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SINTESI IN PRIMO PIANO – 2 aprile 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– L’allarme delle Regioni: poche dosi, rischio stop. Figliuolo: sono in arrivo;
– Il ritorno di Conte: «Non sarà un restyling, dobbiamo rifondare il Movimento»;
– Salvini, summit con Orbán per superare a destra il Ppe;
– Salerno-Reggio Calabria unite dall’Alta velocità;
– Nel Recovery Plan più spazio per i giovani: il Governo accoglie la linea del Senato;
– Condannati i sette «grandi vecchi» della democrazia di Hong Kong;
– La spia dei russi: “Non ho tradito il mio Paese mi servivano soldi”

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Le Regioni: dateci più vaccini – L’allarme delle Regioni: poche dosi, rischio stop Figliuolo: sono in arrivo
Tema: Covid-19, piano vaccinale

Secondo l’ultimo decreto sul Covid, nel caso di netto calo di contagi e se verrà rispettato il piano dei vaccini, potranno essere prese in considerazioni riaperture nelle Regioni. Già, ma il piano dei vaccini è una nebulosa, un ammasso di cifre traballanti che cambiano ogni giorno e che dipendono non solo dalle capacità delle Regioni ma anche dalla disponibilità dei vaccini, con le aziende che spesso ritardano le consegne e fanno saltare tutti i programmi. Per questo alcune Regioni, come Veneto, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Puglia e Veneto lanciano l’allarme e annunciano la sospensione della campagna: «Abbiamo finito le dosi». E’ per questo il presidente campano Vincenzo De Luca si sfoga: «Sarebbe bene che il governo non desse più date. Stiamoci zitti, parliamo delle cose quando sono realizzate». Rassicura, invece, il commissario straordinario all’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo: « A brevissimo avremo un’alta disponibilità di vaccini. Daremo fiato alle trombe». I segnali sono contradditori. Dall’insediamento di Draghi le vaccinazioni sono aumentate del 269%. L’altro ieri sono state consegnate 1 milione di dosi Pfizer, alle quali ieri si sono aggiunti altre 500 mila vaccini Moderna, mentre oggi sono attese i milione 300 mila dosi AstraZeneca. Proprio la mancanza di quest’ultimo vaccino, ribattezzato Vaxzevria, sta mettendo in difficoltà molte Regioni. Il generale Figliuolo spiega che l’obiettivo è fare 500 mila somministrazioni al giorno entro la fine di aprile. In questo mese è previsto l’arrivo di 8 milioni di dosi, oltre a quelle arrivate in questi giorni. Mai tempi sono incerti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Roberto Speranza – «Serve rigore, sbagliato cavalcare l’inquietudine» – «Non posso ancora dare una data per le riaperture Salvini? Nessuno soffi sull’inquietudine»
Tema: Intervista al ministro Speranza

Salvini lo accusa di aver chiuso l’Italia e buttato la chiave, ma Roberto Speranza schiva lo scontro politico e va avanti sulla linea del rigore. Per il ministro della Salute le restrizioni (e i vaccini) sono l’unica salvezza e non cambierà strada: «Salvini? Non faccio mai polemica, ma penso che nessuno dovrebbe soffiare sul fuoco dell’inquietudine, del tormento di tanti italiani. Di fronte alla difesa della salute dobbiamo unire il Paese e non dividerlo, perché la battaglia è ancora complicata». I cittadini sono stremati. «Vedo bene che un bel pezzo di Paese è in forte sofferenza. Sono consapevole che ogni mia scelta provoca un sacrificio e che ci sono settori in grande difficoltà, per cui ritengo che sostegni economici mirati siano fondamentali. Ma la maggior parte degli italiani capisce che queste misure, per quanto costose e dolorose, sono necessarie e io le assumo con animo sereno. Tutelare la vita non è un lavoro sporco, ho giurato sulla Costituzione per questo». II decreto che chiude l’Italia fino al 30 aprile è una vittoria sua o di Salvini? «Sono scettico su questi derby tra rigoristi e aperturisti, il quadro è ancora molto serio e il punto è adeguare le misure alla situazione epidemiologica. La principale preoccupazione sono le varianti, quella inglese è arrivata all’86,7% di prevalenza e ha una capacità diffusiva maggiore del 37% rispetto al ceppo originario. Le misure rigorose sono una risposta necessaria, come scrive l’ISS».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: Il ritorno di Conte «Siate fieri, il Movimento riparte» – Conte: «Non sarà un restyling, dobbiamo rifondare il Movimento»
Tema: M5S

«Neo Movimento»: lo chiama così più volte Giuseppe Conte nel suo esordio da leader Cinque Stelle. L’ex premier ribadisce chiaramente che il suo intento è «rifondare il Movimento». «Non è un’operazione di restyling o marketing politico ma un’opera coraggiosa di rigenerazione, senza rinnegare il passato», dice Conte. L’ex premier parla da leader, dribbla i nodi del rapporto con Rousseau e del tetto dei due mandati, ma chiarisce i paletti del suo progetto. «Proporrò un nuovo Statuto», che non rinneghi un’organizzazione «leggera», ma «dobbiamo avere un chiaro assetto interno, con ripartizione inequivoca di competenze e ruoli, che ci aiuti a definire la linea politica e l’azione», dice Conte, che bacchetta le correnti. Conte annuncia che scriverà con il contributo dei parlamentari una nuova carta dei valori M5S e che ha in mente una struttura innovativa, con un dipartimento pe r i rapporti con le formazioni politiche straniere e un centro di formazione permanente. Conte ipotizza un respiro più internazionale per il «suo» M5S. E chiede chiarezza alla piattaforma: «La democrazia digitale è frutto di una tecnologia, che non è neutra. Serve massima trasparenza» sul processo dei dati. Poco dopo la fine del suo intervento, arriva l’endorsement di Luigi Di Maio, mentre tra deputati e senatori c’è qualche mugugno per avere «evitato i problemi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Conte in streaming con i Cinque stelle “L’assalto al Palazzo fa parte del passato” – Conte rifonda il Movimento “Basta vaffa, chi governa sia capace”
Tema: M5S

Per non perdere le vecchie abitudini, Conte prende la parola quando sono quasi le 22. L’ex presidente del Consiglio si presenta agli eletti del M5S e a tutti, perché sceglie di mandare in streaming l’assemblea, come colui che è venuto a rifondare. A scrivere daccapo il nuovo corso del Movimento, senza smettere di rivendicare le cose fatte, ma disegnando una nuova identità: in cui uno vale uno quando si vota, «ma chi è chiamato a rappresentare i cittadini deve essere onesto, competente e capace». In cui la democrazia diretta resta, anzi va rafforzata con nuovi strumenti, ma quella rappresentativa è considerata «ineliminabile». In cui la democrazia digitale permane, ci sarà sempre una piattaforma in cui gli iscritti saranno chiamati a votare, ma – avverte Conte – «la tecnologia non è mai neutra: chi governa i processi deve farlo con la massima chiarezza e la massima trasparenza». E anche qui, la stoccata all’associazione Rousseau pare evidente. In cui, ancora e non è un dettaglio, cambiano le parole: «Quelle che avete usato sono state giudicate aggressive – spiega – l’assalto al palazzo non poteva essere giocato di fioretto, ma ogni fase ha la sua storia: servono ora le parole giuste, non bisogna sottovalutare il potere trasformativo delle parole». Ha in mente una nuova carta dei valori, Conte, su cui chiederà il contributo di tutti, ma che già prevede di ampliare le 5 stelle del Movimento con i concetti di rispetto della persona e della dignità dell’essere umano, ecologia integrale, giustizia sociale contro le diseguaglianze di ogni tipo, legalità, cittadinanza attive. «Ci saranno forum, piazze delle idee aperte a tutti, non solo agli iscritti», annuncia. E soprattutto, un nuovo statuto con regole ferree contro le correnti che «non servono, sono solo sfere di influenze e di potere».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: Letta tesse la grande tela delle alleanze presto un incontro anche con Di Maio
Tema: Pd

Bacchetta Salvini, minaccia scherzosamente – ma neanche troppo – di arruolare “Terminator-Schwarzenegger” per scardinare le correnti Pd, ribadisce di volere un’alleanza con il M5S, ma non solo con loro e, comunque, con un Pd nel ruolo di «leader». Enrico Letta in versione “reloaded” non lascia passare giorno, ormai, senza fare incursioni nei territori avversari, il segretario Pd vuole giocare d’attacco, anche perché – come dice da Bruno Vespa ospite di Porta a porta – «l’altra volta sono stato cauto, e infatti è finita male…». E allora niente cautela, soprattutto nei confronti di Salvini che vuole giocare due parti in commedia, di lotta e di governo. E’ lui il bersaglio di Letta, che ribadisce anche la sponda a Fdi sulla vicenda Copasir, per una «questione di civiltà istituzionale», precisa a chi gli ha parlato. Quella commissione fin qui guidata dalla Lega deve andare all’opposizione, è una questione di democrazia, in siste: «La regola per la quale i servizi segreti sono controllati in Parlamento dall’opposizione è una regola giusta dello stato di diritto. Non lo faccio perché ho più simpatia per l’uno per l’altro». Di sicuro, di simpatia per Salvini non ne ha molta: «E’ andato a trovare Orban… È lui che deve motivare la sua conversione a “U” su Draghi, mentre tiene queste posizioni. È come se io, che sono tifoso rossonero, mettessi la maglia nerazzurra. È poco credibile». Reprimenda anche per le parole del leader leghista sul ministro Roberto Speranza: «Frasi totalmente fuori luogo». Come è sbagliato, sulle riaperture, «creare aspettative che poi magari vengono frustrate».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Bracalini Paolo 
Titolo: Salvini, summit con Orbán per superare a destra il Ppe
Tema: Lega

Il progetto di Salvini è creare un unico grande gruppo che riunisca tutti i partiti di destra presenti nel Parlamento europeo. Numericamente sarebbe il secondo gruppo parlamentare a Bruxelles, dopo il Ppe, e potrebbe quindi pesare nelle decisioni dell’Europa e in prospettiva anche nell’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo nel 2022, portando così ad una sorta di tripolarismo in Europa, non più solo Ppe e Socialisti ma anche i sovranisti. Un percorso molto diverso dall’ipotesi, suggerita dallo stratega Giorgetti, di avvicinare la Lega al Ppe. Salvini si è invece convinto a fare da regista di un’operazione a destra del Ppe. Ma attualmente i sovranisti sono divisi in due gruppi. Il primo sono i «Conservatori e riformisti» (Ecr) di cui fanno parte i polacchi di «Diritto e Giustizia», partito che esprime il presidente e il premier polacchi, e Fdi della Meloni, che è anche presidente dei Conservatori europei. E poi c ‘è «Identità e democrazia» (Id), i cui due azionisti principali sono la Lega e il Rassemblement national di Marine Le Pen. Poi però, in attesa di collocazione, ci sono anche gli ungheresi di Fidesz, il partito di Viktor Orbán, appena uscito dal Ppe. Il puzzle non è semplice, per questo ieri a Budapest c’è stato un vertice trilaterale tra il premier ungherese, il primo ministro della Polonia Mateusz Morawiecki e il leader della Lega accompagnato da Lorenzo Fontana, neo responsabile esteri del partito, e Marco Zanni, eurodeputato leghista nonchè capogruppo di Identità e Democrazia in Ue. L’incontro è terminato con un impegno comune, per il momento abbastanza generico. Orbàn l’ha definita «la prima tappa di un lungo viaggio», spiegando che si rivedranno a maggio, forse a Varsavia oppure a Roma.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Amabile Flavia 
Titolo: Meloni contro la legge Zan “L’omotransfobia è divisiva”
Tema: Fdi – Legge Zan

Occuparsi di questioni urgenti e non dell’omotransfobia e della discussione del disegno di legge (ddl) Zan, chiede la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni al presidente Draghi evidenziando una frattura che divide non solo il suo partito dalle forze di governo ma che può provocare fratture anche all’interno della maggioranza. La discussione sulla legge approvata dalla Camera ferma in commissione Giustizia del Senato. Il presidente Andrea Ostellari della Lega finora aveva preso tempo per la calendarizzazione del provvedimento. Dopo le proteste dei parlamentari di Pd, M5S, Italia Viva, gruppo Misto e Autonomie Locali ha deciso che l’ufficio di presidenza si riunirà il 7 aprile alle 14. Una decisione che comunque rappresenta un passo avanti ancora molto timido. E la questione sta uscendo dai confini politici. Il mondo della musica sta prendendo posizione. Dopo Fedez, Elodie e Paola Turci, anche Mahmood è sceso in campo. Giorgia Meloni ha deciso, però, di combattere la sua battaglia fino in fondo. «Rivolgo un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi affinché il Parlamento discuta dei problemi reali degli italiani piuttosto che occuparsi di questioni divisive come il ddl Zan che, tra le altre cose, vorrebbe introdurre l’ideologia gender nelle scuole elementari. Più urgente e più sensato sarebbe che le istituzioni facessero altro, come votare il testo definitivo del Recovery plan, che invece la maggioranza vorrebbe presentare all’Europa senza il vaglio delle Camere. Questa sarebbe una scelta di buonsenso fatta nell’interesse dell’Italia e non dei partiti della sinistra che sostengono l’esecutivo».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Salerno-Reggio Calabria unite dall’Alta velocità – L’Alta velocità Salerno-Reggio libererà anche Gioia Tauro
Tema: AV Salerno-Reggio

È finalmente pronto, dopo dieci anni di buoni propositi, il progetto di fattibilità tecnico-economica sull’Alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. Prevale la scelta di una linea non litoranea, che passa da Cosenza. In base alle indicazioni, il Recovery Plan finanzierà il lotto che da Battipaglia arriva a Praja, e probabilmente un secondo lotto, Paola-Cosenza. Nel Recovery c’è uno stanziamento di 1,8 miliardi che arrivano a 2,085 con alcuni fondi nazionali. La promessa alla Ue è che tutta l’opera sarà realizzata entro il 2030. La linea aiuterà a decongestionare il porto di Gioia Tauro con la possibilità di instradare merci verso l’Adriatico.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Ajello Mario 
Titolo: Intervista a Dario Nardella – Nardella: «Centro, la macro-regione che serve al Paese» – «Centro locomotiva d’Italia Serve una macro-regione»
Tema: Infrastrutture – Intervista a Nardella

Sindaco Nardella, perché non fare una confederazione delle regioni del Centro che diventi locomotiva d’Italia? «Credo che esista ormai la necessità di una macro-regione Centro Italia. Per rilanciare questa terra di mezzo, che oggi rischia di essere schiacciata tra il Nord e il Sud». Dalla «questione meridionale» e dalla «questione settentrionale» si passa alla «questione centroitaliana»? «Non in senso rivendicativo ma costruttivo… Quello dell’alta velocità. Nel Nord Italia, Venezia è connessa a Genova passando da Milano e Torino. Al Sud, è già partito il progetto della linea Napoli-Bari. Noi al Centro, invece, non abbiamo alcun asse ferroviario orizzontale di alta velocità. Credo che questo esempio possa bastare». No, non può bastare perché la situazione stradale è carente quanto quella ferroviaria. «Certo, è l’intero sistema di mobilit&agra ve; che va modernizzato. E’ da una cinquantina d’anni che parliamo della “due mari” Fano-Grosseto, mentre il passante di Venezia è stato realizzato in 4 anni. Dobbiamo recuperare un ritardo pesante, per collegare la Toscana all’Umbria, alle Marche e al Lazio settentrionale& raquo;. Nel Recovery Plan ci sono fondi specifici per l’Italia Centrale? «Non mi risultano progetti specifici rilevanti ma si possono usare i fondi ministeriali, alimentati dal Recovery Fund per lo sviluppo delle reti ferroviarie. Per esempio la Ancona-Roma, dove siamo in pesante ritardo. Ci si impiega quasi 4 ore, per fare poco più di 200 chilometri. La linea Verona-Torino, identico chilometraggio, si percorre in 2 ore».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  M.Mo. 
Titolo: Nel Recovery Plan più spazio per i giovani: il Governo accoglie la linea del Senato – Recovery, piano giovani più forte: il Governo fa sua la linea del Senato
Tema: Recovery Plan

Il Governo dovrà integrare il Piano nazionale ripresa e resilienza con misure specifiche dedicate alla «prossima generazione, specificando dettagliatamente la strategia e i provvedimenti trasversali rivolti alle giovani generazioni». La questione, spiegano i senatori al Governo, si pone in particolare sulle «politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani» dedicate all’istruzione e alle competenze. Occorre dunque «modulare tutte le politiche attuative del Pnrr in funzione del beneficio che dovrà derivarne, nel medio e lungo periodo, in favore dei giovani». Nessuna delle sei missioni indicate dal Pnrr presentato alle Camere, infatti, è ora dedicata specificatamente alle politiche per la prossima generazione. Come ha rimarcato in un documento l’intergruppo parlamentare Next Generation Italia i giovani, il Sud e la parità di genere sono considerate priorità trasversali nel Pnrr. Il livello delle risorse oggi destinato ai giovani, secondo i parlamentari, non appare sufficiente in relazione all’emergenza giovanile che sta vivendo l’Italia. Per questo il Governo dovrà puntare a rafforzare l’istruzione e la formazione professionale e allo stesso tempo, suggerisce sempre l’intergruppo Next Generation, adottare riforme e interventi strutturali sia sul mercato del lavoro sia sulle politiche attive. Va rivista la disciplina del percorso di alternanza scuola-lavoro, prevedendo allo stesso tempo un massiccio cambio generazionale nella Pubblica amministrazione. L’attenzione alla prossima generazione è stata accolta e rilanciata dal ministro Franco: bisognerà «far sì che i giovani e le imprese siano al centro dello sforzo di ripresa».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Corsa verso il Recovery a metà aprile il decreto per sbloccare i progetti
Tema: Recovery Plan

Dopo la Camera anche il Senato ha approvato la risoluzione di maggioranza sul Recovery plan e per il governo adesso scatta il rush finale. Tempi serratissimi per il varo entro fine mese del Piano nazionale di ripresa e resilienza, coi vari ministeri interessati chiamati a scremare i progetti, a mettere a fuoco gli investimenti da fare, dettagliando cronoprogrammi e benefici attesi, ed il ministero dell’Economia a supervisionare l’intero programma che entro il 2026 dovrà mettere a terra oltre 190 miliardi di investimenti. Per l’8 di aprile è in programma l’incontro tra Draghi, i ministri e le Regioni; entro metà mese poi, raccogliendo i suggerimenti dei vari dicasteri, dovranno essere messe a punto le proposte per snellire le procedure, superare i tanti «colli di bottiglia» e assicurare tempi certi alla realizzazione dei tanti progetti e che dovrebbero poi confluire in un decretone che conterrà anche le procedure per il reclutamento delle figure tecniche che si dovranno occupare dell’attuazione del piano. Quindi, a ridosso della scadenza di fine mese, il governo tornerà in Parlamento per illustrare la versione finale del piano da spedire a Bruxelles. «La buona riuscita del piano richiede uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo. Richiede una strategia del Paese, una visione per quello che sarà l’Italia nel 2026, nel 2030 e possibilmente nei decenni successivi» ha spiegato ieri a palazzo Madama Daniele Franco, secondo il quale il Recovery plan «è una grande occasione per avviare un processo di crescita duratura per il Paese, che esce da circa un quarto di secolo di crescita piuttosto scarsa rispetto agli altri principali Paesi europei».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Lops Vito 
Titolo: Wall Street record, S&P oltre 4mila – Il piano Biden fa volare le Borse Wall Street supera i 4mila punti
Tema: Mercati

Wall Street da record spinta dal piano Biden da 2,3mila miliardi sulle infrastrutture e dalla corsa dei titoli tecnologici. L’indice S&P 500, che raggruppa i titoli delle prime 500 società americane quotate, ha superato per la prima volta nella sua storia la soglia dei 4mila punti, ritoccando i massimi per Il secondo giorno consecutivo. Nelle contrattazioni l’indice industriale Dow Jones è salito di 150 punti. II Nasdaq ha avuto un balzo dell’1,5%. Alphabet, la holding di Google, e Microsoft hanno guadagnato oltre il 2%. Netflix quasi il 3%. Facebook e Amazon l’1%. Le azioni Microsoft sono avanzate sulla notizia che il gigante del software di Seattle nei prossimi dieci anni fornirà all’esercito americano 120mila device sulla realtà aumentata: un contratto da 21,9 miliardi di dollari. Positive anche le Borse europee con Francoforte che ha aggiornato nuovi massimi con l’indice Dax 30 oltre la soglia dei 15mila punti. Bene anche Milano (+025%) con l’Ftse Mib salito in quattro sedute del 2,1%, sui massimi da 13 mesi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: Nel «New Deal» lavoro, strade e auto elettrica – Il New Deal delle infrastrutture: lavoro, strade e auto elettrica
Tema: Investimenti USA

È battaglia sul New Deal di Joe Biden per rilanciare l’America. L’inchiostro è ancora fresco sul grande progetto infrastrutturale della Casa Bianca, che a conti fatti si avvicina al 2.300 miliardi di dollari tra investimenti in trasporti e energia pulita, nel manifatturiero e nel digitale, in ricerca e riqualificazione. Ma, prova del rilievo del disegno, gli schieramenti di chi lo critica come troppo o troppo poco hanno già impugnato le armi. È un assedio che la Casa Bianca dovrà spezzare se vorrà far decollare rapidamente la sua strategia economica: un’inedita, più equa e sostenibile crescita domestica E una maggior competitività internazionale al cospetto di rivali quali la Cina. Opposizione dura è stata decretata dai repubblicani. «È un cavallo di Troia – ha attaccato il leader al Senato Mitch McConnell -. Le chiamano infrastrutture ma dentro ci sono più debito ed enormi incrementi delle imposte sul le componenti produttive dell’economia». Resistenze sono state espresse dalla Corporate America, chiamata a finanziare il piano attraverso un rialzo delle aliquote che raccolga circa 2.000 miliardi. «Siamo fortemente contrari all’aumento generale delle imposte – ha denunciato la US Chamber of Commerce -. Rallenterà la ripresa economica e renderà il Paese meno competitivo». Biden dovrebbe aggiungere un secondo capitolo di spesa sociale da mille o duemila miliardi alla componente infrastrutturale nelle prossime settimane. Il Presidente, per avere chance di far approvare il disegno da un Congresso dove ha maggioranze risicate, ha bisogno del supporto compatto quantomeno del suo partito, se non emergeranno compromessi coni repubblicani.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Bisozzi Francesco 
Titolo: Sgravi Inps, il governo si corregge: i soldi per il lavoro restano al Sud – Il governo si corregge Resteranno al Sud gli sgravi per il lavoro
Tema: Inps

La decontribuzione per il Sud torna al Sud. La palissiano? Non proprio. Già perché inizialmente lo sconto sul costo del lavoro rischiava di premiare anche chi assumeva al Nord a causa di un cortocircuito relativo ai lavori in somministrazione, subito denunciato dal Messaggero, a cui adesso è stato posto rimedio. Lo scivolone ha costretto ministero del Lavoro e Inps alla retromarcia: l’istituto ha pubblicato ieri le istruzioni aggiornate per accedere allo sgravio destinato alle aziende delle regioni svantaggiate (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna) e prorogato alla fine del 2029 dall’ultima legge di Bilancio. Le istruzioni dell’Inps, figlie delle indicazioni giunte dal ministero del Lavoro, nella versione precedente in pratica consentivano a un’azienda di Milano di accedere alla decontribuzione se ingaggiava un lavoratore in somministrazione contrattualizzato da un’agenzia interinale ubicata nelle regioni meno sviluppate. Per rifless o le stesse istruzioni stabilivano anche che il beneficio non veniva riconosciuto per i lavoratori in somministrazione che operavano per aziende con sede nelle aree svantaggiate se l’agenzia interinale a cui facevano capo non si trovava nelle regioni che avevano diritto alla fiscalità di vantaggio. Cosa dicono invece le nuove istruzioni dell’Inps? «Lo sgravio viene accordato ai lavoratori somministrati impiegati in un’azienda con sede nelle regioni agevolate del Sud anche se l’agenzia di somministrazione ha sede in altra regione», ha spiegato l’istituto.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bongiorni Roberto 
Titolo: Aiuti internazionali alla Siria, mano tesa soltanto a metà
Tema: Siria – Germania

II tempo per comprendere che la Germania non è un Paese per rifugiati ambiziosi. Almeno non per chi, tra loro, punta troppo in alto e ambisce a entrare nell’arena politica dello Stato più potente dell’Unione Europea. Con la speranza di divenire alle prossime elezioni politiche, in settembre, il primo “Onorevole” rifugiato siriano nel Bundestag. Il sogno è durato poco. Tareq Alaows, oggi 31 anni, accolto in Germania nel 2015 come rifugiato politico, ha ritirato la propria candidatura dal Partito dei Verdi nel distretto di Dinslaken. Travolto dagli insulti razzisti e da pesanti minacce alla sua persona e ai suoi famigliari, ha preferito rinunciare. Studente di legge a Damasco e Aleppo, ancora in attesa della cittadinanza tedesca, voleva essere la voce dei circa 800mila rifugiati siriani che ancora oggi vivono in Germania e che ne fanno il Paese europeo che ha dimostrato maggiore solidarietà quando, nel 2015, l’Europa fu travolta da un esodo di disperati in f uga dalla guerra. Prevedibile dunque che la crisi economica innescata dalla pandemia acuisse l’intolleranza di alcune frange xenofobe, nei confronti non solo degli migranti economici, ma anche verso chi è stato costretto a fuggire da violenze e conflitti. Insomma, lo sguardo con cui l’Europa guarda alla tragedia siriana, e alle sue vittime, non è sempre limpido.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Condannati i sette leader di Hong Kong democratica – Condannati i 7 «grandi vecchi» della democrazia di Hong Kong
Tema: Hong Kong – corteo del 2019

Arresto dopo arresto, sentenza dopo sentenza, il sistema giudiziario di Hong Kong salda i conti con gli oppositori. Ieri sette veterani del movimento democratico sono stati condannati per manifestazione non autorizzata. Sono personalità di spicco come Jimmy Lai, 73 anni, editore di giornali; Martin Lee, 83 anni, avvocato noto come «il padre della democrazia» perché partecipò alla stesura della «Basic law», la costituzione entrata in vigore alla fine del dominio coloniale britannico nel 1997, che avrebbe dovuto garantire libertà politiche e civili fino al 2047; l’ex deputata Margaret Ng, 73 anni; Leung Kwok-hung, 65 anni, figura molto popolare, noto in città come «Long Hair», per la lunga capigliatura diventata grigia. Uomini e donne anziani, che non hanno commesso alcuna violenza, ma solo cercato di resistere civilmente alla stretta della repressione voluta dalla Cina. Sono stati condannati per una giornata passata alla storia di Hong Kong per un corteo lungo chilometri, al quale Il 18 agosto del 2019 si unirono un milione e settecentomila cittadini, un hongkonghese su quattro. Da undici settimane di seguito la City era scossa dalle proteste contro la legge sull’estradizione, che minacciava di consegnare alla polizia cinese gli oppositori dell’ex colonia britannica, nonostante il principio «Un paese due sistemi». Ogni corteo era stato vietato, ma fu consentito un raduno nel Victoria Park.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Fabbri Roberto 
Titolo: Pechino cala la sua scure: a Hong Kong condannati i 7 leader pro-democrazia
Tema: Hong Kong – corteo del 2019

Un chiodo dopo l’altro, la bara delle libertà civili di Hong Kong viene sigillata. Pechino non fa che ripetere che Hong Kong è ormai parte integrante della Repubblica popolare cinese, e questo implica condividere le caratteristiche del regime comunista: la prima delle quali, come è noto ma come troppi anche in Italia preferiscono dimenticare, consiste nella negazione dei diritti dell’opposizione. Tappare la bocca a chi dissente passa anche attraverso la privazione della libertà fisica: tradotto in fatti, gli oppositori finiscono in galera. I tribunali di Hong Kong lavorano alacremente e ieri c’è stata un’infornata di condanne «eccellenti»: sette esponenti del movimento democratico – tutti ultrasessantenni – sono stati dichiarati colpevoli di organizzazione e partecipazione ad assemblee illegali, in particolare a quella del 18 agosto 2019 durante la grande ondata di proteste contro il potere cinese. Altri due attivisti si erano già dichiarati colpevoli. Rischiano tutti dai 5 ai 10 anni di carcere. Tra i condannati, che sono stati temporaneamente rilasciati su cauzione dopo aver consegnato i documenti validi per l’espatrio, figurano due personaggi di spicco, due veterani della lotta per la democrazia a Hong Kong: l’82enne avvocato Martin Lee (fondatore di un partito di opposizione che a suo tempo Pechino aveva fatto collaborare alla stesura della Costituzione della ex colonia britannica) e il magnate dei media, nonché fondatore del popolare tabloid Apple Daily, Jimmy Lai, ultrasettantenne che era da tempo in prigione per altre accuse connesse con la sua aperta e coraggiosa sfida al regime comunista.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bonini Carlo – Foschini Giuliano – Tonacci Fabio 
Titolo: Spiati da ottanta agenti russi – L’errore di Aleksej che ha bruciato la talpa nella Difesa
Tema: Spionaggio russo

Mosca non è generosa con chi sbaglia. E non lo sarà, dunque, con chi, alle 18 di martedì scorso, ha messo a repentaglio la rete di spionaggio che in questi anni le tre agenzie della Federazione – Svr, Gru, Fsb – hanno steso in Italia. Almeno un’ottantina di operativi, un terzo della forza diplomatica russa accreditata nel nostro Paese. Disseminata tra l’ambasciata e i consolati, se si deve stare alle stime del lavoro di controspionaggio dell’Aisi. Parliamo dei due ufficiali del Gru (l’intelligence militare estera) che ieri, alle 12.30, si sono imbarcati su un volo Aeroflot a Fiumicino. Aleksej Nemudrov, addetto militare dell’ambasciata, e Dmitri Ostroukhov, addetto per l’esercito. Il capitano di fregata Biot ha venduto a Mosca nove documenti “riservatissimi” Nelle carte i dettagli di operazioni Nato e le comunicazioni sulle truppe italiane all’estero. Il 16 marzo scorso – come documentano le otto pagine del decreto di convalida del fermo del capita no di fregata firmato ieri dalla Gip Antonella Minunni – nell’ufficio di Biot vengono dunque installate delle telecamere nascoste. E la vita del marinaio diventa un reality. Non è un ufficiale qualunque, Biot. E il responsabile di tutta la documentazione classificata relativa alle missioni internazionali e agli schieramenti dei nostri reparti nei teatri di conflitto. Le informazioni e le carte cui può attingere sono parte della linfa che alimenta il processo decisionale del Capo di Stato Maggiore della Difesa. E infatti, il 25 marzo, le telecamere lo riprendono nella scena madre che lo condanna.
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Testata:  Stampa 
Autore:  GRA. LON. 
Titolo: La spia dei russi “Non ho tradito il mio Paese mi servivano soldi” – Biot: “Non ho tradito, ero pieno di debiti”
Tema: Spionaggio russo

«Non ho tradito il mio Paese: ho consegnato alla spia russa solo documenti di scarso valore militare che non avrebbero mai compromesso la sicurezza dell’Italia e quella dei Paesi della Nato. Ho ceduto perché sono pieno di debiti e ho una figlia malata». Si difende Walter Biot, 55 anni, capitano di fregata della Marina in servizio allo Stato maggiore della Difesa, arrestato nel tardo pomeriggio di martedì per mentre consegnava documenti segreti a una spia russa. Di fronte alla gip Antonella Minunni, che ieri ha convalidato l’arresto, preferisce avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma poi in carcere, a Regina Coeli, sfoga la sua amarezza con il suo avvocato Roberto De Vita. «So di aver sbagliato, ma i documenti che ho venduto sono di scarso rilievo. Ho molti problemi familiari, ho quattro figli: il primogenito, 24 anni, è disoccupato, altre due ragazze studiano e la bambina di 8 anni è disabile, tanto che io usufruisco anche de lla legge 104. Ho agito solo per il bene della mia famiglia». L’avvocato De Vita precisa che «non appena il mio assistito avrà riordinato le idee e si sarà ripreso dal senso di smarrimento attuale parlerà con i magistrati. Prima di giudicare è bene capire quello che è accaduto: i fatti saranno ridimensionati, mai la sicurezza del Paese è stata messa in gioco». Certamente la situazione di Walter Biot non è delle migliori. La segnalazione che stava combinando qualcosa di irregolare è partita proprio dallo Stato Maggiore della Difesa: un collega si è insospettito vedendo Biot mentre fotografava il monitor del computer e documenti cartacei.
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Testata:  Stampa
Autore:  Longo Grazia 
Titolo: “Era un’attività sistematica nei 181 documenti rubati materiale riservatissimo”
Tema: Spionaggio russo

«Interessato a conseguire profitti di natura economica». Il ritratto dell’ufficiale di Marina Walter Biot viene delineato nelle 7 pagine dell’ordinanza per la convalida d’arresto firmata ieri pomeriggio dalla gip Antonella Minunni. Nel delineare la figura del capitano di fregata e la sua spregiudicatezza nel vendere «documenti coperti da segreto preordinati alla sicurezza della Stato», la gip ne descrive anche l’astuzia, per non essere scoperto, nel suo relazionarsi con il militare russo Dmitri Ostroukhov, addetto militare all’ambasciata della Federazione russa a cui ha ceduto documentazione segreta per 5 mila euro. Il russo aveva fornito all’italiano 4 smartphone Samsung da utilizzare solo per fotografare i documenti. I due uomini, infatti, non si sono mai parlati al telefono né si sono mandati messaggi. «Dai telefoni in possesso di Biot – scrive la gip – non emergono appuntamenti o contatti con l’agente russo». L’accordo, preso di persona, era infatti quello di vedersi sempre l’ultimo martedì del mese alle ore 18. Biot era molto attento a non tradirsi. Ha usato il cellulare solo per fotografare «documenti coperti da segreto preordinati alla sicurezza dello Stato». Questo in virtù del fatto che al Terzo Reparto di politica militare dello Stato maggiore della difesa si occupava, tra l’altro, «della proiezione degli assetti italiani della Difesa in teatri operativi esteri e anche di operazioni Nato, Ue e Onu». Nella scheda di memoria che ha venduto a Ostroukhov sono state trovate 181 foto di documenti cartacei classificati. In particolare, si tratta di 9 documenti di natura militare classificati come riservatissimi e 47 di tipo «Nato Secret».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Evangelisti Mauro 
Titolo: «Europa bocciata sui vaccini» – Vaccinazioni a rilento l’Oms boccia la Ue Lazio: così ci fermiamo
Tema: Vaccini Covid-19

Se due regioni importanti come Veneto e Lazio, tra le più costanti nel ritmo delle vaccinazioni, sono costrette a dire «le forniture delle dosi sono irregolari» allora una riflessione sulla reale efficacia del piano vaccinale italiano bisognerà farla. Gli altri paesi della Ue stanno andando alla stessa deludente velocità, non paragonabile con quella del Regno Unito e degli Stati Uniti. I dati forniti dall’ufficio del commissario Francesco Figliuolo parlano di 8 milioni di dosi previste per il mese di aprile, ma si tratta di uno scenario non da cambio di passo, perché di fatto conferma i numeri di marzo e non certifica l’accelerazione sperata. Sono numeri lontani anni luce dalle famose tabelle che prospettano, nel secondo trimestre, per l’Italia 52,48 milioni di dosi. La pianificazione dell’Unione europea si conferma inefficace e ieri anche l’Organizzazione mondiale della sanità non ha nascosto la delusione per la lentezza della risposta vaccinale della Ue che rischia di lasciare praterie alle mutazioni del virus. Il direttore dell’Oms per l’Europa, Hans Kluge: «La situazione epidemica è la più preoccupante degli ultimi mesi. La lentezza delle vaccinazioni prolunga la pandemia. Il numero di nuovi casi in Europa è aumentato notevolmente nelle ultime cinque settimane. I vaccini sono la nostra migliore via d’uscita. Non solo funzionano, ma sono anche molto efficaci nel limitare le infezioni. Tuttavia, la distribuzione di questi vaccini è inaccettabilmente lenta».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Lo Yankee Stadium riapre agli immuni – New York si riaccende E allo Yankee Stadium tornano anche i tifosi
Tema: Usa, Covid-19

All’uscita del metrò, linea D fermata 165esima Strada nel Bronx, la fila è già lunga a mezzogiorno: siamo accorsi in massa per la riapertura dello Yankee Stadium, il tempio del baseball di New York. Tifosi e non, per tutti i newyorchesi questo evento è un simbolo, una festa, una conferma del nostro ritorno alla normalità. La capienza è stata ridotta al 20% ma siamo pur sempre diecimila (su un massimo di cinquantamila). A dodici mesi dalla chiusura le tracce del Covid sono evidenti: distanziamento, mascherina obbligatoria. Avere il biglietto non basta, se non hai fatto un test-tampone recente. C’è un’alternativa importante: è il tesserino del vaccinato. Quello consente a molti di noi – almeno la metà del pubblico, direi – di evitare il tampone. È il mio primo contatto con il “valore legale” della tessera-vaccino, almeno nello Stato di New York (per il passaporto internazionale bisognerà attendere). La gr ande festa che è questo ritorno dei New York Yankees in mezzo al loro pubblico in carne ed ossa, è l’ultima conferma che si aggiunge a tanti altri segnali positivi. In questo Stato le vaccinazioni procedono così velocemente che già ora vi hanno accesso tutti dai 50 anni in su; tra una settimana cadranno le barriere di età e potranno prenotarsi per l’inoculazione i newyorkesi dai 16 anni in su. In attesa che la nostra authority dei farmaci (Food and Drug Administration) dia il via libera anche per i bambini.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Vecchi Gian_Guido 
Titolo: Il gesto del Papa: celebra la messa del Giovedì Santo a casa di Becciu
Tema: Vaticano

Ieri pomeriggio il Papa non ha celebrato alle 18 la solenne Messa in Coena Domini a San Pietro, affidata al cardinale Decano Giovanni Battista Re, e questo si sapeva da una settimana: si pensava fosse per non stancarsi troppo, magari per l’acuirsi della sciatalgia. Quello che invece non si sapeva è che Francesco avrebbe celebrato lo stesso una Messa: a casa del cardinale Angelo Becciu, intorno alle 17,30, nella cappella privata dell’appartamento all’interno del palazzo dell’ex Sant’Uffizio. È stato lo stesso pontefice a dire a Becciu che avrebbe potuto renderlo pubblico. Un gesto clamoroso, se si considera che il Giovedì Santo apre le celebrazioni del Triduo di Pasqua e soprattutto che sono passati appena sei mesi da quando il Papa, il 24 settembre, convocò Becciu per comunicargli una decisione con rari precedenti nella storia: Francesco impose all’allora prefetto della Congregazione dei Santi la rinuncia alla guida del dicastero e soprattutto al «di ritti e alle prerogative del cardinalato». Un titolo svuotato, una misura gravissima. Ora chi è vicino a Becciu racconta di «un abbraccio» con il Papa.
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