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SINTESI IN PRIMO PIANO – 17 ottobre 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– Le città ai ballottaggi
– Il green pass spinge i vaccini
– Nel 2021 il Pil cresce oltre quota 6%
– In 200mila a Roma alla manifestazione Cgil
– La politica punta a riaprire il caso Regeni

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Logroscino Adriana 
Titolo: Il green pass spinge i vaccini – La crescita di pass scaricati e prime dosi Sono 142 mila i nuovi vaccinati
Tema: green pass

La strategia sta funzionando. L’introduzione green pass obbligatorio per tutti i lavoratori doveva, nelle intenzioni dichiarate del governo, spingere le vaccinazioni. E infatti la somministrazione di prime dosi è aumentata sia subito dopo l’emanazione del decreto legge, cioè dopo il 16 settembre, sia a ridosso dell’entrata in vigore, cioè venerdì 15 ottobre: sono state 73 mila giovedì e 69 mila venerdì, diecimila in più rispetto a sette giorni prima. L’aspettativa del governo è che questo incremento continui in modo inesorabile e costante, via via che anche il ricorso al tampone, alla prova dei fatti, si rivelerà troppo oneroso e scomodo. In questi primissimi giorni in cui è in vigore l’obbligo, certamente l’attività di laboratori e farmacie è raddoppiata. Giovedì 14, vigilia dell’obbligo, sono stati scaricati 860.094 green pass, 632.802 dei quail ottenuti con il tampone. Venerdì i nuovi titolari di certificato verde sono stati 867.039, dei quali 653.827 si sono sottoposti al test: il doppio rispetto al venerdì precedente (351.870). Significa che tra i non vaccinati, una maggioranza per ora sceglie il tampone per poter II confronto entrare in ufficio o in fabbrica. Il sospetto è che un’altra parte potrebbe aver scelto una scorciatoia. Riviene dall’aumento di certificati di malattia inviati venerdì: 23,3% in più rispettyo a sette giorni prima, 94.191 contro 76.851. L’alta percentuale di immunizzati fa dire al commissario per l’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, che «la campagna vaccinale è un esempio di successo, dovuto allo sforzo corale di tutti, dallo Stato ai volontari».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Molinari Maurizio 
Titolo: L’editoriale – Lotta al Covid I pericoli dell’ultimo miglio – I pericoli dell’ultimo miglio
Tema: green pass
Grazie all’introduzione dell’obbligo di Green Pass l’Italia vede il traguardo del 90 per cento di vaccinati che significa immunità di gregge e ciò rende possibile immaginare per fine anno l’uscita dallo stato di emergenza nazionale innescato dalla pandemia Covid 19. Essere arrivati all’ultimo miglio della sfida al virus venuto da Wuhan impone la necessità di riflettere su che cosa ha funzionato e su quanto potrebbe ancora andare storto. A funzionare è stato in primo luogo il senso di responsabilità dei cittadini — più volte sottolineato in questi lunghi mesi dal capo dello Stato, Sergio Mattarella — che davanti all’attacco a sorpresa nel febbraio 2020 accettarono la limitazione delle proprie libertà per la sicurezza collettiva e che, in una miriade di situazioni singole e straordinarie, si sono battuti contro la pandemia nelle corsie d’ospedale, nei laboratori scientifici, svolgendo mansioni pubbliche e non. E stata l’Italia come collettività di cittadini che, durante il governo Conte II, ha fatto quadrato dimostrando di sapersi difendere da un nemico feroce, invisibile e sconosciuto. È su questa capacità di resilienza che il governo Draghi ha costruito la seconda fase della lotta al virus, quella del contrattacco basato sull’unica arma efficace disponibile: i vaccini. Ma essere in procinto di sconfiggere la pandemia non significa aver già vinto. E c’è ancora qualcosa che può andare storto nell’ultimo miglio anti-virus che abbiamo davanti. Il primo e più evidente pericolo viene dalle frange estremiste, di ogni colore e matrice, che tentano di sfruttare i No Vax per far sopravvivere populismo e sovranismo nella forma più radicale, portando la sfida alle istituzioni fino oltre la linea rossa dell’uso della violenza, come dimostrato dall’assalto di sabato scorso alla sede della Cgil a Roma.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Al voto per i sindaci di Roma e Torino L’incognita astenuti – Da Roma a Torino, i duelli nelle città
Tema: ballottaggi

Sono cinque milioni gli italiani chiamati al voto oggi e domani per scegliere i sindaci di 65 comuni dopo una delle campagne elettorali più dure, contrastate, combattute e forse significative degli ultimi anni. Avevano provato un po’ tutti i leader, alla vigilia del primo turno di due settimane fa, a depotenziare il significato di un voto che «è solo per le città» giuravano, e non può né deve avere «influenza sul governo e sulla legislatura». Ma lo scontro è stato talmente aspro, i temi toccati così sensibili e lo stesso risultato della prima tornata così pesante in termini di liste dei partiti da poter già dire che un contraccolpo ci sarà, tra e nelle coalizioni. Accuse di contiguità con ambienti neo-fascisti e di antisemitismo all’indirizzo di Fratelli d’Italia, spaccature sul tema del green pass, scandali che hanno toccato la Lega, scontri di piazza che hanno portato all’assalto della sede della Cgil fino alla manifestazione di ieri dei sindacati contro i rigurgiti del passato e ogni violenza, disertata dal centrodestra perché considerata «strumentale» alla vigilia del voto, si sono mescolati e alla fine hanno sovrastato il confronto fra i candidati dei dieci capoluoghi chiamati al ballottaggio. A Roma soprattutto, ma anche a Torino, a Trieste e via via nelle altre città più importanti (Varese, Savona, Latina,Benevento, Caserta, Isernia e Cosenza), il duello tra gli esponenti di centrodestra e centrosinistra si porta dietro sicuramente anche il peso del clima politico generale. Che minaccia di pesare molto sull’affluenza al voto, già bassa al primo turno. Si vedrà dunque cosa accadrà oggi con le urne aperte dalle 7 alle 23 e domani dalle 7 alle 15, con accesso a tutti anche senza green pass. Occhi puntati soprattutto nella Capitale, dove si sfidano Enrico Michetti per il centrodestra, in vantaggio su Roberto Gualtieri di tre punti. Decisivi saranno i voti al primo turno finiti a Carlo Calenda e Virginia Raggi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Geremicca Federico 
Titolo: L’analisi – Il voto di Roma e i timori a destra – Il voto a Torino e Roma dà il via alla partita del Colle
Tema: ballottaggi

Comunque finisca, nessuno ipotizza fughe o strappi. I ballottaggi sono finiti in coda all’agenda politica (ed all’interesse degli italiani) oscurati da polemiche ed emergenze vecchie e nuove. L’attenzione dei cittadini è stata calamitata dall’esordio del Green Pass obbligatorio; ed i partiti hanno litigato, piuttosto, su fascismo e democrazia: dividendosi, quelli di maggioranza, su questioni di governo assai delicate e che nulla hanno a che fare col voto di oggi e domani. Eppure, si tratta di un voto che – sommato ai risultati del primo turno – conserva grande importanza, perché potrebbe prefigurare un orizzonte politico più in movimento e meno scontato di quel che si ipotizzava. Milano, Napoli e Bologna sono già state conquistate da Pd e M5S: se anche a Roma e Torino finisse così (ma basterebbe la Capitale…), per il centrodestra il futuro si farebbe improvvisamente incerto. Naturalmente, le cose andrebbero (e sarebbero andate) assai diversamente, se non fossimo nel cuore del semestre bianco, durante il quale al Capo dello Stato è impedito di sciogliere le Camere. Fino al 3 febbraio prossimo, dunque, deputati e senatori potranno esser certi di restare dove sono. Ma il punto è che per il 3 febbraio, intanto, bisognerebbe aver eletto un nuovo Presidente: ed è qui che cominciano gli strappi ed i guai. Più che ai ballottaggi ed al loro possibile effetto – addirittura stabilizzante per il governo, come ha dimostrato il primo turno – l’attenzione dei partiti, insomma, sembra già rivolta a quella cima.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gressi Roberto 
Titolo: I cinque leader: cosa si giocano e come giudicarli – La partita dei leader alla prova delle urne
Tema: ballottaggi

Se dovesse prevalere al ballottaggio anche a Roma e Torino, chi starebbe meglio dl Enrico Letta? Ma il leader tomato dall’esilio dl Parigi rischia di più proprio sul fronte dei amici. Al primo turno, i votanti sono stati pochi, al ballottaggio è probabile che saranno meno. Giuseppe Conte, ha il bisogno disperato di battere un colpo. L’idea di tomare in scena forte del consenso conquistato come premier anti pandemia, si è infranta. Prima nel braccio di ferro violento e stucchevole con Beppe Grillo, ora con un’Italia che non ricorda più, va avanti e lo sorpassa. Invertire il declino dei Cinque Stelle è come cercare di fermare il reattore impazzito di Chernobyl, e rischia di trovarsi solo, con i suoi compagni dei Movimento seduti sulla riva del fiume. Matteo Salvini, è con Giorgia Meloni che si giocherà la leadership alle Politiche. Rischia molto, punta su Torino al ballottaggi anche se lì il candidato l’ha scelto Giorgetti, spera nella riconquista di Varese. Ma in realtà guarda già oltre. La scelta di entrare (e restare) nel governo Draghi lo penalizza nei sondaggi rispetto a Fratelli d’Italia, ma gli schiude almeno un po’ le porte sospettose dell’Europa.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mania Roberto 
Titolo: In duecentomila a Roma “Difendiamo la democrazia” – “Per donne e giovani” Landini guarda ai non rappresentati
Tema: manifestazione Cgil

La nuova tentazione pansindacalista va in scena nel primo pomeriggio nella stracolma piazza San Giovanni di Roma. È lì che Cgil, Cisl e Uil, ma soprattutto la Cgil di Maurizio Landini, si fanno partito, sindacato, movimento. Davvero ben oltre i confini e i compiti dei gruppi di interessi. Doveva essere la manifestazione contro i fascismi, dopo l’assalto della scorsa settimana alla sede nazionale della Cgil, si è trasformata (anche) in una giornata di lotta per i giovani e le donne («dedichiamo a loro questa giornata», dice Landini). Per il lavoro e la democrazia. Con l’idea di fondo di colmare gli spazi lasciati liberi dai partiti, afoni da tempo, non solo, dunque, per colpa della giornata di silenzio elettorale alla vigilia dei ballottaggi. Maurizio Landini si presenta in piazza da leader. Questa è la sua piazza, con la sinistra politica tutta intorno, comprimaria. Anche se le macchine organizzative di Cisl e Uil sono state più leste di quella della Cgil occupando tutte le prime file sotto il palco con le bandiere e i palloncini azzurri e verdi. È l’unità competitiva tra le tre con federazioni. Dice: «Quella di oggi non è solo una risposta allo squadrismo fascista. È di più: questa piazza rappresenta tutta l’Italia che vuole cambiare il Paese, che vuole chiudere con la violenza politica. Chiediamo al governo e alla politica di accettare questa sfida e di aprire una fase di cambiamento sociale di questo Paese». Al centro deve esserci il lavoro, dicono Landini, Luigi Sbarra (Cisl) e Pierpaolo Bombardieri (Uil). L’occupazione buona, perché il lavoro – dice Bombardieri – «non pub essere gestito da un algoritmo».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Frignani Rinaldo 
Titolo: I sindacati in piazza: siamo in 200 mila – «Duecentomila in piazza con la Cgil» Landini: difendiamo la democrazia
Tema: manifestazione Cgil
Quella di ieri, come sottolinea il leader della Cgil Maurizio Landini (con la cravatta rossa: «E la prima volta che la metto per un comizio») non è stata «una piazza di parte, ma una manifestazione che difende la democrazia di tutti», con il segretario nazionale della Cisl Luigi Sbarra che rivendica «un nuovo patto sociale», ricordando come «i neofascisti andranno a sbattere contro il muro del sindacato», e il suo omologo della Uil Pierpaolo Bombardieri che esalta «la nuova Resistenza», nata proprio da San Giovanni.. Critico invece il leader leghista Matteo Salvini: «A Roma la sinistra fa campagna elettorale (nel giorno del silenzio) inseguendo fascisti che, per fortuna, non ci sono più». Ma quella di ieri è stata anche un’assemblea pacifica, vigilata dalle forze dell’ordine con un elicottero che ha sorvolato piazza del Popolo e il Circo Massimo per i sit-in di anarchici e Forza Nuova. Una piazza San Giovanni che ha ricordato l’anniversario della deportazione nazista degli ebrei del Ghetto di Roma, gridato il suo appoggio a Liliana Segre, offesa dai No Green pass a Bologna, e chiesto giustizia per Giulio Regeni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Il retroscena – Prudenza e gradualità La strategia di Draghi per placare la tensione «Fase delicatissima»
Tema: governo

Abbassare i toni, far scendere il livello di tensione e conflittualità, nella politica e soprattutto nella società. E anche questo il senso del silenzio con cui, in una «fase delicatissima» per il Paese, Mario Draghi ha evitato negli ultimi giorni qualsiasi intervento o commento che potesse suscitare reazioni, interpretazioni o strumentalizzazioni. Non ha enfatizzato il debutto senza incidenti del green pass obbligatorio per i lavoratori e tantomeno ha voluto far sentire la sua voce prima, durante o dopo la manifestazione di solidarietà alla Cgil. D’altronde, anche a distanza di giorni, a parlare è l’abbraccio fortemente simbolico che il presidente del Consiglio aveva portato al segretario Maurizio Landini lunedì scorso, dopo l’assalto squadrista alla sede nazionale del primo sindacato Italiano. La manifestazione di San Giovanni è filata via liscia ma i tafferugli e le cariche di polizia a Milano costringono Palazzo Chigi a tenere alta l’attenzione, sul piano sociale e su quello politico. In piazza a Roma c’erano ministri ed esponenti del Pd, di Leu, di Italia Viva e del M5S e non c’era nessun ministro di centrodestra: la rappresentazione plastica di quanto sia lacerata la maggioranza e di quanto paziente dovrà essere il quotidiano lavoro di ricucitura che attende il premier sui dossier più divisivi. II destino di Forza Nuova è uno di questi. Landini dal palco ha chiesto al governo di passare «dalla solidarietà all’azione concreta» nel rispetto della Costituzione e Luigi Sbarra, leader della Cisl, è andato in pressing sul governo perché «proceda subito allo scioglimento dei movimenti neofascisti». A Palazzo Chigi prevale la cautela. In linea con i timori del Quirinale, la strategia di Draghi sullo scioglimento di Forza Nuova è aspettare che si pronunci la magistratura, evitando un decreto legge del governo che a destra sarebbe letto come una forzatura. Sarebbe la prima volta e il premier non vuole offrire il fianco a strumentalizzazioni. Anche sul green pass per i lavoratori la ricetta di Draghi è improntata alla prudenza e alla gradualità, senza trionfalismi e senza tracciare bilanci prima del tempo.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Marroni Carlo 
Titolo: Crescita più alta, 6,1% nel 2021 Rischio prezzi per ora contenuto
Tema: crescita Pil

Una ripresa del PII italiano «più forte delle attese». II Centro studi Confindustria prevede un +6,1%, due punti in più rispetto alle stime di aprile, seguito da un ulteriore +4,1% nel 2022. Il rapporto “Quale economia italiana in uscita dalla crisi?”, presentato ieri dal direttore del Csc, Alessandro Fontana, spiega che «questa robusta ripartenza del PII, pari a oltre +10% nel biennio, dopo il quasi -9% del 2020, riporterebbe la nostra economia sopra i livelli pre-crisi nella prima metà del 2022, in anticipo rispetto alle attese iniziali» (ultimo trimestre). La revisione al rialzo è spiegata prevalentemente dall’impatto più contenuto, rispetto a quanto si temeva, della variante Delta del Covid. «Gli investimenti sono il motore principale della ripresa italiana: nel 2022 saliranno su un livello molto superiore al pre-crisi, +17,7%» scrive il rapporto, che tuttavia avverte di alcuni rischi derivanti da elementi di incertezza. Il rischio principale è sul fronte Covid, nel caso in cui l’evoluzione della pandemia porti all’adozione di nuove restrizioni agli spostamenti: rischio che «influirebbe negativamente e in tempi molto rapidi sulla fiducia degli operatori, sui consumi e quindi anche sugli investimenti e l’occupazione». C’è anche il nodo delle carenze importanti di materie prime e semilavorati emerse dal secondo trimestre dell’anno, considerate di natura temporanea ma il rischio è che lo siano «solo in parte e che quindi diventino più strutturali, rallentando in modo più significativo e prolungato l’attività economica». Poi c’è il tema inflazione, in crescita ovunque nel mondo, ma con rilevanti differenze tra le varie economie.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Nel 2021 il Pil cresce oltre quota 6% Bonomi: servono continuità e riforme – Bonomi: serve crescita duratura No a nuove tasse e via l’Irap
Tema: crescita Pil

No a nuove tasse, mettendo da parte anche plastic tax e sugar tax. Anzi bisogna ridurne il peso su impresa e lavoro, tagliando il cuneo fiscale, e con un intervento sull’Irap, che non sia solo nominale, e sull’imposizione sui redditi societari. Inoltre vanno stanziate risorse per la transizione energetica e ambientale: i fondi del Pnrr sono solo il 6% del totale necessario. E va realizzata la riforma degli ammortizzatori sociali, con uno strumento universale di natura assicurativa, e delle politiche attive, coinvolgendo le agenzie private. Il governo si prepara a varare la manovra e dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, arrivano una serie di indicazioni. La posta in gioco è la crescita del paese. «Bisogna tornare a crescere ad un ritmo del 1,5-2% all’anno, un obiettivo raggiungibile». Va definita una manovra di bilancio che «nel rispetto della riduzione del debito pubblico accompagni il paese verso l’uscita dalla crisi economico-sociale legata alla pandemia, attraverso una progressiva uscita dalle misure emergenziali e un’attenta selezione delle misure di sostegno: tra queste sono cruciali le misure per l’ammodernamento del sistema produttivo, nell’ottica delle transizioni tecnologica e ambientale e di riqualificazione del capitale umano». Servono le riforme strutturali: «rappresentano la chiave per irrobustire in modo duraturo il potenziale di crescita del paese»; va evitato di mettere in difficoltà le imprese con nuove tasse «nello spirito del messaggio lanciato dal presidente Draghi all’assemblea degli industriali». La ripresa è ben avviata, ha constatato Bonomi nel video messaggio proiettato in apertura del seminario del Centro studi, che ha indicato per il 2021 un aumento del Pil del 6,1%. Ma nonostante le prospettive positive «lo scenario presenta alcuni rischi» e la guardia «va tenuta alta sia per per garantire che il rimbalzo in atto sia ampio a sufficienza per colmare il divario causato dalla recessione del 2020, sia affinché la crescita del Pil dal 2022 in avanti sia solida e duratura».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  N.P. 
Titolo: Le incognite: materie prime, energia e inflazione
Tema: crescita Pil
Crescita sì, ma non mancano i rischi per il futuro. Li ha messi in evidenza Confindustria, sono stati oggetto del dibattito durante il seminario del Centro studi di ieri mattina. Aumento del prezzo delle materie prime, aumento dell’energia, in particolare del gas. E poi l’andamento dell’inflazione, che potrebbe portare ad una stretta monetaria, prima negli Stati Uniti e poi qui in Europa. Ne hanno discusso Riccardo Barbieri Hermitte, capo economista del ministero del Tesoro, Massimo Bordignon, professore di Scienze delle finanze all’università Cattolica, Lorenzo Forni, segretario generale di Prometeia Associazione. Per Barbieri Hermitte l’andamento del prezzo del gas sarà in crescita ancora per alcuni mesi e avrà un suo picco tra la fine di quest’anno e i primi mesi del 2022. Poi la situazione potrebbe diventare meno tesa, dipenderà, ha detto, anche dalla decisione del governo tedesco sul gasdotto North Stream. C’è l’incognita inflazione. In Usa tra agosto e settembre, ha detto Forni, si è assestata sopra il 5 per cento. Anche il Fondo monetario, ha aggiunto, ha parlato di una Federal Reserve pronta ad agire. Se si dovessero alzare i tassi negli Stati Uniti, ci sarebbe il rischio di uno spostamento dei capitali europei oltre Oceano, provocando una riduzione della liquidità in Europa. Uno scenario che potrebbe comportare a qual punto un aumento dei tassi anche nell’Unione europea.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Tucci Claudio 
Titolo: Reddito di cittadinanza, taglio per 1 miliardo Più fondi a lavoro o fisco – Dal reddito di cittadinanza rivisto 1 miliardo per lavoro o fisco
Tema: verso la manovra
L’ultima “fiche” da 200 milioni inserita nel decreto fiscale – sottraendo fondi “attivi” dei lavoratori – per fare fronte alle richieste di fatto “in sospeso” per gli ultimi mesi del 2021 si è trasformata nel detonatore politico di quella che è la vera partita sul Reddito di cittadinanza: il restyling da far scattare dal prossimo anno. Una partita che potrebbe valere almeno un miliardo di euro: tanto, secondo alcune stime non ufficiali, potrebbe essere ricavato con un efficientamento della spesa da realizzare facendo leva su miglioramenti e ritocchi mirati, soprattutto sul versante delle politiche attive e dei controlli. Anche perché Mario Draghi, nonostante il duro attacco sferrato da Matteo Salvini, con l’appoggio di Iv e anche di Fi, alla misura bandiera dei Cinque stelle, non sembra avere nessuna intenzione di cancellare o ridimensionare fortemente il sussidio. Ma anche una eventuale “ottimizzazione” della misura sarebbe destinata a trasformarsi in terreno di scontro politico. Con il Pd che sembra essere già pronto ad accaparrarsi la dote potenziale di un miliardo collegata alla riconfigurazione del Rdc per destinarla alla riforma degli ammortizzatori sociali, sulla quale al momento il Mef sarebbe intenzionato a mettere non più di 3-4 miliardi, che equivalgono sostanzialmente alla metà del finanziamento originariamente richiesto dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Lega, Italia viva e anche Fi preferirebbero invece indirizzare questa dote sulla riforma fiscale, irrobustendo il fondo per finanziare il taglio dell’Irpef, che al momento sembra avere più chance della sforbiciata al cuneo fiscale-contributivo su cui continua incessantemente il pressing delle imprese. Insomma, nel merito, posizioni assai distanti tra loro, che rendono complicata la quadratura del cerchio. Ad agosto, ultimi dati Inps, i nuclei percettori del reddito (e pensione) di cittadinanza sono stati quasi 1,36 milioni, pari a oltre 3 milioni di persone coinvolte; sono numeri in crescita, come effetto della lunga coda dell’emergenza Covid che ha visto impennare la povertà assoluta (nel 2020 oltre 5,6 milioni di individui, più di due milioni di famiglie). Con il rimbalzo economico di questi mesi, e una prima ripartenza nei successivi, la situazione però è destinata a migliorare.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Intervista ad Andrea Orlando – «Difendo il Reddito, ma stretta sulle regole» – Più aiuti alle famiglie numerose Orlando: Reddito misura giusta ma criteri di accesso da rivedere
Tema: Rdc
Che qualcosa non stia funzionando nel reddito di cittadinanza lo dimostrano le dimensioni stesse che sta assumendo, anno dopo anno. Non importa che l’economia scenda o salga, che i posti di lavoro siano distrutti oppure creati. Qualunque cosa accada in Italia, i numeri del sussidio crescono sempre. Sono ormai quasi quattro milioni gli italiani (davvero quasi tutti italiani, poiché le regole penalizzano gli immigrati) a vivere in famiglie beneflciarie del sussidio. Se i criteri non cambiano, il sussidio nel 2022 costerebbe strutturalmente tre miliardi più di quanto messo a bilancio fin qui. II ministro del Lavoro Andrea Orlando è giunto alla conclusione che il reddito di cittadinanza va difeso ma, allo stesso tempo, migliorato. «La protezione dei più deboli resta importante ma vanno rivisti alcuni profili», osserva l’esponente del Pd. Altri ministri, fra cui quello dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti (Lega), sono molto più scettici. Di certo i numeri pubblicati dall’Istituto di previdenza (Inps) parlano chiaro quanto alle incongruità del programma nel suo disegno ad opera del governo giallo-verde nel 2018. Non è strano in sé che il numero delle famiglie beneficiarie degli assegni per almeno un mese sia cresciuto molto fra il 2019 e il terribile 2020 pandemico. Fa invece riflettere ciò che è accaduto quest’anno: l’economia sta crescendo del 6%, solo nei primi sei mesi si sono creati mezzo milione di posti (da giugno a oggi poi sicuramente molti altri di più), eppure l’esercito dei percettori del reddito di cittadinanza non si è assottigliato; al contrario, ha continuato a gonfiarsi anche mentre l’Italia metteva a segno la crescita più rapida dal lontano 1976.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Reddito di cittadinanza Per garantirlo nel 2022 servono altri 800 milioni
Tema: Rdc

Prima di riformare il Reddito di cittadinanza occorre rifinanziarlo. E qui non si parla dei 200 milioni inseriti nel decreto fisco-lavoro approvato venerdì che tanto hanno suscitato le ire di Lega, Forza Italia e Italia Viva, oltre a Fratelli d’Italia che considera il Reddito un «metadone di Stato». Quei 200 milioni servono ad arrivare fino al 31 dicembre. Per il prossimo anno ne occorrono almeno quattro volte tanto, se non si vuole tagliare l’assegno mensile – di 546 euro medi – a 1 milione e 400 mila famiglie che lo prendono. Ci penserà dunque la prossima legge di bilancio a tappare il buco. E poi certo, quando a fine mese la commissione Saraceno consegnerà al ministro del lavoro Orlando le conclusioni della sua indagine, il Reddito sarà passato al setaccio, corretto, migliorato, potenziato perché risponda davvero alla sua missione di contrasto alla povertà e anche di ponte verso il lavoro. Le due anime, tanto contestate, sembrano destinate a convivere ma su percorsi ben distinti e rafforzati. Perché altre risorse al Reddito? La risposta è nei numeri, letteralmente esplosi in pandemia, in parallelo a quel milione di poveri assoluti in più calcolati da Istat come eredità Covid per un totale di 5,6 milioni di italiani in forte disagio economico, pari a 2 milioni di famiglie. La misura oggi costa il 67% in più di quando è nata nel 2019. Nel 2020 è avanzata del 37% e di un altro 21% quest’anno. Tre anni fa lo Stato spendeva 433 milioni al mese. L’anno scorso 595 milioni. Quest’anno siamo a 722 milioni al mese. Siamo passati da poco più di un milione di famiglie beneficiarie di almeno una mensilità di Reddito nel 2019, a 1 milione e 576 mila nel 2020 e a 1 milione e 674 mila nel 2021. I dati Inps dei primi otto mesi del 2021 sono già superiori a quelli di tutto il 2020.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ferrera Maurizio 
Titolo: Aiutiamo (davvero) gli anziani – I fondi e gli errori da evitare un aiuto vero agli anziani
Tema: anziani

Sono oltre 2,8 milioni e il Covid ha notevolmente peggiorato la loro situazione. Si tratta degli anziani non autosuffldenti, ossia coloro che non sono in grado di svolgere da soli le normali attività quotidiane e hanno bisogno di assistenza. Rappresentano il 5% della popolazione e il loro numero probabilmente raddoppierà entro II 2030. All’ultimo minuto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si è ricordato di loro, stanziando più di sette miliardi per il periodo 2022-2026. I primi investimenti si stanno definendo adesso. È molto importante muovere nella direzione giusta, anche per preparare il terreno alla riforma complessiva del settore, attesa da tre decenni e ora promessa dal Pnrr per il 2023. Il nodo cruciale è la «domiciliarità».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  L.Ip. 
Titolo: Il killer del deputato era segnalato «Islamico, si stava radicalizzando»
Tema: attentato in UK

Il giovane assassino del deputato conservatore David Amess era stato in passato indirizzato a «Prevent», il programma governativo di prevenzione dell’estremismo: questo vuol dire che era considerato un soggetto a rischio di radicalizzazione. Tuttavia, il 25enne britannico di origini somale non era sorvegliato dai servizi di sicurezza nè aveva legami con gli Shabaab, le milizie islamiche che operano nel Corno d’Africa. Ciononostante, la polizia ha dichiarato l’omicidio del deputato «un attentato terroristico con una possibile motivazione legata all’estremismo islamico». Cosa significa tutto ciò? Ci troviamo probabilmente di fronte a un gesto isolato, compiuto da un giovane che non fa parte di una rete organizzata ma che è stato verosimilmente sedotto dalla propaganda online degli islamisti radicali. Le forze dell’ordine britanniche hanno perquisito due abitazioni a Londra, ma non ritengono che ci siano ulteriori minacce alla pubblica sicurezza. Intanto sono emersi ulteriori dettagli sulla dinamica dell’attacco, avvenuto venerdì a mezzogiorno nella chiesa metodista di Leigh-on-Sea, dove-il deputato aveva organizzato un incontro con gli elettori. Poco prima, Amess era stato visto all’ingresso chiacchierare con la gente e salutare i passanti. Come tradizione per i politici britannici, si trattava di una «surgery», un incontro per ascoltare il pubblico, parlare individualmente dei loro problemi ed esaminare le loro richieste. Per entrare, era sufficiente dare nome e indirizzo: nessun controllo, nessuna misura di sicurezza.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: Chiudere la politica inglese nella bolla della sicurezza? C’è chi resiste alle minacce (e chi lascia per paura)
Tema:attentato in UK

Arrivando in metropolitana alla stazione di Westminster, capita di vedere una ministra che sale sulla scala mobile accanto; e avvicinandosi al Parlamento, magari ci si imbatte in qualche altro membro del governo che sbuca da una strada laterale, solo soletto, senza neanche un portaborse a scortarlo. Perché così funziona la democrazia britannica: i politici non se ne stanno richiusi in una torre d’avorio, ma si mischiano alla gente, prendono i mezzi pubblici, fanno la spesa al supermercato, soprattutto incontrano regolarmente i cittadini che li hanno eletti. Un sistema e una consuetudine che sono stati scossi dall’assassinio di Sir David Amess. Come ha scritto sul Guardian Chris Bryant, che siede in Parlamento per i laburisti, «noi siamo orgogliosi del fatto di renderci disponibili per i nostri elettori: chiunque può venire ai nostri incontri, trovarci al supermarket, parlarci sull’autobus o sul treno. Questa apertura è centrale per la nostra democrazia e non dobbiamo rinunciarci». Ma adesso, dopo l’uccisione di Amess, la ministra dell’Interno, Priti Patel, si è incontrata con i responsabili della polizia e dei servizi di intelligence e ha ordinato una immediata revisione della sicurezza dei deputati. La ministra ha parlato anche con lo Speaker della Camera, Sir Lindsay Hoyle, che pure ha annunciato una discussione sulle misure da prendere.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Rizzo Alessandra 
Titolo: Londra rende omaggio al deputato Tory la polizia: “Attentato di matrice islamista”
Tema: attentato in UK

Gli investigatori dell’anti-terrorismo che hanno in mano l’indagine ritengono che l’uomo abbia agito da solo, ma hanno perquisito due indirizzi a Londra in cerca di indizi. Amess, deputato Tory che era alla Camera dei Comuni da 38 anni, è stato accoltellato all’interno di una chiesa metodista nella cittadina costiera di Leigh-on-Sea, nel sud dell’Inghilterra, nel corso di un incontro con gli elettori. Il premier Boris Johnson si è recato sul luogo della tragedia, affiancato dal leader laburista Keir Starmer e da altri politici di primo piano. Una prova di unità di fronte a un attentato che ha sconvolto il Paese. Amess è il secondo parlamentare ad essere pugnalato a morte nel giro di cinque anni. Johnson e Starmer, fianco a fianco, hanno deposto una corona di fiori di fronte alla chiesa, e non hanno rilasciato dichiarazioni. A parlare è stata invece la ministra degli Interni Priti Patel, che ha promesso una revisione delle misure di sicurezza peri deputati che ogni settimana si recano nel proprio collegio elettorale per incontrare gli elettori in maniera informale. L’attentato ha risollevato polemiche, molti deputati hanno espresso preoccupazione, qualcuno ha chiesto la sospensione degli incontri di persona. Patel è stata ferma. «Andremo avanti, viviamo in una società aperta, in una democrazia», ha detto. «Non ci lasceremo intimorire da alcun individuo o da alcuna motivazione». Sono proprio le motivazioni quelle che la polizia sta cercando, e possibili legami con estremisti islamici. Secondo alcune notizie di stampa, il presunto killer non avrebbe legami con al Shabaab, il gruppo militante attivo in Somalia e legato ad al Qaeda. La Bbc riporta che l’uomo non era nella lista dei soggetti a rischio monitorati dai servizi. Ma altre fonti fanno sapere che il giovane era stato segnalato al programma contro la radicalizzazione dei giovani in vigore nel Paese. Insomma un quadro investigativo ancora confuso, con gli investigatori che per ora tengono le bocche cucite. La polizia si è limitata a dire che «i primi elementi dell’indagine hanno rivelato una matrice potenzialmente legata all’estremismo islamico».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fabbrini Sergio 
Titolo: La questione polacca e il destino della Ue – Il caso Polonia e il destino dell’Unione Europea
Tema: Polonia e Ue
Il 7 ottobre scorso, il Tribunale costituzionale polacco ha deciso che alcune disposizioni del Trattato sull’Unione Europea (Teu) sono illegittimi perché incompatibili con la Costituzione polacca. I sovranisti di tutt’Europa (tra cui Giorgia Meloni) hanno applaudito con entusiasmo. Infatti, quella decisione mina il carattere sovranazionale dell’Unione europea (Ue), da essi avversato. Vediamo perché. La decisione del Tribunale costituzionale polacco sostiene che gli organi dell’Ue (a cominciare dalla Corte di giustizia dell’Ue, Cgue) non dispongono del potere di stabilire come debba essere organizzato il potere giudiziario negli stati membri dell’Ue. Secondo quel Tribunale, tale compito spetta alle costituzioni nazionali, non già ai Trattati europei. Se è vero che il Teu, Art. 2 recita che l’Unione si fonda (tra gli altri valori) sullo “Stato di diritto”, è altresì vero, secondo il Tribunale costituzionale polacco, che gli stati membri non hanno mai delegato alla Cgue il potere di stabilire come lo stato di diritto dovrebbe essere da essi istituzionalizzato. La decisione del Tribunale costituzionale polacco aveva uno scopo immediato, delegittimare l’architettura giuridica del programma anti-pandemico di Next Generation-Eu (Ng-Eu). Quest’ultima, infatti, include anche il Regolamento n. 2020/2092, adottato il i6 dicembre 2020 dal Consiglio dei ministri e dal Parlamento europeo, che stabilisce «il regime di condizionalità per la protezione del budget dell’Unione» e dei fondi di Ng-Eu a esso collegati. Secondo tale Regolamento, i fondi europei non possono essere distribuiti ai Paesi che non rispettano la rule of law. La Polonia dovrebbe essere destinataria di 36 miliardi dei fondi di Ng-Eu e di 120 miliardi di fondi strutturali e di coesione. Una somma enorme. Si capisce perché la decisione del Tribunale costituzionale polacco sia stata sollecitata da una richiesta dello stesso primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Se la rule of law viene stabilita dalle corti e dalle costituzioni nazionali, allora la Commissione non potrà impedire il pagamento dei fondi europei alla Polonia per violazioni dello stato di diritto, come richiederebbe il regime di condizionalità.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Romano Sergio 
Titolo: L’ago della bilancia – Polonia-Ue, la via della sospensione (sperando che sia temporanea)
Tema: Polonia
La Commissione di Bruxelles non può accettare una posizione che mette in discussione la natura federale della Ue e si appresta ora a punire la Polonia con multe in denaro e con la sospensione di prestiti e sussidi. Molti in altri Paesi pensano addirittura che la Polonia non possa adottare una tale posizione e continuare a fare parte dell’Unione. È una conclusione comprensibile. Come potrebbe la Commissione applicare le sue norme soltanto al Paesi che le accettano e permettere ad altri di violarle? E una situazione simile a quella della Gran Bretagna quando cercò di sottrarsi all’osservanza di alcune norme dell’Unione. Ma nel Regno Unito vi fu un referendum che sciolse il nodo delle incertezze e liberò la Commissione da un obbligo (l’espulsione) necessario ma sgradevole. In Polonia, invece, il referendum non sembra essere, per il momento, all’ordine del giorno e molti dimostranti negli scorsi giorni sono scesi nelle piazze di Varsavia per chiedere che il Paese rimanga nella Ue. In queste circostanze il capo del governo polacco, Mateusz Morawiecld, non farà mai un referendum (di cul conosce già 11 risultato) e ha dichiarato che non vuole uscire dall’Unione. Ne vuole I vantaggi e ne rifiutai principi. La situazione è diventata Imbarazzante.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano 
Titolo: Visita al Cairo o decreti così la politica punta a riaprire il caso Regeni
Tema: caso Regeni
Una nuova visita al Cairo, con nomi e cognomi dei quattro imputati fatti a favore di telecamera. Ancora: un’iniziativa diplomatica collettiva, con tutti i Paesi amici dell’Unione che si impegnano a chiedere all’Egitto gli indirizzi degli agenti che non si riesce a processare. La mobilitazione dell’opinione pubblica, con i riferimenti spammati ovunque, anche sui social network. Infine, un ulteriore approfondimento tecnico. Valutando, per esempio, nei decreti attuativi della riforma Cartabia che dovranno essere approvati nelle prossime settimane, se è possibile esplicitare le modalità di intervento in “assenza dell’imputato” del quale la riforma già si occupa. La decisione della Corte di Assise di Roma di annullare il processo per il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni per mancata notifica degli atti agli imputati (non avvenuta perché l’Egitto non ha mal voluto dare gli indirizzi dei suoi agenti sotto processo) ha di fatto messo la partita nelle mani della politica: senza la collaborazione dell’Egitto, il processo rischia di finire in un binario morto. Lo sa Palazzo Chigi, che dopo la decisione importante, e per niente scontata, di costituirsi parte civile sta valutando in queste ore il da farsi. ll punto di partenza è quanto scritto nella costituzione di parte civile: «Gli Stati e i rispettivi governi sono titolari del diritto-dovere di tutela della vita e della libertà dei propri cittadini». ll premier Mario Draghi seguirà in prima persona la vicenda, è possibile che risenta i genitori di Giulio, che ha già incontrato nelle scorse settimane, mentre alcuni dei suoi più stretti collaboratori stanno studiando il dossier per capire come muoversi. Sul tavolo c’è anche il comma 7 dell’articolo 1 della riforma Cartabia che si occupa del “processo in assenza”, sul quale il Governo potrebbe intervenire, per renderlo ancora più esplicito.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Il Cairo non rompe il silenzio su Regeni Palazzotto: “Ora è una questione di Stato”
Tema: caso Regeni
Il processo Regeni è un motore che gira a vuoto. La Corte d’assise di Roma non se la sente di mandare avanti il procedimento senza una prova certa che i quattro egiziani indagati siano al corrente che in Italia è iniziato un processo contro di loro. E ricomincia il gioco dell’oca. «La procura di Roma ha fatto tutto quanto gli era possibile», riconosce Erasmo Palazzotto, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Regeni. E allora? «Allora la questione è in capo al governo». Premessa indispensabile: il giorno prima che si aprisse il dibattimento, la presidenza del Consiglio si è costituita parte civile al processo per il sequestro, tortura e omicidio di Giulio Regeni. E stato un passo istituzionale rilevantissimo, che come tale non è sfuggito al regime di Al-Sisi, e puntualmente le antenne dell’intelligence hanno segnalato il notevole malumore del Cairo. «Con quell’atto – dice ancora Palazzotto – il nostro governo ha fatto un gesto politico fortissimo: in pratica, lo Stato italiano si sente parte lesa da quanto accaduto al nostro concittadino Regeni. Non è più una questione della famiglia. È diventato un affare di Stato. Come tale, la mancata risposta alle rogatorie internazionali da parte dell’Egitto sarà uno sgarbo, oltre che alla nostra magistratura e alla famiglia Regeni, allo Stato». Si è alzato il livello dello scontro tra le due sponde del Mediterraneo, insomma. Nel frattempo, il giudice per le udienze preliminari dovrà fare le sue mosse. Con la consapevolezza che la procedura italiana si è dimostrata garantista fino in fondo. Il giudice chiederà di nuovo, quindi, con ennesima rogatoria internazionale, che i quattro indagati indichino un indirizzo dove ricevere le notifiche. A gennaio, poi, concessi tre mesi alla risposta alla rogatoria, il Gup fisserà una nuova udienza. Nel frattempo, si spera che possa accadere qualcosa che smuova le autorità egiziane.
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