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SINTESI IN PRIMO PIANO – 16 giugno 2020

In evidenza sui principali quotidiani:
– Giallo sui soldi che Maduro avrebbe dato ai Cinque stelle
– M5S verso la guida collegiale
– Metà delle imprese senza liquidità, 70% in Cig
– Decreto Cig, quattro settimane in più
– Virus, la Cina ha paura della seconda ondata
– Svolta negli Usa: vietato licenziare lavoratori Lgbtq

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bozza Claudio 
Titolo: Giallo sui soldi ai 5 Stelle – Il caso dei «fondi da Caracas» Rivolta dei 5 Stelle: fake news
Tema: giallo sui soldi al M5S
Nel 2010, mentre Hugo Chávez era al potere, l’allora fedelissimo ministro degli Esteri Nicolás Maduro (oggi presidente del Venezuela) avrebbe «autorizzato l’invio di una valigia contenente 3,5 milioni di euro in contanti al consolato venezuelano di Milano per finanziare il Movimento 5 Stelle, nato nell’ottobre 2009». L’accusa, accompagnata dalla pubblicazione di un documento classificato come «segreto» dalla direzione generale dell’intelligence militare del Venezuela, arriva dal quotidiano spagnolo Abc. L’ambasciata venezuelana in Italia smentisce il contenuto dell’articolo, promettendo di ricorrere alle vie legali. «La destinazione del denaro nella sua totalità era per un cittadino italiano di nome Gianroberto Casaleggio, promotore di un movimento di sinistra rivoluzionario e anticapitalista nella Repubblica italiana». E questo il passaggio chiave del documento «top secret» pubblicato dal giornale spagnolo e timbrato «servizi segreti venezuelani» con la data dei 5 luglio 2010, in cui si ricostruisce la presunta consegna di una valigia piena di contanti. E proprio su questo punto arriva la replica, molto dura, di Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto e presidente di Rousseau: «Il Movimento è sempre stato finanziato in modo trasparente e siamo gli unici ad aver reso pubblici tutti i bilanci. II M55 non ha mai ricevuto finanziamenti occulti: è una fake news». Sulla stessa l’ex capo politico Luigi Di Maio: «Se il MSS voleva soldi, non si tagliava gli stipendi…». «Confermiamo tutto: Abc è un giornale serio e rispettabile, di massima qualità. Facciamo le nostre verifiche, non siamo dei pazzi che pubblicano le prime informazioni che ci capitano in mano», ribatte Luis Ventoso, vicedirettore del quotidiano di orientamento conservatore e monarchico.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Il retroscena – Dal timbro ai tempi: i dubbi degli 007 italiani «Forse è un attacco agli interessi nazionali»
Tema: giallo sui soldi al M5S

Sono i dettagli ad alimentare il sospetto che il documento pubblicato dal quotidiano spagnolo Abc possa essere falso. Questo non vuol dire che il finanziamento venezuelano da tre milioni e mezzo al Movimento 5 Stelle e in particolare a Gianroberto Casaleggio nel 2010 non ci sia stato, ma l’analisi del report lascia dubbi sulla sua attendibilità. E alimenta numerosi interrogativi sia sulla tempistica, sia sulle modalità di diffusione. Il sospetto che possa trattarsi di un attacco per screditare i grillini in un momento già molto delicato, e soprattutto il governo italiano, visto che si tratta di una delle forze politiche che lo sostengono, non è affatto fugato. Proprio per questo l’intelligence si è attivata subito dopo la pubblicazione dell’articolo per ricostruire ogni passaggio, individuare i protagonisti, scoprire se possano esserci stati altri passaggi di soldi. E così valutare se quanto accaduto ieri rientri in realtà in un vero e proprio attacco agli interessi nazionali. Gli analisti rilevano più di un’anomalia nella confezione del documento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: Le troppe ambiguità – I rischi di troppe ambiguità
Tema: giallo sui soldi al M5S

La smentita del Movimento Cinque Stelle sui soldi che avrebbe ricevuto da Venezuela del dittatore Nicolás Maduro va rispettata. Rimane l’ambiguità politica che in questi anni il grillismo ha mantenuto su quel regime, al punto da isolare l’Italia nell’Unione europea e in Occidente; e da permettere che una vecchia accusa di finanziamento occulto, già smentita, possa essere rilanciata con clamore dal quotidiano spagnolo ABC: notizia che il giornale conferma. Evidentemente, l’ambiguità strategica continua a pesare, nonostante i tormentati passi avanti compiuti dal Movimento negli ultimi mesi. E produce una scia di schiuma velenosa. Il «no» almeno ufficiale al Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, è figlio di una diffidenza ideologica antieuropea radicata nel grillismo; esaltata nella rivendicazione del populismo fatta nei quattordici mesi di alleanza con la Lega; e non ancora smaltita del tutto: col risultato di offrire armi efficaci a chi dispera che l’Italia sia davvero determinata a fare i conti col proprio debito pubblico. Le rivelazioni di ieri vanno inquadrate su questo sfondo. E inducono a chiedersi come mai sia così facile additare lo scomparso Gian Roberto Casaleggio come destinatario nel 2010 di 3 milioni e mezzo di euro consegnati a Milano dai servizi segreti venezuelani in una valigia diplomatica.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Severino Paola 
Titolo: Fake news e bisogno di verità
Tema:  giallo sui soldi al M5S

È comprensibile che da un lato i cittadini esigano la massima chiarezza sulla provenienza di finanziamenti ai partiti e che da un altro lato i partiti stessi abbiano un rilevante interesse a chiarire se le notizie riguardanti tale importante aspetto della vita pubblica siano vere o appartengano al mondo delle fake news. Così come è chiaro che, durante il periodo della pandemia, noi tutti siamo stati interessati a comprendere se l’immensa mole di notizie che quotidianamente sommergeva i nostri schermi sempre accesi ci guidasse verso la corretta soluzione dei problemi oppure ci rendesse vittime di inganni. Ci siamo così resi conto che è facile approfittarsi del più esteso uso di Internet e dello stato di “minorata difesa” collegato alla crisi generata dalla pandemia, per diffondere malwares, per acquisire illecitamente dati personali, per commettere vere e proprie truffe informatiche, per rappresentare falsamente ciò che accade in un altro Paese, o addirittura per stimolare disordini e reazioni popolari. Sullo sfondo, l’inquietante sospetto di vere e proprie campagne di disinformazione orchestrate nel contesto internazionale per «minare il dibattito democratico ed esacerbare il conflitto sociale». Non sono parole di oggi né si riferiscono al caso politico di cui parlano tutti i media, ma sono le parole con cui l’Alto Commissario per la sicurezza europea ha stigmatizzato il fenomeno della disinformazione via Internet, aggiungendo che «nel mondo odierno, basato sulla tecnologia, … i guerrieri si servono di tastiere, anziché di spade».
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Testata:  Foglio 
Autore:  Cerasa Claudio 
Titolo: Oltre i soldi. Come diavolo ha fatto l’Italia a non diventare il Venezuela d’Europa
Tema: giallo sui soldi al M5S
Lo spettacolo offerto ieri dal M5s sul caso Venezuela (basta bufale!) non è troppo diverso da quello offerto negli ultimi tempi dal M5s su altri terreni di gioco: l’Europa, le fake news, il movimentismo, il rapporto con gli altri partiti. Il tempo ci dirà se le notizie di Abc hanno o meno fondamento (e già ci immaginiamo oggi le gazzette del grillismo pronte a intervistare i Davigo e associati per alzare solide barriere contro la repubblica della gogna) ma non serve invece altro tempo per poter sorridere di gusto di fronte all’intero plotone d’esecuzione del grillismo schierato contro un’oscenità che negli anni il M5s piuttosto che combattere si è impegnato ad alimentare con cura: la cultura del sospetto. Vedere igrillini impegnati a combattere contro la cultura del sospetto-che secondo la dottrina Casaleggio coincideva nientepopodimeno che con l’anticamera della verità – è un’emozione seconda solo a quella suscitata dalla creazione di commissioni contro le fake news promosse dallo stesso partito, sempre quello, che in passato aveva educato i propri elettori a credere alle sirene e alle scie chimiche.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Martini Fabio 
Titolo: Intervista a Matteo Renzi – Renzi: il premier si preoccupi del lavoro e non dei sondaggi – “La lista Conte? Basta sondaggi Ora pensiamo ai posti di lavoro”
Tema:  giallo sui soldi al M5S

Renzi è stato—ed in parte è ancora — una sorta di “uomo nero” per i Cinque stelle e anche per questo l’ex presidente del Consiglio parla lentamente e calibra bene le parole: «Sono un patriota, faccio il tifo perché questa storia non sia vera e voglio credere alle smentite. E da garantista sincero attendo gli accertamenti del caso. Certo, se fosse vero, sarebbe alto tradimento della Patria». Il sistema politico-mediatico è in grande “eccitazione” per la valigia venezuelana: se dal punto di vista giudiziario si può immaginare una strada in salita, da quello politico si può produrre per i Cinque stelle un effetto negativo sul medio periodo? «Sulla politica estera di affermazioni strampalate i Cinque stelle ne hanno fatte tante. Alessandro Di Battista è arrivato a dire che Obama è un golpista. Ma voglio sperare che siano state idiozie dette… gratis e non a pagamento. Al tempo stesso occorre riconoscere che la gestione di Di Maio alla Famesina, anche in rapporto alla vicenda del Venezuela, è stata sinora inappuntabile». Sulla possibile lista Conte Renzi dice: «Io sono un grande tifoso della Lista Conte! Non lo dicono i sondaggi che porterebbe via voti ai Cinque stelle e al Pd? Un sondaggio oramai è un selfie dell’istante e da qui al 2023, tante cose cambieranno. E comunque sarebbe bene che il presidente del Consiglio e noi forze della maggioranza ci occupassimo dei posti di lavoro e non dei sondaggi».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Il retroscena – M5S, subito il direttorio per salvare il governo – La mossa dei capi grillini: subito un direttorio per evitare la tempesta
Tema: M5S e rischi scissione

La prima mossa sarà quella di riunire un “caminetto” di saggi per decidere cosa fare. Come evitare la scissione della parte del Movimento che più si identifica con Alessandro Di Battista. Come arrivare salvi all’autunno, senza che tutto precipiti portando con sé anche la maggioranza e il governo. Dovrebbero vedersi, ancora una volta, il reggente Vito Crimi, i ministri Di Maio, Bonafede e Patuanelli, il sottosegretario Fraccaro, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il presidente della Camera Roberto Fico e – soprattutto – il Garante Beppe Grillo e il figlio del cofondatore Davide Casaleggio. Ai margini, indebolito anche dalle accuse arrivate al padre sul Venezuela, ma comunque ancora con in mano le chiavi di Rousseau. La piattaforma su cui quasi tutto, finora, è stato deciso. L’idea è quella di preparare un post in cui Grillo richiamerà alla responsabilità, parlando del momento eccezionale davanti al quale si trova il Paese, della crisi profonda cui bisogna dare risposte piuttosto che perdersi in battaglie interne. Un messaggio che dovrebbe dar vita al direttorio che condurrà i 5 stelle fino agli Stati generali, in cui non bisognerebbe scontrarsi tra correnti – è quello che tutti vorrebbero evitare – ma stilare una nuova carta dei valori e dare una nuova identità al Movimento. Su quale debba essere, i “saggi” divergono, ma questo non è il momento in cui affronteranno il merito della questione. È invece il momento in cui bisogna difendere il fortino dal gruppo dei “rottamatori” guidato di Di Battista. A dare più fastidio al fondatore del Movimento, domenica, mentre guardava il suo ex pupillo in televisione, non sono state tanto le sue parole quanto il fatto che mentre le pronunciava c’erano parlamentari M5S che le twittavano e le diffondevano. Dall’ex ministra Barbara Lezzi alla deputata Dalila Nesci. Lo spettro di una corrente organizzata. «Per molto meno, abbiamo mandato via persone», dice uno dei ministri che non ha apprezzato. Mentre a chi le domanda se teme la scissione, Roberta Lombardi – la capogruppo M5S in regione Lazio – del tutto riallineata a Grillo in questo frangente, risponde: «Ma ‘ndo vanno?». Eppure, la paura che tutto crolli ha cominciato a diffondersi da giorni.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  t.ci. – a.cuz. 
Titolo: Sul Mes rischio scissione 5S L’ombra di una crisi a luglio
Tema: M5S e rischi scissione
A Palazzo Chigi sfogliano da giorni il “facciario” del Senato. Vogliono classificare il dissenso grillino sul progetto di attivazione del Mes. Cinque senatori 5S sono catalogati come «altamente a rischio», cinque come «potenzialemente a rischio», almeno altri dieci come “critici” ma con alte probabilità di essere riconquistati alla causa. Certo, Luigi Di Maio e tutti i ministri grillini voteranno a favore del fondo Salva Stati – anche se si mostrano scettici, oppure non si espongono e scelgono un silenzio tattico – ma è altrettanto vero che proprio sul passaggio parlamentare dedicato all’attivazione del Mes potrebbe consumarsi una pericolosa scissione. Capace di far traballare il governo e favorire l’ingresso di singoli parlamentari di Forza Italia in maggioranza. L’allarme non lascia indifferente il ministro degli Esteri. Nelle ultime ore Di Maio ha confidato ai suoi il rischio di una crisi politica entro fine luglio. Per salvare il governo, è il suo ragionamento, serve un’azione decisa che metta ordine in un Movimento frammentato e litigioso. Sarebbe utile anche posticipare l’attivazione del Mes a settembre.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Retroscena – Partito del premier La battaglia finale tra Grillo e Casaleggio
Tema: M5S e rischi scissione

Da settimane, nel retrobottega del Movimento, si sta consumando un duello tra il comico genovese e Davide Casaleggio. Uno scontro dal quale dipende anche il destino di Giuseppe Conte.E’ ormai diffusa l’animosità nei confronti del figlio di Gianroberto, sempre più detestato dai parlamentari, isolato da chi lo incensava, ai margini delle decisioni del governo. Deputati e senatori, sotto la regia dei ministri 5 Stelle, vogliono strappargli dalle mani il controllo della piattaforma Rousseau e Giuseppe Conte ha chiesto esplicitamente di tenerlo lontano dalle nomine delle partecipate che ci state nei mesi scorsi. Il premier non si fida, considera incestuoso il rapporto con la Casaleggio Associati che fa affari privati, intessendo rapporti con le aziende. Il pressing, andato a vuoto, di Davide su alcune autority e alcuni Cda, è stato il momento che ha segnato la frattura con il governo. II coronavirus ha fatto il resto: ha depotenziato e spento Rousseau, e rinviato a data da destinarsi il congresso che avrebbe dovuto nominare il futuro capo politico del MSS. Indebolito su tutti i fronti, Casaleggio jr ha pensato di sfruttare il ritorno in scena di Di Battista. L’asse con lui è stata la classica convergenza di interessi e di delusioni. Entrambi, per motivi differenti, chiedevano un voto immediato sul capo politico. Ed è stato Grillo a fermarli quando ha deciso, forte del ruolo di garante del MSS, di allungare il mandato pro-tempore di Vito Crimi. Prima di farlo si è confrontato e scontrato con Casaleggio minacciando addirittura di tornare a guidare di persona il Movimento. Ancora: Casaleggio voleva votare in piena emergenza sanitaria, e voleva mettere in votazione persino le nomine. Anche qui: Grillo, spronato da Conte e da Crimi, ha bloccato tutto. In un certo senso, il comico vuole conservare lo status quo e mantenere intatto il ruolo del premier. E per questo è andato su tutte le furie quando Di Battista ha detto in tv che se Conte ambisce alla guida del MSS dovrà candidarsi come tutti. In un progetto alternativo al populismo di destra, dove il M5S è solidamente parte organica del centrosinistra, Conte, agli occhi del fondatore, ne è la guida naturale. Leggi da: PC/Tablet   SmartPhone

Testata:  Stampa 
Autore:  Tomasello Maria_Rosa 
Titolo: Seggi a scuola, Conte ci ripensa “Troveremo spazi alternativi”
Tema: amministrative

L’ipotesi da scongiurare a tutti i costi è che a settembre, appena una settimana dopo la ripresa delle lezioni, le scuole vengano di nuovo chiuse e trasformate in seggi per la tornata elettorale che dovrebbe sommare Regionali, comunali e referendum per il taglio dei parlamentari: un doppio election day che, dopo l’ok della Camera al decreto Elezioni, ieri, dovrebbe tenersi il 20 e 21 settembre. «Viste le scelte di carattere elettorale, sarebbe bene fare uno sforzo: si tengano i seggi in luoghi separati, come le palestre o in altri luoghi pubblici, che non siano le scuole, per evitare di interrompere il ciclo scolastico» ha chiesto il segretario del Pd Nicola Zingaretti, seguito dalla vice ministra all’Istruzione Anna Ascani, che ha sollecitato «una soluzione alternativa alle classi», ma anche da esponenti del M5s come Roberta Lombardi, capogruppo del movimento alla Regione Lazio. A esprimersi contro l’ipotesi di voto ad aule riaperte erano stati nei giorni scorsi i governatori, a partire dal presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, che avevano chiesto inascoltati di anticipare il voto alla prima metà di settembre, ma anche rappresentanti della maggioranza e dell’opposizione, e intellettuali come la sociologa Chiara Saraceno che ha rivendicato il rispetto dei diritti degli studenti e delle loro famiglie, suggerendo di collocare i seggi inspazi diversidalle scuole. All’appello lanciato al governo da Zingaretti il premier ha dato risposta poche ore dopo, con una apertura: «Il Pd ha suggerito di trovare altri locali: è una buona idea, quindi chiederò alla ministra Lamorgese di individuare spazi alternativi perché è chiaro che con elezioni e ballottaggi si rischia di ripartire e di dovere di nuovo interrompere per alcuni giorni».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Piccolillo Virginia 
Titolo: «No agli aborti farmacologici a casa» Polemica per la scelta dell’Umbria
Tema: aborto

«Non è assolutamente un passo indietro. La libertà di una scelta sofferta, come quella dell’aborto, rimane. Ma c’è una maggiore tutela per la salute della donna». La presidente leghista della Regione Umbria, Donatella Tesei difende la decisione che ha scatenato dure polemiche: l’aborto farmacologico in Umbria non potrà più avvenire in day hospital. Le donne che vorranno farvi ricorso dovranno necessariamente essere ricoverate tre giorni. Lo ha deciso la giunta guidata da Tesei, su proposta dell’assessore Luca Coletto, abrogando le disposizioni adottate dalla precedente giunta dem di Catiuscia Marini. La legge 194 prevede il ricovero ospedaliero, ma concede alle Regioni la possibilità di organizzarsi in modo differente. Per questo, nel 2018, in Umbria era stata introdotta la possibilità di abortire con la pillola RU 486, entro la settima settimana di gravidanza, in day hospital e con terapia domiciliare. E ora da sinistra arrivano accuse di «crociata» e di «follia contro la legge e il buonsenso». Tesei replica: «Ho applicato la legge nazionale non per togliere un diritto delle donne. Al contrario, da avvocato impegnata nella tutela dei diritti individuali penso che abbiamo aggiunto la garanzia di poter abortire in sicurezza. Siccome i rischi ci sono e sono evidenti, incidenti di percorso ci possono essere e ci sono stati». Simone Pillon, uno dei promotori del Family Day, commissario della Lega in Umbria, plaude: «Da oggi evitiamo che la donna sia lasciata sola davanti a eventuali rischi come emorragie, infezioni o altre complicanze». Ma l’opposizione non ci sta.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Decreto Cig, quattro settimane in più Altri 50 miliardi di deficit entro il 2021 – Cig e fondi Ue, nuovo deficit fino a 50 miliardi in più tranche
Tema: Cig e deficit
Il decreto che accelera i tempi della cassa integrazione per evitare il rischio di buchi ad agosto dà una spinta ulteriore al nuovo aumento di deficit che già si è affacciato nei programmi del governo. Perché il provvedimento approvato ieri non stanzia nuovi fondi (non ce ne sono), ma modifica il calendario e accorcia quindi la coperta tessuta con i decreti di marzo e maggio. Anche la cassa, insomma, spinge per un nuovo ritocco all’insù del deficit, che servirà anche per rifinanziare il fondo di garanzia per le Pmi perché le richieste di prestiti stanno «aumentando in modo esponenziale», come indicato dal ministro dell’Economia Gualtieri. In coda poi ci sono Comuni e Regioni, che lamentano un fabbisogno aggiuntivo intorno ai 7 miliardi, c’è la scuola, la cui riapertura è appesa ai finanziamenti necessari per ripartire in sicurezza oltre che all’appuntamento elettorale, il turismo, l’automotive, il tessile, la ceramica e gli altri settori in crisi. In questo scenario, i conti andranno ritoccati già nelle prossime settimane, con uno scostamento che secondo le prime ipotesi potrebbe valere almeno 10 miliardi. Ma questa mossa non sarà l’unica. Perché l’Italia ha già avviato la pratica per ottenere i fondi del Sure, e al centro della scena resta il Mes nonostante le dichiarazioni attendiste ripetute ogni giorno dal premier per non mettere altro sale sulle ferite della maggioranza. E in entrambi i casi si tratterebbe di prestiti. Quindi di nuovo deficit. Il ricorso a entrambi i fondi farebbe lievitare la cifra iniziale sopra quota 50 miliardi, arrivando a sforare anche i 60 miliardi se Roma decidesse di utilizzare integralmente le risorse messe a disposizione dai due strumenti comunitari.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Cassa integrazione, proroga di quattro settimane. Conte: va riformata – Il governo si corregge sulla Cig Proroga per altre 4 settimane
Tema: Cig

II governo corregge il decreto Rilancio. E consente alle aziende che hanno terminato le prime 14 settimane di anticipare l’utilizzo delle ultime 4 settimane di cassa integrazione, senza dover aspettare l’1 settembre. Viene così cancellato il “buco” previsto dal decreto di maggio – un salto tra metà giugno e l’autunno senza ammortizzatori e col divieto di licenziamento esteso al 17 agosto – chiesto dalla Ragioneria per meglio controllare la spesa. Una correzione che costa: per le maggiori risorse si attinge al “tesoretto” da 2,7 miliardi a disposizione del ministero del Lavoro, creato dallo stesso decreto Rilancio. Il Consiglio dei ministri interviene con un decreto legge, dopo aver incontrato i sindacati agli Stati Generali. Due articoli soltanto, il secondo proroga al 31 luglio dal 30 giugno il termine per richiedere il Rem, il reddito di emergenza, visto il numero basso di domande sin qui arrivate. Il primo articolo anticipa la fruizione delle 4 settimane, come detto. Pone il 15 luglio come data limite per inviare all’Inps la domanda di Cig relativa al periodo 23 febbraio-30 aprile. Stabilisce che le domande con errori e omissioni possono essere ripresentate entro 30 giorni. E fissa un termine – il mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di Cig – entro il quale mandare all’Inps l’SR41, il documento con i dati completi di Iban del lavoratore messo in cassa: superato quel limite la Cig rimane a carico dell’azienda. Una seconda stretta sulle imprese, dopo quella del decreto Rilancio all’articolo 68 che però riguarda la domanda che deve essere spedita entro il mese successivo, altrimenti l’Inps pagherà solo una settimana di Cig. Qui il vincolo si estende al famoso SR41. Le due norme però, per come sono scritte, si sovrappongono nelle tempistiche. Dovranno parlarsi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: Metà delle imprese senza liquidità, 70% in Cig
Tema: indagine Istat

Nei mesi cruciali della quarantena anti-virus, tra marzo e aprile, poco meno di quattro imprese su dieci hanno dimezzato il fatturato. E oggi una su due di quelle aziende (dove lavora 37,8% degli occupati) sconta una mancanza di liquidità per le spese attese entro fine anno. Il lockdown, che ha colpito più duramente le micro-imprese, ha tuttavia innescato una capacità di reazione, con una riorganizzazione degli spazi e dei processi produttivi e l’ampliamento dei metodi di fornitura di prodotti e servizi. Questi i risultati più significativi dell’indagine realizzata da Istat su un campione di circa 90mila imprese con tre o più addetti, rappresentative di un universo di poco più di un milione di unità appartenenti ai settori dell’industria, del commercio e dei servizi, corrispondenti al 23,2% delle imprese italiane che producono però l’89,8%del valore aggiunto nazionale e impiegano il 74,4% degli addetti (12,8 milioni). Come già evidenziato da altre indagini, le micro-imprese sono state le più coinvolte dai blocchi delle attività (48,7% contro il 14,5% delle grandi), sono quelle che hanno incontrato più difficoltà ad adeguare gli spazi lavorativi alle nuove direttive sanitarie e sono anche quelle che hanno potuto utilizzare meno le forme di lavoro agile (lo ha fatto il 18% contro il 70-90% delle aziende medie e grandi). Ancora: le piccole sono quelle che hanno fatto fronte alle improvvise esigenze di liquidità con nuovi debiti bancari, mentre oltre il 30% delle medie o grandi imprese hanno scelto di utilizzare margini disponibili sulle linee di credito, oppure la disponibilità liquide di bilancio. Ciò che emerge è un sistema produttivo nel quale, al netto del generalizzato utilizzo della cassa integrazione o del Fondo di integrazione salariale (Cig/Fis), prevalgono le strategie di riorganizzazione dell’impiego della forza lavoro, attuate da oltre la metà delle imprese.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Querzè Rita 
Titolo: Imprese, il 38% si sente a rischio Bankitalia: entrate giù del 20%
Tema: indagine Istat

Il 38% delle aziende italiane segnala «rischi operativi e di sostenibilità della propria attività». II rapporto dell’Istituto di statistica arriva nel giorno in cui Bankitalia segnala che ad aprile le entrate tributarie sono state pari a 24,2 miliardi, in diminuzione del 20,4% (-6,2 miliardi). Un dato tutt’altro che sorprendente visto il combinato disposto della sospensione di alcuni versamenti fiscali e del peggioramento del quadro macroeconomico. Resta il fatto che nei primi quattro mesi del 2020 le entrate tributarie sono state pari a 119,1 miliardi, in diminuzione del 2,8% (-3,4 miliardi) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tutto ciò ha già un effetto sul debito pubblico, aumentato ad aprile di 36 miliardi rispetto al mese precedente toccando così quota 2.467,1 miliardi. La misura della crisi sta anche in un altro importante segnale: la comparsa del segno meno davanti al dato dell’inflazione. Non accadeva dall’ottobre 2016. A maggio l’Istat stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo possa registrare una diminuzione dello 0,2% sia su base mensile sia su base annua. La flessione è legata al calo delle quotazioni del petrolio e in generale al ribasso dei prezzi dell’energia. Tornando all’indagine Istat sulle imprese, al momento della rilevazione quattro richiedenti su 10 avevano ottenuto gli aiuti. Gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e Fis, fondo integrazione salariale) sono stati usati dal 70,2% delle aziende. Da notare che tre imprese su 10 (32,5%) sono rimaste sempre attive anche durante il lockdown. E si tratta della quota più rilevante dal punto di vista economico e dell’occupazione in quanto rappresenta il 48,39 degli addetti e il 60,9% del fatturato nazionale. Anche la crisi Covid ha dimostrato però che «piccolo non è più bello». Le microimprese (3-9 addetti) che hanno sospeso l’attività sono state una su due, il 48,7%, contro il 14,5% delle grandi con oltre 250 addetti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Bonomi: «Confindustria pronta a presentare il piano di rilancio» – Bonomi: «Confindustria pronta a presentare il piano di rilancio»
Tema: Confindustria

In attesa di un piano del governo «dettagliato, con un cronoprogramma e gli effetti attesi», Confindustria ha preparato il proprio che guarda al 2030, dunque con una prospettiva di medio-lungo periodo. L’ha fatto vedere ieri, nella conferenza stampa con i giornalisti esteri, che si è tenuta a Milano, lo illustrerà domani, nell’incontro fissato con l’esecutivo. «Mi sarei aspettato che nelle convocazioni a Villa Pamphili il governo presentasse un piano ben dettagliato, con un cronoprogramma, con gli effetti attesi, in quanto tempo, gli effetti sul Pil», ha esordito Bonomi. «Questo piano non l’ho visto, sarei curioso di leggerlo, vorrei ascoltarlo. Detto ciò come Confindustria noi siamo sempre positivi e propositivi quindi andremo a Villa Pamphili dicendo quello che pensiamo, soprattutto presentando un nostro piano ben preciso. Sarà pubblicato, ne abbiamo fatto un libro». L’incontro con la stampa estera è stata l’occasione per mettere in evidenza il ruolo dell’Italia sullo scenario mondiale. Per Bonomi la collocazione internazionale dell’Italia è essenziale, perciò occorrono strategie nazionali a sostegno delle filiere produttive italiane nelle catene globali del valore.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Conte: un mese di cig – Conte: ben venga il piano delle imprese Cig, un mese in più
Tema: Stati generali

Durante la conferenza stampa agli Stati generali, Conte torna a corteggiare le opposizioni: «Vi assicuro che dopo che termineremo questa settimana insisterò testardamente per avere un confronto con i rappresentanti delle opposizioni. Non raccogliere il nuovo invito, rende la democrazia italiana un po’ singolare». E se la sede è un problema — aggiunge Conte — allora la scelgano le opposizioni. E assicura: «Le aziende ed i lavoratori che hanno esaurito le prime 14 settimane di cig potranno chiedere da subito le ulteriori quattro settimane. Il nostro intento è di un intervento più organico, riformare cassa integrazione». Sul duello a distanza con Bonomi invece c’è un tentativo di ricucire: «Ben venga» il piano di Confindustria, «e non possono dire che non abbiamo elaborato un piano noi. Abbiamo lavorato tanto. Questa non è una passarella. Se Confindustria ha lavorato, ha raccolto l’invito del governo nel modo più giusto, è una competizione virtuosa per il futuro del paese, ben venga lo accogliamo. La versione definitiva del piano del governo contiene l’indicazione di 187 progetti specifici. Questa non è una kermesse, ma un confronto su progetti specifici». Si discute anche di Ilva: «gli esuberi sono inaccettabili».Tutta «la proposta di Mittal è inaccettabile».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Conte apre alle imprese «Disponibili ad ascoltare le ricette degli industriali»
Tema: Stati generali

«Il Paese lo rilanciamo se lavoriamo tutti assieme», dice Giuseppe Conte. Il premier ha di fronte i rappresentanti dei sindacati ma le sue parole sono dirette anche a chi fuori non ha risparmiato critiche al Governo. A cominciare da Confindustria. Il presidente di Viale dell’Astronomia Carlo Bonomi ha anticipato che all’incontro in programma domani a Villa Phampili si presenterà con il suo piano di rilancio visto che dall’esecutivo non arrivano risposte. «Questa non è una passerella, non possono dire che non abbiamo un piano», si è difeso il premier che si dichiara pronto ad ascoltare le proposte degli industriali:«Ben venga il piano di Confindustia». Conte però non risparmia una battuta: «Vedo che aver chiesto a Confindustria di non presentarsi solo con un piano di taglio delle tasse ha avuto l’effetto che speravo». La giornata di ieri, caratterizzata dall’incontro in mattinata con Vittorio Colao e nel pomeriggio con le organizzazioni sindacali, è servita al presidente del Consiglio anche per mettere alcuni punti fermi come ad esempio il «No» a patrimoniali : «Non c’è nel nostro orizzonte né quest’anno né il prossimo», ha assicurato il premier. Anche sul Mes «nessuna novità» e quindi – ha aggiunto il presidente del Consiglio -al momento «non c’è la necessità» di attivarlo. In ogni caso – ha ribadito – «ogni valutazione la faremo con il Parlamento». L’appuntamento è rinviato a luglio. Domani Conte sarà davanti alle Camere. Ma contrariamente a quanto si pensava il premier, in vista del Consiglio europeo di venerdì, non farà alcuna comunicazione ma si limiterà a un’informativa su cui il Parlamento non è chiamato a votare. Una scelta che le opposizioni hanno bollato come un escamotage per evitare la spaccatura della maggioranza sul Mes visto anche il terremoto che attraversa M5S. Anche perchè erano già pronte le risoluzioni per mettere in difficoltà il Governo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Intervista a Vittorio Colao – Colao: «L’Italia ripartirà solo con impresa e lavoro» – «L’Italia si rilancia solo con impresa e lavoro Priorità formazione»
Tema: relazioni task force agli Stati generali
Vittorio Colao è soddisfatto della relazione che ha tenuto agli Stati generali del governo. «Ho molto apprezzato – dice – l’invito del presidente Conte, non scontato, visto che il rapporto lo avevamo consegnato già una settimana fa. Ci ha ringraziato e ci ha dato ben più dell’ora programmata per esporre il nostro lavoro». Dottor Colao, avete esposto al presidente Conte i contenuti del vostro piano? «Sì. È stata una vera presentazione a un esecutivo, in questo caso di governo, ma non diverso da quella che sarebbe stata una presentazione a un esecutivo aziendale. Non abbiamo esposto un piano, il nostro non è un piano, ma una strategia, una visione, con 102 proposte concrete di cui abbiamo condiviso anche i dettagli. Scrivere un piano è compito che ora spetta al governo». Qual è il fil rouge della relazione? «Dobbiamo approfittare di questa occasione per trasformare i costi in investimenti, ammodernare il Paese, migliorarne l’equità». Avete presentato più di cento proposte. Ce n’è qualcuna che ritiene più urgente per ripartire? «Come rappresentazione grafica delle sei aree di intervento abbiamo scelto un atomo: è fatto da tante parti ma si tiene insieme perché tutte contano. Quindi non mi sentirei di dire che una parte è più importante dell’altra. Sicuramente l’impresa e il lavoro sono l’urgenza su cui intervenire per rilanciare l’economia. Noi non torneremo al 2019 se l’impresa e il lavoro non saranno sostenute e potenziate con misure concrete. Questo è sicuro».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: Il retroscena – Fine di un amore mai nato Colao chiude la task force “Ho solo dato una mano”
Tema: la task forze di Colao

Vittorio Colao saluta e se ne va. Chiude, incassando i ringraziamenti del premier Conte, un’esperienza che è la storia di un amore mai nato. Le 102 proposte per far ripartire l’Italia ora sono lì, sul tavolo di Villa Pamphili dove per la prima e ultima volta in due mesi – da quando è stata istituita la commissione per la ricostruzione – l’ex manager di Vodafone ha incontrato il primo ministro. «Un’ottima base»: così Conte definisce il documento consegnato da Colao, dopo essere stato finalmente ritrattto accanto a lui in qualche foto ufficiale. «Un’ottima base» per il programma che farà il governo: non è il semplice “contributo” con cui il piano era stato definito la scorsa settimana, subito dopo la sua presentazione, ma è comunque la constatazione amichevole che il lavoro di Colao e della ventina di saggi che lo hanno accompagnato resta un insieme di spunti, non tutti condivisi, «da cui prendere solo gli aspetti in linea con le politiche del governo», come dice un ministro presente alla riunione che ha aperto la seconda giornata degli Stati generali. A testimoniare l’epilogo di un rapporto che si chiude fra i ringraziamenti ma senza entusiasmo c’è anche l’assenza, nell’incontro di ieri mattina, di Mariana Mazzucato, l’economista consulente di Conte e membro della task force che non ha gradito l’impostazione a suo dire troppo liberista del documento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: Intervista ad Annamaria Furlan – Furlan (Cisl): servirebbe un nuovo patto sociale, come con Ciampi nel ’93
Tema: Stati generali e sindacato
«Ci sono stati sintonia e punti di condivisione», dice. Ma aggiunge subito: «Ora si passi all’azione, perché la situazione è grave, bisogna agire presto, tutti insieme». Per la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, invitata dal premier Giuseppe Conte con gli altri leader sindacali di Cgil e Uil agli Stati generali dell’economia, l’incontro con il governo di ieri «può essere un punto di partenza per far ripartire il Paese, ma serve concretezza». Cosa avete chiesto al premier e ai ministri presenti? «Un patto sociale, come quello che fece Carlo Azeglio Ciampi nel `93, le condizioni sono diverse, ma serve lo stesso spirito: qui c’è bisogno di tutti, governo, sindacati, opposizioni, nessuno si può tirare indietro, né pensare alle bandierine o alle spaccature, questo è il momento della responsabilità da parte di tutti». Vi sono piaciuti i 9 punti presentati dal premier? «Su molte cose c’è condivisione, su altre, come il salario minimo confermiamo la nostra contrarietà, ma concentriamoci su cose più urgenti». Quali sono le urgenze? «Produzione e occupazione: con la previsione di caduta del Pil di 9 punti abbiamo davanti una crisi che preoccupa moltissimo, con ricadute fortissime sui lavoratori e sulle imprese, servono interventi su questo».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio 
Titolo: Reddito di cittadinanza a 2,8 milioni di persone spesi 6,5 miliardi
Tema: Rdc

Mentre le politiche attive del lavoro restano ferme al palo, cresce il numero di beneficiari di reddito e pensione di cittadinanza: a maggio l’Inps conta 1,171 milioni di nuclei percettori, pari a quasi 2,8 milioni di persone che, rispetto alla rilevazione di gennaio (1,041 milioni di nuclei per 2,5milioni di persone) corrisponde a un incremento del 12% delle famiglie che percepiscono mediamente quasi 519 euro al mese. Da aprile 2019, ovvero dall’avvio delle due misure, sono stati erogati oltre 6,5 miliardi ai percettori. I dati dell’Inps evidenziano dunque la diffusione dei due strumenti di sostegno al reddito, in una fase caratterizzata dalla sospensione delle condizionalità per i percettori del reddito di cittadinanza che il Dl Rilancio ha prorogato di due mesi, in aggiunta ai due mesi del Dl Cura Italia de117 marzo, a causa della situazione di emergenza da coronavirus che rendeva complicati gli spostamenti. Così fino al 28 luglio la fruizione del reddito di cittadinanza è accompagnata dalla sospensione degli obblighi relativi alla convocazione nei centri per l’impiego per la stipula del patto per il lavoro, dalla partecipazione a programmi formativi e di orientamento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Vico Dario 
Titolo: Il commento – Il palazzo lontano – La leva della produttività e quel richiamo di Visco che non piace al palazzo
Tema: produttività

Il  governo e le principali forze politiche nella migliore delle ipotesi non vanno oltre l’idea di voler sostenere con i trasferimenti europei la domanda e i redditi compromessi dal lockdown. Mettono già in conto però che l’Italia non riesca a conciliare la coesione orizzontale della società con la proiezione verticale del suo sistema economico, non abbia chance di mantenere le posizioni nel rango internazionale e di conseguenza a tutti noi non resti che elaborare il lutto. Loro, intanto, si sono portati avanti. La conduzione e lo stesso palinsesto degli Stati generali in corso a Roma paiono confermare un’interpretazione pessimistica: i punti programmatici sono stati affastellati in un indistinto ed enciclopedico elenco di interventi, il confronto con le parti sociali equivale alla concessione di un diritto di tribuna che mette in secondo piano la reale rappresentatività degli speaker, non c’è una tempistica del varo dei provvedimenti e tantomeno una valutazione del loro impatto sui principali indicatori economici. Poi la gestione dei dossier più caldi, a cominciare dall’incredibile tormentone del ritardato pagamento della cassa integrazione, finiscono per trasferire la medesima sensazione: la capacità di dominare i processi amministrativi è inversamente proporzionale alla voglia di esibirsi in conferenze stampa. La politica come un tutorial dell’elettorato. E la conferma di come ancora una volta nel Palazzo la comunicazione venga considerata il passepartout per governare le società complesse e per bypassare allegramente le contraddizioni economiche e sociali. Eppure basterebbe dare ascolto alle parole di Visco per avere quantomeno un principio ordinatore dell’azione di governo. Privilegiare la produttività non vuol dire intensificare lo sfruttamento, come si attardano a predicare vari talk show, ma affrontare i colli di bottiglia che ostacolano lo sviluppo italiano e riguardano sia fattori di contesto, a cominciare dall’inefficienza della pubblica amministrazione e dal calo degli investimenti, sia fattori di organizzazione delle aziende che vanno messe nelle condizioni di poter premiare i recuperi di rendimento.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Franzese Giusy 
Titolo: Ilva, braccio di ferro tra governo e Mittal – Ilva, governo pronto allo scontro la nazionalizzazione è più vicina
Tema: ex Ilva

Il piano industriale presentato da ArcelorMittal per l’ex Ilva è «assolutamente inaccettabile»: più chiaro di cosi il premier Conte non poteva essere. «Non permetteremo che il progetto strategico venga snaturato» ha continuato il presidente del Consiglio. E quel progetto prevede una Ilva forte che ritorni a essere protagonista di primo piano della siderurgia europea, con una produzione che usi tutte le più innovative soluzioni green per arrivare ad un parziale decarbonizzazione. Un progetto così non è compatibile con un basso livello produttivo (a 6 milioni di tonnellate si arriverà solo nel 2025) e meno che mai con un organico ridotto all’osso. Certamente non con un terzo in meno degli attuali dipendenti. «Abbiamo già le nostre risposte, abbiamo le idee molto chiare e non consentiremo che un progetto strategico per il Paese possa essere snaturato e reso non idoneo. Questo vale anche per gli esuberi che non riteniamo accettabili», ha scandito Conte. È un vero e proprio braccio di ferro quello che sta andando in scena tra governo e il colosso mondiale dell’acciaio che meno di due anni fa ha rilevato, tra gli altri in Italia, lo stabilimento tarantino che è il più grande impianto siderurgico d’Europa.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Contagi, ora Pechino chiude scuole e sport – Contagi, Pechino chiude sport e scuole
Tema: Covid-19 in Cina

Strade di periferia chiuse da rozze barriere in lamiera piazzate in fretta; comprensori residenziali del centro hanno riattivato checkpoint presidiati da vigilanti riparati sotto ombrelloni. Nel giro di poche ore Pechino è caduta dal mito «zero contagi» al conteggio dei nuovi ricoveri e alla nuova imposizione di controlli e chiusure. Secondo i dati delle autorità, ieri sera 200 mila persone erano già in quarantena a casa, in attesa di essere sottoposte a test dell’acido nucleico (il tampone). I 200 mila in isolamento sono i pechinesi che potrebbero essere entrati in contatto con il mercato di Xinfadi, dove giovedì era stato individuato il primo malato, dopo 55 giorni senza nemmeno un caso. Sabato i contagi con sintomi erano solo 7, tutti ancora passati dal mercato, domenica erano 43, ieri sono saliti a 79. Non sarebbero ancora numeri drammatici, in una megalopoli di 22 milioni di abitanti. Tokyo ieri ha segnalato 48 nuovi casi, quasi senza fare notizia e venerdì riaprirà tutte le attività. Ma Xi Jinping già a gennaio aveva posto l’obiettivo strategico di «difendere la capitale dal nemico invisibile», dall’epidemia. Quest’ordine spinge gli amministratori a stringere le precauzioni. Una ventina di comunità residenziali sono state messe in «modalità bellica»; le scuole elementari sono chiuse, attività sportive e culturali sospese di nuovo in tutta Pechino, gran dispiegamento di personale in tuta protettiva ermetica che va a bussare porta a porta per chiedere alla gente se ha avuto contatti con Xinfadi. Il primo focolaio è stato individuato nella periferia meridionale, dove sorge il mercato Xinfadi che rifornisce di frutta, verdura, carne e pesce il 90% della megalopoli.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Santelli Flippo 
Titolo: Virus, la Cina ha paura della seconda ondata – A Pechino torna la paura 100 nuovi contagi “Il virus può espandersi”
Tema: Covid-19 in Cina

Pechino non sarà una nuova Wuhan. I media di regime ripetono il ritornello, cercando di tranquillizzare i cittadini della capitale e della Cina intera. Ma il focolaio emerso qualche giorno fa nell’enorme mercato alimentare di Xinfadi mette sempre più paura. Ieri le autorità hanno ufficializzato 36 nuovi casi rilevati domenica, lo stesso numero di sabato, il totale degli ultimi giorni supera i 100 secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. È il numero più alto registrato a Pechino dall’inizio della pandemia: la capitale, la città simbolo che finora la leadership comunista aveva difeso, si scopre d’improvviso fragile. Quanto sia alta la posta in gioco lo sottolineano l’immediata rimozione di tre funzionari, tra cui il direttore del mercato, e la decisione delle misure di contenimento messe in campo. Ventuno aree residenziali attorno alla struttura, in cui vivono 90mila persone, sono state isolate, con tanto di cordone paramilitare. Tutti i cittadini passati dal mercato dal 30 maggio, si stima 200mila, verranno testati, domenica erano già stati eseguiti 80mila tamponi. Anche nel resto della città sono tornati i controlli, all’ingresso delle unità abitative e dei luoghi pubblici. Eppure finché non si definiranno i limiti del focolaio la tensione è destinata a salire: il rischio che si espanda è «molto alto», dicono le autorità. Anche la Cina deve affrontare così il temuto spettro della “seconda ondata” virale.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Londra e la Ue: volontà politica di chiudere sul nuovo accordo
Tema: post Brexit

Il successo delle trattative dedicate al futuro partenariato tra la Gran Bretagna e l’Unione europea non è dietro l’angolo, ma vi è il desiderio delle parti di raddoppiare gli sforzi per trovare una intesa. L’impegno è stato confermato ieri dopo una teleconferenza al vertice, a cui hanno partecipato tra gli altri la presidente delta Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier britannico Boris Johnson. I tempi sono stretti; il negoziato deve terminare prima della fine dell’anno. In una dichiarazione comune, Bruxelles e Londra si sono voluti cautamente ottimisti: «Le parti hanno (…) convenuto sia necessario un nuovo slancio. Hanno appoggiato i piani concordati dai capi negoziatori per intensificare i colloqui in luglio e creare le condizioni più favorevoli per la conclusione e la ratifica di un accordo entro la fine del 202o. Le parti hanno quindi sottolineato la loro intenzione di impegnarsi a fondo per instaurare un rapporto che operi nell’interesse dei cittadini dell’Unione e del Regno Unito». Il governo britannico ha riaffermato la settimana scorsa che non intende chiedere un prolungamento del periodo di transizione. L’impegno politico di ieri giunge mentre il negoziato in questi mesi è stato in surplace. Ancora di recente diplomatici a Bruxelles avevano notato una ostentata indifferenza dei negoziatori britannici a voler trovare un accordo di partenariato prima della fine dell’anno, per evitare una uscita senza rete dal mercato unico. Ieri l’impressione è che vi sia da parte britannica un rinnovato impegno a trovare una intesa, anche rapidamente in tempo per permettere le necessarie ratifiche. «Non credo che in realtà siamo così distanti, ma ciò di cui abbiamo bisogno ora è di vedere un po’ di grinta nei negoziati», ha detto ieri da Londra il premier Johnson.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Svolta negli Usa: vietato licenziare lavoratori Lgbtq – La svolta degli Usa “Vietato licenziare i lavoratori Lgbtq”
Tema: Diritti civili nelgi Usa

Storica sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti: è vietata ogni discriminazione sul lavoro basata sull’orientamento sessuale, quindi non si può licenziare o danneggiare in qualche modo un dipendente gay, lesbica, bisessuale o transgender. La tutela si estende all’intera sigla Lgbtq che sta per “lesbian, gay, bisexual, transgender and questioning”, la q dell’ultima parola designa chi ritiene di avere un’identità sessuale fluida, non ancora definita, e si considera alla ricerca di una risposta. La decisione del tribunale costituzionale è stata presa a larga maggioranza, sei giudici contro tre. È una vittoria tanto più ampia in quanto i repubblicani prevalgono in questa Corte: due di loro hanno votato in favore dei diritti dei gay tra cui il Chief Justice John Roberts. A redigere il dispositivo della sentenza è stato un altro giudice repubblicano, Neil Gorsuch, nominato da Donald Trump. La vittoria per i diritti della vasta comunità Lgbtq – che si stima ad almeno 8 milioni solo tra i lavoratori – è tanto più netta in quanto l’Amministrazione Trump si era espressa in senso contrario. La decisione conferma un dato già emerso durante la presidenza Obama, quando venne legalizzato il matrimonio gay: su questo terreno i giudici costituzionali, anche alcuni conservatori, si sono adeguati all’evoluzione dei costumi e dei valori nella società americana, dove lo spostamento in favore dei diritti dei gay è stato notevole, soprattutto fra le giovani generazioni.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: La Corte Suprema sfida Trump “No ai licenziamenti perché Lgbt”
Tema: Diritti civili negli Usa

Sul tavolo del massimo tribunale americano erano arrivate tre cause, che accusavano i datori di lavoro di aver violato il Title VII del Civil Rights Act de11964, che proibisce le discriminazioni «a causa del sesso». Le prime riguardavano due gay. Gerald Bostock sosteneva di essere stato licenziato dal suo posto di assistente sociale in Georgia, quando aveva iniziato ad aprirsi sul proprio orientamento sessuale, tra le altre cose giocando nel campionato di softball riservato gli omosessuali. Donald Zarda invece era un istruttore di paracadutismo, e quando una cliente aveva obiettato all’idea di lanciarsi legata ad un uomo, lui aveva risposto con questa battuta: «Stai tranquilla, sono gay al 100%». Risultato: aveva perso il lavoro. Il terzo caso invece riguardava la transgender Aimee Stephens, licenziata da un’agenzia di pompe funebri del Michigan quando aveva annunciato che voleva abbracciare la propria identità. Il suo datore di lavoro l’aveva cacciata, spiegando così la decisione: «Voleva vestirsi da donna». I tribunali di grado inferiore avevano emesso sentenze contraddittorie, e quindi la questione è finita davanti alla Corte Suprema. L’amministrazione Trump si è schierata con i datori di lavoro, sostenendo che il Civil Rights Act del 1964 si riferiva solo alle discriminazioni tra uomo e donna, e se il Congresso voleva estenderlo anche a gay e trans doveva approvare un nuovo testo. È la dottrina tradizionale dei conservatori, secondo cui la legge va applicata alla lettera, e non modificata attraverso le interpretazioni. A tradirla però sono stati proprio due giudici conservatori.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Atlanta, l’autopsia conferma: omicidio
Tema: La morte di Brooks

L’autopsia sul corpo di Rayshard Brooks conferma quanto il mondo aveva già visto direttamente dalle immagini del video: il ventisettenne afroamericano è stato ucciso da due colpi di pistola alla schiena. Gli ha sparato l’agente Garrett Rolfe, venerdì sera, nel parcheggio di un ristorante Wendy’s, ad Atlanta. Rolfe, per ora, è stato solo licenziato, mentre il collega che era di pattuglia con lui, Devin Bronsan, è stato trasferito al lavoro d’ufficio. Ma le indagini si stanno sviluppando velocemente. Domani, mercoledì 17 giugno, la Procura della Fulton County potrebbe incriminare i due agenti. Vedremo se per omicidio volontario, come è stato per Derek Chauvin a Minneapolis per l’uccisione di George Floyd, lo scorso 25 maggio. Oppure se il reato sarà considerato colposo o preterintenzionale. Naturalmente l’impatto politico sarebbe profondamente diverso. La sindaca di Atlanta, l’afroamericana democratica Keisha Lance Bottoms, annuncia un processo di completa rifondazione del Dipartimento di polizia. Un passo probabilmente inevitabile dopo le dimissioni della numero uno, Erika Shields. Le due donne avevano rafforzato la collaborazione per rispondere alle proteste di massa, anche ad Atlanta. Il 6 giugno Shields aveva emanato direttive più rigide per gli agenti. Il nuovo «Manuale» vieta ai poliziotti in pattuglia l’uso delle armi da fuoco, anche a scopo deterrente, se non in casi di «pericolo per la propria vita». Ma tutto ciò è stato brutalmente spazzato via dalla morte di Rayshard Brooks. Si muove anche Donald Trump. Oggi il presidente dovrebbe firmare un ordine esecutivo, fissando standard nazionali per il comportamento della polizia. Non sono ancora chiari, però, i contenuti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Il corsivo del giorno – Nella Nato esplode il caso Turchia
Tema: Nato

AIla vigilia della riunione dei ministri della Difesa atlantici, in programma domani, esplode nella Nato un caso Turchia. Ankara blocca il piano di difesa per i Paesi baltici e la Polonia, ponendo come condizione del via libera il pieno sostegno politico dell’Alleanza alla sua campagna militare contro i curdi in Siria. Fra le altre cose, il governo turco chiede che i gruppi PYD e YPG, siano dichiarati organizzazioni terroristiche. Una pretesa che viene rifiutata da molti Paesi membri. Il veto anatolico non è nuovo. Ma al vertice per i 70 anni della Nato a Londra, in dicembre, Ankara era apparsa più conciliante. Al punto che il segretario dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, aveva annunciato che c’era accordo sul rafforzamento dei GRP, i piani di risposta graduata varati nel 2015 per rispondere alle richieste di polacchi e baltici, preoccupati dall’aggressivita della Russia. Per essere operativi, è però ancora necessario un voto del Patto. Ora Erdogan ci ha ripensato: «Ankara ha preso in ostaggio baltici e polacchi, fino a quando strapperà concessioni sui curdi, mescolando due questioni del tutto separate», dice una fonte atlantica.
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