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SINTESI IN PRIMO PIANO – 18 febbraio 2021

In evidenza sui principali quotidiani :

– Draghi conquista la politica: «L’unità è un dovere, ricostruire per i nostri nipoti»;
– Sottosegretari, Zingaretti assicura: proporremo solo donne;
– Mossa Raggi contro la fronda M5S: «Io candidata, si voti su Rousseau»;
– Risolta la regia del Recovery plan italiano: sarà il ministro dell’Economia a gestirlo;
– Irpef, semplificazioni e lotta all’evasione: riforma a tutto campo;
– Cina batte Usa. E’ il primo partner dell’Europa.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cazzullo Aldo 
Titolo: Draghi: uniti per la ricostruzione – «Insieme per l’amore dell’Italia» Draghi tra applausi ed emozione
Tema: Il discorso di Draghi in Senato

Mario Draghi e i senatori si sono fronteggiati con circospezione. E’ stato l’incrocio tra un presidente del Consiglio che parlava per la prima volta in vita sua all’Aula, e parlamentari incerti se applaudirlo, a rischio di interromperlo, o restare a braccia conserte, a rischio di offenderlo. II risultato sono stati tanti applausetti, in particolare quando i vari partiti riconoscevano le proprie parole-chiave: così il Pd ha approvato il passaggio sull’europeismo, la Lega quello su rimpatri dei clandestini; quasi impietriti i 5 Stelle («non ha mai citato il reddito di cittadinanza»), mentre qualche senatore per non sbagliare ha applaudito tutto, anche quando Draghi stigmatizza la desertificazione del pianeta che agevola il passaggio dei virus dall’animale all’uomo. Il discorso di Draghi è più lungo del previsto, letto da fogli pieni di caratteri fitti. I due titoli di giornata vengono fuori subito: Ricostruzione, come nel dopoguerra, con i governi di unità nazionale; «euro irreversibile», come a dire che Salvini se vuole far parte della maggioranza deve accettare questa premessa. Timidi applausi dei senatori tipo studenti spaventati ai passaggi più accademici, come quello sul coefficiente Gini, l’indice di Disuguaglianza della Distribuzione del Reddito, purtroppo in aumento per la costernazione dei presenti. Ma si vede che il professore è preoccupato di non maltrattare gli allievi. I toni sono molto diversi dai rimproveri di Napolitano ai parlamentari che lo rieleggevano, o da Renzi che con la mano in tasca esordiva a braccio: «Auspico che sia l’ultima volta che voi senatori votate la fiducia a un governo». Draghi precisa che questa non è la sconfitta della politica, nessuno deve fare un passo indietro, semmai un passo avanti. E vuole mostrarsi premier a tutto tondo, non solo uomo di finanza: «Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Maggioranza ampia a Palazzo Madama I favorevoli sono 262 40 i voti contrari
Tema: Il discorso di Draghi in Senato

Il Senato concede la fiducia al presidente del Consiglio Mario Draghi. Con il sostegno di Partito democratico, Forza Italia, Italia viva, Leu, Movimento Cinque Stelle, Lega e gruppi minori, il nuovo esecutivo ottiene il via libera dell’Aula di Palazzo Madama con 262 voti a favore e 40 contrari (17 assenti e 2 astenuti). È il terzo governo più votato, anche se non viene superata la soglia dei 281 senatori, record detenuto dal governo Monti nato nel 2011 (ottenne più voti, 267 sì, anche l’esecutivo guidato da Giulio Andreotti, il suo quarto, nel 1978). Superata ampiamente, dunque, la soglia della maggioranza assoluta di 161, nonostante le defezioni annunciate. L’unico gruppo che era contrario è quello di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia. Ma a mancare sono stati anche alcuni voti di Sinistra italiana, componente di Leu, e soprattutto dei 5 Stelle. Qui la faglia che si è aperta è ampia. Il malcontento resta molto diffuso e alla fine a vot are contro sono stati ben 15 Cinque Stelle: tra loro Barbara Lezzi, Nicola Morra, Fabrizio Ortis e Matteo Mantero. A questi 15 bisogna aggiungere anche 8 assenti. Tutti passibili di espulsione. Diventa possibile, a questo punto, un gruppo di ex M5S. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha apprezzato: «Il presidente Draghi ha pronunciato un discorso di alto profilo, che guarda al futuro. Mi sono riconosciuto nel suo discorso». Appoggio completo dal Pd di Nicola Zingaretti, che twitta: «Bene il presidente Draghi. Dalle sue parole una conferma: l’Italia è in buone mani». Quanto all’incontro con il leader della Lega, chiarisce: «Ho incontrato Salvini, collaborare non significa annullare l’identità».
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Testata:  Repubblica 
Titolo: Un’Italia per i nostri figli – “Unità e Ricostruzione” Draghi il marziano conquista la politica
Tema: Salvini-Draghi

Le parole chiave del discorso di Draghi, più lungo (52 minuti) di quanto gli osservatori avevano pronosticato, sono alte e dense e ci vuole poco a fare la figura dei fessi di fronte a un uomo che si presenta invocando una «Nuova Ricostruzione» – in maiuscolo nel discorso scritto – come quella dopo la seconda guerra mondiale, che si richiama al «dovere dell’unità» delle forze politiche e allo «spirito repubblicano» che sarà l’anima del suo governo. La Lega lo applaude quando chiede venia per aver chiuso gli impianti di sci senza preavviso: «Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo di ogni cambiamento delle regole». Applaude anche il passaggio sulla «costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale». Ma per il resto, nessuno sconto per Salvini e i suoi. Proprio al leader leghista, pur senza nominarlo, Draghi riserva le u niche polemiche di tutto l’intervento: «Sostenere questo governo significa condividere l`irreversibilità della scelta dell’euro». E uno. «Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa». E due. «Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine». Salvini abbassa lo sguardo e traffica con il cellulare. Alle dieci di sera risponderà in aula ma senza esagerare: «L’Europa è casa nostra. Però non l’Europa dell’austerità, dei vincoli di bilancio». E se Draghi aveva parlato mezz’ora di ambiente, il capo del Carroccio fa il guastafeste con uno slogan da comiziaccio: «Non ci accomodiamo nell’ambientalismo da salotto». Sistemati sovranisti e affini, bisogna spiegare per bene cosa farà il governo. «Farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza», senza aspettare. La citazione e del conte di Cavour, Camillo Benso: «Le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità del governo, la rafforzano&raq uo;.
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: Salvini e la tattica del muro di gomma
Tema: Salvini-Draghi

Matteo muro di gomma. Almeno per il momento e fino a un certo punto. Intanto si accomoda in prima classe sul transatlantico Draghi con i vicini di cabina infastiditi della sua presenza a bordo. E infatti ieri al Senato si sono sentite i primi spari sul ponte. Dai banchi della sinistra gli “alleati” lo hanno contestato quando il capo leghista ha detto che non intende accomodarsi nello spazio dell’«ambientalismo da salotto». Lunedì visiterà il cantiere della Tav a Chiomonte: «Ce lo chiede l’Europa. La Tav s’ha da fare fino in fondo». Su immigrazione le parole di Draghi lo hanno riempito di «gioia» perché «ha parlato chiaramente di cambiare la politica europea di rimpatri per i clandestini». Insomma, i mal di pancia già si sentono e l’intervento di Salvini in aula fa capire che questa maggioranza correrà sul filo di una lama. «Pd e 5 Stelle avrebbero voluto una maggioranza Ursula: sarebbero bastati i senatori di Fi per compensare quelli che sono mancati per fare il Conte ter. Ma qui è un’altra storia e la sinistra se ne faccia una ragione», dice il capo leghista ai suoi. Non dà una sponda alla Meloni, che propone un intergruppo di centrodestra, per non disturbare il timoniere. Cerca di sorvolare sulla pericolosa scivolata sull’euro che potrebbe essere reversibile, perché «di irreversibile c’è solo la morte». Lo aveva detto due giorni fa e al premier non è affatto piaciuto. Infatti il premier ha voluto ricordare ai leghisti che la moneta unica è una «scelta irreversibile». Draghi lo bacchetta e Salvini fa finta di nulla, anzi applaude. «Draghi ha sempre ragione. Vi voglio bene», dice sarcastico ai giornalisti che cercano una sua reazione sopra le righe. Salvini fa appunto il muro di gomma. Lascia la questione sul futuro dell’euro agli studiosi. «Non è tema di attualità». Per il leghista gli italiani non si chiedono «se l’euro ci sarà per la storia dell’uomo: pensano alla salute, lascio agli accademici le dissertazioni sull’euro».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Falci Giuseppe_Alberto 
Titolo: Sottosegretari, Zingaretti assicura: proporremo solo donne
Tema: Sottosegretari

Non è ancora chiaro quando Mario Draghi scioglierà la riserva sulla squadra dei sottosegretari. C’è chi sostiene nel fine settimana. E chi invece dubita: «Probabile che slitti di qualche giorno» ammettono al Senato. Il dossier è sul tavolo del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. Lo schema di massima ipotizza una divisione cencelliana dei 40 posti da sottosegretario: 43 al M5S, 7 ciascuno a Pd, Lega e Forza Italia, un paio a Italia viva, i a Leu. Cui potrebbe aggiungersi una quota riservata ai piccoli partiti: centristi, Maie, +Europa. Ma nulla è certo. Non è escluso che Draghi possa inserire una serie di tecnici. Il rebus più complicato è sul tavolo di Nicola Zingaretti che dovrà tenere insieme la rivolta delle donne e le rivendicazioni dei parlamentari del Sud. «Proporremo solo sottosegretari donna», assicura il numero uno del Pd. Anche se un senatore avverte: «Su 7 posti, 5 potrebbero essere donne e 2 uomini». Viene poi contestata dentro il suo stesso partito l’ambizione di Vincenzo Spadafora di tornare allo Sport come sottosegretario. La Lega punta a marcare stretto Lamorgese e Speranza e pensa a uno fra Nicola Molteni o Stefano Candiani per l’Interno e a Luca Coletto o Gian Marco Centinaio per la Salute. Lucia Borgonzoni è data verso la Cultura, Massimo Bitonci al Mef. Per Forza Italia Francesco Paolo Sisto alla Giustizia, Valentino Valentini agli Esteri. Gilberto Pichetto Fratin all’Economia. E infine Maria Rizzotto forse alla Salute.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Greco Anna_Maria 
Titolo: «Mi riconosco in Draghi» Berlusconi promette «sostegno e dedizione»
Tema: Centrodestra

Silvio Berlusconi si riconosce in pieno nel discorso «dettagliato e di alto profilo» di Mario Draghi. Perché «guarda al futuro, delinea un’Italia capace di rialzarsi e di ripartire». Il leader di Forza Italia lo dice in una nota, subito dopo l’intervento dell’ex presidente della Bce in Senato, e lo ripete in serata a «Porta a porta», in collegamento da Arcore, nella prima intervista tv dopo un anno. Berlusconi sottolinea che quello delineato dal premier «non è il programma di una maggioranza politica, è un “comune denominatore” nel quale si possono ritrovare forze politiche diverse e alternative fra loro». Nella maggioranza variegata delle larghe intese, che il Cavaliere ricorda di aver chiesto per primo per il bene dell’Italia colpita dal Covid, vuole rivendicare l’identità del suo partito, che è centro del centrodestra, ma anche condividere la necessità di superare nell’emergenza le posiz ioni di parte. Bene, dunque, la formula di governo che riunisce l’Italia «per una grande risposta di fronte all’emergenza», e bene la conferma che Draghi fa della «vocazione Europea e Atlantica come orizzonte del nostro Paese». Musica per le orecchie degli azzurri, che unici nel centrodestra fanno parte della grande famiglia del Ppe. Come sottolinea il vicepresidente e coordinatore di Fi, Antonio Tajani, già al vertice dell’Europarlamento, ricordando il «protagonismo» a Bruxelles del gruppo azzurro e personale dell’ex premier, o bi eurodeputato. Il leader di Fi approva anche, nel merito del programma, «l’impegno ad una riforma del fisco che comprende la riduzione del carico fiscale e ad una riforma burocratica che favorisca l’attività di impresa, gli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  De Cicco Lorenzo 
Titolo: Mossa Raggi contro la fronda M5S «Io candidata, si voti su Rousseau» – La sfida di Raggi alla fronda M5S: voto su Rousseau
Tema: Raggi – mandato bis

Chi era in Campidoglio martedì sera racconta della telefonata di un big M5S a Virginia Raggi. Tono felpato, ma deciso: «Sindaca – il senso della chiacchierata – se c’è in campo un big come Gualtieri, ex ministro di Conte, rinuncia e facciamo l’accordo col Pd». Che la sindaca non fosse d’accordo l’ha capito subito chi era con lei a Palazzo Senatorio, per il tono con cui la telefonata si è chiusa. E ieri mattina l’hanno capito tutti gli altri: Raggi non vuole rinunciare alla corsa per un mandato bis. Correrebbe perfino senza il simbolo M5S. Ma ora, più che la prova di forza, Raggi cerca quella d’astuzia. E così ha calato l’asso per blindarsi: senza informare né Di Maio né Crimi, col sostegno solo di Beppe Grillo e di Casaleggio jr, ha chiesto pubblicamente un voto su Rousseau che la incoroni formalmente come candidata del Movimento. «È il momento che la base M5S si esprima sulla mia candidatura a Roma, basta ambi guità e giochi di palazzo». Anche perché, ha scritto Raggi su Fb, alle elezioni mancano 3 mesi, sempre che non sopraggiunga un rinvio per cause pandemiche. «Lo scorso anno mi sono candidata in piena trasparenza. Vorrei la stessa chiarezza da parte di tutti… Il mio pensiero va anche a Giuseppe Conte che stimo». Proprio Conte l’avrebbe chiamata nei giorni scorsi: l’ex premier sarebbe al lavoro perché parte dei pentastellati appoggi l’eventuale candidatura di Gualtieri. Il quale però, al netto dei retroscena circolati anché nelle ultime ore, non ha sciolto la riserva con Zingaretti. La mossa di Raggi è servita. Oltre ai soliti Lezzi, Dibba e qualche parlamentare minore, è intervenuto Luigi Di Maio per dire che «tutto il M5S la sostiene e deve farlo con forza».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: «Unità per la nuova ricostruzione Noi in trincea, virus nemico di tutti» – Draghi: «L’unità è un dovere, ricostruire per i nostri nipoti»
Tema: L’agenda di Draghi

ll discorso di Mario Draghi si chiude come era cominciato, con un appello che è anche un monito: «L’unità non è un’opzione ma un dovere», dice un attimo prima di ricevere l’applauso finale. Sul fronte interno annuncia la riforma del Fisco, riconosce la necessità di garantire sostegni anche ai lavoratori autonomi così come alle imprese del turismo che rischiano di fallire. Ma soprattutto assicura quel cambio di passo sulla lotta al virus, a partire dalla campagna vaccinale che l’ex opposizione, Lega in primis, chiede da tempo e che avrà come prima conseguenza la decisione di accantonare le Primule del commissario per l’emergenza Domenico Arcuri perché «non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti» ma sfruttare anche tutti gli spazi pubblici e privati disponibili. Individuato l’obiettivo bisogna però scegliere la strategia migliore. Se per la lotta al Coron avirus è velocizzare la campagna vaccinale, per ricostruire l’Italia post pandemia conta «la qualità delle decisioni e il coraggio delle visioni». «Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole». Così Draghi ha fatto autocritica, con evidente riferimento a quanto accaduto nei giorni scorsi rispetto alle norme anticovid, annunciate o cambiate all’ultimo minuto.  E le riforme – da quella fiscale al welfare, dalla pubblica amministrazione alla scuola, alla giustizia civile – sono l’asse portante con cui si declina il programma Next Generation Ue. Draghi ricorda che a disposizione ci sono circa 210 miliardi di qui al 2026 ma queste risorse (la cabina di regia sarà al Mef) vanno usate «puntando a migliorare il potenziale di crescita» e tenendo conto però degli equilibri di finanza pubblica. Proprio per questo «la quota di prestiti aggiuntivi» non è detto che sia utilizzata nella sua totalità.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Il retroscena – Licenziamenti e aiuti alle imprese L’agenda parte con 32 miliardi
Tema: L’agenda di Draghi

C’è un momento in cui Mario Draghi ieri in Senato ha riassunto la sfida di fronte alla quale si trovano gli italiani. «La crescita di un Paese non scaturisce solo da fattori economici – ha osservato il premier -. Dipende dalle istituzioni e dalla fiducia dei cittadini verso di esse». Voleva probabilmente dire la ripresa e le riforme non sono ingranaggi meccanici, che scattano con una legge o una spesa. Dipendono anche dalle condizioni psicologiche. Ognuno farà un passo indietro quando ha fiducia che non pagherà solo lui per tutti. Se questa è la scintilla, Draghi sarà chiamato a innescarla dalla prossima settimana perché ha ereditato una situazione sempre più precaria. L’Italia è il solo Paese europeo che blocca ancora tutti i licenziamenti; è uno dei pochissimi a offrire cassa integrazione per tutti interamente pagata dal debito pubblico, ma pochissimi aiuti perché chi perde un posto possa ritrovarne u n altro; con la Spagna, l’Italia in proporzione è anche il Paese che ha attivato la più vasta massa di sussidi alle imprese fra garanzie bancarie, scadenze fiscali sospese e moratorie sul rimborso dei prestiti (per oltre il 6% del Pil). Intanto i conti liquidi delle imprese sono cresciuti di 96 miliardi di euro – un’esplosione senza precedenti – mentre si sono persi 440 mila posti e si sono accumulati oltre mezzo milione di licenziamenti congelati. Non può continuare così troppo a lungo. E il governo Draghi dalla settimana prossima ha un’occasione, forse irripetibile, di tracciare un lento ritorno alla normalità: deve varare il decreto che genera deficit per altri 32 miliardi in corso d’anno per pagare ristori alle imprese rimaste chiuse nella pandemia e allungare la cassa integrazione da Covid.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Irpef, semplificazioni e lotta all’evasione: riforma a tutto campo
Tema: Riforma fiscale – Draghi e il modello danese

«Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta». Sulla riforma fiscale il presidente del Consiglio indica una strada lunga. Che punta a un intervento a tutto campo per arrivare a una «revisione profonda dell’Irpef», fatta di «razionalizzazioni e semplificazioni del prelievo», in grado di «ridurre gradualmente il carico fiscale» trovando le risorse per farlo in un «rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione». Nel suo intervento al Senato sulla fiducia, il nuovo presidente del Consiglio ha indicato soprattutto un metodo. Ambizioso. Perché nasce dall’esigenza di superare la logica dell’emergenza politica e della ricerca del consenso, che in questi anni ha moltiplicato i ritocchi settoriali, e spesso scoordinati, al nostro sistema fiscale. Con risultati non eclatanti, visto che l’Italia primeggia in Europa in fatto di pressione fiscale sul lavoro. Per riassumere l’idea del metodo c he ha intenzione di imporre alla politica, Draghi indica due modelli: il primo è italiano e risale alla riforma Visentini del 1971 che di fatto regge ancora oggi l’architettura fiscale del Paese. Il secondo invece è danese: a Copenhagen nel 2008 fu nominata una «commissione di esperti» che dopo un confronto con partiti e parti sociali presentò al Parlamento un progetto di riduzione del carico fiscale per due punti di Pil, con un taglio all’ultima aliquota marginale e un aumento della soglia di esenzione. A orientare Draghi verso l’orizzonte danese non sono gli aspetti specifici di quel sistema, che peraltro spinge la Danimarca ai vertici della pressione fiscale complessiva (46% del Pil). Ma è un tema di metodo, basato su un approccio che richiede «tempo e competenza» e punta a un ridisegno organico di tutti gli ingranaggi di un meccanismo complesso come quello tributario.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Marro Enrico 
Titolo: Tasse, una supercommissione sul modello danese per rivedere gli scaglioni lrpef. Un prelievo ridotto conservando la progressività
Tema: Riforma fiscale – Draghi e il modello danese

Tasse più leggere ed eque, con una «profonda» revisione dell’Irpef, che mantenga la progressività del prelievo. Niente flat tax, quindi, come preferirebbe la Lega. E soprattutto basta con le misure spot. «Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Ci vuole un intervento complessivo», dice il nuovo presidente del Consiglio, per il quale la riforma fiscale «è l’architrave della politica di bilancio». In questa prospettiva, aggiunge Mario Draghi, «va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività». Verranno quindi approfondite le ipotesi di intervento sulle aliquote Irpef, in particolare quelle tese ad attenuare lo scalone tra la prima e la seconda, con il prelievo che oggi schizza dal 27 al 38% al superamento dei 28 mila euro di reddito (e fi no a 55 mila, penalizzando il ceto medio). Nel mirino anche la giungla delle tax expenditure: più di 600 tra deduzioni, detrazioni e sgravi, che spesso alterano l’equità della tassazione. Per arrivare a questa riforma, Draghi pensa a una commissione di esperti che proponga, dopo averne discusso anche con i partiti, un progetto, che ovviamente spetterebbe al Parlamento tradurre in legge. Un modello seguito con buoni risultati, per esempio, in Danimarca nel 2008 e in Italia prima dell’ultima grande riforma del 1971, quella che tra l’altro introdusse l’Irpef. Novità preparata da una commissione di tributaristi guidata prima da Cesare Cosciani e poi da Bruno Visentini.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Bonomi: «Apprezziamo visione internazionale e appello all’unità»
Tema: Confindustria

«Grande soddisfazione» per la visione internazionale ed europeista, con «l’irreversibilità dell’euro». L’augurio che i partiti «condividano e sostengano il forte appello all’unità», lanciato dal presidente del Consiglio, un «dovere anteposto alle appartenenze politiche». E poi l’apprezzamento e la condivisione di alcune affermazioni di Draghi sulle questioni economiche: evitare un «nuovo cattivo debito, ulteriore e grave furto alle generazioni future»; la «ferma volontà» di realizzare una riforma organica del fisco, puntare ad una maggiore concorrenza; il coinvolgimento dei privati nel piano vaccinale. A tutte queste considerazioni Carlo Bonomi aggiunge un appello: non protrarre il blocco generale dei licenziamenti. «Sarebbe un invito alle imprese a rinviare ulteriormente riorganizzazioni, investimenti e assunzioni, un segnale decisamente sbagliato», mentre vanno avviate subito le riforme degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive, coinvolgendo i privati. «Ora è il momento di agire, per rendere davvero concreto l’impegno a non lasciare indietro nessuno», sono le ultime parole della lunga dichiarazione con cui il presidente di Confindustria ha commentato il discorso del premier al Senato. Sul Recovery Plan «alla cui presentazione mancano solo 8 settimane» Bonomi ha preso atto che il governo si riserva di rivederlo dopo che il Parlamento si sarà espresso sulla bozza del precedente esecutivo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio – Trovati Gianni 
Titolo: Risolta la regia del Recovery plan italiano: sarà il ministro dell’Economia a gestirlo – Recovery, la regia sarà al Mef Sui prestiti attenzione al deficit
Tema: Recovery Plan

A Mario Draghi sono bastate poche parole per chiudere il dilemma del Recovery Plan che ha mandato a picco dopo settimane di tensioni il governo Conte-2. «La governance del Programma di ripresa e resilienza – ha detto – è incardinata nel ministero dell’Economia con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento – ha aggiunto – verrà costantemente informato sia sull’impianto complessivo, sia sulle politiche di settore». In queste parole prende forma quella “prima linea” tecnica che rappresenterà il cuore del nuovo governo. In un rapporto stretto con il Parlamento, però, snodo su cui Draghi ha chiarito un altro aspetto fondamentale, quello dell’iter che intende seguire: il nuovo piano messo a punto dal suo governo arriverà dopo il parere delle Camere sulla bozza preparata da Conte e Gualtieri, e le osservazioni saranno tenute in considerazione dal governo per stila re la nuova versione.  Contemporaneamente, però, il governo comincia a dire ora – e continuerà nei prossimi giorni – a quali linee si atterrà. Tra queste, può affacciarsi anche un ripensamento sulla scelta di prendere tutta la quota di prestiti. Perché il premier ha confermato che i fondi complessivi in gioco sono vicini ai 210 miliardi, ma ha aggiunto: «La quota di prestiti aggiuntivi che richiederemo tramite la principale componente del programma, lo Strumento per la ripresa e resilienza, dovrà essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Cina batte Usa E’ il primo partner dell’Europa
Tema: Usa-Cina

Biden vorrebbe rilanciare l’alleanza tradizionale con gli Europei, anche con l’obiettivo di presentare un fronte compatto davanti all’aggressività della Cina. Ma un conto è la politica «pura», ispirata da ideali democratici, un altro l’interesse commerciale. E nel 2020 la Cina ha scavalcato gli Stati Uniti come primo partner dell’Unione Europea nel commercio. L’interscambio sino-europeo ha raggiunto i 586 miliardi di euro l’anno scorso, superando di 31 miliardi quello tra Ue e Usa. Secondo i dati di Eurostat, la Cina ha accresciuto il suo export europeo del 5,6% a 383 miliardi di euro (grazie soprattutto alle forniture sanitarie per contrastare l’emergenza coronavirus) e ha anche aumentato l’import del 2,2% a 202 miliardi. Sale il deficit europeo nei confronti di Pechino, mentre resta attivo il saldo con gli Stati Uniti.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: Uniti nella Nato per contrastare Putin Ecco cosa chiederà Biden agli europei
Tema: Usa-Cina

Dopo il giro di telefonate ai leader europei e le prime valutazioni, ora si fa sul serio. Per Biden questa è la “settimana europea”. L’agenda di incontri – virtuali – si è aperta ieri con la riunione della Nato, cui ha partecipato il capo del Pentagono Lloyd J. Austin. Quindi domani entrerà in scena il presidente stesso: dapprima partecipando a un vertice informale dei G7 organizzata dal Regno Unito (Paese che presiede il formato). Poi il presidente affiderà alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco il primo discorso legato alle relazioni transatlantiche. E metterà sul tappeto i dossier caldi: rapporti con la Cina e unità nella sfida alla Russia. Sin dalla cerimonia di inaugurazione del 46° inquilino della Casa Bianca, alla quale era stato invitato per la prima volta nella storia l’ambasciatore di Taiwan, è sembrato chiaro che da parte della nuova amministrazione si desse continuità sul dossier cinese alla linea dura cavalca ta da Donald Trump, seppur con le dovute distinzioni stilistiche. In particolare modo sui diritti umani e non ultime le mire egemoniche di Pechino nella regione. L’attesa sponda sul dossier però ha vacillato: i legami tra Europa e Cina sembrano oggi più forti che mai, almeno sul piano della cooperazione economica. Lo scorso anno il Dragone ha superato gli Usa ed è diventato il primo partner commerciale dell’Unione europea, come indicano idati Euro stat.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stefanini Stefano 
Titolo: L’atlantismo e la sfida a Putin ha toccato ogni caposaldo dei rapporti internazionali
Tema: Nuovo governo – Politca estera

Con poco più di 250 parole il Presidente del Consiglio ha tracciato la politica estera del governo. Una ventata di freschezza nella verbosità di simili circostanze. A Mario Draghi bastarono tre parole per salvare l’euro. Nel linguaggio dell’ex-banchiere centrale ogni parola conta. Draghi ha toccato i capisaldi delle relazioni internazionali dell’Italia: Europa, Atlantico e multilateralismo. Ue, Nato e Onu sono le tre grandi conquiste che permisero a nostro Paese di risollevare la testa nel mondo dopo i traumi del fascismo e della disfatta; la più ardua fu l’ingresso nelle Nazioni Unite, il che da la misura delle difficoltà allora affrontate. Ripeterli oggi non è banale, rivolgendosi a una generazione politica, e a una nazione, che talvolta sembrano aver perso la bussola internazionale. Ricorda qual è la collocazione dell’Italia nel mondo, tanto geografica quanto valoriale. Senza essere scontato Draghi ha poi affrontato gli equilibri interni a ll’Ue, il rapporto con l’amministrazione Biden e la dialettica con la Russia. La Russia guadagna una lancia spezzata per il dialogo ma lo paga, insieme ad altri innominati, con l’esplicita preoccupazione per «i diritti dei cittadini spesso violati».
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Testata:  Domani 
Autore:  Giro Mario 
Titolo: L’Italia sta tornando al suo posto in politica estera
Tema: Nuovo governo – Politca estera

Quello di Draghi in politica estera è stato un discorso robusto, senza fronzoli e saldamente ancorato nella nostra tradizione repubblicana l’Italia si ricordi di essere fondatrice dell’Unione europea e protagonista dell’Alleanza Atlantica. Si rammenti cioè di rimanere «nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori». Ciò significa l’irreversibilità della scelta per l’euro e dell’amicizia con gli Stati uniti: un monito severo ai giochetti superficiali della nostra classe politica Draghi sa per conoscenza diretta che quello che spaventa di più i mercati e i partner è l’imprevedibilità, la volubilità e l’incertezza. La visione europea del premier è pragmatica: Stati nazionali laddove sono efficaci; cessione di sovranità all’Europa laddove sono deboli. E le debolezze – sembra dirci- sono tante, troppe, in aumento. Per questa ragione «fuori dall’Europa c’è meno Italia», non c’è il paradiso ma solo l’oscuro perdersi nei gorghi della globalizzazione. La frase chiave è stata: «Non c’è sovranità nella solitudine». Questo vale nei confronti dell’Europa ma anche nei confronti dell’Alleanza Atlantica. Da soli non si va da nessuna parte exit sovranismo cieco e stolido. Salvini è avvisato. Allargando lo sguardo oltre gli ancoraggi storici (Unione europea, Alleanza Atlantica e Nazioni Unite) scelti nel dopoguerra, Draghi ha ribadito la vocazione italiana al multilateralisma le questioni mondiali si discutono assieme e per consenso. Una sottolineatura alla rinnovata amicizia con gli Stati Uniti, che per Draghi è un punto fermo, e un accenno alle preoccupazioni per la Cina. Resta il fatto che il ruolo italiano nelle Nazioni Unite è essenziale.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stabile Giordano 
Titolo: Yemen la guerra dimenticata
Tema: Yemen

La guerra civile yemenita è in buona parte un conflitto per procura tra l’Arabia Saudita e l’Iran. primi sostengono il governo di Hadi, contro i ribelli Houthi, foraggiati da Teheran. Gli Houthi ora sono vicini alla conquista della città chiave di Marib. Assieme alla Libia e alla Siria, lo Yemen è il Paese che ha pagato il prezzo più caro al fallimento della primavera araba. La sollevazione popolare aveva portato alle dimissioni del raiss Ali Abdullah Saleh, dopo un annodi lotte, il 27 febbraio 2012. Ma era una finta. Saleh continuava a brigare, finché, lui sunnita, si è alleato per tornare al potere con gli ex nemici sciiti, il movimento Ansarullah, fondato da Hussein Badreddin al-Houthi. E di lì la guerra civile, e poi regionale, è entrata in una spirale senza fine. Saleh è stato alla fine ammazzato dagli Houthi, dopo una nuova giravolta, alla fine de12017. Nel frattempo Trump dava carta bianca a Bin Salman, con l’obiet tivo di stroncare le ambizioni imperiali iraniane. Il dramma umanitario, il dilagare del colera, le foto dei bimbi scheletriti, i raid su scuole e scuolabus, su ospedali, compreso quello di Medici senza frontiere, hanno fatto cambiare idea all’America. Ora Joe Biden è intenzionato a mettere fine al carnaio. Non vuole però la caduta di Marib, che darebbe troppo potere a Teheran. Ha rimesso in campo la diplomazia con il suo inviato speciale Timothy Lenderking. E punta a trattare solo con il padre di Mbs, Re Salman, che a suo tempo aveva messo in guardia il figlio sui rischi del “Vietnam yemenita”, che già negli Anni Sessanta aveva logorato l’Egitto di Nasser.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Guelpa Luigi 
Titolo: Nigeria, l’incubo si ripete Assalto armato a scuola: rapiti in 42, c’è un morto
Tema: Nigeria

A Kagara, 18mila abitanti nello stato nigeriano del Niger, la tensione è palpabile. Un commando di terroristi tiene in ostaggio dalla scorsa notte 42 tra studenti e personale di un college. Nonostante le dichiarazioni del governo, che prometteva una rapida soluzione della crisi, la situazione è ancora in fase di stallo. Il commando, in mimetica, è entrato in azione poco prima delle 2 di notte di mercoledì, cogliendo nel sonno le vittime e sequestrando un complesso scolastico che accoglie circa 650 studenti. Le urla, il trambusto e i colpi d’arma da fuoco sparati in aria hanno consentito a buona parte degli ospiti di nascondersi nelle zone dell’edificio risparmiate dai rapitori, o di fuggire nell’area desertica circostante. Gli uomini armati hanno comunque inseguito gli studenti attraverso la scuola, sparando in testa a uno di loro mentre tentava di fuggire, ha raccontato il preside della scuola, Awal Abdulrahman. L’assalto al Government Science College &eg rave; soltanto l’ultimo in ordine di tempo e arriva due mesi dopo che uomini armati rapirono più di 300 studenti da una scuola secondaria a Kankara, nello stato di Katsina. I ragazzi vennero poi rilasciati senza spargimento di sangue. Tre giorni fa un gruppo jihadista ha attaccato un autobus sempre nello stato del Niger, sequestrando 21 passeggeri. Le autorità hanno poi fatto sapere che 10 persone sono state liberate senza il pagamento di alcun riscatto.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  G.Sant. 
Titolo: Ricompare la moglie di Kim nel nascondino nordcoreano
Tema: Nord Corea

Chi ha a cuore le vicende della famiglia Kim (e sono molti nelle agenzie di intelligence mondiali) può tranquillizzarsi: la moglie del dittatore nordcoreano gode di ottima salute. Dopo un anno di inspiegata assenza è tornata in pubblico, ci sono cinque sue foto sull’edizione di ieri del Rodong Sinmun, il quotidiano del regime. Gli esperti di questioni nordcoreane in Occidente sono ossessionati dai «misteri di Pyongyang», ma certo a Kim Jong-un piace alimentare i loro dubbi. Sembra quasi che il Maresciallo-Presidente abbia organizzato un gioco del nascondino familiare: prima è scomparso lui, a più riprese e per molte settimane nel 2020. In assenza di Kim ha brillato di più la stella della sorella Kim Yo-jong e molti hanno elucubrato che la giovane signora stesse preparando la propria successione al vertice. Poi, quando è riapparso lui, si è oscurata lei, salvo tornare in scena nella neve, senza cappotto, in tailleur e con i tacchi, a una certa distanza dalla fila di gerarchi che seguivano il fratello. E tutti ancora a chiedersi perché: punita o messa fuori dai ranghi per fame risaltare il ruolo?
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Testata:  Giornale 
Autore:  Clausi Chiara 
Titolo: Choc per la principessa reclusa L’Onu: «Ora provateci che è viva»
Tema: Dubai, reclusa la figlia del sovrano

Le sorti della principessa prigioniera e triste, Latifa, figlia del sovrano di Dubai, diventano un caso internazionale. La sua vicenda è balzata all’attenzione di tutti media da quando sono stati condivisi da Bbc Panorama i video registrati di nascosto da Latifa nel bagno della villa in cui è segregata. «Sono ostaggio, non sono libera, sono schiava, sono rinchiusa in questa prigione, la mia vita non è nelle mie mani», è l’urlo di disperazione della principessa nella clip. «Non so se sopravviverò alla situazione», ha poi continuato. «La polizia mi ha minacciato che starò in prigione per tutta la vita e non vedrò mai più il sole». Le Nazioni Unite hanno dichiarato che solleveranno il caso alle autorità degli Emirati Arabi Uniti. «Anche altre parti del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite potrebbero essere coinvolte dopo aver analizzato il nuovo materiale», ha detto l’ Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite. Nel frattempo pure il Regno Unito è intervenuto e ha affermato che i video sono «profondamente preoccupanti». Ma alla domanda se si possano imporre sanzioni, Raab ha spiegato: «Non mi è chiaro se ci siano le condizioni a sostegno di questa azione».
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Testata:  Avvenire 
Autore:  Del Re Giovanni Maria 
Titolo: Intervista a Thierry Breton – La Ue: piano sui vaccini «Saremo indipendenti» – «L’Ue sarà indipendente sui vaccini Ora un grande piano per le fabbriche»
Tema: Covid-19: Vaccini

Parla il commissario Breton: “Entro 12-18 mesi puntiamo ad essere autonomi sulle dosi”. Commissario, lei punta ad arrivare alla piena autonomia produttiva dell’Ue in ambito di vaccini. Quanto ci vorrà? “Agiremo molto in fretta. Vogliamo esser pronti anche per le varianti entro l’autunno, per questo abbiamo lanciato oggi (ieri, ndr) l’Hera Incubator. Parlando delle tappe, la prima importante è la stabilizzazione dei processi produttivi. Siamo in piena cooperazione con gli Stati membri e discutiamo con le case farmaceutiche con cui abbiamo già contratti. E molto importante capire che queste società non avevano proprie capacità produttive, il che naturalmente costituisce un collo di bottiglia: è il caso ad esempio di BionTech e di Oxford. Ecco perché hanno dovuto trovarsi partner fuori Ue, rispettivamente Pfizer (con sede negli Usa) o AstraZeneca (con sede in Gran Bretagna). Mi viene da sorridere quando sento dire in alcuni Paesi: avremmo dovuto fare da soli a casa nostra. La verità è che non c’era neanche un solo Paese Ue che avrebbe avuto strutture sufficienti per l’intera produzione, perché nessuno dispone dell’intera catena produttiva. Ecco perché bisogna farlo a livello europeo. Dobbiamo disporre dell’intera catena produttiva, dall’inizio alla fine, e ci riusciremo, come le dicevo, entro 12-18 mesi”.
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