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SINTESI IN PRIMO PIANO – 23 maggio 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Coronavirus, l’epidemia è sotto controllo. Curva in calo in Lombardia;
– Prestiti, accordo imprese-Abi: moratoria estesa alle grandi aziende;
– Autostrade lancia la sfida al governo: “Senza prestiti niente investimenti”;
– Berlusconi: sì al Mes, sono soldi gratis;
– Usa-Cina, lo scontro adesso è sulla libertà di Hong Kong;
– La Gran Bretagna istituisce quarantena di due settimane;
– Omicidio Khashoggi, la scelta sospetta: i figli “graziano” gli assassini.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M.D.B. 
Titolo: Cala il rischio in Lombardia – L’epidemia è sotto controllo Curva in calo in Lombardia
Tema: Covid-19 – fase 2, il bilancio

Tengono sotto scacco il virus, le Regioni italiane. L’epidemia è sotto controllo in tutto il Paese e i valori leggermente più alti non costituiscono per il momento motivo di allarme. Una situazione rassicurante a 18 giorni dall’avvio delle prime riaperture del 4 maggio. Questo non significa potersi riaccaparrare tutte le agognate «libertà». Se continuasse così però potremmo trascorrere un’estate senza troppi patemi. Giovanni Rezza, l’infettivologo da poco nominato direttore generale della prevenzione al ministero della Salute, spiega che «anche se la curva epidemica risalisse non dovremmo aspettarci un rialzo improvviso, assisteremmo a un’ascesa progressiva, non esclusa». Anche la Lombardia ha migliorato i risultati, è «in osservazione» perché esce da una fase drammatica. Solo la Valle d’Aosta ha un rischio «basso/ moderato», leggermente superiore. Può sembrare strano per un’area dove il coronavirus ha colpito meno che altrove. Sono i giochi della statistica. Tanto memo numerosi sono i casi, tanto più è alto il margine di incertezza. «I dati sono incoraggianti, ci dicono che il Paese ha retto bene le prime aperture. Ma guai a pensare che la partita sia vinta. Serve massima cautela e basta poco per vanificare i sacrifici fatti finora», si prepara a un week end più sereno il ministro della Salute Roberto Speranza. Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, chiarisce che i risultati settimanali non sono pagelle, né giudizi ma servono «a garantire i gradi di libertà faticosamente conquistati». Non vanno utilizzati come riferimento per organizzare la mobilità tra le Regioni: «Non sono un criterio per gli spostamenti. Conta il numero dei casi che devono calare».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Milella Liana 
Titolo: La giustizia dimezzata – Giustizia dimezzata L’effetto virus sui tribunali chiusi
Tema: Covid-19 – fase 2, il bilancio

Palazzi di giustizia svuotati. Processi penali rinviati. Come i 14mila di Roma, i 10mila di Napoli, i quasi 5mila di Torino, i 3.500 di Bologna. Udienze che slittano di un anno. «Un’amnistia mascherata» la battezzano gli avvocati che, senza soldi per tre mesi, sono furibondi e a Roma riconsegnano la toga. Un presidente di tribunale come Roberto Bichi a Milano, considerato un buon manager, ammette: «Durante l’emergenza l’attività è stata un ventesimo rispetto al periodo normale». E adesso? «Fino al 31 luglio ci sarà un incremento, ma nella stima più positiva potremo arrivare al 50% dei lavori». Da Brescia il presidente della Corte d’appello Claudio Castelli, cui fa capo la disastrata Bergamo, è più ottimista: «Non bisogna enfatizzare l’arretrato perché in questi mesi ci sono stati pochi reati e poche controversie civili. Dopodiché è innegabile che rispetto al ritmo normale è stato fatto il 10% dei processi». Anna Maria Loreto, la procuratrice di Torino, è onesta: «Abbiamo fatto il possibile per evitare disservizi, ma non si poteva andare avanti come se nulla fosse». Dal presidente del tribunale Massimo Terzi arriva un messaggio rassicurante: «La giustizia comunque non si ferma, entro fine luglio abbiamo già fissato quasi 2mila processi». Incombono le liti tra giudici e avvocati sui processi via computer. Se per quelli civili ormai il “processo telematico” è la regola, per quelli penali sentirsi giudicati da un uomo o una donna in carne e ossa pare imprescindibile. Ecco l’idea da Bologna del procuratore Gimmi Amato: «Serve un compromesso, celebriamo quelli importanti in voce, gli altri in via telematica».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Francesco Boccia – «Niente caccia ai turisti» – «I governatori a caccia di turisti? La sicurezza, prima del mercato»
Tema: Covid-19 – fase 2, il bilancio

Il trend in Lombardia è in calo, ma adesso c’è il caso della Valle d’Aosta. Il report settimanale del ministero della Salute sull’andamento del virus fa ben sperare il ministro delle Autonomie, Francesco Boccia: «Grazie agli italiani, è un risultato che ci fa essere orgogliosi del lavoro fatto tutti insieme con il lockdown». La movida e la ressa sui mezzi pubblici non la preoccupano? «Non si deve abbassare la guardia su regole e comportamenti, perché la convivenza con il virus è iniziata solo da qualche giorno. Ma i dati dicono che l’Italia nella sua interezza è tutta a basso rischio, con delle condizioni di sensibilità». La Lombardia? «II trend nella regione è in calo, la sensibilità è molto alta e la resilienza delle strutture sanitarie territoriali più bassa. Ma ora c’è il caso della Valle d’Aosta». È la sola regione dove l’indice di contagio RT è tornato sopra l’1%, eppure il presidente Testolin ha fretta di rivedere i turisti. «Calma e gesso con la caccia al turista. Tutti vogliamo che ripartano le attività economiche. Ma non si può essere irresponsabili e dire ‘venite qui, chiunque voi siate e qualunque cosa facciate”. Serve tanta prudenza, non facciamo finta che siamo tornati alla normalità». Vale anche per la Liguria che spinge per ripristinare la piena circolazione? «Non bisogna farsi prendere la mano buttando via i sacrifici di questi tre mesi, costati centinaia di miliardi. Nessuno può pensare di prediligere il marketing della sua regione alla sicurezza. Ricorda l’Abetone che invitava gli studenti ad andare a sciare? Subito dopo esplosero gli ospedali. Ecco, con prudenza e rigorosa prevenzione eviteremo di indignarci sempre il giorno dopo». E un no al liberi tutti? «I dati sono migliorati, però io non mi illudo. Solo a fine giugno capiremo come proseguirà la convivenza con il Covid».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Per la Lombardia è in forse la riapertura dei confini Ecco i 3 scenari del governo
Tema: Covid-19 – fase 2, il bilancio

Tre scenari per il 3 giugno: ecco come il governo si prepara a gestire la riapertura dei confini regionali. Tre schemi tarati ovviamente sui dati che saranno disponibili entro il 30 maggio. Ma i numeri positivi forniti ieri dall’Iss non ingannino: è difficile che alcuni territori del Nord – a partire dalla Lombardia – ottengano subito il via libera. Troppo alto il dato assoluto dei positivi, almeno per il momento. Troppo alto il rischio di rovinare tutto per non aver atteso una settimana in più, quindi il 10 giugno, per avere un quadro più completo e riaprire in sicurezza. Conte ha affidato a Speranza – che si confronta costantemente con gli scienziati – l’elaborazione di tre scenari. Soltanto nel primo cadrebbe il divieto di superare i confini regionali in tutte o quasi le aree del Paese. II secondo scenario, invece, è quello al momento considerato più probabile, anche da Palazzo Chigi. Prevede un trend accettabile, con una curva che deflette in modo non omogeneo, e comunque non abbastanza in alcune regioni del Paese. Diventerebbe allora inevitabile distinguere tra regioni a basso rischio e quelle a medio-alto: chi non vanta numeri sicuri, accetta confini chiusi almeno per un’altra settimana.  Il terzo schema, infine, è il più fosco. Ipotizza che già nei prossimi quattro o cinque giorni la curva peggiori, a causa delle riaperture del 4 maggio e di un primissimo “effetto 18 maggio”. governo, a quel punto, valuterebbe addirittura una marcia indietro rispetto ad alcuni allentamenti già sanciti nelle scorse settimane, seguendo il modello flessibile deciso con le regioni. È evidente che soltanto il primo dei tre scenari prevede la possibilità che il 3 giugno vengano riaperti anche i confini della Lombardia.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Canettieri Simone 
Titolo: Intervista a Luigi Di Maio – Di Maio: «Rischio di tensioni sociali Girerò la Ue per aiutare il turismo» – «Girerò la Ue per rilanciare il turismo nel nostro Paese»
Tema: Coronavirus, il caso della Lombardia

Di Maio, ha condiviso l’intervento del deputato M5S Ricciardi sulla sanità lombarda? «Guardi, in un momento in cui la crisi sanitaria è ancora in corso – e quella economica comincia sempre più ad assumere una dinamica preoccupante – credo sia giusto mostrare senso di unità nazionale. Non è questa l’ora di puntare il dito odi mostrarci divisi agli italiani. II discorso qui non riguarda Ricciardi ma è più generale e riguarda tutti. Non ieri, ma nelle ultime settimane abbiamo infatti assistito a toni da campagna elettorale giunti da ogni parte». Teme per la tenuta del Paese? «Sì, il rischio che lo stato di tensione registrato nelle aule parlamentari possa allargarsi anche al di fuori del Palazzo c’è. La politica ha il compito e il dovere di salvaguardare la tenuta del Paese». II governo dovrà rivedere il ruolo delle Regioni e l’esigenza che lo Stato torni a gestire centralmente la sanità? «Parleremo di tutto, ma a emergenza finita». Non trova che i governatori, seppur giustificati dalla trincea, si siano mossi in alcuni casi in maniera troppo autonoma creando conflitti continui? «Quel che credo e che nessuno oggi possa arrogarsi il diritto di esprimere un giudizio sui governatori. Sono le persone che insieme ai sindaci hanno vissuto i momenti più drammatici, hanno visto negli occhi delle persone la sofferenza, quindi non mi sentirà mai dire questo o quell’altro ha sbagliato, perché in questa crisi tutti possono aver sbagliato».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Intervista a Riccardo Riccardi – «Il mio un attacco teatrale? Ho fatto anche l’attore Definirlo passo falso ci sta»
Tema: Coronavirus, il caso della Lombardia

Riccardo Ricciardi è il deputato dei 5 Stelle che ha scagliato il suo j’accuse contro la Lega, dopo l’informativa del presidente Giuseppe Conte. Ha scatenato il finimondo. Era l’obiettivo? «No, l’obiettivo, sembrerà banale e enfatico, è quello di dire la verità ai cittadini». Un po’ enfatico, sì. Le hanno dato dell’«estremista da centri sociali». «Mai frequentati. Anche volendo, a Massa non c’è mica il Leoncavallo». Votava a sinistra almeno? «No, mai votato prima dei 5 Stelle. Solo ai referendum». Lei è regista teatrale. In Aula ha messo in scena uno spettacolo d’impatto: sembrava un oratore futurista, con barba luciferina e occhi dardeggianti. «Sì? In effetti ho fatto anche l’attore». Un po’ fuori parte, visto che il premier Conte aveva appena teso la mano all’opposizione. «Conte fa benissimo ad aprire, abbiamo tutti uno spirito di collaborazione. Ma i leghisti avevano appena finito di definirlo dittatore e di invocare la resistenza antifascista. Che dialogo è?». Si coglie un accenno di acrimonia tra Lega e M5S. E pensare che fino a un attimo fa eravate al governo. «Io però non ho mai nascosto le mie critiche ai provvedimenti della Lega». Vero, però siete rimasti insieme, fino al dietrofront di Salvini. «E m’inorgoglisce essere stato in un governo che ha portato a casa la legge contro la corruzione e il reddito di cittadinanza». Conte sapeva del suo intervento? Chi l’ha letto? «No. Nessuno. Ne ho discusso con i miei, naturalmente, ma il testo è mio». Ha «speculato» sui morti lombardi? «Ma figuriamoci, medici e infermieri lombardi sono eroi. Ho solo criticato la gestione della Regione Lombardia. Mi chiedo perché, se la Lega attacca il governo non è una critica all’Italia, mentre se io critico la giunta regionale è un attacco ai lombardi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cotaprico Pietro 
Titolo: Intervista ad Attilio Fontana – Lombardia forse chiusa oltre il 3 giugno. Fontana: non lo meritiamo – Fontana “Non abbiamo fatto errori e tenerci chiusi non sarà necessario”
Tema: Coronavirus, il caso della Lombardia

Il presidente Attilio Fontana, con mascherina, si siede a un’estremità del tavolone trasparente: «Vorrei così essere d’esempio ai ragazzi della movida. Se oggi sbagliamo e facciamo dei passi indietro, possono essere passi devastanti». Ieri in consiglio dei ministri si parlava della possibilità di impedire agli abitanti di alcune regioni, come Lombardia e la Val d’Aosta, di “sconfinare” dal 3 giugno. Che ne pensa? «Che i nostri numeri miglioreranno e non ci sarà bisogno di tenerci bloccati, anche per il giro d’affari che c’è. Se cosl non fosse, posso solo attenermi a quello che dice l’Istituto superiore di sanità». Ieri c’è stata una manifestazione anche davanti al Trivulzio. L’idea di trasferire I malati nelle Rsa è stato un errore o no? «Alla nostra richiesta hanno aderito solo 15 strutture sulle 708 che ci sono in Lombardia. E ormai è noto che i test sul sangue, eseguiti con l’Avis, raccontano come il virus circolasse già a gennaio. In ogni caso, se c’era un protocollo preciso per le Rsa, dove abbiamo sbagliato?».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Canettieri Simone 
Titolo: Il retroscena – Altolà di Zingaretti: «Il bis della Raggi minaccia per Roma» – Zingaretti: «Bis di Raggi? Minaccia per i romani»
Tema: Elezioni nella Capitale
«La ricandidatura di Virginia Raggi? Per i romani questa non è una notizia, ma una minaccia». Così Nicola Zingaretti chiude seccamente la porta a qualsiasi tipo di alleanza o sostegno alla grillina in vista delle prossime elezioni nella Capitale. levi leggendo sulle agenzie di stampa l’ennesima dichiarazione (allusiva) della sindaca su un bis in Campidoglio, il segretario del Pd non si è trattenuto. E ai suoi collaboratori ha affidato questa battuta che non lascia spazio a interpretazioni. Un modo, una volta per tutte, per sgomberare il campo dalle illazioni che girano sul leader del Nazareno e presidente della giunta del Lazio. In molti – in virtù del governo giallorosso e dei buoni rapporti in Regione coni grillini – lo accusano di voler puntare a un patto di desistenza con Raggi: «Ma per favore, non esiste», spiegano dal Pd. «Avremo il nostro candidato per rilanciare Roma dopo anni fallimentari», è il ragionamento dei vertici dem. Parlare di nomi per il momento è prematuro, però. Perché l’emergenza coronavirus ha bloccato tutto, anche le trattative a fari spenti nei sotterranei della politica. D’altronde, a quattro mesi dalla tornata delle regionali, manca ancora il nome, per esempio, del candidato pd in Liguria. Figurarsi, dunque, la partita di Roma: complicata, non scontata, e comunque complessa proprio in virtù dell’alleanza che guida e regge il governo. Da quanto risulta, il centrosinistra punterà a una campagna elettorale molto incentrata sulla destra, sul «pericolo» che torni a guidare il Comune.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Moratoria per le grandi aziende – Prestiti, accordo imprese-Abi: moratoria estesa alle grandi aziende
Tema: Abi – Imprese

Anche le grandi imprese danneggiate dal Covid-19 potranno avere una sospensione fino ad un anno della quota capitale delle rate di mutuo e di allungare la scadenza dei finanziamenti. L’Abi e le organizzazioni di rappresentanza delle imprese, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle coop, Confedilizia, Confetra, Confimi Industria, Confapi, Coldiretti, CiaAgricoltori italiani, Claai, hanno firmato ieri un accordo che estende alle aziende di grandi dimensioni i contenuti delle moratorie già siglate. Il punto di riferimento è l’Accordo per il credito 2019, con l’Addendum del 6 marzo, all’inizio dell’emergenza sanitaria, firmato per estendere le moratorie anche ai finanziamenti in essere al 31 gennaio 2020, erogati alle Pmi in bonis e danneggiate dalla diffusione del virus. Questa possibilità con l’accordo di ieri viene data anche alle aziende più grandi. Inoltre possono beneficiare della moratoria sia le grandi imprese che le Pmi con esposizioni classificate come “deteriorate” dopo ilm 31 gennaio. Sono escluse le imprese “in sofferenza”. Un trattamento particolare riguarda le filiere produttive o aziende (Pmi e grandi imprese) di specifici settori che hanno avuto maggiori difficoltà legate al virus: le banche possono estendere la durata della sospensione della quota capitale dei finanziamenti fino a 24 mesi. «L’Addendum è molto importante, mette in evidenza la capacità di banche e imprese di fare sistema. La moratoria potrà rivelarsi un tassello essenziale per una strategia più ampia di sostegno e rilancio delle imprese, strategia che dovrà comprendere misure concrete ed efficaci per gettare le basi di una riforma fiscale sostenibile, promuovere il rafforzamento patrimoniale e sostenere gli investimenti pubblici e privati», ha commentato Emanuele Orsini, vice presidente di Confindustria per Credito, finanza e fisco.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Micardi Federica 
Titolo: Dl Rilancio, professionisti in trincea
Tema: Dl Rilancio – Ammortizzatori sociali

Monta la protesta dei professionisti per l’esclusione dal contributo a fondo perduto previsto nel decreto rilancio, che infatti andrà ad imprese, artigiani, commercianti ma non ai professionisti. Ieri i presidenti dei consulenti del lavoro e dei commercialisti, Marina Calderone e Massimo Miani, hanno disertato l’incontro organizzato dall’agenzia delle Entrate dedicato proprio al contributo a fondo perduto previsto dal decreto. Scelta, questa, che secondo l’agenzia «rischia di danneggiare i loro clienti». Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, durante la trasmissione Piazza Pulita ha scaldato ulteriormente gli animi perché ha detto che «i professionisti, in quanto persone, beneficiano dell’indennità di 600 euro a marzo e aprile, che sarà di mille euro a maggio, sono esclusi dal contributo a fondo perduto perché non sono imprese». Una spiegazione che non è piaciuta a Marina Calderone che precisa: «Tutti gli autonomi hanno percepito il bonus, anche i non iscritti agli Ordini; ma non sono 600 euro che possono compensare il calo del volume d’affari e le spese fisse affrontate da uno studio professionale, assimilato peraltro dall’Unione europea alla Pmi nel diritto di accesso. Non vedo differenze tra un’azienda e uno studio professionale, entrambi hanno costi fissi, bollette, personale e producono Pil». Intanto il ministero del Lavoro prova a fugare le preoccupazioni dei professionisti iscritti alle casse di previdenza privata, affermando che «resta ferma l’erogazione dell’indennità per i mesi di aprile e maggio per i professionisti iscritti alle Casse di previdenza privata che l’hanno già percepita a marzo, come specificato all’articolo 78 del decreto rilancio».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Monticelli Luca 
Titolo: Già 150 le vertenze per i posti bruciati E la Cig non ha fondi
Tema: Dl Rilancio – Ammortizzatori sociali

Le risorse per la cassa integrazione stanziate dal governo rischiano di non bastare: molte imprese potrebbero rimanere scoperte già a giugno e costrette ad aspettare settembre per riattivare gli ammortizzatori sociali. Il decreto Rilancio ha prolungato il blocco dei licenziamenti fino al 16 agosto, però subito dopo potrebbe scattare una vera e propria emergenza, come dimostra l’allarme che arriva per i lavoratori della Jabil di Marcianise. 1 150 tavoli di crisi aperti al Mise non potranno che «moltiplicarsi». Lo scenario drammatico è tratteggiato dalla Cgil, all’indomani dei dati Inps che hanno certificato l’esplosione della cassa integrazione ad aprile: 835 milioni di ore, valore quasi pari al 2009, anno orribile per la cig. L’85 per cento delle ore autorizzate si riferiscono a nove settimane, il massimo previsto dal Cura Italia. Con il decreto Rilancio sono state previste altre cinque settimane entro agosto e quattro riservate ai mesi di settembre e ottobre. «Questo significa che tutte quelle aziende che sono ricorse alla cassa ordinaria già da fine febbraio, a giugno non avranno alcun aiuto. Gli unici settori che potranno anticipare le quattro settimane stabilite per l’autunno sono quelli del turismo e dello spettacolo», spiega a La Stampa Cristian Sesena, coordinatore dell’area mercato del lavoro della Cgil. «Le risorse sono quelle che sono e la logica del governo di prevedere due step, cinque settimane più quattro, è proprio quella di volerle controllare e calmierare».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Galvagni Laura 
Titolo: Scontro con il Governo Autostrade sospende il piano investimenti -Autostrade-governo, riparte lo scontro Stop a investimenti
Tema: Scontro governo-Autostrade

Stop al piano di investimenti di Autostrade per l’Italia. Lo ha stabilito Atlantia in un consiglio di amministrazione straordinario tenuto ieri. In particolare, la holding ha indicato alla controllata di fermare il maxi progetto di intervento sulla rete. E allo stesso tempo si è anche detta pronta a «dare mandato ai propri legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società e del gruppo, visti i gravi danni» subiti. La decisione, come detto, è maturata nel corso di un board durante il quale i membri hanno dovuto prendere atto che il quadro di riferimento per il gruppo autostradale italiano è ancora troppo incerto, al limite del sostenibile. Non è ancora stato risolto il nodo revoca, è salito l’ostracismo da parte dell’esecutivo riguardo la richiesta di Aspi di ottenere, come previsto dal Dl liquidità, la garanzia dello Stato su un prestito da 1,25 miliardi, Cdp non ha al momento sbloccato la concessione di parte di una linea revolving da 1,3 miliardi concordata nel 2017 e l’accesso al credito per le vie ordinarie resta fortemente penalizzato dal rating spazzatura a cui è stata retrocessa la società dopo il via libera al decreto Milleproroghe. Tutto fermo dunque e lo scenario potrebbe mutare solo a fronte di un segnale da parte del governo. Segnale che chiarisca una volta per tutte in che direzione si vuole andare, ossia se si intende mettere definitivamente in ginocchio l’azienda o se sivuole trovare un’intesa sulla convenzione.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Chiarelli Teodoro 
Titolo: Autostrade, la sfida al governo – Autostrade lancia la sfida al governo “Senza prestiti niente investimenti”
Tema: Scontro governo-Autostrade

Atlantia rompe gli indugi e va allo scontro con il governo sulla questione Autostrade e minaccia la possibilità di un contenzioso dall’esito tutt’altro che scontato con lo Stato. Lunghi mesi di trattative non sono stati sufficienti a trovare una soluzione sul contenzioso nato dopo lo scellerato crollo del ponte Morandi a Genova con il suo fardello di 43 vittime. I manager della famiglia Benetton, che controlla Atlantia attraverso la holding Edizione, hanno voluto superare la sgradevole sensazione di terra bruciata attorno al gruppo. Niente liquidità da Cdp e nemmeno dalle banche attraverso la garanzia Sace. Questo perché il “downgrade” di Autostrade per l’Italia seguito alla norma del Milleproroghe che cambia il valore dei meccanismi di indennizzo in caso di revoca della concessione, ha inceppato tutti i meccanismi creditizi. Così Atlantia ha convocato un consiglio di amministrazione straordinario e dato un’indicazione secca alla controllata Aspi: avrà 900 milioni stanziati dalla holding per la sola messa in sicurezza della rete, ma contestualmente blocchi tutti gli altri investimenti. Che non sono esattamente bruscolini: 14,5 miliardi di lavori. Atlantia parla di gravi danni dovuti alle lentezze delle decisioni e alle scelte del Milleproroghe che tengono la società sulla graticola dei mercati e annuncia di «aver dato mandato ai propri legali di valutare tutte le iniziative necessarie perla tutela della società e del gruppo».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Goria Fabrizio 
Titolo: Bce ricarica il bazooka per fermare la crisi
Tema: Bce

Non proprio come gli Stati Uniti, ma quasi. La Banca centrale europea è pronta a incrementare il programma per contrastare la pandemia di Covid-19 attraverso l’acquisto di titoli di Stato e di obbligazioni societarie. E lo farà il prossimo 4 giugno. Questo è ciò che emerge dai verbali, pubblicati ieri, dell’ultima riunione del consiglio direttivo dell’istituzione guidata da Christine Lagarde. Un ampliamento anti-coronavirus che vedrà sorpassare quota 1000 miliardi, secondo il consensus degli analisti finanziari. E che non avrà orizzonti temporali. «Dovremo essere pronti ad aggiustare il Pandemic emergency purchase programme (Pepp) e potenzialmente altri strumenti alla riunione d’inizio giugno». Così, l’Eurotower ha lanciato un messaggio agli investitori istituzionali. A oggi il Pepp, lanciato lo scorso 18 marzo, prevede un ammontare massimo di 750 miliardi di euro. Tuttavia, da metà marzo a oggi, le condizioni sono mutate. Francia, Spagna e Italia hanno visto un incremento del contagio da Sars-Cov-2. Con esso, più volatilità sui mercati obbligazionari. Un fenomeno che ha convinto la Bce a prepararsi ad aumentare la potenza di fuoco. Sull’onda della Fed statunitense.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Berlusconi: sì al Mes, sono soldi gratis
Tema: L’accordo sul Mes

Dopo le polemiche sollevate soprattutto dall’opposizione per i fondi della manovra destinati solo ad alcuni comuni delle zone rosse, il premier Giuseppe Conte corregge il tiro. E annuncia che sarà presentato un emendamento al decreto Rilancio per garantire «fondi a tutti» i comuni delle zone rosse colpiti dall’emergenza, per una questione di «equità». Esulta la Lega con Salvini e con il governatore della Lombardia Fontana per «quella che è una vittoria» del partito. E che tiene sempre aperto il tema dei finanziamenti che serviranno per risollevare il Paese dalla crisi e prepararsi a eventuali nuove emergenze sanitarie. Su questo ancora una volta prende le distanze dagli alleati Silvio Berlusconi. Lo fa sul tema degli aiuti e dei fondi europei, primo fra tutti il Mes, che considera «un atto di solidarietà» dell’Europa e non una trappola o quasi, come invece pensano sia Meloni che Salvini. «La nostra visione – dice il leader di FI – è diversa da quella dei nostri alleati, l’Ue è l’unica possibilità che abbiamo di esercitare un ruolo nel mondo, l’offensiva da temere è dopo la pandemia quella comunista e cinese che sarà ancora più dura». Per questo, di nuovo, Berlusconi torna a difendere l’accordo sul Mes, che tante resistenze registra anche nella maggioranza, soprattutto fra i Cinquestelle: «E una discussione incredibile, che non riesco a capire: l’Italia è il Paese a cui Mes conviene di più perché abbiamo bisogno di denaro e ce lo offrono gratis. Ci sono interessi allo 0,1% e senza condizioni. Sembra fatto apposta per noi. Opporsi – avverte – è incomprensibile e strumentale in chiave europea, è un no anti-europeo».
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Testata:  Giornale 
Titolo: Intervista a Silvio Berlusconi – «Soldi alle imprese subito stop alle tasse tutto l’anno È possibile se diciamo sì ai fondi europei del Mes»
Tema: L’accordo sul Mes
Presidente Silvio Berlusconi, nel decreto rilancio ci sono 3 miliardi per la sanità, l’Europa ce ne metterebbe 36. Perché non prenderli?. «Questa discussione sul Meccanismo europeo di stabilità è davvero incredibile. Questo Mes per la spesa sanitaria con interessi allo 0,1% e senza condizioni, sembra fatto apposta per l’Italia. Siamo di gran lunga il paese europeo al quale il Mes conviene di più. Abbiamo un bisogno drammatico di denaro da immettere nel sistema economico e il Mes ce lo offre praticamente gratis. E evidente che si tratta di un atto di generosità dei nostri partner europei, che dovremmo apprezzare. Una solidarietà europea per la quale io personalmente mi sono impegnato molto, in seno al Parlamento e al Partito Popolare Europeo, con i miei amici leader dei diversi paesi. Il Mes ci consentirebbe di costruire nuovi ospedali, di rimettere in sesto quelli esistenti, di realizzare case di riposo e reparti sanitari nelle carceri, ci consentirebbe di sovvenzionare la ricerca, di formare medici e di assumere più medici e più infermieri e di pagarli meglio. Ricordo a questo proposito che il governo ha cancellato il bonus in busta paga che era stato annunciato per i medici e per il personale sanitario che durante questo periodo hanno messo a rischio la propria vita per salvare la vita degli altri. Davvero una vergogna. Tornando al Mes ancora ieri esponenti di primo piano del M5S hanno ribadito che questo così conveniente Mes, noi non dovremmo accettarlo. Una posizione incomprensibile, autolesionista, chiaramente strumentale in chiave anti-europea. Dai grillini non mi stupisce affatto».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Di Donfrancesco Gianluca 
Titolo: Washington contro Pechino: rispettare lo status di Hong Kong
Tema: Usa-Cina

Il regime di Pechino è deciso a stringere la morsa su Hong Kong e punta a imporle una propria legge sulla sicurezza nazionale, con una svolta che ha fatto sbandare i mercati e che ha innescato l’immediata reazione degli Stati Uniti. L’annuncio è caduto nel giorno di apertura del Congresso nazionale del Popolo. È stato Wang Chen, vicepresidente del Comitato permanente del Congresso, a illustrare il progetto legislativo ai circa 3mila delegati riuniti nella capitale: «I rischi per la sicurezza nazionale nella Regione amministrativa speciale di Hong Kong sono diventati un problema rilevante e minacciano la sovranità cinese», ha detto Wang. Per questo, le forze di sicurezza di Pechino stabiliranno proprie centrali operative a Hong Kong. La Borsa di Hong Kong ieri ha ceduto il 5,6% (peggior risultato di giornata in 5 anni), con gli investitori preoccupati dalla potenziale perdita di autonomia dell’hub finanziario e dal rischio che si riaccendano gli scontri della scorsa estate, quando una controversa legge sull’estradizione aveva scatenato la protesta. Il dossier Hong Kong ha fatto subito salire il livello delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. La reazione del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, è stata immediata: «Condanniamo la proposta cinese di imporre in modo unilaterale e arbitrario una legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Sarebbe un colpo fatale alla sua autonomia». Gli Stati Uniti chiedono a Pechino «di riconsiderare la disastrosa proposta». A rincarare la dose ci ha pensato il presidente Donald Trump, che promette di occuparsi della questione in modo «molto deciso».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Santelli Filippo 
Titolo: Il Pil nascosto la mossa di Pechino – “Grandi incertezze” E Pechino rinuncia al target di crescita
Tema: Usa-Cina

«Sono misure straordinarie per tempi insoliti», ha detto Li Keqiang, premier cinese e numero due del Partito comunista. E il suo rapporto annuale, letto ieri di fronte all’Assemblea nazionale riunita a Pechino, è stato eccezionale da molti punti di vista. Primo: la Cina non fissa un obiettivo di crescita per il 2020. È la prima volta dal 1990, l’alba dell’era delle riforme. Impossibile sbilanciarsi, ha detto Li, di fronte alle «grandi incertezze» della pandemia. Secondo: per affrontare questa «sfida senza precedenti» e ridare gas a un’economia tramortita, Pechino vara, pur senza definirlo tale, un piano di stimolo. Piegando alle necessità della crisi perfino una delle priorità chiave di XI Jinping, cioè contenere i debiti. Molti economisti cinesi suggerivano da tempo di rinunciare al tradizionale obiettivo di Pil. Si punterà a obiettivi più specifici e pragmatici. Innanzitutto difendere l’occupazione, visto che decine di milioni di persone sono senza lavoro, un problema di stabilità sociale. Poi sradicare la povertà, l’altro traguardo verso una «società moderatamente prospera». Infine sostenere la qualità della vita. ll colpo di mano con cui il Partito vuole approvare la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, destinato a infiammare la città e la dialettica con gli Stati Uniti, mostra che la priorità di Xi e del Partito è il controllo. Ieri le Borse asiatiche hanno chiuso in rosso, prendendo atto che in tempi di pandemia neppure la Cina comunista può permettersi obiettivi di crescita. Quella di Hong Kong è crollata del 5,5%, tra i timori per il futuro della città.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Attanasio Ghezzi Cecilia 
Titolo: Virus e crisi spengono le ambizioni della Grande Cina di Xi – La Cina stretta nella morsa della crisi Ma Xi non azzera i sogni di grandezza
Tema: Usa-Cina

Per la prima volta in trent’anni, il partito comunista non fissa un obiettivo di crescita. E sì, che quest’anno era particolarmente importante. Nella narrazione politica dello Stato più popoloso del mondo, il 2020 era l’anno in cui si sarebbe sconfitta definitivamente la povertà per arrivare avivere in «una società moderatamente prospera». «Ci troviamo a dover fronteggiare alcuni fattori di difficile prevedibilità», ha spiegato all’apertura dei lavori il premier Li Keqiang, quello una volta affermò che «le cifre del Pil sono un prodotto umano e, in quanto tale, inattendibile». La cornice disegnata dalla propaganda di Stato è quella di una situazione «senza precedenti» da cui però Pechino è già uscita, confermando la sua forza e la sua velocità di ripresa. Le sfide economiche e la situazione internazionale però, sono «ostili e complicate» come mai negli ultimi trent’anni. E da subito, si capisce che la leadership dello Stato più popoloso del mondo ha scelto di affrontarle con il pugno di ferro. Si chiede di rafforzare «la responsabilità politica» di Hong Kong, «inalienabile parte del Paese», senza far riferimento a «un Paese, due sistemi», la formula che garantisce una certa autonomia all’ex colonia britannica fino al 2047. Una provocazione enorme per la popolazione dell’ex colonia britannica che da quasi un anno manifesta per difendere la propria identità e che era riuscita a far ritirare la legge che avrebbe permesso ai locali di essere estradati in Cina. Ma ovviamente c’è dell’altro. Il futuro della città e il riconoscimento di Taiwan sono ormai parte viva del contenzioso sempre più violento che si è aperto con l’amministrazione Trump.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Degli Innocenti Nicol 
Titolo: La Gran Bretagna istituisce quarantena di due settimane
Tema: Gran Bretagna

Isolamento obbligatorio di due settimane per tutte le persone che arriveranno in Gran Bretagna, con multe di mille sterline per chi non rispetta le regole. La ministra dell’Interno Priti Patel ha annunciato ieri le nuove misure, che entreranno in vigore dall’8 giugno. «Siamo in uno stato di emergenza e dobbiamo fare tutto il possibile per contenere questo terribile virus – ha detto Patel – dopo due mesi di lockdown dobbiamo tutelare i progressi fatti finora e impedire una seconda ondata di contagi». Chiunque arrivi in Gran Bretagna in aereo, treno o traghetto dall’8 giugno in poi dovrà compilare un modulo online prima di partire e dare l’indirizzo presso il quale passerà il periodo di quarantena di 14 giorni, il periodo di incubazione del virus. Le autorità si riservano il diritto di negare l’ingresso in Gran Bretagna a chi non ha compilato correttamente il modulo o a chi non ha un posto dove stare. La polizia inoltre farà controlli all’indirizzo dato dal passeggero per verificare il rispetto del periodo di quarantena. Chi viola l’obbligo di auto-isolamento dovrà pagare una multa fissa di mille sterline e potrebbe anche essere perseguito penalmente, ha avvertito Patel.  L’opposizione laburista ha chiesto come mai la quarantena viene introdotta solo ora che altri Paesi europei stanno allentando le misure restrittive. La Patel ha spiegato che «è proprio adesso che abbiamo passato il picco dell’epidemia che dobbiamo tutelarci e non importare nuovi casi in Gran Bretagna»
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pierantozzi Francesca 
Titolo: Parigi attacca Londra, scoppia la guerra della quarantena
Tema: Gran Bretagna

La libera circolazione sanitaria all’interno del lo spazio europeo nella fase due del deconfinamento scricchiola prima ancora di cominciare. Dopo la Spagna, che continuerà a mettere in quarantena chiunque entri sul temtorio nazionale, anche il Regno Unito di Boris Johnson ha annunciato un corona-exit: dall’8 giugno ci sarà quarantena obbligatoria di 14 giorni per chiunque arriverà o rientrerà sull’isola, che siano europei, o extra-europei. Unici esentati: gli irlandesi. La prima a reagire è stata la Francia. Macron ha dato a Londra la stessa risposta già data a Madrid: si applica il principio di reciprocità, dunque saranno sottoposti a quarantena in Francia sia gli spagnoli sia gli inglesi. Al contrario, frontiere aperte e nessun controllo per i cittadini dei paesi che rispetteranno il principio della libera circolazione all’interno dell’Europa. La Francia «prende atto della decisione del governo britannico e la deplora» ha fatto sapere il ministero dell’Interno, annunciando le immediate “rappresaglie”: «La Francia è pronta ad adottare misure di reciprocità non appena il dispositivo entrerà in vigore sul versante britannico». Si alza dunque un “muro” sulla Manica e i controlli scatteranno in particolare per i “pendolari” dell’Eurostar. La ministra dell’interno britannica Priti Patel ha spiegato che si tratta di una precauzione temporanea, che sarà rivista ogni tre settimane, per evitare un’ondata di rientro del virus.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Nicastro Andrea 
Titolo: Record di malati in India Il virus tra gli operai – I lavoratori in marcia verso casa hanno contagiato tutta l’India
Tema: India

Dati alla mano, il primo ministro indiano Narendra Modi può già reclamare un posto nell’affollato club dei leader che hanno capito poco del Coronavirus. Oggi, dopo quasi due mesi di lockdown, l’India riaprirà alcuni voli interni. Un gesto liberatorio che vorrebbe marcare l’inizio della Fase 2, la ripartenza economica. La «più grande democrazia del mondo» può festeggiare sé stessa? Macché. Ieri è stato il giorno con il più alto numero di nuovi casi da quando il virus ha varcato la catena himalayana: 6.088. La frustrazione è grande. La paura ancora di più. Le mascherine, il distanziamento sociale, il blocco dei trasporti, del commercio e delle fabbriche sembrano essere stati inutili. Invece di diminuire il virus si espande proprio ora che la vita dovrebbe ricominciare. Per il nazionalista indù Modi diventa difficile chiedere un altro periodo di clausura. L’economia del miliardo e 400 milioni di indiani è già ora avviata, perla prima volta dal 1979, ad una chiusura di anno in recessione. II fallimento non è arrivato da una mutazione genetica del virus, ma quando milioni di persone hanno abbandonato le città per tornare nelle campagne. Senza mezzi, in pieno lockdown, quei milioni di disperati hanno sparso faticosamente il virus ad ogni passo e ad ogni notte passata all’aperto per tutto il Paese.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: La prima volta di Trump con la mascherina – Trump cede alla Ford E alla fine indossa l’odiata mascherina
Tema: Stati Uniti

La foto di Donald Trump con la mascherina è diventata rapidamente una specie di trofeo, esibita dai media e largamente commentata sulla Rete. Anche questo è un segno dei tempi, in America. Da almeno un mese e mezzo il presidente ne ha fatto una questione di principio. Il 4 aprile Il Cdc, il Centers for Disease Control and Prevention, perla prima volta aveva raccomandato ai cittadini di proteggersi il viso. Trump aveva commentato: «È solo una raccomandazione. Ma non è obbligatorio. Io, per esempio, non lo farò». Da allora Trump si è rifiutato di indossare o comunque di farsi vedere in pubblico con la mascherina. Una scelta giustificata così, ancora l’altro ieri, dalla Casa Bianca: «Il presidente si sottopone quotidianamente al test ed è sempre risultato negativo. Non ha necessità di coprirsi il viso». E stato lo stesso Trump a spiegare più volte la vera ragione: «La mascherina non è una cosa compatibile con il ruolo di leader». Una specie di sfida al virus, con un messaggio implicito, ma chiaro rivolto agli elettori: possiamo e dobbiamo convivere con la pandemia. Ma questa specie di mito del super presidente è franato giovedì 21 maggio. Lo scatto di un fotoreporter ha sorpreso Trump con una mascherina scura, mentre visita l’impianto della Ford a Ypsilanti, nel Michigan.  dirigenti Ford avevano informato lo staff dello Studio Ovale che nello stabilimento tutti avrebbero dovuto coprirsi naso e bocca. Il Michigan è guidato dalla governatrice democratica Gretchen Whitmer, fautrice di una linea di massima cautela e per questo motivo spesso in polemica diretta con l’amministrazione di Washington
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: L’appello Ue a Trump “Non cancellare il patto Open Skies”
Tema: Trattato “Open Skies”

L’Europa fa muro attorno al trattato “Open Skies”, mentre dalla Nato arriva un’apertura sulla possibilità che Trump non si sfili del tutto. È questa la reazione degli “alleati” all’annuncio del presidente americano di uscire dal trattato internazionale sui Cieli Aperti. Si tratta di un accordo che ha l’obiettivo di promuovere la trasparenza sulle attività militari condotte dai Paesi aderenti, secondo il concetto della “osservazione aerea reciproca”. Entrato in vigore nel 2002, conta 34 Paesi membri. Ne mancherà uno, entro la fine del 2020, a dar retta all’inquilino della Casa Banca, che sembra determinato a seguire la strada dell’uscita unilaterale come avvenuto già per altri due trattati, l’Intermediate-Range NuclearForces Treaty e lo Start. «Ci rincresce che il governo Usa abbia annunciato l’intenzione di ritirarsi, anche se condividiamo le preoccupazioni circa l’attuazione da parte della Russia delle clausole del Trattato», è quanto affermano in una nota l’Italia, altri Paesi Ue membri della Nato più la Svezia. Ma, proseguono, «è un elemento cruciale del quadro di costruzione della fiducia che è stato creato nell’arco degli scorsi decenni al fine di migliorare la trasparenza e la sicurezza nell’area Euro-Atlantica». La decisione degli Stati Uniti di ritirarsi è l’ennesimo passo di Washington «verso lo smantellamento dell’architettura di sicurezza internazionale in vigore da decenni», avverte il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, già premier e presidente, Dmitry Medvedev. La Cina esprime profondo rammarico per la decisione degli Usa di ritirarsi, affidando la propria testimonianza al portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Caferri Francesca 
Titolo: Figli contro fidanzata Scontro sul perdono ai killer di Khashoggi
Tema: Omicidio Khashoggi

La fidanzata contro i figli: al centro milioni di dollari e un’eredità morale pesante, quella di Jamal Khashoggi, giornalista saudita ucciso nell’ottobre 2018 nel consolato di Istanbul da un gruppo di uomini arrivati da Riad. Complice l’approssimarsi di Eid, la festività del perdono del mondo musulmano che segna la fine del Ramadan, ieri notte il figlio maggiore del giornalista, Salah, ha pubblicamente perdonato a nome della famiglia gli uomini che hanno ucciso il padre. Una mossa che apre la strada – secondo quanto previsto dalla tradizione islamica – all’annullamento delle cinque condanne a morte e dei tre ergastoli inflitti dalla giustizia saudita ai responsabili del delitto. Ma la fidanzata di Khashoggi, la turca Hatice Cengiz, che quel giorno lo aspettava e fu la prima a lanciare l’allarme sulla scomparsa, non ci sta: «Nessuno ha il diritto di perdonare gli assassini», ha scritto su Twitter. Il processo avrebbe dovuto ristabilire l’immagine di Mbs, il soprannome con cui è noto il principe, fatta a pezzi dalla vicenda, ma è stato criticato dalle maggiori organizzazioni internazionali dei diritti umani per mancanza di trasparenza. Ieri la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, che ha indagato sulla vicenda, ha parlato di un nuovo atto della «parodia della giustizia saudita».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  G.Per. 
Titolo: Khashoggi, strano perdono ai killer – Khashoggi, la scelta sospetta i figli “graziano” gli assassini
Tema: Omicidio Khashoggi

Una scelta dettata dal cuore o, magari, soltanto da un conveniente accordo economico con i sauditi? Sono tante le nubi che circondano il clamoroso gesto di clemenza dei figli di Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso il 2 ottobre del 2018 nel consolato di Riad ad Istanbul. La notizia arriva in una delle ultime notti di Ramadan, come suggerisce la tradizione islamica. «Noi, figli del martire Jamal Khashoggi, annunciamo di voler perdonare coloro che hanno ucciso no- stro padre». Poche parole che hanno il peso di una pietra tombale sulle speranze di chi chicde giustizia per la brutale uccisione del reporter saudita. Con il perdono, annunciato su Twitter dal figlio maggiore Salah, peri killer dell’editorialista del Washington Post, i cui resti non sono mai stati ritrovati, si apriranno le porte della grazia e, in futucere. Secondo i media di Riad, con il «perdono» dei familiari della vittima, grazie alla legge islamica dovrebbe infatti essere commutata in una pena minore la condanna a morte inflitta a 5 imputati da un tribunale del Regno. In certo resta il destino degli altri 3 condannati a 24 anni complessivi di carcere, mentre i sospetti mandanti l’avevano già fatta franca dopo che a dicembre i giudici sauditi avevano tolto l’aggravante della premeditazione, scagionando i due fedelissimi del principe ereditario Mohammed bin Salman, l’ex braccio destro della comunicazione, Saud al-Qahtani, e l’ex numero 2 dei servizi segreti, il generale Ahmed al-Assiri.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Missioni ad alto rischio al fianco dei francesi I soldati italiani vanno alla guerra del Sahel
Tema: Missioni multinazionali

I militari italiani saranno sempre più impegnati nell’Africa Nera. Con elicotteri, soldati, reparti speciali e anche una nave. Grazie alla formale delibera predisposta dai ministri Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio scatta infatti la nostra partecipazione a due nuove missioni multinazionali che ci vedono assieme ai francesi. In Niger e nel Golfo di Guinea. Nella prima, manderemo una task-force elicotteristica per l’evacuazione medica nell’ambito della neonata missione «Takuba» a guida francese. Nella seconda, schiereremo una fregata. Non ingannino le parole: quella di «Takuba» sarà una missione ad alto rischio, di profilo «combat», perché si tratta di andare a recuperare morti e feriti sul campo di battaglia. E non è un pericolo ipotetico. L’area delle operazioni è teatro di continui scontri tra formazioni jihadiste e forze lealiste, finora appoggiate dai francesi. Eppure le cose vanno sempre peggio. E siccome la missione «Barkhane» assorbe sempre più uomini e finanze a Parigi, e non è stato sufficiente aumentarne gli effettivi fino a 5100 soldati nel corso del 2019, ecco che nasce ad affiancarla «Takuba». Il territorio dove opereranno i nostri è la regione di Liptako, un triangolo insanguinato tra Niger, Mali e Burkina Faso quasi del tutto fuori controllo, ove imperversano Dacsh e Boko Haram, trafficanti di droga e di uomini, predoni vari.
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