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SINTESI IN PRIMO PIANO – 19 luglio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– Covid-19, il dossier del Cts al governo
– Giustizia, faccia a faccia Draghi e Conte
– Il governo studia nuove regole sui licenziamenti
– Merkel sui luoghi dell’alluvione

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: «Così si ferma la variante D» – Green pass e vaccini agli over 60 Il Cts al governo: agire subito
Tema: Covid-19

Rilasciare il green pass soltanto dopo il completamento del ciclo vaccinale e potenziare la campagna — soprattutto per gli over 60 — anche identificando attraverso il sistema sanitario nazionale chi non ha ancora ricevuto l’immunizzazione. Sono questi i punti strategici del documento che il Comitato tecnico-scientifico consegnerà al governo nelle prossime ore, in vista dell’approvazione del decreto che renderà obbligatoria la certificazione verde per accedere in tutti i luoghi a rischio assembramento. Il verbale messo a punto dopo la riunione di venerdì scorso, che ha esaminato il monitoraggio settimanale, contiene «l’allerta per l’evidente incremento dei casi dovuti alla variante Delta, connotata da maggior contagiosità e capacità d’indurre manifestazioni anche gravi o fatali in soggetti non vaccinati o che hanno ricevuto una sola dose di vaccino» e suggerisce tutte le possibili soluzioni proprio per fermare la risalit a della curva epidemiologica. Inserendo tra le priorità «il tracciamento di tutti i casi e il loro sequenziamento» proprio per isolare i positivi e rintracciare i contatti. Un allarme confermato dal bollettino di ieri che registra 3.127 nuovi casi, 3 decessi e un tasso di positività all’1,9%, con un aumento percentuale di 0,6 rispetto al giorno precedente. La cabina di regia del governo che si riunirà entro mercoledì servirà a stilare la lista dei luoghi dove il green pass diventerà obbligatorio. E sembra ormai scontato che oltre a stadi, palestre, eventi, concerti, luoghi dello spettacolo, treni, aerei e navi, l’elenco includerà anche le discoteche con capienza al 50% e i ristoranti al chiuso. Il Cts ha ribadito l’indicazione del 2 luglio: «La certificazione verde va rilasciata solo dopo il quattordicesimo giorno dal completamento del ciclo vaccinale, un test diagnostico o la guarigione infrasemestrale».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colaprico Piero 
Titolo: Intervista a Matteo Salvini – Salvini: nessuno può essere obbligato e il Green Pass è troppo rigido – Salvini “Sotto i 40 vaccini meno urgenti Green Pass allo stadio non per la pizza”
Tema: green pass
 «La variante Delta è contagiosa, rapida, non intasa però ospedali. Infatti in Inghilterra tolgono le restrizioni. Ho appena fatto una riunione in Zoom con Giorgetti, i capigruppo di Camera e Senato, Luca Coletto che segue la sanità, presidenti di Regioni ed enti locali. E la cabina di regia è questa: far di tutto per arrivare alla piena vaccinazione dai 60 anni in su». dice il leader della Lega Salvini. E perché? «Perché i dati dicono che l’85 per cento dei deceduti ha più di 70  anni. E sotto i 60, il tasso di mortalità è inferiore all’1 per cento. Va insomma completata l’opera egregia del generale Figliuolo, ma non se ne parla di imporre obblighi, specie ai più giovani. Dall’inizio della pandemia, i morti tra i 10 e i 29 anni sono stati 85, vale a dire lo 0,1 per cento». Niente vaccino per i giovani? «Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani n on serve. Per di più, se vogliamo il Green Pass per tutti, al momento finiremmo a ottobre, facendo saltare la stagione e le vacanze. Sarebbe devastante. E inutile. Ma sul Gren Pass che decisioni prenderà la Lega in Consiglio dei ministri? «Per andare a San Siro, con 50 mila, o a concerti da 40 mila il Green Pass ha senso, ma sui treni pendolari no, per mangiare la pizza no. Mettiamo in sicurezza genitori e nonni senza punire nipoti e figli. E presto cambieremo il criterio sui colori delle regioni. Su 8 mila posti in terapia intensiva, oggi ne sono occupati 156, in calo rispetto a ieri. Usiamo il modello tedesco, niente Pass, ma buon senso, educazione, regole. In Francia l’hanno reso obbligatorio sia perché la campagna vaccinale aveva difficoltà, sia per il crollo di popolarità di Macron».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mauro Ezio 
Titolo: L’editoriale – L’era nuova dell’egolibertà – L’era dell’egolibertà
Tema: Lega e grenn pass

«Mi rifiuto di vedere qualcuno che insegue mio figlio con una siringa», ha detto ieri Salvini, aggiungendo che «bisogna lasciar lavorare la gente in sicurezza», mentre invece oggi «uno deve fare il Green Pass per andare a prendere il caffè in piazza e intanto sbarcano a carrettate in Sicilia senza Green Pass». Giorgia Meloni ha addirittura chiamato in causa Orwell, scomodando il “Grande Fratello” per le misure di Draghi. La spiegazione di questo atteggiamento è semplice, e rivela la vera natura della destra italiana. L’estremismo nazional-populista avverte il deposito di istinti, energia e vitalità che c’è nella parte di popolazione che chiede piena autonomia, ma invece di indirizzare questa carica in una dimensione d’equilibrio a tutela del collettivo nazionale preferisce eccitare il suo ribellismo, sfiorare il pregiudizio no vax che la pervade, corteggiare il vecchio sentimento antistatuale che la influenza, incoraggia re la fobia normativa che l’attraversa, cercando di trasformare una platea dispersa in un blocco sociale di riferimento, da sfruttare politicamente. Per questo è necessario l’ultimo passaggio, dalla politica all’ideologia: battezzando queste esigenze, queste aspettative, questi interessi e queste pulsioni in una battaglia per la libertà, da contrapporre a Draghi e alla sinistra, con la loro ossessione regolamentare. Come se la sicurezza fosse a carico di una parte del Paese soltanto, e il populismo potesse disinteressarsene, tanto c’è qualcun altro che ne porta il peso: e come, soprattutto, se la libertà fosse divisibile, e da obiettivo di tutti potesse immiserirsi nella bandiera politica di una fazione. Così la destra separa la responsabilità dalla libertà, mutandone la natura, la portata e il significato
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto 
Titolo: La corsa di Letta al collegio di Siena Italia viva si mette già di traverso
Tema: Pd

Il segretario del Partito democratico Enrico Letta si prepara alle suppletive in Toscana dov’è candidato ma mette le mani avanti: «Se perdo, ne trarrò le conseguenza». Proprio come un congresso di partito. L’ultima volta in quel collegio (Siena) la spuntò il centrosinistra: Pier Carlo Padoan ce la fece per un soffio, superando di 4 punti l’euroscettico Claudio Borghi. Ma oggi la partita appare più complicata. Anche perché non è dato sapere quale sarà l’atteggiamento dell’eterno rivale Matteo Renzi. Ettore Rosato, il motore della macchina organizzativa di Iv, si mostra cauto: «Ne stiamo discutendo. Aspettiamo che il Pd ci chieda se sia utile il rapporto con noi. Lì abbiamo un consigliere regionale molto forte, si chiama Stefano Scaramelli». Nicola Danti, europarlamentare e pezzo da novanta del renzismo in Toscana, la mette così: «Siamo disponibili a un ragionamento. Per adesso, però, ci sono solo parole. Prendiamo atto che i 5 Stelle non ci vogliono in coalizione e constatiamo che in tutte le amministrative il Pd sceglie sempre i grillin ». Italia viva, a Siena, vanta il miglior risultato alle Regionali dello scorso anno, un 6,83% proprio grazie al fedelissimo Scaramelli, che viene considerato una sorta di viceré del rottamatore. «Consiglierei a Letta di fare una chiamata a Scaramelli» ripete Renzi. E in effetti Letta non ha perso tempo, l’ha subito chiamato. «È stata una telefonata interlocutoria, di conoscenza reciproca, io non ci avevo mai parlato» conferma il renziano. Scaramelli ha però avvertito il numero uno del Pd: «È legittima la vostra candidatura ma è legittima anche la nostra. E poi non si può pensare di costruire un’alleanza con una telefonata».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Verderami Francesco
Titolo: Draghi e Conte faccia a faccia sulla giustizia – Conte al confronto con Draghi Sul tavolo anche il voto di fiducia
Tema: giustizia
Il faccia tra il premier e l’ex premier si preannuncia uri muro contro muretto. D’altronde lo stesso leader del M5S riconosce una certa disparità nei rapporti di forza politici, se è vero che alla vigilia ha definito il faccia a faccia come una sorta di duello «tra Davide e Golia». Da una parte Conte, deciso a rappresentare con parole «schiette» l’agenda del Movimento che non vuol vedere cancellate le sue riforme. Dall’altra Draghi, che considera un atto dovuto ricevere il capo di un partito della sua maggioranza e già immagina il tenore revanscista del discorso. Sbrigate le formalità, arriverà il momento di decidere le regole d’ingaggio. E i due sulla giustizia hanno già deciso. Nel senso che l’ex premier giudica il testo della Cartabia più o meno un colpo di spugna, visto che «centocinquantamila processi rischiano di svanire nel nulla». Mentre il premier la pensa esattamente al contrario, ma s i limiterà a prendere atto di quanto ascoltato perché ritiene che il modo migliore per portare a casa il provvedimento sia restare fermi: ha dalla sua il deliberato del Consiglio, dove i ministri del M5S hanno votato l’impianto proposto dalla Guardasigilli. E chissà se farà notare all’ospite che, criticando la riforma, di fatto sta sfiduciando i suoi rappresentanti al governo. E certo che Draghi non accetterà di mediare ancora sul testo e sulla tempistica parlamentare per la sua approvazione. Mira a far votare la riforma dalla Camera entro agosto e dal Senato alla ripresa, dopo le ferie. Ed è spiacevolmente sorpreso per il fatto che il leader del Pd abbia disatteso la linea concordata nel recente colloquio a Palazzo Chigi. Il Nazareno avrà pure la necessità di non vedere lacerato ciò che resta del rapporto con Conte e il M5S, ma chiedere alla Cartabia di cercare un nuovo compromesso è ritenuto un percorso improponibile. Perché la stessa Guardasigilli considera la riforma il frutto di una mediazione. Il premier dà per acquisito il punto di equilibrio e non intende cercare un nuovo baricentro, altrimenti salterebbe il disarmo bilaterale concordato con gli altri partiti, pronti a rispondere con i loro emendamenti agli emendamenti dei grillini.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Cuzzocrea Annalisa
Titolo: Il retroscena – Giustizia, Draghi chiede a Conte se lo sostiene o vuole la rottura – Il premier pronto alla fiducia Dal leader 5S vuole sapere se lo sostiene o cerca la rottura
Tema: giustizia
Mario Draghi vuole capire cosa c’è dietro agli slogan. Cosa si nasconde, dietro al gioco al rialzo di Giuseppe Conte sulla riforma della giustizia. Così, nell’incontro di stamattina a Palazzo Chigi – il primo dal rito del passaggio della campanella – il premier inviterà subito il suo predecessore a scoprire le carte. Il leader in pectore del Movimento dovrà dire se intende essere la guida di un partito che fa convintamente parte del governo, o se ha deciso – per una questione elettorale interna – di mettersi a capo di una forza politica di opposizione. Perché le dichiarazioni di queste ore, una al giorno da quando l’ex presidente del Consiglio ha sconfessato il lavoro dei suoi stessi ministri, non sembrano andare tanto nella prima direzione, quanto nella seconda. Non si tratta di un’impuntatura, per il premier, ma di un ragionamento preciso: approvare la prima parte della riforma della Giustizia prima della pausa estiva almeno in un ramo del Parlame nto significa dare un messaggio all’Europa: l’Italia non rallenta, è capace di rispettare gli impegni presi nei tempi previsti. A settembre, ci sarà ancora da mettere mano alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e a quella del processo civile. È per questo che ogni intento dilatorio somiglia, per Draghi, a una sorta di boicottaggio. «Il governo è qui per fare le cose, se i partiti non lo mettono più in condizioni di farle, è un problema molto grosso». Questo il ragionamento fatto nell’inner circle del capo del governo. Queste le ragioni che lo porteranno a parlare molto apertamente con Conte. E a interrogarlo con assoluta franchezza. Se Conte vorrà imprimere ai suoi 5 stelle una direzione diversa, si vedrà subito, a questo primo tornante. Potrà cercare una mediazione che accontenti una maggioranza tanto ampia da contenere, sulla giustizia e non solo, visioni opposte. O potrà tentare di strappare modifiche talmente grandi da rischiare di costringere il governo a far passare la riforma senza i voti 5 stelle. «Se accadesse una cosa del genere – dice un ministro grillino ben consapevole della partita – bisogna che tutti capiamo quale sarà l’e sito: il governo cadrebbe e ci sarebbe il rischio di andare al voto anticipato».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  V. Pic.
Titolo: Scontro sulla giustizia Per la ministra Cartabia la mediazione è finita
Tema: giustizia
Non bastava il dissidio interno ai Cinque Stelle e i malumori per la rinuncia allo stop sine die della prescrizione previsto dalla legge Bonafede. Ora ad addensare nubi sulla riforma Cartabia arriva anche la proposta del segretario dem Enrico Letta di trovare miglioramenti a quel testo, osteggiato dai magistrati che temono metta a rischio i150mila processi, troppo complessi per essere risolti nei limiti temporali fissati. La Guardasigilli, stando alle voci di via Arenula, non avrebbe accolto con entusiasmo il rilancio di una possibile discussione, sia pure di dettagli tecnici, fatta da Letta. «La trattativa è chiusa», spiegano fonti del ministero della Giustizia. «La riforma è stata discussa e poi condivisa da tutto il Consiglio dei ministri che ha varato il provvedimento all’unanimità», fanno notare. Al punto che la Guardasigilli avrebbe detto più volte che «non è la Riforma Cartabia, ma la riforma del governo Draghi&r aquo;. Il tempo per ripensamenti poi — sarebbe il pensiero della ministra — è scaduto, visto che preme la scadenza ravvicinata per avere i fondi del Recovery, per quali la riforma è un prerequisito necessario. E lo spazio temporale per discuterlo deve già fare conti con una situazione di sovraffollamento di provvedimenti in aula a Montecitorio, dove c’è il dl Semplificazione. La data prevista del 23 per l’inizio della discussione sembra già destinata a slittare almeno a lunedì 26. Molto dipenderà dall’incontro di oggi tra il premier Mario Draghi e il leader M5S Giuseppe Conte. Ma il Pd insiste che una mediazione è possibile.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Pignatone Giuseppe
Titolo: Il commento – Chi può aiutare la riforma – Giustizia, chi deve aiutare la riforma
Tema: giustizia
Non è facile prevedere se la riforma Cartabia riuscirà a ridurre la durata dei processi del 25%. Certo è però che deve essere considerato l’insieme complessivo dei provvedimenti adottati, a cominciare dalle risorse finalmente disponibili, dopo decenni, tanto che l’Italia ad oggi spende in questo settore meno della media europea e, come rileva la Commissione, ha anche un numero inferiore di magistrati in rapporto alla popolazione (addirittura metà rispetto alla Germania). Su questo punto, grandi speranze sono riposte sull’Ufficio del processo, con l’assunzione triennale di 16.500 collaboratori, per coadiuvare giudici e Pm. Ciò premesso, gli emendamenti in tema di processo penale rappresentano un tentativo coerente per ridurne i tempi, nelle condizioni politiche date da cui è impossibile prescindere, come dimostra la tormentata modifica della prescrizione. La Guardasigilli ha previsto una serie di strumenti come l’ampliamento dei casi di perseguibilità a querela, delle ipotesi di estinzione per lieve entità del fatto e di messa alla prova, insieme ad alcuni — modesti — miglioramenti della disciplina dei casi di patteggiamento e di giudizio abbreviato, per consentire la definizione dei procedimenti senza arrivare al dibattimento. Peraltro, in molti di questi casi e con l’attenzione dedicata alla giustizia riparativa e alle esigenze delle vittime, si persegue anche l’importante obiettivo di prevedere sanzioni diverse dalla detenzione, con una condivisibile inversione di tendenza rispetto alla legislazione “carcero-centrica” degli ultimi anni. Tuttavia sul numero dei processi nella fase delle indagini preliminari potrebbe incidere solo una drastica depenalizzazione, o quanto meno un’amnistia, su cui però non si coglie alcuna disponibilità in sede politica.
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Testata:  Repubblica Affari&Finanza 
Autore:  Rizzo Sergio 
Titolo: Vertice dell’Upb nomine al palo – Ufficio parlamentare bilancio vertici scaduti da 445 giorni ma le nomine restano al palo
Tema: nomine

Giuseppe Pisauro aspetta ormai da 445 giorni di accogliere il suo successore alla guida dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Ma non arriva nessuno. Pisauro e gli altri due componenti, Chiara Goretti e Alberto Zanardi, sono scaduti il 30 aprile 2020 e nessuno ha pensato a sostituirli. La cosa è sempre più imbarazzante. L’Ufficio parlamentare di bilancio è a tutti gli effetti un’autorità indipendente, creata con la legge costituzionale che impone l’equilibrio dei conti pubblici. E va bene che in tale situazione il pareggio di bilancio è l’ultima delle preoccupazioni in tutta Europa; non per questo, tuttavia, si può evitare di adempiere a un preciso obbligo istituzionale. Per gli enti pubblici, inoltre, vale la regola secondo cui la prorogatio degli incarichi di vertice non può oltrepassare 45 giorni, trascorsi i quali la decadenza è automatica. Ma a questo caso, visto che la legge nulla dice in proposito, la regola non si applic a. Questo per lo meno è quanto sostengono arditamente gli esperti. Il risultato è che Pisauro, Goretti e Zanardi restano a bagnomaria. Fino a quando? In teoria, senza alcun limite. C’è da dire che non sono le uniche nomine rimandate a lungo in questa legislatura. Per sostituire l’ex parlamentare della Margherita e del Pd Antonello Soro al vertice del Garante della privacy con Pasquale Stanzione è stato impiegato più di un anno. E poco meno c’è voluto per rimpiazzare il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, dimessosi in anticipo rispetto alla scadenza del mandato per il palese disinteresse mostrato dal governo Conte verso il ruolo dell’authority, con l’ex segretario generale di Soro nonché amico dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Busia. Casi simili, del resto, avevano già interessato in passato organismi come la Consob e altre autorità indipendenti.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Martini Fabio 
Titolo: Ddl Zan, il no dei Dem alla mediazione di Renzi “Trattiamo con chi è serio”
Tema: ddl Zan

Sul far della sera Enrico Letta lascia il “Cremlino”, il caseggiato al quartiereTestaccio dove abita e dove hanno abitato fior di intellettuali e dirigenti comunisti, si dirige verso la Festa dell’Unità di Roma e le sue parole anticipano il Pd con l’elmetto dei prossimi mesi. Il “lodo” Renzi sul ddl Zan? «Ma davvero dobbiamo fidarci di Salvini? Noi ci fidiamo di chi ha una faccia sola». Troppo rigido il Pd? «Se non lo fossimo stati, non saremmo arrivati sin qui: all’approvazione alla Camera di un testo che sarà pure perfettibile ma la legge perfetta non esiste». Quindi niente mediazioni neanche al minimo? «Discutiamo con chi è serio». Di fatto Letta soffoca sul nascere il “lodo Renzi”, la proposta che l’ex presidente del Consiglio ha lanciato in un’intervista a La Stampa: sul ddl Zan concordiamo tre modifiche e le blindiamo attraverso un cronoprogramma Senato-Camera che consenta di approvare il testo «il prima possibile&r aquo;. Certo, Letta non ci sta perché non si fida di Renzi e di Salvini. Ma soprattutto — ecco la novità di “sistema” — il leader dem in qualche modo scommette sulla rottura: ha programmato, in vista delle decisive elezioni amministrative di ottobre, un Pd di lotta e in questo contesto il “ddl Zan”, il disegno di legge anti-discriminazioni, è diventato l’icona, la battaglia-simbolo del “nuovo” Pd.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Padula Salvatore 
Titolo: Irpef, forfait e Iva: riforma alla prova in 20 punti chiave – Arriva il nuovo Fisco: il test della riforma dal Codice all’Irpef
Tema: fisco

I prossimi giorni sveleranno i progetti del Governo sul nuovo Fisco, una delle «riforme di accompagnamento» previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entro fine mese, salvo sorprese, verràa pprovato il disegno di legge delega per riordinare alcuni aspetti del sistema tributario, a partire dall’Irpef e con possibili affacci su ulteriori ambiti della fiscalità nazionale. Nella definizione dei principi del Ddl delega, il Governo terrà in considerazione il documento conclusivo dell’«Indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef e altri aspetti del sistema tributario», approvato il 30 giugno dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato con il voto favorevole di tutti i partiti, eccetto l’astensione di Leu e il voto contrario di Fratelli d’Italia. La scrittura della riforma vera e propria richiederà più tempo. E le proposte arriveranno da una Commissione di esperti, che il Governo nominerà. Difficile immagin are che le nuove norme possano entrare in vigore già nel 2022, almeno non nella loro interezza.
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Testata:  Domani 
Autore:  Bragantini Salvatore 
Titolo: Il parlamento ha rinunciato a occuparsi del fisco
Tema: fisco

Le imposte devono formare un sistema coerente ed efficace, non discriminare se non per fini d’interesse generale, dare all’amministrazione i mezzi necessari. Viste le innumerevoli modifiche portate nel tempo alle leggi fiscali (spesso per compiacere anche minime platee) le Commissioni parlamentari per la riforma fiscale avrebbero dovuto fissare le basi di una coerente riforma. Esse hanno purtroppo trascurato gli obiettivi e cercato comunque l’unanimità, scordando che il fisco serve a finanziare la macchina statale, dati i vincoli di finanza pubblica. Non a caso, in tema fiscale non è ammesso il referendum. Le Commissioni avevano un compito solenne cui han rinunciato, per contentare tutti chiedendo di ridurre la pressione fiscale nonostante il fardello del debito. Perciò hanno ignorato temi caldi da decenni, come l’indispensabile riforma del Catasto o il trattamento dei proventi immobiliari e finanziari, perciò vorrebbero limitare i poteri dell’amministrazi one, perciò anche il Pd si fa venir bene l’abominevole ‘tassa piatta”, contraria perfino alla Costituzione (art53). Fioriscono così le proposte per ridurre aliquote o per abolire imposte, per buttare nel cestino sistemi che stanno intaccando la scandalosa evasione Iva, ma sgraditi perciò ai contribuenti. Come rileva Visco, le Commissioni, forse troppo ignare del dibattito internazionale, nemmeno han capito che “tassare più chi più ha” è finalmente tornato ad essere obiettivo di politica economica ampiamente condiviso.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Aquaro Dario – Dell’Oste Cristiano 
Titolo: Gli aiuti agli affitti dividono case e negozi – Case e negozi divisi dagli aiuti sugli affitti
Tema: Sostegni bis
Qualche aiuto in più per gli affitti, ma con le solite differenze tra abitazioni e locali commerciali. E senza intervenire sul controverso blocco degli sfratti. Il capitolo delle locazioni non sfugge alla girandola di ritocchi introdotti con la conversione del decreto Sostegni bis (dopo il voto della Camera, il testo è atteso mercoledì all’ok definitivo del Senato e non cambierà più). Tra le modifiche votate a Montecitorio, c’è il settimo cambiamento (in 14 mesi) alla disciplina del tax credit sulle locazioni commerciali. Un ritocco che, comunque, è positivo. L’agevolazione viene estesa alle imprese che svolgono attività di commercio al dettaglio – esclusi quindi i grossisti – e che nel 2019 avevano ricavi oltre i 15 milioni di euro. Il bonus si applica ai canoni di locazione pagati da gennaio a maggio 2021, a patto che l’impresa abbia subito un calo di almeno il 30% del fatturato medio mensile nell’anno “pandemico”(dal 1° a prile 2020 al 31 marzo 2021) rispetto alla media dei 12 mesi precedenti. Il credito d’imposta vale il 40% del canone, ridotto al 20% per le attività iniziate dal 2019 (che però non devono avere il calo di fatturato).
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Testata:  Repubblica 
Autore:  r. am. 
Titolo: Scioperi contro i licenziamenti e il governo studia nuove regole
Tema: lavoro

Il governo studia un sistema di regole che impedisca alle aziende di chiudere dall’oggi al domani per delocalizzare, abbandonando i lavoratori al loro destino senza nemmeno sedersi a un tavolo con le istituzioni. Ma intanto i sindacati danno inizio a due settimane di scioperi e proteste. Fiom, Fim e Uilm hanno indetto due ore di sciopero che ogni Rsu aziendale potrà scegliere di fare quando ritiene opportuno da qui a fine luglio. Mentre nelle città colpite dai licenziamenti ci saranno anche cortei e manifestazioni. Oggi a Firenze interverranno i sindacati nazionali per la protesta indetta da Cgil, Cisl e Uil a sostegno dei 422 dipendenti licenziati dalla Gkn di Campi Bisenzio: per la Fiom arriverà la segretaria generale Francesca Re David. E in tutte le chiese dell’Arcidiocesi di Firenze verrà recitata una preghiera speciale per i lavoratori, ha annunciato l’arcivescovo, cardinale Giuseppe Betori. La vicenda dell’azienda di componentistica per auto c he ha comunicato ai propri dipendenti l’intenzione di licenziarli via whattsapp è diventata per tutti, anche per il governo Draghi, un paradigma inaccettabile delle politiche industriali delle multinazionali in Italia. Le stesse multinazionali che magari godono anche di sostegni e sovvenzioni (quelli ricevuti dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dalla Regione Toscana da Gkn dal 2017 a oggi ammontano a oltre due milioni di euro) e se ne vanno rifiutandosi persino di sedersi a un tavolo con i rappresentanti del governo per cercare di dare un minimo di sostegno ai dipendenti che rimangono senza lavoro. Il ministero dello Sviluppo economico Giorgetti sta studiando un sistema di regole che rendano più complicato chiudere e delocalizzare. In ogni caso per i lavoratori licenziati, adesso, e per altre vertenze che potrebbero sorgere da qui ai prossimi mesi, diventa fondamentale poter contare su un percorso “universale” di ammortizzatori sociali e formazione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Amato Rosaria 
Titolo: Intervista a Claudio Durigon – Durigon “Dalla formazione i fondi per finanziare gli ammortizzatori sociali”
Tema: lavoro
La riforma degli ammortizzatori sociali passa per la formazione e le politiche attive. E non solo per le misure, ma anche per le risorse economiche. «Non deve diventare l’ennesimo assegno di sostentamento per chi perde il lavoro», afferma Claudio Durigon (Lega), sottosegretario all’Economia. C’è un consenso generale sugli ammortizzatori sociali universali, ma il costo è ingente. Imprese e sindacati hanno già espresso preoccupazioni. «Si stanno valutando le varie ipotesi e si sta quantificando. Se si estendono finalmente gli ammortizzatori anche alle aziende più piccole e alle partive Iva, che sono diventate moltissime dopo il decreto Dignità, la riforma ci costerebbe dai 6 agli 8 miliardi. Un miliardo e mezzo aniva dalla sospensione del cashback, che andrà riformulato per il 2022, e limitato ai settori e alle categorie di persone che non hanno ancora la cultura dei pagamenti elettronici. Si tratta quindi di trovare 4-5 milia rdi: mi sento di dire che possono essere reperiti nei meandri della legge di Bilancio, soprattutto se gli ammortizzatori smettono di essere un sussidio e diventano una dote per il lavoratore, come avviene per esempio in Lombardia».
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  Di Vico Dario 
Titolo: Reddito di cittadinanza e lavoro: l’assistenzialismo crea occupazione – RdC Renzi vuole abrogarlo i riformisti no Sarà il voto del divano
Tema: lavoro

La metafora non è originalissima ma rende. Proponendo o solo ipotizzando un referendum abrogativo del reddito di cittadinanza Matteo Renzi ha replicato la mossa dell’elefante in cristalleria. II Reddito di cittadinanza fortissimamente voluto dal Movimento 5 Stelle durante la pandemia alla fine il suo compito l’ha fatto, ha rappresentato una diga contro un ulteriore smottamento della società ma si porta dietro tante contraddizioni. II leader di Italia viva lo sa, ma una battaglia «migliorista» non sembra interessargli, preferisce rompere i vetri specie se si tratta di quelli del Pd, spera forse di portarsi dietro la Lega ma comunque finisce per fare un regalo ai 5 Stelle. Così la pensa Tommaso Nannicini, il padre del jobs act e ora parlamentare del Pd. «Polarizzare l’elettorato ci fa tornare indietro di qualche anno. Il referendum è tutto giocato in chiave tattica, mentre noi avremmo bisogno di migliorare e ricucire il welafare» .
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  Puato Alessandra 
Titolo: Cipolletta da «patrimonio» 4 miliardi ai fondi (e ai più piccoli)
Tema: aiuti alle imprese
Come scegliere, fra le imprese in crisi, quelle alle quali dare un aiuto perché la difficoltà è transitoria? Come evitare di dare soldi pubblici- alle «aziende zombie»? Per l’economista Innocenzo Cipolletta, designato il 15 giugno per ancora tre anni alla presidenza dell’Aifi (l’Associazione italiana dei fondi di private equity e venture capital, che negli ultimi tre anni hanno investito in Italia in circa 1.5oo aziende), la soluzione è una: «Lo Stato deve stringere un patto con i privati, che possono portare nuovi capitali e questo mestiere di selezione lo sanno fare». Significa affidare ai gestori del private capital, affinché lo investano in fondi che a loro volta investono nelle imprese, «circa il 10%» di Patrimonio Rilancio (o Patrimonio Destinato): il nuovo tesoro pubblico. È lo strumento straordinario con una dotazione massima di 44 miliardi (di cui 3 miliardi già disponibili), gestito da Cdp e alimentato dal ministero dell’Economia. Patrimonio Rilancio è operativo dal 2 luglio e in questi giorni sono stati aperti gli sportelli per la presentazione delle domande da parte delle aziende, presso gli intermediari: l’elenco è sul sito di Cdp, sono indicati per ora Kpmg, Unicredit, Banca Akros (Banco Bpm), Mps, Pwc. La macchina è partita, insomma. Ora si tratta di scegliere a chi dare i soldi, senza sbagliare. Dice Cipolletta: «Si potrebbe costituire con i soldi di Patrimonio Rilancio un fondo di fondi di 4-5 miliardi che può moltiplicare, con altre adesioni, la raccolta a 15 miliardi. E usare la struttura della società di gestione del risparmio privata per individuare le imprese da ricapitalizzare».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Merkel: scene spettrali, ora agire di più sul clima – Merkel, lo choc e la rabbia «Dobbiamo fare di più per l’emergenza clima»
Tema: l’alluvione nel nord Europa
È il giorno di Angela Merkel. Tocca alla cancelliera portare conforto e annunciare aiuti d’emergenza immediati alle popolazioni renane colpite dalla più grave catastrofe naturale degli ultimi 60 anni in Germania. Lo fa con la sobrietà e i toni dimessi che sono la sua cifra, il giorno dopo la clamorosa gaffe di Armin Laschet, l’uomo che ambisce a succederle, colto in una risata irrefrenabile, proprio mentre il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, a pochi metri da lui, esprimeva tristezza e dolore davanti alle telecamere. Ieri Laschet si è di nuovo scusato per il suo atteggiamento, che ha definito «inappropriato», ma bisognerà aspettare qualche giorno per capire quale impatto l’infortunio avrà sulla campagna elettorale del candidato della Cdu-Csu. «Sono venuta per farmi un quadro concreto di questa situazione sinistra e surreale», ha detto la cancelliera arrivando a Schuld, nel Palatinato, il piccolo vil laggio diventato simbolo della catastrofe. «La lingua tedesca non ha parole sufficienti per descrivere la devastazione che si è consumata in questa bellissima regione», ha aggiunto Merkel, che già per mercoledì ha promesso un programma federale, articolato in tre fasi: aiuti immediati alle famiglie e all’economia, interventi di medio periodo e piano di ricostruzione delle infrastrutture distrutte, strade, ponti, dighe e case. Secondo il ministro delle Finanze Olaf Scholz, il primo pacchetto sarà intorno ai trecento milioni di euro. La cancelliera, che era accompagnata dalla premier del Land, la socialdemocratica Malu Dreyer, ha parlato anche dei cambiamenti climatici, considerati all’origine di eventi meteorologici sempre più estremi e distruttivi: «Le operazioni di soccorso hanno la priorità — ha detto Merkel —, ma vediamo con quale violenza può agire la natura. La Germania è un Paese forte e ci riprenderemo in breve. Ma dobbiamo diventare più rapidi e decisi degli ultimi anni nella lotta contro il riscaldamento del clima. Occorre una politica che tenga più conto di questo fattore»
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cadalanu Giampaolo 
Titolo: Angela Merkel tra fango e lacrime “Una sola Europa per l’ambiente” – Merkel tra gli alluvionati “Non abbiamo le parole Ora il clima e l’ambiente”
Tema: l’alluvione nel nord Europa
Merkel non è mai stata un’ambientalista militante, ma stavolta non esita a puntare il dito contro il riscaldamento globale e contro gli abusi umani che hanno stravolto l’equilibrio del clima. Ha promesso ogni possibile sforzo per «riportare le cose com’erano, passo dopo passo, in questa splendida regione», anticipando che il suo governo approverà un primo pacchetto di stanziamenti per gli aiuti entro mercoledì. Il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha già anticipato alla Bild am Sonntag che la prima fetta di finanziamenti sarà pari a 300 milioni di euro, ma che questo è solo l’inizio, perché progetti di ricostruzione a lungo termine saranno un impegno da miliardi di euro. «Per fortuna il nostro Paese può permetterselo», ha detto la Merkel. Nella zona di Ahrweiler la catastrofe ecologica non solo ha danneggiato i collegamenti telefonici, ma ha anche messo in pericolo la rete di distribuzione dell’acqua pot abile, al punto che la Croce Rossa ha mandato due autobotti da settemila litri e quattro da 3800, allestendo venti punti di distribuzione. A Stolberg, vicino ad Aquisgrana, le autorità hanno invitato la popolazione a far bollire l’acqua prima di consumarla. Il conto delle vittime va avanti: nel Land Renania-Palatinato i morti sono almeno 112, con un bilancio destinato ancora a salire. In NordReno-Westfalia le vittime sono 45, tra cui quattro vigili del fuoco. A essi si aggiungono i 31 morti del Belgio. Ma non è finita. Forze armate e protezione civile si affannano nel fango alla ricerca di superstiti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Soave Irene 
Titolo: «È come L’Aquila dopo il terremoto: siamo al Medioevo»
Tema: l’alluvione nel nord Europa
Schuld, sul confine tra Renania e Nord Reno-Vestfalia, visitato ieri per primo da Angela Merkel, è un villaggio così piccolo che il numero del Bürgermeister Helmut Lussi è a disposizione di tutti sul sito del comune. Accanto a un’altra informazione che va aggiornata: popolazione, 730 abitanti. Ma 110 nel circondario, da mercoledì, sono morti. Le bacheche Facebook locali, prima sonnacchiose come le stradine del paese, brulicano ora di figli che cercano i genitori scomparsi — «Non perdiamo la speranza» — e professionisti con bimbi piccoli che chiedono se qualcuno può ospitarli. Un pensionato, Michael Jahn, cerca il suo cane; un annuncio gemello mostra lo stesso cane galleggiare su un’asse di legno, e c’e almeno un lieto fine. E stato trovato un bambino di 4 anni di nome Theo, raggiunto dalla zia grazie ai social dopo un giorno. La sorellina Lea, neonata, è dispersa. «Nessuno è stato avvertito per t empo, e nessuno pagherà», inveisce sconsolato (ma salvo) il pensionato Rolf Draht, bloccato a casa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: Un software per spiare giornalisti e oppositori – «Cronisti e oppositori spiati dai governi»
Tema: spionaggio digitale
Alcuni Paesi usano il software Pegasus prodotto dalla società israeliana NSO Group nell’ambito della lotta contro il terrorismo. E questo lo si sapeva. Talvolta il ricorso a Pegasus avviene al di fuori di questo contesto, e anche questo era conosciuto. Le novità — secondo quanto sostengono Le Monde e altri 15 giornali legati alle ong Forbidden Stories e Amnesty International — sono essenzialmente due: 1) a usare in modo illegittimo il software Pegasus sono anche democrazie come Messico, India e l’Ungheria di Viktor Orbán; 2) queste violazioni non sono occasionali e sporadiche ma sistematiche e su larga scala. Potrebbe essere il caso di spionaggio digitale più grave dal 2013, quando Edward Snowden rivelò le pratiche illecite e globali dell’agenzia governativa americana Nsa. Stavolta le rivelazioni riguardano i governi di Messico, India, Marocco, Indonesia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kazakistan, Azerbaigian, Togo, Ruanda e Ungher ia, che avrebbero messo sotto controllo 50 mila numeri telefonici tra i quali quelli di circa 180 giornalisti (appartenenti per esempio a Financial Times, CNN, New York Times, Economist, Associated Press e Reuters), oltre alle comunicazioni di avvocati militanti per i diritti umani, diplomatici, medici, campioni dello sport, e uomini politici tra i quali ministri e 13 capi di Stato o di governo (dei quali tre europei). Tra i Paesi più attivi c’è il Messico, che ha usato il sistema Pegasus per controllare 15 mila numeri di telefoni tra i quali quello di Cecilio Pineda, giornalista assassinato nel 2017. L’India ha spiato una trentina di giornalisti che indagavano su gruppi industriali vicini al premier Narendra Modi e su un’ipotesi di corruzione che riguarda la vendita all’India degli aerei militari francesi Rafale. L’Arabia Saudita ha fatto ricorso a Pegasus per spiare i famigliari del giornalista Jamal Khashoggi fatto a pezzi nel consolato di Istanbul il 2 ottobre 2018, e Le Monde ipotizza che tra le ragioni all’origine dello spettacolare avvicinamento diplomatico tra Israele da una parte e Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti dall’altra ci sia anche la messa a disposizione da parte di Gerusalemme del software Pegasus.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Franceschini Enrico 
Titolo: Da Orbán ai sauditi gli autocrati spiavano i telefoni dei reporter
Tema: spionaggio digitale

Il suo nome evoca il cavallo alato della mitologia greca, ma in questo caso vola negli angoli oscuri del web per rubare informazioni dai telefonini di ignari utenti. Ufficialmente Pegasus, un programma di spionaggio elettronico elaborato dall’azienda israeliana Nso, è stato venduto soltanto ad agenzie dell’intelligence e forze armate di nazioni straniere al solo scopo di combattere terrorismo e criminalità. Ma una soffiata da fonti anonime ha fatto pervenire al Guardian e a una dozzina di altre testate internazionali una lista di 50 mila potenziali bersagli, tra cui 180 giornalisti, dissidenti, attivisti dei diritti umani e politici, i cui cellulari avrebbero potuto essere infettati da dittatori e autocrati della terra per leggerne clandestinamente tutti i dati. In pratica, un’arma contro la libertà di stampa e di espressione. Quello che sembra avere usato di più il programma è il Messico con 15 mila dei 50 numeri telefonici sotto osservazione, segu ito da Marocco e Emirati Arabi con 10 mila ciascuno. Quarantacinque Paesi su quattro continenti sarebbero finiti sotto lo zoccolo del cavallo alato digitale. La lista è stata fornita a Forbidden Stories, organizzazione giornalistica senza fini di lucro con base a Parigi, e ad Amnesty International, che l’hanno esaminata per giudicarne la credibilità prima di condividerla.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Mazza Viviana 
Titolo: Il Cairo libera l’attivista icona della rivoluzione
Tema: Egitto
L’attivista egiziana Esraa Abdel-Fattah, uno dei simboli della rivoluzione del 2011, è stata rilasciata dopo quasi 22 mesi di detenzione preventiva con l’accusa di «appartenenza ad organizzazione terroristica» e «diffusione di notizie false atte a destabilizzare il Paese e screditare lo Stato». Nel 2008, Abdel-Fattah è stata cofondatrice del «movimento 6 aprile» per sostenere i lavoratori in sciopero e chiedere riforme politiche. II movimento fu determinante anche nella rivolta di piazza Tahrir. Oltre a lei sono state liberate ieri cinque persone: gli avvocati Mahienour el-Masry e Gamal e-Gamal, i giornalisti Mustafa el-Aasar e Moataz Wadnan e un leader del partito socialista, Abdel-Nasser Ismail. La pressione da parte degli Stati Uniti sarebbe stata fondamentale, anche se il rilascio non chiude i casi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Farina Michele 
Titolo: Perle e giubbotto antiproiettile La vedova Moïse torna a Haiti
Tema: Haiti
Martine Moise, la moglie del presidente ucciso il 7 luglio, è tornata silenziosamente a Haiti, in un Paese che non si sa bene da chi sia governato e per quanto. L’avevano data per morta in un ospedale di Miami, dove la 47enne first lady era stata evacuata in seguito alle ferite riportate quella notte nella villa sulle colline di Port-au-Prince. Il suo ritorno non era stato annunciato. Ad aspettarla all’aeroporto il premier Claude Joseph, che il marito Jovenel aveva sostituito due giorni prima di essere ucciso, senza avere il tempo di far giurare il sostituto Ariel Henry. Mentre è buio pesto sugli assassini del presidente, fitta è la lotta per sostituirlo. il destino di Joseph, accademico aggrappato alla politica, è in bilico. Silurato da Moïse e rimasto al potere grazie alla sua dipartita, nei giorni successivi aveva incassato il sostegno internazionale di Usa e Onu, gli stessi che adesso gli danno il ben servito. Il voltafaccia è arrivato con un comunicato del Core Group, blocco che raccoglie ambasciatori di vari Paesi e organismi (Usa, Ue, Brasile, Canada, Spagna, Francia. Germania, Onu e Organizzazione degli Stati americani). I diplomatici dimenticano Joseph e chiedono al primo ministro designato (dal presidente defunto) di costituire «un governo inclusivo». E così il neurochirurgo Ariel Henry, 7o anni, da tempo più interessato alla poltrona che al bisturi, già ministro degli Interni considerato vicino all’opposizione che non amava Moïse, riceve un mandato che sembrava sfumato. II mondo vuole disinnescare il caos di Haiti (per tornare a dimenticare il suo popolo).
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ravelli Arianna 
Titolo: Tre positivi nella bolla del Villaggio E il conto totale sale a quota 55
Tema: Covid e giochi olimpici
Per adesso, una debole fiammella. Minacciata da ogni parte. La fiaccola olimpica che la signora Kayoko Takahashi, 53 anni di Mito, ha cercato di spegnere con una pistola ad acqua in segno di protesta verso Giochi che i giapponesi non vogliono (al 78% secondo gli ultimi sondaggi, altri 200 protestavano davanti alla stazione Shibuya ieri a Tokyo) aspetta solo di essere animata da una storia, da una faccia, da un’impresa di muscoli ed emozioni, di quelle che solo all’Olimpiade. Per adesso le storie che si raccolgono sono altre. I Giochi della squadra di canottaggio della Serbia sono già finiti: ai controlli in aeroporto è emerso un positivo, tutta la squadra è stata considerata «contatto stretto» e messa in isolamento in hotel dal 3 al 17 luglio senza potersi allenare. A questi livelli, significa non poter recuperare in tempo. Per adesso siamo ancora una volta ad aggiornare la contabilità dei positivi: 55 da inizio luglio tra i 30.000 control li effettuati su 18.000 atleti, supervisori, funzionari o giornalisti. E se è vero che «il rischio zero non esiste» come ha riconosciuto il direttore dei Giochi per il Cio, Christophe Dubi, l’allarme (con polemiche) si è diffuso quando si è passata una barriera protettiva che è (era?) anche una soglia psicologica: si sono registrati i primi atleti positivi al Villaggio, il luogo che secondo il grande capo Thomas Bach doveva essere «il più sicuro di tutti» e che, progettato per ospitare 17mila persone, ne vedrà al massimo 6mila contemporaneamente. Invece c’è un piccolo focolaio da gestire e la Federazione dei medici giapponesi ha già messo le mani avanti dicendo che non potrà garantire specifiche contromisure: sabato è stato trovato il primo positivo (non atleta) e ieri si è saputo del contagio dei due calciatori del Sudafrica, il difensore Thabiso Monyane e il centrocampista Kamohelo Mahlatsi.
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