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SINTESI IN PRIMO PIANO – 16 maggio 2020

In evidenza sui principali quotidiani:
– Scontro Regioni-governo. Poi l’intesa
– Dal 3 giugno l’Italia riapre le frontiere Ue
– Conte: il Mes non serve
– Altra tegola su Bonafede: lascia il capo gabinetto
– I carabinieri setacciano «Africa Milele», l’Onlus di Silvia

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Dal 3 giugno l’Italia riapre le frontiere Ue Sì ai viaggi tra Regioni – Dal 3 giugno frontiere riaperte Sicurezza, linee guida regionali
Tema: accordo sulla riapertura

Il Governo ha dato il via libera alle linee guida approvate nel pomeriggio di ieri dalla Conferenza delle Regioni, che prevedono criteri decisamente meno stringenti di quelli Inail per la riapertura di negozi, bar, ristoranti, stabilimenti balneari ma anche palestre e piscine, parchi e mercati. A ufficializzare l’intesa è lo stesso testo del decreto legge approdato ieri sera al Consiglio dei ministri dopo una giornata densa di incontri e tensioni tanto che l’esecutivo era stato costretto a sospendere il Consiglio dei ministri. Il provvedimento del Governo mette però ora nero su bianco che per la riapertura di attività economiche, produttive e sociali sarà necessario rispettare «protocolli o linee guida» adottati «dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome». I protocolli nazionali, dunque, con le prescrizioni Inail che tante critiche avevano sollevato tra le categorie, restano in panchina ed entreranno in gioco – come esplicita il decreto – solo «in assenza di quelli regionali». Un principio che verra ribadito anche dal nuovo Dpcm che sarà varato probabilmente oggi e nel quale entreranno anche le nuove linee guida indicate dalle Regioni. Si riducono quindi le distanze di tavoli e ombrelloni e si allentano i divieti per gli ingressi nei negozi come per il consumo di bevande al banco nei bar o per il servizio di parrucchieri. Non solo. Di fatto questo decreto cancella quasi tutti i divieti che erano stati introdotti in questi mesi con i Dpcm, a partire dalla liberata di circolazione. Una scelta che – come ha fatto capire il premier – va incontro alle indicazioni provenienti dal Quirinale. E infatti il provvedimento conferma anche che gli spostamenti tra Regioni potranno esserci solo a partire dal 3 giugno. E dalla stessa data saranno nuovamente consentiti i viaggi all’estero, l’uscita e l’entrata dai confini italiani. Mentre all’interno della propria Regione ci si potrà muovere senza autocertificazione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Riapertura tra le tensioni – Lite sulle regole, poi il via libera Il 3 giugno frontiere riaperte
Tema: accordo sulla riapertura

Prima lo scontro, con le Regioni che dicono no al decreto del governo con i protocolli Inail. Poi l’offerta di Conte: «Allora fate voi un documento unico, che valga per tutto il territorio nazionale, e che dia al governo la possibilità di intervenire se il contagio risale». Un compromesso che viene subito accettato: il Consiglio dei ministri che deve licenziare il decreto per le riaperture da lunedì viene interrotto più volte, le Regioni trovano una sintesi in un battibaleno, con molte più concessioni su ristoranti, negozi e spiagge rispetto a quanto era disposto a farne l’esecutivo, ma l’accordo è fatto. Nella notte l’approvazione. Lo stesso Conte è soddisfatto, parla di «portentosa collaborazione istituzionale» con le Regioni. Viene ristretto l’ambito di responsabilità penale per i gestori di esercizi, in caso di nuovi contagi, solo per «colpa o dolo». Ma la notizia è che è stato lo stesso presidente del Consiglio, nonostante la contrarietà e le perplessità di alcuni ministri, a concedere alle Regioni la stesura di piani locali, seppure nell’ambito del controllo e delle linee guida nazionali. E le Regioni lo hanno fatto prendendosi molte libertà, accorciando a un metro la distanza nei ristoranti, riducendo quella prevista nelle spiagge. La nuova fase partirà da lunedì. Con linee guida delle Regioni che alleggeriscono i criteri rigidi dell’Inail. In pratica per ristoranti, alberghi e le stesse spiagge la metratura non sarà quella indicata nelle prime bozze del decreto del governo. Si riduce a un metro. Non ci saranno quindi 4 metri di distanza per i tavoli dei ristoranti, né i cinque per gli ombrelloni. In una giornata di confronto serrato fra governo e Regioni ci sono stati attriti anche sulla possibilità di spostamenti fra una regione e l’altra. Molti governatori volevano che fosse subito possibile, qui Conte è stato inflessibile, si aspetterà il 3 giugno. Da quella data sarà possibile anche entrare in Italia dai Paesi Ue senza l’obbligo di quarantena per i viaggiatori, dunque una sostanziale riapertura delle frontiere.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Sorgi Marcello 
Titolo: Taccuino – Una tregua non cancella l’anarchia degli enti locali
Tema: lo scontro tra Regioni

Temperata appena da un compromesso finale, la lite tra i governatori delle regioni – e in particolare tra quelli leghisti del Nord, Zaia (Veneto) e Fedriga (Friuli) contro Fontana (Lombardia) – conferma, davanti al governo che si accinge ad aprire i cancelli del lockdown, l’anarchia degli amministratori locali. Ma segna pure il rifiuto dei primi due di condividere il disastro della regione più colpita, anche per responsabilità diretta della sua mediocre amministrazione. In altre parole, Fontana ha lottato fino all’ultimo per evitare di essere messo dietro la lavagna con il cappello con le orecchie d’asino, come accadeva una volta. E Zaia e Fedriga, prima non hanno voluto aiutarlo, poi lo hanno fatto a denti stretti, per poter cogliere tranquillamente in autonomia i risultati positivi delle loro rispettive gestioni. Che esista una hit-parade delle regioni rispetto allo tsunami del virus, infatti, non è un mistero. E che in questa classifica Zaia occupi il primo posto, seguito da Bonaccini (Emilia) e a poca distanza da De Luca (Campania), recordman nella comunicazione (con un suo tweet ne ha battuto uno di Trump), dimostra che in una situazione eccezionale le qualità personali hanno fatto la differenza, a prescindere anche dalle diverse collocazioni politiche.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Colonnello Paolo 
Titolo: Intervista a Attilio Fontana – Riaperture, c’è l’intesa Fontana: clima di odio contro la Lombardia – “Contro di noi solo veleno Ma non resteremo indietro”
Tema: la posizione del governatore lombardo

E’ apparsa una scritta su un muro di Milano: “Fontana assassino”. Che ne pensa governatore? «C’è un clima avvelenato che qualcuno ha voluto creare nel Paese. Un clima antilombardo. E chi ha creato questo clima, dovrebbe farsi un esame di coscienza, perché poi i risultati sono questi». Allora presidente Fontana, sono le 20 di venerdì sera e ancora non sappiamo cosa succederà tra due giorni. Come faranno le persone ad organizzarsi? «È chiaro che il tempo stringe ma siamo ancora in attesa di una risposta del governo e finché non arriva un ok non sappiamo dare indicazioni. Mi rendo conto che le persone si debbano organizzare, ma non è semplicissimo aprire una regione come la nostra». Colpa del governo, insomma? «Ma no… Non è colpa di nessuno: ci siamo incontrati, riuniti, confrontati. È solo colpa del fatto che stiamo discutendo per trovare la soluzione migliore». E non per la spaccatura tra lei e Zaia? Tra prudenti e “aperturisti”? «Non è vero che c’è stata una spaccatura. C’era chi voleva l’uniformità delle linee guida per tutte le regioni, come il sottoscritto, e c’era chi voleva che ognuno potesse riaprire come meglio riteneva e non fosse necessario andare insieme. Io ho sostenuto che ci dovesse essere maggiore coordinamento». Lei ha rivendicato di aver trovato una soluzione per tutti. Quale sarebbe? «E una proposta comune per riaprire tutti insieme, in modo da essere garantiti dal punto di vista sanitario nello stesso modo. Così abbiamo depositato diverse schede dove sono stati indicati i comportamenti da tenere».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vecchio Concetto 
Titolo: Intervista a Luca Zaia – “Io sono un contadino Niente Palazzo Chigi” – Zaia “I tamponi a tutti una mia invenzione Io premier? Ma no vengo dalla campagna”
Tema: le mosse del governatore veneto

Presidente Luca Zaia, non può più nascondersi. Perfino il Financial Times ha scritto che lei è l’astro nascente della Lega. «Non sono minimamente interessato a un progetto nazionale». Ma nei sondaggi lei sale e Salvini scende. «I sondaggi vanno visti in tempi di pace, mentre questi sono tempi di guerra. Gli amministratori alle prese col Covid sono cresciuti tutti nel gradimento. Anche Conte». Salvini ne sarà geloso? «Ma no, dai. Io sono un amministratore, mi occupo della mia Regione». Quante volte vi sentite? «Ci sentiamo. Salvini non mi ha mai imposto nulla. L’ho sempre apprezzato». Siete molto diversi. «Salvini ha un talento per la politica nazionale che io non ho. È bravissimo con la gente nelle piazze». Non si ritiene uno da serie A? (Ride) «Io vengo dalla campagna». Se cade il governo c’è il govemissimo? «No, le elezioni. E spero che ci facciano votare a luglio in Veneto, in caso contrario è una sospensione della democrzia». Se la chiamassero a palazzo Chigi non potrebbe però dire di no. «In Italia la premiership che sognano i cittadini, il problem solver tipo Merkel, la Costituzione non lo permette».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: Zaia e De Luca i governatori più apprezzati
Tema: sudio dell’università di Siena
Gli italiani promuovono premier, presidente della Repubblica e governatori delle regioni (ma non tutti) e apprezzano ancor di più i «tecnici» della protezione civile e la comunità scientifica, mentre non piace affatto l’atteggiamento delle opposizioni. L’emergenza Coronavirus per ora consolida il quadro politico, secondo uno studio a cura dell’Università di Siena e del’Istituto affari internazionali (Iai). Dal rapporto «Emergenza coronavirus e politica estera – L’opinione degli italiani sul governo, l’Europa e la cooperazione internazionale» emerge un quadro di «rinnovata fiducia nelle nostre istituzioni», spiegano gli autori. Ma questo non vuole dire che Giuseppe Conte possa dormire sonni tranquilli, perché già si intravede qualche segnale di un cambio di clima. «Questo capitale di fiducia è inevitabilmente destinato a dissiparsi», si legge nelle condusioni del documento. Decisiva, ora, sarà la situazione economica. La fase dell’emergenza sanitaria di certo ha fatto bene al presidente del Consiglio. Per il 60% degli intervistati è «positivo» o «molto positivo» l’operato del governo e Conte, in particolare, raccoglie il consenso del 67% delle persone interpellate. Bene anche il ministro della Salute Roberto Speranza (62%). Anche Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica è giudicato positivamente dal 65% del campione, mentre altri ministri seguono a distanza e Luigi Di Maio non va oltre il 45% dei consensi, «l’unica figura dell’esecutivo a non raggiungere una maggioranza di apprezzamenti». Decisamente bocciata poi l’opposizione di centro destra, che «raccoglie solo il 35%» di consenso.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Settegiorni – Affanni e sospetti – Governo in lockdown tra affanni e sospetti
Tema: tenuta dell’esecutivo
La sopravvivenza del governo nei prossimi mesi dipenderà dalla rapidità con cui il premier saprà stendere sul Paese una rete di protezione economica e sociale capace quanto più possibile di attutire l’impatto della crisi sul sistema. Perciò i partiti di maggioranza sollecitano Palazzo Chigi a «fare presto». Ma la vigilia della ripartenza è già costellata di problemi che evidenziano l’affanno nel gestire l’emersione dal lockdown. E i ritardi nei preparativi della fase 2 si sommano ai ritardi accumulati nella fase 1 . Sul decreto Rilancio ieri si sono rincorse voci sulle criticità rilevate in alcune parti del testo, al punto che il provvedimento sarebbe tornato all’Economia prima della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale per «carenze di copertura» e per una serie di «osservazioni informali» giunte dal Colle. L’opposizione avanza dei sospetti. E dopo aver denunciato al capo dello Stato di non esser stata nemmeno consultata dal governo, nonostante avesse collaborato in Parlamento all’approvazione dello scostamento di bilancio da 55 miliardi, Giorgia Meloni ha avvisato pubblicamente che «faremo la conta delle marchette». «C’è una preoccupazione gigantesca aspettando di vedere come reagirà il Paese», dice il presidente di Iv Ettore Rosato. Il tempo corre e i dossier si accumulano tanto a Palazzo Chigi quanto alle Camere. I gruppi di maggioranza a Montecitorio chiedono che vengano vagliati i loro emendamenti al decreto Liquidità — fermo in commissione — e non accettano la logica del governo, che per fare presto pretende «un solo passaggio» per ogni suo provvedimento in Parlamento: «Se volevate il mono-cameralismo — è stata la risposta — potevate votare la riforma costituzionale di Renzi». Gli allarmi risuonano da ogni dove. Anche dal Copasir, che esorta l’esecutivo a «correggere» le app necessarie a tracciare i contatti sociali, in modo da scongiurare «rischi alla privacy e alla sicurezza».
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Testata:  Giornale 
Autore:  … 
Titolo: Intervista a Silvio Berlusconi – Parla Berlusconi: «Scudo penale per imprenditori e bonus ai medici» – Le due sfide di Berlusconi: «Aiuti a medici e imprenditori»
Tema: centrodestra

p residente Silvio Berlusconi, lei per rilanciare l’economia italiana avrebbe cancellato le tasse per il 2020? O le nostre casse non ce lo consentono? «Avrei certamente sospeso tutti i pagamenti per il 2020, in modo da non togliere risorse ad attività che già lottano per sopravvivere. Lo Stato con una mano continua a chiedere denaro ai cittadini, con l’altra non paga i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Ecco, io credo che si debba davvero fare tutto il necessario adesso, subito, per evitare il collasso delle imprese e la perdita di posti di lavoro. Questo 2020 deve essere considerato come un anno sabbatico in cui concentrare tutto il deficit possibile per mettere in sicurezza il 2021. Se lasciamo che le aziende chiudano, si mette in moto una spirale pericolosissima: meno sono le persone che lavorano e più calano i consumi e i risparmi, e questo porta alla chiusura di altre aziende, porta a nuovi licenziamenti e così via. E significa anche minore gettito fiscale e più spesa sociale – perché naturalmente non possiamo lasciar morire di fame chi rimane senza lavoro – e quindi fare più deficit. Occorre uno shock fiscale per la ripartenza con una flat tax a un livello molto contenuto e occorre un poderoso taglio alla burocrazia, con l’abolizione del regime delle licenze e delle autorizzazioni preventive per chi fa impresa. Naturalmente, poi è necessario usare al meglio l’aiuto dell’Europa che sarà decisivo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Milella Liana – Vincenzi Maria_Elena 
Titolo: Altra tegola su Bonafede Lascia il capo gabinetto Le destre: “Va sfiduciato”
Tema: questione giustizia
Dopo Di Matteo e i mafiosi scarcerati ecco l’ultima tegola per il ministro Bonafede, per mano del suo, ormai ex, capo di gabinetto. Fulvio Baldi di Unicost che al telefono – era l’aprile 2019 – si allarga con Luca Palamara, sotto inchiesta a Perugia per corruzione, che gli raccomanda una collega. E lui, affettuosamente chiamato “Fulvietto”, si esprime in modo poco forbito: «Te la porto qua stai tranquillo, perché è una considerazione che ho per te, un affetto che ho per te, e lo meriti tutto». E ancora: «Se no che caz.. li piazziamo a fare i nostri?». Intesi quelli della corrente centrista della magistratura, Unità per la Costituzione appunto. Giovedì sera il Fatto quotidiano on line pubblica l’intercettazione, e anche la reazione minimalista di Baldi. Testualmente: «Abbiamo già visto con il ministro Bonafede alcune mie chat con Palamara su questa vicenda, non c’è nulla di male. Non vedo nessun profilo disciplinare a mio carico». Né tantomeno penale. Detto di un Palamara che sempre in quel periodo vanta anche una decina di appuntamenti con Zingaretti. Tra i due, Baldi e Bonafede, a questo punto scoppia il putiferio. Quando Baldi gli racconta la storia e gli riferisce dell’articolo ormai in rete, Bonafede s’infuria. Perché lui su quel «non c’è nulla di male» non è per niente d’accordo. Detto da chi, già nella legge Spazzacorrotti che risale al 2018, aveva infilato la riforma del Csm e le regole rigide contro le correnti, come l’elezione dei togati per sorteggio per disarticolare gli storici partiti delle toghe. Per Baldi non resta che la via delle dimissioni, che offre «con amarezza», convinto com’è tuttora che non ci fosse nulla di male nel parlare con «il mio coetaneo» Palamara, «che è stato per quattro anni presidente dell’Anm, per altri quattro consigliere togato del Csm, nonché esponente di spicco di Unicost». Baldi non demorde: «Palamara non era Belzebù, né tantomeno Riina, e io non potevo sapere che era sotto inchiesta».
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: Via il capo di gabinetto, Bonafede sotto assedio Conte lo blinda. Il Pd: “Deve cambiare passo”
Tema: questione giustizia

Bonafede è politicamente molto indebolito ma il suo ruolo politico è centrale nell’equilibrio del governo (è il capodelegazione dei 5 Stelle) e all’interno del suo Movimento in piena fibrillazione. Ma è lo stesso Conte a blindarlo, anche perché è stato Bonafede a portarlo alla corte di Beppe Grillo. Ora però il ministro dovrà superare le forche caudine di palazzo Madama dove i voti sono dalla sua parte solo sulla carta. Tutto dipende da Italia Viva. Matteo Renzi lo vorrebbe mandare a casa perché lo considera uno dei volti del giustizialismo, ma sa che abbatterlo significa colpire al cuore il governo. I renziani dicono che vogliono ascoltare il ministro prima di decidere, ma la partita è un’altra. C’è una trattativa tra gli ambasciatori di Renzi e Conte. Prima del voto di mercoledì infatti ci dovrebbe essere un nuovo incontro, come quello avvenuto sul decreto Rilancio. Renzi ha ottenuto il taglio della prima rata dell’Irap e la regolarizzazione dei migranti. Ora si aspetta il piano choc per le opere pubbliche. L’altra partita riguarda direttamente Bonafede: la prescrizione. Renzi vuole marcare il suo garantismo. Vanno in questa direzione le parole del suo capogruppo Faraone: «Abbiamo chiesto chiarezza al premier. Se ci ascolta su questioni poste non vedo perché sfiduciarlo». Il Pd sulla vicenda delle dimissione del capogabinetto è abbottonato, ma il responsabile Giustizia Walter Verini manda un messaggio a Bonafede. «Quelle nomine le fece all’inizio della sua esperienza. Ora dovrebbe cogliere l’occasione per nomine autorevoli, come quelle al Dap di Battaglia e Petralia, per aprire una nuova stagione e fare uscire l’Italia dalla tenaglia tra giustizialismo e finto garantismo». Insomma, Bonafede è un’anatra zoppa.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: Rischio Covid, Inail e governo frenano Ma si aggiungono i protocolli regionali – Il governo: non c’è responsabilità se l’impresa attua i protocolli
Tema: riaperture e rischio Covid

Il riconoscimento dei casi di contagio Covid-19 come infortunio da parte dell’Inail «non assume alcun rilievo per sostenere un’accusa di responsabilità penale o civile del datore di lavoro». E l’imprenditore risponde delle infezioni di origine professionale «solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa». In una nota diffusa a poche ore dalla riapertura delle attività produttive l’istituto per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ha voluto sgombrare il campo da ogni equivoco e rispondere alle preoccupazioni che si sono levate dall’intero mondo delle imprese. Nei prossimi giorni Inail aggiornerà la circolare dello scorso 3 aprile, adottata in piena emergenza, per precisare il quadro normativo legato al nuovo profilo di rischio. leri la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha incontrato i vertici dell’Istituto per affrontare la questione e ha condiviso l’orientamento che è stato dato: «Fondamentale per le aziende – ha affermato – sarà il rispetto dei principi stabiliti dai protocolli di sicurezza stipulati da parti sociali e Governo. Proprio per fugare tutti i dubbi emersi in questi giorni, i tecnici del mio ministero e dell’Inail sono impegnati nell’elaborazione di un nuovo documento che fornisca più specifici chiarimenti su questo tema». In mattinata il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, intervistato a Radio24, aveva usato toni ancora più rassicuranti, a conferma che il tema è aperto: «Le imprese che rispettano i protocolli non possono rispondere di contagi». Aggiungendo poi che della questione, regolata dall’articolo 42 del decreto legge Cura Italia, «dovranno occuparsi governo e Parlamento».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Lucibello Giuseppe 
Titolo: L’intervento – Tutele ai lavoratori, non rischia l’azienda in regola – «Istruzioni chiare, ma una norma tutela meglio le imprese»
Tema: riaperture e rischio Covid
Il direttore generale dell’Inail sostiene che “proprio in considerazione del fatto che il rischio Covid-19 rappresenta in origine un rischio esterno all’organizzazione del lavoro,il legislatore ha applicatola stessa regola che vale per l’infortunio in itinere (altro rischio esterno all’organizzazione del lavoro) e ne ha distribuito gli oneri sul sistema secondo un principio solidaristico. In coerenza con questa linea e con i principi consolidati in materia si è espressa la circolare applicativa dell’Inail, che sarà a breve integrata, che non prevede alcun automatismo ai fini del riconoscimento dell’infezione da coronavirus come infortunio sul lavoro. Ed infatti, solo in presenza di accertate modalità e circostanze della prestazione lavorativa che aggravano il rischio di contatto con l’agente patogeno si può ritenere probabile che la malattia sia stata contratta in occasione di lavoro. Non è sufficiente che il soggetto che ha contratto l’infezione sia un lavoratore, occorre anche che siano accertate modalità e circostanze dell’attività che giustifichino la presunzione di origine lavorativa. A questi principi si attenutala circolare Inail, che ha preso in esame diverse tipologie di attività lavorative rispetto alle quali il rischio generico di contatto con il Covid-19 si può ritenere aggravato, fino a divenire anche specifico, come nel caso degli operatori sanitari”.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  … 
Titolo: Bankitalia: Pil in calo del 9% ne1 2020, export giù del 15,4%
Tema: Bankitalia sul Pil
 Il Pil italiano crollerà del 9% nel 2020 per effetto dell’epidemia di Covid-19 e poi salirà del 4,8% nel 2021. La stima arriva dalla Banca d’Italia secondo cui nel primo trimestre il prodotto ha segnato un calo del 4,7 per cento. In netta contrazione anche i consumi, che scenderanno dell’8,8% nell’anno in corso per poi risalire del 4,6% il prossimo anno. L’inflazione è attesa in calo dello 04% nel 2020 e invariata nel 2021. Sul versante degli scambi con l’estero le esportazioni segneranno un brusco calo nel 2020 (-15,4%) e poi risaliranno dell’8% nel 2021. Sul versante dell’import la stima di Via Nazionale accredita un calo del 17,3% nel 2020 e un aumento dei 9,7% ne12021. Per quanto riguarda infine l’occupazione il numero di occupati si ridurrà del 3,8% nel 2020, grazie all’esteso ricorso alla Cassa integrazione guadagni. «In Italia – osserva Banca d’Italia – il Pil ha registrato una flessione del 4,7% nel primo trimestre. Le indicazioni finora disponibili suggeriscono una contrazione dell’attività economica ancora più intensa nel trimestre in corso, particolarmente severa nel servizi, cui dovrebbe far seguito un recupero nella seconda metà dell’anno».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ducci Andrea 
Titolo: Caduta della produzione industriale: a marzo -25%
Tema: dati Istat

É come se a marzo fosse scomparso un quarto degli stabilimenti e delle fabbriche italiane. I dati sull’andamento del fatturato e degli ordinativi dell’industria restituiscono la dimensione degli effetti della pandemia e del lockdown. Marzo è stato il primo mese, seppure in misura parziale perché il decreto che ha fermato l’intero paese risale al giorno 10, caratterizzato dal blocco di molte attività produttive. Blocco che ha generato un calo del fatturato dell’industria italiana del 25,2%, rispetto al mese di marzo 2019. Nella media del primo trimestre l’indice complessivo ha segnato una frenata del 6,6% rispetto all’ultimo trimestre del 2019. A certificarlo è l’Istat, segnalando che per alcuni settori l’emergenza sanitaria si è tradotta in un tracollo, tra i più colpiti l’industria tessile e dell’abbigliamento (-43,1%), i mezzi di trasporto (-45,7%), il comparto dei prodotti petroliferi raffinati (-40,2%). Poche le eccezioni: ad archiviare il mese in positivo sono solo l’industria dei prodotti farmaceutici (+9,9%) e il settore alimentare, bevande e tabacco (+3,1%). L’Istat evidenzia un’ulteriore dinamica, osservando una diversa tendenza tra domanda interna e quella estera. «Essendo l’Italia il primo paese colpito dall’epidemia in Europa, la contrazione del mercato interno è risultata più accentuata (-27,9%) rispetto a quello estero (-21,4%)». Ragionevole, dunque, attendersi per il mese di aprile, durante il quale l’emergenza ha colpito tutto il Continente, effetti più pesanti sul fronte della domanda estera.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Prioschi Matteo 
Titolo: Decreto rilancio – Assegno fino a mille euro per partite Iva e co.co.co – Autonomi, co.co.co, partite Iva: a maggio in arrivo mille euro
Tema: Decreto rilancio

Per i lavoratori autonomi iscritti alla relativa gestione Inps, e per le partite Iva e icollaboratori coordinati e continuativi della gestione separata, l’indennità di 600 già erogata per il mese di marzo viene ripetuta tale e quale solo per aprile. Ad artigiani, commercianti e coltivatori diretti viene riconosciuta semplicemente a fronte dell’iscrizione alla gestione previdenziale, mentre ai titolari di partita Iva e ai co.co.co è richiesta, rispettivamente, che la partita fosse attiva o una collaborazione in essere al 23 febbraio. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri due giorni fa, la tranche relativa al mese scorsosarà corrisposta in modo automatico dall’Inps a chi ha già chiesto quella di marzo, non appena II decreto legge rilancio (di cui si attende il testo definitivo) sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale (quindi ormai non prima di settimana prossima).
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tito Claudio 
Titolo: Il retroscena – Conte: il Mes non serve, lo accetteremo solo se lo prende la Francia – Conte: non useremo il Mes ma potremo ripensarci se lo farà anche la Francia
Tema: Mes

II Meccanismo europeo di Stabilità non rientra tra gli obiettivi di Palazzo Chigi. II piano di Giuseppe Conte è di farne a meno. Vuole evitare quello che viene considerato una sorta di stigma. Il presidente del Consiglio, nelle ultime settimane, lo ha detto più volte: «Non ci serve». E non ha cambiato idea. Anche dopo l’accordo che prevede la sostanziale assenza di “condizionalità” per i Paesi che decidano di accedere a quel soccorso. Che, in teoria, per l’Italia ammonterebbe a circa 36 miliardi. Non ha corretto l’impostazione che è stata avanzata in questi mesi soprattutto dall’M5S, nonostante il parere contrario del Pd e del suo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Essenzialmente per due motivi: il primo riguarda la tenuta dei nostri conti pubblici e il possibile effetto sulla reputazione internazionale dei titoli di Stato italiani; il secondo la tenuta della maggioranza parlamentare che sostiene l’esecutivo. In modo specifico la compattezza del partito più numeroso alla Camera e al Senato, ossia quello grillino. Che sul Mes potrebbe rischiare una vera e propria scissione. La cui organizzazione è già in corso a Palazzo Madama. A Palazzo Chigi si contempla una sola possibilità per ricorrere al Mes: che almeno un altro dei Paesi fondatori dell’Ue ne faccia  richiesta. Un identikit che in questa fase si attaglia solo alla Francia. Se Parigi dovesse attivarlo, anche l’Italia potrebbe farlo senza rischiare di essere iscritta nell’elenco dei “cattivi”. L’ipotesi che Macron assuma questa decisione, però, viene considerata al momento a dir poco residuale. Conte teme poi che al Senato un gruppo eletti grillini possa organizzare una manovra “suicida” pur di fermare il Meccanismo di Stabilità in Italia. Uno dei fuoriusciti pentastellati, Gianluigi Paragone, sta infatti sensibilizzando a Palazzo Madama una decina di suoi ex colleghi del Movimento. Per convincerli a “strappare” proprio nel caso in cui il governo aderisse a quei fondi europei e chiedesse al Parlamento di esprimersi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Il piano di Ursula per la ripresa “Fondi Ue in cambio di riforme”
Tema: Recovery Fund

Sovvenzioni a fondo perduto in cambio di riforme strutturali. È su questa linea che si sta muovendo Ursula von der Leyen nel preparare la proposta per il Recovery Fund collegato al bilancio Ue. Un lavoro sotterraneo che la presidente della Commissione europea sta portando avanti con una strettissima cerchia di fedelissimi. Tanto che tra alcuni alti funzionari sta montando un po’ di insofferenza per questo “lavoro nel bunker” che esclude i gabinetti dei commissari e persino i vertici di alcune direzioni generali. Pressoché nulli, al momento, i contatti con le capitali. «Tranne Berlino, con cui c’è un dialogo costante», sibila velenosa una fonte diplomatica Ue. Il piano, inizialmente annunciato per il 6 maggio scorso, non vedrà la luce prima del 27 maggio. Uno slittamento che rende praticamente impossibile l’approvazione del Consiglio europeo a giugno. Serviranno altre settimane di negoziati e Charles Michel non ha alcuna intenzione di convocare un summit a pochi giorni dalla presentazione del piano. Il presidente del Consiglio europeo – che non è coinvolto nella stesura – fisserà un vertice solo quando ci sarà un accordo in vista, per questo sarà necessaria un’intensa attività di trattative prima di mettersi al tavolo. Dopodiché bisognerà trovare un accordo anche con il Parlamento, che ieri ha approvato una risoluzione molto ambiziosa (a larghissima maggioranza, astenuti Lega a Fratelli d’Italia). I più ottimisti prevedono un via libera dell’Aula a settembre, il che vuol dire che le prime risorse potranno essere disponibili soltanto in autunno.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Via al fondo salva Stati Recovery fund con tre pilastri – Bruxelles: tre pilastri per il Fondo di Ripresa
Tema: Recovery Fund

A 10 giorni dalla presentazione ufficiale, prende forma il nuovo Fondo per la Ripresa post-pandemia influenzale che verrà inglobato nel prossimo bilancio comunitario. Si tratterà di uno strumento basato su tre pilastri, dedicati al sostegno dei Paesi membri, al rilancio dell’economia, e al rafforzamento di programmi già esistenti. Nei prossimi giorni, la Commissione tenterà di finalizzare il progetto e coagulare un primo consenso tra i Ventisette. Come già spiegato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il nuovo strumento verrà finanziato da obbligazioni a lungo termine emesse dall’Esecutivo comunitario attraverso un aumento dall’1,2 al 2,0% del reddito lordo della differenza tra impegni e pagamenti all’interno del bilancio europeo. Corre voce di una prima raccolta sui mercati di 500 miliardi di euro. Il nuovo strumento, secondo un esponente comunitario, sarà composto da tre pilastri. Il primo raccoglierà l’80% delle risorse e sarà dedicato al sostegno dei Paesi, con una chiave di distribuzione legata all’impatto provocato dall’epidemia. Per íl 90% il denaro verrà gestito nel quadro del Semestre Europeo; servirà a finanziare investimenti e riforme; sarà legato alla raccomandazioni-Paese. Il restante 10% andrà ad aumentare i fondi dedicati alla coesione. «Legare il denaro alle raccomandazioni-Paese, aggiornate annualmente, è un modo per strutturare la spesa e rassicurare i governi», spiega l’esponente comunitario.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni 
Titolo: BTp Italia, rendimento minimo all’1,4% – Al via il BTp Italia anti virus: cedola all’1,4% più bonus fedeltà
Tema: BTp

Il Btp Italia numero 16 che il Tesoro offrirà da lunedì prossimo ai piccoli investitori punta su tre leve per spingere in alto la raccolta: il rendimento minimo garantito dell’1,4%, comunicato ieri da Via XX Settembre, il premio fedeltà raddoppiato all’8 per mille e il fattore tempo. Perché il nuovo titolo a cinque anni sarà di fatto la prima offerta nuova sul mercato retail dopo la sospensione da Covid-19, che ha frenato l’operatività delle banche non solo nella gestione fisica dei contatti in sede ma anche nella definizione di nuovi prodotti. L’orizzonte, insomma, è ancora piuttosto libero, a poche settimane dalla maxi-scadenza della sesta edizione del Btp Italia che il 23 aprile ha “liberato” oltre 15 miliardi di euro nei portafogli. Al Tesoro come da prassi dettata da ovvia prudenza non indicano obiettivi di raccolta. Ma si dicono fiduciosi su un risultato che poggia su un lavoro di settimane con Banca Imi, Mps, Bnp e Unicredit e con il gruppo dei co-dealer costituito da Banca Akros, Banca Sella e Iccrea. L’annuncio della nuova emissione, con una tempistica insolita dettata dall’esigenza di organizzare l’offerta in fase di lockdown, era arrivato infatti oltre un mese fa. L’obiettivo è importante sul piano simbolico e su quello pratico. I fondi raccolti con il nuovo Btp Italia saranno interamente utilizzati per finanziare le spese collegate all’emergenza Covid-19: destinazione inevitabile nel fatti in questa fase, ma funzionale anche ad avviare quella “chiamata a raccolta” del risparmio italiano sui titoli di Stato che è tra gli obiettivi di Via XX Settembre.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Lops Vito 
Titolo: Un titolo a 5 anni che ne vale 10
Tema: BTp

Proprio mentre il BTp a 5 anni sul mercato esprimeva un rendimento dell’1,39% ieri il Tesoro comunicava la cedola minima garantita del nuovo BTp Italia che verrà collocato da lunedì: 1,4%. A prima vista sembrerebbe un naturale allineamento (con una sfasatura minima) tra i tassi del mercato secondario e quelli del primario (asta), come accade per qualsiasi emissione di bond. In realtà, se si considera che alla cedola del BTp Italia andrà poi aggiunto il valore dell’inflazione italiana e che per chi lo deterrà fino a scadenza (fino al 2025) ci sarà un’aggiunta dello o,8%, quindi unulteriore 0,16% annuo, è evidente che leri il Tesoro ha proposto un tasso “fuori mercato”. È infatti vero che ad aprile l’inflazione su base annua non c’è stata e che probabilmente le ripercussioni del Coronavirus continueranno a farsi sentire. C’è anche chi ipotizza una parentesi momentanea in deflazione, ovvero un calo dei prezzi (in questo caso la percentuale non andrà però sottratta alla cedola protetta). Ma in ogni caso è difficile ipotizzare che da qui a 5 anni il tasso di inflazione in Italia rimanga completamente fermo. Anche perché questa viene calcolata in rapporto al periodo precedente; di conseguenza dopo un anno di magra basterebbe pochissimo per assistere a variazioni positive. Ipotizzando un’inflazione media annua dello 0,5% (come nella media degli ultimi 5 anni) e considerando lo 0,16% annuo generato dal premio fedeltà (ma solo per chi non vende nel frattempo il titolo) il nuovo BTp Italia a 5 anni (a quel punto con un rendimento effettivo annuo del 2,06%) supererebbe il tasso che ieri esibiva la scadenza a 10 anni (1,86%).
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Savelli Fabio 
Titolo: Fca, un prestito da 6,3 miliardi – Fca chiede la maxi-garanzia statale Un prestito da 6,3 miliardi cli euro
Tema: Fca

Un prestito da 6,3 miliardi di euro ad un tasso fortemente agevolato perché garantito da Sace e controgarantito in ultima istanza dallo Stato. Fca Italy ha chiesto un finanziamento ad Intesa Sanpaolo con la garanzia della pubblica Sace. Lo strumento fa parte del pacchetto Garanzia Italia — inserito dal governo nel decreto Liquidità — ed è a disposizione delle grandi aziende per assorbire eventuali stress finanziari derivanti dall’impatto del Covid. La richiesta — a titolo precauzionale — è arrivata qualche settimana fa ed è a valere sulle risorse del plafond Sace che tocca i 200 miliardi, ma 30 sono destinate alle piccole e medie imprese. Dei 170 miliardi rimanenti Fca chiede circa il 5%, il massimo consentito dalla torta dei suoi ricavi. Perché Garanzia Italia consente di prenotare un prestito con un tetto al 25% del giro d’affari, a conti fatti quello che hanno chiesto i vertici della società operativa che include anche gli stipendi (e gli oneri fiscali e contributivi) dei 55mila dipendenti diretti nel nostro Paese. È stata presentata da Fca Italy, la parte del gruppo che ha sede in Italia, dal momento che la holding ha trasferito la sede principale in Olanda e a Londra. Una scelta che a suo tempo suscitò molte polemiche. E condizionata — ha ricostruito ieri il quotidiano Mf — ad una serie di paletti tra cui il congelamento del dividendo ai soci sul bilancio 2019, originariamente previsto per 1,1 miliardi e ora cancellato. E l’impegno a non approvare l’acquisto di azioni proprie in un periodo di andamenti ribassisti in Borsa. Oltre al mantenimento dei livelli occupazionali.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Tradita o venduta nel villaggio africano? I carabinieri setacciano l’Onlus di Silvia
Tema: Silvia Romano

«Nostra figlia è stata lasciata da sola»: è stata questa accusa pesante e diretta lanciata dai genitori di Silvia Romano a portare i carabinieri del Ros negli uffici della Onlus «Africa Milele». Accusa confermata dalla stessa ragazza domenica pomeriggio quando nel suo interrogatorio davanti a magistrati e investigatori ha raccontato di essere rimasta in Kenya, nel villaggio di Chakama, senza alcuna misura di sicurezza. La perquisizione ordinata ieri dai magistrati serve dunque a controllare la documentazione relativa alla missione, ad accertare quali precauzioni siano state adottate per proteggere volontari. Perché il vero interrogativo è fin troppo evidente: il sequestro poteva essere evitato? Non ci sono indagati al momento, ma se fosse stabilito che non sono stati seguiti i protocolli di sicurezza per questo tipo di missioni la fondatrice Lilian Sora e i responsabili dell’associazione rischiano l’accusa di favoreggiamento nei confronti dei rapitori. Anche Silvia dovrà essere nuovamente ascoltata dai magistrati, ma in questi giorni si sta cercando di farle ritrovare serenità con la sua famiglia. E dunque la convocazione è prevista nelle prossime settimane. La prima segnalazione di «anomalie e criticità» arriva dall’Unità di crisi della Farnesina e dal suo responsabile Stefano Verrecchia subito dopo il sequestro avvenuto nel novembre 2018. II diplomatico si fa portavoce dello stato d’animo della famiglia che accusa «Africa Milele» di non aver dato a Silvia «alcun aiuto a gestire una situazione complicata come può essere quella di un villaggio africano». Si scopre così che sono state omesse anche le regole minime. Manca la registrazione al sito «Viaggiare informati» e presso l’ambasciata ci sono dubbi anche sulle polizze assicurative stipulate.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Longo Grazia 
Titolo: Silvia ai musulmani “Grazie per l’affetto” Perquisita la onlus
Tema: Silvia Romano

L’obiettivo degli inquirenti è quello di verificare le condizioni di salvaguardia della persona in cui si trovava la giovane volontaria al momento del rapimento, il 20 novembre 2018. Per diciotto mesi, fino a sabato scorso, Silvia Romano è stata prigioniera dei terroristi somali di al Shababb, affiliati ad al Quaeda. Dal suo racconto, durante l’interrogatorio di domenica scorsa di fronte al pm Sergio Colaiocco e al colonnello dei Ros Marco Rosi, è infatti emerso che la giovane si sia sentita lanciata un po’ allo sbaraglio, non adeguatamente protetta dall’Africa Milele, nel villaggio di Chakama. A parte il fatto che la onlus diretta da Lilian Sora non le aveva ancora stipulato il contratto per l’assicurazione, sono tanti gli aspetti da verificare, dalle registrazioni in ambasciata alle certificazioni delle autorità keniote. Africa Milele non è neppure accreditata dall’Aics (Associazione italiana per la cooperazione e lo sviluppo), e neppure iscritta ad alcuna delle federazioni che raggruppano la maggior parte delle Ong italiane. Ma il principale nodo da sciogliere per la procura di Roma è quello della sicurezza. Lilian Sora ha provato a difendersi: «Silvia non è stata mandata da sola a Chakama. È partita con due volontari e ad aspettarli c’era il mio compagno con un altro addetto alla sicurezza, entrambi masai». Gli uomini «dovevano rientrare a Malindi il 19 novembre e Silvia doveva andare con loro», ma ci fu un intoppo, la ragazza rimase sola a Chakama e il 20 venne sequestrata. Per approfondire quel periodo, oltre che ovviamente quello del sequestro, Silvia verrà nuovamente interrogata dalla procura entro un paio di settimane. Intanto, ha risposto su Facebook a un video-messaggio dei musulmani d’Italia in cui le hanno espresso solidarietà e affetto per la sua liberazione. La ragazza si è espressa con parole arabe mescolate a quelle italiane: «Assalamualaikum wa rahmatullahi,  a tutti voi che Allah vi benedica per tutto questo affetto che mi state dimostrando. Grazie a Dio, grazie grazie! È bellissimo questo video, è un’emozione grande. Ciao fratelli! A presto in sha Aallah!».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Sorrentino Riccardo 
Titolo: Caso Sanofi, Macron in difesa dei campioni nazionali della Francia
Tema: vaccino, scontro sulla ricerca

«America First», «La fine della globalizzazione». Slogan, indubbiamente: gli interessi dei grandi gruppi americani vanno in un’altra direzione. Nell’epoca del coronavirus, però, il conservatorismo caotico di Donald Trump a volte trasforma in realtà la sua propaganda; e se a essere coinvolta è la Francia, che ha adottato con Emmanuel Macron una sorta di nazionalismo europeista, sia pure più moderato e strategicamente più coerente, lo scontro è inevitabile. L’ultimo motivo di tensione ruota attorno alla Sanofi, il gruppo farmaceutico nato nel 2004 dalla fusione di Sanofi-Synthélabo e Aventis con sede a Parigi, un’azienda destinata a giocare un ruolo importante nella lotta al coronavirus: la Sanofi Pasteur di Lione è uno dei leader mondiali nello sviluppo dei vaccini, e organizza due tra i più grandi laboratori di ricerca del mondo – a Marcy l’Etoile vicino al quartier generale (con 3.400 dipendenti) e a Swiftwater, in Pennsylvania (2.200 dipendenti) – oltre a diversi centri di produzione nel mondo. L’amministratore delegato del gruppo, il britannico Paul Hudson, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono un partner «modello», e che per questo motivo saranno i primi a ricevere i nuovi vaccini, mentre gli altri Paesi seguiranno dopo qualche giorno o qualche settimana. La dichiarazione ha allarmato i francesi, anche perché, come lo stesso Hudson aveva spiegato, la Sanofi è già pronta a produrre 600 milioni di dosi negli Stati Uniti, che potrebbero salire a 1,2 miliardi, mentre «la parte restante sarà prodotta in Europa, con alcune lavorazioni addizionali negli Stati Uniti», che quindi faranno la parte del leone. Soprattutto, le dichiarazioni di Hudson sono apparse come una forma di pressione sui Paesi europei: «Abbiamo appena iniziato ad avere contatti con i governi europei, che devono accettare di dover pagare qualcosa che potrebbe non funzionare». Le proteste sono state immediate, e Sanofi – a tutti i livelli di management – ha smentito il suo amministratore delegato. Le sue parole sono state davvero, come ha detto l’entourage del ministro dell’Economia Bruno Le Maire, «maldestre».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: L’«alta velocità» di Trump: il vaccino entro il 2020, in produzione prima dell’ok
Tema: gli Usa e il vaccino
È la scommessa più importante e forse anche la più difficile. Donald Trump si impegna con gli americani e, in seconda battuta, con il mondo: «Entro la fine dell’anno avremo il vaccino anti-Covid 19». Ieri il governo degli Stati Uniti ha lanciato l’ «Operation Warp Speed», velocizzare al massimo la sperimentazione e la produzione della formula per sconfiggere il coronavirus. L’operazione sarà guidata da Moncef Slaoui, immunologo di statura internazionale ed ex responsabile della ricerca della multinazionale GlaxoSmithKline. In diretta dalla Casa Bianca, Slaoui accende la speranza: «Sono convinto che entro la fine dell’anno saremo in grado di produrre alcune centinaia di milioni di dosi». Dietro di lui Anthony Fauci, virologo della task force, applaude vistosamente. Anche se nella comunità scientifica ci sono opinioni più prudenti. Ma nel caso riuscisse l’impresa, come sarà distribuito il vaccino? Innanzitutto all’intera popolazione americana. E il resto del mondo? Si dovrà mettere in coda, anche se Trump risponde: «Stiamo collaborando con altri Paesi, con i nostri alleati e non ci sarà ego da parte nostra». Il governo federale investirà altri 10 miliardi di dollari. Sotto la guida di Fauci, gli scienziati del Niaid, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, seguiranno i 14 progetti più promettenti. Ma il punto chiave è l’accelerazione bruciante dei tempi. Non appena verrà messa a punto una formula con buone probabilità di efficacia, gli impianti si metteranno in moto, senza aspettare l’autorinazzione finale della Fda, la Food and drug administration. Si produrrà al buio, rischiando di buttare via centinaia di milioni di dollari.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: La conversione di Boris Johnson: guerra all’obesità e più bici per tutti
Tema: Gran Bretagna
Boris Johnson dichiara guerra alla ciccia: la propria e quella degli altri. E il motivo sta nello spavento che si è preso il mese scorso, quando ha rischiato seriamente di morire per il coronavirus: perché la ragione principale che lo ha fatto finire in terapia intensiva è il suo poderoso girovita. Al momento di essere ammesso in ospedale, il premier britannico pesava la bellezza di 110 chili: obesità seria, la sua, perché con la sua altezza, che è di un metro e 75, quella stazza lo porta ad avere un indice di massa corporea pari a 36 (e si è obesi già sopra il 30). II peso in eccesso è la seconda causa, dopo l’età, di gravi complicazioni per il Covid: ed è connesso anche al diabete e ai problemi cardiaci, altri fattori di rischio in caso di contagio da coronavirus. E la cosa non riguarda certo soltanto Boris: in Gran Bretagna ben il 30 per cento della popolazione adulta è obesa, il che forse è una delle spiegazioni dell’alto indice di mortalità da Covid in quel Paese. Johnson ha deciso allora di affrontare la questione di petto e ha annunciato un approccio «molto più interventista» contro i chili in eccesso, i suoi e quelli dei connazionali. Per Boris si tratta di una inversione a U: lui è un ultra-libertario che si è sempre schierato contro il «nanny State», lo «Stato baby-sitter» che interviene nella vita dei cittadini.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Sforza Francesca 
Titolo: Viktor e il sogno dell’Orbanistan con i pieni poteri – Pieni poteri, oppositori fermati e addio diritti Così Viktor insegue il sogno dell’Orbanistan
Tema: Ungheria
Smartphone e computer sequestrati, post finiti sotto accusa e un clima da caccia alle streghe: negli ultimi giorni l’Ungheria di Viktor Orban sta conoscendo i primi effetti delle leggi speciali sotto la pandemia. Un anziano di 64 anni è stato denunciato per aver contestato Orban sui social, un membro dell’opposizione Momentum, Janos Csoka-Szucs, è stato preso dalla polizia per aver criticato la pratica di dimissioni forzate dagli ospedali, e l’europarlamentare Katalin Cseh ha raccontato su Twitter che «i suoi dispositivi sono stati sequestrati». Nel frattempo, nella sede centrale del partito ungherese di Fidesz, guidato dal premier Viktor Orban, alle spalle del tavolo delle riunioni, campeggia una mappa dell’Ungheria che ha fatto impallidire molti leader dell’Europa orientale: non gli attuali 93 mila chilometri, abitati da poco più di 9 milioni di persone, ma gli oltre trecentomila precedenti il 1920, quando la «Grande Ungheria» includeva gran parte dell’attuale Croazia, Serbia, Romania e Slovacchia e contava oltre venti milioni di abitanti. La stessa cartina è stata postata qualche giorno fa sulla pagina Facebook di Viktor Orban per augurare buona fortuna agli studenti che si stanno preparando alla maturità, invitandoli a «non dimenticare la Storia». Se non ci fosse stata la pandemia del Coronavirus — la stessa che ha consentito al leader ungherese di assumerei pieni poteri del Paese, sospendendo le attività parlamentari e concentrando nelle sole mani dell’esecutivo di governo la gestione dell’emergenza — le celebrazioni per il centenario del Trattato del Trianon, il 4 giugno prossimo, si sarebbero trasformate nel trionfo dell’«Orbanistan», un Paese che non esiste in geografia mai cui confini sono molto chiari nella testa del premier ungherese.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Agasso JR Domenico 
Titolo: Intervista a Camillo Ruini – Ruini: “Lo stop alle messe è stato invasione di campo” – “Cari sovranisti, non arruolate Wojtyla Stop alle messe, invasione di campo”
Tema: Chiesa, parla Ruini

Camillo Ruini è molto più del cardinale che ha guidato la Cei per sedici anni. È simbolo e leader della stagione dell’interventismo dei vescovi in politica, sceso in campo per influenzare partiti e schieramenti, soprattutto di centrodestra. E come nei tempi ruggenti a cavallo dei due secoli, anche a 89 anni quando parla, incide. E spiazza. Oggi bacchetta il governo sulla spinosa questione delle messe chiuse ai fedeli in tempi di pandemia: hanno invaso un terreno non loro, è la stilettata lanciata al premier Conte e al Comitato tecnico-scientifico. E poi, sottrae nettamente – e a sorpresa – Giovanni Paolo II, il «suo» Pontefice, alla propaganda dell’internazionale sovranista, che da tempo ha accelerato la scalata all’eredità socio-politica di Papa Karol per renderlo emblema ispiratore e catalizzatore, facendo leva anche sul fronte ecclesiastico ostile al «comunista» Bergoglio. La strategia è saldare il cattolicesimo ultra-conservatore e tradizionalista con il nazionalismo anti-immigrazione. Ecco, «non va fatto nel nome di Giovanni Paolo II», che «valorizzava il concetto di nazione, ma non contro le altre». Parola di Ruini, non dimentichiamolo, corteggiato da Matteo Salvini solo pochi mesi fa. Per buona pace di piazze e social che invocano porti chiusi a colpi di rosario e Cuore Immacolato di Maria. Eminenza, la Cei avrebbe dovuto comportarsi diversamente? «La Cei ha dato giustamente tutto il suo contributo alla tutela della salute mentre, per il bisogno dei credenti di nutrirsi con l’Eucaristia, non è stata aiutata dalle pretese del Governo, che è intervenuto anche su aspetti di competenza della Chiesa».
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IL SOLE 24 ORE
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LA REPUBBLICA
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LA STAMPA
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