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SINTESI IN PRIMO PIANO – 16 novembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Virus, superata la soglia delle 45 mila vittime;
– I 5S diventano un partito. Di Battista: blindare la regola dei 2 mandati;
– La nuova Cig parte da oggi ma ancora ritardi per 526mila addetti;
– Gli sgravi sul lavoro delle donne nella manovra da 40 miliardi;
– Trump ammette la sconfitta poi ci ripensa: “Vinceremo noi”;
– Il modello austriaco in difesa del Cenone: lockdown per un mese e tamponi di massa;
– Etiopia, missili oltre frontiera. Colpita Asmara.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  De Leo Carlotta 
Titolo: Virus, superata la soglia delle 45 mila vittime – Superata la soglia delle 45 mila vittime
Tema: Emergenza Covid-19, il bilancio

Meno contagi (ma con un numero ridotto di tamponi) e più persone in terapia intensiva: la corsa del coronavirus continua. Ieri sono state registrate quasi 34 mila (33.979) nuove infezioni da Sars-CoV-2. Complice il weekend che riduce i prelievi, però, il numero dei tamponi è inferiore: 195.275, ben 32 mila in meno del giorno prima. Aumenta il tasso di positività: su cento test effettuati, 17,4 hanno scoperto il contagio (venerdì era il 16,3%). Le vittime sono 546, due in più delle 24 ore precedenti, e portano a superare la soglia di 45 mila morti per Covid-19 in Italia dall’inizio dell’epidemia (45.229). «L’età media delle vittime e la stessa della primavera – spiega Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità -. il tasso di mortalità è alto in Italia perché la popolazione ha un’età avanzata». Preoccupa ancora la situazione negli ospedali. In terapia intensiva ieri erano ricoverati 3.422 malati gravi, 116 in più di venerdì. I pazienti nei reparti ordinari invece hanno superato quota 32 mila (32.047), +649 rispetto al giorno prima. «Ci sono tanti malati, ma c’è stato anche un “assalto” agli ospedali», afferma Locatelli che vede comunque primi segnali di miglioramento: «C’è uno spiraglio e un’iniziale ma chiara decelerazione della trasmissibilità» del virus, con l’indice Rt nazionale sceso da 1,7 a 1,4. «Cominciamo a vedere gli effetti delle misure in atto». Con più di 700 mila attualmente positivi (712.490 quelli registrati ieri nel bollettino del ministero della Salute) è difficile però ipotizzare a breve a un’inversione di tendenza della curva epidemiologica. «Se le misure attuate finora vengono rispettate, eviteremo il lockdown nazionale. Abbiamo 2 o 3 settimane di tempo per valutare», spiega Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza, a L’Aria di domenica su La7.
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Testata:  Stampa 
Autore:  m. gia. 
Titolo: Intervista a Roberto Speranza – “Le zone rosse funzionano le Regioni ci ringrazieranno” – “Il picco potrebbe arrivare tra 7 giorni È lunare discutere adesso del Natale”
Tema: Emergenza Covid-19

«Io resto molto prudente, ma i nostri esperti del Cts ci dicono che la curva dei contagi si va stabilizzando. È ancora presto per dirlo, aspettiamo altri dati, ma ci sono valide ragioni per credere che le ultime misure che abbiamo adottato comincino a dare qualche risultato…». Appena conclusa l’ennesima conference call della domenica pomeriggio, Roberto Speranza sfoglia l’ultimo report del Comitato Tecnico Scientifico, e per la prima volta sul campo della battaglia al Covid la paura lascia qualche centimetro di terreno alla fiducia. I contagi rimangono alti, le terapie intensive restano sottoposte a una pressione crescente, le vittime aumentano. «Le criticità ci sono tutte, e mi sono ben evidenti», osserva il ministro della Sanità. «Ma se guardiamo ai numeri, ci accorgiamo che i nuovi casi di coronavirus registrati nello scorso weekend sono gli stessi di quest’ultimo sabato e domenica. Vuol dire che il contagio si è fermato? Ancora non lo sappiamo con sicurezza, ma gli scienziati ci informano che i primi segnali di stabilizzazione ci sono tutti. Se questo è vero, si conferma la validità della strategia che abbiamo adottato, che alla fine è molto chiara: vogliamo governare la curva, senza arrivare al lockdown totale. E si conferma la necessità di non mollare adesso: i prossimi sette-dieci giorni saranno decisivi, e ci diranno se la divisione del Paese in tre zone, e il meccanismo sostanzialmente automatico delle restrizioni regione per regione, sta dando i frutti che tutti speriamo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: I 5S diventano un partito – M5S, la sfida di Di Battista “Tornerò in prima linea” Ma resta in minoranza
Tema: M5S

«E ora avanti insieme, uniti». Le parole con cui Vito Crimi, gran cerimoniere degli Stati generali, chiude le quattro ore di diretta da un palco virtuale, con i pupazzi a far da spettatori, celebrano la legittimazione di un gruppo dirigente ampio, che alla vigilia dell’evento ha messo insieme le diverse anime del Movimento e ha allontanato il temuto sisma che avrebbe potuto propagarsi sino a Palazzo Chigi. Prevale, nei fatti, l’ala governista e si allontana la prospettiva della scissione: «Non vedo l’ora di rimettermi in prima linea per i 5S», dice il grande oppositore interno Alessandro Di Battista. Parole che lasciano intendere la volontà di non rompere. Però la partita rimane aperta. Perché Di Battista chiede “garanzie” e fra queste include l’istituzione di un comitato di garanzia, senza esponenti di governo al suo interno, che passi al setaccio le nomine fatte sinora dell’esecutivo. Richiesta non facilmente accoglibile da Di Maio e compagni ma alla quale l’ariete romano lega il suo ingresso nel direttorio che nascerà di qui a qualche settimana. La maggioranza larga messa su da ex rivali (da Di Maio a Fico) attende senza fretta, convinta di aver imbrigliato Di Battista con la forza dei numeri e cedendo su alcuni punti cari all’ex deputato. Come il mantenimento (per ora) del vincolo del due mandati e lo svincolo da alleanze strutturali con altre forze politiche. Anche se, su questo tema, le sensibilità sono diverse. Se Di Maio e Crimi dicono che le uniche intese potranno essere “programmatiche”, il presidente della Camera Roberto Fico afferma che occorre «proseguire il confronto con il centrosinistra con il quale governiamo, anche a livello amministrativo». Quel che è certo e che dal palco virtuale del “congresso” stellato viene fuori il modello di governane gradito a Di Maio&C: quell’organismo collegiale, probabilmente con sette membri, che sarà messo al voto nei prossimi giorni su Rousseau.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Capurso Federico 
Titolo: Di Battista: blindare la regola dei 2 mandati
Tema: M5S

Gli Stati Generali sono appena iniziati. Lo dice con un sorriso il reggente del Movimento Vito Crimi, nella giornata conclusiva del congresso grillino, ma non scherza più di tanto. Perché tutti i cambiamenti messi sul tavolo e affrontati dai big del partito non vedranno la luce prima di un mese. Il doppio mandato, le alleanze, la nuova segreteria politica, il rapporto con Rousseau e il radicamento nei territori, con gerarchie e nuove sedi di partito da aprire: ogni cosa dovrà passare dal voto online degli iscritti, poi essere inserita nel nuovo statuto, da far approvare su Rousseau con maggioranza qualificata. Un cambiamento che avrà bisogno di tempo. E in questa finestra si cercheranno di tenere insieme i pezzi del Movimento, incollati a fatica da Luigi Di Maio, Roberto Fico e Paola Taverna in queste settimane. Perché “unità” è la parola che torna più di ogni altra nei 30 interventi in video di parlamentari, consiglieri regionali e comunali che si susseguono durante la giornata. Di Battista, invece, durante il suo intervento annuncia di non vedere l’ora di «tomare a fare politica in prima linea con il Movimento 5 stelle». Si allontana lo spettro di una scissione, dunque. Ma all’apertura seguono «sei garanzie» che l’ex deputato romano chiede per un possibile ingresso nella futura segreteria politica. Non vuole alleanze alle prossime elezioni, «qualunque sarà la legge elettorale», riforma che il Movimento non dovrà mai appoggiare «se non avrà le preferenze». Chiede la «revoca immediata delle concessioni» ai Benetton e che il limite dei due mandati venga scolpito nella pietra del nuovo statuto «nero su bianco». Poi, la sfida all’ala governista: la nascita di un «comitato di garanzia, cui parteciperanno iscritti e portavoce, ma non membri dell’esecutivo, che scriva regole chiare e trasparenti su tutte le nomine in tutti i ministeri e nelle partecipate di Stato».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Intervista a Vito Crimi – Crimi a Dibba: mai genuflessi – «Alessandro offende Rousseau fornirà solo alcuni servizi»
Tema: M5S

«È necessario che chi ha ruoli di responsabilità o la capacità di muovere consensi si metta in gioco ed entri nel nuovo organo collegiale». Vito Crimi è stanco ma soddisfatto. Alla fine ce l’ha fatta. «Sono contento della grande partecipazione. Siamo spesso stati accusati di reprimere il dissenso, invece abbiamo dato dimostrazione di democrazia, facendo parlare tutti e in ordine alfabetico. Abbiamo fatto un tagliando al Movimento». II documento di sintesi quando arriva? E chi la fa la sintesi? Lei? «Non ci sono altri soggetti titolati. Lo farò io con l’aiuto dei 34 facilitatori. Ci vorrà qualche giorno». E poi? Come si vota? «Dovremo decidere se fare un voto unico o per parti o per singoli quesiti». E l’organo collegiale? «Si voterà subito dopo. Sarà un organo rappresentativo, quindi con singoli candidati». Ma perché in una delle 170 riunioni che avete fatto non avete discusso e deciso la procedura di formazione di questo organo? «Varie sono state le proposte, poi dovrò fare io la finale al collegio di garanzia». Grillo ha disertato. Disinteresse o contrarietà? Non gli piaceva l’aria da «partito» di questo congresso? «No, Beppe ci è sempre vicino, vede la sua creatura che cresce. Nel mio discorso ci sono anche spunti tratti dalle sue idee.». Casaleggio ha rifiutato l’invito. Si scioglierà l’ambiguità del suo ruolo? Se si deciderà una nuova alleanza, sarà invitato a una riunione interna e alzerà la mano per dire sì o no, come ha fatto per il Pd? «Le decisioni le prenderà il nuovo organo collegiale. Poi se Casaleggio vorrà dare un’opinione ben venga. Lui è parte della storia del Movimento e questo non si può rinnegare».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buccini Goffredo 
Titolo: I ritardi, le grane, l’ambizione Ecco l’uomo dei mille incarichi
Tema: Domenico Arcuri

Piove? Chiamate Mimmo! Manca solo che gli appioppino pure il meteo, così che in caso di maltempo il governo si ripari dal malumore popolare. questo è il destino degli aggiustatutto italici, prima invocati in ogni dove (perché decidano) e poi capri espiatori (del decisionismo). Lui, Domenico Arcuri, mostra abbastanza considerazione di sé da agguantare le scommesse che il premier Conte gli va lanciando senza tregua: da nuovo Uomo del Fare. A giugno, tra polemiche furiose sulla gestione della pandemia, mascherine e tamponi fantasma, reagenti e forniture introvabili, sostenne papale: «Abbiamo fatto tutto in 85 giorni. Per una volta sarebbe davvero bello se tutti ci accorgessimo che siamo stati straordinari». Non tutti furono d’accordo. La stampa di destra lo chiama Mister Disastro, quella liberista gli dà dello statalista, una fondazione come Openpolis addirittura lo accusa di operare «col favore delle tenebre» perché può amministrare in autonomia; e comunque, tenebre o meno, è difficile non vedere il rosario di ritardi e mancanze sgranato fin qui (tra banchi a rotelle e/o dimezzati, bandi tardivi, terapie intensive virtuali). Gli hanno appena affibbiato l’ulteriore missione quasi impossibile di distribuire vaccini anti-Covid senza caos (la distribuzione di quelli per l’influenza è risolta dall’assenza della materia prima). Quando è emerso l’ennesimo incarico – occuparsi della grana llva in quanto ad di Invitalia – un opinionista garbato come Giorgio Meletti ha esplicitato la domanda che frulla in testa agli italiani tutti: «Ma quante ore dura la giornata di Arcuri?». Dicono che la sua polverina magica sia l’ambizione e che lui abbia da un pezzo messo nel mirino la prossima (ambitissima) poltrona, quella di Leonardo, ex Finmeccanica.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Melis Valentina 
Titolo: La nuova Cig parte da oggi ma ancora ritardi per 526mila addetti – Nuova Cig fino a gennaio ma resta il ritardo-pagamenti
Tema: Dl Ristori, cassa Covid

Scatta oggi la nuova tranche di cassa integrazione prevista dal primo Dl «Ristori» che consente alle aziende con attività sospesa o ridotta a causa del Covid-19 di chiedere un nuovo periodo di Cig ordinaria, assegno Fis o cassa in deroga per i lavoratori tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021. L’ulteriore aiuto viene incontro alle esigenze delle aziende che hanno già usato gli ammortizzatori introdotti da marzo in poi (18+18 settimane) e si estende alle imprese coinvolte dalle chiusure disposte in chiave anti-contagio dal Dpcm del 24 ottobre. Resta però il nodo dei ritardi nei pagamenti e nelle autorizzazioni di accesso alla cassa presentate dalle aziende. Che rappresenta un problema anche per la nuova tranche di cassa: il Dl 137/2020 stabilisce infatti che – a parte le imprese con attività sospesa dal Dpcm del 24 ottobre – chi chiede le nuove sei settimane di ammortizzatori deve aver già avuto l’autorizzazione a fruire delle ultime nove previste dal Dl Agosto (Dl 104/2020). In base a una stima del presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, Guglielmo Loy, sono 179mila le domande di ammortizzatori Covid presentate dalle aziende nei mesi scorsi ancora in attesa del via libera dell’Inps. Se togliamo dal calcolo le 98mila richieste arrivate a ottobre, ne restano 81mila giacenti da almeno 45 giorni. Se si guarda nel dettaglio questo arretrato,15mila richieste riguardano la cassa integrazione ordinaria, 12mila si riferiscono ai fondi di solidarietà (Fis) e 54mila (il 66,6%) sono relative alla cassa in deroga. Considerando il numero medio di addetti delle imprese che hanno presentato le domande – 12 per la Cigo, 15 per il Fis e 2,6 per la cassa in deroga – si ottiene una platea potenziale di 526mila lavoratori a rischio di ritardi nella ricezione dei pagamenti mensili.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: Le misure per famiglie e aziende – Gli sgravi sul lavoro delle donne nella manovra da 40 miliardi
Tema: Manovra

Circa 40 miliardi. Per ora. Risorse per il lavoro e la sanità, per le imprese e le famiglie, per le donne e i giovani. Che entro fine anno potrebbero aumentare, anche grazie al nuovo scostamento di bilancio previsto nei prossimi giorni a causa dell’emergenza Covid. E’ una strada a doppia corsia quella che sta percorrendo il governo che oggi si riunirà in Consiglio dei ministri per approvare in via definitiva la manovra economica che deve cominciare il suo iter parlamentare al più presto per far sì che le Camere la traducano in legge entro il 31 dicembre 2020. Un percorso che si affianca a quello del decreto Ristori ter (al Senato), che necessariamente richiederà un nuovo scostamento di bilancio. L’ok di oggi del governo è al testo già approvato il 18 ottobre «salvo intese», ma che nel frattempo si è arricchito di nuove misure. Da una parte gli interventi per la sanità con 400 milioni di euro destinati a vaccini e farmaci anticovid, 537,6 min (nel periodo 2021-2025) per assumere medici specializzandi, 335 milioni per l’aumento agli infermieri, 70 milioni per i tamponi rapidi da affidare ai medici di base. Cinque miliardi vanno a rifinanziare la Clg Covid e per le imprese vengono prorogate misure come il prestito Garanzia Italia e il Fondo per le Pmi, i contributi a fondo perduto e la decontribuzione per chi investe nel Mezzogiorno o assume giovani sotto i 35 anni. Viene rifinanziata la «Nuova Sabatini» e altri 4 miliardi di euro sono destinati alle attività più duramente colpite dalla pandemia. Ma c’è anche «Trasformazione 4.0», cioè il credito d’imposta per le imprese che investono in beni strumentali nuovi. C’è poi tutto il capitolo lavoro, Nell’ultima versione del testo arrivano 500 milioni di euro destinati alle politiche attive del lavoro. Per ora l’investimento serve alla riforma dell’assegno di ricollocazione. Novità importanti arrivano per il lavoro femminile: entrano nella manovra sgravi del 100% per chi assume una donna come chiesto dalla ministra Nunzia Catalfo e ci sono più fondi per sostenere l’imprenditoria femminile.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Monticelli Luca 
Titolo: Tridico: le pensioni non rischiano Lo Stato ripiana – Buco nei conti dell’Inps Tridico: “Lo Stato ripiana le pensioni non rischiano”
Tema: Pensioni – Manovra

«Non c’è un problema di deficit per l’Inps finché non c’è un problema di deficit per lo Stato. Nel 2018 proprio un intervento pubblico ha ripianato il debito dell’Istituto per circa 65 miliardi, a seguito della crisi che si è protratta tra il 2009 e il 2014». Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico difende così la stabilità del sistema previdenziale, e garantisce che i due miliardi di passivo causati dalla pandemia, da sommare al rosso da 26 miliardi già certificato nell’assestamento di bilancio, non mettono a rischio le pensioni degli italiani. Tridico ricorda peraltro come nel 2019 «per la prima volta dopo 10 anni si sia registrato un avanzo» nei conti. L’Inps era intervenuto ieri di prima mattina con un comunicato per ricordare come l’emergenza Covid abbia richiesto da marzo «risposte straordinarie», che hanno impegnato l’Istituto in «attività di sostegno al Paese che non hanno precedenti». «Il deficit particolare di questo anno, che segue un 2019 in attivo, non mette a rischio né le future prestazioni né la validità delle misure a sostegno di cittadini e imprese», sostiene l’Inps. A Palazzo Chigi, intanto, domenica di lavoro per Conte e il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che hanno incontrato i capidelegazione di maggioranza per chiudere il discorso sulla manovra. La rotta è tracciata: si va verso un nuovo scostamento di bilancio da 20 miliardi e un terzo Decreto Ristori. Come annunciato dalla ministra Nunzia Catalfo, la manovra prevede sgravi triennali al 100% per l’assunzione delle donne.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Ma il Recovery è fermo Da Bruxelles il pressing per il piano italiano
Tema: Recovery Plan

Mentre infuria la seconda ondata del virus, tutto tace in Italia e poco si discute pubblicamente nel resto d’Europa sulla sostanza di Next Generation EU: in cosa investire in 750 miliardi del piano per il rilancio e quando sarà possibile iniziare a farlo. Sotto la superficie invece il confronto ribolle, a maggior ragione ora che il rischio di un slittamento dei tempi oltre la primavera del 2021 diventa concreto. La tensione sui contenuti del Recovery Plan è già percepibile. Ieri sera Marco Buti, capo di gabinetto del commissario all’Economia Paolo Gentiloni, ha pubblicato un lungo documento che la dice lunga sull’attenzione di cui è circondata l’Italia. Il testo di Buti ha la forma di un «paper» da economista (firmato con Marcello Messori della Luiss di Roma), ma non sarebbe stato scritto se non riflettesse le raccomandazioni e i timori sull’Italia che stanno maturando nella Commissione europea. A maggior ragione adesso che la recrudescenza del virus obbliga a riscrivere in peggio le traiettorie dell’economia. Se la pandemia dovesse durare «per vari mesi del 2021 – si legge -, l’Italia dovrà fronteggiare ulteriori e consistenti rialzi nel rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil) e un nuovo indebolimento della sua struttura produttiva e della coesione sociale». Quindi, scrivono Buti e Messori, «si è entrati in una nuova fase di emergenza e sono necessarie politiche di emergenza». In questo quadro fragilissimo, l’Italia non può sbagliare una sola mossa nel Recovery Plan. In primo luogo, nella struttura di governo che deve gestirlo. Buti con Messori raccomanda una «cabina politica di regia che sia accentrata e funga da contraltare rispetto alla cabina di regia della Commissione» che riunisce la presidente Ursula von der Leyen, Gentiloni stesso e i vicepresidenti esecutivi fra cui Valdis Dombrovskis e Margrethe Vestager. La cabina italiana, si legge, dovrebbe avere «poteri decisionali, una struttura tecnica adeguata» e «si deve essere pronti ad arrivare fino all’attribuzione di “poteri commissariali” per l’implementazione e il monitoraggio dei progetti decisi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Casadio Giovanna 
Titolo: Mes, sinistra e 5S con Sassoli il Tesoro frena: non fattibile
Tema: Mes

«Sassoli? Ha detto quello che noi abbiamo sempre detto». Per i 5Stelle è la nota giusta suonata al momento giusto. La sottosegretaria agli Affari europei, la grillina Laura Agea ammette che il modo per uscire dallo stigma, dalla cattiva reputazione che incassare quei 37 miliardi di Mes rappresenterebbe per l’Italia secondo il Movimento, è imboccare la strada indicata dal presidente dell’europarlamento, il dem David Sassoli. «Se si riforma lo strumento Mes, allora ne possiamo parlare», assicura. L’intervista di Sassoli a Repubblica, in cui lancia un pacchetto di proposte shock per la Ue – dalla cancellazione da parte dell’Europa dei debiti accumulati dai governi per rispondere al Covid, al nuovo Mes gestito direttamente dalle istituzioni europee, agli eurobond permanenti fino alla riforma dei trattati per eliminare íl diritto di veto – ha l’effetto di un sasso gettato nello stagno. Nella maggioranza giallo-rossa i grillini e la sinistra apprezzano e rilanciano. Cautela dei Dem. Il viceministro all’Economia, del Pd, Antonio Misiani avverte: «Sono proposte coraggiose: è un percorso di lavoro per i progressisti di tutta Europa. Ma dal punto di vista della fattibilità politica bisognerà vincere molte resistenze». Soprattutto sul Mes, Misiani frena: «E’ evidente che se il Mes fosse incardinato in una dimensione comunitaria e non intergovernativa sarebbe meglio. Ma la crisi è qui e ora e noi dobbiamo valutare l’utilizzo delle risorse che abbiamo a disposizione adesso». Sassoli definisce «anacronistico» lo strumento Mes così com’è. Invita a non lasciare quei 400 miliardi complessivi di risorse europee, a patto però di prevedere una discontinuità che renda quello strumento comunitario, non più intergovernativo. Una risposta indiretta a Sassoli arriva dal commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni: «Noi possiamo fare tutte le discussioni ma che l’Italia abbia un alto livello di debito non può essere cancellato…è ovvio che dobbiamo rivedere le nostre regole ma non significa che questa questione possa essere cancellata».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Landini rigioca la carta del dialogo “Un patto con imprese e governo”
Tema: Confindustria

«Confindustria? Il mio problema è cercare degli accordi che siano in grado di migliorare la condizione delle persone che rappresento. Siamo arrivati alla conclusione che da soli non siamo in grado di migliorare la situazione», spiega Maurizio Landini concludendo la tre giorni di “Futura 2000” dedicata ad un confronto a tutto campo sui temi del lavoro, dell’ambiente e dell’innovazione. Il segretario generale della Cgil prima torna sul confronto col presidente Bonomi di sabato, e sul tentativo di costruire un fronte comune in vista delle prossime sfide, e poi fissa i paletti del confronto col governo, sulla nuova legge di Bilancio che inizia oggi con rincontro tra Conte e le parti sociali, ed in seguito sul Recovery fund. Incalzato da Gad Lerner, che ha condotto gli incontri dell’ultima giornata trasmessi in streaming sul sito Collettiva.it dal teatro Brancaccio di Roma trasformato in uno scintillante studio tv, Landini ha spiegato che «a differenza di una forza politica che si occupa solo di illustrare le situazioni, il mestiere del sindacato è quello di rappresentare e risolvere i problemi concreti delle persone, dal problema della casa ai salari alle condizioni di vita: il mio problema non è pensare le stesse cose del mio interlocutore ma cercare accordi e compromessi che siano in grado di aiutare le persone che rappresento». Con Bonomi il ghiaccio è rotto, ma il percorso è comunque solo all’inizio
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ricciardi Raffaele 
Titolo: Fino a 300 euro all’anno a chi paga con le carte Via al piano anti-contanti
Tema: Transazioni digitali

Il governo affina il piano per spingere gli italiani a usare il denaro elettronico al posto del contante, ma mette in conto di dover rimandare la partenza del cashback di Stato – il rimborso di parte degli acquisti effettuati nei negozi con carte e app, previsto da dicembre – se l’emergenza sanitaria nelle prossime settimane non dovesse mollare la presa. Le campagne informative sono pronte ma suonerebbe cacofonico, si ragiona in questi giorni a Palazzo Chigi, pubblicizzare una misura che invita allo shopping fisico (visto che l’e-commerce è tagliato fuori) mentre gran parte della cartina italiana rimane colorata di rosso o arancione e la limitazione degli spostamenti resta il primo baluardo per contenere i contagi. D’altra parte, proprio la scelta di anticipare il piano con la “sperimentazione” di dicembre era funzionale a intercettare le compere natalizie: un modo per supportare gli esercenti frustrati dalle chiusure forzate, che hanno sancito il trionfo delle piattaforme dl acquisti online. Si ripropone il dilemma tra salute ed economia, con i dati sanitari che decreteranno il punto di caduta: si spera di poter tenere fede al calendario originale, ma non è da escludere uno slittamento di qualche settimana o a quando il quadro generale lo permetta. Nella Manovra, intanto, l’esecutivo chiarisce che «i rimborsi non concorrono a formare il reddito del percipiente e non sono assoggettati ad alcun prelievo erariale». Un dettaglio che rende ancor più attraente la misura, già apprezzata dagli istituti di pagamento che si stanno muovendo per sfruttare l’occasione, dalle Poste (che lanciano il pagamento via Qr code proprio da dicembre) in giù.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gabanelli Milena – Savelli Fabio 
Titolo: Dataroom – Ecco cosa non va sui bonus per biciclette, vacanze e Internet – Bonus a pioggia, dove vanno a finire
Tema: Compensazioni fiscali

In tempi di Covid si replica la volontà politica di sempre: dare «qualcosa» a tutti, senza dare di più a chi ne ha veramente bisogno. Si chiamano bonus a pioggia. Eppure è possibile «targettizzare» gli obiettivi, perché abbiamo tanti dati e su tutto. Quando introduci un bonus destinato a una categoria, dopo qualche mese devi verificare i benefici ottenuti. Se siamo ancora al punto di partenza, il denaro erogato va solo ad aumentare il peso del debito sulle generazioni future. Oggi non sappiamo se quei soldi che lo Stato promette sono arrivati, quando, come, a chi, e soprattutto se hanno sortito l’effetto sperato. Non ci mancano certo i «valutatori»: l’Istat, l’Inps, l’Agcom, la Corte dei Conti. Finora solo raramente l’intervento deciso usando la leva della fiscalità generale ha risolto qualche problema. Si potrebbe ribaltare la prospettiva; invece di dare sempre a tutti, potremmo togliere qualcosa: far pagare meno tasse a chi e in stato di necessità. Si chiamano compensazioni fiscali. Prendiamo il bonus mobilità. L’emergenza sanitaria impone di affollare il meno possibile i mezzi pubblici nelle città e l’idea lodevole è di dare fino a 500 euro di sconto a chi acquista una bici (normale, elettrica o monopattino). L’annuncio parte a maggio e viene fissata al 3 novembre la presentazione della richiesta sul sito del ministero dell’Ambiente. Il noto «click day». La piattaforma Spid utilizzata per il rimborso va in crash: il server è troppo piccolo per gestire centinaia di migliaia di richieste tutte insieme. E così succede che il primo che arriva si prende lo sconto, per gli altri occorre attendere il prossimo turno perché il plafond di 215 milioni di euro si è esaurito subito. Invece di usare la tecnologia per cancellare le code fisiche, le abbiamo replicate online. II vizio di fondo è proprio quello di dare soldi a tutti, con una modalità dove solo i più svelti se ne avvantaggiano. Col paradosso che non sappiamo neanche con chi prendercela.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Trump: «Voto truccato Ribalteremo il risultato»
Tema: Stati Uniti

Nella notte di sabato c’è stata una coda di violenza a Washington, dopo che la marcia dei trumpiani si era chiusa senza gravi incidenti. Militanti non ancora identificati hanno assediato l’hotel Hilton in centro, dove avevano prenotato decine di supporter del presidente. La polizia si è frapposta tra le parti, ma non è riuscita a evitare scontri e tafferugli nel centro della città. Donald Trump è ripartito da qui, per fomentare ancora divisioni, sempre via Twitter. II presidente in carica ha attaccato la sindaca di Washington, Muriel Bowser, accusandola di «non aver fatto il suo lavoro», poiché avrebbe ritardato l’intervento delta polizia. Poi è tornato sul risultato elettorale del 3 novembre. Nella mattinata un primo tweet, postato alle 7.47, era stato letto come II segnale di un possibile cambiamento di rotta: «Biden ha vinto perché le elezioni erano truccate». Gli esegeti della psicologia trumpiana, specialità che si è affermata negli ultimi anni nei media americani, notavano che finora Trump non aveva mai accostato il verbo «vincere» a Biden. Ma un’ora e mezza dopo lo stesso leader offriva l’interpretazione autentica: «Ha vinto solo agii occhi dei media falsari. Io non riconoscerò nulla. Abbiamo una lunga strada davanti. Queste sono state elezioni truccate». Il presidente ha tirato in ballo anche la società che ha curato l’infrastruttura tecnologica della macchina elettorale, la Dominion Voting Systems, assecondando una delle teorie cospirative diffuse sulla Rete dai complottardi di QAnon. I computer della società avrebbero girato su Biden voti espressi per Trump. La società ha pubblicato una nota: «Respingiamo ogni accusa che riguarda il nostro software».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  a.f.d’a. 
Titolo: Trump ammette la sconfitta poi ci ripensa: “Vinceremo noi”
Tema: Stati Uniti

«Ha vinto perché le elezioni sono state truccate». Quando poco prima delle otto Donald Trump ha postato il suo primo commento mattutino su Twitter, nei social network e nei siti di notizie americani il traffico è aumentato in modo esponenziale. Con quelle due parole («ha vinto») sembrava che avesse finalmente accettato di riconoscere, sia pure in modo molto irrituale, la vittoria di Joe Biden alle elezioni. Ma dopo pochi minuti, con un’altra raffica dl tweet, ha corretto: «Ha vinto solo agli occhi del fate news media. Non concedo un bel niente! Abbiamo una lunga strada da fare. Questa è stata un’elezione truccata!!». Che sia una pic cola gaffe o un errore meditato per vedere la reazione, Trump è riuscito – almeno per qualche ora – a riguadagnare i titoli di testa, tranquillizzando i suoI fan per poi promettere che alla fine vincerà lui. «I tweet di Donald Trump non fanno di Joe Biden il presidente. E’ stato il popolo americano a sceglierlo». Cosl Ron Klaln, scelto da Biden come prossimo capo dello staff della Casa Blanca, ha replicato in un’intervista alla Nbc.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Trump ammette il ko. Poi si corregge
Tema: Stati Uniti

«He won», ha vinto. Subito dopo aver scritto questa frase in un tweet ieri mattina, Trump si è affrettato a chiarire che non intendeva concedere la sconfitta, e Biden ha vinto solo agli occhi dei media falsari perché le elezioni erano truccate. Quelle due parole però sono il primo indizio che Donald considera l’ipotesi di aver perso, anche perché per rovesciare il risultato con le cause il tempo stringe. Circa una settimana, al massimo. Mercoledì infatti la Georgia comunicherà i risultati della riconta manuale, e venerdì li certificherà. Se questo stato, governato dai repubblicani, confermasse il successo di Biden, tornare indietro diventerebbe assai difficile. Lunedì prossimo poi toccherà a Pennsylvania e Michigan, e se anche loro certificassero il risultato, avviando le pratiche per mandare i grandi elettori alla riunione del Collegio elettorale prevista il 14 dicembre, la partita sarebbe chiusa. Trump punta ancora su alcune cause che contestano l’assenza degli osservatori ai seggi, l’uso del software Dominion che avrebbe scambiato migliaia di schede, i morti che hanno votato e altre denunce, ma se non presenterà prove concrete entro una settimana, la possibilità di arrivare alla Corte Suprema per rovesciare il verdetto svanirà. Molti sospettano che i repubblicani resteranno con lui solo fino al 5 gennaio, quando ci sarà il ballottaggio in Georgia che deciderà la maggioranza al Senato. Lui invece tenta il tutto per tutto, ma intanto alimentando il mito della vittoria rubata prepara il terreno per ricandidarsi nel 2024, lui o uno dei figli. A questo scopo starebbe già costruendo una nuova rete mediatica, aldilà della fondazione di un suo network.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gressani Gilles – Malik Mathéo, Bloj Ramona 
Titolo: Intervista ad Emmanuel Macron – «Onu e Oms non efficaci l’Europa combatta unita» – «L’America lo capirà: l’Europa sarà sovrana con la propria difesa»
Tema: Francia – Intervista a Macron

«L’Europa, sovrana della propria difesa, combatta unita per i suoi valori contro le barbarie». L’appello del presidente francese Emmanuel Macron. «Onu e Oms non producono più soluzioni, ora tocca a noi. Gli Stati Uniti? Sono nostri alleati – dice – ma noi abbiamo una preferenza per l’uguaglianza che negli Usa non c’è». II 2020 sta volgendo al termine. Tra la gestione immediata delle emergenze e la visione a lungo termine, qual è oggi la rotta da seguire? «Il 2020 è stato costellato di crisi. Quella, chiaramente, dell’epidemia di Covid-19 e quella del terrorismo, che negli ultimi mesi è tornato a colpire con grande forza in Europa, ma anche in Africa. Penso in particolare a quel terrorismo definito islamista, ma che in realtà è perpetrato in nome di un’ideologia che distorce una religione. Per risolverle nel miglior modo possibile, dobbiamo collaborare. Non riusciremo a sconfiggere l’epidemia e questo virus se non collaboriamo. Oltre a ciò, in questo momento ritengo che un’ulteriore rotta da seguire sia anche l’importanza – e l’uno per me è complementare all’altro – di rafforzare e strutturare un’Europa politica. Ciò presuppone che si prenda atto del fatto che gli ambiti della cooperazione multilaterale oggi sono diventati fragili, perché sono bloccati: non posso far altro che constatare che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oggi, non produce più soluzioni utili; siamo tutti corresponsabili quando alcuni diventano ostaggio delle crisi del multilateralismo, come l’OMS. Se cerco di guardare oltre il breve termine, direi quindi che dobbiamo avere due assi forti: ritrovare le modalità per una cooperazione internazionale utile che eviti la guerra, ma che consenta di rispondere alle sfide contemporanee; costruire un’Europa molto più forte, che possa far valere la sua forca, mantenendo i suoi principi, in uno scenario così rifondato».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Scarpa Giuseppe 
Titolo: «Vaccini falsi sul web»: allarme dell’Interpol – L’allarme dell’Interpol «Sul web prodotti falsi»
Tema: Emergenza Covid-19

Se a marzo gli affaristi senza scrupoli avevano puntato tutto sulle mascherine contraffatte, adesso gli speculatori di mezzo mondo scommettono sul vaccino per il covid-19, e pazienza se in realtà si tratta di un intruglio privo di ogni capacità di immunizzazione. L’importante è vendere. È questa la nuova corsa all’oro su cui giocano i trafficanti. Il pericolo non è sfuggito all’Interpol, l’organizzazione internazionale dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto del crimine. Per evitare che in Occidente si abbatta una pioggia di farmaci anti-covid-19 “fake” è stato organizzato un incontro-seminario sul tema dei prodotti sanitari illegali legati al coronavirus. Alla riunione, via web, hanno partecipato i primi di novembre anche i delegati italiani. Il convegno era coordinato dall’Interpol di Singapore e al tavolo virtuale sedevano i rappresentanti delle più importanti case farmaceutiche, di varie agenzie delle dogane, forze dell’ordine e agenzie del farmaco di numerosi paesi.  Gli esperti delle varie polizie, riuniti i primi di novembre, hanno condiviso una problematica che potrebbe presentarsi a breve, quando il vero vaccino sarà in commercio. Vi è il pericolo che grandi quantità possano essere rubate alle case farmaceutiche e poi vendute illegalmente. Ebbene i rischi a riguardo potrebbero essere elevati: anche se si acquista un prodotto autentico nel mercato nero, chi garantisce, ad esempio, che questo sia stato conservato nel migliore dei modi? Un dettaglio non da poco per una “merce” così delicata come il vaccino.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Tortello Letizia 
Titolo: Austria, test a tutti prima delle feste “Ma la normalità solo fra un anno”
Tema: Emergenza Covid-19

La ricetta per salvare le feste la scrive il cancelliere Sebastian Kurz: test di massa per tutta la popolazione, prima di sedersi a tavola coi parenti. Modello Slovacchia, che nelle scorse settimane ha fatto tamponi a 3,6 milioni di abitanti su 5, o meglio ancora modello Wuhan, che a inizio maggio, finito l’isolamento totale, ha sottoposto ai controlli anti-Covid 11 milioni di residenti. Senza troppe discussioni tra governo centrale e Länder, nella cattolica Austria il Natale in famiglia è una priorità e si fa di tutto per preservarlo, ma in sicurezza. Il cancelliere ha usato questa leva per tirare il freno di emergenza sui contagi. Vienna registra quasi 6 mila casi di Covid al giorno, i medici avvertono che le terapie intensive sono vicine alla saturazione e «tra poco dovremo selezionare i pazienti da curare», ha spiegato Klaus Markstaller, presidente della Società austriaca di Rianimazione. Il coprifuoco notturno «non è bastato – ha ammesso venerdì il cancelliere -. Un secondo blocco è l’unico metodo affidabile. Ogni contatto è di troppo». Il lockdown in Austria scatterà da domani: vale a dire tutti in casa fino al 6 dicembre, si potrà uscire solo per comprovati motivi di lavoro, di salute, per assistere i familiari, per fare la spesa, per svago fisico e psicologico.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Mosseri Daniel 
Titolo: Il modello austriaco in difesa del Cenone: lockdown per un mese e tamponi di massa
Tema: Emergenza Covid-19

C’è chi punta all’immunità di gregge e chi cerca di tagliare i viveri al coronavirus. Sebastian Kurz è di questa scuola. La reazione del cancelliere austriaco all’impennata a livelli record dei contagi nel suo paese è stato mettere i suoi concittadini sotto chiave. E al lockdown a doppia mandata il cui inizio è fissato per martedì 17 novembre e la fine al 6 dicembre seguirà una campagna di tamponi di massa. Con un’intervista alla radiotv pubblica ORF, lo stesso giovane leader del partito popolare ha annunciato che l’Austria intende seguire il modello della confinante Slovacchia, il primo paese europeo impegnatosi in una campagna per testare tutti i cittadini per il coronavirus. L’obiettivo del cancelliere è chiaro: riaprire il paese tre settimane prima del Natale permettendo così ai cittadini di festeggiare la solennità «in maniera decente», circondati dall’affetto di pochi selezionatissimi cari, dando nel frattempo una bella frustata all’economia. «Vogliamo impiegare test di massa alla fine del lockdown per consentire una riapertura sicura delle scuole e degli altri settori». Fra i primi a ricevere il tampone, ha proseguito Kurz, ci saranno gli insegnanti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Etiopia, missili oltre frontiera Colpita Asmara
Tema: Etiopia – Eritrea

Il governo della regione etiope del Tigray ha rivendicato i bombardamenti che sabato sera hanno colpito l’area dell’aeroporto di Asmara, la capitale dell’Eritrea, accusata di sostenere l’offensiva militare di Addis Abeba. Debretsion Gebremichael, presidente del Tigray, era stato destituito nei giorni scorsi dal primo ministro etiope Abiy Ahmed provocando l’inizio del conflitto armato. Etiopia ed Eritrea hanno siglato un accordo di «riconciliazione» nel 2018 dopo 20 anni di guerra.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colarusso Gabriella
Titolo: Etiopia, la guerra va oltre i confini bombe dei ribelli sull’Eritrea
Tema: Etiopia – Eritrea

Da dodici giorni il governo etiope ha lanciato una vasta offensiva militare conto i ribelli della regione del Tigrai, che confina a nord con l’Eritrea e a ovest con il Sudan, dopo che i tigrini hanno attaccato una base militare federale. Il conflitto che ne è scaturito ha già fatto decine di morti e provocato un’ondata di profughi – almeno 20mila fuggiti in Sudan, dice l’Onu – e ora rischia di allargarsi alla vicina Eritrea. Ieri il presidente della regione del Tigrai, ora destituito, Debretsion Gebremichael, ha ammesso che le sue forze hanno sparato razzi in direzione dell’aeroporto di Asmara accusando l’Eritrea di fornire supporto militare al governo etiope con carri armati e truppe, anche se nessun giornalista sul posto ha potuto verificare in maniera indipendente le sue affermazioni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Scontri e morti Il Perù resta senza presidente
Tema: Perù

Il presidente ad interim della Repubblica peruviana Manuel Merino de Lama si è dimesso ieri in modo irrevocabile». E’ rimasto in carica soltanto sei giorni durante i quali migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere un suo passo indietro. Merino ha preso i poteri dopo la cacciata da parte del Congresso dell’ex presidente Martin Vizcarra, famoso per la sua crociata contro la corruzione, che ha portato a frequenti scontri con il Congresso, dove metà del membri sono indagati. Sabato notte due giovani sono morti durante gli scontri con la polizia a Lima. I sondaggi mostrano che la maggior parte dei peruviani chiede il ritorno di Vizcarra.
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