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SINTESI IN PRIMO PIANO – 15 giugno 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– M5S: l’affondo di Di Battista contro Conte, ma Grillo difende il Premier;
– Scuola: i Commissari per la Maturità e l’inizio del nuovo anno scolastico;
– Oggi la presentazione del Piano Colao: 9 capitoli e 55 voci per il rilancio dell’Italia;
– Inps: ancora troppi lavoratori in attesa della cassa integrazione;
– Corsa alla Casa Bianca: la protesta condiziona Biden;
– Marce antirazziste: la città di Atlanta a ferro e a fuoco.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: M5S, alta tensione su Conte – La strategia di Di Maio per evitare strappi: Giuseppe iscritto al M5S e candidato premier
Tema: M5S, l’affondo di Dibba

L’affondo di Alessandro Di Battista non ha colto di sorpresa nessuno, perché ormai è chiaro il progetto del politico-reporter: scalare posizioni di potere nel Movimento, picconando il governo Conte e poi andare rapidamente al voto su Rousseau, dove conterebbero soprattutto i militanti e non i parlamentari e i big. Questi ultimi, a eccezione di Davide Casaleggio, gli sono ostili e non hanno alcuna fretta. Meglio restare con Vito Crimi reggente, rimandare l’appuntamento della leadership a ottobre e nel frattempo aprire le braccia a Giuseppe Conte. Perché se Di Battista lo fa provocatoriamente, Luigi Di Maio da giorni va dicendo ai suoi: «Sarei felice se Conte si dedicasse al Movimento. Sarei felice che si iscrivesse. Lo abbiamo proposto due volte candidato premier perché crediamo in lui e se iniziasse a dare un contributo più attivo al Movimento sarebbe importante». Ma l’ex capo politico va oltre e di fatto configura una possibile diarchia (anche se questo non lo dice): «Conte potrebbe rivestire il ruolo di candidato premier del M5S alle prossime elezioni». Potrebbe sembrare strano e un po’ paradossale che il movimentismo del premier sia stato recepito inizialmente con fastidio e che ora invece ci sia un corteggiamento aperto. Ma non lo è affatto se si pensa che al momento Conte può giocare su tre fronti diversi: può considerarsi il futuro premier della coalizione, con la benedizione dei dem; può confluire nel Movimento e provare a guidarlo; può fondare un suo partito, che i sondaggi danno a cifre altissime.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Il retroscena – Il garante vuole un direttorio ma c’è il rischio scissione Idea Conte leader dei grillini
Tema: M5S, l’affondo di Dibba

Con lo schiaffo simbolico ad Alessandro Di Battista, sconfessato e irriso come mai nella storia del Movimento, Beppe Grillo punta a blindare i 5 stelle di governo e l’intesa col Partito democratico. Perché per quanto l’ex deputato abbia cercato di rassicurare il presidente del Consiglio, in queste settimane, tenendo aperto un filo diretto con Palazzo Chigi e giurando, a ogni passo, che il suo obiettivo non è far cadere Giuseppe. Conte e che il Pd “derenzizzato” non è quello contro cui ha combattuto in campagna elettorale, la sua corsa per la leadership spaventa tutti. E destabilizza un quadro reso già fragile dalle mille correnti in cui si è frantumato il M5S, a caccia di una tregua che possa tenere tutto insieme fino alla prossime elezioni politiche. A questa tregua bisognerà trovare un nome, ma passa per quella che tutti i big del Movimento chiamano “guida collegiale”: un organo che tenga dentro più persone, il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, la sindaca di Torino Chiara Appendino, forse addirittura l’ex leader Luigi Di Maio, se non preferirà tenersi fuori e fare da demiurgo. Una sorta di direttorio, nonostante l’ultimo sia finito molto male, capace di fare sintesi e di disinnescare così gli attacchi delle fazioni opposte. Prenderà il posto del reggente Vito Crimi, rendendo vani quegli Stati generali – il Congresso previsto per la primavera e rinviato causa Covid-19 – che a questo punto è probabile non si facciano più.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Fraschilla Antonio 
Titolo: Intervista a Gianluigi Paragone – Paragone “Il Movimento ormai è una fake news Ora bisogna far nascere un partito anti-sistema”
Tema: M5S, l’affondo di Dibba

«Di Battista è uno innamorato del Movimento. Anche oggi che Beppe Grillo gli ha detto chiaramente che quel Movimento delle origini è un falso, una finzione, Alessandro non farà nulla. Io invece adesso sono ancora più convinto che c’è uno spazio da prendersi e sonò pronto a lanciare un partito contro il sistema e contro questa Europa». II senatore Gianluigi Paragone, ex grillino e vicino alle posizioni della Lega da sempre, non è per nulla sorpreso dell’intemerata di Grillo contro Alessandro Di Battista e la sua l’idea di lanciare un grande confronto interno. Senatore, perché non è sorpreso dall’uscita di Grillo? «Le sue parole sono la conferma di quello che ormai vado sostenendo da tempo: il Movimento è una fake politica e ha rinnegato completamente quello per cui era nato. Cioè essere una forza antisistema. Oggi sono tutti incollati alle poltrone e integrati nel sistema». Ma anche quando era al governo con la Lega il Movimento era entrato nelle stanze del potere e nel sistema. E lei lo sosteneva. «Sì, ma con la Lega c’era ancora un po’ più di filigrana movimentista e riuscivamo a tenere a bada Bruxelles dando risposte negative e compatte quando dall’Europa alzavano il sopracciglio di fronte alle posizioni dei vari Savona, Bagnai e Borghi. Oggi il Movimento governa con Gualtieri, uno nato con la grammatica europeista. Detto questo, si può essere anti sistema anche al governo: ma ci rendiamo conto che oggi i 5 stelle hanno avallato la conferma di Descalzi alla guida dell’Eni?».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: Partito di Conte, Grillo spacca i 5S – Scontro nel M5S Ritorna Grillo e scarica Di Battista per difendere Conte
Tema: M5S, l’affondo di Dibba

L’affondo di Beppe Grillo stavolta è clamoroso, il fondatore dei 5Stelle torna ad occuparsi della sua creatura e lo fa per sbeffeggiare l’altro enfant prodige M5s, il “ribelle” Alessandro Di Battista che non si è mai fatto una ragione del governo insieme al Pd. L’ex parlamentare ieri in trasmissione da Lucia Annunziata, ha lanciato un vero siluro al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chiedendo un congresso del movimento che inevitabilmente farebbe ballare il governo e sfidando il premier a candidarsi, se vuole assumere la leadership del Movimento. «Si iscriva a M5s e al congresso e porti la sua linea». Un affondo che non piace a Grillo, fin dalla scorsa estate sostenitore dell’accordo con il Pd. All’inizio dell’intervista Di Battista, da politico navigato, esordisce con un rassicurante «ho fiducia nel presidente del Consiglio, non deve temere picconature da parte mia». Ma come da manuale della comunicazione politica, la mano tesa iniziale è seguita da parole pesanti. «In questo momento il governo va sostenuto, il modo migliore per sostenerlo è pungolare M5s e farsìchesi rafforzi». Quindi, l’attacco: «Il M5s deve organizzare un congresso, un’assemblea costituente. Chiedo formalmente il prima possibile un’assemblea in cui tutte le anime possano costruire una loro agenda e vedremo chi vincerà». Il vice-segretario Pd Andrea Orlando commenta con perfidia. «Se ho capito bene – scrive su Twitter Orlando – Di Battista ha appena detto a Conte di stare sereno…». Come è noto, «stai sereno» fu la frase beffarda con cui Matteo Renzi rispose a Enrico Letta, preoccupato perla tenuta del suo governo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fregonara Gianna 
Titolo: Scuola, l’incognita dei commissari
Tema: Scuola, l’incognita dei commissari

Oggi le scuole riaprono le porte: solo quelle superiori, ma è la prima volta dall’inizio di marzo che nelle sedi di licei e istituti tecnici si terrà una riunione di professori. Si ritroveranno i presidenti delle 12.900 commissioni per la Maturità e i commissari, che sono sei professori per ciascuna delle classi che sosterranno l’esame da mercoledì. Entro questa sera i 500 mila studenti che nelle prossime tre settimane si alterneranno in aula sapranno il giorno e l’orario di convocazione a scuola, perché tra le varie incombenze di questa mattina c’è l’estrazione della lettera con cui cominciare: cinque studenti al massimo ogni giorno, con mascherina – da togliere solo una volta seduti in postazione per sostenere l’esame – e autocertificazione da consegnare all’ingresso. Ma oggi sarà anche il giorno in cui si capirà come sarà questo esame così diverso dal solito e piegato alle esigenze della sicurezza sanitaria. Il primo passaggio riguarda proprio le commissioni: quanti presidenti presenteranno la giustificazione medica? Ogni anno, alla vigilia dell’esame, gli uffici scolastici regionali devono sostituire in media i15% dei presidenti. Le regioni più a rischio come la Lombardia, dove è stato necessario precettare anche presidi delle medie e insegnanti giovani, hanno pronte liste da cui attingere in caso di defezioni. Ci sono scuole in cui ci si aspetta che i commissari possano presentare la richiesta di poter svolgere l’esame a distanza: sarà il presidente a decidere dopo aver consultato il medico competente.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Saraceno Chiara 
Titolo: La scuola umiliata
Tema: Scuola, inizia prima o dopo le elezioni regionali?

Iniziare le lezioni il 14 settembre per poi interromperle subito per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali, oppure rimandare l’inizio delle lezioni a dopo le elezioni. Questa sembra essere l’unica alternativa possibile alla ministra dell’Istruzione, ma anche alle regioni. Sembra assurdo, ma è così. A nessuno sembra venire in mente che l’unica alternativa ragionevole è collocare i seggi elettorali in spazi diversi dagli edifici scolastici, come per altro avviene in molti altri Paesi, tanto più che, per rispondere alle esigenze di distanziamento fisico poste dalla pandemia, si stanno già cercando spazi esterni alle scuole per distribuirvi studenti e attività educative. Si può fare lo stesso per i tre-quattro giorni necessari per la preparazione dei seggi, l’espletamento delle votazioni, la sanificazione e ripristino dei locali, senza entrare nelle scuole e interromperne le attività. Sarebbe una scelta ragionevole sempre, ma ancora più quest’anno, dopo che le scuole sono rimaste chiuse per oltre due mesi a causa della pandemia, sostituite dalla didattica a distanza e poi dalla lunga interruzione estiva. Gli effetti sul piano cognitivo, relazionale, emotivo, di questo lungo distanziamento fisico tra la scuola e i suoi allievi, tra le lezioni e la quotidianità delle relazioni in presenza, con le loro gioie, difficoltà, conflitti, sono ancora da studiare sistematicamente. Ma se ne conoscono già alcune conseguenze negative in termini di aumento delle diseguaglianze e dei rischi di dispersione scolastica.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Calise Mauro 
Titolo: L’analisi – Nell’era della mobilità virtuale ora serve una didattica «ibrida»
Tema: Scuola e Università, serve una nuova didattica

Il futuro si può ignorare, provare a rallentare, intralciare. Ma sappiamo che non si può fermare. Se ci si muove con intelligenza, e pertempo, lo si può imparare a migliorare. La partita tra conservatori e progressisti sta in queste lapalissiane verità. È una partita che, almeno in Occidente, si gioca da mezzo millennio. In tutti i settori e funzioni della nostravitaassociata. Oggi tocca anche all’Università. Nata come corporazione d’elite, poi trasformata dal rullo compressore della formazione di massa. Ma comunque rimasta protetta dalle mura delle proprie aule. Sempre più affollate, inadeguate. Ma difese come baluardo e simbolo di un meccanismo di trasmissione del sapere ad accesso limitato. Chiuso. Oggi, questo meccanismo è sotto stress. La crisi Covid ha costretto i docenti di mezzo mondo a misurarsi con la comunicazione digitale. Trasferendole proprie lezioni e le proprie classi online. il risultato è una rivoluzione epocale. I lettori del Sole già conoscono, grazie alla guida sulla Smart Education, l’espansione dell’e-learning avvenuta nell’ultimo decennio, conl’ingressodei grandi atenei intemazionali nell’ecosistema della formazione permanente. I Mooc (Massive open online courses) s ono stati il cavallo di Troia che ha messo il migliore know-how universitario a disposizione dell’apprendimento continuo di cui il mondo del lavoro oggi ha bisogno per reggere il passo incalzante del cambiamento tecnologico. Ma il fenomeno poteva apparire – fino a ieri – ancora estraneo al circuito universitario in senso stretto. Erano pochi, pochissimi i docenti direttamente coinvolti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Villanacci Gerardo 
Titolo: Riformare la giustizia. Priorità di oggi
Tema: Giustizia

La modifica del diritto societario e una maggiore efficienza del «sistema giustizia», rappresentano i primi due capisaldi della strategia del Governo per rendere più attraente il nostro Paese. E’ quanto espressamente dichiarato dal Presidente del Consiglio il quale ha aggiunto che «il terzo obiettivo è quello di creare a livello europeo un quadro regolatorio, sul piano fiscale, sufficientemente omogeneo in modo da bandire le pratiche di dumping fiscale all’interno dell’Unione». Una evidente aporia se si considera che nei fatti o per meglio dire nei numerosi provvedimenti legislativi emanati al tempo della emergenza sanitaria, pochi riguardano la giustizia perla quale ciò che in concreto è stato fatto, peraltro prima della epidemia, è il deposito in Parlamento di due disegni delega di riforma della giustizia civile e penale. Quindi, anche in considerazione delle note polemiche che nel merito di dette proposte sono state sollevate, è evidente che siamo in alto mare con l’aggravante che questa volta le acque sono molto agitate e tendenti al burrascoso. D’altra parte, al tutt’altro che remoto rischio di un debito pubblico che potrebbe superare, entro il corrente anno, il 160 per cento nel rapporto deficit/pil, di un crollo del 9,5 per cento del prodotto interno lordo e un aumento drammatico della disoccupazione che si prevede possa spingersi in pochi mesi fino al 15 per cento, vanno ad aggiungersi le ulteriori sopravvenute problematiche della giustizia che, uscendo dalla fase di quasi totale inoperatività, si troverà ad affrontare una consistente mole di conflitti nel settore imprenditoriale e commerciale, nonche a fronteggiare una pericolosa deriva della criminalità organizzata che, come ormai da più parti viene segnalato, proverà subdolamente ad insinuarsi nelle fenditure dell’economia in sofferenza.
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Testata:  La Verita’ 
Autore:  Telese Luca 
Titolo: Intervista a Carlo Taormina – «Bisogna indagare anche sul Csm»
Tema: Giustizia, il Caso Palamara

Avvocato Taormina, ci spiega cosa ha capito del caso Palamara? «Che i giornali non hanno spiegato nulla, anzi, hanno confuso le acque». È sicuro di quello che dice? «Questa inchiesta ha rivelato un retroscena di una gravità inaudita». Perché? «Perché il caso Palamara, unito a quello della vicenda Di Matteo-Bonafede, ci consegna una quadro drammatico della giustizia in Italia». Ne sta parlando da cittadino o in veste professionale? «Entrambe le cose, visto che sono indignato come uomo, ma sono al lavoro in quanto avvocato». Perché, chi difende? «Glielo dico dopo. Prima le spiego la cosa più importante. Ma a lei pare normale quello che ha detto l’ex presidente dell’Associazione magistrati?». A che cosa si riferisce in particolare? «All’affermazione fatta nel programma di Giletti, e caduta nell’indifferenza generale, secondo cui il requisito per fare carriera era l’appartenenza alle correnti. Ma dico, non c’è uno che abbia commentato adeguatamente questa frase?». Tanti hanno detto che si tratta di un comportamento riprovevole… «Ma quale riprovevole?». Di più o di meno? «Telese, mi meraviglio di lei che da sette settimane, all’Arena, parla solo di questo. Come può sfuggirle?». Sfuggirmi cosa? «Qui non stiamo parlando di stile odi etichetta: qui stiamo parlando di un reato».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Polito Antonio 
Titolo: I cento giorni che ci hanno cambiato – Digitali, diligenti (e molto impauriti) i nostri 100 giorni
Tema: 100 giorni dal primo lockdown

Cento giorni del Covid hanno cambiato gli italiani. Ma non tutti. Ci hanno reso diversi. Ma più diseguali. Migliori e peggiori, allo stesso tempo. Quasi tre Italie in una. Nel lungo lockdown cominciato cento giorni fa ci sono stati quelli «che hanno continuato a vivere nella povertà, che hanno tenuto i bambini in 4o metri quadrati, che erano abituati ad andare a fare la spesa dove le cose costavano meno», oggetto della commozione in tv del virologo dal volto umano, Giuseppe Ippolito dello Spallanzani. Insieme a loro quelli che hanno dovuto uscire di casa ogni mattina perché fanno gli infermieri, i medici, gli addetti alle pulizie, i poliziotti, i rider, i postini, i benzinai, gli spazzini. Gente che ha tenuto in piedi l’Italia, e chissà quanto ci metteremo a dimenticarci il debito di riconoscenza che abbiamo nei loro confronti. Poi c’è stata l’Italia di mezzo: quelli che hanno potuto restare a casa ma hanno perso il reddito, la gente che ha un negozio, un ristorante, un bar, un albergo, uno studio di avvocato o un salone di bellezza, o che non ce l’hanno ma ci lavorano. Mesi di risparmi bruciati e tanta paura per ciò che verrà. Per loro il peggio comincia ora. E infine ci sono quelli che se la sono cavata: i «colletti bianchi» che hanno conservato posto e stipendio, hanno il Wi-fi e Netflix, fanno lo smart working e il bike sharing. A casa hanno riscoperto gli affetti, la lentezza, la gastronomia, i figli, l’amore coniugale. E quasi quasi ci sarebbero restati ancora un po’.
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Economia e finanza

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Stati generali, c’è Colao (e un altro piano)
Tema: Piano Colao: 9 capitoli e 55 voci per il rilancio

Oggi è il giorno di Vittorio Colao e della sua task force, ma anche l’inizio del confronto fra governo e sindacati. Il primo illustrerà il proprio lavoro e le proposte già consegnate all’esecutivo, nel secondo caso Giuseppe Conte distribuirà ai sindacati il suo piano, diviso in 9 grandi settori, che dovrebbe costituire la prima traccia, ancora molto generica, del Recovery plan che dovremo presentare a Bruxelles non più tardi di settembre. In un messaggio rivolto al nostro governo ieri la presidente del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgeva, ha suggerito questa ricetta per uscire dall’emergenza economica: “Per come la vedo io, ci sono cinque aree che l’Italia dovrebbe affrontare. In primo luogo, ridurre la burocrazia nella pubblica amministrazione. Secondo, l’efficienza degli investimenti”. Terzo, la riforma fiscale e la riscossione delle imposte per una ripresa più inclusiva ed equa. Quarto, l’agevolazione normativa per migliorare la competitività. Quinto, le disparità regionali”. Un invito, quello del Fondo monetario, che si associa alle analisi del primio giorno fatte sia dalla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, sia dalla presidente della Bce, Christine Lagarde: entrambe hanno individuato nella nostra burocrazia uno dei punti dolenti della bassa produttività italiana.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vecchio Concetto 
Titolo: Il governo svela un piano enciclopedico di rilancio in 55 voci – Alta velocità, digitale e green economy Il piano di rilancio del governo
Tema: Piano Colao: 9 capitoli e 55 voci per il rilancio

Nove capitoli e 55 voci per rilanciare il Paese. Rivoluzione digitale, infrastrutture, green economy, industria 4.0, ammodernamento delle strutture alberghiere, meno burocrazia nella pubblica amministrazione, investimenti in ricerca, sanità e giustizia. È la corposa proposta che il governo sottoporrà alle parti sociali da oggi a mercoledì, a Villa Pamphili, nell’ambito degli Stati generali. Ma quali sono le priorità? Ci sono almeno sei-sette punti che potranno essere anticipati nella legge di Bilancio, a settembre. Il resto finirà, con tutta probabilità, nel Recovery plan, il piano pluriennale con cui verranno chiesti i fondi europei previsti dal Recovery Fund per uscire dalla recessione post-Covid. Le urgenze che potrebbero essere inerite già nella legge di Stabilità sono il piano Industria 4.0 plus, i sistemi d’incentivo per i grandi progetti di automazione, la riforma fiscale, il piano dei pagamenti digitali e cash less, i sostegni all’automotive, favorendo un passaggio più rapido a veicoli meno inquinanti. E poi, ancora: i progetti di ampliamento relativi alla green economy, il piano nazionale dell’acciaio, considerata l’emergenza dell’Ava di Taranto. Non sono escluse delle accelerazioni sulle infrastrutture ferroviarie e stradali. Nel programma si punta al completamente dell’Alta velocità: Genova-Roma, direttrice adriatica, Roma-Ancona, Roma-Pescara, estensione in Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia. Quello messo insieme dal governo è un programma molto vasto, che sembra un po’ un “libro dei sogni”, con capitoli che danno talvolta l’impressione di una certa genericità.
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Testata:  Repubblica Affari&Finanza 
Autore:  Rizzo Sergio 
Titolo: Il commento – Al piano Colao manca coraggio – Al piano Colao manca il coraggio
Tema: Piano Colao

Chi potrebbe sostenere che l’Italia non abbia da anni tassi di crescita e produttività inferiori alle altre grandi nazioni europee? E un debito pubblico astronomico, con un’economia sommersa da far paura? Per non parlare di una pubblica amministrazione decisamente malmessa, delle diseguaglianze di genere e una quantità enorme di giovani che non studiano e non lavorano. L’analisi della situazione italiana fatta pur nel poco tempo a disposizione da Vittorio Colao e dai 20 esperti che l’hanno affiancato nello studio delle “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” è perfetta. Anche se conoscevamo già le palle al piede del Paese, ora ne abbiamo una consapevolezza ancora più profonda. E li ringraziamo. Per questo, dopo una diagnosi tanto impietosa, c’era forse da attendersi maggiore coraggio. A Colao, manager che gode di una ottima reputazione a livello internazionale, va dato atto di essersi impegnato a fondo. In meno di un paio di mesi ha ricevuto e analizzato «oltre 500 contributi scritti» dopo aver consultato «ben oltre 200 esponenti del mondo economico e sociale». Fra i quali, con ogni probabilità, gli stessi che saranno chiamati agli Stati generali dell’economia convocati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte: dettaglio che accresce ancora le perplessità su questa iniziativa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Cig, la tagliola per le aziende – Cassa integrazione, niente fondi per chi non rispetta le scadenze
Tema: Cig, nuovo decreto in arrivo e nuove regole

Se è una questione di regole, e in parte lo è, qualcosa sta per cambiare. Le imprese che non rispetteranno le scadenze sulle pratiche per la cassa integrazione, dovranno pagarsela da sole. La novità, nel suo genere una piccola bomba, è nell’articolo 3 della bozza di decreto legge che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni in Consiglio dei ministri, quello annunciato per rifinanziare proprio la cassa e consentire di usare subito le quattro settimane previste per settembre a chi ha già consumato tutte le 14 finora possibili. Dice l’articolo 3, testuale: «II datore di lavoro è obbligato a inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’istituto, entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale». Se la cassa è stata richiesta per maggio, bisogna mandare tutto entro giugno, e poi vedremo che cosa si intende con questo tutto. Oggi se si sfora il termine, non succede nulla. Il decreto in arrivo ribalta la situazione: «Trascorso inutilmente tale termine il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente». Paga l’azienda. Non solo. Perché le imprese che rispettano i tempi ma hanno commesso errori nella domanda possono inviare di nuovo il modulo ma al massimo entro 30 giorni. Scaduto il termine, scatta di nuovo la tagliola dei costi a carico del datore di lavoro. Ma perché questa modifica? Tutto nasce dallo scontro di questi giorni e dalle polemiche sulle persone ancora in attesa dei pagamenti.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Cig, i lavoratori in attesa sono ancora 656 mila Ma l’Inps ha accelerato
Tema: Cig: ancora tanti in attesa

«Entro venerdì 12 giugno la cassa integrazione sarà liquidata a tutti», diceva il presidente Inps Pasquale Tridico nell’intervista a Repubblica del 7 giugno. Non è andata così: venerdì scorso erano in coda ancora 656 mila lavoratori. Meno della metà di quanti risultavano il 4 giugno: 1,4 milioni. Segno di un’evidente accelerazione dell’Inps al ritmo di 182 mila bonifici al giorno, quasi un milione e mezzo in otto giorni. Insufficiente però a smaltire tutte le richieste relative ai mesi di marzo e aprile. I dati sono della stessa Inps, benché non disponibili ancora sul sito. E si riferiscono non a stime di potenziali beneficiari di Cig, ma a quelli effettivi indicati nel documento SR41 che l’impresa invia a Inps quando è in grado di comunicare quali lavoratori ha messo in cassa, per quante ore, in quale periodo e quali sono le coordinate bancarie (Iban) di ciascuno per l’accredito delle somme. – Ebbene al 12 giugno Inps ha ricevuto 5,7 milioni di Iban, cioè di lavoratori a cui erogare la Cig Covid. Ne ha pagati 4,7 milioni (il 45% in più del 4 giugno, un balzo notevole) e annullati o cancellati 346 mila. Ne rimangono 656 mila, appunto. I dati Inps rivelano poi un altro elemento interessante. Sempre al 12 giugno sono arrivate in Inps – tramite piattaforma Internet – quasi 1,4 milioni di domande di Cig che corrispondono a ben 11,5 milioni di lavoratori italiani. Un’enormità.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Marino Giuseppe 
Titolo: Le carte: Tridico mente sulla cassa integrazione – Ecco il documento dell’Inps che svela le bugie di Tridico
Tema: Cig: ancora tanti in attesa

E’ evidente che la scelta imprevidente di affidare le domande di Cig alla procedura ordinaria fatta con il decreto Cura Italia abbia sepolto gli uffici regionali del lavoro con una massa enorme di procedure e le successive correzioni di rotta, omettere il passaggio attraverso le Regioni e accordarsi con le banche per anticipare il denaro, non sono bastati. «Il guaio è che non è finita – avvisa l’ex sottosegretario al Lavoro Durigon – perché dalle Regioni continuano ad arrivare in media 500-1.000 domande al giorno. E quando arriverà il nuovo decreto che corregge il Dl Rilancio e consente di rifare la domanda per altre 4 settimane, sarà un nuovo caos per gli uffici già oberati dell’Inps. E questo perché hanno voluto ignorare l’emendamento della Lega che trasforma l’assegnazione delle risorse da settimane di Cig per azienda a settimane per lavoratore: così le stesse risorse si usano in modo più flessibile». Oltre a Durigon, anche Maurizio Gasparri, che dice «Il presidente grillino dell’Inps è un bugiardo che ha ingannato gli italiani e che si deve dimettere. Aveva detto che entro venerdì tutti gli aventi diritto alla cassa integrazione sarebbero stati pagati. Ha mentito». Anche da Italia viva arriva una richiesta di dimissioni. La deputata Maria Chiara Gadda si rivolge al ministro Catalfo: «Se è vero che ci sono un milione di persone in attesa della Cig, Tridico va rimosso».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Mes, trappola per la maggioranza Un voto in Senato per attivarlo subito
Tema: Mes, mercoledì al Senato il voto sulla risoluzione di +Europa

La trappola sul Mes è già piazzata. Ed è pronta a scattare mercoledì nell’Aula di Palazzo Madama, al momento del voto sulle risoluzioni che precedono il Consiglio europeo del 19 giugno. Sarà Emma Bovino a presentare un testo che chiede esplicitamente di accedere immediatamente al fondo Salva Stati. L’obiettivo è raccogliere il consenso dell’opposizione, spaccare la maggioranza conquistando alla causa i renziani e un pezzo di Pd, far implodere i cinquestelle. Il governo, in realtà, si prepara da settimane autonomamente a chiedere il Mes. Lo attiverà a luglio, dopo il via libera europeo al Recovery Fund, appena qualche altro Paese mediterraneo farà la stessa mossa. Conte e Gualtieri aspettano solo di avere un quadro chiaro delle finanze pubbliche con l’assestamento di bilancio di fine giugno, che mostrerà l’andamento delle entrate e delle spese. Poi trarranno una conclusione ormai scontata: c’è bisogno di soldi, tanti soldi. Già adesso, ad esempio, il governo lavora a un nuovo scostamento di bilancio per rifinanziare la Cig che scade a settembre: si parla di un intervento tra i dieci e i venti miliardi. In questo quadro, i 36 miliardi a tasso zero o addirittura negativo per le spese della sanità so no considerati preziosi dal Pd e Italia Viva. Sono considerati cosa fatta da Paolo Gentiloni. E da Giuseppe Conte. Il problema è come tagliare questo traguardo senza spaccare il Movimento, a partire dal primo voto di mercoledì sul Consiglio europeo. Per studiare una strategia, i vertici dei gruppi giallorossi si riuniranno oggi stesso al Senato.
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Testata:  Repubblica Affari&Finanza 
Autore:  Occorsio Eugenio 
Titolo: Intervista a Jean-Claude Trichet – “Il Recovery fund andrà in porto Per l’Europa una svolta storica”
Tema: Recovery Fund, intervista a Jean-Claude Trichet

Il Recovery Plan diventerà realtà, su questo sono fiducioso. Servirà probabilmente più tempo del previsto per aggiustare le molte technicalities richieste, ma com’è accaduto spesso nel passato un’iniziativa nata dall’impegno politico congiunto di Germania e Francia è destinata per definizione ad essere realizzata. Ed è una svolta storica». Jean-Claude Trichet, classe 1942, economista dell’Ecole nationale d’administration, presidente della Bce dal 2003 al 2011 e prima per dieci anni governatore della Banque de France, vive da protagonista più che mai attivo i tormenti economici attuali. «Siamo all’inizio di un “momento Hamiltoniano” per l’Europa», dice dal suo appartamento parigino evocando il ministro del Tesoro americano Alexander Hamilton che nel 1790 riuscì a convincere il presidente George Washington ad assumersi a livello federale i debiti dei 13 Stati esausti per la guerra d’indipendenza. Serviva una pandemia per trovare unità in Europa? «L’impegno collettivo è impressionante. È la risposta alle pulsioni anti-europeiste emerse negli ultimi anni: serve più Europa, non meno Europa. Alle imponenti misure statali e comunitarie si aggiungono quelle della Bce, commisurate alle necessità di quest’emergenza. Sono provvedimenti che mi confortano perché traducono in concreto ciò che è emerso nelle trattative multilaterali fin dai primi momenti in cui è apparso chiaro che il fallout economico della pandemia sarebbe stato di una gravità senza precedenti. Confermata dalla previsione che malgrado tutti gli sforzi non si tornerà ai precedenti livelli di reddito prima del 2022, e non è neanche chiaro in quale parte dell’anno».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Intervista a Werner Hoyer – “La Bei senza fondi Non possiamo fare prestiti alle aziende” – “La Bei non potrà più prestare soldi se non ci sarà un aumento di capitale”
Tema: Intervista al Presidente della Bei

Le imprese europee, soprattutto quelle piccole e medie, sono in crisi di liquidità. Senza un adeguato supporto, c’è il rischio che la crisi dell’economia reale si trasformi in una crisi delle finanze pubbliche. Uno scenario che va evitato a ogni costo». Dal 2012 Werner Hoyer guida la Banca europea per gli investimenti, che finanzia i progetti dell’Unione. L’istituzione basata in Lussemburgo avrà un ruolo cruciale nel piano per la ripresa economica: mobiliterà 200 miliardi per le piccole-medie imprese grazie a un fondo di garanzia creato ad hoc e supporterà il nuovo strumento finanziario da 300 miliardi proposto dalla Commissione per ricapitalizzare le imprese in difficoltà. «Ma queste sfide – avverte Hoyer – potranno essere affrontate solo con un aumento di capitale». Altrimenti c’è il rischio che la Bei non ce la faccia? L’unico criterio per attribuire i finanziamenti sarà la qualità dei progetti «La Bei è un banca molto forte, è di gran lunga la più grande l’istituzione di questo tipo e quella con maggiore leva finanziaria al mondo. Gestiamo un bilancio di quasi 600 miliardi con una base di capitale di 240 miliardi, di cui solo 25 versati. Però per statuto non ci è consentito prestare più di 2,5 volte la nostra base di capitale. Vuol dire che abbiamo esaurito il nostro spazio di prestito. Se ci viene chiesto di fare di più, con progetti più complicati, e probabilmente più rischiosi, allora bisogna rafforzare la base di capitale. Questo è ciò che ho spiegato al nostro consiglio dei governatori».
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  De Bortoli Ferruccio 
Titolo: Spingere la crescita Una rete di salvataggio per le imprese – Salviamo più imprese
Tema: Rete salvataggio imprese

Vi sono due aspetti di questo tormentato ritorno alla normalità, non secondari e che vale la pena affrontare per salvare qualche impresa dalla pandemia. Elementi di preoccupazione largamente presenti nelle pagine del piano Colao. Il primo è l’esigenza che non si interrompa il circuito dei pagamenti, la circolazione della liquidità. Ovvero l’ossigeno indispensabile per non morire d’asfissia. Nella parte «imprese e lavoro, motore dell’economia», la task force guidata dall’ex amministratore di Vodafone (e di Rcs), oltre a promuovere una riduzione dei tempi di pagamento ed estendere le garanzie Sace alle cessioni di credito pro soluto, propone di permettere il sostegno finanziario pubblico anche alle aziende con debiti di incerta restituzione. Si tratta di imprese con esposizioni Utp (Unlikely to pay) che, secondo la fonte Prelios citata nel documento del gruppo di studio, occupano 750 mila persone. La stragrande maggioranza delle imprese in difficoltà può essere agevolmente risanata sul lato dell’indebitamento. E non sarebbe giusto che pagasse, insieme a migliaia di dipendenti, un conto eccessivo al virus. Il secondo aspetto è legato ad alcune disposizioni dei decreti Cura Italia e Liquidità. In particolare alle deroghe al diritto societario introdotte nell’intento di garantire, là dove è ancora percorribile, la continuità aziendale. L’articolo io del decreto legge 23 del 2020 (modificato dalla legge di conversione 40 del 5 giugno) ha disposto l’improcedibilità delle istanze di fallimento dal 9 marzo al 30 giugno.
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Testata:  Repubblica Affari&Finanza 
Autore:  Penati Alessandro 
Titolo: Il mercato – I silenzi dell’antitrust – Se l’azionista è lo Stato il consumatore non conta
Tema: Antitrust

All’Antitrust, che valuta l’offerta, interessa solo che i consumatori non siano danneggiati. L e analisi e i criteri che adotta, tuttavia, appaiono superati dall’evoluzione del mercato bancario, anche perché trascurano i veri elementi propulsivi della concorrenza. Le banche offrono prodotti e servizi omogenei, non differenziabili, e quindi sostanzialmente identici per condizioni e caratteristiche: basta confrontare carte di credito, prestiti, mutui, bonifici online, o fondi di investimento offerti da due banche qualsiasi. Infatti, nessuna banca ha mai perseguito l’espansione con campagne aggressive di prezzo (non potendo differenziare l’offerta) per sottrarre clienti alla concorrenza: non funzionerebbe perché il consumatore non cambia se percepisce omogeneità dei prodotti, né conviene alla banca. Per quest’ultima, acquisire un concorrente è quindi il modo per espandere la clientela. Per il consumatore l’acquisizione cambia poco o nulla. Perché allora Intesa sborsa miliardi per Ubi? Non per sfruttare i clienti acquisiti, ma per realizzare economie di scala, anche grazie alla tecnologia, e abbattere i costi. La convenienza viene da qui. L’analisi dell’Antitrust si basa su fondamenta deboli perché la relazione tra numerosità delle banche e interessi del consumatore è debole. E i tipici rimedi richiesti (come gli sportelli da cedere) cambiano poco o nulla.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: La vice e la piazza Perché Biden rischia di perdere i voti della protesta
Tema: Corsa alla Casa Bianca

«Joe Biden è un idiota se si sceglie come candidata vice-presidente una ex poliziotta». L’altolà intimato al candidato democratico viene da un capo del movimento Black Lives Matter, Hawk Newsome. Il suo avvertimento è la reazione ad una “new entry” nell’elenco delle donne che Biden sta esaminando per il secondo posto del suo ticket presidenziale. Sono in salita le quotazioni di molte donne afroamericane, e tra queste figura la 63enne Val Demings, deputata della Florida. Ma prima dei suoi due mandati parlamentari la Demings per 27 anni ha diretto la polizia di Orlando. «Non importa che sia nera – commenta Newsome di Black Lives Matter – perché gli afroamericani che entrano nella polizia smettono di essere dei nostri, non sono più neri». Il veto del movimento anti-razzista si estende a un’altra donna di colore che figura nella lista delle potenziali “vice”, la senatrice californiana Kamala Harris: lei fu a lungo procuratrice generale della California, e perseguì una politica penale severa con gli incriminati, spesso giovani maschi afroamericani. È un problema spinoso per Biden. Il vasto movimento nazionale di protesta contro il razzismo esploso dopo l’uccisione di George Floyd, è certamente anti-Trump.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Guaita Anna 
Titolo: La protesta condiziona Biden: per lui una vice afroamericana
Tema: Corsa alla Casa Bianca

La sera dello scorso 29 maggio. la sindaca di Atlanta divenne di colpo la frontrunner nella lista delle possibili candidate alla vicepresidenza a fianco di Joe Biden. Con un discorso pieno di passione e sentimento materno, la 50enne Keisha Lance Bottoms convinse la popolazione della città della Georgia a riportare le manifestazioni contro la polizia su un piano pacifico. Quella posizione di frontrunner e però ora in dubbio, mentre ad Atlanta riesplode la rabbia. Keisha è un esempio di donna in carriera che e stata capace di coniugare il suo passato in una famiglia colpita dalla violenza e dalla droga a un presente benestante, con un matrimonio felice, una famiglia da fotografia, e una carriera di avvocato sfociata in politica. Dato il momento storico, con il Paese stretto fra la paura del coronavirus e la rabbia per la violenza della polizia contro la minoranza nera, Keisha sembrava l’ideale per Joe Biden, che ha già promesso di scegliere come propria vice una donna. Ma se non riuscirà ancora una volta a riportare la calma ad Atlanta, il suo nome potrebbe arretrare nella lista di nomi oggetto del processo noto come “vetting”, cioé l’analisi approfondita del passato di ogni candidata. Alcune sono già nella seconda fase e hanno presentato le informazioni finanziarie cd eventuali libri, articoli e discorsi che hanno scritto. L’ultima è stata la senatrice dell’Illinois Tammy Duckworth, una ex tenente colonnello, eroina di guerra che in Iraq ha perso entrambe le gambe, e che è nota perché è stata la prima senatrice a far cambiare i regolamenti per poter portare in aula la sua bambina appena nata.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  G.Sar. 
Titolo: Lo choc di Atlanta diventa rivolta Polemiche per un nuovo video
Tema: Incendi ad Atlantia

A poco a poco si aggiungono altri elementi sulla morte di Rayshard Brooks, 27 anni, ucciso da un agente ad Atlanta, venerdì 12 giugno. Erika Shields, a capo del dipartimento di polizia, si è dimessa senza neanche aspettare che venisse diffuso il video girato dalla body cam in dotazione a ogni pattuglia. Intorno alle 22 qualcuno chiama il 911, il numero delle emergenze: c’è qualcosa che non va nel parcheggio di una catena di fast food, Wendy’s, sull’Interstatale che porta all’aeroporto di Atlanta. Da questo momento la clip della polizia illumina la scena. Gli agenti arrivano sul posto: è un drive-in. Una fila di macchine è in attesa di ritirare burger e patatine. Ma una vettura bianca è ferma e la coda non scorre più. I due uomini in divisa picchiettano sul vetro, poi aprono la portiera. Dentro c’è qualcuno che si è appisolato. E’ un giovane afroamericano. E’ Rayshard Brooks. Da lì in poi comincia un’altra storia, questa volta documentata dal primo video diffuso su Twitter da Gerald Griggs, il vice presidente della National Association for the advancement of colored people di Atlanta. Rayshard si divincola, resiste, lotta. I tre finiscono a terra, avvinghiati. Un groviglio confuso, fino a quando un poliziotto impugna il taser, la pistola elettrica. Brooks riesce a strappargliela. Si rialza e scappa. Le ultime inquadrature sono drammatiche: il giovane si volta di tre quarti, punta il taser verso il poliziotto, forse fuori tiro, ma che evidentemente, si sente minacciato. L’agente getta via l’arma elettrica, impugna la pistola e mira al bersaglio grosso. Almeno tre colpi.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Flores d’Arcais Alberto 
Titolo: Ucciso dagli agenti, Atlanta brucia “Non era necessario l’uso della forza”
Tema: Incendi ad Atlantia

Sabato mattina Rayshard Brooks doveva andare a prendere la figlia più grande, otto anni. Era ll suo compleanno, le aveva promesso di portarla a pattinare, ma la bimba quella mattina ha atteso invano. Brooks, 27 anni, afro-americano di Atlanta la sera prima è stato ucciso con un colpo alla schiena sparato da un poliziotto bianco. Tre settimane dopo l’uccisione di George Floyd a Minneapolis, la morte di Brooks incendia la metropoli della Georgia e innesca nuove proteste contro la violenza, eccessiva ed inutile, di una polizia incapace di gestire un semplice fermo. D video, rilanciato dai social in ogni angolo d’America, lascia pochi dubbi sulla dinamica. Due poliziotti bianchi, Gerrett Rolfe e Devin Brosnan, cercano di bloccare a terra Rayshard, provano a neutralizzarlo con una pistola Taser (che spara cariche elettriche) ma lui riesce a divincolarsi e scappa. Lo inseguono, Rolfe gli spara due proiettili alla schiena, lui si accascia sul marciapiedi davanti al ristorante Wendy’s. Lì davanti Brooks era seduto in auto, aveva bevuto qualche birra di troppo. Un comportamento che a un cittadino “laweorder” era sembrato sospetto, tanto da fargli chiamare la polizia. Un altro video mostra come non fosse una minaccia, tantomeno per due poliziotti armati. «Ho bevuto qualche bicchiere, è il compleanno di mia figlia», biascica Brooks per poi aggiungere tranquillo «posso tornare a casa a piedi, non voglio violare alcune regola».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: Marce antirazziste nel mondo. Polizia Usa sotto processo – L’America in piazza, Atlanta in fiamme Anche la polizia ora processa se stessa
Tema: Incendi ad Atlantia

L’America di nuovo in fiamme. È ad Atlanta, in Georgia, il nuovo focolaio della rivolta iniziata oltre due settimane fa a Minneapolis dopo l’uccisione dell’afroamericano George Floyd avvenuta pochi istanti dopo il suo arresto. La nuova icona della guerriglia porta il nome di Rayshard Brooks, 27 anni, anche lui afroamericano, ucciso dopo una violenta rissa con la polizia nel corso del tentato arresto. Il fermo, la colluttazione e i colpi di pistola. Sul luogo dell’incidente, un fast food Wendy’s, si radunano decine di persone per chiedere giustizia. «Dormiva in auto e invece di aiutarlo l’hanno ucciso», hanno gridato alcuni manifestanti. Il ristorante viene dato alle fiamme. L’autostrada attorno alla città bloccata. Migliaia di persone in piazza ad urlare la loro rabbia, a nulla valgono il licenziamento dell’agente autore dei colpi letali, Garrett Rolfe, e la sospensione del suo collega Devin Brosnan. Cadono nel vuoto anche le parole del sindaco Keisha Lance Bottoms, che ha condannato l’uso ingiustificato della forza letale, e le dimissioni del capo della polizia Erika Shields. Benzina sul fuoco delle proteste che bruciano l’America tutta dopo il dramma di Minneapolis. «La rabbia e lo sdegno sono legittimi. Un uomo è stato ucciso nel parcheggio di un ristorante», tuona Stacey Abrams, la democratica che ha corso per diventare governatrice della Georgia e una delle papabili vice di Joe Biden.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Intervista a Jurgen Zimmerer – Zimmerer “La Germania ha fatto i conti con il nazismo ora li faccia con il colonialismo”
Tema: Germania, intervista allo storico Zimmerer

Jürgen Zimmerer è tra i maggiori esperti tedeschi di colonialismo. La furia iconoclasta che sta spazzando decine di statue dai piedistalli di mezzo mondo non spaventa il professore di Storia dell’Africa dell’università di Amburgo. Zimmerer si batte per far rinominare l’Istituto dedicato a Robert Koch. E spiega perché il razzismo in Germania è un problema antico. I Verdi propongono di cancellare il termine “razza” dalla Costituzione tedesca. E’ giusto? «Sì. In tedesco il termine ha una storia contaminata, ispira l’idea di una predeterminazione che non esiste. Bisogna smetterla di pensare che esistano delle razze». In questi giorni di proteste antirazziste ci sono stati eccessi, secondo lei? Ad esempio nell’imbrattare una statua di Churchill, II premier inglese che liberò l’Europa dal giogo nazifascista? Non è riduttivo definirlo un razzista? «Chi giudica cosa sia riduttivo o esagerato? Chiunque dovrebbe aspettarsi di essere analizzato. E Churchill è stato un convinto e feroce colonialista. Per me la questione vera è: perché abbiamo bisogno di modelli? L’essere umano è ambivalente, è difficile metterlo su un piedistallo». Lei ha fatto battaglie per cambiare le strade intitolate a generali tedeschi delle colonie o quelle palesemente razziste come la berlinese “via dei Mori”. «Sì mali osserviamo un fenomeno inquietante: cresce la resistenza. Aumentano coloro che vogliono tenere i nomi con gli ufficiali delle colonie. Una fetta della società ha sempre meno pudore a essere razzista».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bonini Carlo 
Titolo: Intervista a Marco Minniti – Minniti: “L’Egitto deve farci processare chi uccise Regeni”
Tema: Il Caso Regeni

In quattro anni, Marco Minniti, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allintelligence nel governo Renzi e quindi ministro dell’Interno in quello Gentiloni, non aveva mai voluto parlare del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni. «Ora il momento è arrivato», dice. Ed è arrivato «perché in questi giorni di discussione sulla commessa di quasi 10 miliardi di sistemi d’arma all’Egitto, di drammatico sconvolgimento del quadro geopolitico del Mediterraneo con una Libia consegnata alle sfere di influenza della Russia di Putin e della Turchia di Erdogan, mi è capitato spesso di ripensare a un vecchio slogan del ’68: “Siate realisti. Chiedete l’impossibile”». «Perché – aggiunge – di fronte a una democrazia artificiosamente costretta nel caso Regeni all’alternativa diabolica tra sr.Ppliere principi o gli interessi, a un’Europa inerte di fronte a un mare nostrum sempre meno nostro, si può e si deve rispondere in un solo modo. Con il massimo del realismo che, in politica, significa innovazione coraggiosa e pensiero lungo. L’impossibile, appunto. Che è tale solo per chi non riesce ad immaginarlo». Partiamo da Giulio Regeni. Cos’è l’impossibile che Palazzo Chigl e la Farnesina non riescono a Immaginare? «La dico in una parola: una partnership esigente con l’Egitto. Nessuno meglio di me, credo, sa che tipo di interlocutore sia Al Sisi e quanto sia strategico nel Mediterraneo il rapporto con il Cairo. E tuttavia, il trasferimento di sistemi d’arma per 10 miliardi non è una questione tecnica. È un passaggio di estrema rilevanza politica e diplomatica. Perché intorno al sequestro e all’omicidio di Giulio Regeni, al dolore composto e combattivo della sua famiglia, si è coagulato quello che io chiamo lo spirito pubblico del nostro Paese. E questo spirito pubblico, dall’inizio di questa vicenda, ha imposto una rotta non negoziabile: subordinare ogni nostro passo politico-diplomatico a un passo del Cairo nella direzione della cooperazione giudiziaria».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: L’annuncio di Macron: scuole riaperte
Tema: Francia, scuole riaperte

«Gli asili, le scuole elementari e le medie si prepareranno ad accogliere, a partire dal 22 giugno, tutti gli allievi in maniera obbligatoria, e secondo le regole di presenza normale», ha annunciato il presidente Emmanuel Macron ieri sera in diretta tv dall’Eliseo. È Il segno di una «prima vittoria contro l’epidemia», rivendicata con orgoglio dal capo dello Stato francese. Macron sta vincendo la sua scommessa e ha voluto sottolinearlo durante il suo quarto discorso ai connazionali: «Quando il 13 aprile scorso vi ho annunciato un de-confinamento a partire dall’11 maggio, molti allora lo sconsigliavano, i pareri erano molto diversi anche trai medici (…) ma abbiamo superato le paure e le angosce. Abbiamo fatto bene». In quell’occasione la scuola era stata la prima preoccupazione del presidente, il primo settore da riaprire, benché i membri del Consiglio scientifico da lui stesso nominati la giudicassero una scelta avventata Macron parlò della necessità di non penalizzare gli allievi e le famiglie meno avvantaggiati privandoli troppo a lungo della scuola, e anche della volontà di permettere ai genitori di tornare al lavoro. Sembrava un azzardo ma gli studi successivi hanno convalidato l’intuizione del presidente, i bambini sembrano non solo contrarre molto raramente Il Covid-19 ma anche lo trasmettono poco, a differenza di quanto si temeva all’inizio dell’epidemia.
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