlantia Da Edizione e Fondazione Crt pronto il no alla scissione – Atlantia, no alla scissione di Aspi da Edizione e Fondazione Crt
Tema: Autostrade
Edizione, la holding della famiglia Benetton, voterà contro la proroga del progetto di scissione di Aspi all’assemblea di Atlantia convocata per lunedì prossimo. E non sarà la sola, insieme a lei esprimerà voto contrario anche la Fondazione Crt, come comunicato dall’ente ieri in serata. Ponzano Veneto ha precisato di aver conferito delega al rappresentante designato «per esprimere voto contrario». La motivazione è spiegata nella stessa nota: Edizione, si legge, ha «preso atto dell’assenza, allo stato, di proposte di potenziali investitori per l’acquisto della partecipazione in ACC riveniente ad Atlantia per effetto di detta scissione – pari, in trasparenza, al 55% di ASPI – e non ritiene utile prolungare l’incertezza derivante dalla proroga di detto termine in attesa di ipotetiche offerte per tale partecipazione, anche alla luce dell’offerta vincolante in via di definizione da parte del consorzio di investitori che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti». Secondo la famiglia Benetton è invece più opportuno «coltivare l’unica operazione espressa dal mercato e, nel ribadire la propria fiducia nell’operato del consiglio di amministrazione di Atlantia, auspica che l’offerta venga quindi sottoposta al voto dell’assemblea per la valutazione della stessa da parte di tutti gli azionisti».
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Testata: Repubblica
Autore: Fontanarosa Aldo
Titolo: L’idea del governo: una legge per la banda larga entro il 2026 – Una legge per la banda larga Sanzioni se non arriva in tempo
Tema: internet veloce
Il governo Draghi pensa a una legge per la banda larga. Questo piano straordinario di interventi preciserà in quali aree del Paese la fibra ottica va portata e con quali tecnologie d’avanguardia; indicherà il 2026 come termine ultimo per la realizzazione della infrastruttura e, infine, le velocità di navigazione (importanti) che le famiglie, le imprese e gli uffici pubblici dovranno trovare, usando Internet. La realizzazione di questi obiettivi verrà affidata a una nuova società nazionale della rete, che sarà obbligata a rispettare la tabella di marcia senza se e senza ma. Qualora dovesse fallire anche solo uno di questi obiettivi, la società nazionale della rete subirà sanzioni significative. La società della rete dovrà essere forse a controllo pubblico? La Cassa Depositi e Prestiti (dunque lo Stato) avrà un peso forte in questo soggetto, ma non necessariamente una posizione di controllo. Nel governo &egrav e; maggioritaria la corrente di pensiero che non rimpiange il controllo statale della rete Internet semplicemente perché questo aspetto non è più così decisivo. A contare davvero è la serietà del piano per la banda larga che questa società sarà obbligata a realizzare; e la severità delle ammende, in caso fallisca. Dal punto di vista civilistico, la rete potrà anche essere un bene privato. Il piano del governo la classificherà comunque come infrastruttura strategica per il Paese, che sarà ultimata nei tempi e con i requisiti decisi dal governo e dal Parlamento.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: De Molli Valerio
Titolo: Soffia vento ottimista per le imprese – La svolta green e digitale della Ue restituisce ottimismo alle imprese
Tema: Indicatore economico Ambrosetti
La prima rilevazione del 2021 dell’Ambrosetti club economic indicator fa emergere i primi segnali di ripresa, con gli indicatori prospettici che tornano su valori antecedenti alla crisi L’indicatore (10,2) è positivo, a indicazione di sentiment di fiducia, ma su valori molto contenuti. È indice di una speranza che va coltivata e supportata nel tempo. Gli elementi affinché ciò accada sono gli stessi di cui si discute ormai da anni, ma che in questa fase diventano ancora più pressanti: semplificazione normativa e burocratica, digitalizzazione della Pubblica amministrazione, indirizzo politico solido, stabile e favorevole agli investimenti. La fiducia si mantiene positiva anche con riguardo all’immediato futuro: l’indice di sentiment a sei mesi continua il suo percorso di risalita, tornando su valori pari alla media pre-crisi. In questo momento i punti fermi ci sono: le istituzioni comunitarie – Bce e Commissione europea – hanno messo in campo ri sorse e progettualità di portata mai vista prima. Nel 2020 gli acquisti netti di titoli italiani effettuati dalla Bce è ammontato a 170 miliardi di euro: più dell’intero deficit nazionale. Tutta l’emissione aggiuntiva italiana è stata comprata da Francoforte, il che significa che gli interessi che pagheremo su questa quota diventeranno utile che la Bce distribuirà ai Paesi membri. Al netto di qualche discrepanza fra la quota di capital key italiano e la percentuale di debito italiano acquistato dalla Bce nell’ambito del Pandemic emergency purchase programme (Pepp), si tratta di finanziamento a costo zero.
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Societa’, istituzioni, esteri
Testata: Corriere della Sera
Autore: Caccia Fabrizio
Titolo: Di Maio a Tripoli. «Libia in ripresa»
Tema: Libia
Riaprirà il consolato italiano a Bengasi, l’istituto di cultura a Tripoli, anche l’ufficio del commercio estero e sarà nominato un console onorario a Sabah, nel Fezzan. Verrà personalmente il premier Mario Draghi, martedì prossimo, a illustrare il piano Italiano per la Libia al nuovo governo di unità nazionale, mettendo così íl suggello sull’opera diplomatica costruita passo dopo passo dal suo ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «La Libia ora ha voglia di correre e noi europei dobbiamo aiutarla a crescere, la stabilizzazione passa attraverso l’economia», dice Di Maio al termine della sua settima missione in quasi un anno e mezzo. «E ogni volta colgo sempre nuovi segnali di ripresa», aggiunge. Ha ragione lui. Da quando è scattato il cessate il fuoco nell’ottobre scorso, l’intero Paese sembra rinato. La paura forse è alle spalle. L’Europa vuole aiutare la Libia e la Libia vuol farsi aiutare, i soldi non le mancano ma ha bisogno di know how, anche se sarà dura recuperare posizioni in un Paese ormai in mano saldamente a Russia (a est) e Turchia (ovest). Perfino i gel disinfettanti anti Covid a Tripoli ormai portano la scritta «Made in Turkey». Di Maio è venuto ad incontrare per la seconda volta in 5 giorni Abdul Hamid Dbeibah, il nuovo premier del governo di unità nazionale nato il 5 febbraio scorso a Ginevra sotto l’egida dell’Onu. Ma stavolta l’ha fatto insieme ai suoi colleghi di Francia e Germania, Jean Yves Le Drian e Heiko Mass. «Ci sarà sempre una competizione economica leale tra i Paesi, ma Italia e Francia non sono mai state cosi vicine», le parole significative del capo della Farnesina al termine del vertice. Segni tangibili d’interesse: la Francia riaprirà la sua ambasciata lunedì prossimo dopo 7 anni, mentre l’Italia si può dire non l’abbia mai chiusa a parte la drammatica evacuazione subita nell’immediato dopo Gheddafi.
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Testata: Stampa
Autore: Grignetti Francesco
Titolo: Di Maio in Libia con i partner europei “Pronti a partecipare alla ripartenza”
Tema: Libia
il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sbarca a Tripoli per la seconda missione in una settimana, stavolta con il collega francese Jean-Yves Le Drian e il tedesco Heiko Maas. Un pressing diplomatico che segna la gran voglia di tornare ai tempi antichi, quando qui si facevano affari d’oro. «Economia significa stabilità», dice loro, subito, il nuovo premier Mohammed Dbeibah, un ricchissimo uomo d’affari prestato alla politica. Per il governo di unità nazionale, infatti, la guerra è già il passato. E il futuro è il business. Musica per le orecchie italiane. «Noi siamo pronti a partecipare alla ripartenza della Libia, un Paese il cui destino ci deve riguardare per interessi geostrategici e anche per l’unità della Ue», commenta il titolare della Farnesina, «ripartire, investire in Libia significa garantire stabilità, non lasciare spazio alle armi e rallentare i flussi migratori che derivavano da quella instab ilità». Quando Mario Draghi sbarcherà a Tripoli, ai primi di aprile, si pensa che potrà sfoderare un vero Piano Italia a cui sta lavorando la Farnesina e che tiene insieme petrolio e autostrada, aeroporto e energia elettrica, cultura e sicurezza. I libici ci chiedono infatti di ripartire dal Piano del 2008, quando ci impegnammo a investire 250 milioni l’anno per venti anni nelle loro infrastrutture. Ma ora c’è da ricostruire un intero Paese devastato. E se a noi europei preme che ci sia maggior controllo sull’immigrazione clandestina, Dbeibah, che è uomo pratico, risponde: «Abbiamo qui 900 mila africani. Se ripartono l’edilizia e le grandi opere, daremo lavoro a tutti, per primi egiziani e tunisini». Si è di fronte a un bivio. Se scoppia la pace, ci sarà pane e lavoro per tutti, e i flussi migratori rallenteranno da soli.
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Testata: Repubblica
Autore: Nigro Vincenzo
Titolo: Di Maio porta in Libia il “piano Italia” per rilanciare la pace
Tema: Libia
Nella Libia che ha adesso un “governo di unità nazionale” che la dovrà portare alle elezioni del 24 dicembre, ieri Luigi Di Maio, Heiko Maas e Jean Yves Le Drian hanno portato la preoccupazione dei più importanti Paesi della Ue, preoccupati — anzi terrorizzati — dal fatto che questa finestra di pace possa essere bruciata. Che prima o poi la Libia ritorni alla guerra. O comunque rimanga divisa tra Russia e Turchia. Il più preoccupato fra i tre è l’italiano: da quando Di Maio è ministro è volato a Tripoli già sette volte, la penultima solo domenica scorsa. Il messaggio è comune. anche se poi dietro le spalle continueranno a scivolare le coltellate: «Ma adesso tutti hanno capito che o la Ue gioca insieme la partita libica oppure avremo una voragine al confine Sud di tutta l’Europa ancora per decenni», dice uno degli esperti della Farnesina che lavorano con lui. I tre hanno visto insieme il primo minis tro Abdelhamid Dbeibah. Qualcuno scherza, lo battezza “il Berlusconi di Libia”: un imprenditore milionario che vuole dedicarsi alla politica. Dovrebbe essere solo fino alle elezioni di dicembre, ma lui ha già preso il passo del lungo cammino. Governare gli piace. Di Maio sottolinea che «la Libia è fondamentale per i nostri interessi geostrategici, ma siamo qui anche per dare pieno appoggio alle autorità e al processo di transizione e riunificazione istituzionale in atto». Le Drian, che riporta la Francia a Tripoli dopo i mesi dell’appoggio ad Haftar, dice di essere «orgoglioso di essere accompagnato da Luigi di Maio e Heiko Mass, perché insieme dimostriamo che la Ue è unita sul dossier libico».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Santevecchi Guido
Titolo: Kim torna ad alzare il tiro Due missili balistici per farsi notare dagli Usa
Tema: Corea del Nord
Kim Jong-un alza il tiro. Letteralmente. Ieri i nordcoreani hanno lanciato verso Est due missili balistici che si sono innalzati per 60 chilometri prima di ricadere nel Mar del Giappone dopo aver volato per circa 450 chilometri. A differenza dei due ordigni da crociera a corto raggio gettati domenica verso Ovest (in direzione del mar cinese), questi violano le risoluzioni delle Nazioni Unite. Una coppia di «cruise» sparata domenica era stata ignorata fino a martedì, quando la notizia rivelata dal Washington Post aveva costretto Joe Biden a rispondere: «Gli esperti mi dicono che non c’è niente di nuovo, business as usual». Ieri, invece, il presidente ha ammonito che «ci saranno azioni in caso di escalation nordcoreana»; ha ricordato che Obama già nel 2016 aveva avvertito che Pyongyang è la più grande minaccia di politica estera; «ma sono pronto alla diplomazia, condizionata al fine di ottenere la denuclearizz azione». L’Indo-Pacific Command Usa ha riaffermato «la ferrea determinazione a difendere i nostri alleati sudcoreani e giapponesi».
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Testata: Repubblica
Autore: Livini Ettore
Titolo: Il canale di Suez imprigiona il mondo – L’ingorgo di Suez può durare settimane Auto e cellulari, materie prime alle stelle
Tema: la nave arenata a Suez
Il Canale di Suez potrebbe rimanere bloccato «per settimane». E il più grande ingorgo della storia del traffico marittimo (ci sono quasi 300 navi imbottigliate a nord e sud del corridoio d’acqua che collega Mediterraneo e Mar Rosso) rischia di mandare in tilt il commercio mondiale. I lavori febbrili per disincagliare la Ever Given — la porta-container lunga 400 metri che si è arenata all’ingresso meridionale — non hanno ottenuto fino alla serata di ieri alcun risultato. Le ruspe stanno provando a liberare la prua, incastrata dal vento sulla sponda orientale. Due draghe stanno scavando la sabbia sotto la carena. L’acqua di zavorra è stata scaricata e otto rimorchiatori spingono a piena potenza per liberare la «balena spiaggiata», come l’ha definita Peter Berdowski, ad di Boskalis, l’azienda che si è occupata del recupero della Costa Concordia dalle acque del Giglio. Il gigante grande come l’Empire State Building non si &e grave; pero mosso di un millimetro. «E non possiamo escludere che per sbloccare la situazione ci vogliano settimane», ha vaticinato Boskalis. L’ipotesi di una chiusura prolungata del Canale di Suez ha mandato in fibrillazione gli armatori mondiali. Il trasporto merci sta già vivendo, causa pandemia, un momento complicatissimo: i container sono introvabili e il loro prezzo tra Europa e Cina, per dare un’idea, è quadruplicato in pochi mesi. I protocolli sanitari hanno rallentato le operazioni in porto e in quelli Usa c’è in media una coda di 90 navi per lo scarico. Il blocco di Suez, dove transitano il 30% dei container, il 10% delle merci e il 4,4% del petrolio mondiali rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso.
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Testata: Repubblica
Autore: Garimberti Paolo
Titolo: Suez, il mondo in un canale
Tema: la nave arenata a Suez
Dal Canale di Suez passano ogni mese 1.550 navi, una media di 50 al giorno. Il totale nel 2020, l’anno di inizio della pandemia è stato di 18.597 unità transitate così suddivise: 30 per cento portarinfuse (materiali non liquidi e non omogenei), 25 per cento portacontainer,15 per cento petroliere.Il 10 per cento del commercio mondiale (che al 90 per cento viaggia su nave) passa da Suez. E questo passaggio accorcia di 10 giorni la navigazione dall’Asia all’Europa. È proprio la rotta che doveva fare la Ever Given, la «pesantissima balena spiaggiata», secondo la definizione del direttore della Royal Boskalis, la società specializzata chiamata a risolvere il problema, che blocca il canale nella parte rimasta a una corsia dopo la ristrutturazione del 2015, costata 8 miliardi di dollari. E la natura è stata ancora una volta più forte di ogni sfida dell’uomo. Una tempesta di vento e di sabbia ha messo una nave gigantesca fuori cont rollo e i 20.000 container, ammassati in ben 9 pile sulla tolda, hanno fatto un effetto vela. Eppure la Ever Given non è una barchetta da diporto. Per dare un’idea delle dimensioni, è come se l’Empire State Building, il grattacielo simbolo di New York, si fosse messo di traverso in orizzontale al canale, piantandosi per giunta nelle sponde sabbiose. Un incidente simile era successo nel 2016 nel flume Elba, vicino al porto di Amburgo. Un’altra portacontainer, la Indian Ocean, quasi delle stesse dimensioni, si era spiaggiata. Erano stati impiegati 12 rimorchiatori, i banchi di sabbia della riva avevano dovuto essere dragati, ma dopo tre tentativi la nave era stata riportata sulla retta via. Stavolta però l’impresa sembra più complicata a detta degli esperti. Non basteranno i rimorchiatori, non sarà sufficiente dragare le rive, probabilmente occorrerà scaricare un bel po’ di combustibile, pompare acqua dal serbatoi di zavorra, rimuovere una parte dei 20.000 container per alleggerire il bestione spiaggiato, aumentarne il galleggiamento e rimetterlo dritto per farlo uscire e liberare il canale. Ci vorranno giorni, forse settimane.
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Testata: Stampa
Autore: Mastrolilli Paolo
Titolo: Biden tende la mano all’Europa e accelera sulle dosi agli americani
Tema: Usa e vaccini
Biden investirà dieci miliardi di dollari per accelerare le vaccinazioni contro il Covid negli Usa, dove punta a duecento milioni di dosi iniettate entro i primi cento giorni di governo. All’Europa tende la mano, promettendo collaborazione per far funzionare le catene di approvvigionamento, e quando l’immunizzazione degli americani sarà ben avviata offrirà aiuti concreti. L’intervento di ieri al Consiglio, però, non sembra aver prodotto cambiamenti operativi immediati. Durante la prima conferenza stampa alla Casa Bianca, poco prima della conversazione con i leader dei 27 paesi dell’Unione, il presidente ha annunciato due iniziative interne. La prima è uno stanziamento da dieci miliardi di dollari per accelerare le vaccinazioni, facendole arrivare a minoranze e gruppi sociali più emarginati. La seconda è il raddoppio del suo obiettivo per le immunizzazioni, che salgono dai cento milioni in cento giorni garantiti all’inizio del mandato, ai duecento milioni di adesso. Sembra una promessa ambiziosa, ma in realtà è prudente e basata sui ritmi attuali delle iniezioni. Biden è stato molto attento a non esagerare, per non correre il rischio di mancare i target. Quindi ha sempre promesso meno di quanto pensava di poter fare. Ora che le vaccinazioni sono salite a 2,5 milioni al giorno, sa di poter arrivare a 200 milioni. Per l’Europa è uno sviluppo importante, perché avvicina gli Usa all’immunità di gregge. A quel punto il capo della Casa Bianca potrà trasformare la mano tesa di ieri in aiuti concreti. Gli Stati Uniti hanno il 4% della popolazione mondiale, il 27% della produzione dei vaccini, e ordinazioni per 1,21 miliardi di dosi con cui immunizzare 330 milioni di abitanti. Le loro esportazioni però sono zero. Ciò avvantaggia Cina e Russia nella diplomazia dei vaccini, proprio mentre Washington cerca di costituire una grande alleanza globale per contrastare Pechino e Mosca. Questa era la vera ragione dell’intervento di Biden, insieme a clima, ripresa economica e difesa delle democrazie.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sarcina Giuseppe
Titolo: Biden accelera in casa e promette il surplus agli alleati: «Ora insieme contro i regimi autoritari»
Tema: Usa e vaccini
Gli europei chiedono una mano sui vaccini a Joe Biden. Il presidente americano, invece, chiama a raccolta gli alleati per costruire un fronte anti-Cina. Tra le due sponde dell’Atlantico è ripartito il dialogo. Ma Usa e Ue, almeno in questa fase, sembrano avere priorità e aspettative diverse. Ieri sera Biden si è presentato nel vertice del Consiglio europeo, subito dopo aver annunciato nella sua prima conferenza stampa che «intende ricandidarsi nelle Presidenziali del 2024», sempre in ticket con Kamala Harris. Una sorpresa, visto che in campagna elettorale «Joe» si era presentato come «un traghettatore». Tutti, forse a cominciare da Harris, avevano capito che si sarebbe ritirato dopo il primo mandato. Non sarà così. Biden è al comando e ci vuole restare a lungo. La notizia potrebbe modificare la prospettiva nelle relazioni internazionali: con il presidente americano si può discutere non solo di e mergenze, ma anche di cambiamenti strutturali. Nel Consiglio europeo Biden ha detto che «Usa e Ue devono essere uniti nella difesa dei valori condivisi per fronteggiare regimi autoritari, su temi come i diritti umani e la cyber sicurezza». Il leader americano ha in mente soprattutto la Cina. Agli europei ha rivolto lo stesso appello indirizzato il 12 marzo scorso a Giappone, India e Australia: le democrazie costringano la Cina a rispondere di tutte le violazioni del diritto, che sia a Hong Kong o a Taiwan. Nello stesso tempo Biden vuole ristabilire un rapporto economico e commerciale «organico» con l’Unione europea, prima ancora che con il Regno Unito. Serve, quindi, un nuovo accordo, senza ripetere gli errori del Ttip, il «Transatlantic Trade and Investment partnership» proposto da Barack Obama e affossato dalle proteste popolari in Europa. Per la Ue, tuttavia, è più urgente avviare la cooperazione sui vaccini. Finora l’amministrazione Biden ha seguito alla lettera il piano elaborato a gennaio: prima immunizziamo i nostri cittadini, poi doneremo il «surplus» agli altri. E anche vero, però, che nelle ultime settimane sono cambiate diverse rose. Innanzitutto la campagna di vaccinazio ne negli Stati Uniti sta accelerando. Tanto che ieri lo stesso Biden ha alzato l’asticella: 200 milioni di americani immunizzati (e non più cento) entro il 3o aprile. Ciò significa che anche il momento del «surplus» potrebbe arrivare prima del previsto.
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Testata: Stampa
Autore: Aliagas Nikos
Titolo: Intervista ad Emmanuel Macron – L’autocritica di Macron sulla pandemia “L’Europa si è mossa come un diesel” – L’autocritica di Macron sui vaccini “L’Europa si è mossa come un diesel”
Tema: Francia
Presidente Macron, come giudica la reazione dell’Europa alla crisi del Covid? «Fin dagli inizi, ha realizzato un formidabile successo a livello economico. Da quel punto di vista abbiamo reagito rapidamente e in maniera incisiva. La risposta monetaria è arrivata nelle settimane seguenti. E quella finanziaria e per il bilancio già nell’estate. La volta precedente, per l’altra grande crisi, ci avevamo messo quattro anni per dare una vera risposta ed era stata incompleta». E quella sanitaria? «L’Europa della sanità non esisteva, non è una competenza dell’Ue. Siamo riusciti a fare delle cose, ma alcuni, a ragione, ci dicono che avremmo dovuto procedere più velocemente e in maniera più incisiva. Sui vaccini siamo stati troppo lenti, meno rapidi degli Stati Uniti. Non è stato un problema di coordinamento: non abbiamo capito che le cose sarebbero andate così in fretta». Cosa significa? «Una parte importante della ricerca sui vaccini è stata fatta in Europa. Ma gli americani hanno avuto il merito di dire, fin dall’estate 2020: non badiamo a spese e andiamo avanti. Hanno avuto più ambizioni di noi. E il principio per cui le cose si fanno “a qualsiasi prezzo”, che noi abbiamo applicato alle misure di accompagnamento di tipo economico, loro l’hanno applicato ai vaccini e alla ricerca. Noi abbiamo pensato che arrivare alle dosi avrebbe necessitato più tempo. Anche gli esperti lo dicevano: mai nella storia dell’umanità si era messo meno di un anno per concepire un vaccino». E invece i tempi si sono ridotti. «Sì e su quello abbiamo sognato meno degli altri. Deve essere una lezione per noi europei. Abbiamo avuto torto nel mancare di ambizione, di follia: di dire, sì, è possibile. Forse siamo stati troppo razionali».
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Testata: Repubblica
Autore: Di Feo Gianluca
Titolo: Sabotaggi, roghi e missili Tra Israele e Teheran la guerra segreta nel mar Arabico
Tema: Medio Oriente
Una sfida esplosiva nell’oscurità. L’attacco contro una nave israeliana nel Mar Arabico fa temere un’escalation nel confronto con Teheran. La Lori, equipaggio scandinavo e proprietà di una società di Haifa, è stata centrata nella notte di martedì da un missile, che non ha causato vittime: il mercantile ha proseguito il viaggio verso l’India. L’aggressione però è solo l’ultimo capitolo di una guerra segreta, combattuta con raid di commandos nelle acque chiave del commercio mondiale. Poche settimane fa un altro assalto aveva portato la tensione alle stelle. Nella notte del 24 febbraio la Mv Helios Ray è stata squarciata da una mina magnetica, che ha perforato entrambe le fiancate a largo dell’Oman obbligandola a raggiungere il porto più vicino. La nave appartiene a un imprenditore di Tel Aviv e il premier Benljamin Netanyahu ha accusato direttamente l’Iran, che a sua volta ha negato qualsiasi responsabilità. Di front e a questi colpi gli israeliani non sarebbero rimasti fermi. E avrebbero risposto con “the Italian job”: gli incursori subacquei dello Shayetet 13, il reparto creato nel 1948 grazie all’esperienza bellica di Fiorenzo Caprotti, un veterano della X Mas monarchica. I commandos di oggi avrebbero usato la stessa tecnica degli assalti contro Malta e Gibilterra nel 1941: l’avvicinamento agli obiettivi di notte, cavalcando la versione moderna dei “maiali”, per poi applicare mine magnetiche sulle fiancate.
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