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SINTESI IN PRIMO PIANO – 18 luglio 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Aiuti Ue, il vertice parte tra i no. Conte deluso: «Niente trucchi sull’uso dei soldi»;
– Sconti sui contributi per le imprese che rinunciano alla Cig. Catalfo e Gualtieri a lavoro sul nuovo decreto;
– Industria, i fatturati ripartono. Ma i consumi restano in rosso;
– Autostrade, priorità a soci stabili italiani. In pole F2i e Poste Vita, Generali si sfila;
– Libia, altre proteste ma pochi margini per cambio di linea;
– Trump, contrattacco alla Cina: TikTok verso la lista nera;
– Covid-19: da Barcellona a Tokyo, le nuove ondate.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Repubblica 
Autore:  Di Maio Luigi 
Titolo: Lettera. Di Maio: “Il governo ha fatto passi avanti Ora serve l’aiuto dell’Ue”
Tema: Libia

Gentile Direttore, – desidero fornire il mio contributo al dibattito suscitato dall’approvazione parlamentare della risoluzione di autorizzazione delle missioni internazionali per delineare un quadro più chiaro dell’impegno dell’Italia in Libia. La Libia è una priorità assoluta della politica estera italiana e la sua stabilizzazione risponde a specifici interessi nazionali in termini di contrasto al terrorismo, di lotta al traffico di esseri umani e di rapporti economico-commerciali. La dimensione umanitaria della lotta ai trafficanti dl esseri umani è per il Governo Italiano di fondamentale importanza. Per questo abbiamo avviato un’azione di aggiornamento del “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere”, firmato dall’allora Presidente del Consiglio Gentiloni e dal Presidente Al Serraj il 2 febbraio 2017. Dopo un lungo lavoro diplomatico, con la mia visita a Tripoli del 24 giugno abbiamo ottenuto l’impegno del Governo libico a modificare il Memorandum sulla base di principi per noi fondamentali: il miglioramento delle condizioni dei migranti (con l’obiettivo del progressivo superamento del sistema del centri); il rafforzamento dello stato di diritto e della tutela dei diritti umani dei migranti; il consolidamento del ruolo delle Organizzazioni Internazionali e della società civile. Su tali basi il 2 luglio il Comitato misto italo-libico si è riunito per iniziare a negoziare il nuovo testo. Parallelamente alla revisione del Memorandum, l’Italia sta lavorando per migliorare le condizioni di vita di rifugiati, sfollati interni e migranti presenti in Libia contribuendo ín maniera decisiva alle attività delle principali Organizzazioni ONU presenti sul terreno, in particolare OIM e UNHCR. Questo lavoro lo sta portando avanti non solo il ministero degli Affari Esteri, ma tutto il governo…”.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tonacci Fabio 
Titolo: Il voto sulla Libia scuote il Pd In 400 scrivono a Zingaretti
Tema: Libia

Il nervo libico era scopertissimo, evidentemente. E l’articolo di Roberto Saviano su Repubblica di ieri lo ha sollecitato, provocando tensioni e litigi all’interno del Partito Democratico. Quattrocento militanti che scrivono a Zingaretti, onorevoli della maggioranza che si accusano l’un l’altro ricordando i tempi in cui salivano insieme sulla Sea Watch di Carola Rackete, deputati dem che cercano di spiegare le proprie ragioni, avvolgendosi in contorte giustificazioni. Mentre dunque il Viminale continua a lavorare sui dossier Libia e Tunisia, e non si placa lo sdegno per la foto del cadavere abbandonato alla deriva nel Mediterraneo scoppia il caos in casa Pd. L’aria era già tesa giovedì mattina, quando la maggioranza si è spaccata alla Camera sul decreto missioni che prevede il rifinanziamento della Guardia Costiera libica, pilastro della politica italiana ed europea sul governo dei flussi migratori dal Nord Africa. Durante l’ultima assemblea nazionale del Pd era stato votato all’unanimità un ordine del giorno per rivedere il Memorandum Italia-Libia tra cui i dem Laura Boldrini e Matteo Orfini, hanno firmato una risoluzione contraria agli accordi con Tripoli. Saviano, ha poi accusato il segretario Nicola Zingaretti di aver tradito lo spirito dell’Assemblea nazionale del partito, che a febbraio aveva votato all’unanimità contro lo stanziamento di fondi ai libici. «Per non regalare il Paese a Salvini sono diventati Salvini». Quello libico non è l’unico dossier sul tavolo della ministra Lamorgese: i mille e passa sbarchi nello scorso weekend, per la maggior parte tunisini, hanno convinto il Viminale ad accelerare un piano di aiuti economici da far giungere a Tunisi, per avere garanzie di un migliore controllo delle partenze. «In ottica di contenimento del Covid bisogna bloccare gli arrivi autonomi coi barchini», dicono al ministero
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Testata:  Avvenire 
Autore:  Scavo Nello 
Titolo: Libia, altre proteste ma pochi margini per cambio di linea – Libia, tra illusioni e affari
Tema: Libia

Il giorno dopo l’approvazione del rifinanziamento italiano alla cosiddetta Guardia costiera libica, a Tripoli c’è chi tira un sospiro di sollievo. Non solo per la rinnovata legittimazione dei guardacoste e del loro modello operativo, nuovamente contestato dall’Onu, ma perché la promessa di nuovi fondi italiani mette al sicuro altre partite. A cominciare dall’export di idrocarburi. Il 9 luglio una delegazione dell’Eni aveva incontrato il premier Faiez al-Serraj, e il capo della Noc, la compagnia petrolifera di Stato. «In entrambi gli incontri – informa una fonte del governo libico -, sono stati discussi la ripresa della produzione e delle esportazioni di petrolio e una serie di nuovi progetti». Nel governo italiano c’è chi crede, a questo punto, di poter tentare di condizionare almeno la rinegoziazione del memorandum. Nonostante nessuna autorità internazionale riconosca la Libia come porto sicuro, Italia ed Europa continuano ad assicurare fondi ed equipaggiamento. Proprio ieri l’Ue ha comunicato che, grazie al piano da 455 milioni, a breve verranno firmati contratti per l’acquisto e la spedizione a Tripoli di sei gommoni veloci da nove metri, mentre sarà indetta una gara d’appalto per altri 14 gommoni. Le prossime consegne, dopo i 30 veicoli consegnati in occasione della visita del ministro Lamorgese, includeranno 40 suv, 13 autobus e 17 ambulanze. In altre parole si rende più efficiente l’apparato per la cattura dei migranti in mare e a terra, mentre in cambio da Tripoli non arriva alcun impegno formale per migliorare le condizioni dei campi di prigionia.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Fazzo Luca 
Titolo: Spunta il grillino nel plotone Csm contro Palamara – Entra l’uomo di Bonafede nel plotone del Csm che giudicherà Palamara
Tema: Caso Palamara

E adesso per Luca Palamara la situazione si fa davvero complessa. Perché nella sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura che martedì prossimo deciderà la sua sorte entra un altro nome certamente non benevolo nei suoi confronti. A Piercamillo Davigo (che Palamara accusa di avere già manifestato convinzioni ostili: «Manifestò parere su oggetto del procedimento») e agli altri quattro membri della sezione si è aggiunto in dirittura d’arrivo un alto membro laico – cioè di nomina parlamentare – del Csm: ed è, tra tutti i membri dell’organo di autogoverno delle toghe, quello più direttamente collegato al ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede. E che l’intervento «netto e profondo» promesso dal ministro sul Csm passi per la cacciata di Palamara dalla magistratura non c’è dubbio, tanto che anche Bonafede ha promosso l’azione disciplinare a carico dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. L’uomo di Bonafede all’interno del Csm si chiama Filippo Donati, professore di diritto costituzionale a Firenze, entrato in Csm direttamente attraverso la piattaforma Rousseau, che due anni fa lo designò insieme a un altro fiorentino, Alberto Maria Benedetti, legato al professor Guido Alpa, socio di studio del premier Conte. Se in Csm Benedetti è considerato la voce del premier, quando parla Donati è come se parlasse il ministro. Che la composizione della sezione disciplinare sia stata definita solo a ridosso dell’udienza si spiega solo con il nervosismo che agita il consiglio superiore, soprattutto dopo che Palamara è uscito allo scoperto con la torrenziale lista dei centotrentatrè testimoni di cui chiede l’ammissione. Il tentativo del pm romano di trasformare il procedimento a suo carico in un processo a dieci anni di lottizzazione delle cariche giudiziarie rischia di trasformare il «caso Palamara» in una valanga che travolge tutto e tutti.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Di Sanzo Domenico 
Titolo: Caos Liguria, faida M5s – M5s esplode sulla Liguria Faida su Sansa candidato e trema anche Giuseppi
Tema: Liguria – La candidatura di Sansa

Genova è l’alfa e l’omega. Del resto è la città dell’Elevato. Così la Liguria, simbolo del Movimento monolite nel 2017, quando Beppe Grillo fece fuori la candidata sindaco per il capoluogo Marika Cassimatis con un semplice «fidatevi di me», è diventata la rappresentazione dell’implosione del M5s. Dilaniato da correnti e guerre tra bande. Con gli echi del pastrocchio ligure che arrivano fino alle orecchie incredule di Giuseppe Conte, a Palazzo Chigi. Tutto comincia qualche giorno fa, quando Grillo scrive nella chat dello stato maggiore del Movimento: «Ma davvero sosteniamo Sansa, siamo diventati matti!». Poi ieri l’universo grillino sobbalza dalla sedia davanti alla lettura di un retroscena di Repubblica. Il messaggio che arriva a tutti, dal leader per caso Vito Crimi all’ultimo parlamentare, è questo: «Di Maio stavolta è d’accordo con Beppe». Anche l’ex capo politico Luigi Di Maio sarebbe contrario alla scelta del giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa nel ruolo di candidato governatore. In realtà, spifferano dal gruppo parlamentare «Luigi ha trovato un pertugio per mettere in difficoltà Conte sullo schema dell’accordo con il Pd». A Palazzo Chigi il premier non crede ai suoi occhi. Ed è preoccupato dalla probabile reazione dei dem che, dopo una lunga trattativa, alla fine avevano ceduto su un candidato che sembrava più vicino ai grillini che alla sinistra. Ma il Garante non mette in discussione il plot giallorosso. Le perplessità sono solo su Sansa. Un giornalista che tre anni fa aveva criticato duramente la scelta di Grillo di escludere Marika Cassimatis, vincitrice delle comunarie, dalla corsa per il sindaco di Genova.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Ferruccio Sansa – «Io in Liguria, Grillo è con me Di Maio? Forse se l’è presa perché lo definivo gregario»
Tema: Liguria – La candidatura di Sansa

«Mi hanno scelto perché sono un rompiballe». Sicuro che non ci ripensino, Ferruccio Sansa? «Mi ha chiamato Crimi e mi ha detto `vai tranquillo, abbiamo scelto te”. Ho un lavoro, una moglie e tre figli e se ci ripensano mi faccio una risata e vado in vacanza con loro». È saggio lasciare il «Fatto quotidiano» per una sconfitta quasi certa in Liguria? «No, no, calma. La partita è in salita, ma il bilancio di Toti è disastroso. La Liguria a maggio ha avuto una mortalità record e se fai male nella sanità vuol dire che hai fallito. Per 5 anni non si è accorto che crollavano i ponti e ora fa l’anima bella. Poi lui è toscano, ha un profilo opposto al mio». In una parola? «Radici. Io le ho in Liguria, lui no e nel 2015 e sceso in campo perché glielo ha chiesto Berlusconi. Quando ho dovuto scegliere se candidarmi alla presidenza con Pd e M5S sono andato ad Acquasanta, dietro Genova, e mi sono seduto sotto la quercia dove andavo da ragazzo a prendere le decisioni importanti. Sono stato lì sotto tutto il pomeriggio». E ha detto si, ma poi Grillo e Di Maio sono stati assaliti dai dubbi. «Chiaro che qualcuno non sia contento, per quello che ho scritto in questi anni. Ma ho la certezza che Beppe sia favorevole. Io lo conosco da 25 anni, lo stimo, gli voglio bene. E un amico. Il che non mi ha mai esentato dal criticarlo e lui ci è rimasto male». Candidatura scomoda? «Di rottura. Questa è una occasione straordinaria per rinnovare la classe dirigente e proporre una coalizione che rispecchia quella del governo nazionale. Penso a un modello e a uno sguardo che vada oltre la mia persona».
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  Pacelli Valeria 
Titolo: Fondazione lombarda bancomat dei leghisti – “I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista
Tema: Caso Lombardia Film Commission

“Io non dico nulla, (…) hanno cercato di contattarmi in mille e io non ho mai detto nulla però se voi vi comportate così eh, io non posso fare altro, che devo fare?”. Luca Sostegni – uno degli indagati dell’inchiesta della Procura di Milano sulla compravendita dell’edificio di Cormano, sede della Lombardia Film Commission – era tornato dal Brasile a caccia di soldi. Rientrato in Italia e fermato tre giorni fa, secondo gli investigatori, chiedeva denaro in cambio del silenzio sulla vicenda dell’immobile alle porte di Milano. Era “sempre più pressante” con Michele Scillieri, commercialista nel cui studio nei 2017è stato domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”. Scillieri è un altro indagato, accusato di peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Per gli stessi reati sono stati iscritti anche Alberto Di RubbaeAndrea Manzoni, ex revisori contabili della Lega il primo al Senato, il secondo alla Camera. I tre, Di Rubba, Scillieri e Manzoni, secondo le accuse sono coloro che concepiscono l’operazione immobiliare della Lombardia Film Commission. L’immobile di Cormano viene venduto per 800 mila euro alla Fondazione dalla Immobiliare Andromeda, società di cui lo stesso Scillieri viene ritenuto amministratore di fatto. Quello stesso immobile però, poco prima, l’Andromeda lo aveva acquistato a metà del prezzo (400 milaeuro) da un’altra società, la Paloschi Srl, di cui era liquidatore Sostegni che era dunque a conoscenza dell’operazione. Adesso Sostegni è indagato per peculato ed estorsione. Per le accuse, ha minacciato di parlarne ai giornalisti.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Cellino Maximilian 
Titolo: Intesa rilancia e spacca il patto Ubi – Ubi, Messina ritocca l’offerta: da Intesa 650 milioni in contanti
Tema: L’Ops Intesa-Ubi

Intesa Sanpaolo rilancia e prova a chiudere la partita su Ubi Banca. A dieci giorni dal termine stabilito per le adesioni all’offerta pubblica di scambio lanciata ormai cinque mesi fa e avviata ufficialmente lo scorso 6 luglio il gruppo di Ca’ de Sass rompe gli indugi e fa un passo in avanti, forse decisivo, verso i soci chiamati alla scelta, destinando loro in caso di adesione anche un corrispettivo in contanti pari a 0,57 euro per azione. Oltre allo scambio già previsto (1,7 azioni Intesa Sanpaolo per ciascuna Ubi) finiscono così sul piatto ulteriori 652 milioni di euro, portando al 447% il premio sulle azioni Ubi quando si considera il prezzo ufficiale del 14 febbraio scorso. Una scelta di tempo non causale, quella di Intesa, che il giorno dopo aver incassato il via libera dall’Antitrust ha immediatamente accelerato per trovare l’accordo con gli azionisti di peso della ex-popolare lombarda piemontese, finora disposti in ordine sparso di fronte alle condizioni poste per l’operazione. La decisione è stata infatti assunta «anche nell’ottica di evitare effetti divisivi, seppure non intenzionali, venutisi a creare tra stakeholder che si sono dichiarati, anche in fasi più recenti, favorevoli all’offerta rispetto a chi si è espresso in maniera contraria», ha ricordato Carlo Messina, che d’altra parte ha tenuto a sottolineare soprattutto le ricadute positive sulle famiglie e su un territorio di riferimento – quello delle provincie di Bergamo e Brescia – duramente colpito dall’emergenza Covid-19. L’operazione, ha osservato l’ad di Intesa Sanpaolo, «renderà possibile destinare liquidità a famiglie, imprese, enti e Fondazioni azionisti di Ubi» e mette «in campo un sostegno significativo per le comunità che intendiamo includere nella nuova realtà bancaria».  All’Ops hanno già aderito le fondazioni di Cuneo e Pavia, i bresciani e Cattolica.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tucci Claudio 
Titolo: Sconti sui contributi per le imprese che rinunciano alla Cig – Bonus contributivo fino a tre mesi alle imprese che rinunciano alla Cig
Tema: Decreto lavoro

Nove settimane di cassa integrazione d’emergenza per tutti, come è accaduto finora (con le prime 18 settimane previste dai decreti Marzo e Rilancio); e poi, eventualmente, altre nove settimane di ammortizzatore ma solamente per quelle imprese/settori che ne hanno effettivamente bisogno per arrivare così a fine anno. Oppure altre 18 settimane tutte in fila, ma subito selettive, da accordare, cioè, a quelle imprese/settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria. Spunta anche una nuova opzione: a quelle imprese che rinunciano alla Cig e fanno riprendere l’attività ai lavoratori (in tutto o in parte) arriverebbe un incentivo ad hoc da parte dello Stato sotto forma di una decontribuzione fino a due-tre mensilità per accompagnarle nella fase di ripresa. Sono queste le ipotesi più accreditate allo studio dei ministeri del Lavoro e dell’Economia. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, sta lavorando con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al decreto Lavoro atteso in Consiglio dei ministri per fine mese, primi di agosto. Mabla partita dei costi sta diventando sempre più decisiva per indirizzare le scelte del governo 6/7 miliardi
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: A maggio balzo di fatturato e ordinativi – Industria in recupero, balzo degli ordini: +42%
Tema: Ripresa della produzione industriale

Il rimbalzo dell’economia nazionale è arrivato forte e chiaro nel mese di maggio. Con la graduale uscita dalle quarantene antivirus, il fatturato e gli ordinativi dell’industria hanno segnato aumenti congiunturali del 41,9 e del 42%. E a fare da traino è stato soprattutto il mercato interno (+45,7% per il fatturato e +55,9% le commesse) che ha reagito prima e meglio di quello estero (rispettivamente +35,2% e +26,2%). Certo le perdite da recuperare restano notevoli, visto che in termini tendenziali la flessione resta del 25,9% per il fatturato e del 34,7% per i nuovi ordinativi. Ma il segnale è significativo, poiché gli indici complessivi, sempre al netto di stagionalità e calendario, hanno recuperato quasi per intero la forte flessione di aprile. Dopo lo stop delle attività gli aumenti congiunturali – nei dati Istat pubblicati ieri – si sono mostrati diffusi in tutti i raggruppamenti principali di industrie: i beni strumentali hanno segnato un incremento del 61,1%, i beni intermedi del 42,1%, l’energia del 34,1% e, infine, i beni di consumo del 30,0%. Un altro segnale di resilienza, secondo Roberto Monducci, capo della produzione statistica di Istat: «I più recenti dati diffusi dall’Istat sull’andamento della congiuntura – spiega – segnalano un rimbalzo dei livelli di attività industriale a maggio ampio e diffuso alla gran parte dei settori. La forte ripresa della produzione industriale ha consentito al nostro paese di posizionarsi, rispetto a maggio 2019, in una condizione meno negativa rispetto a molti grandi paesi europei che avevano subito nel bimestre marzo-aprile condizioni di lockdown meno severe rispetto all’Italia».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Monticelli Luca 
Titolo: Industria, i fatturati ripartono Ma i consumi restano in rosso
Tema: Ripresa della produzione industriale

L’industria riparte, i consumi ancora no. A maggio, il mese che segna l’uscita dal lockdown, l’Istat stima un balzo per il fatturato e gli ordini. I ricavi sono in crescita del 41,9%e le commesse del 42,2, ma l’impennata non basta per sanare le ferite della recessione. Il fatturato rispetto allo scorso anno si è contratto di oltre un quarto (-25,9%), gli ordinativi di oltre un terzo (-34,7%). L’Istituto di statistica vede il bicchiere mezzo pieno e sottolinea il «significativo incremento congiunturale» che permette di recuperare «quasi interamente la forte flessione di aprile», ma nel commento ai dati diffusi ieri non può non notare come resti «molto ampia la perdita rispetto al 2019». Nonostante il progressivo attenuarsi delle misure legate all’emergenza Covid, con le attività che sono tornate operative e i vincoli alla mobilità decaduti, i comportamenti delle famiglie restano prudenti. Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio il recupero dei consumi continua a rivelarsi difficile e a giugno il calo è stato del 15,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’Istat, peraltro, avverte che a maggio il fatturato dell’industria degli autoveicoli è sceso del 55,8% e le commesse del 49,7% su base annua. Confcommercio vede prospettive a breve piene di incognite e Carlo Sangalli, nei giorni scorsi confermato presidente per il quarto mandato consecutivo, auspica «una politica fiscale più coraggiosa, strada obbligata per ridare ossigeno alle imprese e salvare l’occupazione».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Netti Enrico 
Titolo: Consumi in calo a giugno del 15%
Tema: Consumi

A giugno non c’è stato l’auspicato recupero dei consumi delle famiglie che nel confronto annuo segna un pesante -15,2%. Comunque secondo l’analisi congiunturale realizzata da Confcommercio il calo è meno negativo rispetto il trimestre precedente. Si ferma il recupero della spesa alimentare mentre si accentua la frenata di turismo, abbigliamento e automotive, i pilastri del Paese. Questo nonostante la quasi totale riapertura di tutte le attività. Un quadro da cui si intravvedono troppe incognite e un clima di profonda difficoltà delle famiglie: a maggio il Misery index di Confcommercio resta ancora su livelli record. Nonostante la volontà delle aziende di ripartire il motore della ripresa non riesce a ingranare e a fine anno si potrebbe arrivare a un crollo del Pil 2020 compreso tra la forchetta del -9 e del -10%. Per luglio, sempre secondo Confcommercio, si valuta una crescita congiunturale del Pil, al netto dei fattori stagionali, del 4,3%, livello comunque inferiore del 12,5% rispetto al luglio del 2019. I possibili contraccolpi sul mercato del lavoro si preannunciano pesanti con quello che si preannuncia un nuovo scenario di sotto occupazione, segnato dall’espulsione permanente di occupati, un aumento della spesa per l’assistenza di queste persone e un equilibrio macroeconomico compromesso.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Fontanarosa Aldo 
Titolo: Meno consumi anche dopo il lockdown
Tema: Consumi

L’industria italiana prova a rimettersi in moto, ma è ancora impacciata, zavorrata. E gli italiani – che spendono con regolarità per bere e mangiare – restano prudenti per tutte le altre uscite. In due diverse indagini, l’Istat e la Confcommercio descrivono un Paese che non riesce a lasciarsi alle spalle l’incubo coronavirus. Giugno 2020. Quasi tutte le attività del Paese hanno riaperto i battenti e le persone popolano le strade, guardano le vetrine, sono percorse da desideri e tentazioni. Ma comprare è un gesto controllato, spesso rinviato. Alla fine Confcommercio gioca un numero secco sulla ruota della prudenza nei consumi: meno 15,2%. In questo giugno senza precedenti, le spese generali si sono contratte di quasi il 16% rispetto al giugno del 2019, quando la pandemia la guardavamo solo nei film dell’orrore. Scrive Confcommercio: «Per la filiera turistica, che nei mesi estivi concentra gran parte del fatturato annuo, la distanza tra una situazione normale e quella attuale è abissale, così come per l’abbigliamento e per le automobili, settori vitali per la ripresa deI nostro Paese». E poi c’è l’indicatore della miseria nazionale, il Misery Index, che arretra lievemente a maggio 2020; eppure resta a livelli record. Testimonia «una situazione critica del mercato del lavoro, nella sostanza prima che nelle statistiche». Carlo Sangalli colloca i nuovi poveri in due altri settori, oltre al turismo e all’abbigliamento. Cita i trasporti e l’industria dello spettacolo. Quindi chiede al governo Conte e all’Europa dei negoziati infiniti una politica di aiuti più coraggiosa, commisurata alle difficoltà del momento. In Italia servono sostegni soprattutto «di tipo fiscale».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Il vertice Ue parte tra i no – Bruxelles, va in scena il gioco dei «no» Rutte contro tutti non cede sui controlli
Tema: Ue, la trattativa sugli aiuti

Si ricomincia oggi alle 11 a negoziare dai punti presentati in serata dal presidente Charles Michel ai 27 leader Ue riuniti dal mattino a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario per decidere sul pacchetto che deve aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi economica scatenata dal Covid e sul prossimo bilancio Ue 2021-2027. Alle 20 il premier ceco Andrej Babis spiegava che non c’era intesa su niente, né sul volume complessivo di Next Generation Eu (il Recovery Fund come ribattezzato dalla Commissione Ue), né sulle regole di accesso ai fondi né sui criteri di distribuzione. Alle 23.30 la riunione è stata aggiornata a oggi. Nel dibattito in plenaria tutti hanno ribadito le rispettive posizioni. La cancelliera Merkel, alla guida della presidenza di turno dell’Ue, e il presidente francese Macron hanno affiancato Michel nel tentativo di costruire un dibattito strutturato, che è stato sospeso alle 18 per consentire gli incontri bilaterali che sono durati tre ore. E che hanno permesso a Michel di costruire una nuova proposta negoziale nel tentativo di far procedere la trattativa sui criteri di allocazione e sulla governance del Recovery Fund. Sulle regole per l’accesso ai fondi c’è stato uno scontro totale con l’Olanda che ha continuato a insistere sul diritto di veto nei confronti dei piani nazionali di ripresa che devono presentare gli Stati membri per ottenere gli aiuti. Per sbloccare la situazione Michel ha proposto l’ipotesi di ricorrere a un «freno di emergenza» che consentirebbe a un governo di bloccare i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse «consenso» tra i governi. II meccanismo interverrebbe sull’attuazione dei piani e non sul loro via libera. Ma l’Olanda non ci sta.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Il retroscena – E Conte disegna la linea rossa «Niente trucchi sull’uso dei soldi»
Tema: Ue, la trattativa sugli aiuti

II cielo sopra il negoziato è grigio scuro, proprio come quello di Bruxelles. «Abbiamo ancora da lavorare, ci sono divergenze che non abbiamo risolto» dice il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Ammette che per il momento siamo alla «fumata nera», che nemmeno l’ultima mediazione sul tavolo del Consiglio europeo è riuscita a sbloccare la situazione. Definisce «coraggiosa» la proposta del presidente del Consiglio Ue Charles Michel ma aggiunge anche che «non è spendibile» e che l’Italia ne ha presentata una alternativa. Tutto fermo, insomma, ognuno nella sua trincea. Del resto questa giornata infinita non era cominciata per niente bene. «La proposta di Mark Rutte è incompatibile con i trattati e impraticabile sul piano politico» dice il premier chiedendo di isolare la posizione olandese sul diritto di veto per i singoli Stati membri che potrebbe bloccare il meccanismo europeo di aiuti. In appoggio all’Italia interviene il premier spagnolo Pedro Sánchez, qualche poltrona più in là annuisce il presidente francese Emmanuel Macron. La cancelliera tedesca Angela Merkel, invece, aspetta come da copione. E questo all’inizio parte del Recovery, il fondo per la ripresa, pari a un terzo del totale provoca una certa delusione nella delegazione italiana. Almeno fino alla cena quando è proprio la cancelliera tedesca a innescare la nuova mediazione del presidente Michel. La sua proposta, che magari oggi potrebbe essere rivista, dovrebbe mantenere la cifra iniziale dei 750 miliardi totali, 500 in sovvenzioni, 250 in prestiti. Ma il meccanismo lascia dubbioso il premier. «Se questi soldi devono servire agli investimenti che senso avrebbe darne all’inizio sono una parte? Rischieremmo di punire proprio chi usa quei soldi nel modo più efficace. Non ci devono essere trucchi che finirebbero per rendere più complicato l’uso di quei soldi. Noi non cediamo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Ue, l’Italia all’angolo – Aiuti Ue, si tratta al ribasso Conte deluso: così si smonta tutto
Tema: Ue, la trattativa sugli aiuti

Seduta fiume del Consiglio Ue: il premier Conte scontento per le mosse della cancelliera tedesca che aggiusta il piano Recovery fund. E dopo il muro delle nazioni ostili all’Italia si riduce la dotazione di miliardi e il 30% sarà legato all’andamento del Pil. Con l’Olanda che guida le accuse all’Italia. A ora di cena, Angela Merkel fa presentare a Charles Michel alcune «idee» per impostare un nuovo accordo sul Recovery fund. La novità più rilevante è l’introduzione del principio di affidare ai governi la possibilità di attivare l'”emergency brake” (“freno d’emergenza”), che consente di trasferire dall’Ecofin ai leader la discussione dei piani di rilancio nazionali, sia nella fase di approvazione che in quella successiva di erogazione delle tranche. Non è tecnicamente un potere di veto, ma un mezzo di pressione politica fortissimo in mano ai nordici. Tra le altre condizioni che non entusiasmano Roma, il meccanismo che lega l’ultimo 30% delle risorse per i progetti alla verifica di una crescita del Pil ridotta. In caso contrario, per paradosso, il denaro resta a Bruxelles. È un nuovo inizio, dopo lunghe ore di un negoziato drammatico in cui Conte si ritrova a tratti in forte difficoltà. «Io lotto», promette. Punta tutto sulla difesa dei 750 miliardi, «è un problema simbolico, un segnale che non possiamo non dare, su questo non voglio cedere». Lascia Intendere, in caso contrario, di essere pronto a mettere il veto sui rebates. Certo, passa il principio degli eurobond, fino al Covid inimmaginabili. Ma non cambia lo stato d’animo del premier, non certo entusiasta per la gestione del negoziato da parte di Merkel. II bersaglio ufficiale dei Paesi del Sud resta ovviamente l’olandese Rutte. Lo scontro è prima con lo spagnolo Sanchez, poi con Conte. L’italiano giudica la richiesta di mantenere il potere di veto dei singoli Paesi «incompatibile con i trattati e impraticabile sul piano politico».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Il retroscena – Autostrade, priorità a soci stabili italiani In pole F2i e Poste Vita, Generali si sfila
Tema: Dossier Autostrade

Prima gli italiani. Nessuna pregiudiziale rispetto ai possibili investitori stranieri, dopo le avances di Blackstone e Macquarie, ma Cdp nel formare la cordata che rileverà Autostrade per l’Italia avrà un occhio particolare per gli investitori istituzionali italiani. Il colosso guidato da Fabrizio Palermo, che dopo un primo aumento di capitale avrà il 33% della nuova società, punta infatti innanzitutto ad avere al suo fianco investitori che si muovono in un’ottica di lungo periodo e in grado di garantire stabilità all’azionariato. A loro, come è noto, andrà una quota del 22% di Aspi, rilevata direttamente da Atlantia; un pacchetto che, assieme alle azioni detenute da Cdp, finirà poi in una società veicolo che avrà in tutto il 55% di Aspi. Il valore della società non è stato ancora fissato, perché per farlo occorre attendere la definizione del nuovo quadro regolatorio e delle nuove tariffe, ma si parla di un investimento nell’ordine di 2 miliardi di euro. Per questa ragione il numero dei soggetti che verrà scelto da Cdp, che a sua volta potrebbe impegnare all’incirca 3 miliardi, non potrà essere ridotto a qualche unità. Nella partita dovrebbero entrare sia il fondo F2i, che però in prima battuta sperava di poter partecipare in una operazione alla pari con Cdp ed ora è in posizione di attesa, sia Poste Vita. Di certo non ci saranno le Generali, nemmeno Unipol è interessata. Restano le grandi casse previdenziali e le fondazioni, soggetti che tra l’altro sono già presenti nel capitale di F2i assieme alla stessa Cdp.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Patucchi Marco 
Titolo: Intervista ad Annamaria Furlan – Furlan “I lavoratori entrino nella governance di Autostrade”
Tema: Dossier Autostrade

«E una grande occasione per smetterla di considerare i lavoratori solo come una risorsa al servizio di ciò che decidono altri. Se lo Stato entra in Autostrade, chiediamo di coinvolgerli nell’azionariato e nella governane». Annamaria Furlan, leader della Cisl, gioca all’attacco nella partita Aspi e lo fa sparigliando il campo con uno schema che parte dalle migliaia di dipendenti della società fino ad oggi pretesto (spesso interessato) dello scontro tra politica e impresa. «E vale lo stesso per Ilva, Alitalia e per tutte le altre aziende dove lo Stato metterà o rimetterà piede». Sta chiedendo l’introduzione In Italia del modello tedesco della compartecipazione? «Guardi, a me basterebbe dare consistenza ai comitati di controllo e vigilanza. Se poi vogliamo adottare altre formule non c’è problema. Per il coinvolgimento nell’azionariato, ad esempio, un ruolo importante lo potrebbero svolgere i fondi pensione delle categorie. Insomma, possiamo anche imparare dagli altri Paesi». Lei parla delle aziende partecipate dallo Stato. Ma come la mettiamo con i privati? La nuova Confindustria di Bonomi non sembra così disposta alla condivisione e al dialogo… «Agli imprenditori dico solo che dobbiamo ricominciare da dove ci eravamo lasciati, cioè dal Patto della fabbrica. Era stato un momento di condivisione importante per tutto il Paese, perché mettevamo mano a temi fondamentali come la contrattazione, la produttività, lo sviluppo industriale. Dunque, ripartiamo dalie scriviamo insieme a Confindustria una proposta da portare sul tavolo del governo. Sia chiaro, però, che intanto vanno rinnovati i contratti».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Barlaam Riccardo 
Titolo: Trump, contrattacco alla Cina TikTok verso la lista nera – TikTok verso la lista nera Usa Così Trump incalza la Cina
Tema: Usa – Cina: censura sui social

La decisione della Casa Bianca arriverà entro fine mese: vietare TikTok negli Stati Uniti.  La censura americana alla piattaforma dei video brevi, esplosa in popolarità tra i teenager americani durante la pandemia, è legata a ragioni di sicurezza nazionale. Lo ha spiegato il segretario alla Giustizia William Barr in un lungo e argomentato discorso al Gerald Ford Museum di Grand Rapids, in Michigan, nel quale ha stigmatizzato l’atteggiamento dell’industria dell’entertainment e dell’hi-tech Usa, troppo aperto verso la Cina «Il Partito comunista cinese ha lanciato una campagna orchestrata attraverso i suoi tanti tentacoli nel governo e nella società cinese per sfruttare l’apertura delle nostre istituzioni in modo da distruggerle». È il terzo discorso tuonante in pochi giorni di un alto esponente dell’Amministrazione contro la Cina. Il 24 giugno il responsabile della sicurezza nazionale Robert O’Brien ha paragonato íl presidente Xi Jinping al dittatore sovietico Josif Stalin. La scorsa settimana il direttore del Fbi Christopher A. Wray ha definito Pechino «la più grande minaccia a lungo termine» per economia e sicurezza nazionale. La prossima settimana interverrà sul tema il capo degli Esteri Mike Pompeo. Washington non vuole che i dati personali degli utenti di TikTok possano finire nelle mani del governo cinese. Donald Trump ha confermato che si sta «studiando un divieto» come ritorsione per la censura cinese sul coronavirus. La Casa Bianca potrebbe decidere anche un divieto all’ingresso per tutti gli iscritti al Partito comunista cinese, e ai loro familiari
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: L’idea di Trump: «Basta TikTok» – L’idea di Trump, vietare TikTok «Pechino usa il social per spiarci»
Tema: Usa – Cina: censura sui social

TikTok come Huawei? A un anno dalla decisione degli Stati Uniti di mettere al bando il gigante cinese delle telecomunicazioni considerato un pericolo per la sicurezza nazionale, Washington vuole mettere nella «lista nera» anche TikTok, l’applicazione cinese che consente di condividere video di 15-60 secondi diventata popolarissima in tutto il mondo e soprattutto in America: nei mesi del Covid19 e stata la più scaricata al mondo, raggiungendo da gennaio a marzo i due miliardi di download. Una settimana fa il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha avvertito che gli Stati Uniti stavano valutando se e come bloccare una piattaforma considerata molto pericolosa perché raccoglie un’enorme quantità di dati su tutti i suoi utenti – molti più di quelli acquisiti da Facebook o Google – che potrebbero essere utilizzati dal governo di Pechino. A quanto pare i rischi sono reali: TikTok afferma che i dati degli utenti americani non vengono trasferiti a Byte Dance, la capogruppo cinese, e sono archiviati in server situati negli Usa e a Singapore. Ma le sue regole di privacy prevedono la possibilità della condivisione di dati con la caposettore e, secondo un’indagine della società di cybersecurity Penetrum, la maggior parte dei dati raccolti da TikTok sono archiviati in server cinesi di Alibaba. Tutto chiaro, insomma. Almeno fino a quando è sceso in campo Trump che ha smentito tutti e minato la credibilità delle scelte politiche Usa: il presidente ha detto che TikTok verrà messa al bando come rappresaglia nei confronti della Cina che ha a lungo nascosto l’esplosione dell’epidemia da coronavirus. Rappresaglie che potrebbero estendersi ai voli: gli Usa pensano di vietare i viaggi verso l’America agli iscritti al partito comunista cinese, che sono ben 92 milioni
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pompetti Flavio 
Titolo: Usa-Cina, guerra fredda anche su TikTok «Va chiuso: spie comuniste di Pechino» – Usa, TikTok verso il bando: «Spie comuniste di Pechino»
Tema: Usa – Cina: censura sui social

La popolare piattaforma di video sharing TikTok potrebbe essere la prossima vittima della guerra commerciale tra gli Usa e la Cina. Negli ultimi giorni il presidente Donald Trump e il suo ministro della Giustizia William Barr hanno attaccato più volte la app e l’azienda cinese che ha alle spalle: la ByteDance, con l’accusa di usare TikTok come un’ esca per raccogliere i dati personali degli utenti, e trasferirli all’intelligence del governo di Pechino. Il presidente Trump ha annunciato che la sua amministrazione sta studiando misure punitive, che potrebbero culminare con il bando dal mercato Usa. Sarebbe sufficiente inserire TikTok o la ByteDance nella lista nera delle aziende che il dipartimento di Stato mette all’indice, e con le quali le società statunitensi non possono fare affari. A quel punto Apple e Google non potrebbero più fornire aggiornamenti di software, e la piattaforma sarebbe tagliata fuori dal mercato, come è già successo alla Huawei. E’ difficile separare la vicenda particolare dalle pressioni che l’amministrazione Trump sta esercitando sull’intero comparto. Barr ha accusato due giorni fa Apple, Yahoo, Google e Microsoft di essere delle «pedine nelle mani dell’influenza cinese», e di aver sacrificato i valori nazionali degli Usa per l’obiettivo del profitto a corto raggio, e ha rinfacciato alla Cisco di «aver collaborato alla costruzione di una Grande muraglia cinese telematica.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Giambertone Francesco 
Titolo: Da Barcellona a Tokyo, le nuove ondate
Tema: Barcellona – Emergenza Covid-19

Tornano a salire i casi di Covid-19 a Barcellona, a Tokyo e in altre grandi città del mondo. La Catalogna ieri ha invitato 4 milioni di persone a «restare a casa e uscire solo se indispensabile: è l’ultima occasione che abbiamo – ha detto una portavoce del governo regionale – per evitare un nuovo lockdown». A neanche un mese dal termine della prima chiusura, finita il 21 giugno, la regione di Barcellona sta vivendo una seconda ondata di contagi: giovedì ha registrato un picco di nuovi casi, il più alto da due mesi a questa parte, con circa 1.300 positivi di cui 884 nella capitale, seguiti ieri da numeri poco inferiori, dopo una settimana in cui erano scoppiati due nuovi preoccupanti focolai a L’Hospitalet de Llobregat, alle porte di Barcellona, e a Lleida, vicino al confine con l’Aragona. Venerdì il Govero ha chiesto di limitare al massimo gli spostamenti e le uscite in 13 comuni dell’area metropolitana di Barcellona «per almeno 15 giorni». Non è un vero lockdown, ma molti in città temono sia un preludio: le limitazioni sono «raccomandazioni», non divieti; e gli agenti potranno fare controlli ma non multe. Ai cittadini è richiesto di non spostarsi verso le seconde case, di non formare assembramenti di più di 10 persone, di ridurre il consumo sul posto nei bar e nei ristoranti. Locali notturni e discoteche rimarranno chiusi, come teatri, cinema e piscine; resistono, per ora, biblioteche e musei.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Brandolini Elena_Marisol 
Titolo: Barcellona deve blindarsi «Restate nelle abitazioni»
Tema: Barcellona – Emergenza Covid-19

Nella mattina di ieri, il governo della Generalitat catalana ha annunciato le nuove misure di restrizione per la città di Barcellona e 13 municipi della sua area metropolitana. «Barcellona non è confinata», sottolineava nel pomeriggio la sindaca Ada Colau, «bisogna distinguere tra raccomandazioni e ordini». Ma certo, quando al mattino il governo raccomandava alla popolazione di auto-confinarsi, limitando le uscite al minimo indispensabile ed evitando di recarsi nelle seconde case di residenza, è sembrato di tornare ad alcuni mesi fa, tanto che i ristoratori si chiedevano perché avessero lasciato la possibilità di accesso ai loro locali al 50% della capienza. Oltre a questa misura relativa a bar e ristoranti, il provvedimento della Generalitat prevede il divieto di riunirsi in più di 10 persone, l’accesso ai negozi solo dietro appuntamento, la chiusura di discoteche, teatri e cinema. Il 49% dei focolai sono di tipo familiare e i più rischiosi sono i focolai che possono ricondursi ad attività ludiche notturne. Come sarebbe ad esempio successo in una festa di compleanno con 80 invitati, celebrata in Catalogna nei giorni scorsi. A Barcellona la scorsa settimana i nuovi casi erano 497, nei primi giorni di questa settimana se ne contavano già 414. Una crescita al momento inarrestabile che si teme possa sfuggire di controllo.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Dusi Elena 
Titolo: Allarme contagi Superata la soglia in sei regioni – Rt sopra 1, sei regioni oltre la soglia Test sierologici a chi viene dall’estero
Tema: Emergenza Covid-19

L’epidemia sposta in avanti la sua bandierina, anche se di pochissimo. L’indice di contagio Rt è salito a 1,01. Vuol dire che ogni persona con il coronavirus ne infetta poco più di un’altra. Sei regioni in totale superano la soglia di guardia di Rt uguale a 1. Sono Veneto (1,61), Toscana (1,24), Lazio (1,23), Lombardia (1,14), Emilia Romagna e Piemonte (1,06). Accanto a parole rassicuranti (“il quadro resta a bassa criticità”) l’Istituto superiore di sanità e il ministero della Salute nel monitoraggio di ieri, che si riferisce alla settimana tra il 6 e il 12 luglio, inseriscono una nota di allarme: «In alcune regioni continuano a essere segnalati numeri di nuovi casi elevati e la circolazione di Sars-Cov-2 è ancora rilevante». L’attenzione va mantenuta alta: «In ca• so contrario, nelle prossime settimane potremmo assistere a un aumento rilevante dei casi». Molti dei nuovi contagiati continuano ad arrivare dall’estero. L’aeroporto di Fiumicino a Roma già prevede tamponi per chi atterra da alcuni Paesi a rischio. I test sono stati introdotti anche negli scali della Calabria, una regione con indice Rt basso (0,13), ma che teme l’arrivo del virus con i turisti. ii ministero della Salute sta preparando una circolare diretta alla Regioni. Vi si chiede di estendere gli esami a tutti gli aeroporti italiani. Si tratterebbe di test slerologici rapidi almeno per i viaggiatori dai Paesi extra Schengen. «I controlli dei confini, dei porti e degli aeroporti, sono un tema molto importante» ha spiegato il ministro della Salute Roberto Speranza
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Testata:  Stampa 
Autore:  Agliastro Giuseppe 
Titolo: Putin manda i russi a conquistare l’Artico “Un ettaro di terra gratis per chi trasloca”
Tema: Russia

La Russia prepara la corsa all’Artico. Il Cremlino intende concedere gratuitamente un ettaro di terra nell’estremo Nord a tutti i cittadini russi che ne faranno richiesta. Mosca punta cosa a ripopolare le sue regioni più settentrionali, scarsamente abitate ma ricche di risorse minerarie e strategicamente cruciali sia in termini economici che militari. I problemi però non mancano e l’assenza di infrastrutture rischia di frenare i piani di Putin per aumentare la popolazione dell’Artico. La proposta di legge promossa dal vice premier Yuri Trutnev deve ancora essere approvata dal Parlamento e firmata da Putin, ma sembra ben indirizzata. Il progetto prevede che l’ettaro nell’Artico sia concesso gratuitamente per cinque anni, poi i beneficiari decideranno se diventarne proprietari o optare per un affitto di lungo termine. Il terreno però bisogna farlo fruttare. Le possibilità sono due: costruirvi una casa o svolgervi un’attività economica di qualunque tipo. Chi vorrà, potrà mettere in piedi un piccolo allevamento oppure dedicarsi al turismo con una struttura ricettiva, realizzare una stazione di servizio o un impianto per la lavorazione del pesce. Non ci solo limiti. Gli abitanti delle sempre meno fredde regioni dell’Artico avranno però un piccolo vantaggio: per i primi sei mesi del programma solo loro potranno infatti ottenere un ettaro nella regione in cui vivono. Una sorta di diritto di prelazione prima che la possibilità di ottenere la terra gratis sia estesa a tutti i russi.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Marconi Cristina 
Titolo: Virus e caso Epstein matrimonio reale piccolo piccolo per Beatrice ed Edo – Le nozze di Beatrice tra paura del Covid e scandalo Epstein
Tema: Royal Wedding – Virus e caso Epstein

E’ stato un Royal Wedding piccolo piccolo, quello della principessa Beatrice e dell’italiano Edoardo Mozzi Mapelli, annunciato a sorpresa e celebrato in forma strettamente privata al Castello di Windsor davanti a un gruppo di invitati minimo – una ventina in tutto – tra cui spiccavano i volti radiosi e soddisfatti dei nonni, la regina Elisabetta e del principe Filippo. La scelta della massima discrezione era di rigore, e non solo per la crisi del Covid che impone a tutti cerimonie ristrette, con trenta invitati al massimo, ma anche perché il padre della sposa, Andrea, è talmente coinvolto nella vicenda di Jeffrey Epstein e talmente in bilico dopo l’arresto della sua cara amica Ghislaine Maxwell, che un’uscita pubblica accanto alla madre sovrana novantaquattrenne non sarebbe stata pensabile. Tanto più dopo che anche il suo sito internet legato alla casa reale è stato fatto discretamente sparire.
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