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SINTESI IN PRIMO PIANO – 2 marzo 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Draghi chiude l’era Conte-Arcuri. Figliuolo commissario all’emergenza;
– Scuola, stop alle lezioni in zona rossa ma sull’arancione è lite nel governo;
– L’industria riparte: dalla manifattura segnali di ripresa;
– Istat, deficit a quota 9,5%. Il debito arriva al 155,6%;
– L’Ue accelera sul passaporto vaccinale, si potrà viaggiare col tampone negativo;
– La caduta di Sarkozy. Condannato a tre anni per corruzione.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: Emergenza, rimosso Arcuri – Vaccini, la scelta di Draghi Un generale al posto di Arcuri
Tema: Emergenza Covid-19, rimosso Arcuri

«A Domenico Arcuri i ringraziamenti del governo per l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese». Le parole sono affidate ad una nota ufficiale di Palazzo Chigi. Niente di più. Così il commissario straordinario all’emergenza Covid, dopo quasi un anno (fu nominato dall’allora premier Giuseppe Conte il 17 marzo 2020), è diventato «ex». Al suo posto viene nominato il generale di corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo. L’annuncio arriva ieri dopo un colloquio durato circa una mezz’ora con il presidente del Consiglio Mario Draghi a Palazzo Chigi, dove Domenico Arcuri era arrivato intorno alle 14. La durata del suo incarico (non retribuito) era stata prorogata al 31 marzo 2020 insieme con lo stato di emergenza. Ma il premier Draghi non ha voluto aspettare. L’urgenza di rivedere l’intero piano vaccinale ha richiesto un cambio immediato. E d’altronde da tempo in molti vedevano in Arcuri il principale responsabile del fallimento della campagna e ne chiedevano la rimozione. Tra questi, sicuramente il leader della Lega Matteo Salvini, ieri tra i primi ad applaudire la scelta del premier con un «missione compiuta»: «La mia non era una crociata personale e non ho nulla contro il signor Arcuri, ma mi pare che abbia dimostrato il suo fallimento in tutte le missioni in cui è stato chiamato a mettersi alla prova». Intanto sale la curva dei contagi. Misure «rafforzate» in Lombardia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Banchi, primule e altri errori Caduta di un re – Il manager dei troppi incarichi Quegli errori da ribalta e le accuse ai big farmaceutici
Tema: Emergenza Covid-19, rimosso Arcuri

Il rapporto fra Domenico Arcuri e Giuseppe Conte finirà nei manuali di politica come esempio di ciò a cui porta la scaltrezza e l’accecamento del potere sullo sfondo di istituzioni deboli. Gli equivoci, gli errori, gli scaricabarile e persino ciò che ha funzionato: niente nella vicenda del manager che fu commissario si comprende senza inserire nell’equazione la psicologia dei protagonisti e il contesto del Paese. La cui debolezza, del resto, è conclamata. Quando un anno fa esplode Covid-19, la Protezione civile può contare su un patrimonio di conoscenza nel gestire le sciagure che conosce: terremoti, inondazioni, cedimenti idrogeologici. Non una pandemia, allora fuori dai radar della struttura. Succede così che nei magazzini della Protezione civile manchino persino le mascherine, e poco importa se nel mondo in questi anni le aggressioni virali si sono susseguite: Sars, suina, aviaria, Ebola. Ci si poteva pensare, non Io si è fatto. Arcuri entra in scena allora. A metà marzo 2020 Conte, a capo del suo secondo governo, nomina questo manager per riempire i vuoti nella cintura di trasmissione dalla politica alla burocrazia. Perché Arcuri è li per saltare le labirintiche procedure dello Stato, procurarsi al più presto mascherine o respiratori e organizzarne una produzione nazionale. Via via, accadrà lo stesso con tutto ciò che viene chiesto: dai banchi a rotelle alle siringhe, alla gestione dei vaccini forniti da Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Per questi ultimi deve anche organizzare una strategia di consegne ed è qui che la frustrazione collettiva diventa massima. Anche la sua, riferisce chi gli ha parlato in queste ore.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buccini Goffredo 
Titolo: Alpino in trincea dal Kosovo a Bergamo – Dal Kosovo alle bare di Bergamo, l’alpino già in trincea contro il virus «Tutto me stesso per la patria»
Tema: Emergenza Covid-19, rimosso Arcuri

Ha negli occhi le bare di Bergamo: dal suo comando venivano i camion che trasportarono con pietà quelle nostre vittime senza sepoltura nell’ora più buia della pandemia italiana. Ha nel cuore l’ansia per i nostri cittadini rimpatriati da Wuhan: i suoi soldati allestirono le aree di isolamento per chi, spaventato e smarrito, tornava in Italia coi Boeing KC767 dell’Aeronautica. Ha in mente la lucida frenesia che trasformò, nella primavera dello scorso anno, la tranquilla routine capitolina dell’ospedale militare del Celio in un punto di riferimento nazionale nella lotta al virus. Sicché, quando dice a caldo “lavorerò per la nostra patria e per i nostri connazionali”, ha già nel Dna le regole d’ingaggio l’alpino Francesco Paolo Figliuolo, generale a tre stelle e, da adesso, sostituto di Domenico Arcuri nella trincea più scomoda dei prossimi mesi. «E’ stato un fulmine a del sereno, per me una grande attestazione», ha detto, quando il nuovo incarico gli è stato formalizzato dal premier Draghi: «Metterò tutto me stesso e tutto l’impegno possibile per fronteggiare questa pandemia».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Il retroscena – Il cambio di passo di Draghi “Ecco la discontinuità” Pronto un appello al Paese
Tema: Emergenza Covid-19, rimosso Arcuri

L’ultimo atto ha il retrogusto ruvido di un allontanamento. A metà mattina, Domenico Arcuri viene convocato a Palazzo Chigi. Lo riceve il sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli. E con lui che lavora e si confronta da quando è nato il nuovo esecutivo. Ed è lui che gli anticipa il finale della storia. Poi si ritrova faccia a faccia con Mario Draghi. Un incontro rapido, freddo, definitivo. Resta un problema, però. «Ci sarebbe da inviare la lettera di dimissioni». Nominato per decreto, il commissario straordinario può infatti essere sostituito solo con un altro decreto. Oppure, appunto, con un passo indietro “volontario”. Arcuri torna in ufficio e spedisce la missiva. Si apre così, con una tempistica che brucia ogni previsione, l’era del generale Francesco Paolo Figliuolo. Una rivoluzione che segue quella al vertice della Protezione civile. Due scelte che, assieme all’imminente dpcm, saranno spiegate nelle prossime ore dal presidente del Consiglio. Da giorni, Draghi si era convinto della necessità di una «svolta». La ragione? «Serve un segnale di discontinuità». Di più: la volontà di garantire per la campagna vaccinale l’efficienza organizzativa che è propria dell’esercito, mostrando al Paese di non aver risparmiato ogni sforzo possibile. Una volta deciso l’avvicendamento, poi, Draghi ha individuato il successore – come impone il meccanismo di nomina – con Lorenzo Guerini (il quale, a dire il vero, non ha mai mancato neanche in queste ore di ribadire il suo «ringraziamento per il lavoro svolto da Arcuri»). La necessità del presidente del Consiglio è duplice: organizzativa, ma anche politica. Al commissario uscente viene imputata innanzitutto l’incapacità di fare sistema.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Il retroscena – Quell’appello ai cittadini (allargato ai politici) «Dobbiamo dire la verità anche se è scomoda»
Tema: Emergenza Coronavirus

Il richiamo di Roberto Speranza al «senso di una sfida collettiva che riguarda ciascuno di noi» è un appello ai cittadini, perché rispettino le regole ed evitino comportamenti che mettono a rischio la salute propria e quella degli altri. Ma è anche un monito ai protagonisti della scena politica, da Salvini a quei presidenti delle Regioni che sembrano mettere i numeri dell’economia davanti a quelli della pandemia. E a loro che il ministro della Salute, il quale si aspetta «settimane non facili» a causa delle varianti del Covid, ricorda che occuparsi del bene pubblico richiede di «dire sempre la verità, anche quando è scomoda e non porta consenso». La verità, secondo Speranza, è che l’Italia è ancora dentro l’abbraccio mortale di un virus «insidioso e complicato» e che parlare di riaperture e illudere le persone e gli operatori economici non è serio e non è responsabile. Il tema, che già divide il governo, è uscito con forza ieri durante il vertice sul Dpcm, quando Draghi ha affrontato con i ministri il dilemma delle scuole e la cabina di regia si è spaccata tra rigoristi e aperturisti. Con Speranza, determinato a respingere il pressing di quei governatori che vorrebbero ristoranti e negozi aperti e scuole chiuse, si è schierato Franceschini. Il ministro della Cultura ha sì ottenuto il via libera a cinema, teatri e concerti dal 27 marzo, ma resta convinto che i ristoranti spianino la strada al virus perché «a tavola si sta senza mascherina». A porte chiuse Speranza si detto molto preoccupato perché «potremmo essere all’inizio di una impennata» e in pubblico ha lasciato cadere una frase che sembra preludere a una nuova stretta. Cosa vuol dire «bisogna avere il coraggio di assumere decisioni coerenti rispetto alla sfida che abbiamo davanti»? La chiusura delle scuole nelle zone rosse e forse anche arancioni è una di queste, ma altre restrizioni potrebbero seguire.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Scontro nel governo sulle scuole chiuse nelle zone arancioni
Tema: Emergenza Coronavirus

Sulla scuola è frizione nel governo. Tanto che la firma del Dpcm, in scadenza il 5 marzo, da ieri è slittata a oggi, quando una nuova cabina di regia convocata di prima mattina dal premier dovrà sciogliere il nodo delle chiusure scolastiche. La discussione nel consiglio dei ministri ieri pomeriggio si è inoltrata fino a tarda sera, ma alla fine il punto di caduta che oggi verrà probabilmente messo nero su bianco nel nuovo decreto coincide con quanto proposto dagli esperti del Cts: passare alla didattica a distanza le scuole di ogni ordine e grado nelle zone rosse e in quelle arancioni quando in comuni e province si superano i 250 contagi ogni 100mila abitanti in una settimana. Quindi la serrata scatterebbe nelle “rosse” Alto Adige, Molise, Basilicata e più di mezza Umbria. Alle quali la prossima settimana se ne potrebbero aggiungere altre, vista la crescita dei contagi. Ieri sono scesi appena sopra quota 13mila, ma con un numero di positivi rispetto ai tamponi eseguiti ancora in salita. Mentre la soglia dei 250 contagi oggi la superano solo Trento e Bolzano. Alle quali presto potrebbero fare compagnia intere regioni, come Abruzzo, Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia e Marche. Tutte realtà dove in molti comuni o in intere province, come quelle di Bologna e Perugia, le scuole sono già chiuse. Ma su questa soluzione non tutti sono d’accordo nell’esecutivo, a cominciare dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. «Le scuole dovrebbero essere chiuse per ultime, lì almeno i ragazzi li controlliamo invece di farli radunare nei centri commerciali dove invece nessuno sa cosa facciano», ha esordito dopo che il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva invece provato ad alzare ancora l’asticella, proponendo di serrare i portoni dai nidi ai licei non solo in fascia rossa ma anche nelle nove (per ora) regioni arancioni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: Conte già al lavoro nel Movimento Le nuove regole per soldi e iscritti
Tema: M5S

Clima da guerra fredda nel M5S. Davide Casaleggio pubblica sul blog le regole per candidarsi al comitato direttivo, l’organo collegiale che Beppe Grillo ha messo in stand-by in attesa che Giuseppe Conte ridisegni il M5S. Si profila all’orizzonte un braccio di ferro sulla «struttura» che regola la vita interna dei Cinque Stelle. Dar vita a una nuova associazione – sostengono diversi big – è un’ipotesi in secondo piano. «Cambiamo quello che c’è già, non c’è motivo di fare altri passi», ribadiscono. Anche perché cambiare casa agli iscritti senza passare in qualche modo da Rousseau è operazione complessa. E per questo trovare un accordo tra i contendenti sarà dirimente. Intanto l’ex premier è già al lavoro sul nuovo progetto di Movimento. Chi gli è vicino assicura che «sta studiando una proposta innovativa, con un meccanismo meritocratico per i diversi ruoli: sarà molto inclusivo. Sentirà tutti, si confronterà con tutti». Però, c’è un punto che anche Grillo ha sottolineato durante il suo intervento al Forum: «Conte deve avere le mani libere». Che – tradotto in ambienti contiani – significa: «Ci deve essere massima chiarezza e massima trasparenza, altrimenti si tirerà fuori». Anche perché – viene sottolineato – «l’ex premier sta facendo questo passo per un senso di lealtà nei confronti del Movimento ma non vuole infilarsi in un ginepraio». In questo senso è stato molto apprezzato il discorso di Luigi Di Maio, che al Forum, ha messo in chiaro: «Se uno è il leader, deve essere il leader. Poi non ci possono essere mille altri a decidere con lui».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Casadio Giovanna 
Titolo: Zingaretti: “Confronto sì ma primarie nel 2023” La minoranza Pd attacca
Tema: Pd

«Davvero pensiamo di poter arrivare a ottobre, con M5S che si sta organizzando dandosi una nuova leadership con Conte, con Salvini che usa il potere e che bombarda il quartier generale come al Papeete, con Fratelli d’Italia all’opposizione, ma poi si riuniranno, e noi con un partito che si dilania?». Nicola Zingaretti fa un appello a tutti: alle correnti e ai loro leader, alle donne dem, a cui ieri era dedicata la riunione di direzione, poi virata anche sui nodi politici. E primo tra tutti c’è il problema del logoramento del segretario e di come si rilancia il Pd. «Dobbiamo trovare un equilibrio», esorta Zingaretti, aprendo a una discussione, tant’è che il 13 e 14 marzo ci sarà l’Assemblea dei mille delegati dem. Però premette: «Il congresso, anzi le primarie le abbiamo tenute nel 2019 e le prossime ci saranno nel 2023». Non sarà lui quindi ad aprire la competizione per un nuovo segretario, non getta la spugna. Certo confrontarsi è necessario: su come si sta al governo con la Lega e sull’identità del Pd. Però avverte: «Non possiamo arrivare ad ottobre implosi in una discussione tutta interna. Occorre un salto in avanti che solo il Pd può fare e il tema delle donne è tutt’uno con quello che sto dicendo». Approvato all’unanimità l’ordine del giorno sulla parità di genere in tutti gli organismi, con la proposta di valutare anche una guida duale del partito, un uomo e una donna.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Borgia Pier_Francesco 
Titolo: Berlusconi e Salvini tifano per il vaccino Sputnik – Berlusconi e Salvini tifano Sputnik
Tema: Centrodestra

Berlusconi incontra i nuovi sottosegretari e gli europarlamentari azzurri via Zoom. Un incontro a distanza per salutare l’inizio di un nuovo corso che vede Forza Italia tornare protagonista attiva nella gestione delle emergenze del Paese. Il leader azzurro non nasconde l’entusiasmo. Lo stesso dimostrato per la scelta dei ministri e prima ancora per l’incarico a Mario Draghi. Ora la squadra di governo è completa. «E siamo soddisfatti – dice il leader – perché i nostri parlamentari che hanno appena giurato si potranno occupare di temi veri, di economia reale come al Ministero dello Sviluppo economico o all’Agricoltura». «Potranno lavorare – aggiunge Berlusconi – per un sistema giudiziario finalmente efficiente, di difesa integrata in Europa, ribadire la centralità del Parlamento nei processi decisionali e di governo e sostenere un settore decisivo ed in forte crisi come quello dell’editoria». L’incontro, cui ha preso parte anche il coordinatore nazionale del partito Antonio Tajani, è stata anche l’occasione per fare il punto sull’emergenza sanitaria. «L’Unione europea è partita bene, ma poi si è persa per strada – osserva -. Abbiamo chiesto che vengano fatti rispettare i contratti e che si pretenda che le case farmaceutiche diano seguito agli impegni presi. Servono vaccini in Italia e bisogna somministrarli nelle zone dove il virus corre di più per fermarne l’espansione. Israele e Gran Bretagna dimostrano che i contagi si possono fermare grazie ai vaccini». Il leader di Forza Italia, poi, avanza una proposta destinata sicuramente a suscitare un’eco sui media e sull’opinione pubblica. Serve autorizzare, spiega, la distribuzione anche in Italia del russo Sputnik V.  La proposta di sfruttare lo Sputnik V è condivisa anche dal suo alleato Matteo Salvini.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Zanotti Raphaël 
Titolo: Armi ai sauditi commesse record con il governo guidato da Renzi – Export di armi, record del governo Renzi e boom di commesse dall’Arabia Saudita
Tema: Inchiesta su Renzi

C’e un elemento, in tutta la vicenda dei rapporti tra l’ex premier Matteo Renzi e l’Arabia Saudita, che non è ancora emerso. È un fatto – sebbene non sia mai stato pubblicizzato dall’ex premier – che durante il governo Renzi l’Italia abbia toccato il picco nelle esportazioni di armi. Un record ottenuto anche grazie alle ricche commesse arrivate proprio da Riad. Nel 2013, l’anno precedente all’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi, l’Italia aveva autorizzato l’esportazione di armi per un valore di 2,1 miliardi di euro. Ma questa cifra, nel corso dei 1024 giorni passati al governo, è cresciuta del 581% arrivando a toccare i 14,6 miliardi di euro come documentato da Giorgio Beretta dell’Opal di Brescia, l’osservatorio permanente sulle armi leggere. Un record che ha fatto impallidire persino Berlusconi che qualche tempo prima, all’inaugurazione dell’M-346 a Vengono, si era proposto come «commesso viaggiatore» per l’industria bellica italiana. L’exploit delle armi italiane durante il governo Renzi è interessante dal punto di vista delle destinazioni. Nel 2016, ultimo anno del mandato del leader di Italia Viva, la stragrande maggioranza degli armamenti non è andata a Paesi amici e alleati dell’Ue e della Nato (36,9%), bensì a Paesi nelle aree di maggior tensione nel mondo, Nord Africa e Medioriente. È in quest’area del Pianeta, che purtroppo non brilla per governi pacifisti, democratici o rispettosi dei diritti umani, che sono andate armi per un valore di 8,6 miliardi di euro, ovvero il 58,8% del totale. Un altro record di cui si sono accorti in pochi. Tra i Paesi destinatari spicca proprio l’Arabia Saudita. Negli anni di Renzi il governo di Riad otterrà l’autorizzazione a ricevere oltre 855 milioni di euro in armamenti contro i poco più di 170 milioni del triennio successivo.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Minzolini Augusto 
Titolo: Intervista a Matteo Renzi – «Contro di me odio e vendetta dei pm rossi orfani di Conte» – «Contro di me l’odio dei pm orfani di Conte»
Tema: Inchiesta su Renzi

Senatore Matteo Renzi, lei parla di vaccini, di giustizia, o d’altro, per non rispondere alle critiche per i suoi rapporti con l’Arabia Saudita? «E vero il contrario. Stanno strumentalizzando la tragedia di Kashoggi perché non hanno altro a cui aggrapparsi in Italia. Nel merito ho risposto su tutti i giornali, dal Financial Times a Le Monde: ciò che faccio può essere discusso da chiunque, ma è perfettamente lecito, pubblico e legittimo. La questione saudita è stata posta da quel noto statista di Di Battista, uno che apprezzava Maduro e definiva Obama golpista e non capisce che l’Arabia è il baluardo contro il fondamentalismo. E ovviamente dai più rancorosi del Pd. Credo di essere la loro ossessione. Se parlassero un po’ più di idee e un po’ meno di me, ci guadagnerebbero almeno in salute». II più duro, pero, è stato uno degli esponenti di primo piano di Magistratura Democratica, Nello Rossi. È arrivato a dire che bisognerebbe «stringere un cordone sanitario» intorno a Renzi… «Nello Rossi è uno degli esponenti più in vista di Magistratura democratica. Si può dire che ne è stato l’ideologo. Un personaggio che ha un lungo passato come magistrato. Ascoltatissimo ed influente non solo nella sua corrente. Non so, andrebbe approfondito, se nella sua carriera è mai venuto in contatto con il cosiddetto “sistema Palamara”, quello raccontato nel libro scritto con Sallusti. Ebbene, l’uso dell’espressione “cordone sanitario” nei confronti di una persona che ha un ruolo nelle istituzioni parlamentari, che ricopre una carica importante in un partito della maggioranza di governo e che in passato è stato anche presidente del Consiglio, lo trovo a dir poco allucinante. Resto allibito ma non sorpreso, perché avverto un clima di odio e di rabbia che cova in una parte dell’establishment di questo Paese rimasto legato agli equilibri del governo passato che non si dà per vinto…».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Franceschi Andrea – I.Ve. 
Titolo: Dalla manifattura segnali di ripresa – L’industria riparte, segni di ripresa
Tema: Industria manifatturiera

Mentre i servizi ancora stentano per via delle restrizioni anti-Covid l’industria corre e traina la ripresa economica nel Vecchio Continente. L’ultima conferma di questo trend è arrivata ieri dagli ultimi indici di fiducia Pmi pubblicati da Ihs Markit. Dalla rilevazione mensile resa nota ieri è emersa infatti una solida ripresa dell’attività in tutta l’Eurozona con l’indice che a febbraio si è attestato a 57,9 punti come non accadeva da febbraio 2018. Con l’esclusione della sola Grecia c’è stata una solida ripresa dell’attività in tutte le economie dell’area con la Germania (indice Pmi a quota 60) a fare da traino. Il solido legame tra l’industria tedesca e quella italiana ha favorito l’exploit dell’indice Pmi manifatturiero nel nostro Paese che si è attestato a 56.9 punti a febbraio. È il dato più alto da tre anni a questa parte che riflette una crescita della domanda che si è riflessa positivamente sugli ordini e sulla produzione. Un ottimismo che ha avuto riflessi positivi anche sull’occupazione. «In previsione di un aumento della produzione nei prossimi 12 mesi – spiega Lewis Cooper, economista di Ihs Markit – le aziende italiane hanno assunto personale al tasso più veloce da giugno 2018». Il traino della ripresa di ordini e produzione arriva dalla domanda globale in netta ripresa che – segnala IHS Markit – si è tradotta in un aumento delle esportazioni. Non sono mancati gli effetti collaterali di una ripresa tanto rapida in un contesto ancora segnato dalle restrizioni anti-Covid in tutto il mondo. Uno su tutti un aumento dei tempi e dei costi delle forniture. «I ritardi nelle spedizioni e la carenza di materiale hanno causato ritardi quasi record sulla catena di distribuzione» segnala Chris Williamson, economista di IHS Markit.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  De Nardis Sergio 
Titolo: L’analisi – Industria resiliente – La manifattura sopravvissuta all’ultima crisi è più resiliente
Tema: Industria manifatturiera

Gli indicatori congiunturali mettono in luce la resilienza dell’industria manifatturiera nella crisi Covid. Nel quarto trimestre 2020, ossia nel periodo in cui l’economia è tornata a chiudersi dopo la tregua estiva, la produzione manifatturiera è sì scesa (-0,6% sul terzo trimestre), ma a parziale correzione del forte rimbalzo dell’Estate (+31,9%). In termini di volumi di fatturato, l’evoluzione del IV è risultata sostanzialmente migliore (+1,5%), segno che le imprese hanno proceduto a ridurre i magazzini per soddisfare una domanda di manufatti rivelatasi, forse inaspettatamente, in crescita. Il minor accumulo di scorte, confermato anche dai giudizi espressi dalle imprese nelle indagini congiunturali, può costituire un buon viatico per il futuro. Per normalizzare il magazzino prodotti, quando le prospettive miglioreranno, si dovrà aumentare la produzione. I dati sul fatturato indicano che è soprattutto il canale estero ad alimentare la domanda di manufatti. Grazie alla ripartenza in successione dei motori principalmente extraeuropei, il commercio mondiale ha ripreso vigore e la nostra industria ne beneficia sia direttamente sia per il traino dell’export tedesco. Sul piano settoriale sono per il momento soprattutto le produzioni di beni strumentali e intermedi ad avvantaggiarsi del recupero, mentre i beni finali continuano a risentire degli effetti delle chiusure, decise in modo più persistente in Europa, nei settori dei cosiddetti consumi sociali. Certo la pandemia ha portato a forti contrazioni dei volumi produttivi, ma nel confronto con le maggiori economie europee il calo della produzione manifatturiera nell’arco del periodo Covid (cioè tra il IV trimestre 2019 e il IV trimestre 2020) è risultato in Italia (-2,6%, a parità di giorni di lavoro) non peggiore di quello di Germania (-3,4%) e Francia (-4,5%).
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni 
Titolo: «Prelievo sulle ricchezze nei paradisi» – La Gdf: prelievo aggiuntivo per i capitali nei paradisi fiscali
Tema: Riforma fiscale

Tra i compiti della riforma fiscale ci deve essere anche quello di aggredire le enormi ricchezze che nonostante le voluntary del passato sono ancora nascoste all’estero, e in particolare nei paradisi fiscali. A porre la sfida, ambiziosa, è il comandante generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana, audito ieri dalle commissioni Finanze di Camera e Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma Irpef. L’idea di Zafarana è quella di prevedere un «prelievo aggiuntivo sulle disponibilità finanziarie» che i contribuenti italiani trattengono nelle «giurisdizioni non collaborative» elencate nelle black list. L’obiettivo sarebbe quello di «rendere più onerosa la detenzione di ricchezze presso Stati o territori a rischio fiscale o finanziario», attraverso «una sorta di costo incrementale peri servizi off shore». E di riportare sotto il controllo del fisco una forma di evasione che secondo le stime Ue sottrae due miliardi all’anno alle casse pubbliche italiane. L’ostacolo è evidente. Perché è proprio l’assenza dei dati, o meglio la gelosia con cui vengono custoditi senza aprire agli scambi di informazioni, a rendere attrative le mete più o meno esotiche presenti nella lista nera. Uno scambio di informazioni parziale però già esiste, per esempio quelle sui conti finanziari ad Anguilla, Dominica, Panama, Samoa, Seychelles, Vanuatu. La sua analisi davanti a deputati e senatori si concentra però anche su temi più domestici, e più facilmente gestibili. È il caso dei correttivi al cashback, che secondo Zafarana andrebbe «concentrato sulle categorie a maggior rischio evasione fiscale rispetto alle altre».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: Istat, deficit a quota 9,5%. Il debito arriva al 155,6% – L’Istat lima deficit (9,5%) e debito (155,6%) 2020
Tema: Debito/Pil, stime Istat

L’eccezionale contrazione dell’economia italiana nell’anno buio della pandemia si è fermata prima che scattasse la doppia cifra sugli indicatori guida del quadro macroeconomico e dell’indebitamento netto. Un dato niente affatto banale, su cui molti previsori non avrebbero scommesso fino a pochi mesi fa. Ieri Istat, nella statistica flash su Prodotto nazionale e indebitamento, ha fissato la caduta del Pil a -8,9% in termini reali e a -7,8% a prezzi correnti. Mentre il rapporto tra indebitamento netto è Pil si è fermato a -9,5%, a fronte del -1,6% toccato nel “normale” 2019. Bruciato il saldo primario, ovvero l’indebitamento netto meno la spesa per interessi, che ha chiuso con un negativo di oltre 99 miliardi (-6% sul Pil), un dato che come gli altri ha rari e remoti precedenti, visto che l’ultima figura in rosso di questo importante saldo risale al 2009 con un -0,7%. In valore assoluto l’indebitamento è cresciuto a 156,3 miliardi, in peggioramento di circa 128,4 miliardi rispetto al livello del 2019. Nella Nota di aggiornamento l’indebitamento netto era previsto a -10,8% e il debito/Pil al 158%. Ieri Istat ha invece fermato l’impennata del debito/Pil a fine 2020 al 155,6%, con un salto di 159,3 miliardi in soli 12 mesi. Le cause di queste performance sono note: la caduta delle entrate e l’enorme aumento delle spese dovute alle misure di sostegno per contrastare gli effetti della crisi su famiglie e imprese. Mentre dietro la contrazione del Pil c’è stata soprattutto la gelata della domanda interna (-7,8%). Più in dettaglio, in termini reali gli investimenti fissi lordi hanno lasciato sul terreno il 9,1%, i consumi finali sono arretrati del 7,8%, le esportazioni di beni e servizi sono scese del 13,8% e le importazioni del 12,6%.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca – Ducci Andrea 
Titolo: Pil giù, indietro di 23 anni Crollo dell’auto, meno 12,3%
Tema: Debito/Pil, stime Istat

L’effetto Covid spinge l’economia italiana indietro di 23 anni. La ricchezza prodotta in Italia nel 2020 scende a quota 1.572 miliardi, registrando la peggiore performance dal 1997. A certificarlo è l’Istat che registra un calo del prodotto interno lordo (Pil) di 150 miliardi rispetto al 2019, in termini di volumi è una flessione dell’8,9%. Mentre il valore del Pilai prezzi di mercato è pari a 1.651 miliardi di euro correnti, con una caduta del 7,8% rispetto all’anno precedente. L’effetto pandemia sui conti pubblici si traduce in un aumento del debito italiano a quota 2.569 miliardi, pari al 155,6% del Pil. Nel 2019 era al 134,6%, il balzo è dovuto proprio al forte calo della ricchezza prodotta e alle misure straordinarie adottate per fare fronte all’emergenza. La situazione italiana è tra le più drammatiche nell’Ue, ma i debiti e il deficit di tutti gli Stati membri sono lievitati e la ripresa è ancora contraddistinta da grande incertezza. Uno scenario che giustifica la scelta della Commissione di continuare a sostenere le politiche economiche espansive degli Stati membri, mantenendo la sospensione del Patto di stabilità, come in più occasioni ha sottolineato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. Domani la Commissione darà indicazioni sui parametri che Bruxelles prenderà in considerazione per decidere se mantenere sospeso il Patto di stabilità. La decisone verrà poi presa in maggio dopo le previsioni di primavera, ma l’orientamento sarebbe quello di mantenere la sospensione anche il prossimo anno per consentire un ritorno graduale alla normalità. Le indicazioni di domani serviranno agli Stati membri per preparare il Def in linea con Bruxelles.
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Testata:  Giornale 
Autore:  De Francesco Gian_Maria 
Titolo: L’ultimo regalo di Giuseppi: più tasse e maxirecessione – L’ultimo regalo di Giuseppi: Più tasse e maxi-recessione
Tema: Debito/Pil, stime Istat

Il governo Conte bis ha lasciato una pesante eredità al suo successore Mario Draghi. Non solo la peggiore recessione economica del Dopoguerra causata dalla pandemia di Covid, ma anche un incremento della pressione fiscale a livelli paragonabili a quelli del nefasto esecutivo di Mario Monti. Nel 2020, comunica l’Istat che ha diffuso la seconda stima del Pil dell’anno scorso, il rapporto tra pressione fiscale e prodotto interno lordo è salita al 43,1% dal 42,4% del 2019. La flessione delle entrate fiscali e contributive (-6,4%), infatti, è stata inferiore rispetto a quella del Pil a prezzi correnti (-7,8%, -8,9% in volume). Insomma, le tasse hanno continuato ad aggredire i contribuenti (seppure in misura inferiore), mentre tutto intorno a loro stava crollando. L’anno scorso, ha evidenziato l’istituto di statistica, l’economia ha registrato una contrazione di entità eccezionale per gli effetti economici delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria. A trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna (-9,1% gli investimenti fissi lordi, -7,8% i consumi finali), mentre le esportazioni di beni e servizi sono scese del 13,8%.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: La condanna di Sarkozy Carla lo difende: è accanimento – Sarkozy condannato a tre anni Carla lo difende: che accanimento
Tema: Sarkozy condannato a tre anni

Un presidente emerito con il braccialetto elettronico. E’ questo lo scenario senza precedenti che si apre per Nicolas Sarkozy, condannato in primo grado nel caso «Paul Bismuth»: tre anni di carcere – dei quali due con la condizionale – per l’uso del suo potere di influenza e la corruzione di un magistrato. La pena è sospesa perché Sarkozy ha presentato subito appello, il nuovo processo è atteso per l’anno prossimo. Ma diventa a questo punto impossibile la candidatura alle presidenziali della primavera 2022, che Sarkozy non aveva ancora evocato ma che molti nella destra francese sognavano. Tentare o no un nuovo grande ritorno in politica: la decisione era appesa alla sentenza del tribunale di Parigi, che ieri ha ridotto la pena richiesta a dicembre dalla procura nazionale finanziaria (quattro anni di cui due con la condizionale) accogliendone però le ragioni di tondo. Sarkozy diventa così il secondo presidente emerito a subire una pena detentiva dopo Jacques Chirac, e il primo a essere colpito da una pena effettiva. Resta presunto innocente fino all’appello, alla Cassazione e, se necessario, al probabile ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma un ritorno all’Eliseo dopo il mandato 2007-2012, in queste condizioni, è impensabile.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ginori Anais 
Titolo: La caduta di Sarkozy Condannato a tre anni per corruzione – “Corruzione mentre era presidente” Sarkozy condannato a tre anni
Tema: Sarkozy condannato a tre anni

È andato via dal tribunale senza pronunciare una parola. Nicolas Sarkozy ha ascoltato in silenzio la presidente della Corte pronunciare la condanna: tre anni di carcere, dei quali due con la condizionale, per corruzione e traffico di influenza. L’ex campione della destra, 66 anni, diventa il primo presidente della Quinta Repubblica processato e condannato per un reato così grave. Jacques Chirac, ormai vecchio e malato, aveva avuto un processo per gli impieghi fittizi risalenti a quando era sindaco di Parigi. I pubblici ministeri avevano chiesto una condanna a quattro anni di reclusione per l’ex Presidente, il suo avvocato Thierry Herzog e il magistrato Gilbert Azibert. I tre imputati, che faranno appello, hanno ricevuto la stessa condanna. Il tribunale aveva proposto arresti domiciliari e braccialetto elettronico ma l’appello sospende l’esecuzione della pena. Sarkozy tace ma intanto la moglie Carla Bruni si scaglia contro i magistrati. «Che accanimento insensato amore mio» scrive la cantante sul profilo Instagram. «La battaglia continua, la verità emergerà». È il primo round nel cosiddetto “Processo Bismuth”, nome di copertura con il quale Sarkozy aveva registrato un’utenza telefonica per comunicare con il suo avvocato Herzog. L’inchiesta era nata dalle intercettazioni ordinate da pm che si occupavano di un altro dossier in cui era coinvolto l’ex presidente, il presunto finanziamento ricevuto da regime di Gheddafi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: L’Ue accelera sul passaporto vaccinale si potrà viaggiare col tampone negativo
Tema: Covid-19 – Passaporto vaccinale

Non sarà obbligatorio per viaggiare da un Paese all’altro, ma garantirà una corsia preferenziale che consentirà, per esempio, di evitare la quarantena. Dirà se un cittadino è stato vaccinato oppure se un test ha certificato la sua momentanea negatività al virus, ma anche se ha sviluppato gli anticorpi dopo aver contratto la malattia. E guai a chiamarlo «passaporto vaccinale»: per vincere le resistenze degli Stati più scettici, è stato ribattezzato «pass verde digitale». I dettagli tecnici saranno svelati il 17 marzo, anche se poi ci vorranno circa tre mesi per l’entrata in vigore. L’obiettivo è chiaro: salvare la stagione turistica estiva. Dopo le resistenze delle scorse settimane, Ursula von der Leyen ha annunciato che la Commissione presenterà una proposta legislativa il 17 marzo appunto. Una settimana dopo i leader Ue ne discuteranno al Consiglio europeo, dove permangono i dubbi di molti Paesi, tra cui Francia, Belgio e Olanda. La Germania, inizialmente contraria, ora è più possibilista. Ci sono due elementi che hanno convinto Berlino (e Bruxelles). Da una parte il rischio che alcuni colossi del web come Google e Apple si facciano avanti, proponendo loro delle applicazioni per gestire le informazioni sanitarie dei cittadini. Dall’altro la possibilità che gli Stati più dipendenti dal turismo decidano di adottare comunque soluzioni nazionali, creando una Babele di regole all’interno dell’Ue. Meglio dunque sviluppare uno strumento comune e poi decidere tutti insieme come utilizzarlo, anche sulla base delle informazioni che nel frattempo – si spera – arriveranno dalla comunità scientifica.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Guerrera Antonello 
Titolo: Intervista a Tony Blair – Blair “Passaporti vaccinali per tutte le nazioni E ricominceremo a vivere”
Tema: Covid-19 – Passaporto vaccinale

«Passaporti vaccinali internazionali per tutti. L’Europa faccia meno calcoli politici, cambi idea sul vaccino AstraZeneca. E non è stata la Brexit a dare un tale vantaggio al Regno Unito», con già quasi 21 milioni di inoculazioni anti coronavirus. Parla Tony Blair, l’ex primo ministro britannico sempre più coinvolto nella lotta alle pandemie. Difatti, il suo think tank Institute for Government si è riconvertito alla nuova sfida della salute pubblica e della cooperazione mondiale.  Blair, perché e convinto della soluzione dei passaporti vaccinali per riaprire la società post Covid? «Mi sembrano inevitabili per ricominciare a vivere. Certo, lo “status Covid” per ognuno di noi avverrà non solo attraverso i vaccini, ma anche l’uso diffuso di test sempre più rapidi ed efficienti. Ma l’importante è coordinarsi subito a livello internazionale per avere un sistema condiviso». Cosa risponde a chi definisce i passaporti vaccinali discriminatori? «Mi pare bizzarro. Chiunque, appena ritornati a una “normalità”, vorrà essere sicuro degli ambienti pubblici che frequenterà. Grandi eventi come concerti o partite allo stadio con i tifosi non potranno ripartire senza simili certificazioni. Ognuno è libero di fare la sua scelta. Ma mi pare chiaro che ciò avrà delle conseguenze». Anche per entrare al pub o al ristorante servirà una “certificazione vaccinale”, secondo lei? «Credo che molti clienti concorderebbero. Ho parlato l’altro giorno con titolari di agenzie di viaggio e crociere: mi hanno detto che il 98% dei loro vacanzieri ha chiesto i passaporti vaccinali per coloro a bordo, come condizione primaria. Lo stesso potrebbe avvenire per pub e ristoranti. Ma dovrà essere coordinato dai governi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lombardi Anna 
Titolo: La caduta di Cuomo New York processa il governatore per abusi
Tema: Usa

«Mi hanno frainteso, scambiando scherzi forse inopportuni in tentativi di flirt. Ma io stuzzico spesso i miei collaboratori, è il mio modo di essere simpatico…». II governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, 63 anni, lo ammette: superò “scherzosamente” i limiti con le due collaboratrici che lo accusano di molestie sessuali. E se pure un duro come lui fa un passo indietro, vuol dire che questa volta è davvero nei guai. A scaricare l’eroe di New York, il politico capace, la scorsa primavera, di portare la Grande Mela fuori dall’emergenza coronavirus, è d’altronde il suo stesso partito. «Le denunce sono serie»: lo dice perfino la portavoce della Casa Blanca Jen Psaki, rifedendosi alle testimonianze di Lindsey Boylan, 36 anni e Charlotte Bennett, 25. La prima, già capo dell’ufficio economico dello stato ha descritto le attenzioni sgradite del governatore, nel frattempo già nei guai per aver omesso l’effettivo numero di anziani morti di Covid nelle case di riposo, sul sito Medium.com: «Mi toccava la schiena e le gambe, una volta mi baciò senza consenso. Durante un volo propose “giochiamo a Strip Poker”. Nel suo ambiente le molestie sono tollerate e pretese: un modo per gratificarti. Chi parla, paga». Un racconto rafforzato, sabato, dalla collega più giovane: «Nei giorni dell’emergenza chiedeva in continuazione della mia vita privata, dicendo di essere aperto a una relazione con una donna giovane. Non mi toccò mai ma mi fece capire di voler venire a letto con me, mettendomi a disagio e facendomi temere per il mio lavoro». E non a torto, visto che sia Boylan che Bennett furono poi trasferite.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Biden vuole un G10 delle democrazie hi-tech per arginare la Cina – Dieci democrazie hi-tech
Tema: Usa-Cina

Biden vuole un G10 delle “democrazie hi-tech” per organizzare un cordone di sicurezza contro la Cina, e contenere il suo espansionismo nelle tecnologie strategiche. Le prove di disgelo con Xi Jinping sulla lotta all’emergenza climatica e al Covid, si accompagnano a un irrigidimento in altri settori. India, Australia e Corea del Sud sono le prime democrazie invitate al nuovo G10, però Biden ha in mente un’operazione più audace cooptando anche Israele, un paese all’avanguardia tecnologica ma che ha sempre curato i rapporti con Pechino. La nuova idea di Biden è questa: allargare il G7 a paesi democratici e tecnologicamente avanzati per concordare una serie di misure che blocchino l’avanzata cinese in cinque settori-chiave: intelligenza artificiale, informatica quantica, telecom 5G, biotecnologie, sistemi di sorveglianza. Tra le azioni da concordare: limiti all’export di know how occidentale, forme di embargo selettive, e l’imposizione di standard non-cinesi in tutti questi settori. La squadra Biden ormai parla di Democracy 10 e anche The Tech 10. L’offensiva di Biden contro la Cina è già cominciata in casa propria, su un terreno strategico: la catena di forniture di componenti essenziali per molte industrie, dai semiconduttori elettronici ai minerali rari, ai prodotti farmaceutici. Un ordine esecutivo (decreto presidenziale) avvia un riesame delle dipendenze dall’estero, per affrancare l’America da legami pericolosi con la Cina, che quest’ultima può usare per intimidire o ricattare. Biden è aperto all’idea di includere in quest’operazione anche i paesi alleati, allargando a loro il perimetro di sicurezza che va difeso.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Omicidio Khashoggi pressing su Biden “Punire Bin Salman”
Tema: Caso Khashoggi

«Non sono solo gli elettori americani che stanno guardando strettamente se Biden mantiene le sue promesse. Amici e nemici in tutto il mondo monitorano con attenzione le sue azioni, giudicando la forza delle sue convinzioni e calcolando le circostanze in cui la convenienza potrebbe spingerlo a rinunciare ai nostri valori e abbandonarli». È il monito che Fred Ryan, editore del «Washington Post» per cui lavorava Jamal Khashoggi, ha lanciato al capo della Casa Bianca, chiarendo come la sua stessa credibilità sia già in gioco per il trattamento del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Governare è più complicato di fare campagna elettorale, e il nuovo presidente lo sta già toccando con mano. Mentre correva per la Casa Bianca, accusava Trump di aver barattato i valori della democrazia americana con l’appoggio di Riad. Ossia abbandono dell’accordo nucleare con l’Iran, e occhi chiusi sulle brutalità di MBS contro gli oppositori, in cambio del sostegno al ritiro americano dal Medio Oriente, e al piano di pace tra israeliani e palestinesi scritto dal genero Jared Kushner. Biden invece prometteva di rimettere i diritti umani al centro della politica estera, e quindi di fare i conti con l’Arabia, che definiva un «pariah». Ora che è presidente, ha mantenuto la promessa di pubblicare il rapporto dell’intelligente americana che accusa il principe ereditario di aver ordinato il barbaro omicidio di Khashoggi a Istanbul, ma ha evitato di punirlo. Perché vuole «ricalibrare» il rapporto con Riad, parlando col re Salman invece del figlio, ma non può permettersi di perdere un alleato così importante, come aveva quasi fatto Obama.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano 
Titolo: L’Egitto tiene Zaky in carcere “Pedina di scambio su Regeni” – L’Egitto continua a tenere Zaky in cella L’ombra di un ricatto per il caso Regeni
Tema: Caso Zaky

Quarantacinque giorni di detenzione in più per Patrick Zaky. Almeno fino al 15 aprile, alla vigilia del processo italiano contro gli agenti della National Security imputati per l’omicidio di. Giulio Regeni. C’è un inquietante sovrapporsi di date tra i due fatti che drammaticamente legano l’Egitto di Al Sisi e il nostro Paese: la scarcerazione di Zaky, il processo Regeni. Un ricatto inaccettabile e sussurrato che sta mettendo in allarme il mondo diplomatico del Cairo. I fatti: ieri la giustizia egiziana ha prolungato di un altro mese e mezzo la detenzione di Zaky, lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato ormai più di un anno fa al Cairo con un pretesto. E’ detenuto nella prigione di Tora con l’accusa di propaganda sovversiva: alla base alcuni post su Facebook che, tra l’altro, Zaky ha sempre sostenuto di non aver mai scritto. Il suo arresto – hanno denunciato da subito le Ong e la comunità internazionale –  era strumentale a colpire la Eipr, tra le più autorevoli Ong egiziane che da sempre si occupano di diritti umani, e con la quale lo studente bolognese collaborava. I fatti hanno dimostrato, però, come la vicenda Zaky sia diventata subito uno strumento di ricatto e di pressione dell’Egitto con l’Europa e l’Italia in particolare. Mentre gli alti dirigenti dell’organizzazione, arrestati nel corso di questi mesi, sono stati rilasciati, il Cairo ha mantenuto il pugno duro con lo studente bolognese. Nonostante non esista alcuna ragione per la sua carcerazione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Dragosei Fabrizio 
Titolo: I 90 anni di Gorbaciov, gli auguri freddi di Putin «Un pezzo di storia, gli dobbiamo rispetto»
Tema: Russia

Mikhail Sergeyevich festeggerà oggi con grande austerità il suo novantesimo compleanno nell’ospedale moscovita dove i medici lo tengono da quasi un anno per proteggerlo dal Covid. D’altra parte, anche se è contento per i tantissimi auguri ricevuti (compresi quelli del nostro Mattarella e di Andrea Bocelli che gli ha inviato un video in cui canta Happy Birthday), Gorbaciov ha ben poca voglia di celebrare alcunché da quando ventidue anni fa la moglie Raisa lo ha lasciato. Una donna che, soprattutto all’estero, era popolare almeno quanto il padre della Perestrojka, il processo di ristrutturazione che avrebbe dovuto salvare la boccheggiante Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta. Dopo essere finito nel dimenticatoio russo durante tutto il periodo in cui è stato al potere il suo arci-rivale Boris Eltsin, Gorbaciov è riemerso sulla scena pubblica con l’arrivo al Cremlino di Vladimir Putin, un presidente che all’inizio lui ha appoggiato apertamente. Poi l’ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico ha preso le distanze dal nuovo zar. Per riavvicinarsi nuovamente negli ultimi tempi, sia pure con molta cautela. E oggi Putin si farà sentire, anche se il suo portavoce parlando con i giornalisti ha semplicemente detto che al Cremlino si ritiene che «Gorbaciov sia parte della storia, con grande rispetto».
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IL SOLE 24 ORE
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IL FATTO QUOTIDIANO
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