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SINTESI IN PRIMO PIANO – 13 maggio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Il Premier Draghi: “Ripriamo il Paese al turismo”; da lunedì vaccini per i quarantenni;
– Elisabetta Belloni: la prima donna a capo dell’intelligence;
– Il Capo dello Stato riceve i Presidenti di Camera e Senato: accelerare sui provvedimenti di attuazione del Recovery;
– Stime Eurostat: l’Italia crescerà più del previsto;
– Immigrazione: presentato il Dossier in Parlamento; allarme sbarchi dalla Libia;
– Guerra “senza tregua” fra israeliani e palestinesi.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Draghi: «Riapriamo il Paese al turismo» Vaccinazioni, scatta l’ora dei quarantenni
Tema: Vaccinazioni, turismo e riaperture

Chiedendo «ancora un po’ di pazienza» ai promessi sposi che aspettano con ansia una data per la ripartenza dei matrimoni, Mario Draghi ha frenato in diretta tv l’impazienza dell’ala aperturista della sua maggioranza. Il presidente del Consiglio comprende le esigenze dei partiti di intestarsi ora il rilancio del turismo, ora lo slittamento del coprifuoco, ma è determinato a non bruciare le tappe e forse anche un po’ stufo di essere tirato per la giacca. Quando avverte «dobbiamo essere attenti a bilanciare le ragioni dell’economia con quelle della salute», conferma che il governo non farà fughe in avanti. Il coprifuoco non sarà cancellato e ci vorrà ancora qualche giorno perché si decida di farlo slittare alle 23. Alle tre del pomeriggio l’ex presidente della Bce è alla Camera per il suo primo question time. I deputati domandano e il capo del governo risponde. Forza Italia, in asse con la Lega e con Italia viva, è in pressing per spalancare porte e finestre e cancellare del tutto il divieto di circolazione. Niente accelerazioni sulle riaperture e niente strappi, l’Italia vista da Palazzo Chigi non può ancora permettersi assembramenti e feste. L’altolà di Draghi vale anche per altri settori e per quei leader di partito, come Salvini e Renzi, che intonano all’unisono «basta coprifuoco». Le decisioni sul calendario delle riaperture saranno prese lunedì 17, nella cabina di regia che Draghi ha voluto posticipare rispetto alle aspettative del centrodestra di governo. In quella sede saranno date «maggiori certezze» e quindi una data «al comparto del wedding, che ha subìto danni significativi» e sarà fissato il giorno in cui il coprifuoco cambierà. Di cancellarlo Draghi non vuole saperne, in linea con le scelte di Francia e Germania. «Se riapriamo troppo presto il rischio è che il virus torni a diffondersi» ha avvisato ieri a Berlino il presidente del Robert Koch Institut, Lothar Wieler, in conferenza stampa con il ministro alla Sanità tedesco, Jens Spahn. Ma lo slittamento di un’ora è ormai certo. Il ministro Roberto Speranza proporrà che la misura simbolo cambi «con gradualità e in più date», per non illudere che siamo al «liberi tutti».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ziniti Alessandra 
Titolo: Più dosi di vaccino alle Regioni virtuose E da lunedì al via i quarantenni
Tema: Vaccinazioni, turismo e riaperture

La fuga in avanti del Veneto, seguito a ruota dal Friuli Venezia Giulia, alla fine ha convinto il generale Figliuolo a cedere e a dare il suo nullaosta. Da lunedì prossimo, in tutta Italia, via alle prenotazioni del vaccino anche per i quarantenni, nonostante la platea degli over 50 e 60 (rispettivamente al 24 e al 50%) sia ancora lontana da una sufficiente copertura e, anche tra i settantenni, uno su tre deve ancora ricevere la prima dose. Ma la campagna (che ieri ha superato i 25 milioni di somministrazioni) deve correre più veloce per spianare la strada alle riaperture e i presupposti per superare il target delle 500 mila iniezioni al giorno non ci sono ancora. Anzi quell’obiettivo è stato raggiunto solo tre volte nelle ultime due settimane. E allora ben venga chi, come il Veneto, ha ingranato la quinta e chiede di avere consegnate in anticipo le dosi che gli spettano per accorciare i tempi. Dall’ufficio del commissario per l’emergenza è arrivato l’ok con una precisazione: «Non si tratta di una redistribuzione di dosi non utilizzate al sud, resta sempre il criterio un vaccino per ogni testa, ma se una Regione ha la capacità di andare più veloce e chiede di avere anticipata la sua dotazione, se ne abbiamo la disponibilità di magazzino gliela diamo». Lo ha fatto il Veneto, lo farà l’Abruzzo e probabilmente anche la Lombardia. «Abbiamo finito i vaccini, ma con un segreto: quelli che stiamo facendo sono frutto dell’ingegno veneto, estraendo sette dosi da ogni flaconcino grazie alle siringhe di precisione», ha spiegato Zaia che ieri si è vaccinato con Pfizer. Sulla corsa a ostacoli della vaccinazione restano le dosi che nessuno vuole. Il generale Figliuolo contava sull’ok del Comitato tecnico scientifico ad abbassare alla soglia dei 50 anni l’età «raccomandata» per la somministrazione di AstraZeneca, ma così non è stato. Raramente il Cts si è opposto a un cambiamento sollecitato dalla politica o da chi gestisce la campagna vaccinale, ma gli esperti sono rimasti del parere che il rapporto rischi-benefici sia superiore con il crescere dell’età e hanno ribadito che il farmaco di Oxford va consigliato agli over 60.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Coprifuoco alle 23 cambiano i colori Da lunedì vaccini per i quarantenni
Tema: Vaccinazioni, turismo e riaperture

Sardegna, Molise e Friuli nel paradiso della fascia bianca dove tutto riapre, Valle d’Aosta nel purgatorio di quella arancione dove bar e ristoranti sono sempre chiusi, tutto il resto dell’Italia in giallo. Sarebbe questa la cartina del nostro Paese se già oggi fossero in vigore i nuovi parametri messia punto dalle Regionie presentati ieri al governo, che li farà propri con qualche ritocco. Lunedì 24 maggio altre sette regioni potrebbero tingersi di bianco: Abruzzo, Liguria, Trento, Bolzano, Veneto, Umbria e Lombardia. Lo schema è ormai quello posato sul tavolo del confronto tra governatori e governo: sotto i 50 contagi settimanali ogni 100 mila abitanti si va in fascia bianca, tra i 50 e i 149 in giallo, tra i 149 e i 249 in arancione, oltre in rosso lockdown. Ma a partire dal 15 giugno entra in campo anche il tasso di occupazione dei posti letto in ospedale. Se l’incidenza fluttua tra 150 e 149 con oltre il 30% dei posti occupati in terapia intensiva e il 40% nei reparti di medicina scatta il cartellino rosso. Se al contrario gli indici di occupazione sono rispettivamente sotto il 20% e il 30% si è promossi in giallo. Ma per evitare che qualcuno faccia il furbo riducendo il numero di tamponi per avere meno casi, la proposta regionale, già mediata da Speranza, prevede anche un minimo di test da effettuare in rapporto alla popolazione: almeno 500 tamponi al giorno ogni 100 mila abitanti se l’incidenza dei casi è pario superiore a 250; 250 tamponi se è compresa tra 150 e 149; almeno 150 test quando l’incidenza è da zona gialla e 100 quando si è sotto i 50 casi settimanali. Tutto andrà nel prossimo decreto sulle riaperture anticipate, che detterà anche le nuove regole per i 4 colori.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni 
Titolo: Draghi cambia i servizi segreti Belloni al posto di Vecchione
Tema: Elisabetta Belloni al Dis

L’esperienza del prefetto Gennaro Vecchione alla guida del Dipartimento per l’informazione e la sicurezza – di fatto il vertice dei servizi segreti – s’è conclusa con l’audizione dell’altro giorno davanti al Comitato parlamentare di controllo. Ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi l’ha sostituito con Elisabetta Belloni, 62 anni, segretaria generale del ministero degli Esteri e diplomatica di lungo corso che ha diretto, fra l’altro, l’Unità di crisi della Farnesina. Contemporaneamente il premier ha prolungato di un altro anno l’incarico di Mario Parente al timone dell’Aisi, l’Agenzia per la sicurezza interna. Quando la decisione del premier è arrivata alle orecchie del suo predecessore Giuseppe Conte, che nominò Vecchione nel 2018, il neo-leader dei Cinque Stelle ha manifestato tutto il proprio disappunto; lui aveva riconfermato l’ex generale di Corpo d’armata della Finanza nel novembre scorso, e una sostituzione tanto repentina poteva suonare come un segnale di sfiducia nella persona e uno schiaffo allo stesso Conte. Il quale con Vecchione aveva stabilito un rapporto diretto e costante, anche per la mancata nomina (fino agli ultimi giorni della sua permanenza a Palazzo Chigi), dell’autorità delegata ai Servizi. Ma nonostante le proteste, Draghi ha tenuto ferma la propria scelta: discontinuità al Dis e continuità all’Aisi, che di recente ha innescato l’indagine sull’ufficiale di Marina accusato di essere una spia al soldo dei russi.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nigro Vincenzo 
Titolo: Belloni capo degli 007 È la prima donna
Tema: Elisabetta Belloni al Dis

Un amico che la conosce da anni, uno che ha lavorato con lei alla politica estera della Repubblica italiana, ha una spiegazione semplice: «Elisabetta Belloni è affidabile». Non basta naturalmente. Ma chi negli anni ha sottovalutato o anche osteggiato la prima ambasciatrice donna che diventa direttrice del Dis, coordinatrice dei servizi di sicurezza, forse non ha considerato questo elemento. Che invece è un carattere decisivo in un alto funzionario dello Stato per potere attraversare con successo i terremoti, i ribaltoni, le convulsioni continue della politica italiana. Per sopravvivere ai cambi di governo, di maggioranza, di ministro alla Farnesina. Non basta naturalmente, e oltre questo c’è il curriculum di una diplomatica solida ed esperta. Nata a Roma nel 1958, prima donna a studiare al liceo Massimo dei gesuiti, quello dove ha studiato anche Mario Draghi, la Belloni, segue tutto il percorso di crescita al ministero degli Esteri e nelle sedi che le vengono assegnate. Il primo incontro vero con la politica inizia nel 2004, quando diventa capo dell’Unità di crisi. Il ministro è Massimo D’Alema, il caso più eclatante è il rapimento del nostro collega di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, bloccato in Afghanistan dai Talebani. Ma ci saranno moltissimi altri casi di rapimenti, molte emergenze che la mettono in condizione innanzitutto di dare un metodo e una coesione alla squadra dell’Unità di crisi, la rendono credibile agli occhi dei funzionari dei servizi di sicurezza che in giro per il mondo lavorano con i diplomatici per risolva rapimenti e crisi di ogni tipo. Negli archivi di quei 4 anni, dal 2004 al 21008, di operazioni all’Unità di crisi, c’è per esempio la librazione di due dipendenti dell’Eni in Nigeria, rapidi dai ribelli del Mend. C’è il caso di padre Bossi, sequestrato dai ribelli musulmani di Abu Sayyaf nelle Filippine. Adesso una nomina “naturale”, nelle sue corde di diplomatica che negli ultimi 10 anni ha seguito tutti i dossier importanti per la politica estera della Repubblica. Il direttore del Dis non è un vero capo dei servizi segreti, anche perché i capi di Aise e Aisi (dove è stato confermato Mario Parente, mentre Ettore Sequi è stato nomitato segretario della Farnesina al posto di Belloni) sono molto gelosi delle loro competenze. Ma di sicuro Belloni saprà come gestire il rapporto delle due agenzie col capo del governo, con gli altri ministri. E saprà rappresentare tutto il comparto della sicurezza in giro per il mondo con competenza conoscenza.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: “Sì a Bertolaso e Albertini” Meloni sblocca lo stallo
Tema: Il Patto per le Comunali Milano e Roma

Hanno in mano i sondaggi, i big di Fratelli d’Italia. E c’è scritto che Gabriele Albertini e Guido Bertolaso sono i candidati più forti a Milano e a Roma. Questo dato, unito al desiderio di sfuggire all’immagine di chi non vuole cementare l’alleanza, ha spinto ieri Ignazio La Russa a fare un deciso passo avanti: «Se Albertini e Bertolaso sono disponibili si facciano subito avanti. Anche per noi sono i nomi migliori. L’unica cortese richiesta che facciamo è di confermare la loro volontà davanti ai leader che si riuniranno la prossima settimana e magari illustrare le principali linee del programma». E certamente una novità sostanziale, quella che emerge a margine dell’incontro di Montecitorio fra i responsabili degli enti locali di Lega, Fdi e Forza Italia, Udc, Cambiamo, Noi con l’Italia. In quel tavolo, ieri, non si è parlato delle principali città coinvolte dalle amministrative di autunno (Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna) né della Regione Calabria: materia delicata lasciata come oggetto della prossima riunione di Salvini, Meloni e Tajani, Ma intandi Emanuele Latria to è stato siglato una sorta di patto d’onore per andare uniti, malgrado la diversità di collocazione politica nazionale, in tutti i Comuni dove è possibile. E in questo quadro nasce la chiara uscita di Fdi: «Ci è stato dato atto che non abbiamo mai detto alcun no – ancora La Russa – Vogliamo preservare l’unità della coalizione. L’importante ora è sbrigarsi». Non è che i dubbi non circolino, in casa Fdi: Giorgia Meloni, ad esempio, non ha lesinato critiche a Bertolaso, il candidato in cima ai desideri di Salvini e Berlusconi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Polito Antonio 
Titolo: Nei 5 Stelle mille anime e una matrice populista L’inaffidabilità di un alleato
Tema: M5S-Pd

Si capisce che anche nel Pd si tenti di seguire la via dei padri, quella che in passato ha dato i migliori risultati. Ma rifare l’Ulivo con i Cinque Stelle non sembra possibile. Per due ragioni. La prima è che Giuseppe Conte non può rappresentare quel leader federatore, sopra tutti e super partes, che fu Romano Prodi e che è indispensabile in un’alleanza tra diversi. La seconda ragione è che le tante forze politiche che componevano l’Ulivo avevano almeno una cultura politica affine, fondata sul riformismo. Mentre i Cinque Stelle appartengono, per nascita e con immutato orgoglio, alla storia del massimalismo e del populismo. Quando Chiara Appendino «esclude al 100%» che il M5S possa appoggiare il Pd a Torino anche solo al ballottaggio, sta descrivendo un’incompatibilità genetica, che rinnega la logica stessa del doppio turno pur di rilanciare l’idea dei democratici come «nemico assoluto». Come si possa costruire su queste premesse un’alleanza «strategica», auspicando un ritorno al maggioritario che faccia da camicia di Nesso a un «nuovo centrosinistra», insieme con un partito e un leader che dichiarano apertamente di non essere né di destra né di sinistra, rischia di risultare incomprensibile. Persino in un Paese che pure, dal punto di vista degli esperimenti politici, le ha viste tutte. C’è infine un altro elemento da tener conto: essere nemici di Salvini non sembra bastare per diventare alleati. Il nuovo «uomo nero» della sinistra – secondo l’efficace metafora usata sul Corriere da Angelo Panebianco – non appare un collante forte come Berlusconi nel cementare gli avversari. In parte perché il M5S di Conte ha già governato con lui, teorizzando anzi di poter dare insieme vita a un nuovo bipolarismo, non più tra destra e sinistra ma tra «élite» e «popolo».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vitale Giovanna 
Titolo: E dopo il flop con i 5S il Pd può riaprire il dossier proporzionale
Tema: Legge elettorale

Nessuno vuol mettersi contro il segretario, non adesso almeno, nel momento di massima difficoltà per Enrico Letta, tradito dal Movimento 5 Stelle sulla via del Campidoglio. Ma nemmeno continuare a tacere sulle ricadute di un’alleanza che, per usare un eufemismo, non ha dato i risultati sperati. E che rischia di portare, specie se combinata con l’impostazione maggioritaria cara al leader pd, a una disfatta sicura alle prossime politiche. Ecco perché da qualche giorno al Nazareno è iniziato un discreto pressing su Letta per convincerlo che, con un “partner” così poco affidabile, è il proporzionale il modello elettorale su cui puntare. Risultando il Mattarellum, amato da Romano Prodi, da cui il segretario ha ereditato la passione, un sistema che obbliga a costruire coalizioni non sempre omogenee prima del voto, anziché provare a formarle dopo, sulla base dei seggi conquistati. Col rischio, in caso di insuccesso, di favorire il centrodestra: diviso e in conflitto quando sta al governo, ma molto abile a ricompattarsi in vista delle urne. È stato fra i primi Peppe Provenzano, il giovane ex ministro ora numero 2 del partito, a invitare Letta a un ripensamento sulla legge elettorale. È vero che le probabilità di trovare i numeri per approvare il proporzionale in Parlamento – con la Lega decisa a difendere il Rosatellum vigente – sono ridotte al lumicino. Ma in casa Pd in tanti cominciano a pensare che forse vale la pena di provarci. Persuasi che, nelle condizioni attuali, proporre il maggioritario sarebbe un suicidio: costringerebbe infatti il centrosinistra ad allearsi con i Cinquestelle alla vigilia delle elezioni, senza avere pert) alcuna certezza di riuscirci. Come ben dimostra la trattativa sulle amministrative. Il ministro Andrea Orlando lo ha confidato proprio ieri ai parlamentari a lui vicini: «Io sono sempre più convinto che il proporzionale sia la soluzione migliore, anche alla luce delle difficoltà che stiamo incontrando nei comuni».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Casini al Colle, il piano di Renzi per isolare M5S e spaccare il Pd
Tema: Quirinale

Di Quirinale si discute già, e pure tanto. E come da migliore tradizione i partiti adottano una strategia doppia: testare qualche nome, per tenerne coperti altri. Tre giorni fa, una fonte del Pd ha contattato La Stampa dopo aver letto l’articolo che riferiva delle prime manovre in vista del semestre bianco che a inizio agosto lancerà la sfida per la Presidenza della Repubblica a gennaio 2022. I candidati più probabili che venivano elencati erano l’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella, se sarà costretto al bis dal groviglio dei veti e dagli eventi che si imporranno dentro e fuori dal Parlamento, l’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi, e la ministra della Giustizia Marta Cartabia. La fonte del Pd però aggiunge un nome, che già qualcuno aveva fatto trapelare nei mesi scorsi, Pier Ferdinando Casini, e rivela che la discussione è in fase avanzata e coinvolge anche i partiti del centrodestra. La conferma arriva da una fonte di Forza Italia: il confronto è avviato, ci sono stati colloqui tra leader, incontri, e Casini è in partita nel caso in cui Mattarella non fosse disponibile per un altro mandato, anche a termine, fino alle elezioni politiche del 2023. Quelle che dimezzeranno il numero dei parlamentari. Soprattutto: è la carta che intende giocarsi Matteo Renzi (l’altra che ha in mano è Cartabia), con un’idea ben precisa e politicamente dirompente se dovesse realizzarsi. Perché la scelta di Casini potrebbe in un solo colpo isolare L’obiettivo è anche lasciare Draghi a Palazzo Chigi dopo il 2023 il M5S, spaccare il Pd, e indebolire ulteriormente l’alleanza giallorossa. Come ha dimostrato scatenando la crisi che ha portato alla caduta del governo Conte II e ha aperto la strada per Draghi a Palazzo Chigi, Renzi ha imparato a usare a suo vantaggio l’aritmetica parlamentare e gli interessi a volte convergenti a volte nodi deputati e senatori. Di sponda con Base riformista, la corrente del Pd guidata dal ministro Lorenzo Guerini e da Luca Lotti, nata sulle ceneri del renzismo dopo la scissione di Italia Viva e ancora maggioritaria tra gli eletti democratici, Renzivuole portare tutto il centrodestra sul nome dell’ex leader dell’Udc. Casini ha un po’ il ruolo di outsider tipico del canone quirinalizio.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Pnrr, richiamo di Mattarella su tempi e coesione politica
Tema: Casellati e Fico al Colle

Un incontro istituzionale di quelli – però – che vogliono parlare anche al mondo politico. Perché se il capo dello Stato vede – come è successo ieri – i due presidenti delle Camere mettendo al centro dell’attenzione – e preoccupazione – l’andamento del lavori sul Piano europeo vuol dire che non tutto sta andando come dovrebbe. O teme che si possa inceppare il complesso meccanismo di testi legislativi, deleghe, decreti che gira intorno al Pnrr. Non si tratta di un richiamo al Parlamento né di un’invasione di campo nei lavori delle aule e commissioni ma Sergio Mattarella ha voluto condividere con Casellati e Fico l’esigenza di assicurare un percorso efficace e veloce nell’approvazione dei tantissimi provvedimenti legati all’attuazione del Recovery Fund. Inutile ripetere quello che si sa, cioè che senza un’attuazione nei tempi promessi, si perde la possibilità di avere le risorse necessarie alla risalita nazionale, tanto più obbligata oggi con un debito pubblico schizzato in alto. Nessun commento ulteriore arriva dal Quirinale ma basta scorrere le cronache di queste ultime settimane per verificare come ci siano progressivi slittamenti in avanti di alcune leggi e relative tensioni tra le forze politiche di questa maggioranza allargata. Tensioni che spesso riguardano temi extra, rispetto al Pnrr, ma che si riflettono in un clima complessivo per cui diventa difficile “aggredire” quelle riforme che si rinviano da anni. La giustizia, per esempio, che è parte integrante del Piano Ue ma che Salvini preferisce affrontare con un referendum invece che in un confronto parlamentare.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Bassi Andrea – Gentili Alberto 
Titolo: Il Recovery è già in ritardo I timori del Colle sul piano
Tema: Casellati e Fico al Colle

Sergio Mattarella scende in campo, a fianco di Mario Draghi, in difesa del Recovery. II capo dello Stato, preoccupato per il ritardo accumulato e per le sorti del Piano da 248 miliardi che dovrà garantire l’uscita dell’Italia dalla grave crisi innescata dalla pandemia e il rilancio del sistema-Paese, ha chiamato al Quirinale Elisabetta Casellati e Roberto Fico per dare un segnale inequivocabile: le massime cariche dello Stato chiedono alle forze politiche di stringere i tempi e di mettere da parte tatticismi e contrasti. L’identico auspicio del premier. Ai presidenti di Camera e Senato, Mattarella ha infatti chiesto di fare in modo che il Parlamento approvi «tempestivamente i provvedimenti legati all’attuazione del Pnrr, per poter accedere alle risorse previste dal Next Generation Eu». Sul Colle è scattato un campanello d’allarme. Le procedure europee prevedono che determinati passaggi siano fatti entro determinati tempi. Se il cronoprogramma non viene rispettato al minuto, si mettono a rischio i pagamenti da parte della Commissione. Il timore che il Piano stia sommando ritardi e ritardi è forte. Così al centro dell’incontro – a quanto si apprende da fonti della presidenza della Repubblica – è stata messa l’esigenza di assicurare, «un percorso efficace e tempestivo» di esame e approvazione dei numerosi provvedimenti normativi che attuano il piano presentato dall’Italia alla Commissione europea, necessari per ottenere il trasferimento delle previste risorse del programma Next Generation.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Draghi: il patto di stabilità era ed è inadeguato Nuove regole per ripartire
Tema: Question time Premier Draghi

Un intervento a tutto tondo quello di ieri del premier Draghi durante il question time alla Camera. L’accento è stato posto sul futuro dell’economia: «il patto di stabilità europeo era ed è inadeguato» soprattutto per gestire il post pandemia. Per questo «dovremo concentrarci su un forte slancio della crescita per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici». Nel giorno in cui le stime sul Pil vedono l’Italia davanti alla Germania, Draghi ribadisce che «nei prossimi anni dovremo concentrarci soprattutto su un forte rilancio della crescita economica, che è anche il modo migliore per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici». La ripresa resta dunque la priorità. L’intero emiciclo applaude. Così come quando scandisce ad uno ad uno gli ultimi morti sul lavoro, a cominciare dalla giovane Luana D’Orazio impegnandosi «a fare di più» per fermare i decessi. L’attenzione per tutto il question time resta alta. Dentro e fuori dall’Aula ci si chiede se il premier concederà qualche anticipazione sulle possibili riaperture dopo la frenata dei giorni scorsi. Draghi risponde rivendicando «l’approccio graduale» ma non chiude. Anzi, il miglioramento dei dati è incoraggiante. «Dobbiamo però essere attenti a bilanciare le ragioni dell’economia con quelle della salute», ha detto il presidente del Consiglio rispondendo alle domande di Forza Italia concentrate soprattutto sulla ripartenza del settore delle cerimonie. Il premier rinvia alla cabina di regia di lunedì. Sarà quella l’occasione per valutare gli ultimi dati. E non è da escludere che già a quel tavolo potranno essere valutati alcuni «allentamenti». Non solo per matrimoni e festeggiamenti. Lo stesso Franco Locatelli, presidente dell’Istituto superiore di Sanità ha detto ieri che ci sono «margini» per far slittare l’orario del coprifuoco, che poi sia alle 23 o alle 24 sarà il governo a deciderlo. I numeri però vanno bene.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Italia, la Ue rialza il Pil a +4,2% Gentiloni: «Cifre incoraggianti»
Tema: Stime Eurostat: in crescita

A oltre un anno dallo scoppio della pandemia virale, la Commissione europea ha rivisto al rialzo le sue previsioni per il 2021-2022, prevedendo «un forte rimbalzo» dell’attività economica sulla scia delle vaccinazioni a tappeto e una abolizione delle restrizioni agli spostamenti. Anche l’economia italiana dovrebbe registrare una ripresa, quanto duratura e robusta dipenderà dall’attuazione del piano nazionale di resilienza presentato giorni fa dal governo Draghi. In pillole, ecco le principali previsioni dell’esecutivo comunitario. La zona euro dovrebbe crescere del 4,3% nel 2021 e del 4,4% nel 2022 (le stime d’autunno erano rispettivamente del 4,2 e del 3,0%). Nel 2020, la contrazione dell’economia nell’Unione monetaria era stata del 6,6%. Nell’Unione, la crescita dovrebbe essere del 4,2% quest’anno e del 4,4% nel 2022. Bruxelles rimane fiduciosa quanto all’inflazione: nella zona euro dovrebbe essere rispettivamente dell’1,7% e dell’1,3%. Parlando ieri pomeriggio a un gruppo di giornali europei, tra cui il Sole 24 Ore, il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni ha fatto notare che nel 2022 la quota degli investimenti rispetto al Pil sarà la più elevata dal 2010. Poi ha voluto precisare alcuni aspetti trattati durante la precedente conferenza stampa in mattinata: il divario di crescita dell’Italia rispetto ai suoi partner, in primis la Spagna; l’elevato debito italiano; l’importanza di attuare in modo efficace e onesto il piano di ripresa e resilienza. «Uno degli obiettivi del Fondo per la Ripresa da 750 miliardi di euro è di affrontare il rischio di un aumento delle divergenze tra i paesi membri nel rispondere alla crisi – ha osservato il commissario -. Le stime pubblicate oggi (ieri per chi legge) mostrano che questo rischio non è scomparso. Assisteremo a una ripresa a più velocità. Se vogliamo essere ottimisti, farei notare che i tassi di crescita nei paesi più a rischio di divergere sono molto forti, a conferma di quanto il Next Generation EU sia importante».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: La Ue: l’Italia crescerà del 4,2% L’inflazione Usa spaventa i mercati
Tema: Stime Eurostat: in crescita

L’economia europea torna a correre e anche quella italiana. Le previsioni di primavera della Commissione Ue rivedono al rialzo le stime rispetto a quelle invernali e indicano un ritorno ai livelli pre-crisi per tutti gli Stati Ue entro fine 2022, grazie anche alla spinta dei Recovery plan, con una ripresa dell’inflazione che però resta sotto il riferimento del 2%, mentre vola negli Stati Uniti dove ad aprile l’indice dei prezzi al consumo è schizzato del 4,2% su base annua rispetto al +2,6% di marzo, spaventando i mercati. «Per la prima volta dalla pandemia, vediamo prevalere l’ottimismo sull’incertezza – ha detto il commissario all’Economia Paolo Gentiloni presentando i risultati -. Ovviamente quell’incertezza è ancora lì. Ma la ripresa non è più un miraggio: è in corso. Dobbiamo evitare errori che potrebbero indebolirla: vale a dire, un ritiro prematuro del sostegno pubblico». L’Ue crescerà del 4,2% nel 2021 e del 4,4% nel 2022, il Pil dell’Eurozona +4,3% quest’anno e +4,4% l’anno prossimo, quello dell’Italia +4,2% e +4,4% (secondo le previsioni d’inverno + 3,8% nel 2021 e nel 2022). II miglioramento della situazione epidemiologica con l’avanzamento della campagna vaccinale fa sperare. La crescita sarà guidata da consumi privati, investimenti e dalla domanda di esportazioni dell’Ue, effetto di un rafforzamento globale economia. Bruxelles prevede che tutti gli Stati membri, ad eccezione di Danimarca e Lussemburgo, registreranno un deficit oltre il 3% del Pil nel 2021 (per l’Italia esploderà al 10,7% per scendere il prossimo anno al 5,8%). Ma entro il 2022 si prevede che scenda a poco meno del 4% nella maggior parte degli Stati Ue. II rapporto debito publico/Pil toccherà il picco quest’anno per poi calare nel 2022. Quello dell’Italia sarà pari al 159,8% nel 2021 e al 156,6% nel 2022. Le previsioni tengono conto delle sovvenzioni Ue incuse nel Pnrr. II prossimo anno «il rapporto debito/Pii dovrebbe rimanere superiore al 100% in sette Stati membri – ha spiegato il commissario -: Belgio, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Cipro e Portogallo». Le stime di crescita del nostro Paese «sono positive e incoraggianti» per Gentiloni: «La sfida principale nei prossimi mesi e anni – ha sottolineato – è quella dell’attuazione dei programmi di riforma e investimento del Recovery».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Il Recovery spinge il Pil dell’Italia Draghi: patto di Stabilità inadeguato
Tema: Stime Eurostat: in crescita

«L’ombra del Covid sta iniziando a ritirarsi dall’economia europea». Con la campagna vaccinale che inizia ad accelerare in tutta l’Unione e le attività commerciali che riaprono, il commissario europeo Paolo Gentiloni vede i primi segnali positivi dall’inizio della pandemia. Segnali che si aggiungono all’impatto del Next Generation Eu, che per la prima volta – seppur parzialmente – viene considerato nelle previsioni economiche della Commissione. Secondo l’ex premier, il Recovery darà una spinta alla crescita dell’Ue almeno dell’1,2% nel biennio 2021-2022. L’Italia non fa eccezione. Anzi, il nostro Paese dovrebbe registrare un tasso di crescita in linea con la media Ue quest’anno (+ 4,2%) e il prossimo (+4,4%), il che le consentirebbe di raggiungere i livelli pre-crisi entro la fine del 2022: a febbraio la Commissione prevedeva un periodo più lungo per colmare il gap dovuto alla pandemia. «Per l’Italia – avverte Gentiloni – la sfida principale nei prossimi mesi e nei prossimi anni sarà l’attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal Recovery. Ma poi non basterà tornare ai livelli pre-crisi». Roma dovrà cercare di sfruttare la spinta offerta dal maxi-piano di finanziamenti Ue per costruire un percorso di crescita più robusto e più duraturo. Scorrendo la tabella preparata dai tecnici di Bruxelles balza subito all’occhio un dato: l’Italia non è più il fanalino di coda della crescita, ma fa addirittura meglio della Germania (+3,4% quest’anno) e dei Paesi Bassi (+2,3%). I numeri però non devono trarre in inganno, visto che sono diverse le condizioni di partenza: nel 2020 il crollo del Pil italiano era stato dell’8,9%, mentre quello tedesco del 4,9% e quello olandese del 3,7%
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Bonomi: semplificare l’accesso al Recovery con la certificazione
Tema: Attuazione Recovery Plan

Snellire i tempi di attuazione dei progetti del Recovery Plan «con processi di autorizzazione semplici e veloci». E inoltre avere «strumenti di verifica che evitino di dare fondi a chi non rispetta le regole». Ora che il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe cominciare a muovere i primi passi Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, mette in guardia sull’importanza di spendere le risorse rapidamente, in modo efficace e sicuro, senza generare circostanze di «competitività falsata per l’accesso agli incentivi, che sarebbe dannosa per l’intero sistema imprenditoriale e per il paese». Ha colto l’occasione di un convegno organizzato da Accredia (l’ente di accreditamento Italiano che attesta la competenza, l’imparzialità e l’indipendenza degli organismi di certificazione) sul ruolo della certificazione e sui timori degll italiani su come verranno spesi i soldi europei. Servono strumenti per far coesistere la verifica del rispetto delle regole con l’impiego rapido dei fondi. Da uno studio dell’Osservatorio Accredia curato dal Censis è emerso che se si arrivasse all’obiettivo di 150mila imprese certificate sotto accreditamento, 60mila più di quelle attuali, verrebbe generato un aumento del pil di 30 miliardi di euro entro il 2023. Inoltre verrebbero amplificati anche i benefici ambientali e sociali per un valore stimato di 2,2 miliardi di euro all’anno, con impatti positivi su emissioni inquinanti, risparmio energetico, lavoro, con una riduzione degli infortuni. Per Bonomi, che ha mandato un videomessaggio, la certificazione accreditata è una «soluzione importante» a disposizione delle aziende e della Pubblica amministrazione per rendere più veloci i processi di autorizzazione. il presidente di Confindustria ha fatto riferimento all’esperienza di Industria 4.0, oggi Transizione digitale, dove questo sistema ha consentito di gestire in maniera semplice l’accesso agli incentivi fiscali. «È un esempio virtuoso di semplificazione amministrativa che ha funzionato eche ha consentito di semplificare le procedure di approvazione e ridurre i tempi di accesso al beneficio».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Tivelli Luigi 
Titolo: Partnership pubblico-privato opportunità da non perdere
Tema: Attuazione Recovery Plan

La questione del Recovery Plan è come un prisma con molte facce, alcune sin qui più o meno illuminate dagli addetti ai lavori e dagli osservatori. Tra i vari aspetti, non mi pare che si sia prestata sufficiente attenzione ad una questione sollevata sin dallo scorso 27 aprile dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi in una intervista al Corriere della Sera, a ridosso dell’approvazione del Piano. Nello stesso momento in cui il dottor Bonomi vedeva nel Recovery Plan un potenziale «strumento di riforma trasformativo del Paese, dell’economiae dello Stato», esprimendo un giudizio positivo ben diverso rispetto ai giudizi che esprimeva sulle bozze del piano di Conte, egli affermava poi però con fermezza che «quel che manca nel testo è la partnership pubblico-privato». Il presidente di Confindustria ha mostrato di cogliere in pieno la grande rilevanza delle riforme in seno al Pnrre ai fini della loro attuazione è interesse dello stesso Governo che le imprese siano in qualche modo coinvolte nell’attuazione delle riforme anche per avere ulteriori alleati rispetto ad eventuali “frenatori” o oppositori latenti, così come è di grande rilievo che l’associazione delle imprese concordi in pieno nell’inserimento nel piano della riforma e delle leggi annuali sulla concorrenza e nel processo delle leggi annuali sulla concorrenza. Credo che, così come di fatto avviene in Francia, la linea migliore sarebbe quella di giungere ad una sorta di “patto perla crescita” tra settore pubblico e settore privato, un patto e un tavolo di confronto destinati ad essere operativi per tutti i sei annidi durata del Recovery Plan.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: La vera disoccupazione In Europa quasi al 15% Da noi uno su quattro
Tema: Lavoro

Dalle settimane precedenti la pandemia alla fine di marzo, l’economia italiana è crollata di circa il 7%. Quanto all’area euro, nel 2020 ha perso quasi 700 miliardi di euro di fatturato. Eppure guardando il tasso di disoccupazione ufficiale non lo si capirebbe. La quota di coloro che sono rimasti senza lavoro ma ne cercano uno è salita in Italia, ma in modo quasi impercettibile: lo 0,37% della manodopera ufficialmente presente. E anche in zona euro il tasso di disoccupazione è in rialzo di appena mezzo punto circa, all’8,16% attuale. Queste statistiche ufficiali delineano un ritratto realistico della situazione sociale oggi in Europa? Che la risposta non sia scontata lo segnala la dinamica degli Stati Uniti, dove Covid-19 ha affossato l’economia meno che nell’area euro eppure apparentemente la disoccupazione è esplosa di più. In poche settimane il tasso ufficiale dei senza lavoro è passato dal 3,5% al 14,8%. In parte lo si spiega perché negli Stati Uniti non esistono la cassa integrazione all’italiana o simili programmi europei disegnati per tenere il dipendente legato all’azienda grazie a sussidi pubblici, anche se il suo lavoro al momento non è richiesto. Ma forse c’è qualcos’altro. In recente discorso («Monetary autonomy in a globalised world») Fabio Panetta mostra che il tasso di disoccupazione nell’area euro a fine marzo scorso arrivava quasi al 15%, se si includono gli scoraggiati: coloro che fino a poco tempo fa avevano un posto e anche ora ne cercherebbero un altro, se solo pensassero di poterlo trovare. L’economista italiano – che siede nel comitato esecutivo della Banca centrale europea – stima anche che il tasso di disoccupazione dell’area euro a inizio primavera sarebbe del 18%, una volta inclusi tutti i cassaintegrati stabili. Ora i numeri sembrano già più realistici: partita con più disoccupazione, avendo subito una recessione maggiore, l’Europa ha una quota di senza lavoro più alta degli Usa.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Intervista a Mimmo Parisi – Parisi “Io fuori da Anpal? Sarebbe una scelta grave Mi hanno legato le mani”
Tema: Anpal

Anpal sarà commissariata. Una norma nel prossimo decreto Sostegni bis farà decadere la governance dell’Agenzia nazionale per le politiche attive: consiglio di amministrazione e direttore generale. Così anche il vertice salterà: il presidente italo-americano Mimmo Parisi, voluto nel 2019 dal leader M5S Luigi Di Maio per gestire il Reddito di cittadinanza con navigator e App. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd) vuole un’agenzia snella con un direttore a capo, sul modello delle agenzie fiscali. Ed è pronto a creare all’interno del dicastero una direzione generale per le politiche attive, così da togliere ad Anpal anche la gestione dell’Fse, il Fondo sociale europeo per l’occupazione. Presidente Parisi, ora cosa fa? «Non ne so niente, sono all’oscuro di tutto. Nessuno mi ha avvertito. Non una parola dal ministro Orlando. E mi stupirebbe che avesse agito alle mie spalle: è persona seria e capace, abbiamo un buon rapporto. Se però così fosse, sarebbe una decisione politica grave. Da rispettare, ma grave». Torna in Mississippi? «Sempre che sia vero, certo. Ma non sono mai andato via. Torno a insegnare all’università». Anche Di Maio l’ha scaricata. «Falso! Falso all’inverosimile! Con Luigi ho un rapporto bellissimo, ci sentiamo regolarmente». Ma non l’ha avvertita. «Perché forse non lo sa neanche lui. Le ripeto: è una manovra politica. Queste voci girano da tempo e sono ancora qui. Questa è l’Italia del pettegolezzo». Gira una bozza della norma. «L’ho vista, ma il ministro non mi ha contattato». I risultati del Reddito di cittadinanza non sono brillanti. «Vedrà la prossima settimana, usciremo con dati favolosi sulla ricollocazione. E poi stiamo lavorando su Industry Academy con accordi in Puglia, Emilia Romagna, Sicilia, Campania».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Gi.Fr. 
Titolo: Alitalia riceve altri 100 milioni dal Tesoro aspettando Ita
Tema: Alitalia-Ita

Nella casse di Alitalia stanno per entrare 100 milioni di euro: è quanto dovrebbe prevedere, secondo le ultime indiscrezioni, il decreto Sostegni bis. Serviranno a pagare gli stipendi di maggio e garantire l’operatività della compagnia nella prima parte di giugno, in attesa che la trattativa del governo con Bruxelles si chiuda. Si tratta di una cifra decisamente più bassa rispetto a quella richiesta e auspicata nell’ultimo incontro dai sindacati, che puntavano a 350 milioni di euro, così da non aver il fiato sul collo nella fase di transizione tra la vecchia Alitalia e la nuova Ita. Il governo, però, avrebbe deciso di tenere bassa l’asticella proprio per evitare di mettere un altro ostacolo sul tavolo europeo. Il dossier è in mano direttamente al premier Mario Draghi affiancato dal titolare del Mise, Giancarlo Giorgetti: la speranza del governo è di risolvere la querelle con l’Europa in tempi brevi, così da non far perdere alla newco la possibilità di intercettare i flussi turistici che si sta tentando di far ripartire per l’estate. E stato lo stesso ministero dello Sviluppo Economico in una nota a confermare che nel decreto Sostegni bis ci sarà «probabilmente» una norma «che prevede risorse per garantire l’operatività di Alitalia nel periodo pandemico anche alla luce del prolungamento delle negoziazioni con l’Europa per la nascita di Ita». La nota ha però precisato che «la cifra non è stata stabilita ma non è paragonabile ai prestiti ponte del passato».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  D. F. 
Titolo: Tra israeliani e palestinesi la guerra «senza tregua»
Tema: Guerra israeliani vs palestinesi

Ancora bombe, missili, morti e distruzioni: un migliaio di razzi sparati da Hamas verso Israele, centinaia di attacchi aerei dello Stato ebraico su case e strade della Striscia di Gaza. L’escalation non cessa e la situazione è tesa nelle comunità di alcune città israeliane. Al terzo giorno di fuoco il segretario generale dell’Onu António Guterres si dice «preoccupato» dalla prospettiva di «una guerra vera e propria». II bollettino, per ora: 400 feriti tra i palestinesi e un centinaio tra gli israeliani secondo i rispettivi governi; sei morti israeliani e almeno 65 palestinesi. Tra loro c’erano 14 bambini. E sul fronte israeliano uno di 6 anni è rimasto ucciso a Sderot. Hamas conferma l’annuncio di poche ore prima del premier Benjamin Netanyahu che i raid israeliani di ieri su Gaza hanno ucciso 16 «ufficiali graduati» del movimento paramilitare, tra cui il comandante della brigata locale. II leader di Hamas Ismail Haniyeh ha risposto che «il confronto con il nemico non ha una fine prevista», facendo eco alle parole del capo di stato maggiore israeliano Aviv Kochavi, che aveva ordinato a «tutti i comandi di prepararsi a un conflitto esteso e senza limiti di tempo». «Non è che l’inizio», ha detto Netanyahu. «Israele», ha aggiunto il ministro della difesa Benny Gantz, «non è pronto a una tregua». E mentre i razzi di Hamas vengono intercettati dallo scudo Iron Dome (secondo l’esercito l’85%), Israele accusa Hamas di avere annidato i propri quartieri generali nel mezzo dei centri abitati, dove si trova gran parte dei 500 obiettivi militari colpiti negli ultimi due giorni, tra cui un palazzo di dieci piani che sarebbe stato sede dell’«intelligence» del movimento.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nizza Sharon 
Titolo: Arabi contro ebrei: ora il conflitto divide Israele
Tema: Guerra israeliani vs palestinesi
Nelle ore drammatiche in cui il confronto tra Israele e Hamas degenera senza ancora assumere formalmente il titolo di guerra, la battaglia per lo Stato ebraico si divide su due fronti: la Striscia di Gaza, da dove continua ad arrivare una pioggia di missili, mentre non si placano i pesanti bombardamenti israeliani. Ma c’è anche il fronte domestico, con rivolte violente a Lod, Gerusalemme, Ramla, Acri, Haifa, le città a popolazione mista da dove arrivano immagini che rievocano l’inizio della Seconda Intifada dell’ottobre 2020. Le scene degli scontri nella Moschea di Al Aqsa, virali sui social, fanno scendere per le strade folle di giovani arabi arrabbiati. A Lod, 80,000 anime, scene di vera e propria guerriglia urbana hanno portato il premier Netanyahu a dichiarare lo stato di emergenza. Dalle 20 di ieri è in vigore un coprifuoco notturno, proprio mentre ha inizio Eid al Fitr, la festività che chiude il mese del Ramadan. La polizia si prepara a usare il pugno duro. Trenta auto, una sinagoga e due scuole di studi ebraici sono stati dati alle fiamme, presi d’assalto dalla folla che lancia sassi e molotov e issa una bandiera palestinese al posto di quella israeliana in un parco pubblico. Ebrei barricati in casa lamentano l’assenza della polizia fino a che parte lo sparo che fa una vittima tra gli assalitori. Il giovane ebreo che ha sparato è agli arresti, e la sua comunità protesta perché invece «tra gli arabi non è stato arrestato nessuno». La polizia in serata comincia a effettuare i primi fermi anche tra gli arabi. Come previsto, diversi giovani sfidano il coprifuoco, e nuovi scontri sono inevitabili. Anche Akko brucia e in un tentativo di linciaggio rimane ferito gravemente un ebreo. Pogrom, li ha definiti il presidente Rivlin, chiedendo una chiara condanna da parte della leadership araba. Nel clima avvelenato che si respira, un gesto importante arriva da Mansour Abbas, leader del partito islamista Ra’am, che, in arabo, invita i manifestanti a fermare le violenze.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Dureghello Ruth 
Titolo: La lettera – L’attacco di Hamas e i bambini vittime del terrorismo
Tema:  Guerra israeliani vs palestinesi

Scrive la Presidente della Comunità Ebraica di Roma: “Ieri sera la Comunità Ebraica di Roma non si è sentita sola. Società civile e politica tutta si sono riunite per manifestare solidarietà a Israele, che si trova in queste ore ad affrontare un attacco violentissimo, inaspettato, eppure con tanti tristi precedenti. In 38 ore sono partiti dalla Striscia di Gaza oltre mille razzi. Missili piovuti nel centro-sud di Israele. Miravano ai civili di Tel Aviv, Gerusalemme, Ashkelon, Holon, Herzelia, Bat Yam, Beer Sheva. Da Nathanya in giù le sirene che anticipano i bombardamenti hanno suonato ovunque. Chiudere l’aeroporto di Ben Gurion, costringere una nazione all’interno dei propri confini e obbligare i cittadini a passare la notte chiusi nei rifugi di cui – tristemente – ogni casa israeliana è dotata, non è l’unica ferita perpetrata dal terrorismo alla democrazia d’Israele e agli equilibri mondiali. Chi oggi colpisce Israele sta attentando anche e soprattutto a quel processo di pacificazione dell’area che negli accordi di Abramo trova insieme cristallizzazione e prospettiva di un percorso lungo e di pace. I missili di Hamas sono un tentativo di sabotaggio del legame tra un pezzo di mondo arabo e di mondo ebraico e una minaccia per gli equilibri globali. Israele continua ad essere l’unico Stato di cui ciclicamente si mette in dubbio il diritto a esistere. La sua legittimità deve essere costantemente difesa al costo altissimo della vita dei propri soldati, ragazze e ragazzi di 18 anni impegnati nelle prime file e spesso costretti a confrontarsi con gruppi di criminali terroristi”.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buccini Goffredo 
Titolo: Migranti l’ipocrisia europea
Tema: Immigrazione

L’Europa ci è matrigna, ma dalla nostra abbiamo almeno un europeo. Chissà, dunque, se l’indiscusso prestigio di Mario Draghi smuoverà anche il doloroso dossier sull’immigrazione, incartapecorito da anni tra veti incrociati ed egoismi nazionali. Per ora è andato piuttosto male il vertice di martedì a Lisbona tra i ministri dell’Interno della Ue insieme con una decina di Paesi africani: era propedeutico proprio alla partita che si giocherà nel Consiglio europeo di fine maggio, dove il premier italiano pare deciso a porre con chiarezza il problema (prima neppure in calendario), mettendo sul tavolo un documento elaborato in questi giorni a Palazzo Chigi. Ogni speranza è lecita, molta prudenza è consigliabile. Rendere europea la questione è del resto faccenda abbastanza rilevante per i nostri partner mediterranei, irricevibile per quelli del Nord e dell’Est (Ungheria in testa), del tutto vitale per noi pena il collasso del nostro già sgangherato sistema di accoglienza e della nostra già precaria convivenza civile sotto la pressione di flussi che, salvo correzioni, torneranno fuori controllo. I migranti enfatizzano le lacerazioni ancora assai profonde di un’Europa a 27 diverse sensibilità, nella quale il particulare di ciascuno blocca tutti gli altri (l’ultimo stop ai ricollocamenti viene dall’Austria) e che solo il comune choc della pandemia ha in parte rammendato; un’Europa che svela tutta la propria suicida debolezza disinteressandosi della frontiera mediterranea italiana.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ziniti Alessandra 
Titolo: Migranti, i paletti del premier “Salvarli tutti, rimpatriare gli irregolari”
Tema: Immigrazione

«Sui migranti l’Italia non può e non deve essere lasciata sola. Già in passato la Germania ha partecipato al ricollocamento dei profughi, dei rifugiati, lo faremo anche in futuro. Ci aspettiamo lo stesso comportamento dagli altri partner della Ue». Così parla Heiko Maas. Lampedusa è ancora al collasso, con oltre 1500 persone all’addiaccio nell’hotspot che pub contenerne 250. Ma dal ministro degli Esteri tedesco, ieri in visita a Roma per incontrare Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio, Mario Draghi incassa la prima, seppure ancora informale disponibilità, a rinnovare il Patto di Malta, strumento già collaudato e decisamente più a portata di mano del lontanissimo negoziato europeo sul patto immigrazione e asilo, con il quale l’Italia intende governare i flussi migratori nei prossimi difficili mesi. Dopo la freddezza con cui l’Europa ha accolto la generica richiesta della Commissione europea di condividere le responsabilità sulla ricollocazione dei migranti che sbarcano sulle nostre coste, alla riunione degli ambasciatori Ue, il rappresentante italiano ha chiesto misure di reazione per le situazioni di urgenza. Draghi punta tutto su Francia e Germania per riavviare immediatamente il meccanismo automatico di redistribuzione che – prima dell’impatto del Covid – ha consentito all’Italia di smistare nei Paesi solidali un migliaio di migranti. Soccorso in mare, innanzitutto, ma anche ricollocamenti e rimpatri di chi non ha diritto. Ecco i tre pilastri del dossier immigrazione che Mario Draghi intende seguire personalmente e che ha illustrato ieri in Parlamento rispondendo per la prima volta al question time. «Una politica equilibrata, efficace e umana», ha scandito il presidente del Consiglio garantendo che «nessuno sarà lasciato solo in acque territoriali italiane, il rispetto dei diritti umani è una componente fondamentale nella politica migratoria».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: Libia, l’ombra di nuovi trafficanti dietro al boom di partenze
Tema: Libia

L’elevata concentrazione di migranti avvenuta durante la guerra civile, la necessità di guadagni facili, l’evidente distrazione del governo unita alla perdita di peso dell’Italia a vantaggio della Turchia sono i motivi che hanno agevolato la massiccia ripresa dei traffici di esseri umani verso l’Italia. Ed è attesa un’ulteriore accelerazione nelle prossime settimane perché le condizioni del mare permetteranno un vero e proprio transito in massa, ci dicono fonti locali. Migliaia di migranti sono rimastibloccati in Libia durante la guerra, ci sono intere regioni che sono diventate vere enclave come la “Somaliland” locale: «Donne e uomini provenienti dal Corno d’Africa fanno comunità più di altri e quindi si notano di più». Ma non sono i soli, e ci sono anche tanti bambini: «Molti minori si vedono anche a Tripoli». Non si tratta quindi di un aumento di afflusso dal sud ma di un accumulo. Lo scorso anno c’è stato il calo delle partenze a causa della guerra civile e anche il Covid ha scoraggiato molto i trasporti. Ipotizzare dei numeri è un azzardo ma la percezione è che si tratti di cifre elevate. Nel 2021 le autorità libiche hanno fermato almeno seimila migranti in transito dal Sahel: «Se fossero tutti in prigione le carceri libiche sarebbero piene, buona parte sono a piede libero quindi potenziali candidati a traversate della disperazione». A questi si aggiungono quelli che sono stati intercettati in mare, almeno 4 mila sino a marzo. Questo sul lato della domanda, su quello dell’offerta ad acuire il fenomeno è la disponibilità di manodopera. L’80% dei libici vivono con stipendi statali che sono bassi a causa del congelamento degli introiti del greggio e fanno fatica a percepire peri problemi di liquidità delle banche. Con la mancanza di denaro e di lavoro per fare cassa in molti si riciclano nel traffico illegale di esseri umani in cambio di contanti facili.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lombardi Anna 
Titolo: Liz Cheney fuori Trump si prende la sua vendetta
Tema: Usa

Giù dal podio della leadership repubblicana. Ieri il partito dell’Elefante ha estromesso Liz Cheney dai suoi vertici. Sacrificandola sul tabernacolo di un nuovo patto di fedeltà a quel Donald Trump di cui lei ha denunciato fino all’ultimo la «grande bugia» delle «elezioni rubate». La deputata del Wyoming, fino a ieri numero tre del partito, era stata d’altronde accusata di tradimento già a inizio anno: quando, insieme ad appena altri nove colleghi, aveva votato a favore dell’impeachment, ritenendo l’allora presidente mandante morale dell’assalto al Congresso del 6 gennaio. E non si è mai più allineata: perdendo così pure l’appoggio del leader del partito alla Camera, Kevin McCarthy. Passato nei ranghi di chi spera di riprendere la maggioranza al Congresso nel 2022 e riconquistare la Casa Bianca nel 2024 sotto il vessillo populista di Trump. Il Gop, insomma, non ammette più voci di dissenso: e il voto a porte chiuse contro di lei lo dimostra. Doveva essere segreto, invece i colleghi l’hanno defenestrata in pochi minuti e a gran voce. A dispetto del suo sangue “blu”. Liz, 54 anni, è la figlia maggiore dell’ex vicepresidente Dick, il falco che dopo l’11 settembre convinse George W. Bush ad invadere l’Afghanistan. E si è fatta le ossa proprio nell’amministrazione di papà come assistente del Segretario agli affari del Vicino Oriente. Quando nel 2013 decise di debuttare in politica non esitb a litigare furiosamente con la sorella lesbica Mary, criticandone il matrimonio gay a cui pure aveva partecipato, pur di guadagnarsi il favore dei conservatori. Fu sconfitta.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salom Paolo 
Titolo: La ex reginetta diventa guerrigliera «Ora combatterò per la Birmania»
Tema: Birmania

Adesso cita Che Guevara, mostrandosi in mezzo alla giungla in tenuta nera da battaglia, un grande fucile d’assalto a tracolla: «La rivoluzione non è una mela che cade quando è matura. Devi farla cadere tu». Otto anni fa, Htar Htet Htet percorreva invece i più comodi sentieri dei concorsi di bellezza: le passerelle dove si faceva ammirare in rappresentanza del suo Paese, il Myanmar (ex Birmania). Da miss a guerrigliera: il passo sorprendente e arrivato a cento giorni dal golpe nel Paese delle mille pagode che ha cancellato dieci anni di governo democratico e la speranza di aver chiuso con il regime militare. Ora il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, trionfatrice alle elezioni di novembre, è agli arresti, come tutti i suoi ministri e collaboratori. Mentre i birmani affrontano nelle strade le pallottole di poliziotti e soldati impegnati a reprimere nel sangue ogni manifestazione di dissenso. Lei, Htar Htet Htet, 32 anni, di professione istruttrice di ginnastica, ha lasciato la sua casa per raggiungere le aree controllate da un non precisato esercito ribelle di una minoranza etnica. «E’ venuto il momento di combattere – ha scritto sulla sua pagina Facebook, dove le foto posate rincorrono quelle da ribelle in armi-. Sono pronta a fare tutto quello che è nelle mie possibilità. Anche a costo della vita se necessario». Finora, le manifestazioni anti regime sono state pacifiche: migliaia di giovani, professionisti, monaci e monache buddhiste, suore cristiane hanno provato a opporsi ai militari per le strade delle maggiori città birmane. Ma il prezzo è stato altissimo: quasi 800 morti ufficiali, molto di più secondo le organizzazioni umanitarie.
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