In evidenza sui principali quotidiani:
– Casaleggio rompe con il M5S
– Virus, Regioni in giallo. Ma l’Iss avverte: serve cautela
– Recovery, subito quattro riforme
– Naufragio di migranti al largo della Libia
– Dagli Usa 4 miliardi per il clima
PRIMO PIANO
Politica interna
Testata: Corriere della Sera
Autore: De Bac Margherita
Titolo: Virus, così riapre l’Italia – Da lunedì 15 regioni in giallo «Continuate a seguire le regole»
Tema: Covid
L’Inghilterra si dichiara fuori dalla pandemia e anche l’Italia riparte pur facendo i conti con una curva che sì, scende, ma non tanto velocemente. E con un indice Rt nazionale dello 0,81 (con oscillazione tra 0,77 e 0,89). Lunedì riaprono molte attività in 15 regioni e province autonome gialle, il colore che contraddistingue il minore livello di rischio. In sottofondo il timore, espresso dai tecnici del Comitato tecnico scientifico, che il virus possa tornare a colpire approfittando dei contatti tra persone. «Saranno fondamentali prudenza e gradualità», avverte il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Secondo i dati della Cabina di regia l’Italia si presenta all’appuntamento di dopodomani quasi tutta in giallo. Quindici regioni e province autonome riassaggiano un po’ di normalità: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Marche, Piemonte, Bolzano, Trento, Toscana, Umbria e Veneto. Quasi 50 milioni di italiani potranno tornare a sedersi al tavolo di un ristorante, al bar (ma solo all’esterno), in una poltrona di cinema e teatro, fermo restando che il coprifuoco è sempre alle 22. Si potrà tornare a muoversi tra le regioni gialle anche per turismo senza dover giustificare i propri movimenti. Infine, l’ultimo decreto del governo non contiene una data di riapertura delle spiagge. «Non esiste una legge che le chiuda. Per farla semplice, le spiagge sono aperte; di conseguenza, gli operatori possono attivare gli impianti», ha spiegato il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. Resta in rosso, per la terza settimana consecutiva, solo la Sardegna.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Salvini Matteo
Titolo: La lettera – Salvini: come noi protesta il Pd – Non faccio forzature protestano come la Lega Regioni e comuni Pd
Tema: riaperture
In un intervento sul Corsera il leader della Lega sostiene che non sono le Regioni e i Comuni «della Lega» che stanno protestando contro il decreto, bensì tutti i presidenti di Regione, l’Anci e le Province. In vista dell’ormai famoso dl che la Lega non ha votato, gli enti locali avevano concordato con il governo una presenza in classe degli studenti fino al 60%, per scongiurare assembramenti sui mezzi pubblici. Massimiliano Fedriga è uno stimato esponente della Lega, ma nella Conferenza delle Regioni svolge con equilibrio il ruolo di presidente come già faceva Bonaccini: notifica l’orientamento dei suoi colleghi che all’unanimità avevano avanzato questa richiesta. Ebbene, alla fine il decreto ha stabilito una presenza del 70%: una forzatura che ha suscitato la reazione degli enti locali per l’evidente sgarbo. I Comuni sono sul piede di guerra: il presidente dell’Anci è il sindaco Decaro, Pd. Eppure nessuno si sogna di accusare Enrico Le tta di utilizzarlo contro il governo. Nessun editorialista aveva definito quella di Letta «forzatura pericolosa», e non succede neppure quando il Pd rilancia su temi divisivi quali ddl Zan o ius soli. II Pd pretende di approvarli ora, quando non è stato in grado di farlo con maggioranze di sinistra come quella del Conte II o, per esempio, quando il premier era un certo Enrico Letta. Torniamo al decreto. Capisco che per qualcuno sia più comodo dipingere il sottoscritto come un politico inaffidabile, ma la verità è che la posizione della Lega è condivisa da amministratori locali di tutti i colori politici, per non parlare di associazioni, imprese e famiglie. Di pericoloso c’è solo un’ideologia di sinistra — statalista e asslstenzialista — che vede nell’iniziativa privata, nel lavoro autonomo, nel mondo del commercio e dell’impresa degli avversari e non degli alleati perla ricostruzione del Paese. Mi riferisco al ministro Speranza, al Pd, a pezzi di M5S.
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Testata: Stampa
Autore: Orlando Andrea
Titolo: La lettera – Vaccini in azienda pronti a ripartire
Tema: vaccinazioni
II Protocollo per la vaccinazione nei luoghi di lavoro è un risultato che abbiamo raggiunto con il concorso di tutte le forze sociali. Lo scorso 6 aprile il ministero del Lavoro, insieme al ministero della Salute, al commissario straordinario per l’emergenza, all’Inail e al ministero per lo Sviluppo economico, ha sottoscritto con le parti sociali il Protocollo per la vaccinazione anti Sars-Cov-2/Covid 19 nei luoghi di lavoro. Un obiettivo raggiunto con un confronto intenso, in cui tutte le parti coinvolte hanno dato prova di responsabilità, che potrà dare un forte contributo al piano nazionale di vaccinazione e, soprattutto, mettere in sicurezza milioni di lavoratrici, lavoratori, imprenditori. Nella convinzione che la tutela della salute sia la prima misura economica che ci potrà portare fuori dalla pandemia e consentire di percorrere in sicurezza la strada della ripresa. Per realizzare questo obiettivo i datori di lavoro, con il supporto o il coordinamen to delle associazioni di categoria, possono offrire la propria disponibilità ad attuare i piani aziendali per la vaccinazione. L’iniziativa si svolge su base volontaria, per lavoratori e datori di lavoro, e si coordina con il piano nazionale di vaccinazione portato avanti dal commissario Figliuolo.
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Testata: Repubblica
Autore: Pucciarelli Matteo
Titolo: Il big bang dei 5Stelle – Scissione a 5 Stelle Rousseau dice addio e lancia la sfida al partito di Conte
Tema: M5S
La rottura è definitiva: la piattaforma Rousseau prende la propria strada, lasciando i 5 Stelle. Il portale che nel 2016 sostituì il blog di Beppe Grillo nel ruolo di sede virtuale e laboratorio della evocata democrazia diretta via web del M5S adesso lavorerà alla costruzione di un altro “progetto civico”: «Nelle prossime settimane incontreremo coloro che vorranno costruire il futuro insieme a noi e con loro progetteremo i passi successivi». Difficile capire che destino può avere questa ipotetica creatura politica, molto dipenderà da chi ne farà parte — ad esempio Alessandro Di Battista, l’altro fuoriuscito eccellente? Per ora parrebbe di no — e dall’evoluzione che si darà nelle prossime settimane il Movimento. «Una liberazione», «basta zavorre», «era ora»: a sentire i parlamentari la notizia della separazione è un passo in avanti verso la costruzione del partito di Giu seppe Conte. Troppo farraginoso, ambiguo e ormai dilaniante il rapporto che si era instaurato tra le due anime, meglio quindi una cesura. Facendo un passo indietro, però: mercoledì scadeva l’ultimatum posto dall’associazione con sede a Milano al partito, si chiedeva di saldare il “debito” di oltre 400 mila euro con la piattaforma che aveva fornito servizi di voto e comunicazione al M5S. Richiesta caduta nel vuoto: tra dissociati, espulsi e i critici dei metodi di Rousseau, decine di eletti da tempo non versavano più i 300 euro al mese richiesti. Né ovviamente si sono fatti intimorire dal pressing. Così Rousseau ne ha preso atto e ha comunicato con un post sul “Blog delle Stelle”, ormai ex megafono online dei 5 Stelle, la fine della storia. Sepolta da questioni economiche, dissidi politici e non solo.
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Testata: Stampa
Autore: Sorgi Marcello
Titolo: Il taccuino – I grillini condannati all’immobilismo
Tema: M5S
A modo suo, il Movimento è come una famiglia; la crisi da cui non riesce a uscire è fatta di sangue e viscere e parentele tradite; la vecchia anima rigettata (ma fino a un certo punto) si ribella di fronte a quella che dovrebbe affermarsi e cambiarne la natura. La lite tra Casaleggio junior e il resto dei pentastellati non è solo una questione di soldi. Il figlio del cofondatore – con Grillo -, dell’ideologo, del guru scomparso e ancora celebrato come un totem, non condivide la trasformazione governativa che il padre mai e poi mai avrebbe approvato. I figliocci di Grillo e Casaleggio senior, i primi frequentatori dei meet up, gli urlatori del vaffa”, non accettano a loro volta che Davide prenda il posto di Gianroberto, come una sorta di eredità dinastica. C’è una foto splendida, del primo “vaffa-day” a Bologna, con Grillo issato per aria da una folla di ragazzi felici e urlanti, che si strofinano come a un concerto rock (quando ancora si poteva fare ). Ecco: nella fisicità, nella consanguineità di quella foto – una specie di iniziazione di una setta – c’è la spiegazione del perché il Movimento oggi è bloccato, non riesce ad andare né avanti né indietro, non accetta Conte ma non lo rifiuta. E quando l’ “avvocato del popolo” enuncia i suoi progetti, la trasformazione in partito, le regole, la scuola per diventare «competenti», gli adepti chiudono orecchie e bocca, non vogliono ascoltare ma non possono reagire. Perché se dovessero parlare, non saprebbero cosa dire. Sanno di non poter continuare a essere com’erano, ma anche di non poter diventare come li vorrebbero.
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Testata: Repubblica
Autore: Cuzzocrea Annalisa
Titolo: Di Maio avvisa il Pd “L’alleanza non decolla e così vince Salvini”
Tema: Pd-M5S
«Dovevamo reagire prima – dice Di Maio ai parlamentari che lo chiamano per commentare lo strappo di Rousseau – sono 16 mesi che ho lasciato l’incarico di capo politico». Sottolinea, quindi, che non era certo lui il problema. E che nessuno, dopo di lui, è stato capace di risolverlo. Anche perché è stato Di Maio insieme a Davide Casaleggio a fondare la nuova associazione Movimento 5 stelle e a preparare quello Statuto che lega quasi indissolubilmente la forza politica creata da Grillo e la piattaforma informatica considerata il testamento del cofondatore. «Non è a Davide che dobbiamo rispondere, ma agli italiani – dice a chi lo chiama il ministro degli Esteri – su questo si misura la maturità di una forza politica e noi dobbiamo dimostrarci finalmente maturi». Per questo chiede di non perdersi in «guerre interne», in bisticci che non vanno da nessuna parte. Invita a concentrarsi sul governo e su quel che c’è da fare per non essere tagliati fuori da tutto. Non è solo Conte ad aver incontrato nelle ultime settimane esponenti del Pd per condividere con loro le idee sul nuovo corso MSS. Di Maio ha rafforzato il rapporto con Dario Franceschini e Lorenzo Guerini, vede e sente i vertici del Partito democratico, il segretario dem Enrico Letta lo considera un importante tassello dell’intesa con i 5 stelle. Il ministro MSS ha anche ripreso i rapporti con il leghista Giancarlo Giorgetti e si confronta con la ministra de Sud Mara Carfagna, ma quel che lo preoccupa – a sentire i suoi fedelissimi – è il «silenzio della coalizione» che aveva dato vita al Conte due. E che con la sua afasia ha permesso a Salvini di intestarsi tutto il merito delle decisioni sulle riaperture. «Dobbiamo farci sentire di più», dice.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Franco Massimo
Titolo: Intervista a Romano Prodi – «Il capo leghista si comporta come Bertinotti» – «Salvini come Bertinotti Un consiglio a Draghi? Anche lui faccia presto»
Tema: La Lega e il governo
Salvini? «Si è imbertinottato». Cioè sta diventando simile a Bertinotti che fece cadere il governo. «È la sindrome classica delle coalizioni» dice Romano Prodi. «Quando cominci a perdere consensi alzi la posta». Un consiglio a Draghi? «Anche lui faccia presto». a pagina 13 I’INTFR\IST’\ ROMANO PRODI «Salvini come Bertinotti Un consiglio a Draghi? Anche lui faccia presto» Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo, ex premier ed ex presidente della Commissione europea, ama mettere a confronto passato e presente; e cogliere i comportamenti eterni delle dinamiche del potere. Ma sa anche annusare i cambiamenti in atto. Inevitabile azzardare con lui uno scenario su quanto accade. Fu lei a dire al «Corriere» alla vigilia di Natale, quando si parlava di Mario Draghi solo come ipotesi remota: «Quando va male si pensa sempre a un deus ex machina. Ma spesso gli Italiani attendono un salvatore per poi cro cifiggerlo». Conferma? «Beh, nel caso di Salvini sì. Non crocifigge Draghi solo perché non ha il martello. Ma alza la posta. Fa prevalere il suo interesse di parte». Forse non è il solo. «Per ora sì, perché si è trovato lui con sondaggi calanti e con una concorrente diretta, Giorgia Meloni». Uno degli ultimi consigli che lei diede a Giuseppe Conte fu di fare presto, perché il tempo stava finendo. E il suo governo è caduto. Consigli a Draghi? «Anche lui deve fare presto. Ma ha più tempo per vedere e mostrare al Paese i risultati positivi della sua azione, anche se tra pochi giorni, poche ore, dovrà presentare il suo piano a Bruxelles. Con Conte si percepiva una tensione montante».
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Testata: Stampa
Autore: Carratelli Niccolò
Titolo: Renzi nel board del principe saudita il parlamento studia un codice etico
Tema: Renzi e i rapporti con l’Arabia saudita
Ad oggi in Italia non c’è una legge che vieti a Matteo Renzi di essere un senatore della Repubblica e, allo stesso tempo, sedere nel comitato consultivo del Future Investment Institute, controllato dal fondo sovrano del governo saudita. Incarico per il quale percepirebbe un compenso di 80 mila dollari all’anno. Non solo, come raccontato dal quotidiano il Domani, l’ex premier fa parte di un altro advisory board, quello della Royal Commission of Alula, che si occupa dello sviluppo della città `verde e sostenibile” dell’Arabia Saudita. È un progetto a cui tiene molto il principe reggente Mohammed bin Salman, amico personale di Renzi e accusato dalla Cia di essere il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi. In questo caso, non sappiamo quale sia il “gettone” attribuito al leader di Italia Viva per la sua presenza. A livello internazionale le chiamano “revolving doors”: il passaggio di politici o funzionari pubblici a un incarico dirigenz iale presso un ente privato, con il rischio che possano portare con sé informazioni preziose e avvalersi della loro preziosa rete di relazioni. Per questo, nella maggior parte dei Paesi europei, sono in vigore norme che prevedono un periodo di raffreddamento (“cooling off’), in cui gli ex politici o manager pubblici non possono assumere cariche in enti privati o svolgere attività di lobbying. La pratica internazionale definisce questo periodo da un minimo di un anno fino a un massimo di tre anni, a seconda dell’incarico che si è ricoperto. L’Italia è uno dei pochi Paesi a non avere una legge di questo tipo. Nell’ultimo rapporto del Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco), organo del Consiglio d’Europa, si fa esplicito riferimento al caso italiano, con la richiesta di formalizzare i codici di condotta di Camera e Senato.
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Testata: Giornale
Autore: Fazzo Luca
Titolo: Palamara, giallo sul trojan: legge non rispettata – Palamara, giallo del trojan Dati trasmessi a un privato
Tema: giustizia
E’ il Grande Orecchio di fiducia delle Procure di tutta Italia, le chiavi Usb con il suo logo sono il gadget più richiesto nelle squadre di polizia giudiziaria. Ma ora Rcs, società specializzata in intercettazioni, finisce sotto inchiesta per il suo ruolo nel caso Palamara. Sono stati i tecnici di Rcs a inoculare nel telefono di Luca Palamara il virus che ha rivelato trame e veleni della magistratura italiana. E ora il capo della security di Rcs, Duilio Bianchi, interrogato come indagato ammette quello che finora aveva sempre negato. Il trojan trasmetteva il contenuto del cellulare non direttamente alla Procura né alla Guardia di finanza, come prevede la legge e come si era detto finora, ma a una sede di Rcs a Napoli. Da lì i dati venivano poi trasmessi agli inquirenti. Ma nel frattempo restavano vulnerabili a qualunque manipolazione. E una ammissione cruciale, perché potrebbe fare saltare il tappo su uno dei segreti meglio custoditi dell’indagine s ull’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati: ovvero la cena tra lo stesso Palamara e Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Roma, la sera del 9 maggio 2019, che secondo la versione ufficiale non venne registrata. Ma le indagini difensive di Cosimo Ferri, parlamentare di Italia Viva e magistrato in aspettativa, davanti alla sezione disciplinare del Csm hanno dimostrato che invece il trojan era acceso. Se quella registrazione esiste la domanda inevitabile, oltre al suo contenuto, è: chi e perchè ha scelto di tenere il potente Pignatone fuori dall’inchiesta della Procura di Perugia?
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Economia e finanza
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Fiammeri Barbara
Titolo: Recovery, subito quattro riforme – Draghi sul Recovery: sfida per un Paese più moderno
Tema: Recovery
Il Consiglio dei ministri è slittato, rispetto alle previsioni, a questa mattina. Mario Draghi ha lavorato personalmente durante la giornata di ieri alla stesura del testo finale del Piano nazionale di ripresa e resilienza che oggi sarà al centro del tavolo di Palazzo Chigi. Un programma pluriennale che è parte di una «ampia e ambiziosa strategia» grazie alla quale, è convinto il presidente del Consiglio, l’Italia potrà uscire dalla spirale che la stava portando verso un lento declino. Nella premessa che accompagna il Pnrr si riconosce il tratto delle Considerazioni finali dell’ex Governatore di Bankitalia e della Bce. Draghi evidenzia i numeri della debolezza italiana, a partire dalla bassa produttività, dall’occupazione, dal divario Nord-Sud. Una debolezza che la pandemia ha ulteriormente approfondito (nel 2020 il Pil si è ridotto dell’8,9% contro il -6,2 a livello europeo) ma che la svolta intrapresa dall’Unione europea con Next generation Eu può farci superare. Draghi parla per questo di «un’opportunità imperdibile», che può fare dell’Italia un Paese «più moderno», con meno povertà e diseguaglianze e ritiene credibile la stima di un Pil nel 2026, ultimo anno del Pnrr, «almeno il 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale». Molto, moltissimo dipenderà dalla capacità attuare i programmi finanziati dai 191,5 miliardi messi a disposizione da Bruxelles e dagli ulteriori fondi nazionali che accompagneranno il massiccio piano di investimenti. Il tempo è poco e non si può sprecare, pena il taglio del programma e dei relativi finanziamenti. Per questo il premier vorrebbe mantenere il controllo “politico” a Palazzo Chigi mentre a seguire l’attuazione sarà il ministero dell’Economia. Di fatto una doppia cabina di regia.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pesole Dino
Titolo: L’analisi – La sfida di Draghi: piano blindato fino al 2026
Tema: Recovery
La sfida per il governo sul versante decisivo delle riforme non si gioca solo sul terreno delle pur fondamentali convergenze (e compromessi) da individuare in sede politica. L’interrogativo è come confezionare il contenuto di riforme attese da anni, pubblica amministrazione in primis, giustizia civile, fisco, concorrenza in modo da sottrarle alle pressioni politicoelettorali che certamente si manifesteranno da qui al 2026, anno conclusivo del Next Generation Eu. È un aspetto da non sottovalutare, poiché stando alle linee guida della Commissione europea il piano di riforme e di investimenti – che per noi vale 221,5 miliardi è da intendersi come tendenzialmente vincolante. E non è proprio una banalità, poiché ogni ipotetico cambiamento radicale di rotta rispetto ai contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrà essere preventivamente valutato in sede europea. In caso di manifeste deviazioni dal percorso concordato, po trebbe anche scattare la sospensione momentanea delle tranche semestrali dei finanziamenti. Certo, poiché l’orizzonte temporale è un quinquennio, non ci si nasconde che cambiamenti anche radicali e repentini dello scenario politico possano intervenire in corso d’opera. Quel che si chiede è un “cambio di passo” all’altezza della sfida in atto. Più facile a dirsi che a farsi per un Paese come l’Italia che ha visto in questa legislatura alternarsi già tre governi sostenuti da maggioranze diverse. Il rischio è con l’approssimarsi dei prossimi appuntamenti elettorali ed istituzionali, dalle amministrative alla partita del Quirinale per finire con le elezioni del 2023 (se la legislatura si chiuderà alla sua scadenza naturale) si perda per strada quel cambio di passo giudicato da Bruxelles fondamentale perché il treno delle riforme e degli investimenti giunga a buon fine. Pezzi importanti di riforme avviate o solo abbozzate (dal fisco alla giustizia) potrebbero essere da qui al 2026 smontati e ricostruiti per adattarli alle esigenze del momento da parte di maggioranze di diverso colore.
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Testata: Stampa
Autore: Draghi Mario
Titolo: Italia più moderna in un’Europa solidale la sfida del governo per salvare i giovani
Tema: Recovery
Dietro l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3%. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 5,8% tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo. Un recente studio della Banca d’Italia trova che le riforme introdotte nell’ultimo decennio in materia di giustizia civile, liberalizzazione dei servizi e incentivi all’innovazione hanno contribuito ad accrescere ilPil nel 2019 di una percentuale tra i13% e il 6%, con ulteriori effetti previsti nel decennio successi vo. E un impatto significativo, che può essere ulteriormente rafforzato con una nuova agenda di semplificazioni… L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next, generation Eu (NgEu). E’ un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale… L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NgEu, il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Rrt) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (React-Eu). Il solo Rrf garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della Rrf, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Marro Enrico – Fregonara Gianna – Pagliuca Gino
Titolo: Pensioni, stop a quota 100 dal 2022 Professioni: fine dell’esame di Stato
Tema: Pnrr
II Consiglio dei ministri esaminerà oggi il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Inizialmente la riunione era prevista per ieri, ma Palazzo Chigi ha deciso il rinvio per sistemare le ultime cose in un testo che supera le 300 pagine. Aggiustamenti al margine, mentre restano da sciogliere i due nodi politici: la proroga del Superbonus del 110% e la composizione della cabina di regia che gestirà i 191,5 miliardi risorse europee destinati fino al 2026 all’Italia, ai quali si aggiungono 3o miliardi di risorse nazionali in deficit previsti dal Fondo complementare. II segretario del Pd, Enrico Letta, ha intanto chiesto di inserire una clausola: le aziende che vorranno partecipare agli appalti legati al piano dovranno rispettare una quota minima di occupazione giovanile e femminile. Sulla proroga del Superbonus fino alla fine del 2023, richiesta avanzata inizialmente dai 5 Stelle e poi anche da Pd e Forza Italia, per il momento non dovrebbero esserci novit&agrav e;. L’asse fra il premier, Mario Draghi, e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha fatto muro rispetto all’aggiunta di un anno alla vigenza dello sgravio, che sarebbe costata più di 10 miliardi. Del resto, si osserva, il Superbonus è già finanziato con 18 miliardi fino alla fine del 2022. Oltre a questo decreto, il governo approverà anche un dl Semplificazioni per velocizzare la spesa. Bruxelles, infatti, verserà i fondi man mano che gli investimenti saranno stati realizzati. Questo decreto potrebbe anche essere la sede per accogliere le numerose richieste di semplificazione delle procedure dello stesso Superbonus.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Fotina Carmine – Trovati Gianni
Titolo: Lite su pensioni, proroga del 110% e cashback – Pnrr, Pil a +3,6% a fine piano Lite su pensioni, 110% e cashback
Tema: Pnrr
Il Pnrr da 221,5 miliardi che arriva questa mattina sul tavolo del consiglio dei ministri punta a dare una spinta al Pil che a fine piano può dare 3,6 punti annui in più. Un altro 1% aggiuntivo dopo cinque anni potrebbe arrivare dall’attuazione delle riforme. A patto di procedere nell’attuazione degli interventi con una compattezza che oggi appare tutta da costruire. L’ultima novità emersa dalle bozze circolate nelle ultime ore è l’intenzione di chiudere a fine anno l’esperienza di «Quota 100». Una novità attesa ma che, messa nero su bianco a pagina 30 delle bozze del Pnrr, fa fibrillare gli alfieri del prepensionamento in un fronte che torna a unire Lega e M5S. Nel Movimento l’agitazione cresce anche per l’uscita del cashback dal novero dei finanziamenti comunitari usati in chiave «sostitutiva» di quelli domestici. Mentre è trasversale il pressing per un ripensamento dell’ultima ora sulla mancata proroga del superbonu s al 2023. Sul punto un piccolo giallo si è sviluppato intorno a una frase di pagina 156 della bozza, in cui si legge che «si Intende estendere la misura del superbonus recentemente introdotta dal2021 al 2023». In realtà l’indicazione appare datata, e solo descrittiva delle regole già in vigore che applicano il 110% nel primo semestre 2023 agli ex-Iacp e prevedono la «cessione del credito» indicata come ipotesi nel testo. Indicazioni più chiare arrivano dalle tabelle, che prevedono 10,26 miliardi (e 8 nel fondo complementare) necessari a coprire il calendario attuale del superbonus. L’altro capitolo che promette di essere al centro delle discussioni di oggi a Palazzo Chigi riguarda la governance, tema che ha contribuito alla caduta del Conte-2. Il Pnrr conferma le anticipazioni della vigilia, con il «coordinamento centrale» alla Ragioneria generale che sarà il «punto di contatto unico» della commissione Ue, un audit indipendente presso il Mefe la«cabina di regia» a Palazzo Chigi con il compito, fra gli altri, di attivare i poteri sostitutivi delle amministrazioni che non rispettano i tempi.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Trovati Gianni
Titolo: S&P conferma il voto dell’Italia Per il BTp Futura tutto esaurito
Tema: titoli di Stato
La nuova tornata di rating sul debito italiano si apre con una conferma. Nella tarda serata di ieri S&P ha comunicato la decisione di mantenere invariato il giudizio sull’Italia, con la tripla B accompagnata dall’outlook stabile. Decisione che conferma le attese della vigilia, anche perché l’agenzia americana aveva alzato l’outlook nell’ultimo appuntamento dell’autunno 2020, e nuovi ritocchi erano considerati improbabili. Vero che il Documento di economiae finanza appena approvato dalle Camere ha sancito il rinvio al 2022 per l’avvio dellla ridiscesa del maxidebito italiano, proiettato fino al 159,5% del Pil a fine 2021 contro il 155,8% con cui si è chiuso il 2020. Ma l’agenzia propone stime leggermente migliori di quelle governative, con una crescita al 4,7% (l’obiettivo del Def è 4,5%) e e un deficit all’11,6%(ll Def dice 11,8%). A rassicurare S&P è poi il costo di rifinanziamento del debito (0,11% del Pil), tenuto basso dai tassi piatti. I l giorno dell’attesa per il rating di S&P ha visto lo spread rimanere piatto e il BTp Futura chiudere la sua corsa. Con successo. Perché la scadenza, 16 anni, si è allungatainmodo deciso rispetto alle edizion iprecedenti. Ma il calendario lungo non ha fatto tentennare i piccoli risparmiatori a cuì il titolo è rivolto. il consuntivo dell’emissione gestita con Unicredit e Intesa Sanpaolo nel ruolo di dealer (BancaAkros e Banca Selllaico-dealer) parla di una raccolta da 5,477 miliardi distribuiti in 132,296 contratti.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sabella Marco
Titolo: Risparmio, Btp Futura rallenta a 5,4 miliardi
Tema: titoli di Stato
La terza emissione del Btp Futura, con scadenza a 16 anni, dedicata al finanziamento delle misure a sostegno della ripresa economica dalla pandemia e alle spese relative alla campagna vaccinale, si è conclusa ieri con una raccolta complessiva di 5,47 miliardi per un totale di 132.296 contratti con un taglio medio di 41.400,22 euro. II 60% dei contratti hanno avuto un importo inferiore a 20mila euro. Le precedenti emissioni si erano concluse con una raccolta di 6,1 e 5,7 miliardi di euro. II Btp Futura avrà rendimenti minimi garantiti: lo 0,75% per i primi 4 anni, l’1,2% per i successivi 4, l’1,65% dal nono al 12esimo e il 2% per gli ultimi 4 anni. Questo meccanismo è definito «step up». Al rendimento minimo garantito si aggiunge un doppio premio fedeltà per gli investitori che hanno sottoscritto il titolo all’emissione. Alla scadenza dei primi 8 anni ci sarà un premio compreso tra lo 0,4 e l’1,2% del capitale investito (parametrato sul 4 0% della crescita del Pil nominale nel periodo). Alla scadenza, nei successivi otto anni, verrà corrisposto un premio finale che includerà due componenti: la prima pari al restante 60% della media del tasso di crescita del Pil dei primi 8 anni (con un minimo dello 0,6% e un massimo dell’1,8%); la seconda pari al 100% della media del tasso di crescita del Pil dal nono al 16esimo anno, con un minimo dell’1% e un massimo del 3% del capitale investito. Sommando le tranche, per chi detiene il titolo fino alla scadenza il premio oscilla da un minimo del 2% a un massimo del 6%. Si tratta di un valore pari al doppio rispetto alla forchetta 1-3% che aveva caratterizzato le prime due emissioni che avevano scadenze più brevi.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Carlini Vittorio
Titolo: Le Borse corrono 3,5 volte più dell’economia reale La tassa Biden non spaventa – Le Borse post Lehman crescono 3,5 volte più dell’economia globale
Tema: Mercati
Da un lato i mercati azionari, l’economia di carta. Dall’altro il mondo reale. In mezzo un solco che negli anni è andato allargandosi. La prova? È fornita dai numeri. Dalla fine dei 2008, cioè dopo lo scoppio del caso Lehman, al 31 dicembre scorso la capitalizzazione delle Borse mondiali, elaborate da Intermonte Sim sui dati di Bloomberg news, è cresciuta di 71.340 miliardi di dollari. Nello stesso periodo il Pil nominale globale, secondo I dati del Fmi, è aumentato di 20.606 miliardi. In altre parole: i listini, da dopo il crack della banca Usa, sono saliti 3,5 volte in più dell’economia reale. A ben vedere l’ampiezza del solco tra listini e Pil si è accentuata durante la pandemia. Le Borse, senza considerare lo scorso anno, sono aumentate (sempre dal 2008) solo 2,4 volte in più del mondo reale. Nel 2020, quindi, il gap ha accelerato. «Quest’ultimo andamento -spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim – non stupisce. Lo scoppio della pandemia, unitamente ai vari lockdown, da una parte ha frenato l’espansione economica; e, dall’altro, ha indotto un contemporaneo intervento globale delle banche centrali senza precedenti» che ha dato il “la” all’ulteriore corsa degli asset finanziari. A fronte di ciò viene da chiedersi: l’immissione di queste quantità enormi di denaro “frusciante” è la causa principe del solco tra Borse ed economia reale?
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Tria Giovanni
Titolo: Bussola & Timone – Commenti – Il clima rilancia gli accordi Usa-Cina – Una nuova stagione di cooperazione globale grazie al clima
Tema: clima
In un clima di crescente conflittualità tra Cina e Occidente, il “Leaders Summit on Climate” organizzato in modalità virtuale dal Presidente americano Joe Biden, e apertosi giovedì, merita un’attenzione particolare, se non altro per il fatto che l’invito al meeting è stato accettato dal Presidente cinese Xi Jinping e ha avuto ampio risalto in Cina. Il tema del contrasto al cambiamento climatico e della “rivoluzione verde” è di per sé di cruciale importanza, tant’è che quasi tutti i piani di uscita e rilancio dalla crisi economica, sia dei Paesi avanzati sia di quelli emergenti, pongono l’accento su investimenti che puntano alla riconversione verde delle economie e a una crescita sostenibile. Il Next Generation Eu europeo pone la maggior parte delle risorse messe in campo su quest’obiettivo. Lo straordinario piano di investimenti in infrastrutture deciso dall’amministrazione americana, come ribadito anche nel discorso pronunciato da Bid en al meeting, guarda anch’esso al contrasto del cambiamento climatico come una occasione di rilancio della domanda e della produzione interna. E anche il 14esimo Piano quinquennale cinese pone obiettivi precisi per il processo di de-carbonizzazione dell’economia, anche se da molti sono considerati ancora troppo timidi: il picco delle emissioni è fissato per il 2030 e la neutralità, cioè zero emissioni nette, per il 2060, mentre l’obiettivo è posto da Biden al 2050.
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Societa’, istituzioni, esteri
Testata: Corriere della Sera
Autore: Cremonesi Lorenzo
Titolo: «La nostra nave in un mare di corpi» – Morti in 130, le Ong accusano Tripoli
Tema: tragedia nel Mediterraneo
Ancora morti, nuovi migranti annegati in mare. Una tragedia che si ripete all’infinito e vede adesso le organizzazioni non governative (Ong) accusare duramente sia le autorità libiche che gli Stati europei. «C’erano onde alte sino a sette metri, vento forte, freddo. In queste condizioni i barconi carichi all’inverosimile non reggono, si rovesciano e si muore presto», raccontano dai navigli al largo delle coste libiche. I conteggi sono gravi, gravissimi, almeno 100, forse 140 e magari sino a 150 morti in meno di 48 ore. «Fuori, da qualche parte non si trova più un gommone con a bordo forse i3o persone. Ma non lo sapremo mal, sono tutti morti», dichiarano dalla Ong Ocean Vildng. Giovedì la Ong Alarm Phone aveva lanciato l’allerta riguardo a tre diverse imbarcazioni: una con circa 40 migranti a bordo e le altre due, con rispettivamente un centinaio e forse oltre 120. Una barca è stata trovata ribaltata, un’altra ha fatto rito rno in Libia, a bordo sono stati trovati i cadaveri di una donna e un bambino. «Di quella con una quarantina di passeggeri non si hanno notizie da un giorno e mezzo. Chiediamo la cerchino subito, non lascino morire anche loro», era stato l’appello della Alarm Phone. La Ong ribadisce che la posizione gps delle barche in difficoltà era stata comunicata alle autorità europee e libiche, ma che l’unica risposta era stata il sorvolo «di un aereo di sorveglianza Frontex sette ore dopo il primo allarme». Questo, a sua volta, ha individuato la barca in mare e informato tutte le autorità e le navi mercantili nella zona. Sia Alarm Phone che la Ong Sea Watch sostengono che le autorità europee avrebbero indicato quelle libiche come «le autorità competenti» per coordinare le operazioni di salvataggio. Un rimpallo di responsabilità che avrebbe condotto all’immobilismo, perso tempo prezioso e quindi causato la tragedia. «Gli Stati si sono rifiutati di salvare i naufraghi», accusa anche l’Organizzazione Onu per le migrazioni.
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Testata: Repubblica
Autore: Ziniti Alessandra
Titolo: Cento migranti morti. Le Ong: colpa dell’Europa – Strage nel silenzio “Gli Sos dei migranti ignorati per 24 ore”
Tema: tragedia nel Mediterraneo
«No, non abbiamo potuto prendere nessuno dei dieci corpi che abbiamo visto perché i libici hanno assunto il coordinamento dell’operazione e ci hanno detto che sarebbero intervenuti loro ma non abbiamo mai visto nessuna motovedetta arrivare», racconta Alessandro Porro, volontario di Sos Mediterranee a bordo della Ocean Viking. Orrore su orrore per questo nuovo naufragio che scuote improvvisamente le coscienze di un’Europa ormai assuefatta ai numeri dei morti in mare. Quanti siano veramente, anche questa volta, nessuno lo sa, visto che del gommone su cui viaggiavano i migranti (tutti giovani uomini quelli avvistati galleggiare in mare) sono rimasti solo pezzi di tubolari sgonfi. Nessun superstite a raccontare il dramma di quelle 24 ore passate al telefono a chiedere aiuto al centralino Alarm Phone: «Siamo in 130 su un gommone, ci sono sette donne, una incinta, il mare è agitato, chiamate i soccorsi». In 130 dunque, sarebbero stati inghiottiti dal m are con onde alte sei metri ma di altre 42 persone, a bordo di un’altra imbarcazione, non si sa più nulla mentre un altro centinaio che viaggiavano su un terzo gommone sono stati intercettati e portati indietro dai libici quando giù una donna e un bambino erano morti. «Gli Stati si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre 100 persone. Hanno implorato aiuto per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo. E questa l’eredità dell’Europa?», il duro atto d’accusa di Safa Msehli, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, agenzia dell’Onu. Perché anche questa volta, come in passato, le autorità marittime subito informate della richiesta di soccorso da Alarm Phone hanno giocato a scaricabarile adducendo la “competenza” dei libici: sapeva litalia, sapeva Malta, sapeva Tripoli che però ha risposto dopo cinque ore e non ha inviato nessuna motovedetta per il mare grosso.
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Testata: Stampa
Autore: Albanese Fabio
Titolo: Strage di migranti al largo della Libia “Negati i soccorsi”
Tema: tragedia nel Mediterraneo
Alessandro Porro è il presidente di Sos Méditerranée Italia e parla da bordo della Ocean Viking. Racconta i drammatici momenti di uno dei più gravi naufragi di migranti nel Mediterraneo centrale di cui si ha notizia. La nave Ong tra mercoledì e giovedì ha ingaggiato una gara contro il tempo e l’ha persa: dopo 10 ore di navigazione, «in un mare forza 6 e vento a 40 nodi», non è riuscita a trovare in tempo il gommone grigio con circa 130 persone a bordo per il quale Alarm Phone già mercoledì mattina aveva cominciato a chiedere inutilmente aiuto «a tutte le autorità», sentendosi rispondere dai libici che non potevano intervenire «perché c’è mare grosso» e dai centri di coordinamento (Mrcc) di Italia e Malta che l’intervento spettava a Tripoli. «Noi eravamo da tutt’altra parte, quasi al confine con la Tunisia, a cercare un’altra barca con 40 persone di cui non si sa più nulla – racconta Porro -. Abbiamo cambiato rotta e ci siamo diretti verso Est. Anche 3 mercantili hanno cominciato a cercare. Nel pomeriggio, la nave My Rose ha avvistato 3 cadaveri. Un aereo di Frontex ha visto i resti del gommone e ha dato le coordinate. Erano quasi le 17 di giovedì quando abbiamo trovato il gommone, spezzato, senza il fondo in legno. C’erano solo i due tubolari afflosciati. E quei cadaveri, alcuni già gonfi. Corpi di giovani maschi, sui 20 anni, aggrappati a galleggianti di fortuna, una camera d’aria, un pezzo di legno. Tutti morti. Abbiamo proseguito le ricerche per cercare qualcuno vivo. Non c’era nessuno. Eravamo 43 miglia a Nord-Est di Tripoli, nella zona Sar della Libia. Li abbiamo avvertiti. Ci hanno risposto che stavano per mandare qualcuno. Abbiamo atteso ore, non sono mai arrivati. Noi abbiamo potuto solo osservare un minuto di silenzio».
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Testata: Repubblica
Autore: Bonini Carlo
Titolo: Il commento – A chi parlano quei corpi – Che cosa manca all’Europa per riscoprire la solidarietà
Tema: tragedia nel Mediterraneo
C’è una sola emozione altrettanto insopportabile di quella restituita dalle immagini dei corpi senza vita, in balia delle onde, vittime dell’ennesima strage di migranti nel basso Mediterraneo. Ed è il senso di vergogna, impotenza, rabbia per il cinismo e la cattiva coscienza di un Paese — il nostro — e di un continente — l’Europa — che ha da tempo inscritto quei cadaveri a “danno collaterale”. Rinunciando scientificamente, per calcolo politico, ignavia, subalternità, anche solo a immaginare una politica dei flussi migratori, del diritto di asilo e un sistema di soccorso in mare in grado di tenere insieme, con equilibrio e umanità, le ragioni della sicurezza dei confini e della lotta al traffico di esseri umani con i diritti fondamentali. Primo fra tutti, quello incomprimibile e antico quanto la nostra specie, che è lo strappare un nostro simile alla morte lenta e terribile per annegamento. Non ci si può rassegnare all’ idea che anche oggi, esattamente come il 2 settembre del 2015 di fronte al corpo senza vita del bimbo siriano Alan Kurdi, esattamente come dopo ogni fotogramma di questa silenziosa e immane ecatombe, ci accontenteremo di genufletterci, di giurare invano “mai più”, per poi tornare ordinatamente nella prigione delle nostre convenienze. O della nostra indifferenza. O allo spettacolo osceno dello sciacallaggio ideologico che ancora ieri, mentre la ricerca e la conta dei cadaveri non si era ancora conclusa, voleva, per bocca del suo campione nazionale (Matteo Salvini), nonché azionista di peso del governo, che questo ennesimo pedaggio di morte venga messo in conto ai «buonisti» che «di fatto agevolano gli scafisti».
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Testata: Giornale
Autore: De Remigis Francesco
Titolo: Ancora terrore a Parigi: poliziotta sgozzata al grido di «Allah Akbar»
Tema: terrorismo
Dopo il professor Samuel Paty, una funzionaria di polizia. Sgozzata in pieno giorno alle porte di Parigi da un tunisino arrivato in Francia irregolarmente nel 2009. A pochi metri dalla stazione di polizia di Rambouillet, 42 km a sud-ovest della capitale, il killer, 36 anni, la stava aspettando: l’ha colta di sorpresa appena fuori dal commissariato. L’agente stava per cambiare il disco orario dell’auto. A un passo dal rientrare dalla pausa pranzo, invece, la 49enne si è vista assalita, colpita alle spalle e infine sgozzata: all’urlo di Allah Akbar («Allah è grande»). Sul posto, il procuratore nazionale antiterrorismo Jean-François Ricard dice che il suo intervento è motivato «dal modus operandi» del killer. Ma è il presidente della Repubblica a fugare ogni dubbio sulla matrice del nuovo attacco: «Terrorismo islamista, non cederemo nella lotta» tuona Emmanuel Macron via Twitter. Testimoni hanno riferito le grida del l’uomo armato di coltello: almeno tre «Allah è grande» mentre colpiva la donna. L’uomo non era schedato dai Servizi. Incensurato. Sul cellulare, video inneggianti alla jihad. E dalle telecamere di sorveglianza ci si accorge che aveva fatto dei sopralluoghi. Era un addetto alle consegne a domicilio nella banlieue parigina, un rider. Ora, l’intelligence si focalizza anche sulle società di delivery. Sabato è stato espulso dalla Francia un fattorino algerino che si era rifiutato di prendere l’ordine da due ristoranti kosher. Il tunisino-killer era invece ben mimetizzato nella banlieue. Aveva ottenuto la regolarizzazione meno di due anni fa. La presidente della regione Valérie Pecresse non ha dubbi: «Si voleva colpire un simbolo, destabilizzare il Paese da questa pacifica cittadina» che nel ’75 ospitò il primo G6 e pure i colloqui tra la Serbia e indipendentisti del Kosovo. «Siamo qui per omaggiare la polizia» dice il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che annuncia sicurezza rinforzata intorno al commissariato.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Montefiori Stefano
Titolo: Poliziotta uccisa con due coltellate In Francia è tornato l’incubo islamista
Tema: terrorismo
Prima di sferrare l’attacco l’uomo è stato visto passare più volte davanti al commissariato, con il telefono all’orecchio, come se stesse facendo un sopralluogo o aspettando il momento propizio per colpire. Stéphanie, agente di polizia con compiti amministrativi, era uscita un istante per cambiare il disco orario nella sua auto, e alle 14 e 20 è tornata al commissariato per riprendere il lavoro. La donna di 49 anni, da 28 in polizia, due figli di 18 e anni, ha aperto la prima delle due porte di sicurezza del commissariato. A quel punto il terrorista l’ha raggiunta, bloccando il dispositivo automatico e quindi impedendo l’apertura della seconda porta; Stéphanie è rimasta bloccata per qualche secondo, quanto è bastato a Jamel, 36 anni, tunisino, per darle due coltellate alla gola, sotto gli occhi del colleghi al di là del vetro. Uno di loro ha sparato due colpi e lo ha ucciso, gli altri hanno chiamato l’ambulanza ma Stéphan ie era già in arresto cardiaco, non sono riusciti a rianimarla. «La nostra è una città tranquilla, sembra incredibile che queste cose possano accadere qui», dice la sindaca Véronique Matillon. Rambouillet è una cittadina a una quarantina di chilometri a Sud-ovest di Parigi, il suo castello ha ospitato il primo G6 nel 1975 e i colloqui falliti tra la Serbia e gli indipendentisti del Kosovo alla fine degli anni Novanta. Nessuna periferia in rivolta, nessun quartiere difficile. Ma un anno fa Jamel, arrivato dieci anni prima dalla Tunisia, si è radicalizzato passando sotto i radar dei servizi francesi. Incensurato, non era sulla liste di coloro che vengono tenuti sotto controllo perché sospetti di adesione agli ideali disti. E ieri è entrato in azione, urlando «Allah Akhbar» secondo alcuni testimoni. L’uomo viveva a Rambouillet da qualche anno, solo.
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Testata: Stampa
Autore: Martinelli Leonardo
Titolo: Attacco jihadista vicino a Parigi Uccisa col coltello una poliziotta
Tema: terrorismo
Il premier Jean Castex è andato sul posto, parlando di «un gesto barbaro e di una vigliaccheria infinita». Rambouillet si trova nel dipartimento (equivalente della provincia italiana) delleYvelines. E ancora lì, a Conflans-Saint-Honorine, altra cittadina tranquilla, il 16 ottobre 2020 Samuel Paty, un professore di storia, era stato trucidato, a pochi passi dal suo liceo e in pieno giorno, da un attentatore di origini cecene, pure lui senza alcun precedente. E nella stessa zona, a Magnanville, il 13 giugno 2016, una coppia di poliziotti era stata uccisa a colpi di coltello nella sua casa, dinanzi al figlio di tre anni e mezzo, risparmiato dal terrorista. Ieri sera erano in corso perquisizioni nelle due residenze dichiarate dal tunisino e gli interrogatori di alcune persone.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sarcina Giuseppe
Titolo: Dagli Usa 4 miliardi per il clima
Tema: Leaders on Summit climate
Gli obiettivi ci sono. Ora servono piani concreti e, soprattutto, risorse finanziarie. La seconda e ultima giornata del «Leaders on Summit climate» si è concentrata proprio sul cambio di passo necessario, coinvolgendo gli Stati, la ricerca tecnologica, gli investitori finanziari mondiali. Come ha detto Bill Gates, durante il dibattito, «servono fondi, perché la tecnologia attuale non è sufficiente per raggiungere i traguardi che ci siamo dati». Joe Biden è intervenuto brevemente all’inizio e alla fine della sessione, spiegando il senso di un’iniziativa che ha coinvolto 40 capi di Stato e di governo. Una mossa con un impatto anche politico, visto che è servita a riaprire un minimo di dialogo con la Russia e la Cina. In particolare Biden ha detto di «essere rimasto colpito dalla disponibilità di Vladimir Putin a collaborare con il mondo. E’ un presupposto incoraggiante». Il presidente americano vuole ridare c entralità mondiale agli Stati Uniti. Ieri la Casa Bianca ha annunciato che Biden farà il suo primo viaggio all’estero il prossimo 11 giugno: andrà prima a Londra e poi a Bruxelles, per incontri con i vertici dell’Unione europea e della Nato. La diplomazia Usa, dunque, riparte dall’Alleanza transatlantica. Ma l’Amministrazione si muove su tutto lo scenario mondiale: le crisi, dalla pandemia al «climate change», impongono nuove strategie. Anche per contrastare il dinamismo del leader cinese Xi Jinping. Biden ha citato alcuni dei progetti allo studio. Innanzitutto occorre aiutare i Paesi più poveri a convertire le strutture economiche obsolete e quindi più inquinanti. Gli Stati Uniti si impegnano a raddoppiare il contributo da 2 a 4 miliardi di dollari. Biden punta ad aggiungere altri due miliardi di dollari entro il 2024, ma avrà bisogno del via libera del Congresso.
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Testata: Stampa
Autore: Mastrolilli Paolo
Titolo: Il punto – Salvare il clima per creare lavoro Così è stato convinto Biden
Tema: Leaders on Summit climate
Non è stato facile come sembra. Biden non era convinto di procedere subito con l’annuncio dell’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas negli Usa, perché temeva gli effetti negativi su ripresa e lavoro. Così si capisce perché la seconda giornata del Leaders Summit on Climate sia stata dedicata ieri all’innovazione, e a come tecnologia e settore privato possano usare la transizione ecologica per creare ricchezza e occupazione. Perché adesso, superato il negazionismo di Trump sui cambiamenti climatici, la vera sfida per tutti è questa: fermare la catastrofe senza paralizzare l’economia, e anzi farne una grande opportunità di crescita e sviluppo sostenibile. Biden non voleva fare annunci perché è ossessionato dal lavoro, più ancora del Covid, che va bloccato proprio per rilanciare l’economia. E’ stata la chiave della sua vittoria contro Trump, soprattutto negli Stati decisivi della Rust Belt come Pennsylvania, Michi gan e Wisconsin, e ora non può tradire i suoi sostenitori, se non vuole perdere nel 2024. Quindi temeva che dimezzare le emissioni fosse esagerato, e bloccasse la spinta positiva in corso grazie agli stimoli varati e la frenata del virus negli Usa. I consiglieri hanno dovuto battagliare diversi giorni per convincerlo, e alla fine ci sono riusciti con due argomenti: primo, sul piano politico se voleva riprendere la leadership globale della lotta ai cambiamenti climatici non poteva ospitare un vertice senza novità dirompenti americane; secondo, gli investimenti nell’economia verde produrranno più posti di lavoro di quanti ne taglieranno, se fatti bene per rivoluzionare industria, trasporti, energia. Alla fine Biden si è convinto, ma la strada per arrivare al traguardo è molto ripida.
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