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SINTESI IN PRIMO PIANO – 13 marzo 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Covid, il governo vara la stretta: Italia rossa o arancione fino a Pasqua;
– Letta guiderà il Pd: «Io ci sono. No all’unanimità finta»;
– Draghi, triplicare i vaccini e 20 miliardi di nuovi aiuti;
– Recovery, spunta proroga del Superbonus al 2023;
– Biden, 2 trilioni per curare l’America: «Tutti al sicuro entro sei mesi».

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Draghi: «Con i vaccini ne usciremo, ma rispettiamo tutti il turno. Ora ristori rapidi e corposi» – «Sostegni corposi e avanti con i vaccini Ognuno rispetti il turno come Mattarella»
Tema: Emergenza Covid-19, le nuove misure

Il giro con i medici e gli infermieri lo ha molto toccato e Mario Draghi, tolta la mascherina per il tempo di un messaggio «di fiducia e forza», lascia che gli italiani se ne accorgano. Gli mettono sul leggio il foglio con il testo dell’intervento, che contiene l’annuncio di «un nuovo scostamento di bilancio» per ristori e sostegni, ma il presidente del Consiglio parte a braccio e racconta la prima visita in un centro vaccinale, «breve ma veramente bella». Nell’hub di Fiumicino il capo del governo ha capito che «ne usciremo, grazie a voi e a tutti coloro che faranno e aderiranno a questa campagna». C’è il commissario Francesco Paolo Figliuolo e c’è il ministro Roberto Speranza, che il presidente del Consiglio ringrazierà «per tutto quello che ha fatto finora» e citerà tre volte. Draghi ringrazia Croce Rossa, Aeroporti di Roma, regione Lazio e Spallanzani per aver allestito il centro e, con « profonda riconoscenza», medici, infermieri e volontari di tutta Italia. Poi legge il triste bollettino dell’emergenza: 150.175 nuovi contagi nell’ultima settimana, quasi 5.000 ricoverati negli ultimi quindici giorni, con oltre 650 pazienti in più nelle terapie intensive. «Questi dati ci impongono la massima cautela per limitare il numero di morti e impedire la saturazione delle strutture sanitarie» scandisce il premier, promettendo che il governo farà di tutto per impedire che il dramma della scorsa primavera possa ripetersi. Draghi spiega il perché di una seconda Pasqua blindata, con le misure «adeguate e proporzionate» del nuovo decreto legge «che vedrà il Parlamento pienamente coinvolto», così come lo sono state le Regioni. Di nuovo il premier loda l’«infinita pazienza» degli italiani e si dice consapevole delle conseguenze che le restrizioni avranno «sull’istruzione dei figli, sull’economia e sullo stato anche psicologico di tutti noi». Ma se i partiti hanno dato il via libera, Lega compresa, è perché bisogna «evitare un peggioramento che renderebbe inevitabili provvedimenti ancora più stringenti».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele – Ziniti Alessandra 
Titolo: Covid, il governo vara la stretta: Italia rossa o arancione fino a Pasqua – Mezza Italia torna in lockdown Scuole chiuse e Pasqua blindata
Tema: Emergenza Covid-19, le nuove misure

La sintesi la fa nel pomeriggio il Cts. «Sottolineiamo l’assoluta gravità della situazione a livello nazionale e raccomandiamo l’ introduzione di misure massimamente incisive per rallentare la progressione dell’epidemia». In Italia, l’Rt salito a 1,16, il virus corre e ci sono regioni in grande difficoltà. Per questo si moltiplicano le zone rosse, dove da lunedì vivranno 42 milioni di Italiani, e per questo arriva il via libera a un decreto che rende le misure ancora più rigide. Passa la linea del ministro alla Salute Roberto Speranza, quella della massima attenzione e dell’ascolto delle indicazioni dei tecnici riguardo ai pericoli di questa fase epidemica. E il Viminale, con 50.000 uomini in campo, e i sindaci blindano le città per scongiurare che le ultime 48 ore prima della chiusura si trasformino in un weekend di assembramenti. Ieri il monitoraggio della Cabina di regia dell’Istituto superiore di sanità ha portato in rosso Emi lia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Veneto, Provincia di Trento e Puglia, si aggiungono a Campania e Molise per un totale quindi di 10 Regioni e una Provincia rosse. Troppo grave la situazione di diffusione del virus e di presenza delle varianti. Il 3, 4 e 5 aprile, cioè i giorni di Pasqua, tutta Italia sarà in rosso. Da qui in avanti, comunque, sarà più facile finire in quello scenario. Oltre all’Rt superiore a 1,25 infatti è stato introdotto una altro parametro, chiesto ormai da giorni dai tecnici. Si tratta dell’incidenza. Se è superiore a 250 casi per 100mila abitanti alla settimana scatta il rosso, come successo ieri per Marche e Trento. Il decreto ribadisce che i presidenti di Regione possono chiudere alcune zone se l’incidenza è sopra al livello di guardia. Molti lo stanno già facendo da giorni. Visite vietate in zona rossa, tranne nei tre giorni di Pasqua.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lopapa Carmelo 
Titolo: Scontro nel governo poi il fronte rigorista vince il primo round
Tema: Emergenza Covid-19, le nuove misure

«Presidente, la gente è esasperata. Giusto tenere in considerazione i dati sanitari preoccupanti, ma bisogna fare i conti anche con altri fattori». Consiglio dei ministri, il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti accende il microfono e prende la parola. «Non siamo d’accordo con questa impostazione eccessivamente rigorosa sugli spostamenti personali in zona rossa», rincara il ministro per lo Sviluppo economico. Accanto a lui, il collega di partito Massimo Garavaglia. È la linea dettata fino poche ore prima da Matteo Salvini. Ma è soprattutto la prima volta che si va al muro contro muro al governo sotto la presidenza Draghi. Il premier ascolta in silenzio il dibattito che si apre. Subito dopo è Mara Carfagna, responsabile per il Sud, a intervenire in sostegno alla linea del centrodestra. «Si potrebbe valutare la possibilità di consentire anche in zona rossa la visita una volta al giorno per due persone da un amico o p arente – spiega la ministra forzista – Come avvenuto a Natale e Capodanno e come è già previsto per Pasqua. Sarebbe una sorta di conforto sociale». La tesi del “conforto sociale” trova man forte a sorpresa anche nelle ministre della Giustizia, Marta Cartabia e degli Interni, Luciana Lamorgese. È a quel punto che l’asse rigorista già reduce da parecchie battaglie nel governo Conte 2, quello formato dai ministri Roberto Speranza (Salute) e Dario Franceschini (Beni culturali), erigge un muro. «La situazione è drammatica, non possiamo permetterci alcuna concessione, non ora», è la loro strategia. Che alla fine prevale, si impone. È Draghi a tirare le somme, ribadendo anche lui che non possiamo permetterci aperture.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Intervista a Luciana Lamorgese – Lamorgese: “Lockdown di Pasqua, ecco il piano” – “Controlli capillari, ma serve senso civico Salvini? Remiamo nella stessa direzione”
Tema: Emergenza Covid-19, le nuove misure

L’epidemia impazza e anche l’attuale governo è costretto a imporre nuove restrizioni. Al ministero dell’Interno, il compito di farle rispettare. «Purtroppo – e qui la voce della ministra Luciana Lamorgese diventa quasi un sospiro – a causa della crescita dei contagi, gli italiani sono chiamati ad altri sacrifici dopo un anno di forti limitazioni non facile per le famiglie e le imprese». Non sarà semplice, ministra, perché gli italiani sono davvero stanchi. «Guardi, come sempre, le forze di polizia, i militari e le polizie locali faranno la loro parte per svolgere controlli capillari sul territorio. Ma un effettivo rispetto delle regole, che in questo contesto è finalizzato alla tutela della salute di tutti i cittadini, dipende soprattutto dai comportamenti individuali e dal senso civico che ci deve legare come comunità nazionale». La novità è che a sostegno del governo c’è ora una vastissima maggioranza p arlamentare, che annovera anche Forza Italia e la Lega, fino a ieri suoi critici acerrimi. «Il governo guidato dal presidente Draghi deve affrontare una emergenza sanitaria e una campagna di vaccinazione senza precedenti, ma ha anche il compito di scrivere il Recovery plan e di tenere insieme una base parlamentare molto ampia e variegata su temi in alcuni casi divisivi. Per quel che riguarda il ministero dell’Interno, l’azione di governo deve mirare ad individuare un punto di equilibrio, senza forzare in un senso o nell’altro, che offra garanzie sufficienti a tutte le posizioni campo. Con questo spirito, due giorni fa ho ricevuto al Viminale il senatore Matteo Salvini e allo stesso modo, se lo chiederanno, mi confronterò con gli altri leader dei partiti».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Ghisleri Alessandra 
Titolo: Sono stanchi 6 italiani su 10 – Italiani stanchi e frustrati per la pandemia Cala (ma resta alta) la fiducia in Draghi
Tema: Emergenza Covid-19

Il desiderio oggi è quello di poter avere nuovamente una vita normale o almeno che si avvicini a quell’idea di normalità che abbiamo abbandonato esattamente un anno fa e che ciascuno custodisce nel cuore e nella mente attraverso i ricordi di quelle magnifiche abitudini perse. Lo sguardo è stanco ed incerto. Anche la fiducia in Mario Draghi, pur rimanendo molto alta, in 15 giorni passa dal 61,3% al 55,1% perdendo 6,2 punti percentuali. Non abbiamo più la sicurezza del “ce la faremo” e dei canti sul balcone, quella speranza che con l’arrivo dell’estate tutto sarebbe finito. Piano piano i focolai del virus si sono riaccesi con nuove ondate e varianti che portano oggi il 28.4% degli italiani ( + 4.2% rispetto a 2 settimane fa) a dichiarare di essere arrivato al limite della sopportazione, il 32.1% (+1.9% rispetto a due settimane fa) a denunciare i primi segni di cedimento, mentre il 27.0% (-5.7% rispetto a due settimane fa) ancora si sente forte per andar e avanti. Un effetto flashback che pur essendo nella quaresima pasquale 2021, ci fa sentire proiettati indietro di un anno. Stanchezza e frustrazione accompagnano gli stati d’animo dei cittadini che si sentono combattuti tra la dimensione della realtà proiettata al tanto desiderato – e ancora fiacco – piano vaccinale, al temuto ritorno alle zone rosse unitamente alla difficile situazione economica che coinvolge i portafogli delle famiglie e la dimensione della politica che proprio per il suo significato dovrebbe essere parte piena della realtà, ma che ormai nella percezione delle persone oggi appare molto lontana. Una politica che viene giudicata troppo spesso fuori luogo e slacciata.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: «Io ci sono» Così Letta guiderà il Pd – Letta: no all’unanimità finta Pd mai subalterno al M5S
Tema: Pd

La candidatura corre su Twitter. Mario Draghi a parte, che dell’assenza dei social ha fatto una sua cifra, tutto il mondo politico italiano vive nel web. Così Enrico Letta ha detto il suo sì alla candidatura alle segreteria del Pd con un tweet. Alle 12.01 l’ex premier ha accettato la guida dem. Non ci saranno più trattative né tentennamenti. “Io ci sono”, ha scritto Letta. E in un video di poco più di un minuto ha formalizzato la sua candidatura all’Assemblea del Partito democratico che si terrà domenica, ringraziando Zingaretti e annunciando che interverrà nel corso della stessa Assemblea: «Credo nel valore della parola – afferma nel video -, invito tutti a votare sulla base delle mie parole. Sapendo che non cerco l’unanimità ma la verità nei rapporti fra di noi per uscire da questa crisi». Letta è tornato dalla Francia, ma non con l’ansia di vendetta di Edmond Dantès per chi nel Pd lo ha t radito o per chi lo ha lasciato solo dopo lo strappo di Matteo Renzi: «Nessuno spirito di vendetta, perché i dem mi hanno richiamato». E ora Letta, che vuole coinvolgere il popolo dem, propone due settimane di dibattito nei circoli.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Pagnoncelli Nando 
Titolo: Scenari – Il 49% degli elettori dem: il partito vada avanti da solo
Tema: Pd

Le dimissioni di Zingaretti da segretario del Pd sono state un fulmine a ciel sereno, come sorprendente è stato il j’accuse che l’ha accompagnata. Sono dimissioni che hanno messo a nudo le divisioni e un profondo malessere nel partito. Quasi un italiano su due (48%) ritiene che si sia trattato di una decisione giusta, che può scuotere il Pd, mentre uno su cinque (19%) la considera sbagliata, perché rischia di indebolire il partito. Tra gli elettori attuali del Pd e tra quelli potenziali (chi non esclude di poter votare Pd in futuro) l’approvazione per la scelta di Zingaretti è ancora più elevata (rispettivamente 59% e 56%), nell’auspicio di far reagire il partito. II motivo principale attribuito alle dimissioni del segretario fa riferimento all’impossibilità di affermare una visione e un’identità chiara e i temi imprescindibili per il Pd. Questa è l’opinione del 21% degli italiani, del 43% degli elettori Pd e del 34% degli elett ori potenziali. A seguire il 15% indica la difficoltà del segretario uscente ad adeguarsi a una nuova maggioranza che comprende forze politiche avversarie (10% tra gli elettori attuali e 24% tra potenziali), quindi il 12% menziona le difficoltà nello svolgere un ruolo di cerniera tra le diverse correnti del partito (16% tra i dem, 8% tra i potenziali). Più che una crisi di leadership, sembra emergere la crisi di identità di un partito che non è stato in grado di esplicitare le proposte qualificanti e distintive attorno alle quali aggregare consenso. A questo proposito abbiamo chiesto su cosa dovrebbe puntare il Pd per essere più competitivo rispetto al centrodestra. Per un terzo degli italiani (32%) la strategia più promettente sarebbe quella di riconquistare con nuove proposte gli elettori che negli ultimi anni si sono allontanati dal Pd, con il proposito di essere una forza unica e maggioritaria del centrosinistra. Secondo il 17% il Pd dovrebbe puntare ad un’alleanza stabile con M5S e Leu, mentre il 9% ritiene più opportuna un’alleanza con le formazioni più moderate e di centro.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Meno liberal, più ecologista cosi la nuova linea del leader
Tema: Pd

Non torna come se questi sette anni fossero passati invano, Enrico Letta. Soprattutto, non torna per vendicarsi. Lo dirà all’assemblea del Pd. Lo ha già fatto capire, nelle conversazioni private. Niente è dimenticato: non il tradimento di Matteo Renzi e dei dem, non i voltafaccia subiti dopo quel passaggio, non la voglia di fuggire lontano, lasciare la politica attiva, il seggio in Parlamento, poter dire: ho un mestiere. Ma quel che ripete ora, l’ex premier e prossimo segretario dem, è quel che ha scritto nel titolo del suo ultimo libro: «Ho imparato». Imparare significa cambiare. Guardare il mondo da un’ottica diversa. Voler portare – ora – quella visione completamente nuova in dote al Pd. Le riforme saranno quindi alla base del programma per il Pd: una nuova legge elettorale, che non sia fatta per favorire il partito forte di turno, ma garantisca stabilità e rinnovamento. Una revisione dei regolamenti che eviti il trasformismo parlamen tare, disincentivando i passaggi al gruppo misto, invece che il contrario. Poi c’è la questione Recovery Fund. Sono due le ossessioni dell’ex premier: lo sviluppo sostenibile, ambiente e giustizia sociale insieme, su cui ha lavorato moltissimo nella sua esperienza internazionale attraverso i contatti con Undp, il dipartimento sviluppo delle Nazioni Unite. E il futuro, la formazione, l’istruzione: non è un caso sia andato a fare il professore.  Una delle proposte avanzata negli ultimi anni, è stato il voto ai sedicenni: non per bruciare i tempi, ma per costringere la politica – che non lo fa – a occuparsi di loro.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Il nuovo deficit verso quota 15 miliardi con il Def di aprile
Tema: Def

La nuova tornata di aiuti all’economia partirà la settimana prossima. Ma sarà articolata in un’operazione in due tempi. L’indicazione arriva chiara dalle parole con cui ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi ha confermato che il governo intende chiedere al Parlamento un ulteriore quota di deficit. E che questo ulteriore disavanzo aggiuntivo arriverà però insieme al Documento di economia e finanza, che il Mef costruirà nelle prossime settimane in vista della presentazione alle Camere entro il 10 aprile. Per il momento non circolano cifre ufficiali sull’ampiezza del disavanzo extra che il governo intende farsi autorizzare dalle Camere: le ipotesi, spinte al momento soprattutto dai partiti, hanno già superato la prima linea Maginot posta dal Mef intorno agli 1-10 miliardi per spingersi verso quota 15 miliardi. Ma i conti sono ancora in corso. E le variabili in gioco sono più d’una. Molto dipenderà anche dal quadro di f inanza pubblica che sarà aggiornato nelle prossime settimane, anche sulla base delle indicazioni dei tecnici del ministero dell’Economia, in vista della stesura del Def. Le ricadute sul debito di un ricorso più massiccio del previsto al disavanzo dovrebbero essere compensate almeno in parte dalle ragioni della crescita. Anche se non va dimenticato che l’ultimo quadro di finanza pubblica, costruito a ottobre con la Nadef, puntava per quest’anno a un obiettivo del 6% reso molto ambizioso dal prolungarsi della pandemia. Nel gioco delle variabili entrerà però anche il possibile effetto espansivo delle nuove misure. In un calcolo costi/benefici in cui il governo dovrà trovare l’equilibrio fra le esigenze di aiuti immediati e quelle dei conti pubblici. Nel momento in cui dal debito buono, evocato da Draghi, si dovesse rischiare di sconfinare nel debito cattivo, privo cioè di effetti sensibili sul Pil, il ministro dell’Economia Daniele Franco e il presidente del Consiglio farebbero immediatamente scattare lo stop.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Marro Enrico – Ducci Andrea 
Titolo: Congedi e bonus baby sitter per le famiglie – Gli aiuti – Cassa integrazione, così la proroga
Tema: Def – Decreto Sostegni

Finalmente arriverà, la prossima settimana, il decreto legge Sostegni. Il provvedimento che verrà approvato dal Consiglio dei ministri distribuirà, tra aiuti alle imprese, al lavoratori, alle famiglie e nuovi fondi per la sanità, 32 miliardi. Quelli autorizzati dal Parlamento come ulteriore «scostamento di bilancio», cioè aumento del deficit. Ma – ed è questo il motivo che ha ritardato la messa a punto dell’atteso decreto  servono già altri fondi per sostenere l’economia e le famiglie piegate dalla pandemia. Ecco perché un nuovo «scostamento» è dietro l’angolo. Il governo, ha annunciato Draghi, lo chiederà in occasione del Def, Documento di economia e finanza, che sarà presentato in aprile. Ancora non si sa per quale ammontare, ma dal Tesoro filtra l’indicazione di almeno altri 20 miliardi. Il Decreto Sostegni distribuirà 32 miliardi di aiuti a imprese, lavoratori e n uovi fondi per sanità. II pacchetto per le famiglie sarà in vigore già da lunedì. Via libera alla norma con lo stanziamento di 290 milioni destinato ai congedi parentali che saranno retroattivi. Bonus baby sitter per lavoratori autonomi, operatori sanitari e forze dell’ordine.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mania Roberto – Petrini Roberto 
Titolo: Draghi, triplicare i vaccini e 20 miliardi di nuovi aiuti – I ristori non bastano Altri 20 miliardi per imprese e lavoro
Tema: Def – Decreto Sostegni

Ci sarà un nuovo scostamento di bilancio per contenere l’emergenza e preparare il rilancio dell’economia. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha rotto ieri gli indugi e ha annunciato che chiederà al Parlamento di poter affrontare nuove spese in deficit. I 32 miliardi autorizzati dalle Camere a gennaio verranno tutti impegnati per il decreto Sostegni che sarà approvato la prossima settimana, «ma non basta», spiega il premier. L’economia, con le ricadute sul lavoro, si prepara infatti a vivere una nuova fase di blocco sostanziale per le imprese che dipendono dalla domanda interna. Draghi non ha ancora definito l’entità del nuovo scostamento, il sesto al netto delle due manovra di Bilancio del governo precedente. In tutto quasi 140 miliardi di euro. L’ammontare esatto verrà deciso dal premier insieme al ministro dell’Economia Daniele Franco entro il 10 aprile, quando sarà presentato in Parlamento il Documento di economia e finan za, con i contorni della prima legge di Bilancio del suo governo. La manovra che, negli auspici, grazie alla spinta delle risorse del Next Generation Eu, dovrà riportare l’economia a crescere nel 2022 dopo il crollo – senza precedenti – del Pil (quasi -9% nel 2020) e dell’occupazione (-456 mila posti lo scorso anno). Lo scostamento sarà comunque importante, non meno di 20 miliardi, secondo le prime valutazioni tecniche. Servirà a ripagare i danni che inevitabilmente produrrà l’Italia quasi tutta in “zona rossa” dalla prossima settimana e per circa venti giorni. Non è un caso che Draghi abbia annunciato la sua prima mossa di politica economica illustrando il piano nazionale dei vaccini. L’emergenza economica e sociale è strettamente legata a quella sanitaria. Se si uscirà fuori dalla pandemia con le vaccinazioni di massa, il sistema economico ripartirà e, date le caratteristiche di estrema adattabilità del nostro modello produttivo, non si possono escludere sorprese positive.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Superbonus, proroga fino al 2023 – Recovery, spunta proroga del Superbonus al 2023
Tema: Recovery Plan

Spunta la proroga del Superbonus fino alla fine del 2023 nelle schede tecniche del Recovery Plan che il governo ha inviato giovedi notte alle commissioni parlamentari. Va detto subito che non si tratta del nuovo e definitivo Pnrr del governo Draghi, ma di un passo avanti che arricchisce il precedente piano del governo Conte e lo rende molto più aderente alle richieste e ai requisiti Ue. Questo documento “arricchito” resta la base di Piano su cui si pronuncerà il Parlamento con le risoluzioni previste per fine mese e da cui ha detto di voler partire questo stesso governo, prima nelle parole in Parlamento del premier Draghi, poi in quelle del ministro dell’Economia, Daniele Franco, in audizione lunedì scorso. L’impianto di fondo del documento inviato resta quello già noto e non cambiano le risorse destinate alle singole missioni, ma nei dettagli aggiuntivi non mancano novità anche rilevanti. A proposito dei risultati attesi per effetto dell’ecobonus, il documento, alla pagina 102 delle schede Missione 2 (green revolution), dice infatti che «il Milestone identificato è l’approvazione dell’estensione della misura del Superbonus per interventi effettuati fino al 31 dicembre 2023». Sul punto il Mef guidato da Daniele Franco non si è mai pronunciato, il testo potrebbe quindi ancora cambiare, ma l’indizio è piuttosto interessante, visto che fino a oggi le norme vigenti e i programmi presentati parlavano di Superbonus prorogato fino al 2022. Intanto i ministri Colao e Cingolani stanno rivedendo a fondo cifre e contenuti delle schede: 11,75 miliardi per digitalizzazione e innovazione della Pa; 25,75 per l’innovazione del sistema produttivo (21,55 nuovi); 8 per turismo e cultura. Con il piano degli incentivi fiscali Transizione 4.0, gestito dal Mise, entro il 2026 si punta a 60mila imprese l’anno che acquistano beni strumentali digitali; 25mila quelle che investiranno in R&S sfruttando il credito di imposta.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Dominelli Celestina – Fotina Carmine 
Titolo: Incentivi, obiettivo il 20% in più d’imprese che acquistano beni 4.0
Tema: Recovery Plan

Le schede dei progetti del Recovery Plan trasmesse alle Camere sono l’eredità del governo Conte. I ministri del governo Draghi più direttamente impegnati sul piano, a cominciare da Vittorio Colao (Innovazione tecnologica e transizione digitale) e Roberto Cingolani (Transizione ecologica), in queste settimane stanno rivedendo a fondo cifre e contenuti e interverranno anche sulla base della relazione del Parlamento attesa per fine mese. È difficile, allo stato, prevedere quanta parte dei progetti salveranno e quali modifiche apporteranno. Per quanto riguarda il capitolo sulla digitalizzazione, ad esempio, nella sua prima uscita pubblica Colao ha già sottolineato che forse bisognerà aumentarne la dote. Con il piano degli incentivi fiscali Transizione 4.0, gestito dal ministero dello Sviluppo economico, entro il 2026 si punta a 60mila imprese all’anno che acquistano beni strumentali digitali (+20% rispetto a oggi). Le imprese che investiranno in ricerca , sviluppo e innovazione sfruttando il credito di imposta finanziato con il piano vengono stimate in 25mila all’anno. Un’ulteriore stima riguarda l’impatto dei 750 milioni annui che il governo Conte intendeva riservare alla microelettronica: un intervento che per i tecnici del governo può generare investimenti nella catene di forniture dell’industria hitech per oltre 1,8 miliardi di euro. Per quanto concerne invece le connessioni veloci alla rete Internet, intervento osservato con particolarmente attenzione da Colao per rafforzarne la portata, il documento del precedente esecutivo indica un impegno di 3,3 miliardi di cui 2,2 per progetti nuovi. Con le risorse del Recovery Fund, si legge, si potrebbero coprire con velocità di 1 gigabit/secondo 2,6 milioni di unità abitative, cioè il 30% di quelle ancora in «digital divide».  Passando, invece, al capitolo sulla transizione ecologica e la rivoluzione verde, sono quasi 70 miliardi di risorse che, nella versione finale del Piano italiano, potrebbero essere ulteriormente ritoccati perché il ministro Cingolani – che, martedì prossimo, in una doppia audizione parlamentare traccerà le linee programmatiche del suo ministero e le priorit&agrav e; rispetto al Pnrr – ha parlato di 80 miliardi di euro in 5 anni per la rivoluzione verde.
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Testata:  Stampa 
Autore:  De Stefani Gabriele 
Titolo: Il 2020 nero del lavoro bruciati 450 mila posti è boom di scoraggiati
Tema: Covid-19 e occupazione

Quasi mezzo milione di posti di lavoro evaporati, un esercito di 391 mila lavoratori a termine spazzato via, 151 mila autonomi costretti alla resa. Il bilancio Istat di fine 2020 sull’occupazione nell’Italia piegata dalla pandemia è drammatico. E conferma che il Covid-19 è stato anche un potente acceleratore di dinamiche negative che già attraversavano l’economia e la società del Paese: pagano di più le donne (-249 mila occupate, -2,5% rispetto al -1,5% degli uomini), i giovani (-264 mila nella fascia 15-34 anni) e il Mezzogiorno. Non solo: si intensifica l’aumento (fino a quota 403 mila) degli italiani che nemmeno cercano più un lavoro e 300 mila di questi dichiarano di aver rinunciato per problemi legati all’emergenza sanitaria (si va dal «tanto nessuno assume, inutile provarci» alla paura del contagio). Infine vanno in grave sofferenza, tra coloro che hanno un contratto a tempo, i lavoratori part-time, due terzi dei quali hanno subito il passaggio all’orario ridotto. In controtendenza l’aumento di 89 mila tempi indeterminati. «In questo quadro disarmante, e con una situazione epidemiologica in peggioramento, vanno rapidamente prorogate le misure emergenziali di sostegno al reddito. Ed è assolutamente necessario prorogare per tutto il 2021 gli ammortizzatori sociali, il blocco dei licenziamenti e le deroghe ai contratti a termine» dice Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil. Richieste analoghe da Cisl e Cgil, che premono anche su politiche attive e investimenti.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Il 4 luglio della normalità – Fondi e «America First» Così il 4 luglio sarà il giorno dell’Indipendenza dal virus
Tema: USA – Piano vaccinale

Il presidente ha voluto rassicurare gli americani, rivendicando il cambio di passo dell’Amministrazione: l’obiettivo dei 100 milioni di vaccinati sarà raggiunto 40 giorni prima del previsto, cioè il 21 marzo anziché il 30 aprile. Certo, questi risultati sono ancora da conquistare. Per il momento siamo di fronte alla più ambiziosa delle scommesse, che però ha tutta l’aria di poter diventare una «lezione americana». La strategia anti Covid messa in campo dal governo di Washington è un inedito da studiare. Una miscela di pubblico e privato, di dirigismo e di imprenditorialità privata, di profitto e di volontariato. La macchina della produzione e, soprattutto, della distribuzione e partita con fatica anche negli Stati Uniti. Il presidente, come già aveva fatto Trump, ha adottato misure di guerra, applicando una legge del 1950 varata con il conflitto coreano. Ha mobilitato seimila militari, più il personale della F ema, la protezione civile federale. Ha imposto il blocco delle esportazioni non solo dei vaccini, ma anche delle siringhe, delle fiale, di tutto il materiale sanitario per la campagna di immunizzazione. Ma non si è fatto scrupoli a ricevere Ingenti forniture dagli stabilimenti europei (Belgio, Germania, Svizzera) collegati a Pfizer e Moderna. In questa fase e con buona pace degli analisti di geopolitica, Biden non è interessato ad alcuna «guerra dei vaccini» con la Russia e la Cina. Non ha avuto remore a riprendere lo slogan trumpiano: «America First».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  G.Sar. 
Titolo: Biden vede la fine dell’incubo: «Tutti al sicuro entro sei mesi»
Tema: USA – Piano vaccinale

La prima scadenza è il 1 maggio. Per quella data «tutti gli americani dovranno essere in condizione di ricevere il vaccino». Poi il 4 luglio, festa dell’Indipendenza e, si spera, della «quasi normalità». Sono le nuove promesse di Joe Biden, che giovedì ha tenuto il primo discorso alla Nazione, in diretta dalla Casa Bianca. Venti minuti densi di numeri. Un modo per comunicare un cambio di passo nella lotta alla pandemia: «Darò disposizioni agli Stati, al territori e alle tribù di rendere tutti i cittadini adulti americani candidabili a ricevere il vaccino anti-Covid non più tardi del primo maggio». Questo significa che, da qui a un mese e mezzo, tutte le categorie considerate a rischio saranno già state immunizzate e quindi si potrà procedere con la somministrazione a tappeto. II presidente ha provato a fare breccia nell’opinione pubblica, ricordando il numero dei morti per la pandemi a e toccando il lato più intimo della vita personale: «Abbiamo perso mogli, mariti, figli, genitori. Ma anche tanto tempo della nostra vita. I dettagli che contano: le feste di compleanno, il primo appuntamento, ore con gli amici». Poi è passato a spiegare la strategia: dalla mobilitazione dei militari all’accordo con le farmacie, fino al reclutamento dei vaccinatori anche tra gli studenti in medicina, i dentisti, i veterinari. «Con questi strumenti aumenteremo ancora la media di fiale somministrate, supereremo i due milioni, e centreremo l’obiettivo di ioo milioni di americani immunizzati in anticipo di 40 giorni rispetto al mio impegno di 100 milioni di vaccinati entro i primi 100 giorni di mandato».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Biden, 2 trilioni per curare l’America Ora il piano per clima e infrastrutture
Tema: USA – Piano vaccinale

Due trilioni di dollari sono una montagna di soldi. Sommati alla speranza di far tornare gli Usa alla normalità entro i14 luglio, aprendo le vaccinazioni a tutti gli americani dal primo maggio, consentirebbero a Biden di centrare gli obiettivi immediati della presidenza. Guardati nell’ottica del mandato, però, rappresentano solo l’inizio. Per avere davvero successo, disinnescando il malcontento che aveva aperto la porta al populismo e potrebbe rilanciare Trump nel 2024, ha bisogno di spostare subito l’attenzione sugli obiettivi di lungo termine. Sul piano internazionale lo ha già fatto ieri, usando il vertice del Quad per pianificare la distribuzione globale dei vaccini, in modo da vincere la corsa con Cina e Russia e ristabilire la potenza del soft power americano. Sul piano interno, i punti decisivi saranno due: la riforma dell’immigrazione, collegata alla crisi riemergente al confine col Messico e alla giustizia razziale; e il piano per le infrastrutture, che tocca anche l’emergenza clima, e oltre a mettere gli Usa al passo col Ventunesimo secolo, punta a creare i posti di lavoro e la crescita sostenibile necessari a curare le ferite dell’elettorato della classe media. Giovedì sera Biden ha marcato l’anniversario della pandemia con un discorso che ha sottolineato l’inversione di rotta rispetto a Trump: dove Donald diceva che solo lui poteva risolvere i problemi, Joe ha risposto che invece «ho bisogno di tutti voi». Quindi ha trasmesso ottimismo, dicendo che il prossimo 4 luglio potrebbe segnare l’indipendenza dal Covid, aiutata dalla spinta affinché dal primo maggio tutti gli americani possano fare il vaccino.
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Testata:  Libero Quotidiano 
Autore:  Mottola Lorenzo 
Titolo: I Paesi che ce l’hanno fatta anche senza chiudere tutto – I Paesi che ce l’hanno fatta senza chiudere tutto
Tema: Emergenza Covid-19

Da lunedì mezza Italia in rosso. Serve? Svezia, Giappone, Corea, Indonesia e sei Stati degli Usa non hanno mai imposto lo stop. Eppure hanno meno morti dell’Italia. E sono pure riusciti a preservare la loro economia. A livello di nazioni, il record del mondo appartiene all’Argentina, che con i suoi 237 giorni di chiusura totale è di gran lunga il Paese che ha costretto in casa per più tempo i suoi abitanti. Senza risultati, verrebbe da dire vedendo la lista delle vittime.  Sul locale invece il caso da studiare è quello della contea di Clark, in Nevada, che ha imposto la serrata a marzo dello scorso anno senza mai riaprire. Eppure questo inverno l’infezione è tornata, con due diverse ondate. Ieri su Libero abbiamo pubblicato alcuni studi di scienziati “scettici” riguardo alle misure ultra-severe per il contenimento del virus. In sintesi la tesi di questi studiosi è che le mascherine e il distanziamento sociale servono, tapparci tra q uattro mura no. Il che getta parecchie ombre sulle politiche del nostro governo. Per fare qualche esempio, il Regno Unito – che come l’Italia risulta tra i più rigidi – è anche ai primi posti al mondo per numero di morti. Il Belgio è al limite della paranoia nell’imporre divieti ai propri abitanti: a Natale era permesso invitare persone a casa propria, ma era vietato far usare il bagno agli ospiti. Eppure a Bruxelles è stata una mattanza. Al contrario, in altri Paesi, come Svezia o Corea, che non hanno mai conosciuto chiusure, le cose sono andate meglio. Insomma, il Coronavirus sembra seguire un percorso che sfugge completamente alla logica che abbiamo seguito finora. E forse tra qualche anno scopriremo che la nostra tanto logica non era.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: “Fermare la Cina” la sfida della Nato adesso è in Asia – Le sfide della Nato guardano a Oriente La nuova dottrina è fermare Pechino
Tema: Usa-Cina

«La Nato dovrà occuparsi sempre più della sfida cinese, adattando il suo approccio strategico, e in un rapporto più stretto con Giappone, Australia, India». Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, parla al Council on Foreign Relations di New York per indicare una nuova missione dell’Alleanza atlantica molto lontana dalle sue origini. Lo fa proprio quando Joe Biden presiede il suo primo summit mondiale, anche quello in chiave di contenimento della Cina: il presidente americano riunisce in videoconferenza i leader giapponese, indiano e australiano. È il Quadrilatero, detto Quad, il club delle principali democrazie dell’area Indo-Pacifico. Rinvigorito da Donald Trump, il Quad tre anni fa venne liquidato in modo sprezzante dal ministro degli Esteri cinese come «un po’ di schiuma nell’Oceano Pacifico», le cui idee secondo lui erano destinate ad avere «vita breve». Invece ora il Quad riceve un riconoscimento impor tante, con la scelta significativa di farne il primo summit globale dell’era Biden. La minaccia cinese è al centro della nuova dottrina Nato che Stoltenberg esorta a elaborare, allargando la sfera strategica dell’Alleanza atlantica verso l’Estremo Oriente. Perché è là che sorgono nuove minacce in grado di colpire anche la sicurezza dell’Occidente. «La Cina – dice il segretario generale – ha il secondo maggiore bilancio militare del mondo. Gli Stati Uniti hanno un problema di stazza, di dimensione, nei confronti della Cina è essenziale che possano contare sugli alleati. Per prevenire un conflitto che sarebbe devastante, è indispensabile mandare messaggi chiari, sgomberare il campo da ogni possibile errore di calcolo. La Cina deve sapere che l’articolo 5 vale sempre, cioè l’obbligo d’intervento di tutti gli alleati qualora un paese membro venga aggredito». Stoltenberg precisa che questo vale anche peri cyber-attacchi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pelosi Gerardo 
Titolo: L’Italia alla ricerca di un ruolo nella transizione libica
Tema: Libia

E’una sorta di “metodo post-gheddafiano transattivo” quello che secondo attenti osservatori delle questioni libiche si affermerà sempre di più nei prossimi mesi fino alle elezioni del 24 dicembre alle quali sta lavorando il Governo di transizione presieduto da Abdul Hamid Dbeibah. Un sistema che cerca di accontentare popolazione e diversi centri di interesse mettendo insieme le ragioni dell’Est, del Sud e dell’Ovest. E che cercherà di utilizzare le risorse pubbliche derivanti dai proventi del petrolio in maniera sempre più trasparente. Un sistema, in definitiva, che ha già mostrato tutte le sue “potenzialità” in quella sorta di plebiscito con 132 sì su 132 votanti con cui è passata giovedì scorso la fiducia al Governo di unità nazionale guidato da Dbeibah. Chiuso il capitolo della guerra civile per procura tra l’Egitto di Al Sisi da una parte e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan dall’altra, si sta aprendo una nuova fase in cui la Libia cercherà di affrancarsi dalle logiche geopolitiche per assumere uno sua connotazione da Stato non più fallito. E si terrà lunedì prossimo proprio nella sede temporanea della Camera dei rappresentanti di Tobruk, invece che a Bengasi, il giuramento dei ministri del nuovo Governo di Dbeibah.  «Questo Governo di transizione – spiega Arturo Varvelli, direttore dello European Council for Foreign Relations di Roma – nasce come conseguenza delle prove di dialogo tra Al Sisi ed Erdogan, i presidenti egiziano e turco si sono seduti al tavolo negoziale e non si fanno più guerra apertamente ma pensano ai vantaggi economici di una Libia stabile».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Di Feo Gianluca 
Titolo: E la Difesa blocca le mire di Pechino sul Mediterraneo – Le manovre italiane riescono a bloccare le mire della Cina nel Mediterraneo
Tema: Mediterraneo orientale

Il grande gioco nel Mediterraneo orientale è una sfida invisibile, una partita che può decidere il futuro di tre continenti. Ogni mossa condiziona il controllo di giacimenti petroliferi colossali, scoperti sotto il mare e ancora da sfruttare. Tutti i confini e i trattati vengono messi in discussione: per questo le pedine chiave sulla scacchiera sono le navi militari, che dimostrano la capacità di influire sull’area. Una situazione quasi ottocentesca, quando si parlava di “diplomazia delle cannoniere”, di cui anche il governo italiano, dopo anni di assenza, sta cominciando a diventare consapevole. Nella stagione in cui la presidenza Trump ha allontanato gli Usa dagli interventi in Medio Oriente, in queste acque turbolente si è aggressivamente fatta spazio la flotta turca. Israele, Egitto e Grecia hanno risposto con un’inedita alleanza rivolta alla Francia, mentre i russi sono sempre più attivi dalle basi siriane. Ma c’è un’altra potenza c he da tempo cerca un pretesto per installarsi nel Mediterraneo: la Cina. A largo del Libano attualmente ci sono navi tedesche, greche, turche, bangladesi e indonesiane ma alla fine dello scorso anno Giacarta ha comunicato di volersi ritirare. Inizialmente al Palazzo di Vetro hanno pensato di ridimensionare lo schieramento e non sostituire gli indonesiani. Poi è arrivata l’offerta cinese: «Mandiamo una nostra fregata per rimpiazzarli». La proposta ha subito allarmato i vertici della Nato e soprattutto Washington.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pompetti Flavio 
Titolo: Cuomo, accuse a Ny «Ha molestato le sue collaboratrici» – «Collaboratrici molestate» Cuomo sotto impeachment
Tema: New York

«Il governatore Cuomo ha perso la fiducia degli abitanti di New York e deve rassegnare le dimissioni». La dichiarazione di Jarred Nadler, autorevole presidente democratico della commissione Giustizia della Camera, ha il peso di un macigno. Cuomo è alla gogna da tre mesi, da quando la prima delle sue ex collaboratrici nell’ufficio di Albany Lindsay Boylan lo ha accusato di averla molestata per anni, di averle chiesto di giocare con lui lo strip poker, e di averla baciata a forza contro la sua volontà. La denuncia ha sollevato un vespaio di commenti, ma i colleghi della politica sono rimasti a lungo sugli spalti, mentre altre donne uscivano allo scoperto con simili memorie, e mentre montava un altro scandalo insidioso. A fine gennaio la procuratrice generale dello stato di New York, Letitia James, ha accusato Cuomo, l’uomo che si era imposto come il “primo governatore degli Usa” nella risposta all’epidemia del coronavirus, di aver proditoriamente tagliato a me tà il vero numero dei decessi da Covid 19 nelle case di riposo per anziani. Il 3 di marzo il governatore ha concesso, pur rigettando il sospetto di azioni improprie: «Capisco che gli scambi che ho avuto possono essere stati troppo personali o insensibili e che alcuni commenti, data la mia posizione, possono aver causato reazioni che io non desideravo affatto». Nel frattempo il legislativo di Albany l’ha esautorato del potere di agire in stato di emergenza, e a Washington si sono levate le prime voci che chiedono una commissione d’inchiesta, sia per le molestie che per lo scandalo Covid. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la testimonianza anonima di una sesta donna che lo accusava, questa volta di averla afferrata con prepotenza nelle parti intime.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Alfieri Diana 
Titolo: Rischio impeachment per Cuomo Ora neppure i dem lo difendono
Tema: New York

Tempi duri per il governatore dello stato di New York Andrew Cuomo, passato dalle stelle del suo impegno perchè gli abitanti della Grande Mela prendessero sul serio il Covid-19 quando l’allora presidente degli Usa Donald Trump ondeggiava tra il negazionismo e il riduzionismo alle stelle delle accuse di molestie sessuali. I parlamentari dello Stato di New York, il quarto più importante degli Stati Uniti dopo California, Texas e Florida, hanno aperto un’inchiesta di impeachment contro Cuomo. Dopo una riunione di emergenza di tre ore, l’assemblea ha annunciato che avrebbe conferito alla commissione Giustiza un’ampia giurisdizione per indagare sulle accuse di cattiva condotta a carico del governatore, che comprendono sia le denunce di molestie sessuali presentate da alcune sue ex assistenti sia alcune ombre sulla gestione dei dati sui decessi correlati al coronavirus nelle case di cura. Si tratterebbe del primo impeachment nello Stato in più di un secolo. Contro Cuom o si sono schierati anche molti rappresentanti democratici, ovvero compagni di partito del govenatore. È stato proprio un dem, lo speaker dell’assemblea Carl E. Heastie, a parlare al New York Times di «rapporti gravi sulle accuse riguardanti il governatore». Per questo la commissione di indagine condurrà interviste a testimoni, esaminerà molti documenti e farà accurate valutazioni delle prove.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Scandali, dimissioni, consensi a picco Il partito di Merkel rischia la disfatta
Tema:  Amministrative in Germania

C’è del marcio nella Cdu. Un’aria da fine regno sembra aleggiare sopra l’Unione cristiano-democratica, che ha già da tempo iniziato il lungo congedo da Angela Merkel, ma d’un tratto viene scossa da scandali e rivelazioni che gettano ombre sul suo futuro prossimo. Alla vigilia degli importanti voti regionali di domani nel Baden Wurttemberg e in Renania-Palatinato, il partito della cancelliera è in modalità d’emergenza. In una sola settimana tre dei suoi deputati al Bundestag sono stati costretti a dimettersi: Nikolas Löbel e il cristiano-sociale bavarese Georg Nußlein per aver fatto da mediatori in appalti per mascherine anti-Covid, lucrando cospicue commissioni da società private; il terzo, Mark Hauptmann, è stato accusato di lavorare come lobbista profumatamente retribuito per il governo dell’Azerbaigian. E non è tutto: secondo la Süddeutsche Zeitung almeno altri due parlamentari della Cdu-Csu sarebbero indagati per i loro rapporti d’affari con il governo di Baku. «Squallido e vergognoso», ha definitò ieri il presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, il comportamento di chi usa il proprio mandato parlamentare per trame profitti personali, tanto più speculando sulla tragedia della pandemia. Alla Cdu-Csu viene rimproverato di essersi sempre opposta all’adozione di un registro ufficiale dei lobbisti, invece del vago codice di comportamento attualmente in vigore e puntualmente ignorato.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Audino Uski 
Titolo: La carica dei Verdi vincere le regionali per arrivare a Berlino
Tema: Amministrative in Germania

Le elezioni di domani in Baden-Württemberg e in Renania non saranno “business as usual”. Il voto di due Lander importanti non solo apre l’anno elettorale tedesco, una tornata di sei elezioni locali che culminerà con il voto federale di settembre, ma darà un’indicazione decisiva sul volto della Germania nel dopo-Merkel, un Paese che si prepara a grandi cambiamenti. I segnali ci sono già: mentre i conservatori arrivano a queste elezioni ammaccati da un’ondata di scandali senza precedenti, i verdi si preparano a incassare un buon risultato elettorale e guardano al governo di Berlino come a un traguardo possibile. In Baden-Württemberg i verdi possono contare su una riconferma dell’unico governatore verde della Federazione, Winfried Kretschmann, che vanta al suo attivo dieci anni di governo e una provata capacità di coniugare le istanze di un Land tradizionalmente conservatore con quelle dell’economia e della sostenibilità. Un argomento non sec ondario in uno dei tre Auto-Land della Germania, dove hanno sede gruppi come Daimler e Porsche. Il governo verde-Cdu è apprezzato dalle imprese, soprattutto per il suo «pragmatismo orientato al futuro», sostiene l’ex Ceo di Gft Ulrich Dietz a Handelsblatt. I sondaggi locali, da gennaio ad oggi, danno il partito in ascesa di 4 punti: dal 30% dei primi di gennaio al 34% dell’11 marzo. È per questo che i due leader nazionali dei Verdi, Robert Habeck e Annalena Baerbock, ambirebbero a replicare il modello “Kretschmann”sul piano federale. Dare rappresentanza al “nuovo centro” è l’obiettivo del partito secondo Habeck, che d’altra parte prende le distanze dal “totalitarismo climatico” di tante argomentazioni ambientaliste. La scelta però non gradita dai suoi elettori più giovani. La generazione dei Fridays for Future, infatti, è insoddisfatta delle risposte della vecchia guardia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Martinelli Leonardo 
Titolo: Le Pen si veste da europeista e tallona Macron nei sondaggi
Tema: Francia

Appena un anno fa nessuno si sarebbe immaginato questo “come back”. Ma quante volte è stata data per spacciata Marine Le Pen? Per poi rispuntare inesorabilmente fuori. Nelle ultime settimane la zarina dell’estrema destra ha accelerato il suo processo di normalizzazione, a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali, per le quali proporrà un progetto «ragionevole», perché vuole «rassicurare i francesi che hanno ascoltato troppe cose false e caricaturali su di me». Lo ha spiegato giovedì sera su Bfmtv, rispondendo per due ore ai giornalisti. E la gaffe è sempre in agguato. «Non ho paura degli stranieri», ha asserito. E per dimostrarlo ha ricordato che il suo partito, il Rassemblement National, arriva sempre in testa alle elezioni nelle Antille francesi, come se, per il fatto di avere la pelle scura, lì fossero stranieri. Detto questo, Le Pen persevera sulla strada dello sdoganamento, secondo un pi ano concepito subito dopo la sconfitta alle presidenziali del 2017 (in particolare dal cognato Philippe Olivier, da allora il suo guru). E così nell’anno passato ha criticato la politica di Emmanuel Macron sul Covid e i vaccini, ma senza esagerare e mai sposando le posizioni no vax. L’obiettivo è sedurre l’elettorato di una destra più moderata. Come? Un tempo per lei il debito pubblico non andava rimborsato. Oggi, invece, dice che sì e «quello è un aspetto morale essenziale». Un tempo diceva che il trattato di Schengen andava «sospeso immediatamente». Oggi, invece, ritiene che vada fatto solo per gli stranieri che risiedono nei Paesi che vi aderiscono. Sta diventando quasi europeista. Da quando Matteo Salvini sostiene il governo di Mario Draghi, non è voluta intervenire sull’argomento. Ma, vista la nuova Marine che si profila, è possibile che approvi.
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