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SINTESI IN PRIMO PIANO – 20 novembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Salvini accusa Berlusconi: “centrodestra in frantumi”. Tre deputati di FI passano alla Lega.
– Conte: le feste siano sobrie. Compromesso con le regioni sui parametri.
– Manovra, altri 7 miliardi per il Ristori-ter. Tasse e contributi sospesi nelle zone rosse.
– Recovery, strada in salita. Resta il veto di Polonia e Ungheria sulle condizioni.
– Lagarde esorta i 27: basta ritardi sul budget 2021-2027. E replica a Sassoli: “Cancellare i debito è contro i Trattati”.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Salvini attacca, centrodestra in frantumi Tre deputati di FI passano alla Lega
Tema: Centrodestra

I nuvoloni che si addensavano da giorni sul centrodestra hanno portato a una vera bufera. Le aperture reiterate alla collaborazione con il governo sull’emergenza Covid da parte di Silvio Berlusconi e il sospetto che sarebbero dovute a uno scambio di favori con la maggioranza sulla norma salva-Mediaset, hanno suscitato la reazione di Matteo Salvini che ieri ha colpito l’alleato con tre colpi violentissimi. Il primo è stato uno sfogo contro chi traffica su rimpasti, «inciuci» e nuovi governi, compreso «un pezzo di FI». II secondo è l’accusa di «ambiguità» del Cavaliere sulla vicenda Mediaset.
Il terzo colpo è quello che in politica è considerato un vero atto ostile: Salvini accoglie nella Lega tre deputati che, a sorpresa, decidono di uscire da FI. Sono Laura Ravetto, Maurizio Carrara e Federica Zanella, che spiegano la loro mossa con il «disagio» provato dopo «le sempre più ampie aperture al governo e gli ammiccamenti con il Pd» del Cavaliere.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: Il commento – Così finisce l’era del partito unico – Un conflitto nel centrodestra che ha riflessi anche in Europa
Tema: Centrodestra

La presidente di Fratelli d’Italia non aveva visto, o non voleva vedere che il suo schieramento si stava sbriciolando; e che la tensione tra il leghista Matteo Salvini e Silvio Berlusconi stava per trasformarsi in un conflitto difficile da fermare. Da ieri, la resa dei conti è sotto gli occhi di tutti. E non tanto perché tre parlamentari di Forza Italia si sono trasferiti alla corte del Carroccio: quella, semmai, è una conseguenza. Pesa solo in parte perfino il dialogo di Berlusconi col governo giallorosso. Forse, va valutata anche la sconfitta di Donald Trump, icona del sovranismo. Quel risultato ha indotto il leader di FI a misurare meglio un alleato che ha perso una sponda simbolica potente negli Stati Uniti; e che in Europa è guardato come esponente di una forza isolata, legata all’estremismo di destra, peraltro in discesa lenta ma costante. La difesa di Polonia e Ungheria da parte di Salvini e Meloni contro le istituzioni Ue in tema di diritti certifica una divergenza seria. Se a questo si aggiunge la violazione di un tabù, come il «no» della Lega all’emendamento governativo teso a proteggere Mediaset dalle scorrerie francesi, il cerchio si chiude: anche se la presidente di Fdl cerca di rassicurare Berlusconi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Orsina Giovanni 
Titolo: L’analisi – Perche il Cav si smarca da Salvini
Tema: Centrodestra

Innanzitutto, facendo forza sull’emergenza pandemica, sugli appelli alla collaborazione del Presidente Mattarella e sullo stato semicomatoso nel quale versa il gabinetto Conte, può accrescere il proprio peso politico e la propria visibilità pubblica. Può distinguere la propria posizione da quella degli alleati-concorrenti Lega e Fratelli d’Italia, poi, senza che questo abbia ricadute negative nell’immediato, visto che fino a primavera non sono previste elezioni. Può difendere con maggiore forza i propri interessi aziendali. E può infine presentarsi come uno statista – vedendosi innalzato sul piedistallo, per altro, dagli stessi che fino a qualche anno fa lo giudicavano un buffone nel migliore dei casi, un pericolo perla democrazia nel peggiore. Sbaglierebbe però, a mio avviso, chi da tutto questo deducesse che nel medio periodo Forza Italia si stia apprestando a entrare stabilmente nella maggioranza di governo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 – Quella Lega del nord più ostile alla Meloni
Tema: Centrodestra

Tutta la scena a destra, ieri, è stata occupata dallo scontro tra Salvini e Forza Italia. Lui che evoca «inciuci» e dice di sospettare scambi di favori con la fatidica norma anti-scalata per tutelare Mediaset da Vivendi, e loro che rispondono a brutto muso che collaborare non vuol dire entrare al Governo. In mezzo a questi scambi al veleno, tre deputati azzurri passano con la Lega. Una mezza guerra, insomma, con Berlusconi che in serata detta una nota per rimettere in riga il Capitano. «Senza una forza moderata come la nostra, avremmo una destra isolata in Italia e in Europa, non in grado di vincere le elezioni né di governare come il Front National di Marine Le Pen». Una bella stoccata a chi si sente la vittoria in tasca e invece dovrà pure fare i conti con le percentuali di Forza Italia. In questa partita la Meloni è più defilata e più astuta: appoggia la norma su Mediaset in difesa dell’italianità e lascia che sia Salvini a litigare e dividere, circostanza che in politica non premia. Alla fine dopo tanto parlare delle tensioni nella maggioranza – ieri erano soprattutto sul salvaMediaset – si cominciano a vedere bene le crepe del centro-destra. Crepe che però non riguardano solo il Capitano e il Cavaliere.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M.Gu. 
Titolo: Il governo apre alle Regioni Tavolo sui parametri (e le zone)
Tema: Emergenza coronavirus

Modello che funziona non si cambia, è il ritornello del governo. O meglio, era. Perché dopo giorni di pressing i presidenti delle Regioni hanno strappato ai ministri Francesco Speranza e Roberto Boccia l’impegno ad avviare da subito un tavolo di confronto con i tecnici, coordinato da Silvio Brusaferro, per rivedere i parametri di classificazione a seconda del rischio. Il sistema dei tre colori potrebbe dunque cambiare, ma non prima del prossimo Dpcm. Anche perché Giuseppe Conte trova «senza senso» passare da 21 a 5 indicatori, se non sono gli scienziati a suggerirlo. li premier ieri ha visto una delegazione di sindaci della Calabria, ha promesso «massima attenzione» sull’emergenza sanitaria e si è impegnato a scegliere il nuovo commissario alla Sanità dopo i troppi passi falsi: «Avverto forte la responsabilità di individuare un profilo adatto». In corsa, tra i tanti, Francesco Paolo Tronca e Narciso Mostarda, ma resta in testa Federico Maurizio D’Andrea. Dopo la riunione Stato-Regioni, i presidenti esultano. Massimiliano Fedriga, che guida un Friuli-Venezia Giulia arancione, valuta «con favore la disponibilità del governo ad accogliere la richiesta di rivedere I parametri». Il presidente della Lombardia rossa, Attilio Fontana, si aspetta che I tecnici decidano «se ridurre i parametri e quali
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Divieti, cosa cambierà
Tema: Emergenza coronavirus

C’è una data importante che certamente influirà sulle regole e i divieti, ma anche sugli allentamenti, che il governo inserirà nel nuovo Dpcm in vigore dal 3 dicembre. E venerdì 27 novembre. Da quel giorno le Regioni potranno cominciare a cambiare fascia di rischio, a partire da Piemonte e Lombardia che dovrebbero entrare in zona arancione. E nella settimana successiva altre Regioni potrebbero passare dalla zona arancione a quella gialla. Sarà proprio la realizzazione di questo meccanismo — che misura i contagi da Covid-19 e la tenuta delle struttufe sanitarie — a consentire di allentare le misure restritt$e ora in vigore. L’ipotesi allo studio del governo prevede l’apertura dei negozi dalle 9 alle 22, dei centri commerciali nel fine settimana, dei ristoranti la sera in tutte le aree d’Italia tranne quelle ancora rosse.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Candito Alessia 
Titolo:  Calabria senza tregua arresti in Regione Morra attacca, è bufera
Tema: Calabria

Nei reparti dei rachitici ospedali calabresi ogni richiesta di farmaci oncologici deve essere motivata. Nella tavernetta del clan Grande Aracri, i suoi luogotenenti progettavano di accaparrársene a quintali e rivenderli all’estero. Eccola la fotografia della sanità calabrese, spogliata da un decennio di commissariamento, assediata da una pandemia che non ha mezzi e uomini per reggere e pantano per il governo ancora incagliato sulla scelta del manager a cui affidarla. «Il nome arriverà a ore» ha detto il premier Conte alla delegazione di sindaci calabresi, che lo ha incontrato mentre 400 fasce tricolori manifestavano in piazza Montecitorio. In pole c’è sempre l’ex finanziere e investigatore del pool di Mani Pulite, Federico Maurizio D’Andrea. Professionista integerrimo, manager con la passione dei conti da far tornare e “il pallino” per le situazioni difficili. Forse l’uomo giusto per mettere ordine nella palude della sanità calabrese.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Saviano Roberto 
Titolo: L’analisi – Nella terra dei dissesti e dei clan ora va azzerato il debito della sanità
Tema: Calabria

Partiamo subito da una possibile soluzione per il disastro della Sanità calabrese: azzerare il debito provocato dalle stagioni commissariali. E i creditori? Non si hanno documenti contabili certi, quindi siamo di fronte a un coacervo burocratico insolvibile, e a quanto ammonta il debito? Sappiamo dati vaghi e per difetto: due miliardi di euro. Debiti e burocrazia, benvenuti al sud, benvenuti nel sistema sanitario meridionale e specificamente calabrese. Tutto nasce con Il commissariamento, una scelta politicamente facile da comunicare perché in un solo gesto mostra la volontà di voler “ripulire” nella terra di ‘ndrangheta il settore infetto. Non è mai così. I commissariamenti posso valere – e quindi essere necessari e risolutivi – solo per brevi, brevissimi periodi in cui servono a interrompere meccanismi di potere incistati e permettere poi la ripartenza con una visione politica, con una gestione reale dei progetti e non con una struttura autoritaria e miope spesso come accade coni commissariamenti a lungo termine. Commissariare per dieci anni è stato peggio che avere le ‘ndrine direttamente a comandare.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Ristori, scialuppa da 8 miliardi con scostamento senza deficit
Tema: Ristori ter

Due scostamenti e tre decreti. Si arricchisce ancora di nuove tappe il calendario già fitto degli interventi paralleli alla legge di bilancio per portare aiuti all’economia colpita dalle misure anti-Covid. Le tante ipotesi di programma si sono confrontate in una serie di riunioni tecniche e politiche che ieri hanno preparato il consiglio dei ministri previsto questa mattina. In sintesi: oggi il governo dovrebbe dare il via libera alla nuova richiesta di scostamento al Parlamento per circa 6,5 miliardi, che sarà votata dalle Camere mercoledì prossimo, e a un terzo decreto Ristori con 1,3 miliardi ricavati dai fondi ancora non spesi nei precedenti interventi anticrisi. Lo scostamento non si tradurrebbe però in un aumento del deficit, che rimarrebbe entro il 10,8 per cento. Uno scostamento senza deficit sembra un ossimoro, ma in questo caso non lo è: la richiesta al Parlamento servirebbe infatti a liberare l’utilizzo delle entrate maggiori del previsto portate in dote dal rimbalzo del terzo trimestre, e calcolate dal Mef appunto in circa 6,5 miliardi
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo – Monticelli Luca 
Titolo: Conte raddoppia l’aumento del deficit oggi il sì per 7-10 miliardi, altri 20 a gennaio
Tema: Ristori ter

Gli effetti della seconda ondata del virus peseranno sull’economia ancora per molti mesi. Il ministro Gualtieri parla di «luce in fondo al tunnel», ma la strada è lunga. Ieri sera, davanti ai capi delegazione e ai responsabili economici dei partiti, chiamati di nuovo a palazzo Chigi per discutere assieme al presidente del Consiglio le prossime mosse per affrontare la crisi, ha parafrasato Mario Draghi: «Faremo fronte a tutti gli scenari con un “whatever it takes fiscale”». La rotta è tracciata: oggi il Consiglio dei ministri approverà un altro scostamento di bilancio da 7 miliardi (che però potrebbero anche salire a 10) necessario per arrivare a fine anno. È il quarto da marzo e va a sommarsi a 100 miliardi di extra deficit già polverizzati. La richiesta verrà votata in Parlamento mercoledì e, soprattutto al Senato, per non correre rischi, ci vorrà l’aiuto di Forza Italia perché l’articolo 81 della Costituzione prevede la maggioranza assoluta dell’assemblea. Il governo dovrebbe varare anche un decreto «Ristori ter», finanziato con i soldi rimasti in cassa (1,3 miliardi), pronto a confluire nel provvedimento a Palazzo Madama che ingloba i primi due interventi a favore delle attività colpite dal Covid.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Nuovo stop alle tasse per le attività in perdita
Tema: Tasse sospese

Si compone soprattutto di un altro giro di sospensioni fiscali la nuova tornata di aiuti che il governo sta per mettere in campo per sostenere le imprese e le partite Iva colpite dalle restrizioni anti-Covid. Sospensioni che si allargano a tutta Italia, e riguarderanno le imprese fino a 50 milioni di euro di fatturato che abbiano subito perdite di almeno il 33 per cento. Il calcolo del calo di volume d’affari e corrispettivi, secondo meccanismi che si stanno ancora affinando, dovrebbe essere basato sul confronto fra il primo semestre 2020 e lo stesso periodo del 2019 per le tasse in scadenza a novembre; e spostarsi al novembre 2020, rapportato allo stesso mese dell’anno scorso, per i versamenti di dicembre.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Petrini Roberto 
Titolo: Il retroscena – L’exit strategy del Tesoro Fondo da 34,7 miliardi disponibile da gennaio
Tema: Manovra

La “polizza” contro ogni eventuale ritardo, dovuto ai contrasti in Europa, del Recovery Fund sta all’interno della legge di Bilancio. Il Fondo di rotaziorte per l’attuazione del Next Generation Eu per 34,7 miliardi, una sorta di “Piano B”, consentirà di spendere immediatamente, fm dal 1° gennaio del prossimo anno, le risorse destinate al Paese. Il prospetto “bollinato” della legge di Bilancio cita esplicitamente la destinazione di parte di questi fondi: si tratta del pacchetto Transizione. 4.0 (iperammortamento; superammortamento, credito d’imposta in software, credito d’imposta in beni immateriali, ricerca e formazione), in tutto più di 5 miliardi. Così con il nuovo fondo Recovery da 34,7 miliardi, inserito nelle ultime ore, la Finanziaria sale dai 38-39 miliardi di cui si è detto fino ad oggi fino al livello di 73,6 miliardi. Appunto, come ha detto il ministro dell’Economia Gualtieri l’altro giorno, una manovra «mai vista in precedenza».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cassese Sabino 
Titolo: La pioggia di misure non aiuta
Tema: Manovra

Con un ritardo di un mese giunge in Parlamento il disegno di legge di bilancio per il triennio 2021- 2023. I tempi stretti per l’approvazione parlamentare costringeranno a sperimentare di nuovo il «monocameralismo alternato» (questa volta, la Camera discute, il Senato ratifica). Il disegno di legge contiene la settima manovra economica di questo anno molto particolare. E stato preceduto dai decreti legge «Cura Italia», «Liquidità», «Rilancio» I e II, «Ristoro» I e II (l’ultimo ancora in via di conversione in legge, accompagnato da quasi 3 mila emendamenti), per un valore di un terzo circa dell’ordinario bilancio statale italiano. Le misure contenute in questi decreti legge, insieme con la contrazione del Prodotto interno lordo, porteranno il debito pubblico dal 134,6 al 159,6 per cento del Prodotto stesso nel 2020. Seguirà, subito dopo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per l’utilizzo dei quasi 200 miliardi di prestiti e di trasferimenti del «Recovery fund». Infine, altri decreti legge di sussidi sono annunciati come prossimi. Questo accavallarsi di provvedimenti, in larga misura imposto dalle circostanze, ha richiesto votazioni parlamentari a maggioranza assoluta per ottenere l’autorizzazione ad aumentare il deficit (scostamento di bilancio). Dalla Seconda guerra mondiale, mai l’Italia si trovata in tante difficoltà finanziarie, ma mai si è potuta giovare di tanti provvidenziali interventi dall’estero.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca – Marro Enrico 
Titolo: Lagarde spinge sul Recovery fund Ma Merkel avvisa: restano i veti
Tema: Recovery Fund

Bilancio Ue e Recovery fund devono diventare operativi «senza indugio». Lo ha ricordato la presidente della Bce, Christine Lagarde, davanti alla commissione Econ del Parlamento Ue. E lo hanno ripetuto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel al termine della video-riunione tra i leader ile dedicata al Covid. Al primo punto il bilancio Ue 2021-2027 e la condizionalità sullo Stato di diritto, rifiutata da Ungheria e Polonia, che hanno bloccato il budget ponendo il veto. La cancelliere tedesca Angela Merkel al termine della riunione ha spiegato che «restano i veti, questo significa che non possiamo inviare la proposta al Parlamento Ue» e «dobbiamo continuare a lavorare e sondare tutte le opzioni possibili».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Il grande equivoco dei fondi Quel dialogo tra sordi fra Bruxelles e l’Italia
Tema: Recovery Fund

A ieri neanche un brogliaccio di una sola delle decine di «componenti» del piano italiano per Next Generation EU era stato inviato a Bruxelles per un primo confronto. Anche semplicemente informale. In sé, non è un’anomalia il fatto che il governo possa presentare l’intero pacchetto del Recovery plan solo in gennaio (o più probabilmente anche dopo). Hanno già mandato alla Commissione europea il loro progetto solo pochi Paesi, fra i quali Portogallo e Spagna; a Madrid non è difficile percepire la frustrazione per la complessità bizantina di certi requisiti e del resto la stessa amministrazione di Bruxelles tradisce delle esitazioni: quando per esempio l’Italia ha chiesto se poteva usare i fondi europei a garanzia di una quota di investimenti, sul modello del Piano Juncker varato a Bruxelles anni fa, la Commissione è rimasta a lungo senza risposta. Eppure, con il passare delle settimane si profila un problema di fondo: il modo in cui il governo sta stendendo il suo piano sembra incompatibile con il tipo di programmazione richiesto da Bruxelles per la spesa dei 209 miliardi disponibili per l’Italia. Poco importa se siano valide sulla carta le specifiche idee di investimento, fra le quali alcune iniziano a filtrare: un nuovo Politecnico a Roma, il rifinanziamento degli incentivi all’investimento tecnologico di Industria 4.0 con un piano di formazione 4.0 e potenzialmente anche gli sgravi (già in vigore) per gli interventi ambientali sulla casa. Il problema è nel metodo.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  a.d’a. 
Titolo: Recovery, strada in salita – Il Recovery Fund bloccato dal veto di Polonia e Ungheria
Tema: Recovery Fund

«Ungheria e Polonia hanno posto il veto alla decisione sul Recovery Fund e hanno detto chiaramente che non possono accettare la condizionalità sullo Stato di diritto: non possiamo inviare la proposta al Parlamento europeo». Angela Merkel è asciutta nel raccontare l’esito del video summit tra i capi di Stato e di governo dell’Unione. Il Next Generation Eu da 750 miliardi e il Bilancio Ue 2021-2027 da 1.074 miliardi restano al palo, vittime del “no” di Viktor Orbàn e Mateusz Moraviecki alla scelta di legare il pagamento dei fondi al rispetto dello Stato di diritto. «Continuiamo a esplorare tutte le soluzioni, lavoreremo duro», afferma la Cancelliera puntando al summit del 10 dicembre. «Serve un accordo in fretta», aggiunge Ursula von der Leyen, numero uno della Commissione Ue. Con un successo (tutt’altro che scontato) al prossimo vertice, potrebbero iniziare le ratifiche nazionali che prenderebbero tra 2 e 3 mesi: il Recovery anziché a gennaio partirebbe tra febbraio e marzo. In caso di fallimento, tempi ancora più incerti.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: L’uomo della task force di Biden: ancora chiusure ma più aiuti
Tema: Biden

Stretta sulle precauzioni anti-Covid, con più chiusure se sarà necessario. Ma più soldi, e subito, alle attività economiche in crisi, specie ai servizi di base, come bar, ristoranti, negozi. Questo è lo schema su cui starebbe lavorando la task force antivirus di Joe Biden. Il 9 novembre il presidente eletto ha presentato il suo team di tredici scienziati. Da allora la discussione sta entrando nel merito delle misure da mettere in campo, a partire dal 20 gennaio, il giorno dell’insediamento. E la priorità assoluta per Biden, che ieri ha incontrato i governatori avviando una azione di coordinamento per la distribuzione di vaccini e test. Ma anche un’operazione difficile, complicata dall’ostruzionismo di Donald Trump che sempre ieri ha ordinato ai componenti della sua task force di non passare alcuna informazione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Belardelli Giovanni 
Titolo: Lo scontro sulla storta nell’era di Biden il moderato
Tema: Biden

Quando a gennaio diverrà a tutti gli effetti il 46esimo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden cercherà di riunificare il Paese, come ha dichiarato appena è apparsa evidente la sua vittoria elettorale. Ma non sarà un compito facile. Non solo perché la spaccatura dell’elettorato — alimentata da un presidente ancora in carica che non riconosce la sconfitta — è profonda, ma anche perché le divisioni che attraversano la società americana vanno oltre la normale agenda politica e investono la storia stessa degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi, l’11 novembre, ricorrevano 400 anni dall’arrivo sulla costa americana del Mayflower, un episodio presentato a generazioni di studenti come una sorta di prequel dell’indipendenza americana e della nascita del sistema democratico (fu su quella nave che i Padri pellegrini avevano firmato un patto sulla base del quale giuravano che avrebbero obbedito alle leggi che si sarebbero dati). Senonché tutto quel racconto legato all’arrivo del Mayflower viene da tempo contestato da una parte importante del Paese che rifiuta, più in generale, l’intera rappresentazione di una storia americana caratterizzata — nonostante limiti e battute d’arresto — dallo sviluppo della libertà e della democrazia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Moreno Javier 
Titolo: Obama “Biden sa unire Sanerà le divisioni nel mondo provocate da Trump”
Tema: Intervista a Barack Obama – Biden

Gli Stati Uniti stanno vivendo tempi strani. I protocolli per la transizione ordinata del potere, venerati come la Repubblica Americana stessa, sono attualmente in pericolo a causa del rifiuto dell’attuale occupante della Casa Bianca di accettare la sua sconfitta. II processo è un rito laico, una liturgia democratica durante la quale il perdente non solo riconosce di aver perso, ma, accettando la vittoria del suo rivale, conferisce a quest’ultimo la legittimità di perseguire, come in una staffetta, la ricerca di quella “più perfetta unione” prescritta dalla Costituzione. È anche un messaggio a tutti i cittadini, in particolare a quelli che sono dalla parte del perdenti, che è tempo di guarire le ferite. Nel libro che ha appena pubblicato, A Promised Land, l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ricorda l’impressione che gli fece il modo elegante con cui George W. Bush e la sua famiglia svolsero questo compito. «Mi ripromisi — scrive — di trattare il mio successore allo stesso modo al momento opportuno». Il suo successore è stato Donald Trump. Durante la conversazione svoltasi domenica scorsa a Washington, gli ho chiesto se lo ha fatto davvero, con eleganza. «L’ho fatto». E stato difficile? «È stato difficile, ma ce l’ho fatta. Chiamai Donald Trump quella sera stessa, a tarda notte, per congratularmi con lui. Feci quella telefonata, non abbiamo rimandato per settimane fingendo che non fosse successo. Qualche giorno dopo lo invitai alla Casa Bianca con sua moglie, Melania. Feci in modo che tutti i miei dipartimenti e i miei collaboratori preparassero i manuali per la transizione. A quanto pare, non sempre sono stati letti. Uno di questi riguardava come affrontare l’eventualità di una pandemia. Sembra che non abbiano seguito le linee guida indicate».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: L’intervista «estorta» a Diana e la baltaglia di William: «Giusto aprire un’inchiesta»
Tema: Il principe William difende Diana

Gli occhi luccicanti sottolineati dall’eyeliner, il capo leggermente reclinato, la voce sommessa. Ma le parole sono pesanti come pietre: «Eravamo In tre in quel matrimonio, dunque era un po’ affollato». L’atto d’accusa finale della principessa Diana contro il marito Carlo (e la monarchia tutta), squadernato di fronte ai sudditi dagli schermi della Bbc in quella che diventò subito una delle interviste più celebri di tutti i tempi. Ma dietro quei 6o minuti a cuore aperto si celavano segreti inconfessabili, che tornano a galla dopo 25 anni. E che hanno provocato lo straordinario intervento del principe William a difesa della memoria di sua madre: il duca di Cambridge si è schierato a favore dell’inchiesta già avviata sulla Bbc, accusata di aver circuito la principessa con una rete di menzogne pur di ottenere la clamorosa intervista che condusse al divorzio da Carlo. «L’inchiesta indipendente è un passo nella giusta direzione — ha detto William —. Dovrebbe aiutare a stabilire la verità dietro le azioni che condussero all’intervista». Fonti vicine al principe hanno fatto sapere ai giornali inglesi che lui considera la vicenda come una questione personale, in cui ne va dell’eredità morale della madre: e che nelle scorse due settimane William si è tenuto in stretto contatto con la Bbc, in modo da fare pressione perché l’emittente britannica accettasse l’inchiesta.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  Provenzani Sabrina 
Titolo: La Bbc rubò l’intervista a Lady Diana – “La Bbc rubò l’intervista a Lady D.”
Tema: Il principe William difende Diana

Se avevate l’età della ragione, che in queste cose inizia a 10 anni, ricorderete quel 20 novembre 1995, il giorno in cui la Bbc mandò in onda l’immortale intervista in cui Lady Diana Spencer, già separata ma non ancora divorziata da Carlo “Principe ereditario per sempre” Windsor, rivelava al mondo la sua verità sulla Firm, la casa reale inglese. I panni sporchi lavati davanti a 25 milioni di persone: strappo grave in ogni famiglia, imperdonabile per quella reale inglese. Ma Diana è la storia che keeps on giving, e il nuovo scandalo non è sui contenuti ma su come quell’intervista fu ottenuta da Martin Bashir per il programma investigativo di Bbc Panorama. È una storiaccia: Bashir avrebbe mostrato al fratello di Diana, Earl Spencer, falsi pagamenti bancari a membri dello staff della principessa, sostenendo che fossero stati pagati per spiarla. Questa, dice Spencer, lo avrebbe indotto a spingere la sorella a raccontare la sua esplosiva versione dei fatti. Bell’ambientino. Tutto ricostruito da un’inchiesta del canale rivale Itv, che ha costretto la Bbc ad aprire un’inchiesta su com’è andata davvero.
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