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SINTESI IN PRIMO PIANO – 16 settembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:
– Regionali, patto Conte-Pd per blindare il governo
– Conte: se falliamo sul Recovery fund mandateci a casa
– Mascherine, maxi inchiesta. I pm: Stato truffato
– Le banche estere riscoprono i BTp
– Medio Oriente, firmata l’intesa

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarzanini Fiorenza 
Titolo: «Le frodi sulle mascherine» – Mascherine, maxi inchiesta «Frodi e costi gonfiati»
Tema: inchiesta dei pm

Milioni di mascherine immesse sul mercato senza la certificazione oppure pagate a prezzi da capogiro. Intere partite reperite nel momento peggiore della pandemia da coronavirus con finte fideiussioni e vendute agli enti pubblici a costi esagerati, anche dieci, cento volte più del valore reale. Con un esborso di soldi da parte dello Stato per centinaia di milioni di euro. Passata la fase dell’emergenza più grave, la Procura di Roma si concentra sulle forniture dei dispositivi ritenuti indispensabili per proteggere il personale sanitario e i cittadini. Sono quattro i fascicoli aperti dal gruppo di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Paolo lelo, una decina gli indagati per frode in commercio. Primo passo di un’indagine che mira pure a verificare se all’interno delle amministrazioni (Regione, aziende sanitarie, Protezione civile) ci siano funzionari infedeli che abbiano agevolato aziende in cambio di soldi. Dunque se dietro il grande affare che ha segnato i primi mesi dell’epidemia ci siano episodi di corruzione. Un lavoro capillare svolto dai pubblici ministeri anche grazie all’impegno dell’Agenzia delle Dogane. I numeri dei sequestri effettuati forniscono il quadro di quanto accaduto in questi mesi dimostrando che la speculazione era ben più ampia, visto che oltre al blocco di 4 milioni e 800 mila mascherine nei magazzini sono rimasti 65 mila e 800 dispositivi per la terapia intensiva, oltre 26 milioni di guanti monouso, 216 mila tute, più di 47 mila occhiali e persino 86 mila confezioni di alcool. Prodotti non conformi alle norme, la maggior parte con una certificazione fasulla.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: Il retroscena – Regionali, patto Conte-Pd per blindare il governo – Un patto Conte-Zingaretti per blindare il governo anche se sarà sconfitta
Tema: tenuta governo
Un patto a due. Siglato nelle ultime ore da Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti, dopo giorni di tentazioni, mediazioni, tentennamenti. Un accordo che si può sintetizzare così: dopo le Regionali il governo non cambia, non si tocca nulla, meglio evitare il rimpasto. Perché farsi del male quando nel borsello di Palazzo Chigi già risuonano 209 miliardi di euro da spendere per rilanciare il Paese, oltre a un’allettante tornata di nomine nelle partecipate da varare in primavera? Zingaretti, sul tema rimpasto, ha dato segnali diversi, a qualche interlocutore ha consegnato un secco «neanche per idea», ad altri un più tormentato «ci sto pensando». Nel Pd le opinioni divergono, come dimostra la dichiarazione di ieri al Tg4 del vicesegretario Andrea Orlando: «Al governo serve un tagliando, nuove competenze nei ministeri per il Recovery Fund». Conte, invece, sembra convinto fin dall’inizio della necessità di evitare i danni di un rimpasto. A un certo punto, però, accetta di ragionare di una soluzione intermedia, quasi d’emergenza. È pronto a concedere un singolo cambio di casella al Pd e un altro al Movimento. Un intervento chirurgico, magari per sostituire la 5S Nunzia Catalfo e uno dei ministri dem, possibilmente un uomo. Ma lo schema invecchia prima di diventare operativo. Non toccare nulla è esattamente il consiglio che per giorni Dario Franceschini regala al presidente del Consiglio e al leader del Pd, assumendo quasi fisicamente la forma di un cuscinetto. Congelare l’attuale esecutivo significa anche deludere le attese di Base riformista, la corrente dem che vorrebbe vedere al governo Graziano Delrio, traghettando Paola De Micheli alla vicesegreteria del Pd e Andrea Orlando alla guida del gruppo di Montecitorio. Non muovere nulla, ribadisce Franceschini al segretario, verrebbero stravolti i delicati equilibri dell’esecutivo. ll patto con Zingaretti varrebbe sia in caso di sconfitta nelle Marche, sia in caso di débâcle in Puglia. Più difficile reggere alla vittoria della leghista Susanna Ceccardi in Toscana.
giorni dal voto.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 Economia & Società – Conte e lo scudo del Recovery per il post voto
Tema: tenuta governo

Se perderemo la sfida del Recovery Fund «avete il diritto di mandarci a casa». Può essere una frase scontata quella che ha pronunciato ieri Conte a Norcia, in realtà – detta alla vigilia del voto – aveva qualcosa di non scontato. Come dire che il target del Governo non è tenere la Toscana o tagliare 354 onorevoli, ma decidere il destino dell’Italia usando l’occasione storica della nuova Europa. È su quel piano, insomma, che il premier si sentirà giudicato o delegittimato, non dal voto di lunedì da cui si tiene alla larga. Una sorta di autodifesa preventiva per mettersi al riparo dall’esito dei due test, regionali e referendum – che in questi giorni stanno tenendo in sospeso la coalizione – fatta con grande abilità sollecitando l’istinto di autoconservazione della sua maggioranza e ricordando come la sfida di gestire i 209 miliardi dei piani europei non può essere mandata a monte perfino se il Pd dovesse perdere la roccaforte rossa. O se dovessero vincere i “No”. Tra l’altro, dire che il banco di prova dell’Esecutivo sta nella capacità di ottenere i prestiti e le risorse a fondo perduto dell’Unione, è pure un modo per indicare un orizzonte temporale che chiude la finestra delle elezioni anticipate. In effetti, scorrendo il calendario, si vede che i piani con l’Ue si chiuderanno ad aprile, i primi fondi dovrebbero arrivare a giugno mentre i primi di agosto (il 3) inizia il semestre bianco, periodo nel quale il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Bisogna arrivare a quella data per tenere in piedi la legislatura – oltre che Conte – e il Recovery si inserisce nel timing delle convenienze politiche con efficace precisione. Basta, dunque, riuscire a mantenere la presa su quell’obiettivo Ue per essere a un passo dal semestre bianco che chiude ogni scenario. Ed è quello a cui guarda il premier, ma non solo lui.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Sorgi Marcello 
Titolo: Conte, il rimpasto e Renzi ministro – Far entrare i leader per rafforzare il governo
Tema: tenuta governo

L’ipotesi di rimettere le mani sulla compagine ministeriale si ripresenta alla vigilia del voto, per dimostrare la volontà della maggioranza giallo-rossa di rafforzarsi per andare avanti, malgrado la possibile delusione delle urne. Stavolta l’elemento forte sarebbe quella di convincere Renzi a entrare nel governo, per responsabilizzarlo e sottrarlo alle continue tentazioni di far saltare il banco. Ideona. Dietro di lui, toccherebbe a Zingaretti, visto che il modesto risultato atteso dal Pd non ferma le chiacchiere sul congresso. Ma con una differenza: sarebbe l’attuale maggioranza interna a guidare i giochi, chiedendo all’attuale leader di aprire la successione all’attuale vicesegretario Orlando, più motivato e capace, soprattutto sotto lo strategico profilo della comunicazione. Ma al di là del toto-nomi che fiorisce nei corridoi semideserti delle Camere, l’aspetto più interessante di tutta la discussione è che il rimpasto sarebbe determinato dall’esigenza di «rafforzare il governo», sostituendo, in altre parole, esponenti asini, non rivelatisi all’altezza del loro incarico, con altri di provata esperienza, chiamati per far dimenticare le cattive prove dei loro presunti predecessori. E cercando così dì accontentare, aldilà della loro disponibilità a diventare ministri, leader come Zingaretti e Renzi, che considerano sottorappresentati i loro partiti e per questo subirebbero contestazioni dall’interno.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Toscana, corsa finale per non perderla – In Toscana la sfida decisiva Sprint del Pd per fermare la destra
Tema: amministrative

La grande paura del Pd ha il volto di una ragazza di 33 anni impresso sugli autobus dell’Ataf che sfilano davanti alle piazze di Firenze. Lo slogan è sobrio, «Toscana, ci siamo. Susanna Ceccardi presidente». I colori, il grigio, il giallo, sembrano scelti apposta per rassicurare. Non c’è nulla della Lega aggressiva e arrembante ln questi ultimi scampoli di campagna elettorale nella regione che un tempo era considerata inespugnabile roccaforte e ora si scopre fortino assediato. Ed è questo che spiazza e spaventa il centrosinistra fino a convincerlo – nell’ultima settimana – a chiamare a raccolta qui i leader, i ministri, i dirigenti, i testimoniai. Tutti coloro che possono aiutare i dem a ritrovare l’anima perduta, quella un po’ messa da parte quando la scelta del candidato è ricaduta – per amor di tregua interna – su Eugenio Giani, scelgto dal sindaco di Firenze Dario Nardella, l’ancora potente Luca Lotti, e con una benedizione di Matteo Renzi. Vecchia guardia pd tendenza Renzi, un passato socialista che pesa quasi fosse una colpa, tanto da convincere i suoi avversari a far girare sulle chat whatsApp vecchie foto di congressi Psi che lo vedono immortalato vicino a Bettino Craxi. Accanto a lui, su un prato di Lucca, il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia arringa i giovani arrivati per “un aperitivo col candidato” brandendo come una spada il modello della sanità toscano. «Quello che ha consentito a questa regione di gestire il Covid meglio delle altre, tanto che è stata l’unica sopra il Tevere a poter mandare volontari dove servivano. Non datelo per scontato – ammonisce – perché qui se vince la Ceccardi si torna al Medioevo».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guastella Giuseppe 
Titolo: Inchiesta sui contabili della Lega Nuove segnalazioni dalle banche
Tema: inchiesta sulla Lega
Mentre Alberto Di Rubba dichiara che non un soldo della compravendita della sede di Lombardia film commission è andato alla Lega, tantomeno a lui, in Procura approdano le segnalazioni di alcuni funzionari che sono preoccupati per i movimenti legati Carroccio che sono stati fatti nelle loro banche. Denunce «spontanee» che potrebbero contenere informazioni preziose per i pm. Non sarebbe la prima volta. II compito di trasmettere alla magistratura le «Segnalazioni di operazioni sospette» è dell’Uif della Banca d’Italia che le riceve dagli istituti di credito. A quelle che già sono nell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari i tre commercialisti vicini alla Lega di Matteo Salvini ora se ne aggiungo altre. La Guardia di Finanza di Milano le ha consegnate ieri ai pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi insieme a quelle firmate da alcuni direttori molto agitati dagli sviluppi delle indagini, specialmente dopo che il loro collega Angelo Ghilardi è stato licenziato da Ubi Banca perché non aveva segnalato, come prescrivono le norme bancarie, le operazioni fatte nella filiale di Seriate (Bergamo) da soggetti con ruoli importanti in un partito, come Di Rubba, che è direttore amministrativo della Lega in Senato, e Manzoni, che è revisore alla Camera. I direttori denunciano passaggi di denaro tra la Lega e alcuni imprenditori. Potrebbero essere del tutto leciti, ma la paura ha giocato il suo ruolo nello spingerli a farsi avanti. C’è già un’impresa sulla quale si addensano i sospetti. È la Barachetti service di Casnigo (Bergamo). Il titolare, Francesco Barachetti, è indagato per concorso in peculato.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Arachi Alessandra 
Titolo: La trincea dei 5 Stelle morosi: con Rousseau siamo in regola
Tema: M5S

«Adesso facciamo passare queste elezioni, poi quando avrò caricato la documentazione si potrà verificare quando ho fatto i miei bonifici, se prima o dopo i tempi previsti. E allora chiederemo spiegazioni di queste lettere che ci sono arrivate». Sergio Vaccaro, senatore napoletano dei Cinque Stelle, fedelissimo di Luigi Di Maio, non usa il plurale per caso. Lui, insieme ad altri nove senatori del Movimento, è stato il destinatario delle lettere di richiamo mandate da Davide Casaleggio per i pagamenti, anche per la piattaforma Rousseau. ‘l’ra questi senatori spicca il nome di Paola Taverna, vicepresidente del Senato, altri diciassette sono deputati. «Ma quelle lettere non hanno motivo di esistere, i pagamenti per la piattaforma Rousseau, poi, devono risultare al di là della rendicontazione. Lo dimostreremo insieme ad altri colleghi», garantisce il senatore Sergio Vaccaro e alle sue parole fa eco Vincenzo Garruti. Nemmeno lui, il senatore militare che arriva dalla Puglia, esita: «I versamenti per la piattaforma Rousseau sono a posto, l’ultimo l’ho fatto il 1° di settembre. Non ho problema a dimostrare la regolarità dei miei pagamenti». Regolarità che sono state contestate anche ai senatori Francesco Mollame ed Emanuele Dessi, Cristiano Anastasi, Marinella Pacifico e anche a Maria Laura Mantovani che come i suoi colleghi respinge al mittente le accuse.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – Un movimento spaventato torna ai toni (e ai temi) di ieri
Tema: M5S

Se non fosse considerato tuttora una sorta di suggeritore della maggiore forza di governo, Beppe Grillo potrebbe essere accolto da un sorriso di sufficienza per le sue prese di posizione. E quando accusa la sinistra di avere «poche idee» e la destra di «non averne nessuna», contrapponendo le proprie proposte, c’è da chiedersi che cosa sia più preoccupante. Si tratta di un biglietto da visita culturale che non potrà far gioire né gli alleati di governo, né gli interlocutori europei. Anche se il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, tende a liquidarlo come un soprassalto identitarlo in vista di elezioni regionali nelle quail il M5S rischia di riemergere quasi polverizzato. Ma l’uscita grillina può spiegare sia le resistenze ideologiche nei confronti del prestito del Mes, sia la confusione che tuttora regna sui progetti per il Fondo per la ripresa. Ieri il premier Giuseppe Conte, parlando a una platea ha spiegato che le proposte sono in una fase avanzata: a cominciare da quelle che riguardano il Next Generation Fund per le prossime generazioni. E ha aggiunto: «Se perderemo questa sfida avrete il diritto di mandarci a casa». In quel caso magari ci sarebbe anche il dovere del governo di dimettersi, per il danno enorme che sarebbe stato fatto. Ma sullo sfondo delle pulsioni assistenziali che emergono in parte della maggioranza, si capisce perché il capo del governo metta le mani avanti. Quello che brutalmente il ministro degli esteri grillino, Luigi Di Maio, ha chiamato il tentativo di appropriarsi del «bottino» degli oltre 200 miliardi di euro europei, è un tema vero. E la questione ancora più pressante è se il governo riuscirà a distribuirli in modo da riformare il Paese.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Grillo, mano tesa a Casaleggio E alla sinistra: restiamo insieme
Tema: M5S

Difende Davide Casaleggio ma non la piattaforma, sulla quale in questi giorni si sta trattando per arrivare a un compromesso, dopo i mancati pagamenti e le minacce di depotenziamento: «Per primi al mondo abbiamo avuto una piattaforma per il voto. Non è una difesa di Rousseau, è la difesa di una tecnologia per la quale dobbiamo ringraziare Casaleggio padre e figlio». E il brano finale del lungo monologo di Beppe Grillo, uno di quelli a meta tra programma politico, prova d’attore e sfogo. Alla fine, il fondatore dei 5 Stelle la butta lì, alla platea tramortita dal flusso di parole: «Belin, neanche un applauso?». Poteva starci, considerando che il suo intervento alla conferenza stampa organizzata dal ministro Stefano Patuanelli è travolgente. In quei venti minuti Grillo toma alle origini, ripescando dai cassetti l’armamentario di anni di spettacoli sul futuro e le idee avveniristiche che facevano parte del corredo ideologico del Movimento, prima che arrivasse al governo. Non a caso Grillo rimprovera i presenti, con affetto: «In Parlamento si parla solo di nomine, in Italia abbiamo menti straordinarie e invece ci perdiamo in sonore cazzate. Siete vittime del dentro, bisogna ascoltare anche chi è fuori». Mentre affastella proposte ed elogia il telelavoro,.Grillo lancia saette che colpiscono il Movimento da vicino. Serve, dice, un «reddito universale incondizionato, senza ricatti, senza lavoro e corsi preparatori. Non un piatto di minestra. Ti do il reddito perché sei vivo». E ancora, facendo fischiare le orecchie a Palazzo Chigi: «Stanno lavorando a 500 progetti e nessuno sa niente, i cittadini non possono sapere?». Non solo: «Strade, autostrade e ponti di nuovo? Liberalizziamo i cantieri? Vedrai i casini che vengono fuori, bisogna fare solo i cantieri che servono e andare oltre il cemento». Grillo sembra un alieno rispetto al Movimento attuale, ma continua a sostenere il governo: «La sinistra ha poche idee, la destra nessuna, noi qualcuna. Dobbiamo stare insieme».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Intervista a Silvio Berlusconi – «Ho temuto di non farcela Il mio appello perché si voti» – «Io spossato ma sereno Ai malati di Covid dico: non lasciatevi andare»
Tema: centrodestra

Intervistato dal Corriere della Sera il leader di Forza Italia sostiene che «l’opposizione non è mai stata veramente coinvolta nella gestione di questi mesi difficili» e che  Pensa il governo abbia le idee chiare solo «sul durare il più a lungo possibile». Sul Mes pensa che dovrebbe essere presa subito una decisione? «E davvero grave che non sia stata ancora presa una decisione positiva. Nelle condizioni in cul ci troviamo, è incomprensibile rinunciare a delle ingenti risorse a costo zero che ci consentirebbero di costruire nuovi ospedali, di ammodernare quelli esistenti, di assumere più personale sanitario, di investire nella ricerca. Davvero non riesco a capire il senso di questo no». Se il centrodestra trionfa alle elezioni regionali cosa succede? «Che avremo un buon governo nelle Regioni e nei Comuni e si confermerà che la attuale maggioranza di governo non è la maggioranza del Paese». E per parlare di un vostro successo in quante Regioni dovete vincere? «Non ci poniamo limiti. Potremmo anche vincere dovunque». Avete lasciato libertà di scelta sul referendum, è una riforma che andava fatta diversamente? «Senza dubbio. Noi avevamo tagliato il numero dei parlamentari fin dal 2005, ma nel quadro di una riforma organica delle istituzioni, che poi fu cancellata dalla sinistra. Fatto così, il taglio dei parlamentari è solo una riduzione degli spazi di rappresentanza, di libertà, di democrazia. Per questo Forza Italia ha lasciato libertà di voto a tutti i suoi sostenitori».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni 
Titolo: Gualtieri. Recovery, una strategia antidebito – Recovery, dai prestiti finanziamenti anche alle spese già previste
Tema: Recovery

Gli 82 miliardi di sussidi di NextGeneration Eu saranno utilzzati tutti per creare un «aumento equivalente» di investimenti pubblici e privati, mentre per i quasi 128 miliardi di prestiti previsti dal programma bisognerà cercare l’equilibrio giusto fra la spinta aggiuntiva alla crescita, prodotta dai progetti nuovi, e l’esigenza di non gonfiare ulteriormente il debito, che si contiene girando le risorse targate Ue a programmi già previsti dai tendenziali di finanza pubblica. Nell’audizione sul Recovery Plan alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri mette ordine nella girandola di ipotesi circolate negli ultimi giorni sulla destinazione dei fondi Ue e sulle loro ricadute in termini di conti pubblici. E conferma uno scenario nel quale una quota di prestiti potrà servire a coprire, a tassi ridotti, spese già presenti nei programmi italiani. Quest’ultima strada è stata imboccata per i 28,8 miliardi del Sure, che secondo la richiesta di Roma già esaminata dalla commissione serviranno a finanziare Cig, congedi parentali e aiuti agli autonomi introdotti con i decreti degli ultimi mesi. Un meccanismo del genere, che dovrebbe tradursi in una prima erogazione a dicembre, aiuta perché permette di finanziare spese per 1,7 punti di Pil a tassi sostanzialmente azzerati. E la stessa prospettiva dovrebbe riguardare il Mes, «se decideremo di usarlo», che in quest’ottica più che a sostenere nuovi investimenti in sanità servirebbe quindi a coprire le spese avviate in questi mesi e collegate alla pandemia: scelta che aiuterebbe i conti ma azzopperebbe l’argomento principe delle tante spinte politiche pro-Mes, non ultime quelle del ministro della Salute Speranza.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Conte: se falliamo sul Recovery fund mandateci a casa – «Recovery fund, se sbagliamo mandateci a casa»
Tema: Recovery fund

Che la vera sfida dei prossimi mesi, per il governo, sia quella del Recovery fund lo si capisce dalle parole di Giuseppe Conte, pronunciate durante l’incontro con gli studenti di una scuola di Norcia. «Se perderemo quella sfida» dice il presidente del consiglio riferendosi al piano europeo di aiuti che prevede per l’Italia 209 miliardi di euro, «avrete il diritto di mandarci a casa». Il tema ha fatto fibrillare non poco la maggioranza nelle ultime ore, anche in vista del voto di domenica e lunedì per il referendum sul taglio dei parlamentari e le Regionali. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in audizione in Parlamento, parla di «punto di svolta», di «occasione irripetibile». Ma soprattutto assicura che il piano italiano non si tradurrà «in un’ondata di spesa corrente o di tagli di imposta» ma «deve invece determinare il rilancio degli investimenti pubblici e privati», promettendo che «faremo pochi grandi progetti, non tanti micro progetti». Il nodo è proprio questo: non disperdere le risorse in mille rivoli che non avrebbero effetto su una ripresa che si annuncia comunque difficile e che, peraltro, difficilmente avrebbero il via libera di Bruxelles, dove già la trattativa di luglio per chiudere il piano non era stata una passeggiata. La lunga lista di progetti inviati dai singoli ministeri pubblicata due giorni fa dal Corriere — 557 proposte per un totale 677 miliardi di euro, oltre il triplo di quelle disponibili — ha fatto capire quanto il lavoro sia complicato. In Parlamento sono in arrivo le linee guida del governo con i principi che dovranno seguire i singoli progetti e che si concentreranno in particolare su transizione verde, digitale e inclusione sociale. Linee guida di fatto chiuse una settimana fa ma che Palazzo Chigi ha voluto rivedere proprio per dare un’ulteriore stretta che impedisca la dispersione delle risorse. Nel governo c’è chi pensa che il percorso sia stato sbagliato fin dall’inizio. Chiedere ai singoli ministeri di presentare i propri progetti fa correre il rischio, anche con le migliori intenzioni, di trasformare il tutto in un esercizio da manuale Cencelli, dove accontentare un po’ tutti ma senza costruire qualcosa di solido.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Di Branco Michele 
Titolo: Pensioni, Ape sociale e Opzione donna proroga di un anno – Ape sociale e opzione donna prorogate per un altro anno
Tema: pensioni

Ape Sociale e Opzione Donna, arriva la proroga. La partita governo-sindacati sulla riforma del sistema previdenziale parte oggi con due palle già virtualmente in buca. L’esecutivo, che pure ancora non conosce l’esatta entità della copertura finanziaria necessaria per portare avanti i molti dossier sul tavolo, ha già deciso che si va avanti ancora per un anno con due strumenti in scadenza a fine 2020. Dunque conferma nel 2021 per l’Ape Sociale che consente a talune categorie di lavoratori (disoccupati, caregiver, invalidi al 74%, addetti a mansioni gravose) di andare in pensione 63 anni, con 30 0 36 anni di contributi, e nuovo disco verde anche per Opzione Donna: un meccanismo di pensione anticipata riservata alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2019 abbiano maturato 35 anni di contributi e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome). Per l’Ape Sociale, tra l’altro, si sta ipotizzando un potenziamento dell’operazione al fine di includere tra i beneficiari alcune categorie al momento tagliate fuori. Questa esigenza sta molto a cuore ai sindacati. «Negli incontri precedenti – spiega Domenico Proietti, segretario confederale Uil, – abbiamo illustrato al governo tutte le nostre proposte, tra cui la proroga dell’ampiamento della platea delle categorie dell’Ape sociale, la proroga di Opzione Donna, il completamento della salvaguardia degli esodati, il rafforzamento della quattordicesima e la promozione delle adesioni ai fondi pensione». Altro tema caro ai sindacati quello del sostegno ai giovani con la creazione di una pensione di garanzia in grado di contrastare salari bassi, carriere discontinue e disoccupazione: un mix di elementi che, proiettati negli anni a venire, renderanno le pensioni sempre più misere. Secondo i dati del Censis, fra 30 anni, saranno 5,7 milioni coloro che potrebbero trovarsi sotto la soglia di povertà e per evitarlo si sta cercando di costruire una misura in grado di garantire assegni dignitosi anche a chi ha buchi contributivi derivanti da carriere discontinue.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Amadore Nino – Viola Vera – Palmiotti Domenico 
Titolo: Effetto Covid: Napoli e Palermo perdono 23mila posti di lavoro – Il Covid colpisce le città del Sud, 23mila posti persi a Napoli e Palermo
Tema: lavoro

Un colpo di grazia su un tessuto economico già fragile e incerto. E, si può dire, oggi stroncato dal Coronavirus che ha colpito soprattutto le città del Mezzogiorno: da Napoli a Palermo. Secondo stime sindacali (Fisascat-Cisl), per dire, a Palermo e provincia sono andati in fumo 8.000 posti di lavoro nei settori del commercio, della ristorazione e del turismo. E il peggio deve ancora venire: «Quando saranno sbloccati i licenziamenti – dice Monia Cajolo, segretaria regionale della Filcams-Cgil – la situazione è destinata a peggiorare. Si prefiguraun grande problema sociale: a chi è rimasto senza lavoro si sommerà chi non potrà prendere la disoccupazione perché non ha raggiunto il periodo di lavoro stabilito dalla legge e i nuovi licenziamenti». Per oggi è stata fissata una conferenza stampa del presidente della Regione Nello Musumeci per annunciare le misure a sostegno delle imprese. Si vedrà. Le cose non vanno certamente meglio a Napoli dove i saldi non hanno portato ossigeno alle piccole imprese e al commercio: i negozi restano aperti, ma si fa fatica ad andare avanti. La spesa media per i saldi, secondo uno studio di Confesercenti, si è ridotta del 58% in Campania e ancora più, addirittura del 61% a Napoli. Per l’organizzazione di categoria sono statibruciati in 12 mesi 270 milioni di fatturato,160 del quali nel capoluogo ma soprattutto 15mila posti di lavoro.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pesole Dino 
Titolo: Meno interessi per 11 miliardi in cinque anni
Tema: debito pubblico

Se si guarda al set di strumenti messi in campo da Bruxelles, tra Recovery Fund, Mes e fondo Sure il risparmio sul versante della spesa per interessi appare rilevante. Il conteggio incrociai dati del Mef e di Banca d’Italia e colloca in primo piano i 5,5 miliardi in 15 anni che Via XX Settembre ha calcolato per effetto dell’attivazione del fondo Sure, destinato a mitigare le conseguenze della pandemia sull’occupazione (27,4 miliardi). Vi si aggiungono 1,3 miliardi in media l’anno, dal momento in cui diverrà operativo il New Generation EU, che assegna all’Italia circa 209 miliardi. Il quadro si completerebbe qualora il Governo decidesse di ricorrere anche alla nuova linea di credito del Mes, pari a oltre 36 miliardi (il 2% del Pil), destinata a finanziare esclusivamente i “costi diretti e indiretti” della sanità. Da questa fonte di finanziamento è atteso un risparmio di 5 miliardi in dieci anni. La somma dei vari addendi porterebbe a circa 11 miliardi in un quinquennio la minore spesa per interessi necessaria per finanziare un debito che veleggia verso il 160% del Pil. Il che renderebbe meno ansiogena la gestione delle prossime emissioni di titoli del debito, peraltro già ampiamente sostenuta dal piano straordinario di acquisti della Bce.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Carretto Bianca 
Titolo: Fca-Psa, la Borsa dice sì I sindacati: ma ora garanzie
Tema: Fca-Psa

Il mercato ha apprezzato le modifiche dell’accordo, annunciato alla fine del 2019, tra Psa e Fca. II titolo del Lingotto ha registrato ieri la migliore performance di Piazza Affari, con un rialzo del 9,01%. Fca ha accettato di abbassare il dividendo straordinario da distribuire ai propri azionisti, passato da 5,5 miliardi di euro a 2,9 miliardi (circa il 48% in meno). Nello stesso tempo Psa distribuirà la sua partecipazione del 46% del capitale di Faurecia – produttore di componentistica per auto – anche agli azionisti della nuova societa Stellantis, creata per accogliere la fusione dei due gruppi, la cui nascita è prevista per la fine di marzo 2021. Per riportare in pari i rapporti finanziari, i soci di Fca, riceveranno il 23% del capitale di Faurecia, rispettando così i patti di un matrimonio che portava in dote l’equilibrio «tra uguali», messo in crisi dalla pandemia. Sempre Psa e Fca potranno considerare di distribuire, ognuna, 500 milioni ai propri azionisti prima della firma finale, in alternativa un miliardo di euro dopo la formalizzazione definitiva. Stellantis potrà così beneficiare di 2,6 miliardi di liquidità supplementare. I gruppi di lavoro hanno poi evidenziato la possibilità di creare sinergie comuni, per 5 miliardi di euro, contro i 3,7 miliardi iniziali. Il percorso per arrivare alla conclusione di questo progetto industriale che dovrebbe dare vita al quarto gruppo dell’automobile mondiale, deve però superare ancora alcuni ostacoli. L’Ue ha aperto un’istruttoria antitrust sulla fusione, per evitare posizioni dominanti nel comparto dei veicoli commerciali leggeri, e non ha ancora espresso il suo parere.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mar.man. 
Titolo: Per gli azionisti dei due gruppi equa spartizione dell’effetto Covid
Tema: Fca-Psa

Lo schema dell’operazione, di fatto, subisce poche modifiche, quello che cambia sono i termini finanziari pre fusione sia per i soci di Fca, partendo da Exor a cui fa capo il 29%, sia per gli azionisti della casa francese, nel cui libro soci compaiono la famiglia Peugeot al 13,6%, lo Stato Francese (Bpifrance) e il socio cinese Dongfeng al12% ciascuno. Il blocco transalpino dunque è proprietario del 37,6% di Psa. Nella prima versione dell’accordo era prevista una netta divisione tra le cedole garantite ai soci Fca e quelle per il blocco degli azionisti transalpini. Il matrimonio generava a regime un monte cedole importante per Fca e soprattutto lo stesso era interamente cash: la fusione francese garantiva infatti ai soci un dividendo straordinario di 5,5 miliardi e per Exor la parte di competenza era pari a un dividendo di 1,6 miliardi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Longo Morya 
Titolo: Le banche estere riscoprono i BTp «Spread a 115» – Le banche estere scoprono i BTp Spread previsto in calo fino a 115
Tema: BTp

I BTp ora sembrano l’oggetto del desiderio di numerose banche d’affari internazionali. JP Morgan li consiglia rispetto ai Bund, Commerzbank prevede che lo spread sui decennali possa scendere a 115 punti entro fine anno. I motivi di tanto ottimismo sui BTp sono vari, anche tecnici, ma uno spicca in tutti i report: il mercato percepisce in Italia un minore rischio politico e una minore probabilità che il Paese possa un giorno uscire dall’euro. Un po’ perché il Recovery Fund, coni suoi 209 miliardi potenziali in arrivo dall’Europa, rappresenta un collante all’Unione europea non indifferente. Un po’ perché il Governo, nonostante l’incertezza elettorale, non è percepito in crisi. Sul mercato non si prevedono elezioni anticipate. Così i BTp, proprio nell’anno del Covid e del super-debito, scoprono di avere un sex-appeal che mai avrebbero pensato di avere. «Le elezioni regionali in arrivo sembrano non avere un potenziale destabilizzante per il Governo. E questo è inusuale perla volatile politica italiana – scrivono gli economisti dell’americana Citigroup -. Il rischio che arrivi un Governo nazionalista che faccia campagna per “meno Europa” è per ora ridotto. Non prevediamo infatti elezioni almeno fino a metà 2022».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Livini Ettore 
Titolo: Dai giganti del web solo 42 milioni al Fisco italiano
Tema: web tax

I giganti del web lasciano per un altro anno a becco quasi asciutto il fisco italiano. Google, Amazon, Facebook, Apple, Airbnb, Uber e Booking.com hanno versato nel 2019 in tutto all’Agenzia delle entrate 42 milioni di euro. II “bottino” dell’erario – dopo che l’intervento della procura ha costretto i big hi-tech a patteggiare arretrati erariali per quasi un miliardo – è cresciuto di parecchio rispetto agli 11 milioni complessivi raccolti nel 2016. Ma il carico fiscale sulle stelle dell’hi-tech, abilissime a parcheggiare (legalmente) i profitti nei paesi dove le aliquote sono più convenienti, resta piuttosto basso: Facebook paga imposte pari a un quarto di quelle della Fila, gloriosa azienda di matite piemontese. L’assegno versato al ministero delle Finanze da Google è inferiore di quello di La Doria (pelati). Le società di diritto italiano di Amazon – che nel nostro paese fattura 4,5 miliardi – hanno girato al fisco 11 milioni anche se il colosso guidato da Jeff Bezos si auto attribuisce un carico fiscale diretto nel nostro paese pari a 85 milioni, cifra che però comprende anche gli oneri contributivi sugli stipendi dei dipendenti. L’eterno e irrisolto problema della corretta tassazione dei colossi digitali non è ovviamente solo una questione italiana. I tribunali in Francia, Germania e Gran Bretagna hanno provato a più riprese negli ultimi anni a imporre ai re del Nasdaq il rimborso degli arretrati. Ottenendo solo successi parziali e provvisori. La questione è oggi sul tavolo dell’Ocse – l’organizzazione dei paesi in via di sviluppo – che sta esaminando una soluzione sovranazionale che consenta di affrontare il problema, trovando un metodo per convincere Facebook & C. a pagare almeno parte delle imposte nei paesi dove si generano fatturati e utili, eliminando le complesse triangolazioni che spostano la base imponibile nei paradisi a fiscalità ridotta.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bongiorni Roberto 
Titolo: Emirati e Bahrein firmano l’accordo di pace con Israele – Israele, Emirati, Bahrein: nuovo asse in Medio Oriente
Tema: Medio Oriente
Anche Trump lo sa bene. Nel travagliato Medio Oriente avere un nemico comune da combattere insieme è la strada principe per forgiare alleanze e creare amicizie a prima vista impensabili. Gli accordi di normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti e Bahrein rispondono anche, e forse soprattutto, a creare un asse comune, compatto e coeso, contro l’Iran e la minaccia poste dalle milizie sostenute da Teheran nella regione. Ieri è stato dunque il gran giorno. Tanti sorrisi. Non troppe mascherine e il circolo Trump al completo. Con una cerimonia festosa, verrebbe da dire più a uso e consumo interno, alla Casa Bianca è stato sancito quello che il presidente Donald Trump ama definire «uno storico giorno per la pace in Medio Oriente». «Siamo qui per cambiare il corso della Storia», ha dichiarato con una certa enfasi. In presenza del presidente americano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ufficializzato con i ministri degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrein i due accordi che segnano la ripresa ufficiale delle relazioni diplomatiche e commerciali. Nello Studio Ovale Trump ha consegnato una grande chiave d’oro contenuta in una scatola di legno descrivendola come «la chiave per la Casa Bianca, per il nostro Paese». «Tu hai la chiave per aprire il cuore del popolo israeliano», ha replicato Netanyahu. . I Paesi arabi che ora riconoscono ufficialmente Israele sono così saliti a quattro. A meno di due mesi dal voto per le presidenziali, ancora in difficoltà e in netto svantaggio nei sondaggi rispetto allo sfidante democratico Joe Biden, Trump sta cercando di recuperare consensi finalizzando una serie di successi diplomatici di notevole portata. Una mossa per rafforzare il consenso soprattutto tra gli influenti gruppi cristiani evangelici, vicini ad Israele. Nessuno mette in dubbio che un accordo di normalizzazione tra due monarchie sunnite del Golfo con Israele sia un evento molto importante. Ma quella che vuole essere venduta come una svolta storica è decisamente meno simbolica e importante di quanto accadde in passato.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Frattini Davide 
Titolo: Medio Oriente, firmata l’intesa Trump: è storia – La «pace» alla Casa Bianca tra Israele e due alleati arabi Trump: altri seguiranno
Tema: Medio Oriente
Dei settecento ospiti l’unico a restare a rasa è quello che avrebbe dovuto essere invitato. Il premier Benjamin Netanyahu è volato a Washington con-tutta la famiglia, i consiglieri, il capo del Mossad. Non si è portato dietro Gaby Ashkenazi, il ministro degli Esteri, avversario di campagna elettorale diventato alleato di coalizione. È lui — stabilisce una norma israeliana del 1951— a dover firmare i trattati con altre nazioni. Così l’ex capo di Stato Maggiore ha studiato nella notte il documento e ha concesso il permesso a Netanyahu prima della cerimonia. In cambio ha ottenuto la conferma che l’intesa non avrà valore fino a quando non sarà approvata dal governo al completo e dal Parlamento. Sull’erba del South Lawn alla Casa Bianca, lo stesso sfondo di colonne bianche della firma degli accordi di Oslo il 13 settembre del 1993, in pochi indossano la mascherina. Donald Trump ha voluto dare a questo patto tra lo Stato ebraico, gli Emirati Arabi e il Bahrein un nome biblico: gli accordi di Abramo sono i primi dal 1994, dalla stretta di mano con la Giordania. Il presidente americano parla di «sangue che ha bagnato le sabbie del deserto», spiega che anche Netanyahu «è stanco della guerra». In realtà i tre Paesi non hanno mai combattuto, la firma di ieri non chiude un conflitto come con i giordani (e prima con l’Egitto nel 1979). Apre però «una nuova alba di pace in Medio Oriente», proclama Trump, mentre Netanyahu, Abdullah bin Zayed Al-Nahyan (ministro degli Esteri emiratino) e Abdullatif Al Zayani (Bahrein) ripetono: «E una giornata storica». Trump assicura che «almeno altre cinque nazioni sono pronte a seguire questi passi», che anche i palestinesi torneranno a negoziare («ci stiamo parlando»), che potrebbe raggiungere un accordo con l’Iran in poco tempo, «se venissi rieletto». Per ora la cerimonia ha solo riavvicinato i leader palestinesi divisi, il presidente Abu Mazen ha parlato con Ismail Haniye, capo di Hamas, e insieme ribadiscono: «La nostra causa non si svende».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  S.N. 
Titolo: Intervista a Saeb Erekat – Saeb Erekat “Ma non trattino per noi palestinesi”
Tema: Medio Oriente

«L’hanno chiamato ‘accordo di pace’ ma non ricordo guerre tra Israele ed Emirati o Bahrein. Il conflitto è tra israeliani e palestinesi». Saeb Erekat, segretario generale dell’Olp, è risoluto nel ripudio del “nuovo Medioriente” inaugurato a Washington. Storico capo negoziatore dell’Autorità palestinese, fu stratega degli accordi di Oslo, firmati il 13 settembre di ventisette anni fa sullo stesso prato della Casa Bianca in cui oggi a stringersi la mano sono Israele, Emirati e Bahrein. È la morte della solidarietà aràba, ha detto il premier Shtayyeh. «Siamo arrabbiati con gli arabi. Hanno violato il loro impegno nei confronti dei palestinesi: non c’è normalizzazione senza la fine dell’occupazione. Invece di ‘pace per territori’ hanno fìrmato ‘pace per protezione’». Cioè? «Credono che Israele li difenderà dall’Iran. Un’illusione. I problemi di sicurezza degli arabi, palestinesi inclusi, vanno trattati in seno al mondo arabo».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Klein Halevi Yossi 
Titolo: Il commento – Gli errori strategici dell’Europa che resta irrilevante
Tema: Medio Oriente

L’accordo tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain si scontra con le convinzioni fondamentali sul processo di pace in Medio Oriente condivise dai capi di Stato europei sin dagli anni Settanta. La prima è che la chiave di volta della pace sia da ricercarsi nella costituzione di uno Stato palestinese. Oggi, invece, gli Emirati e il Bahrain stanno normalizzando le relazioni con lo Stato ebraico senza che la regione abbia fatto passi avanti sulla questione. E uno scenario diverso dagli esiti ipotizzati dai leader europei: anziché arrivare alla pace con il mondo arabo tramite la creazione di uno Stato palestinese, le speranze oggi si appuntano sull’alleanza tra Israele e il mondo arabo, per arrivare a uno Stato palestinese. A questo avrebbero dovuto puntare gli europei sin dall’inizio. La seconda convinzione errata dell’Europa riguarda Israele, ritenuto cardine della questione della pace in Medio Oriente. Si è sempre sostenuto che occorreva esercitare pressioni sullo Stato ebraico per ottenere concessioni nei confronti del palestinesi. L’accordo tra Israele e gli Stati del Golfo rappresenta un argomento formidabile a sostegno della tesi opposta.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bartoloni Marzio 
Titolo: La mini quarantena divide Oms: sì per gli asintomatici – La mini quarantena divide, ma l’Oms dice sì
Tema: Covid

Liberare chi ha il Covid ma è senza sintomi dopo io giorni e non 14 come oggi. A chiedere di ridurre la quarantena almeno per gli asintomatici è la stessa Organizzazione mondiale della Sanità che da sempre sul Covid tiene la barra dritta verso la massima cautela. Ma sul tema dell’isolamento fiduciario ha già in parte rivisto le sue posizioni già dallo scorso giugno aprendo a una riduzione per chi non ha sintomi. Eppure il tema della mini-quarantena ridotta da 14 a 10 giorni divide ancora, anche in Italia. Gli scienziati del Comitato tecnico scientifico investiti della questione dal ministro della Salute Roberto Speranza ne hanno parlato ieri e hanno deciso di prendere tempo: dentro il Cts prevale da sempre la linea della prudenza soprattutto ora che i contagi hanno ricomindato a risalire – ieri 1.229 in più – e si guarda con timore alla riaperture delle scuole. Ma il tema è ormai aperto in Europa. La Francia che ha ridotto la quarantena a sette giorni è stata seguita dall Slovenia che prevede l’isolamento a 10 giorni e per questo ci saranno ulteriori approfondimenti con un apposito quesito che sarà sottoposto a quella che è la Cassazione su queste decisioni. E cioè il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (l’Ecdc) e l’Organizzazione mondiale della Sanità. Ma sia l’Ecdc che l’Oms proprio nei giorni scorsi hanno frenato ribadendo in generale la necessità di tenere la quarantena a 14 giorni. Peccato però che proprio l’Oms nel suo ultimo documento ufficiale di revisione sulle quarantene («Criteria for releasing Covid-19 patients from isolation») pubblicato nel giugno scorso abbia delineato una posizione molto meno rigida.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ricci Sargentini Monica 
Titolo: Vicini ai 30 milioni di contagi ma in Italia l’aumento è lieve
Tema: Covid

La pandemia da coronavirus continua a viaggiare a ritmi incredibili. Ormai nel mondo si sta per superare la soglia dei 3o milioni di casi. Una cifra che solo qualche mese fa avremmo giudicato fantascienza. Gll Stati Uniti continuano a detenere il record numerico di contagi con 6.559.712 persone positive e 1.836 morti ma se confrontiamo i dati con il numero di abitanti allora è Israele ad essere in cima alla classifica con 162.273 casi, 1.141 morti e 5 mila contagi registrati ieri. Tanto che Netanyahu ha deciso di imporre un secondo lockdown di almeno tre settimane che scatterà alle 14 di venerdì 18 settembre in occasione del Capodanno e che finirà il 10 ottobre per la festa di Slmcha’ Torah. L’India, che è il secondo Paese più colpito, ormai sta per superare i 5 milioni di casi di cui 83.809 registrati ieri. Un bilancio che rischia di aggravarsi ulteriormente e velocemente anche come conseguenza della mancanza di ossigeno in diversi ospedali indiani, in particolare nella capitale Nuova Delhi e nello Stato del Madhya Pradesh. Seguono il Brasile con 4.345.610 casi e la Russia con 1.069.873. In Europa guida la classifica dei contagi la Spagna (603.167) che ieri ha superato i 30 mila morti, seguita dalla Francia (437.983) e dal Regno Unito (373.565) che ha vietato i raduni, anche in casa, con più di sei persone. E veniamo all’Italia dove ierii contagi erano in lieve aumento: 1.229 contro i 1.008 di lunedì per un totale di 289.990 casi, un dato positivo se consideriamo che i tamponi erano praticamente raddoppiati rispetto al giorno prima passando da 45.309 a 80.517. La regione più colpita è la Lombardia con 176 casi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pelosi Gerardo 
Titolo: Italia-Germania, due presidenti in campo – Mattarella e Stemmeier insieme per rilanciare l’Europa dopo il Covid
Tema: vertice Italia-Germania

Sintonia, solidarietà, condivisione. Davanti alle sfide più difficili (integrazione europea, lotta ai nazionalismi, ora la pandemia da Covid) Italia e Germania hanno sempre dimostrato di trovare dentro di loro le energie necessarie per rimboccarsi le maniche e guardare avanti. Un patrimonio di valori protetto con meticolosa attenzione da tutti i Presidenti della Repubblica italiana e della Repubblica federale tedesca. Consolidato ora dal rapporto speciale che si è creato da tre anni a questa parte tra Sergio Mattarella e Frank-Walter Steinmeier. Domani saranno insieme a Palazzo Reale di Milano per lanciare un messaggio comune sulla volontà di ripresa della società e dell’economia europea piegata dal Covid. Insieme vedranno alcuni dei 50 malati italiani ospitati nelle terapie intensive tedesche quando quelle italiane erano già al collasso tra marzo e aprile. Ascolteranno testimonianze e storie di chi ce l’ha fatta e ha superato l’infezione e dei familiari di chi purtroppo è rimasto vittima della pandemia. Una solidarietà che si è realizzata spesso dal basso dall’interazione tra le comunità locali. Si farà stato dell’eccezionale livello dei 400 gemellaggi tra Comuni italiani e tedeschi. Poi in pomeriggio all’Hangar della Bicocca i due presidenti prenderanno parte al panel economico sul dopo Covid che vedrà interventi dei professori Marco Fortis, Albertó Mantovani, Francesca Bria e dell’ad di Enel Fracesco Starace.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Geroni Attilio 
Titolo: L’analisi – La nuova Germania aspetta la nuova Italia
Tema: vertice Italia-Germania

L’incontro tra i due capi di Stato è uno dei rari momenti di verità ed equilibrio perché votato alla stabilità e all’approfondimento dei punti di convergenza tra i Paesi. Il Quirinale ha mantenuto storicamente la barra dritta nei rapporti con Berlino, anche quando i governi litigavano. Per restare agli ultimi decenni è stato così con Carlo Azeglio Ciampi, insignito nel 2005 del premio Carlo Magno, con Giorgio Napolitano, e ovviamente è così con Sergio Mattarella. Accanto a una certa politica istituzionale, la sfera economico-imprenditoriale non si è potuta permettere il lusso di vivere all’ombra dei luoghi comuni. Le aziende italiane e tedesche collaborano e competono sui mercati internazionali e sul mercato unico, hanno imparato a conoscersi per quello che sono. Così i sistemi industriali della prima e della seconda manifattura d’Europa hanno raggiunto un elevato grado di interdipendenza. La  Germania è la prima destinazione dell’export italiano del settore (2,9 miliardi nel 2018) e molte aziende tedesche hanno fatto fatica a riaprire dopo il lockdown poiché i loro fornitori ital ani erano ancora fermi. Ma al di là di questi due punti fermi nell’altalena dei rapporti bilaterali, la visita di Frank-Walter Steinmeier è importante perché il presidente della Repubblica federale tedesca incarna molto bene il cambiamento di paradigma che la crisi del Covid-19 ha imposto alla classe dirigente della Germania e anche ad ampi strati della società. Socialdemocratico, ex vicecancelliere ed ex ministro degli Esteri, Steinmeier rappresenta
l’inizio della fine del pensiero unico tedesco sull’ortodossia di bilancio e sulla scarsa propensione alla condivisione del rischio.
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IL SOLE 24 ORE
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LA STAMPA
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