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SINTESI IN PRIMO PIANO – 24 aprile 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– Dl Aprile: tensioni fra i partiti;
– Fase due: pronto il calendario;
– Def: oggi in Cdm votazione su scostamento di bilancio;
– Recovery Fund: sì del Consiglio Europeo all’accordo;
– Cina: studio Università di Hong Kong, forse i contagiati sono 232 mila;
– Usa: crisi economica, Trump perde punti.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Perrone Manuela 
Titolo: Mes congelato, fra Pd e M5s ora sale la tensione sul Dl Aprile
Tema: Tensione su Dl Aprile

A riprova delle fibrillazioni c’è lo slittamento a oggi del Consiglio dei ministri che deve licenziare il Def e la relazione per chiedere al Parlamento il via libera al deficit aggiuntivo. Riunione che sarà preceduta da un confronto tra il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e i capidelegazione Alfonso Bonafede, Dario Franceschini, Teresa Bellanova e Roberto Speranza. Sul tavolo ci sono i numeri del dramma dell’economia italiana messi nero su bianco nel Documento di economia e finanza: il crollo dell’8% del Pil, il deficit al 10%, il debito al 155%. Ma ci sono anche le richieste dei partiti per quella che si preannuncia sempre di più come una maxi-manovra. Al videoincontro con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e i tecnici del Tesoro, non si è riusciti a evitare lo scontro tra la visione pragmatica dei dem e quella più assistenzialista dei Cinque Stelle, che con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e la viceministra dell’Economia Laura Castelli hanno alzato la voce sui contributi a fondo perduto per le imprese, ma soprattutto sul reddito di emergenza. Da Italia Viva la ministra della Famiglia, Elena Bonetti, ha avvertito: «Per me è irrinunciabile garantire un assegno mensile per tutti i figli perché le famiglie stanno affrontando maggiori spese. E i congedi straordinari dovrebbero essere estesi non solo per altri 15 giorni, ma ulteriormente, se la scuola non riaprirà». È sempre Bonetti a replicare con fermezza al presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, secondo cui bisogna «scordarsi centri estivi e oratori» per i bambini. «Non ce li scordiamo, li organizziamo in modo sicuro per la salute di tutti: del resto questa è la responsabilità della politica», il paletto fissato dalla ministra.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: Come distribuire i finanziamenti? Lo scontro nella maggioranza
Tema: Tensione su Dl Aprile

La situazione è a dir poco grave e in tutto ciò le forze della maggioranza litigano per decidere a chi – e in che modo – destinare i 55 miliardi del cosiddetto decreto d’aprile (che però rischia di essere ribattezzato decreto di maggio) previsti dallo scostamento di bilancio. Su questo l’altro ieri notte si è assistito a un braccio di ferro tra Pd e Italia viva, da una parte, 5 Stelle e Leu dall’altra. Teatro dello scontro, il vertice economico di maggioranza. Ci è voluta tutta l’abilità (e la pazienza) di Roberto Gualtieri per arrivare a una soluzione accettata da tutti. Soluzione che, però, prima del Consiglio dei ministri, deve passare al vaglio delle forze politiche con una riunione, alle nove di oggi, tra Gualtieri, Giuseppe Conte e i capi delegazione dei partiti. II primo nodo del vertice è stato quello del reddito di emergenza. I 5 Stelle volevano destinare un miliardo a questo scopo e affidare la pratica, come nel caso del reddito di cittadinanza, all’Inps. Il viceministro dell’Economia Antonio Misiani per il Pd e Luigi Marattin per Iv si sono opposti. Va bene stanziare dei fondi, ma visto che in realtà sono per i lavoratori in nero, siano una tantum e vadano ai comuni che conoscono meglio la situazione dei territori. «Non si può fare un reddito di cittadinanza bis», è stata l’obiezione di Misiani. Secondo nodo: i soldi alle imprese. Stefano Patuanelli ha proposto una distribuzione a pioggia. Misiani e Marattin hanno fatto nuovamente muro: le risorse devono essere mirate alla ripartenza. «Non possono essere destinate – è stata l’obiezione di Marattin – solo a galleggiare nel presente, ma soprattutto a costruire la ripartenza. Dobbiamo sostenere gli sforzi del nostro tessuto produttivo per impedirgli di scomparire».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 – Divisi sui numeri ma uniti sui sussidi
Tema: Tensione su Dl Aprile

Non è una novità che nella riunione di maggioranza sul decreto Aprile ci sia stata l’ennesima lite tra alleati. La novità semmai è su cosa si litiga. Spesso, nei passati governi di coalizione anche quando avevano un unico colore, si confrontavano culture diverse – più o meno riformiste, assistenziali o liberal – e le liti si concentravano su strumenti di politica economica differenti provocando lacerazioni profonde. Nel Conte II invece non è questo che divide ma anziunisce una inclinazione simile – solo con sfumature diverse – verso la polirica dei bonus, sussidi, sovvenzioni. Insomma, c’è una tendenza all’assistenza prima di tutto e si discute solo sulla platea di beneficiari: su quanto debba – o possa – essere ampia. Il ruolo dei tecnici del Mef si concentra sulle compatibilità finanziarie rispetto alle spinte dei 5 Stelle, che il Pd asseconda. E’ chiaro che non è in discussione la necessità un piano di aiuti, resta però il dubbio se alcuni di questi possano prescindere dal reddito o che si pensi di includere i lavoratori in nero. A ciascun partito il suo bonus, si potrebbe dire. “Un Paese sovvenzionato ad personam”, ha efficacemente detto il sociologo De Rita in un’intervista di qualche giorno fa in cui ha chiarito la distanza tra la stagione del dopoguerra e la retorica attuale sull’economia di guerra causata dal virus. “Ora si aspetta solo il bonus dello Stato, anche il bonus vacanze. Questa era una cultura che non sfiorava la generazione della guerra”, ha spiegato De Rita notando come oggi manchi uno scatto, “la vitalità dei soggetti” di cui è anche responsabile “un’élite di potere”. Qui sta il nocciolo secondo Enrico Morando, exviceministro dell’Economia, esponente della tradizione riformista del Pd che oravede parecchio annebbiata per il ripiegamento su tesi assistenzialistiche che non aiutano quello “scatto” produttivo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Negri Giovanni 
Titolo: Decreto Cura Italia, il processo online divide i magistrati
Tema: Decreto Cura Italia

Sul processo virtuale, quello penale soprattutto, magistratura in ordine sparso. E avvocatura compatta. Con il voto di fiducia alla Camera sul decreto legge Cura Italia le modalità di svolgimento “da remoto” dell’attività giudiziaria fanno un netto salto, visto che alle misure nel settore civile e penale concentrate su rinvii e sospensioni certo, ma in buona parte sulle modalità di svolgimento delle udienze, si aggiungeranno anche le indagini preliminari. E se la fase attuale è condizionata dall’emergenza, già si riflette sull’eredità che questi mesi lasceranno. Tra il «mai più nulla come prima» e il «tutto deve tornare come prima». E se gli avvocati, Camere penali in testa, già contestano l’allargamento come esempio di una deriva autoritaria del modello processuale, distante dai valori costituzionali, la magistratura si divide. Con Magistratura Democratica ad aprire la discussione sostenendo che nel nostro ordinamento le ipotesi di processo a distanza sono disciplinate come eccezioni». Di più, la presenza fisica «è garanzia non solo del diritto di difesa, ma anche del risultato epistemolgico dell’acquisizione probatoria». Forti perplessità anche sulle camere di consiglio delocalizzate «con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore delle decisioni assunte in tali modi». Dove a trasparire è una forte preoccupazione per un giudice dematerializzato, distante dal contatto con le parti del processo e dalla fatica dell’amministrazione della giurisdizione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Stella Gian_Antonio 
Titolo: Che strano Paese diventerebbe senza 17 milioni di over sessanta – La ribellione degli over 60 «Noi chiusi in casa? Una follia»
Tema: Isolamento per età

Andare in pensione «a 65 anni è ridicolo. A 65 anni avevo ancora i brufoli», sbottò George Burns, protagonista con Walter Matthau de I ragazzi irresistibili. Figuratevi se gli avessero chiesto a sessanta di restare recluso in casa in una proroga senza scadenza. Va da sé che la proposta buttata lì da Vittorio Colao, per quanto stoppata da Giuseppe Conte, sta sollevando ansie e proteste a non finire. All’inizio, a dire il vero, era girata voce di una prorogatio, istituto che in Italia è spesso declinato all’infinito biblico, agli ottantenni ed oltre. E già quell’ipotesi, che avrebbe toccato quasi quattro milioni e mezzo di italiani, aveva fatto saltar sui più combattivi veterani tipo l’avvocato Raffaele Della Valle: «Alla prima udienza utile dopo il 3 maggio sarò in tribunale a fare il mio mestiere. Se mi fermeranno chiederò lo stesso provvedimento per tutti i coetanei ai vertici delle istituzioni, della Corte Costituzionale, della politica…». Poi la platea dei possibili isolati in casa, stando alle parole del ministro Francesco Boccia che ipotizzava la proroga fin dentro l’estate col coinvolgimento degli studenti «che prenderanno la Maturità e che potrebbero essere arruolati per i servizi essenziali nelle loro città, ad esempio la consegna della spesa o i servizi agli anziani», è sembrata allargarsi ai settantenni. Cioè a dieci milioni e 300 mila persone pari al 17% del totale. Fino a gonfiarsi ancora, nell’ipotesi Colao, fino ai sessantenni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: C’è il calendario, 4 tappe per ripartire
Tema: Fase due

Sono quatto le date chiave per la fase 2. Quattro lunedì che scandiscono le ripartenze dopo il lockdown. C’è chi vorrebbe accelerare, chi frena. Ma alla fine il governo ha fissato il calendario per le aperture di aziende e negozi, dal 4 maggio a fine mese, Tutto dipenderà comunque dalla curva di contagi. Se l’indice Ro dovesse ricominciare a salire il programma potrebbe subire un rallentamento. Per ora a Palazzo Chigi arrivano pressioni fortissime dalle categorie produttive. Tutte le associazioni nazionali che rappresentano la filiera delle costruzioni, oltre 600 mila aziende e 2 milioni di occupati, dicono di essere «pronte a ripartire». Lo stesso pressing arriva dalle imprese che producono materiali da costruzione, arredamento e finitura. I sindacati fanno resistenza e, sospettano nel Pd, «il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, non vuole litigare con Cgil, Cisl e Uil». A preoccupare il governo sono le decisioni dei governatori sul fronte sanitario. In particolare, la diminuzione del numero di posti letto in terapia intensiva: dai 9.463 del 13 aprile agli 8.840 del 22 aprile, con una perdita di 25o posti per la sola Lombardia, in gran parte nelle strutture private. Il ministro Francesco Boccia lancia l’allarme: «Le regole e il calendario di riaperture che concorderemo avranno un punto fermo. Più un territorio è sicuro, più le misure potranno essere allentate. Più il contagio sale, più scatteranno nuove restrizioni. È evidente che le Regioni non devono mai abbassare la guardia, terapie intensive, subintensive e interventi sanitari immediati sui contagiati devono essere la priorità assoluta».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Galeazzi Giacomo 
Titolo: Fase 2, famiglie in allarme “Il governo ci aiuti con i figli”
Tema: Fase due

In Italia ci sono 12 milioni di famiglie con 8,4 milioni di figli a carico under 14 anni. La legge vieta di lasciarli a casa da soli, ma il 4 maggio i loro genitori dovranno tornare a lavoro, scuole e asili rimarranno chiusi e a occuparsi dei nipori non potranno essere i nonni, la fascia d’età maggiormente in pericolo e che finora ha pagato il prezzo più alto all’emergenza sanitaria. In estate, poi, non andrà meglio tra le pareti domestiche: piscine, parchi, parrocchie, centri ricreativi off-limits. «La fase uno della pandemia è stata un disastro per la terza età, la fase due rischia di esserlo per l’infanzia», avverte Massimo Gandolfini, portavoce dell’Associazione Family Day. «Con i genitori a lavoro e loro chiusi in casa, i bambini sono esposti a disturbi neuropsichiatrici del comportamento a restare con i figli». Inoltre, prosegue Gandolfini, «tanti hanno già consumato le ferie per occuparsi dei bambini e trovano tutto chiuso, persino i centri diurni per Down e autistici». Una situazione «scientificamente insostenibile». Nei prossimi giorni il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe incontrare il Forum delle associazioni familiari. Intanto, però, né la task force perl’emergenza sanitaria né i dicasteri dell’Istruzione e della Famiglia hanno chiarito bene come conciliare la ripresa il 4 maggio delle attività produttive con la proroga della chiusura di scuole e asili. Il congedo parentale riguarda dipendenti pubblici e privati, iscritti alla gestione separata, o autonomi iscritti all’Inps. Finora sono state presentate 200 mila domande e la misura termina il 3 maggio.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Sallusti Alessandro 
Titolo: Perché il 4 maggio non sarà una festa
Tema: 4 maggio – fine quarantena

Il 4 maggio – probabile giorno del fine quarantena generale – non sarà una festa. Chi pensa che si «tornerà alla normalità» solo perché potremo uscire di casa quando vogliamo o fare una corsetta al parco si sbaglia di grosso. Meglio che niente, ma la «normalità» sarà per pochi, comunque per un numero insufficiente a festeggiare. Molte persone, purtroppo, scopriranno – o meglio prenderanno coscienza – di avere perso il posto di lavoro, altri finiranno direttamente in cassa integrazione, molti commercianti e imprenditori nei servizi (parrucchieri, estetisti, albergatori, baristi e ristoratori) prenderanno atto che con le nuove regole e i loro cavilli burocratici il fatturato crollerà sotto la soglia minima per stare in piedi. E su tutti arriverà implacabile la mannaia dello Stato: tasse, bollette, contributi e il resto che ben conosciamo. E poi le banche che premeranno, e poi i controllori che staranno col fiato sul collo, e poi il virus che si è assopito ma non è morto e che da un momento all’altro potrebbe tornare a colpire. Un conto è essere ottimisti, altro è fingere che per tutti «andrà tutto bene». Non è così. Spero di essere smentito ma nelle condizioni politiche ed economiche attuali lo choc della riapertura sarà più duro di quanto non sia stato quello della chiusura, che almeno all’inizio è stato addolcito dall’adrenalina della novità, dai canti sui balconi e dalla retorica della resistenza al nemico. Il governo si prepari. Dal 4 maggio per milioni di italiani il nemico non sarà più il virus ma lui, cioè lo Stato. Milioni di disoccupati, alcuni dei quali pure affamati, Conte non potrà consolarli a parole, distrarli con un post, blandirli con promesse come fatto fino a ora.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fiano Fulvio 
Titolo: Mascherine alla Regione, la Procura di Roma indaga: 7 milioni mai consegnate
Tema: Mascherine alla Regione Lazio

Inadempimento di contratto sulle pubbliche forniture: è il reato ipotizzato dalla Procura di Roma sulla mancata consegna di sette milioni e mezzo di mascherine alla Regione Lazio da parte della Eco Tech srl. Anche la scadenza di ieri, dopo rinvii di oltre un mese, non è stata rispettata. E l’ente pubblico, che in questa vicenda è parte lesa, è ora pronta a chiedere i risarcimenti. Su delega del procuratore aggiunto Paolo Ielo i finanzieri del Nucleo provinciale hanno già acquisto negli uffici del Dipartimento regionale della Protezione civile i contratti stipulati a metà marzo in affidamento diretto (come previsto dal regime emergenziale), lo scambio di mail e la documentazione fornita a sostegno della propria credibilità da parte della società con base in Cina, sede a Frascati, un capitale sociale da iomila euro e una composizione societaria oggetto di indagine assieme ai suoi vertici. Alla difficoltà di reperire un cargo per il trasporto si è aggiunto da ultimo un «nuovo» dazio doganale del 6%. La merce, secondo le rassicurazioni fornite dal consolato italiano a Shangai, è già imballata in attesa dell’imbarco. Ma in una mail inviata ieri alla Regione la Eco Tech spiega che per difficoltà del socio cinese l’adempimento è slittato. Senza sbocchi in un paio di giorni, la commessa salterà. II contratto, in tre lotti, prevede la fornitura di 9,5 milioni di mascherine al costo totale di 35,9 milioni di euro, 11 dei quali già versati in anticipo. Finora sono arrivate due milioni di mascherine chirurgiche. Mancano le Ffp2 ed FfP3 destinate al personale sanitario e ospedaliero del Lazio, alle forze dell’ordine e alle categorie di lavoratori più a rischio. «Non c’è un problema di approvvigionamento – dicono in Regione – siamo coperti per oltre un mese».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Poletti Fabio 
Titolo: Retroscena – Per Sala i numeri non tornano: a Milano 150 mila contagiati – Per Sala i numeri non tornano “A Milano 150 mila contagiati”
Tema: Sala, i numeri non tornano “A Milano 150 mila contagiati”
La guerra sui numeri dei contagiati al Co Jvid-19 va avanti dall’inizio della pandemia. Quelli ufficiali a Milano, forniti nel report quotidiano di Regione Lombardia, sono diventati 7221 con un incremento di 105 positivi al Coronavirus rispetto al giorno prima. Per capirne di più il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha scritto una lettera al Governatore lombardo Attilio Fontana per chiedergli conto dei conti. Il contenuto della missiva l’ha spiegata lui stesso nel quotidiano messaggio sui social: «Abbiamo buone notizie ma c’è anche una grande incertezza sui contagi. Mi trovo in imbarazzo perché ho dei dati sulla progressione dei contagi e il numero è 7116, poi ho degli scienziati che mi dicono altri numeri. Come dice il professor Carlo Lo Vecchia (è un epidemiologo, ndr) i contagiati a Milano sono trai 150 mila e i 300 mila. Capite l’incertezza e l’imbarazzo. Per questo sto chiedendo al presidente Fontana di avere maggiore chiarezza su questi numeri, ovvero capire da dove nasce questa misurazione». Spiegano meglio da Palazzo Marino: «Siamovicini alla fase 2, quella della riapertura. Sapere il numero dei contagiati vuol dire conoscere quanti tamponi sono stati fatti a Milano e soprattutto a chi. Perché se fossero stati fatti solo ai medici e al personale sanitario, vuol dire che c’è una marea di cittadini potenzialmente in movimento tra pochi giorni di cui non sappiamo nulla, soprattutto se hanno sintomi e sono contagiosi».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Veltroni Walter 
Titolo: Intervista a Fabiano Fabiani – «Ci sarà un nuovo inizio» – «Ci sarà un nuovo inizio, come il dopoguerra»
Tema: Intervista a Fabiano Fabiani

Fabiano Fabiani è stato uno dei testimoni e dei protagonisti – Rai, Finmeccanica – della ripresa dell’Italia dopo la guerra. Il suo racconto e il suo punto di vista possono essere utili, in questo momento di passaggio della storia italiana. MI racconti la tua infanzia durante il fascismo? «Sono nato alle ore 13 di venerdì 17 maggio del 1930. Ho abitato i primi anni della mia vita in una piccola frazione di Tarquinia, Le Saline. Mio papà era un impiegato. Quello che mi ricordo bene, a proposito dei cambiamenti, è mia nonna che con il cesto sulla testa andava alla lavanderia comune delle Saline a lavare i panni di casa. Qualche anno dopo mia madre metteva i panni dentro una macchina strana e nuova, la lavatrice. In mezzo la guerra e poi la ricostruzione». Il fascismo come lo sentivi, allora? «Era lontano. Lo sentivo come la normalità. Mio papà aveva fatto la marcia su Roma, ma non era un fascista fanatico, non ne parlava quasi mai. Vivevamo una vita familiare abbastanza tranquilla. Il fascismo lo vivevo come una cosa che c’era, normale. Non conoscevamo altro, la democrazia non l’avevamo mai vista. Comportava degli obblighi: il sabato la divisa da balilla, la ginnastica e le adunate. E poi ascoltare con grande attenzione i discorsi da piazza Venezia, almeno fino alla dichiarazione della guerra». Chi era Mussolini, per te bambino? «Era il capo, il capo del Paese. Il duce indiscusso, era quello che ci comandava, che ci guidava e ci portava in Africa orientale, lo dovevamo rispettare e anche qualcosa di più, perché era il capodi tutti. Non era solo il capo del governo, ma il capo del Paese. Così era percepito nell’infanzia, almeno da me».
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Testata:  Foglio 
Autore:  Faraone Davide 
Titolo: Caro governo, la Rai muore perché è immobile. È ora di cambiare
Tema: Rai

La Rai è diventata un’anomalia di stato: la tv pubblica appannaggio del potente o ex potente di turno che continua a dare messaggi fuorvianti agli italiani. Simul stabunt, simul cadent, questo il patto del cupio dissolvi che avvolge la Rai. Una responsabilità enorme gestita con la coscienza e l’etica di chi si asservisce alla lottizzazione senza se e senza ma. Questo è il film andato in onda con la ormai nota conferenza stampa in cui Conte, oltre ad informare i cittadini, ha attaccato le forze opposizione . La reazione è stata ancora peggiore del danno: Foa che prende ordini da Salvini e Meloni e i leader dell’opposizione che contro occupano uno spazio pubblico spropositato in uno scontro che è ancora una volta tutto interno ad un governo, quello gialloverde, che non c’è più da quasi un anno. Nel valzer dell’iprocrisia della Rai, dove c’è un cda messo in quarantena dal presidente “postino” leghista Foa e da un ad “non vedo non sento” Salini, va in scena il finto processo alla Rai dove tutti alla fine saranno assolti perché l’importante è tenere la tv pubblica sotto scacco, mica farla funzionare bene. L’importante è prendere gli ordini degli amici, di quelli che ti hanno fatto fare carriera, ed eseguirli. Un lavoro facile e veloce, a danno della collettività , ma chissenefrega. Chissenefrega se gli spazi informativi sono monopolizzati a scapito della corretta informazione, se arriva la telefonata del tuo leader che si chiami DiMaio o Salvini, si obbedisce e punto. E intanto la Rai muore. Muore perché non sta svolgendo la funzione didattica ed educativa che ci saremmo aspettati ora che le scuole sono chiuse.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Debito pubblico, 43mila euro a testa – Debito a 155,7%, 43mila euro a testa Il deficit cancella le clausole Iva
Tema: Def

Un’altra giornata di lavoro sui numeri e l’incrocio con il Consiglio europeo hanno allungato ancorala gestazione di Def e relazione al Parlamento sul deficit per la maximanovra anticrisi. Che a questo punto difficilmente arriverà entro il mese di aprile come da previsioni del governo. Le cifre di riferimento hanno preso forma nella riunione notturna fra mercoledì e giovedì, che ha sancito due cose: il conto della manovra, la più grande della storia repubblicana, è salito ancora, con un deficit aggiuntivo che sarà di 55 miliardi, cioè il 3,3% del Pil con una ricaduta dell’1,4% del Pil sul 2021, e un fabbisogno che dovrebbe superare addirittura i 161 miliardi. Ma l’altro dato registrato dalla riunione è il mancato accordo fra le forze di maggioranza su alcune delle misure chiave del prossimo provvedimento. La complicata ricerca di un’intesa proseguirà questa mattina, quando è in programmaun incontro fra Il ministro dell’Economia Gualtieri e i capigruppo della maggioranza. Poi, finalmente, il Consiglio dei ministri. L’effetto combinato di recessione e spinta al deficit per gli interventi urgenti porterà il debito pubblico al 155,7% del Pil: il debito arriva insomnia nelle vicinanze dei 2.600 miliardi di euro, con un aumento di oltre 190 miliardi rispetto allo scorso anno, facendo salire il conto nei dintorni dei 43.100 euro per ogni italiano, neonati compresi. Il debito rimane «sostenibile», rimarca la bozza del Def circolata ieri sera, ma per riavvicinare la media dell’area euro l’Italia dovrà impiegare un decennio a colpi di «congrui surplus di bilancio primario». Si riassume così il colpo inferto dal Coronavirus a un quadro di finanza pubblica che negli anni scorsi non era riuscito a far cambiare direzione al debito, nonostante la correzione “involontaria” del deficit realizzata dal governo Conte-I.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barbera Alessandro 
Titolo: Pronti 55 miliardi per la crisi post-virus Atteso un crollo del Pil dell’8 per cento
Tema: Def

«Una caduta senza precedenti nel periodo post-bellico». Il costo del coronavirus e del lockdown sull’economia italiana è ora nei crudi numeri del documento di economia e finanza. Crescita in calo dell’otto per cento, deficit a -10,4, debito al 155,7. Le ultime notizie dai palazzi dicono che il costo dovrebbe aggirarsi attorno ai 55 miliardi di euro, dieci dei quali da dedicare all’indennizzo a fondo perduto per le aziende danneggiate dallo stop prolungato. Non solo: Roberto Gualtieri vuole sin d’ora liberarsi dell’ipoteca delle vecchie clausole di salvaguardia, ovvero gli aumenti Iva che – se non finanziati sin d’ora in deficit – dal primo gennaio del 2021 imporrebbero l’aumento dell’Iva. Il Documento che verrà presentato alle istituzioni europee prevede per l’anno prossimo un rimbalzo della crescita del 4,7 per cento, un deficit dimezzato (-5,7), un debito in discesa di tre punti, al 152,7. Nelle condizioni di oggi sono pie promesse, ma ciò che conta è ottenere dall’Unione e dai mercati lo spazio utile a far ripartire l’economia. La decisione della Banca centrale europea di accettare persino i titoli spazzatura come garanzia da parte delle banche sarà cruciale. Il gong suonerà stamattina con il consiglio dei ministri. Il Documento che verrà spedito a Bruxelles elenca la tragedia in poche righe: un terzo del crollo della ricchezza sarà dovuto alla caduta del commercio internazionale, il resto dal «cambiamento delle abitudini degli italiani nei consumi» e dalle «politiche di distanziamento sociale».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Orioli Alberto 
Titolo: L’analisi – Via obbligata ma pericolosa
Tema: Debito pubblico italiano

Il debito pubblico salirà verso i 2.600 miliardi, il 155,7% del Pil. Più o meno 43mila euro a testa, neonati compresi. Questa Italia dei “pagherò” è pressoché iñevitabile; il virus ha mandato in coma anche l’economia che ha bisogno di una respirazione artificiale perché questo stato di “vendo zero e compro zero” sia superato da una circolazione di domanda e offerta artificiale. E così, perla prima volta, scende in campo anche un copioso intervento di debito privato con i prestiti bancari garantiti dallo Stato. Un’operazione che mette in circolo fino a 400 miliardi da parte delle banche (grazie ai 55 stanziati dallo Stato a copertura delle garanzie pubbliche). Il Covid-19 sta desertificando l’economia e lascia sul campo, oltre all’enormità dei 25mila morti, quasi 10 milioni di cittadini in povertà, con le code ai Monti di pietà e alle mense della Caritas. La Fase 2 non sarà immediatamente risolutiva: la ripartenza sarà graduale e ridotta e in certi settori non garantirà nemmeno marginalità positive. Nessuno può garantire che non ci sarà una falcidia nelle aziende meno strutturate. E soprattutto nessuno potrà scommettere che quel debito privato, prima o poi, si tramuti in sofferenze, nei famigerati Npl che le banche italiane, con grande sforzo, hanno ridotto apoco più di 80 miliardi. Tanto da far pensare che, a conti fatti, siano preferibili indennizzi a fondo perduto rispetto ai prestiti. Il ricorso al doppio debito, pubblico e privato, in queste condizioni salva il Paese oggi, ma rischia di zavorrarlo domani.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Perrone Manuela – Trovati Gianni 
Titolo: Conte incassa il finanziamento ponte e raffredda il Mes
Tema: Recovery Fund

«È passato il principio di uno strumento urgente e necessario. Uno strumento finora impensabile, che si aggiunge a quelli già varati e che renderà la risposta europea più solida e coordinata». Giuseppe Conte saluta così in un breve videomessaggio il via libera del Consiglio Ue al Recovery Fund, con il mandato alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di avanzare una proposta entro il 6 maggio e non entro il 29, come originariamente annunciato. È il “fattore tempo” la vittoria che il premier italiano può sbandierare. Lo stesso rivendicato anche dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che considera «un successo per l’Italia e i Paesi che hanno spinto per questa soluzione» l’etichetta di «necessario e urgente» attribuita al nuovo fondo per la ripresa dall’eurosummit di ieri. Anche perché la formula è significativamente diversa da quella iniziale, in cui i Governi europei si dicevano «d’accordo a lavorare per stabilire un Recovery Fund» mentre l’intesa franco-tedesca ipotizzava addirittura l’espressione «siamo d’accordo a esplorare» l’idea. E nella complicata diplomazia intergovernativa, una evoluzione del genere nei testi ufficiali rappresenta un passaggio tutt’altro che scontato. Un risultato di questo tipo aiuta il ritrovato asse Conte-Gualtieri anche a gestire una partita domestica che appare comunque non facile. Nella prospettiva italiana, infatti, il pacchetto confezionato ieri dal Consiglio continua a essere dominato dalla mina del Mes.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: La mediazione di Conte: «Italia in prima fila, accolte le nostre esigenze»
Tema: Recovery Fund

Nonostante la cornice ancora vaga, il disaccordo dei 27 sulle modalità, la resistenza dell’Olanda, il Recovery fund chiesto anche dall’Italia prende comunque forma e permette a Giuseppe Conte di poter dirsi soddisfatto: «È stata segnata una tappa importante nella storia europea, impensabile sino a poche settimane fa, i 27 Paesi hanno accettato di introdurre uno strumento innovativo. L’Italia è in prima fila a chiedere il Recovery Fund. Uno strumento del genere era impensabile fino ad adesso e renderà la risposta europea più solida e coordinata, sono state accolte le nostre esigenze di renderlo non solo necessario ma anche urgente. La Commissione lavorerà in questi giorni per presentarlo già il prossimo 6 maggio». Per lo stesso Macron sono ancora tanti i punti di disaccordo eppure per Palazzo Chigi, al termine di oltre quattro ore di Consiglio europeo in videoconferenza fra le varie Capitali, si brinda al successo. Il quarto strumento della risposta dell’Unione europea per rispondere alla crisi economica causata dal coronavirus è ora incardinato e nella seconda o terza metà di maggio dovrebbero essere definiti i dettagli e la reale portata, che l’Italia ha chiesto non inferiore a 1.500 miliardi di euro. Il commento a caldo del presidente del Consiglio è altisonante : «Con tutti i 27 Paesi abbiamo deciso di introdurre, per reagire a questa emergenza sanitaria, economica e sociale, il Recovery Fund, un fondo perla ripresa con titoli comuni europei che andrà a finanziare tutti i Paesi più colpiti, tra cui l’Italia ma non solo l’Italia. La nostra iniziativa, la lettera firmata con altri 8 Paesi – rivendica – è stata molto importante perché uno strumento del genere era impensabile fino ad adesso. Si aggiungerà a quelli già varati e renderà la risposta europea più solida, coordinata ed efficace».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Primo accordo in Europa – Il maxi piano dell’Europa Aiuti di Mes e Bei a giugno
Tema: Recovery Fund

Alla fine i capi di Stato e di governo hanno preso tempo, anche se il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha dichiarato che tutti sono concordi nell’ammettere «che serve con urgenza» la creazione di un Fondo per la ripresa post coronavirus (non era scontato) e che «dovrebbe avere la grandezza sufficiente, essere mirato ai settori e alle parti geografiche d’Europa più colpite». L’accordo definitivo però è rimandato al Consiglio Ue di giugno, dopo che il 6 maggio la Commissione Ue avrà presentato il suo Fondo perla ripresa, su mandato dei leader europei. Su quella proposta inizierà il negoziato vero. Il progetto «sara di migliaia di miliardi», in parte prestiti e in parte aiuti a fondo perduto, ha detto in conferenza stampa la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, senza voler quantificare con precisione, sottolineando che «l’unico strumento» per superare la crisi è «II bilancio pluriennale Ue legato al Recovery Fund», su cui la Commissione «esplorerà soluzioni innovative» come è stato richiesto «all’unanimità» dai leader. Per aumentare la potenza di fuoco del Bilancio Ue la presidente ha proposto di intervenire sulla cosiddetta headroom, la differenza tra impegni e pagamenti, alzando i primi facendo salire le risorse proprie «dall’attuale 1,2% al 2% del Reddito nazionale lordo per due-tre anni».
Sono però allo studio «soluzioni ponte» per evitare che i tempi si allunghino, anche se il premier olandese Mark Rutte ha già fatto sapere che «è difficile capire perché servano altri soldi prima della fine di quest’anno. Ma prima aspettiamo l’analisi della Commissione».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: Intervista a Antonio Misiani – “Maxi-aiuti alle imprese e bonus agli autonomi No a veti ideologici sul Mes”
Tema: Intervista a Antonio Misiani

Antonio Misiani, vice-ministro dell’Economia, è reduce da ore di riunioni per definire il «decreto aprile” con le nuove misure per l’economia. Assicura che ci saranno soldi «a fondo perduto» per le imprese e che si tratterà della più grande manovra di bilancio degli ultimi 25 anni». Merkel ora dice che senza solidarietà non c’è Europa. La Germania ha capito la drammaticità del momento o è solo un modo per compensare il no agli eurobond? «In Germania si è aperto un dibattito vero sulla necessità di una risposta comune dell’Ue di fronte a un’emergenza senza precedenti. È maturata una consapevolezza importante su un punto basilare: in Europa nessuno può salvarsi da solo». Ma il «Recovery fund», il vero strumento che potrà fare la differenza, ha tempi lunghi. Non rischiamo che i soldi arrivino troppo tardi? «La rapidità nella disponibilità delle risorse è una variabile cruciale. Siamo partiti da un vago riferimento volto ad esplorare la possibilità di creare un Recovery fund, che poi è diventato un accordo per lavorare alla sua creazione. Uno dei due principali risultati ottenuti dall’Italia all’Eurogruppo, insieme all’assenza di condizionalità sul Mes. Adesso il piano è diventato “necessario e urgente”, un ulteriore fondamentale passo avanti dopo quelli già compiuti dall’Unione durante l’emergenza». Parliamo del Def e del decreto. Lo scostamento di bilancio arriva a 55 miliardi? «L’ordine di grandezza è quello, sarà la più grande manovra di bilancio degli ultimi 25 anni. L’obiettivo è un intervento di grande portata che deve sostenere imprese e famiglie italiane nella fase di ripartenza nelle prossime settimane. Rifinanzieremo gli ammortizzatori sociali, il sostegno agli autonomi e le misure per le famiglie. Aiuteremo le imprese anche con finanziamenti a fondo perduto. E interverremo a favore degli enti locali».
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Testata:  Mf 
Autore:  Villarosa Alessio 
Titolo: In Italia è arrivato il momento di dare vita a una grande banca pubblica nazionale
Tema: Sistema bancario

Il governo ha deciso di stanziare velocemente le prime risorse utili ad attenuare i pregiudizi economici connessi alla gestione dell’ emergenza ma la burocrazia e il sistema bancario hanno risposto con strumenti convenzionali e poco innovativi per gestire una crisi simmetrica, globale e senza precedenti; questo potrebbe essere del tutto inadeguato alle reali esigenze dell’economia. Per gli Stati dell’eurosistema sono necessari almeno 1.500 miliardi di euro per il rilancio del tessuto economico ed è necessario intervenire sia sulle esposizioni finanziarie in essere ma principalmente sull’erogazione di nuova finanza. Accolgo con piacere la notizia Abi, che ringrazio, in merito all’estensione della sospensione del pagamento delle rate di mutui e dei finanziamenti. Sarebbe necessario intervenire in tal modo in tutti i settori del credito. Ho più volte sostenuto come sia d’interesse del sistema bancario, in questo momento, non sacrificare famiglie e imprese con le segnalazioni nei sistemi d’informazioni creditizie. Avvalersi della sospensione del pagamento delle rate consente a famiglie e imprese di beneficiare del giusto tempo per «riabilitarsi» e alle banche di «non subire» il complesso sistema di norme (europee) contabili e di vigilanza prudenziale, sia in termini assorbimento di capitale che di gestione delle sofferenze. La genesi di questo problema potenzialmente devastante per l’Italia si riscontra nella struttura del sistema bancario nazionale. Nelle economie più evolute, in primis in Germania, il sistema bancario è ripartito in tre pilastri, le hanche private, le banche cooperative e le banche a partecipazione pubblica.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Olivieri Antonella 
Titolo: Borsa, l’allarme della Consob: Londra garantisca l’autonomia – Borsa italiana, Consob rilancia: «Londra garantisca autonomia»
Tema: Borsa, l’allarme della Consob

C’è preoccupazione a livello politico sul destino di Borsa italiana, asset dichiarato strategico ai fini degli interessi nazionali tanto da meritare la tutela del golden power. La Borsa però è di proprietà del gruppo London Stock Exchange, soggetto giuridico di un Paese che ha deciso di uscire dall’Unione europea e che al momento è impegnato nell’acquisizione di Refinitiv, un’operazione da 27 miliardi di dollari, che rimpasterà l’azionariato a favore della compagine americana (oggi il primo singolo azionista è il fondo sovrano del Qatar) e sposterà il baricentro operativo della società dal trading azionario al business dei dati. Fin qui, nulla di nuovo. Nei mesi scorsi il ceo dell’Lseg David Schwimmer era già stato in visita in Italia, accompagnato dall’ad di Borsa italiana Raffaele Jerusalmi, per rassicurare le autorità italiane – Tesoro, Consob e Banca d’Italia – che niente sarebbe cambiato. Ma ieri a eccitare gli animi sarebbero state le parole del presidente Consob, Paolo Savona, in audizione alla Camera. Rispondendo a una domanda del deputato 5Stelle Davide Zanichelli, che chiedeva delle possibilità di rientro della Borsa italiana all’interno della compagine Ue o addirittura dei confini nazionali, Savona ha risposto che – a partire dal 2 agosto, quando è stata annunciata l’operazione Refinitiv – Consob si preoccupata di una sola cosa e cioè di garantire l’autonomia operativa di Borsa italiana e la sua crescita sia in termini di personale sia di nuove tecnologie. Quanto alla proprietà, ha chiarito Savona, non è un tema di competenza Consob e tuttavia l’Authority di mercato è in costante contatto con il Ministrero delle Finanze, cui spettano le scelte.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Zatterin Marco 
Titolo: Intervista a Enrico Giovannini – Giovannini: “Via alla spesa sostenibile Serve la rivoluzione” – “Via con la spesa sostenibile o ripiomberemo nella crisi”
Tema: Intervista a Enrico Giovannini
Enrico Giovannini, economista della task force di Colao, è convinto che, attraversato lo choc della pandemia, «imprese e cittadini invocheranno dei salti in avanti», e pretenderanno che sia la politica a dirigerli. L’emergenza virale, argomenta, costringe a ripartire dopo essere precipitati. «C’è una necessità, ci sono fondi straordinari, serve una rivoluzione sostenibile», sostiene l’economista romano: «Non possiamo riprendere a spendere con gli stessi criteri che hanno portato l’Italia nella debolezza in cui si trovava tre mesi fa; siamo onesti, non era il massimo». Ha appena chiuso la prima fase di lavoro con il gruppo Colao, il professor Giovannini. Ha un impegno di riservatezza: dice appena che «è stata davvero interessante». Preferisce parlare di ciò che attende il Paese e di come orientare i miliardi che l’Europa ci farà avere per l’offensiva anticiclica. «Il rischio – concede – è provare a riportare le persone a lavorare, e il Pil a crescere, senza qualità del lavoro e dello sviluppo, ad ogni costo». Potenzialmente, sarebbe la replica di un insuccesso. «L’automatismo spinge a tornare dov’eravamo invece che avanzare – spiega -. È un errore visti i tanti problemi, dalle disuguaglianze all’inquinamento, mentre scegliere la sostenibilità renderebbe di più, anche in termini economici, sino al 15% nelle grandi imprese». Se non investiamo per trasformare economia e società, il rischio è di rimbalzare all’indietro. Si potrebbe attuare la proposta dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e del Forum Disuguaglianze e Diversità, di introdurre un reddito di emergenza per chi non è coperto da altri ammortizzatori, irregolari compresi. Questi ultimi sono tre milioni, e un milione lavora nelle filiere che ci consentono di andare avanti».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Orlando Luca 
Titolo: Commercialisti all’attacco della burocrazia: per le imprese liquidità, sostegni e facilitazioni – Commercialisti, attacco contro la burocrazia: «Liquidità alle imprese»
Tema: Liquidità alle imprese

Misure di contenimento a volte improvvisate e non coordinate. Con una bassa differenziazione nei confronti delle filiere produttive. A cui si aggiunge uno stop and go sui codici Ateco che ha generato enorme confusione tra gli operatori e gli addetti ai lavori. Sono le premesse di partenza del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, che insieme alla Fondazione Nazionale di categoria prova a fare un passo avanti rispetto alla normativa emergenziale, dettagliando un piano d’azione che entra nel dettaglio dei singoli comparti. O meglio dei cluster, pensati come raggruppamenti d’impresa che partendo dal settore di appartenenza tengono conto di interrelazioni produttive specifiche tipiche di filiere e distretti. Cinque quelli individuati, di cui uno, il made in Italy, spacchettato a sua volta in cinque categorie: agroalimentare, turismo, cultura moda, meccanica. Analisi che è parte di un piano più ampio della categoria (progetto Attività d’Impresa), il cui obiettivo è creare specializzazioni di tipo verticale. «Prima viene la conoscenza del settore – spiega il segretario del Consiglio nazionale dei commercialisti, Achille Coppola – perché solo la familiarità dei processi ci consente poi di applicare al meglio le competenze di tipo contabile e fiscale».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Maggiori Matteo – Coppola Antonio 
Titolo: Come i paradisi fiscali amplificano l’instabilità dei mercati finanziari
Tema: Mercati finanziari

La pandemia di Covid-19 potrebbe avere effetti devastanti sui Paesi emergenti che affrontano una situazione rovinosa. Questi Paesi spesso hanno sistemi sanitari poco adeguati e soffrono di sovraffollamento in estese aree urbane povere. Allo stesso tempo i governi hanno scarsa capacità fiscale e una politica monetaria ristretta da volatili flussi di capitale dall’estero. Le imprese più grandi fanno parte di lunghe catene globali di produzione e sono particolarmente esposte alle fluttuazioni del prezzo delle materie prime. I Paesi sviluppati stanno giustamente rispondendo alla crisi con ingenti spese pubbliche. Da economisti, non ci sorprenderebbe se Paesi con adeguate capacità di manovra fiscale spendessero il 20% del Pila debito per affrontare la crisi. Molti Paesi avanzati usciranno da questa crisi con debiti pubblici oltre il 100% del Pil. Se lo possono permettere, ed è la giusta politica fiscale al momento. I Paesi emergenti non hanno una paragonabile capacità fiscale. La loro abilità di sostenere debiti alti, molto oltre il 70% del Pil, è storicamente limitata. Qualora decidessero di provare una forte espansione fiscale, gli investitori richiederebbero interessi altissimi, aspettandosi futuri default. Il mercato dei capitali privati sta aggravando questo problema con un’enorme fuga di capitali esteri. Perseguire politiche monetarie ultra-espansionistiche, abbassando ulteriormente il rendimento delle obbligazioni e svalutando il tasso di cambio, incrementerebbe la fuga – almeno in assenza di controlli sui capitali e interventi sui tassi di cambio.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: «Bancarotta per gli Stati Usa in difficoltà»
Tema: Usa

Bancarotta – o meglio dichiarazione di crisi in tribunale e protezione dai creditori – per gli stati americani in affanno a causa della pandemia. È l’idea ventilata dal leader del Senato, il repubblicano Mitch McConnell, archiviata l’intesa sull’ultimo pacchetto di aiuti anti-coronavirus al Paese, 484 miliardi di dollari destinati a piccole imprese, ospedali e test medici che ha spinto a quasi tremila miliardi il totale dei soccorsi federali in risposta alle devastazioni nella salute pubblica e nell’economia. Un’idea per fermare o ridimensionare nuovi aiuti chiesti a gran voce dalle autorità locali, le cui finanze sono schiacciate dai costi della lotta in trincea contro il Covid-19 e dal crollo di entrate fiscali legate alla paralisi delle attività non essenziali, che cancella il gettito di imposte su reddito e vendite. Governatori e sindaci di grandi città hanno fatto appello per almeno 500 miliardi in una prossima legge. E l’urgenza è stata sottolineata dai dati sulla disoccupazione da una costa all’altra del Paese, altri 4,4 milioni di senza lavoro in una settimana, con punte dalla California alla Florida e al Texas che hanno spinto Il, totale in cinque settimane oltre i 26 milioni. Il tasso di disoccupazione in aprile potrebbe facilmente essere arrivato al 15 o 20 per cento. L’opposizione democratica ha fatto propria la domanda di risorse degli stati e avrebbe voluto inserirle nel piano appena varato. I repubblicani hanno però resistito e una separata legislazione potrebbe essere discussa a maggio.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: Visti da lontano – Trump perde punti tra gli over 65
Tema: Usa

In America la tragedia del coronavirus sconvolge anche la campagna presidenziale. Il palcoscenico è tutto per Trump (e per Andrew Cuomo che, però, non è in corsa) mentre il candidato democratico, Joe Biden, è quasi invisibile. Ma gli strateghi elettorali del presidente sono preoccupati: la pandemia ha demolito il pilastro centrale della loro campagna, la forza dell’economia Usa. I numeri di ieri – più di 26 milioni gli americani rimasti senza lavoro in poco più di un mese – aggiungono un dramma sociale a quello sanitario: non è detto che la sovraesposizione di Trump e la sua retorica brutale, carte vincenti nel 2016, funzionino anche in tempi di disastri apocalittici. Le proteste per la riapertura dell’America in corso in molti Stati danno al presidente, che le sostiene, la sensazione che il suo zoccolo duro sia intatto. Ma i sondaggi dicono che solo il 22% degli americani (e solo il 36% dei repubblicani) la pensa come gli attivisti della riapertura rapida. I sondaggi, l’abbiamo imparato nella campagna di quattro anni fa, hanno un valore relativo: Trump, magari, riuscirà a convincere i suoi elettori che la pandemia è una disgrazia planetaria controllabile solo con poteri sovrannaturali (che lui, per ora, non rivendica). E questa crisi estrema che, nelle speranze dei democratici, dovrebbe dare una scossa a giovani e millennials, potrebbe, invece, aumentare la loro disillusione perla politica e allontanarli ancor più dalle urne. Ma c’è un allarme che comincia a suonare forte nel quartier generale del presidente: il malumore degli anziani, cuore del suo elettorato.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Tagliando per uscire di casa. In tuta La gente di Wuhan resta in prova
Tema: Cina

Un tagliando rosa dove si segna l’ora di uscita da casa e quella di rientro. Un altro foglio da riempire per controllare dal punto di vista sanitario l’accesso al posto di lavoro. E una app sul telefonino che permette alle autorità di tracciare gli spostamenti e i contatti (ma questa non è una novità sconvolgente per il sistema sociale cinese). E la mascherina, sempre obbligatoria all’aperto. A Wuhan, prima città martire del coronavirus, la quarantena imposta il 23 gennaio è terminata l’8 aprile. Ma l’allarme sanitario e sociale non è finito. C’è stata la dichiarazione di «guerra contro il demone nascosto coronavirus» (frase usata da Xi Jinping), ma non c’è ancora la dichiarazione della vittoria, che pure farebbe politicamente molto comodo al Partito-Stato. Conforta che non siano segnalati nuovi casi nella città di u milioni di abitanti (tanti quanti quelli della nostra Lombardia, quindi un possibile metro di paragone sanitario per noi). Il bollettino di ieri, quindicesimo giorno della riapertura, rilevava solo 69 pazienti di Covid-19 e altre 28 guarigioni. Ma la settimana scorsa le autorità hanno improvvisamente ricalcolato il numero dei morti, aggiungendone 1.290, il 50% in più. Per evitare che il ciclo di contagi riparta, la vita non è tornata alla normalità a Wuhan e nel resto della Cina. La ripartenza è lenta. Basta vedere le immagini delle file ordinate e distanziate all’ingresso della metropolitana per rendersi conto che qualcosa è cambiato nel comportamento dei cinesi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salom Paolo 
Titolo: Hong Kong, lo studio: «I contagiati cinesi sono 4 volte di più»
Tema: Cina

Uno studio, pubblicato dal Lancet, e realizzato dai ricercatori del Dipartimento di sanità pubblica dell’Università di Hong Kong, corregge al rialzo le statistiche sui contagiati da Covid-19 in Cina nel corso di quella che è stata definita la «prima ondata» della malattia. Dunque: se le autorità di Pechino avevano dichiarato poco più di 55 mila positivi al virus, ora da Hong Kong la cifra è corretta al rialzo: 232 mila, ovvero quattro volte le statistiche ufficiali. Lecito immaginare che la stessa proporzione possa essere attribuita ai decessi. Che cosa è successo davvero? Come mai questa variazione così sostanziale? Da notare, intanto, che questo dossier arriva non da una università occidentale, potenzialmente «ispirata» dal proprio governo (o parti di esso) nel mettere in cattiva luce Pechino. Hong Kong, per quanto autonoma, è pur sempre Cina e dunque questi numeri vanno valutati con grande attenzione. I ricercatori hanno dunque analizzato i dati forniti all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), al 20 febbraio scorso, alla luce delle sette differenti e sempre più accurate definizioni utilizzate, volta per volta, dalle autorità della Repubblica Popolare, per stabilire chi fosse o meno positivo al coronavirus: intensità dei sintomi, luogo di residenza, decorso dell’infezione e altri parametri medici. E proprio in questi criteri che si è stabilita una sorta di ambiguità statistica che ha, alla fine, tenuto sotto controllo la curva ufficiale dei contagi. «Se si fosse applicato – dice lo studio tra l’altro – il quinto criterio per verificare tutti i casi la cifra ottenuta sarebbe stata 232 mila, e non i 55.508 dichiarati».
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Testata:  Giornale 
Autore:  … 
Titolo: Nella prima fase i contagi cinesi 4 volte più alti dei dati ufficiali
Tema: Cina

La Cina continentale ha riferito oltre 55mila casi al 20 febbraio ma, secondo uno studio condotto da ricercatori della scuola di sanità pubblica dell’Università di Hong Kong pubblicata su Lancet, il numero reale sarebbe stato molto maggiore se i criteri per la definizione di un caso di contagio usato all’inizio fossero stati gli stessi adottati successivamente. Il nuovo calcolo è stato effettuato impiegando sin dall’inizio della crisi l’ultimo, in ordine di tempo, dei diversi criteri introdotti dalla Commissione per la salute nazionale cinese fra il 15 gennaio e il 3 marzo per confermare un caso di Covid-19. Questi diversi criteri hanno un «effetto sostanziale» sul numero delle infezioni considerate. Lo studio analizza i dati, dall’inizio dell’epidemia al 20 febbraio, dell’ufficio dell’Oms di Wuhan. «Se la quinta versione del criterio per confermare un caso fosse stata applicata sin dall’inizio ci sarebbero stati 232 mila casi confermati in Cina invece dei 55.508 casi denunciati», sottolinea la ricerca. Eppure dalla parte della Cina, accusata di aver avvisato troppo tardi e aver insabbiato informazioni che hanno messo a repentaglio la salute mondiale, si schiera la Russia, che fa fronte comune di fronte agli attacchi, e alle querele, provenienti dagli Stati Uniti secondo cui Pechino ha tenuto nascoste informazioni sull’epidemia al resto del mondo e ha causato la pandemia. «Non abbiamo registrato alcun argomento valido a dimostrare tali accuse», ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov riferendosi al caso giudiziario avviato dallo stato del Missouri contro Pechino.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Da Rin Roberto 
Titolo: Brasile: epidemia fuori controllo, ma Bolsonaro allenta la stretta – Brasile, impennata dei contagi ma Bolsonaro allenta i controlli
Tema: Brasile

Chissà, forse fanno più proseliti. I predicatori delle Chiese pentecostali evangeliche ricordano in modo ossessivo che «la fine del mondo è vicina» e, il Brasile ai tempi del Covid-19, è una platea attenta e spaventata, drammaticamente colpita dalla pandemia; il destino non è segnato ma l’emergenza è inequivocabile. Con una superfice pari a 27 volte quella dell’Italia, a 16 milioni di abitanti di cui 55 milioni di poveri e 15 di indigenti, “sorvegliato speciale” dagli organismi internazionali, il Pais maravilhoso vive alla giornata. il presidente , Jair Bolsonaro, disattende le norme di sicurezza, partecipa a manifestazioni di chi inneggia alla chiusura del Parlamento e auspica un golpe militare. Si sa, «il Brasile non è un Paese per principianti», scrive Tom Jobim, ma stavolta la crisi pare più drammatica delle precedenti. Pur nell’assoluta approssimazione dei dati, i numeri sono questi: più di 45 mila i casi di coronavirus e oltre 2.900 i decessi confermati dalle autorità. La linea di politica sanitaria del governo è quella di allentare le restrizioni proprio quando la curva dei contagi si sta impennando. Il nuovo ministro della Salute, l’oncologo Nelson Teich, propone di allentare le misure adottate per contrastare la diffusione del coronavirus. «È impossibile, per il nostro Paese, sopravvivere per un anno, un anno e mezzo, rimanendo fermo», ha detto Teich, da Brasilia, nel suo primo discorso dall’insediamento.
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Testata:  Stampa 
Autore:  GIO.STA. 
Titolo: Cisgiordania via libera Usa all’annessione L’Europa frena
Tema: Cisgiordania

Gli Stati Uniti danno il via libera alle annessioni in Cisgiordania da parte di Israele, l’Europa ribatte che sono «illegali» e Abu Mazen minaccia di ritirarsi da «tutti gli accordi», cioè anche da Oslo, se Benjamin Netanyahu andrà avanti come annunciato, «approfittando della crisi del coronavirus». L’accelerazione su questo fronte è arrivata dopo l’intesa di lunedì fra Netanyahu e Benny Gantz, che ha posto fine a oltre un annodi crisi politica e aperto la strada a un governo di unità nazionale. I due si sono accordati anche sulle annessioni nei Territori previste dal piano di pace americano, e cioè degli insediamenti, la Valle del Giordano e altri settori strategici, per un totale di circa un terzo della Cisgiordania. E’ un piano che i palestinesi hanno respinto in blocco, ma mercoledì il segretario di Stato americano ha detto che la decisione di procedere «spetta in ultimo a Israele» e che l’amministrazione Trump «lavorerà a stretto contatto» con gli israeliani e darà i suoi consigli, ma «in privato». Il succo è un sì immediato alle annessioni, quanto voleva Netanyahu. Il premier è alle prese con l’emergenza coronavirus e lavora sulla composizione e il programma del nuovo esecutivocon Gantz. Il generale vorrebbe coinvolgere almeno in misura minima l’Onu, ma l’appoggio americano finirà per far prevalere la linea decisa di “King Bibi”. Il premier più longevo della storia di Israele resterà al potere per altri 18 mesi, fino al novembre del 2021, e vuole lasciare come sua eredità politica la messa in sicurezza del confine lungo il Giordano.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  … 
Titolo: Libia. Neanche l’epidemia ferma la guerra fra al Sarraj e Haftar
Tema: Libia

Nelle ultime 24 ore sono emersi altri nove casi di coronavirus, i malati salgono a 68; finora una sola vittima, secondo i dati forniti dal Centro nazionale per il controllo delle malattie. Quel che preoccupa è la situazione di conflitto che non retrocede neppure dinanzi alla pandemia. In Libia la tregua non c’è mai stata, come evidenzia l’inviata delle Nazioni Unite, l’americana Stephanie Williams: “Non la si può davvero definire una tregua, né un cessate il fuoco”, ha detto ai giornalisti via web. Dall’accordo negoziato a metà gennaio fra il governo di TripoliguidatodaalSarraj eleforze avverse del generale Haftar, ci sono state 850 violazioni, 70 nell’ultima settimana. In questo contesto il coronavirus non ha fatto alcuna differenza, ha detto Williams, definendo “molto, molto preoccupanti” le notizie sul presunto uso di armi chimiche e denunciando la continua violazione da parte di alcuni Paesi dell’embargo sulle armi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Conti Paolo 
Titolo: Intervista a Vincenzo Paglia – «Ci salveremo. Non da soli»
Tema: Intervista al Presidente della Pontificia Accademia per la vita, V. Paglia

E’ uscito il saggio dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, Pandemia e fraternità. La forza dei legami umani riapre il futuro, (Piemme-Molecole). Intende aprire una discussione etica e culturale sulle prospettive della «ripartenza»: come perno, una recente Nota-documento della stessa Accademia. Lei scrive: «L’emergenza suscitata dal Covid-19 si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà. Viviamo in tempi in cui nessun governo, nessuna società, nessun tipo di comunità scientifica deve considerarsi autoreferenziale». Non è una visione troppo ottimistica? Non pensa che, finita l’emergenza, si tornerà al «mondo di prima»? «Non lo penso. La tentazione di esorcizzare la paura ritornando semplicemente ai riti della spensieratezza precedente, buttandoci tutto dietro le spalle, ci sarà, è comprensibile. Ma anche la spensieratezza sarà diversa: è inevitabile. Lo shock è stato forte. Pensavamo, tutti, di essere sempre più sani e più belli, sempre più invulnerabili e tonici, padroni del mondo grazie alla scienza e alla tecnologia. Solo perché mettevamo i malati e i morti, i deboli e i vulnerabili, in una quarantena invisibile, tenendoli fuori dalla rappresentazione della vita che gode semplicemente sé stessa. Ora tutti sono costretti a tenere fuori tutti: e ci ricordiamo improvvisamente di essere mortali, solo perché respiriamo. Non ci siamo presi cura della nostra tenera vulnerabilità condivisa, e ora ci viene imposto di viverla nell’abbandono: per aiutarci, siamo costretti a separarci. L’individualismo che abbiamo coltivato, ritorna come punizione: stai da solo se vuoi vivere. Ma da soli si muore. E male anche. Dopo l’emergenza non potremo evitare di affezionarci a una convivenza umana che apprezza di nuovo la bellezza della cura perla comunità, ad ogni costo».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Sartini Serena 
Titolo: Intervista a Angelo Bagnasco – Bagnasco: l’Ue pecca di egoismo – «L’ Europa è al bivio L’egoismo delle nazioni è un peccato mortale»
Tema: Intervista al cardinale Bagnasco

Parla al Giornale il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente dei vescovi europei, nel giorno in cui l’Unione europea è chiamata a prendere decisioni importanti per superare l’emergenza coronavirus. «Nell’attuale crisi economica planetaria – afferma il porporato – le misure auspicate sono possibili e ne cessane. E per l’Italia penso che non sia da perdere nessun intervento». Che ruolo deve giocare l’Europa? «Spero che mentre la guerra divide, la pandemia unisca: se si perde questo momento, sarà un disonore per tutti e una sconfitta perla comunità umana. L’Europa Unita è la strada necessaria per il Continente e un equilibrio per il mondo. Il virus può attizzare gli individualismi, oppure può aggredire l’egoismo che ci portiamo dentro, e che inquina anche le cose più giuste e i sogni più belli. La situazione odierna, a differenza di altre sfide, smaschera le vere intenzioni e mette a nudo la verità. Bisogna affrontare insieme questa lotta e mettersi in gioco: gli egoismi si possono nascondere anche nelle leggi e nella loro applicazione. Ma si possono correggere. Dopo la sconsiderata reazione iniziale, sembra che l’atteggiamento dell’Unione si stia modificando: se si vuole camminare insieme, come è necessario, bisogna deporre le armi del pregiudizio a prescindere, sapendo che tutti abbiamo degli esami di coscienza da fare. Può essere l’occasione per rinascere come Comunità di Popoli».
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CORRIERE DELLA SERA
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IL MESSAGGERO
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IL FATTO QUOTIDIANO
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