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SINTESI IN PRIMO PIANO – 12 settembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Mattarella frusta Conte e le Camere: “Basta forzature sui decreti legge”;
– Nell’inchiesta sui contabili della Lega il giallo dei fondi «per le elezioni 2018»;
– Giorgetti spacca il Carroccio: «Al referendum voterò No»;
– Mes, la Ue va avanti con la riforma. In Italia scontro Pd-M5S;
– Consob chiusa per Covid. Positivo al tampone il presidente Savona;
– Da Israele alla Spagna tornano le restrizioni anti coronavirus;
– Proteste a Lesbo dopo gli incendi. Nove Paesi Ue accolgono 400 bimbi;
– Le due Americhe di Trump e Biden divise nel ricordo dell’11 settembre.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: In Italia sono attivi 2.280 focolai «Contagi in crescita da sei settimane»
Tema: Covid-19, il bilancio

Superata la soglia dei 1.600 contagi in un solo giorno (1.616), con quasi 99mila tamponi. E 10 morti in 24 ore. A 6 mesi dallo scoppio della pandemia di Sars-CoV-2, continuano a salire i casi di contagio da coronavirus in Italia per la sesta settimana consecutiva con 2.280 focolai attivi, 691 in più rispetto a una settimana fa. Il monitoraggio settimanale realizzato da ministero della Salute e Istituto superiore di sanità conferma «un lento e progressivo peggioramento dell’epidemia» con «una trasmissione diffusa del virus su tutto il territorio nazionale»: «Il virus oggi circola in tutto il Paese». Proprio ieri il governatore della Sardegna Christian Solinas ha approvato un’ordinanza che impone le mascherine all’aperto e «invita» chi arriva sull’isola alla presentazione dell’esito di un test negativo (sierologico o tampone), oppure ad «accettare» di farlo. Rt in aumento È in «costante incremento» l’indice di trasmissione nazionale (Rt) che, sui casi sintomatici, è pari a 1,14. Ma soprattutto crescono i ricoveri in terapia intensiva in quasi tutte le Regioni facendo salire il tasso di occupazione dei posti letto dedicati dal 2 al 3% (in certi casi arriva al 5%): 175 le persone attualmente ricoverate, oltre ai 1.849 ricoverati con sintomi, mentre in isolamento domiciliare sono in 34.743. Lombardia (257 casi), Veneto (173), Emilia-Romagna (152), Lazio (148), Toscana (147) e Campania (140) sono le regioni con il maggior numero di nuovi contagi. Sta risalendo anche l’età media dei contagiati: nelle ultime due settimane è arrivata a 35 anni.  Ancora tutta da vedere la riduzione dei giorni di quarantena. Il ministro della Salute Roberto Speranza fa sapere che sulla possibilità di abbassare i giorni da 14 a 10 o 7 , «c’è una discussione aperta con i diversi ministri della Salute europei», anche perché «sia l’Oms che l’Ecdc al momento ritengono che 14 giorni siano più opportuni». E conferma che «nessuna decisione è stata presa».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Mattarella richiama premier e Camere
Tema: Dl semplificazioni

La firma e una bacchettata. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge di conversione del decreto legge sulle semplificazioni. Ma allo stesso tempo ha inviato una lettera ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio, criticando la procedura seguita per arrivare all’approvazione finale. Il punto principale contestato dal Capo dello Stato è l’eterogeneità del provvedimento. Non è la prima volta che accade con provvedimenti d’urgenza, visto che tutti i governi li usano per infilare le varie ed eventuali. Ma stavolta nei decreto semplificazioni c’è finita una riforma intera, quella del codice della strada. E, secondo Mattarella, questo è troppo: «Il provvedimento – scrive Mattarella nella lettera – originariamente composto da 65 articoli (…) all’esito dell’esame parlamentare risulta composto da 109 articoli». E la parte relativa al codice della strada «non attiene alla materia originariamente disciplinata dal provvedimento». Il Capo dello Stato ricorda che la legge e la stessa Corte costituzionale dicono che la legge di conversione di un decreto «non può aprirsi a qualsiasi contenuto». Tanto più con una norma, come quella sul codice della strada, che ha «immediati riflessi nella vita quotidiana delle persone» e visto che su quel testo il governo «sia al Senato sia alla Camera ha posto la questione di fiducia».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Di Matteo Alessandro 
Titolo: Mattarella frusta Conte e le Camere “Basta forzature sui decreti legge” – “Basta con le forzature” L’ira di Mattarella prima dell’ok al decreto
Tema: Dl semplificazioni

La legge l’ha promulgata, perché bloccarla avrebbe significato congelare norme importanti per sostenere la ripresa in un momento difficile per l’economia, ma Sergio Mattarella stavolta ha deciso di alzare la voce. Il capo dello Stato dà il via libera alle norme sulla semplificazione, ma non rinuncia a far sapere che non ha affatto digerito quell’emendamento che riscrive il codice della strada inserito all’ultimo nel provvedimento. Un argomento che non c’entra niente con il resto delle norme del decreto ora convertito in legge e che dunque avrebbe dovuto essere affrontato con un altro provvedimento. Una strigliata al Governo, ma anche ai presidenti delle Camere. Subito dopo aver promulgato la legge, Mattarella ha preso carta e penna e ha scritto una lettera ai presidenti delle Camere Elisabetta Alberti Casellari e Roberto Fico, e al presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte per dire che così proprio non va. Il capo dello Stato avrebbe voluto rimandare la legge alle Camere, ma ha evitato per non ritardare l’entrata in vigore delle norme sulla semplificazione, il vero oggetto del provvedimento. «Ho proceduto alla promulgazione soprattutto in considerazione della rilevanza del provvedimento nella difficile congiuntura economica e sociale», spiega il Presidente nella lettera. «Invito tuttavia il Governo – aggiunge – a vigilare affinché nel-corso dell’esame parlamentare dei decreti legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza». Richiamo analogo viene rivolto ai presidenti delle Camere: «Rappresento altresì al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Settegiorni – La ferita aperta sui servizi segreti – Il blitz di Conte sugli 007 che rischia di fallire e irrita la maggioranza
Tema: Servizi segreti

Il blitz con cui Conte ha modificato i criteri di nomina dei Servizi non è (ancora) riuscito: in Parlamento sta per scattare la reazione. Serve rapidità in certe operazioni, e il premier a inizio agosto riteneva che inserendo di soppiatto una norma nel decreto sulla proroga dello stato d’emergenza, avrebbe raggiunto il risultato: cambiare i meccanismi che regolano le scelte dei vertici degli 007, per modellarli così a suo piacimento. Per soffocare le proteste dell’opposizione, e soprattutto quelle della sua stessa maggioranza colta di sorpresa, era ricorso alla fiducia a Montecitorio. Sembrava fatta, nonostante nel governo in molti avessero giudicato la mossa di Conte «una forzatura». Ma i blitz rischiano di fallire se si protraggono nel tempo, e il tempo per la contromossa c’è, visto che il decreto non è stato ancora esaminato dal Senato. Conte deve averlo inteso quando il Copasir gli ha chiesto di andare a riferire della sua iniziativa: il 22 settembre il presidente del Consiglio sarà ascoltato dal Comitato per la sicurezza della Repubblica, dove si sta lavorando per un accordo in modo da ricucire lo strappo dello scorso mese. Il Pd è all’opera, non senza un’adeguata copertura istituzionale, con l’obiettivo di ripristinare nel metodo un «corretto rapporto» tra governo e Parlamento su una materia così sensibile. Ma anche per agire nel merito, cercando un compromesso bipartisan sulla norma. Perché la norma licenziata dalla Camera «andrà corretta», spiegano autorevoli fonti democrat, e Conte dovrà consentire che il Senato possa lavorare senza venire imbavagliato da un’altra fiducia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guastella Giuseppe 
Titolo: I fondi e il partito, l’inchiesta che agita la Lega – Nell’inchiesta sui contabili della Lega il giallo dei fondi «per le elezioni 2018»
Tema: L’inchiesta sui “fondi neri”

In un interrogatorio, la cui veridicità delle affermazioni è tutta da valutare da parte di chi indaga, si mettono in relazione gli «affari» dei commercialisti arrestati ai fondi da utilizzare per la campagna elettorale della Lega. L’inchiesta di Milano agita il Carroccio. E a complicare il momento, è arrivato ieri lo strappo dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, che ha annunciato il suo no al referendum sul taglio dei parlamentari.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  De Riccardis Sandro 
Titolo: Lega, nell’inchiesta spunta il nome di Salvini – Salvini e il contabile Quella cena romana che spaventa la Lega
Tema:  L’inchiesta sui “fondi neri”

C’è il nome di Matteo Salvini nell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission: la sera del 26 maggio scorso in un ristorante romano Andrea Manzoni, uno dei commercialisti leghisti finito ai domiciliari due giorni fa, incontra gli uomini più importanti del partito. Tra cui Salvini. Secondo gli investigatori dopo le perquisizioni il commercialista sarebbe andato a Roma per incontrarlo. Le intercettazioni: “Faremo altre mille operazioni”. Il leader: “Sono tranquillissimo, sono onesti”.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lopapa Carmelo 
Titolo: Salvini nervoso e contestato in piazza “Su due degli arrestati garantisco io”
Tema:  L’inchiesta sui “fondi neri”

Va bene il rosario al collo e il crocifisso sui palchi, ma i tempi sono quelli che sono, non tutto adesso gira per il verso giusto. Matteo Salvini si piega a toccare fugacemente la scultura del grande fallo in rilievo sul basolato antico di Pompei, la guida che gli illustra gli scavi dice che porta fortuna. Non si sa mai. Ma quanta tensione, quanta rabbia nelle piazze, la fuga veloce dal comizio di Torre del Greco sotto le urla, gli insulti e qualche (stupido) pomodoro. Alla fine, quella campana, per il leader in camicia bianca, si rivelerà la tappa sbagliata nel giorno sbagliato. È l’indomani dell’arresto dei tre commercialisti della Lega e sono le ore in cui trapela la notizia secondo la quale la Procura di Milano ha inserito un trojan nel telefonino di uno dei tre professionisti, intercettando ogni incontro, inclusi quelli politici di via Bellerio. «Guardi che su due dei tre io posso mettere la mano sul fuoco, nel senso che Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni li conosco, sono persone per bene – racconta mentre sta per entrare «per la prima volta nella vita» negli scavi di Pompei in pieno tour elettorale – Io non ho parlato di giustizia a orologeria, per me i magistrati possono indagare su quel che vogliono. Dico solo che ancora una volta non approderanno a nulla. Come per i 49 milioni, come per Siri. Possono cercare quei soldi e fondi ovunque: in Russia, in Lussemburgo, in Svizzera ma la ricerca non approderà a nulla. Perché non c’è nulla di illecito che la Lega abbia commesso. Ecco perché sono tranquillo». Tranquillo non sembra affatto, al contrario, nervoso. Magari da ex ministro dell’Interno sa quale sia la portata e la capacità di penetrazione di quel software spia.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Bracalini Paolo 
Titolo: E Giorgetti spacca il partito: al referendum voto No – Giorgetti spacca il Carroccio: «Al referendum voterò No»
Tema: Referendum sul taglio dei parlamentari

A pochi giorni dal referendum esplode nella Lega la spaccatura tra la linea ufficializzata da Salvini, per il Si, e la pancia del partito che invece tifa per il No. A partire da colonnelli ed ex ministri, quindi non seconde linee. A portare la questione allo scoperto è proprio il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, che si schiera apertamente per la bocciatura della modifica costituzionale al vaglio del referendum. «Un semplice taglio dei parlamentari in assenza di altre riforme è improponibile. Tagliare del 40% i parlamentari darebbe un potere senza limite alle segreterie di partito, limitando di parecchio la volontà popolare. È una deriva da evitare con forza. Anche perché sarebbe un favore ad un governo in difficoltà. Il governo Conte è inadeguato. Ed è anche per questo che voterò No» dice Giorgetti in un comizio nel milanese. Eppure la Lega ha votato per tutte e quattro le volte, in Parlamento, per il taglio dei parlamentari, che era persino nel programma elettorale del partito di Salvini. L’aria però è cambiata, il vento dell’antipolitica – forse come effetto indiretto dell’emergenza sanitaria – è molto meno forte che in passato, le ragioni del taglio dei parlamentari stanno diventando più impopolari rispetto a quelle di chi si oppone. Ma soprattutto, la Lega non può fare campagna per il Si, voto che rafforzerebbe i Cinque stelle e il governo. Per questo motivo l’intenzione di votare No è molto diffusa tra i leghisti. E Salvini? II segretario non può rinnegare la linea tenuta finora, quindi conferma il Si ma lascia libertà di voto ai leghisti.
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Testata:  Giorno – Carlino – Nazione 
Autore:  Pini Agnese 
Titolo: Intervista a Luigi Di Maio – «Regionali? Niente ansia Il governo non rischia» – Di Maio Avanti con le alleanze, strada giusta «Il Sì al referendum sarà una rivoluzione»
Tema: Referendum sul taglio dei parlamentari

Ministro Di Maio, altra spina nel fianco della maggioranza: il referendum. Che cosa pensa della sostanziale ambiguità mostrata da molti esponenti del Pd sul taglio dei parlamentari? «Spina nel fianco? Siamo a un passo dal portare definitivamente a casa una riforma che a livello costituzionale cambierà davvero le cose, senza stravolgerle. Di una rivoluzione del modo di intendere gli assetti istituzionali che il Paese attende da decenni. E questo il Pd lo sa, infatti l’ha votata in Parlamento. Anche perché le ragioni del Sì sono ampiamente condivise e oggettive. Se lo snelliamo, il Parlamento diventa più efficiente, quindi più produttivo e ancora più centrale negli equilibri istituzionali. Per non parlare della credibilità che recupererà la politica in generale di fronte ai cittadini, i quali beneficeranno anche del mezzo miliardo a legislatura risparmiato e trasformato in scuole, strade, ospedali e servizi. È una riforma semplice e mirata, che modernizzerà finalmente il nostro Paese e lo adeguerà agli standard internazionali più virtuosi. È un punto di inizio per iniziare a cambiare». I Democratici vi chiedono di riequilibrare l’eventuale taglio con una nuova legge elettorale e con l’apertura di una stagione di riforme istituzionali. Sbaglio o questa prospettiva vi lascia freddi? In fondo avete già avuto un anno di tempo… «Parlano i fatti: in Commissione alla Camera è stato adottato il testo base della nuova legge elettorale che arriverà in aula a fine mese».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Catalano Lidia – Guabello Paola 
Titolo: Scuola, scontro Azzolina-Cirio sui test – Controllo della febbre, Cirio tira dritto Azzolina: “Impugneremo l’ordinanza”
Tema: Covid-19, le misure per la scuola

«Che fatica la vita da ministra». Nella sua Biella Lucia Azzolina prova a sciogliere in una risata la tensione ormai alle stelle alla vigilia della ripartenza scolastica. «E vero!», replica divertita alla studentessa che le regala una maglietta con la scritta che sdrammatizza sugli ultimi mesi vissuti sotto attacco, continuo bersaglio di critiche, polemiche e scontri con le regioni. L’ultimo capitolo di questa saga turbolenta si è consumato nelle scorse ore, in un botta e risposta a distanza con il presidente del Piemonte Alberto Cirio sul tema della misurazione della temperatura agli studenti. «Potremmo impugnare l’ordinanza che impone la verifica alle scuole», è l’avvertimento lanciato dalla ministra dal cortile dell’Istituto comprensivo Biella II. «Se i genitori controllano a casa si evita che i ragazzi usino i mezzi pubblici e portino in giro il virus. E poi non si può a quattro giorni dall’apertura dell’anno scolastico cambiare le regole del gioco. È una questione di rispetto per le famiglie e per i dirigenti. Quindi non escludiamo la possibilità di aprire un contenzioso». Parole che confermano la posizione del ministero dell’Istruzione dopo il duro intervento del direttore dell’ufficio scolastico piemontese, Fabrizio Manca, scagliatosi contro il provvedimento ritenuto «tardivo e improprio, nonché indice di una mancanza di fiducia nella responsabilità genitoriale delle famiglie piemontesi». La rivolta dei presidi, gli appelli dei sindacati e la minaccia di un contenzioso con lo Stato non sono però riusciti a scalfire la volontà di Cirio, che mitiga i toni dello scontro con Roma ma resta convinto della bontà delle sue scelte. «Non vorrei che la mia iniziativa fosse stata interpretata come una provocazione o come un tentativo di andare al muro contro muro con il governo. Non capisco perché lo Stato che ha imposto alle aziende di misurare la temperatura ai dipendenti non possa fare la stessa cosa con i ragazzi e bambini che frequentano la scuola pubblica».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: “Un messaggio per gli studenti sulla Rai” ma Conte fa retromarcia dopo le polemiche
Tema: Covid-19 e scuola

Ore 13.10, Mara Venier, raggiante e desiderosa di tornare in video con la nuova stagione di Domenica In, annuncia che la prima puntata del programma, domani, avrebbe ospitato un videomessaggio del presidente Conte, indirizzato a tutti gli studenti italiani. Un augurio pe rla ripresa della scuola nel pieno di una pandemia epocale, mentre il governo fa gli scongiuri perché tutto vada nel verso giusto. Ma già alle ore 17:30 la conduttrice deve rettificare: «Mi sarebbe piaciuto che il presidente del Consiglio mandasse un augurio agli studenti e agli insegnanti. Era un’idea in corso ma il premier Conte ha preferito declinare la registrazione del videomessaggio per evitare che la scuola diventi occasione di polemiche». Non era un’idea. Era un accordo preciso. Il videomessaggio già pronto. Ma la polemica si è subito materializzata, scatenata dalla protesta delle opposizioni. «La tivù pubblica concede i suoi microfoni al capo del governo? – ha attaccato il segretario della Lega Matteo Salvini – Bene, sono sicuro che darà lo stesso spazio, lo stesso giorno e sulla stessa rete, al capo dell’opposizione. In caso contrario, abbiamo pronte le denunce in tutte le sedi opportune». Per Giorgia Meloni una trovata degna dei peggiori regimi: «Rai Uno ci fa sapere che, domenica, in uno degli orari con più audience, a una settimana dal voto, il presidente del Consiglio rivolgerà un messaggio alla Nazione. Benvenuti in Corea del Nord». La leader di Fratelli d’Italia aveva già dato mandato ai suoi collaboratori di preparare un’interrogazione parlamentare e un esposto all’AgCom, ma è stato lo stesso Conte a sfilarsi.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Mes. L’Eurogruppo preme per l’ok dell’Italia: serve per l’unione bancaria – Eurogruppo, pressioni sull’Italia per completare l’unione bancaria
Tema: La riforma del Mes

In un contesto economico e finanziario particolarmente incerto, i ministri delle Finanze della zona euro hanno rilanciato ieri il grande progetto di unione bancaria. Sotto pressione è il governo italiano che ha finora bloccato la riforma del Meccanismo europeo di Stabilità su cui i Paesi membri si sono accordati nel dicembre scorso. Nelle intenzioni dei ministri il Mes deve diventare il salvagente finanziario del Fondo di risoluzione bancaria. Parlando ieri a margine di una due-giorni di riunioni a Berlino, la prima in presenza dei ministri dopo il confinamento provocato dall’epidemia di questa primavera, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha spiegato che l’Eurogruppo ha trovato «una intesa su un calendario chiaro». Questo prevede che ci si accordi su una firma della riforma del trattato del Mes in novembre, perché «la stessa riforma diventi operativa entro fine 2021». I ministri delle Finanze si accordarono alla fine dell’anno scorso su una riforma che prevede di facilitare eventuali ristrutturazioni del debito pubblico in cambio dell’utilizzo del Mes in quanto salvagente del Fondo di risoluzione bancaria. Prima di poter avviare l’iter di ratifica a livello nazionale, i governi devono porre la loro firma in calce all’intesa, un momento formale che l’Italia ha finora osteggiato. Più diplomatico del ministro francese, il nuovo presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe ha spiegato che lavorerà con il ministro dell’Economia «Roberto Gualtieri e tutti i colleghi per fare progressi» sul fronte dell’unione bancaria. A Berlino il ministro Gualtieri non ha commentato le dichiarazioni francesi di ieri. La delegazione italiana ha ritenuto positive le parole del presidente Donohoe che riflettono un approccio costruttivo tale da portare a un esito positivo della vicenda per tutti i Paesi della zona euro.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Mes, la Ue va avanti con la riforma. In Italia scontro Pd-M5S
Tema: La riforma del Mes

L’Eurogruppo è intenzionato a riprendere il completamento dell’Unione bancaria e a portare a termine entro fine anno la riforma del Mes. C’è anche una data, che rende concrete le dichiarazioni del presidente dell’Eurogruppo, l’irlandese Paschal Donohoe, al termine della riunione informale dei 19 ministri finanziari dei Paesi che hanno adottato la moneta unica. Ieri per la prima volta dopo sette mesi si sono incontrati di persona a Berlino. E il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, a dare la tempistica: «Abbiamo definito un calendario di lavoro molto chiaro, con un nuovo trattato sul Mes in novembre, che ci permetterà di rendere operativo il backstop alla fine del 2021. La prima volta che abbiamo un calendario chiaro che ci impegna tutti». Tutti vuol dire anche l’Italia. Per il leader del Pd Nicola Zingaretti l’uso del nuovo Mes «e una discussione che andrà superata guardando al merito delle cose». Ma questo atteggiamento non piace a Di Maio, che vede nell’insistenza del Pd a voler usare il prestito un espediente per «creare tensione nella maggioranza». Il presidente Donohoe ha ammesso di «comprendere molto bene l’importanza di questa questione» per l’Italia e ha promesso che lavorerà «con il ministro Gualtieri e tutti i ministri dell’Eurogruppo per capire come possiamo fare progressi». «Ci aspettiamo che la maggior parte degli Stati membri non raggiunga i livelli di Pil precedenti alla crisi prima della fine del 2021», ha spiegato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, sottolineando che si deve avviare una transizione da una situazione di emergenza a una nuova normalità, ma che è ancora troppo presto per parlare di ritorno al patto di Stabilità. E la presidente della Bce, Christine Lagarde, si è detta «d’accordo con il commissario Gentiloni sulla tempistica appropriata per iniziare a ritirare gradualmente» le misure di sostegno all’economia, «che devono rimanere in piedi finché la crisi non sarà finita».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Confindustria: Pil, rimbalzo parziale nel secondo trimestre
Tema: Pil – i dati Confindustria

Un rimbalzo «parziale e tormentato» nel terzo trimestre 2020, con servizi deboli e l’industria ancora sotto ritmo. Tradotto in numeri, il terzo trimestre segnerà una risalita del PiI di circa il 9%, una percentuale «contenuta» rispetto al crollo del primo e secondo trimestre (-17,6). La fotografia dell’economia italiana fa vedere un’attività «compressa sotto i livelli pre-Covid» e nel 2020 il calo del pil si attesterà tra 10 e 11 per cento. È l’analisi della nota Congiuntura Flash del Centro studi Confindustria, pubblicata ieri. Intanto dal governo, con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, arriva il messaggio che «il paese ora è nelle condizioni di ripartire. Interverremo su molti nodi strutturali per rimettere l’Italia sul sentiero di crescita più elevata, equa e sostenibile». Il ministro, parlando alla presentazione del Libro blu dell’Agenzia delle Dogane, ha sottolineato che è stato mobilitato il 6% del pil per sostenere l’economia e che le misure del governo hanno garantito risultati importanti. «Affrontiamo questa fase con fiducia – ha aggiunto – i dati più recenti ci dicono che la ripresa è in corso». Tornando all’analisi del Csc, ci sarà un recupero lento della domanda interna e l’export si attende in frenata. Tiene l’occupazione, i prestiti per liquidità sono in forte crescita e i tassi di interesse sono attestati a livelli pre-Covid
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio – Tucci Claudio 
Titolo: Smart working, obiettivo 4 milioni – Smart working, obiettivo 4 milioni Nuove regole con quote e contratti
Tema: Lavoro agile – Smart working

Sullo smart working il governo punta a metter mano alla legge 81 del 2017 che ha introdotto il meccanismo esclusivo dell’accordo individuale scritto tra l’azienda e il singolo lavoratore. Sarà la contrattazione collettiva a disciplinare il lavoro agile, con un ruolo più marcato da affidare ai contratti nazionali o aziendali che potranno normare temi come il diritto alla disconnessione, affrontare la conciliazione vita-lavoro ad esempio per evitare penalizzazioni per le lavoratrici su cui gravano già i carichi di cura dei familiari, od occuparsi dell’erogazione dei buoni pasto. Sono queste le ipotesi di intervento allo studio del ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che il 24 settembre ha convocato al dicastero di Via Veneto i sindacati e le associazioni datoriali al tavolo sul lavoro agile. Fino al 2019 l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano «contava 57omila lavoratori agili, soprattutto nel settore privato – sottolinea la direttrice, Fiorella Crespi -. Quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria, lo smart working ha interessato potenzialmente trai 6 e gli 8 milioni di lavoratori, comprese Pmi e settore pubblico, in moltissimi casi anche per 5 giorni a settimana». Il ministero del Lavoro, durante il lockdown, ha parlato di 1,8 milioni di lavoratori agili, nel privato, in base alle comunicazioni ricevute (si tratta, quindi, di dati parziali); e oggi resterebbero in questa modalità circa 1150 per cento. Visti i numeri in gioco, e l’applicazione che lo strumento ha avuto negli scorsi mesi, il ministro Catalfo ha deciso di rivedere la disciplina.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Baroni Paolo 
Titolo: Il dramma del lavoro: bruciati 841 mila posti
Tema: Lavoro – crollo degli occupati

Gli aggettivi si sprecano: i commercianti parlano di «catastrofe», la Cgil evoca «la mannaia della pandemia, che si è abbattuta sui più deboli», fatto sta che il Covid presenta il primo conto ed è una vero disastro, soprattutto per giovani e lavoratori autonomi. Nel secondo trimestre dell’anno, certifica l’Istat, l’Italia ha infatti perso ben 841.000 posti di lavoro e per quasi la metà (416.000) si trattava di under 35. Dato che si traduce in un -8% sul totale degli occupati in questa fascia d’età, in tutto 4 milioni 776mila persone, ed un tasso di occupazione che per loro passa dal 41,3 al 39,1%, 424 mila unità le ha perse la classe tra i 35 e i 49 anni (9.157.000 persone ed un tasso di occupazione del 72,5%), mentre quella degli over 50 ha perso solo 1.000 posti a quota 8,78 milioni. Questo dato terribile è «legato all’epidemia da Covid e alla caduta dei contratti a termine e del lavoro indipendente, mentre i rapporti stabili sono stati salvaguardati dal blocco dei licenziamenti e dall’utilizzo massiccio della cassa integrazione», spiega l’istituto di statistica. La sospensione delle attività ha infatti fortemente pregiudicato l’avvio di nuovi rapporti di lavoro, in particolare di quelli a termine. In otto casi su dieci la perdita di posti di lavoro riguarda infatti proprio questa tipologia di contratti (-677 mila, -21,6%) e si concentra tra quelli con durata del lavoro non superiore ai sei mesi (-428 mila). Inoltre, non si sono registrate le usuali nuove assunzioni á tempo determinato che caratterizzano la stagione turistica estiva: è così che nel commercio sono andati persi 191.000 posti (-5,8%) che si aggiungono ai 246mila cancellati tra alberghi e ristorazione (-16,1%).
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mar.B. 
Titolo: La Consob chiude gli uffici ma resterà operativa – Savona positivo, Consob operativa ma sedi chiuse
Tema: Consob chiude per Covid-19

Consob chiude per Covid dopo che il suo presidente, Paolo Savona, è risultato positivo al Coronavirus. L’autorità che vigila sui mercati finanziari resterà chiusa per una settimana in entrambe le sedi di Roma e Milano, ma sarà assicurata la piena operatività grazie all’attività in remoto. La chiusura da lunedì 14 settembre fino a venerdì prossimo 18 settembre è stata decisa invia precauzionale – come ha comunicato ieri il direttore generale di Consob, Mauro Nori – per portare avanti le operazioni di sanificazione. Il presidente Savona, 83 anni, è asintomatico e al momento in isolamento domiciliare a casa: «Sto benissimo. Sono portatore asintomatico e ora sono in quarantena. Continuerò a lavorare da remoto». Savona ha fatto sapere di «aver fatto il tampone per precauzione» e di «aver già fatto anche il test sierologico». Ieri intanto è suonato un nuovo campanello d’allarme sul virus che giorno dopo giorno rialzala testa e ora colpisce non più solo i giovani ma sempre più adulti e anziani: l’età media dei contagiati è salita a 35 anni (da 29 anni). E quasi un nuovo contagiato su tre (il 28%) ha più di 50 anni, un’età già a rischio per chi si ammala di Covid, sintomo questo di una «maggiore trasmissione in ambito domiciliare/ familiare». Per questo l’Istituto superiore di Sanità nel monitoraggio settimanale realizzato con il ministero della Salute torna a chiedere agli italiani di tenere alta la guardia. In Italia ci sono 2.280 focolai attivi, 691 dei quali nuovi, e l’indice di diffusione del virus a livello nazionale ha fatto registrare un «lento e costante» incremento attestandosi, nel periodo 20 agosto-2 settembre, all’1,14.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: Positivo Savona Chiude la Consob – Consob chiusa per Covid Positivo al tampone il presidente Savona
Tema: Consob chiude per Covid-19
«Sto benissimo, continuo il mio lavoro da remoto». A quasi 84 anni, il presidente della Consob Paolo Savona è risultato positivo al Covid. Ma rassicura sul suo stato di salute: «Sono asintomatico, ma devo proteggere gli altri e quindi lavoro da casa». Da ieri gli uffici di Roma e Milano dell’Autorità che vigila sui mercati finanziari resteranno chiusi per una settimana. La chiusura fino a venerdì 18 settembre delle due sedi – via Giovanni Battista Martini a Roma e via Broletto a Milano – è stata decisa in via precauzionale per portare avanti le operazioni di sanificazione. L’istituto fa sapere che comunque verrà assicurata la piena operatività. «Ho assunto questa decisione – spiega il direttore generale della Consob Mauro Nori in una lettera inviata ai dipendenti – in qualità di datore di lavoro come misura prudenziale e precauzionale dopo che oggi (ieri, ndr) è stato riscontrato in Istituto un caso di positività al Covid19». Nonostante ciò, continua il direttore generale, «la prosecuzione delle attività ordinarie sarà assicurata, come di consueto in maniera prevalente da remoto e al termine delle previste attività di sanificazione, anche dal presidio fisico della direzione generale e dal almeno uno dei componenti della Commissione».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Olivieri Antonella 
Titolo: Borsa Italiana: Euronext-Cdp muove e arriva anche l’appoggio di Intesa – A Cdp la presidenza Euronext per aggiudicarsi Borsa italiana
Tema: Borsa Spa

L’offerta per Borsa italiana la presenta Euronext, ma col supporto di Cdp e la disponibilità di Intesa a essere della partita. Oltre a questi tre pretendenti, in corsa per la società-mercato tricolore (che oggi fa capo al London Stock Exchange) figurano anche Deutsche Börse e Six (la Borsa di Zurigo). Cdp e Intesa hanno deciso di giocarsela con il listino federale delle piazze di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo per un motivo strategico. Se alla fine Londra deciderà di cedere tutto il gruppo, e se la spunterà Euronext, Piazza Affari e i suoi satelliti avranno un ruolo di primo piano all’interno della federazione delle Borse europee. Una scelta di campo che ha preso la forma di un memorandum of understanding, ieri alla firma, tra Cdp e Euronext.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Mancini Umberto 
Titolo: I Comuni potranno spiare nei conti dei contribuenti – Così i Comuni e le Regioni spieranno i conti correnti
Tema: Segreto bancario

Comuni e Regioni potranno entrare nei conti correnti dei cittadini. Sul segreto bancario cadono quindi gli ultimi veli perché dopo l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, d’ora in avanti anche gli enti locali avranno libero accesso all’archivio dei rapporti finanziari. Una vera rivoluzione con effetti potenzialmente dirompenti per non dire pericolosi. E con il diritto alla privacy, tanto per citarne solo uno, a rischio violazione. Ovviamente la nuova incursione avrebbe lo scopo di rendere, almeno in via teorica, più efficiente la riscossione delle imposte e tasse di competenza. Appare invece come l’ennesima invasione di campo che sovrappone, tra l’altro, più competenze. Ad aprire la porta ai funzionari dei Comuni e a quelli regionali e provinciali è una norma del maxi-emendamento al Decreto semplificazioni, norma camuffata dietro rimandi e commi tanto da risultare difficilmente intellegibile ai più. E, come spesso accade con le materie fiscali, passata sotto silenzio. Di fatto però la nuova regola introdotta nel provvedimento consente l’accesso ad una poderosa banca dati senza prevedere però meccanismi di controllo e abilitazione per i funzionari degli enti locali che dovranno sbirciare nei conti. O almeno lasciando alla buona volontà degli enti locali di costruire da zero un qualche meccanismo di tutela e controllo della complessa procedura.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Codignola Agnese 
Titolo: Da Israele alla Spagna la mappa delle nuove restrizioni – Da Israele alla Spagna tornano le restrizioni anti coronavirus
Tema: Emergenza Covid-19

Buona parte dei paesi che a inizio estate erano riusciti a mettere le briglie al Sars-CoV 2 sta facendo i conti con una seconda ondata di contagi. La situazione, al momento, è estremamente articolata, anche perché si sovrappone a quella dei paesi dove la prima non è mai finita e anzi, è ancora in fase di crescita: accanto a nazioni dove per i sistemi sanitari stanno reggendo perché preparati per tempo e perché capaci di gestire l’allentamento del lockdown con accortezza, ve ne sono altre di nuovo in ginocchio, pe raver adottato troppo in fretta politiche più permissive, o semplicemente più confuse, e oggi pagano un conto molto salato. L’esempio di queste ultime è Israele, che inizialmente era stato molto efficace nel controllare la pandemia, al punto da riaprire le scuole il 17magglo. Dopo pochi giorni, però, ne aveva richiuse buona parte, anche perché la stagione estiva non permetteva il distanziamento né la circolazione d’aria, e obbligava a tenere accesi i condizionatori. Nelle ultime ore, dopo 4.000 contagi e 22 decessi in 24 ore, e nell’imminenza di festività quali lo Yom Kippur, è stato il primo paese a decidere per un nuovo lockdown rigido di due settimane, cui potrebbe far seguito una fase con qualche concessione in più. I paesi europei sono ancora una volta duramente colpiti, e l’unica a parlare apertamente di nuovi lockdown, per ora, è stata la Francia (ieri è stata confermata dal premier, Jean Castex, la quarantena ridotta da 14 a 7 giorni) , dove si sono sfiorati i 10.000 casi (9.406) in 24 ore. In Gran Bretagna, secondo l’Imperial College di Londra, i malati raddoppiano ogni settimana e il governo sta valutando nuove restrizioni. Intanto la Spagna, 554.000 casi e quasi 30.000 morti, che negli ultimi giorni ha anch’essa sfondato il tetto dei 10.000 casi giornalieri, ha iniziato a chiudere alcune scuole appena riaperte per nuovi focolai.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nizza Sharon 
Titolo: Israele pronto a richiudere tutti in casa: ma il governo è diviso
Tema: Emergenza Covid-19 in Israele

Il gabinetto Corona ha approvato la decisione di attuare un nuovo lockdown generale. Dovrà essere ratificata dal governo domani, superando l’opposizione interna guidata dal ministro del Tesoro, che rifiuta una misura che «si abbatterebbe duramente sull’economia mentre dà segnali di ripresa». Se approvato, scatterà per le festività ebraiche del 18 settembre per impedire grandi raduni famigliari, come avvenne a Pasqua. Per due settimane rientrerebbero in vigore le misure che sembravano un brutto ricordo: divieto di spostarsi oltre 500 metri da casa, attività economiche chiuse salvo esercizi vitali, consegne a domicilio per i ristoranti. Determinante è stato l’allarme dei direttore di ospedali: con oltre 4000 nuovi casi giornalieri – buona parte dei quali causati da matrimoni avvenuti in totale contravvenzione delle restrizioni – è necessario adottare misure urgenti per evitare che il sistema collassi. In Israele, tra I primi Paesi a riaprire ad aprile, si era detto che «non ci sarebbe più stato un lockdown». E ora non tutti nella comunità medica credono che sia la giusta soluzione. Il professor Hagai Levin, a capo dell’Organizzazione dei medici della Sanità pubblica, sostiene che «limitare i movimenti a 500 metri potrebbe rivelarsi controproducente, aumentando i casi in zone circoscritte».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Usa, si affaccia l’incubo lockdown Allarme di Fauci: rischio in autunno
Tema: Emergenza Covid-19 negli Usa

Dobbiamo metterci al riparo, e superare questo autunno e l’inverno, perché non sarà facile». L’avvertimento di Anthony Fauci sembra riportarci ai lockdown della primavera, quando il Covid iniziava a decimare il mondo, e suona in aperto contrasto con l’ottimismo di Trump, convinto invece che «abbiamo svoltato l’angolo». Se queste due visioni quasi opposte vengono lette attraverso la lente delle dichiarazioni rilasciate a Bob Woodward, in cui il capo della Casa Bianca ammetteva di «minimizzare» in pubblico il virus proprio mentre esplodeva, si capisce l’allarme che possono generare, sullo sfondo delle elezioni del 3 novembre. Il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) ha parlato all’Harvard Medical School e alle tv Nbc e Cnn, avvertendo che l’arrivo del freddo e dell’influenza minacciano di far riesplodere i contagi: «Ci siamo già passati. Non bisogna mai sottovalutare le potenzialità della pandemia e guardare al lato roseo delle cose». Il consigliere di Trump ha ripetuto di essere ottimista sul vaccino, perché «i test vanno bene e probabilmente sarà disponibile tra la fine dell’anno e l’inizio del prossimo». Nel frattempo, però, le cose non vanno bene: «Non aiuta che gli Usa continuino a vedere circa 40.000 nuovi casi al giorno e mille morti. È meglio di agosto, ma è ancora un numero troppo alto. A questo punto vorrei vedere 10.000 contagi, o anche meno». Perciò l’ottimismo del presidente sulla svolta è fuori luogo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M. Ge. 
Titolo: Le due Americhe di Trump e Biden divise nel ricordo dell’11 settembre
Tema: La campagna elettorale negli Usa

Gli Stati Uniti celebrano il 19esimo anniversario dell’attacco terroristico dell’11settembre 2001 e per un giorno Donald Trump e Joe Biden sospendono (o quasi) la campagna elettorale. Niente comizi, niente spot televisivi per il voto del 3 novembre. Il presidente e il candidato democratico visitano il memoriale di Shanksville, in Pennsylvania, dove cadde il volo United 93, uno dei tre aerei dirottati dagli uomini di Al Qaeda. Ma vanno in ore diverse e non si incontrano. Anche in un giorno di tregua, comunque, si notano le differenze: Biden non pronuncia discorsi ufficiali, anche perché non ha cariche di Stato, ma parla coi parenti delle vittime, dice di voler cercare di portare conforto, offre dolci e birre ai vigili del fuoco che per primi arrivarono dove cadde il jet con 40 passeggeri e i terroristi, punta sull’empatia. Trump, invece, pronuncia un breve discorso come è giusto che faccia il presidente. Esprime cordoglio per le vittime, ma punta soprattutto sull’orgoglio, la forza, la capacità di reazione dell’America: «Non importa quanto grave è la minaccia, l’America si rialza sempre, si erge con la sua forza, reagisce». Poi un appello all’unità, come dopo l’11 settembre, ma in una logica soprattutto conservatrice: «Uniti nell’amore familiare, la lealtà tra cittadini, l’orgoglio della bandiera, la fede in Dio, la gratitudine per la polizia e per chi presta soccorso». E, poi, l’enfasi sul «rifiuto di piegarci alle forze depravate della violenza, dell’intimidazione, dell’oppressione». Qui arriva, nell’unico passaggio che può essere interpretato in chiave elettorale, la rivendicazione di aver combattuto con durezza il terrorismo eliminando il capo dell’Isis, Al Baghdadi e il generale iraniano Soleimani. Biden preferisce dedicarsi al rapporto con le famiglie.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: 11 Settembre Trump e Biden, il primo incontro è per rendere onore agli eroi del volo 93 – Trump, Biden e l’11 settembre La memoria divisa dell’America
Tema: La campagna elettorale negli Usa

I candidati alla Casa Bianca in Pennsylvania per ricordare le vittime dell’attentato del volo United 93 evitano di incrociarsi. A meno di tre settimane dal primo duello tv, hanno scelto questo Stato anche per calcolo politico: è in bilico nei sondaggi. La temuta ondata di ritorno del Covid- 19, che di morti negli Usa ne ha causati almeno 192.381, ha circoscritto le cerimonie in tutto il Paese, costringendo i candidati a inusuali convivenze o a bizzarre staffette nei luoghi simbolo. «Nel 2001 la nostra nazione, unita in nome di Dio, fece l’indistruttibile promessa di non dimenticare mai i quasi 3000 americani innocenti uccisi senza motivo. In questo giorno sacro – Patriot day – noi onoriamo solennemente quell’impegno», twitta Donald Trump prima di volare a Shanksville per la commemorazione tenuta al memoriale eretto nel luogo dove cadde il quarto aereo. A New York c’è il vice Mike Pence con la moglie Karen, presenti anche Joe e Jill Biden. I due avversari si sono limitati a un saluto toccandosi i gomiti prima del minuto di silenzio alle 8.46. Lo stesso che Trump e la fast lady Melania hanno osservato a bordo dell’AirForce One. «L’America non si fermerà mai nel dare al caccia ai terroristi che minacciano l’America», dice il presidente definendo i passeggeri del volo United 93 «veri eroi americani». «Non possiamo cancellare il dolore delle famiglie, ma ce ne facciamo carico perché è il dolore di tutta l’America», ha aggiunto Trump, che alla vigilia dell’anniversario ha confermato l’impegno a porre fine alla missione in Afghanistan iniziata all’indomani di quegli attacchi, per impedire il sacrifico di altre vite in guerre che – a suo dire – non vale la pena combattere.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Proteste a Lesbo dopo gli incendi Nove Paesi Ue accolgono 400 bimbi
Tema: Le proteste a Lesbo

«Moria deve servire da potente promemoria: sulla migrazione, il tempo si è esaurito, non possiamo più vivere in una casa costruita a metà». Il vicepresidente della Commissione Ue, il greco Margaritis Schinas richiama Paesi europei alle loro responsabilità dopo gli incendi che hanno distrutto il campo profughi di Moria sull’isola di Lesbo, che ospita circa 12 mila persone. Una situazione di sovraffollamento che ha fatto crescere la tensione e dopo la terza notte trascorsa all’aperto ieri pomeriggio un migliaio di richiedenti asilo ha manifestato chiedendo di poter lasciare l’isola. Una situazione insostenibile che già in passato gli abitanti di Lesbo hanno denunciato e che mostra, come altri casi (Lampedusa), l’assenza di solidarietà tra i Paesi Ue sul fronte del ricollocamento. Uno sforzo è stato fatto per trovare una destinazione ai 400 minori evacuati. Alla disponibilità iniziale ad accoglierli di Germania, Francia e Olanda, si è aggiunta quella di Finlandia, Lussemburgo, Slovenia, Croazia, Portogallo, Belgio e Svizzera: nove Paesi Ue su 27 più Berna. Ma resta la situazione di sovraffollamento. Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, che ha definito quello che sta accadendo a Moira «un disastro umanitario», ha rivolto un appello agli Stati membri per ricollocare i migranti ospitati nel campo di Moira. «Con la Commissione europea e gli altri Stati membri dell’Ue che sono pronti ad aiutare, dobbiamo chiarire rapidamente come possiamo aiutare la Grecia».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bongiorni Roberto 
Titolo: Israele normalizza le relazioni anche con il Bahrein
Tema: Medio Oriente

Prima, in agosto, gli Emirati Arabi Uniti. Oggi il piccolo ma strategico Bahrein. Domani chissà. Forse addirittura il gigante del Golfo Persico, la Monarchia saudita. Il tour di “normalizzazione” portato avanti e sostenuto con forza dall’Amministrazione del presidente americano Donald Trump, nella fattispecie da Jared Kushner, genero e consigliere del presidente Donald Trump, e dal segretario di Stato Mike Pompeo, ha raccolto un altro grande successo. Dopo l’annuncio della ripresa dei rapporti tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, lo scorso 13 agosto, e la ripresa della cooperazione commerciale, ieri è stata la volta del piccolo Bahrein guidato dal principe ereditario Salman bin Hamad Al Khalifa. In verità era già nell’aria. La leadership di questo piccolo Paese di poco più di un milione di abitanti, la cui maggioranza è tuttavia di confessione sciita (come in Iran), collabora da tempo con Israele, anche se non allo scoperto. Tanto che dopo l’accordo fra Emirati arabi uniti ed Israele, il Bahrein ha concesso subito il suo spazio aereo al passaggio dei voli diretti da Tel Aviv ad Abu Dhabi. IL fatto che si affacci sul Golfo Persico, non lontano dallo stretto di Hormuz, proprio davanti all’Iran, non è irrilevante. Il processo di normalizzazione delle relazioni con Israele ha anche, e forse soprattutto, un secondo scopo; rafforzare e rendere più coeso, attraverso il coinvolgimento di un maggior numero di Paesi arabi, il piano di isolamento della Repubblica islamica dell’Iran, fortemente voluto da Israele e dalla presidenza Trump.
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Testata:  Repubblica 
Titolo: Gli inesistenti di Lesbo senza timbro per la vita “Qualcuno ci aiuti”
Tema: Le proteste a Lesbo

Atene è stata chiara: dando fuoco al campo non hanno ottenuto il via libera verso l’Europa. La notizia *** monta nell’accampamento. C’è rabbia. Parte un corteo al grido di “Libertà”. Finisce davanti alla polizia e ai camion con gli idranti pronti a intervenire. La Ue finanzierà il nuovo campo “più moderno” e i più vulnerabili tra richiedenti asilo finiranno su navi. Ma il messaggio è chiaro, niente redistribuzione di richiedenti asilo in Europa. Una linea che il governo di centrodestra greco appoggia con il progetto di costruire altri centri sulle isole esposte agli arrivi dalla vicina Turchia. La gente a Lesbo è stanca. E la struttura nel poligono finirà nel mirino dei politici – e non solo – locali. Il problema è che il flusso non si interrompe. «Dopo afgani e curdi, c’è stato il boom dei siriani nel 2015 – racconta Greg Kanarios, che nel suo ambulatorio a Mitilene cura da anni soprattutto le ferite psicologiche di guerra, le vittime di stupri etnici e di torture – I siriani sono riusciti ad andare nel continente. Ora qui sono in maggioranza afgani, che non hanno mal smesso di scappare dal proprio paese. E poi congolesi e camerunensi». Il mare continua a portare il suo carico di umanità dolente. Versarla in questa piccola isola è un’impresa impossibile. Gli elicotteri con le nuove tende dimostrano che l’Europa vuole continuare a farlo.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Castellaneta Marina 
Titolo: Brexit, il diritto internazionale fatto a pezzi da Boris Johnson
Tema: Brexit – Il divorzio dall’Unione

Le regole internazionali sul diritto dei trattati sono chiare e risalgono al diritto romano. Ma il primo ministro britannico Boris Johnson ha deciso di farne carta straccia prevedendo nello “United Kingdom Internal Market Bill” che i ministri possano violare liberamente alcune parti dell’accordo sul recesso del Regno Unito dall’Unione Europea del 24 gennaio 2020, in vigore dal 1° febbraio 2020 e, in particolare, del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Se il disegno di legge fosse approvato, i ministri del Governo inglese potranno decidere di disapplicare alcune parti del Protocollo: nel testo non è prevista direttamente la violazione, ma è stabilita la possibilità di usare, se necessario evidentemente per ragioni interne, la disapplicazione di alcune regole. Nessun dubbio che il disegno di legge viola il diritto internazionale. Lo ha detto anche il segretario di Stato per l’Irlanda del Nord, Brandon Lewis, dinanzi all’House of Commons non lasciando spazio a interpretazioni diverse: il Governo inglese chiede al Parlamento di approvare un atto che calpesta il diritto internazionale anche se questa violazione avverrà in limitati casi. Nel disegno di legge proposto da Boris Johnson non viene ipotizzata alcuna causa di invalidità o di estinzione, per liberarsi degli impegni assunti né d’altra parte, è stata comunicata la volontà di estinguere il Trattato. Pertanto, il disegno di legge può essere visto solo come un tentativo di applicare il Protocollo à la carte con lo stratagemma, in salsa nazionalista, del primato dell’ordinamento britannico sul diritto internazionale.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Terlizzi Lino 
Titolo: La Svizzera al voto su libera circolazione e Unione europea
Tema: Il voto in Svizzera

«Per un’immigrazione moderata (iniziativa per la limitazione)». Il titolo ha toni leggeri, ma la sostanza non lo è per nulla. La Udc, partito della destra nazionalista elvetica, chiama ancora una volta gli elettori svizzeri a pronunciarsi sulla libera circolazione delle persone con l’Unione europea, con l’obiettivo di farla cadere. Domenica 27 settembre nella Confederazione ci sarà una tornata di votazioni popolari e questa nuova iniziativa dell’Udc è il capitolo che maggiormente attira l’attenzione. La libera circolazione fa parte dei sette Accordi bilaterali 1 tra Unione europea e Svizzera, entrati in vigore nel 2002. Nel febbraio del 2014 è stata però approvata a sorpresa, con una maggioranza risicata di elettori, un’iniziativa dell’Udc che puntava a porre alcuni limiti alla libera circolazione, accusata dalla destra nazionalista di far aumentare troppo l’immigrazione e di svantaggiare i lavoratori residenti in Svizzera. La maggioranza del Parlamento, con gli schieramenti di centro e di sinistra, ha poi approvato una formula di compromesso, che di fatto, con l’intesa della Ue, ha disinnescato la caduta della libera circolazione. Ma l’Udc ora ci riprova, alzando non di poco l’asticella. Se passasse questa nuova iniziativa, la Svizzera dovrebbe infatti negoziare con la Ue la cessazione della libera circolazione entro 12 mesi e, nel caso non ci fosse intesa, dovrebbe denunciare unilateralmente l’accordo entro i 30 giorni successivi. Di fatto, si tornerebbe ad applicare anche ai rapporti con la Ue, Italia compresa, il sistema dei contingenti di manodopera.
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Testata:  Stampa 
Titolo: Francia, Al Qaeda torna a minacciare Charlie Hebdo “Pagherete il prezzo un’altravolta per le vostre vignette”
Tema: Terrorismo

Al Qaeda torna a minacciare il settimanale francese Charlie Hebdo, “reo”, secondo gli jihadisti, di aver ripubblicato le vignette sul Profeta Maometto all’origine dell’attentato del 7 gennaio 2015, in cui morirono 12 persone e altre 11 rimasero ferite. «Se la vostra libertà di espressione non rispetta alcun limite, preparatevi a confrontarvi alla libertà delle nostre azioni», annuncia l’organizzazione terroristica. Subito è arrivata la replica di Patrick Pelloux, il medico simbolo di Charlie che per 12 anni è stato fra le firme più assidue della rivista satirica, abbandonata dopo l’atroce attacco perpetrato dai fratelli Kouachi. «Non cederemo mai alle minacce di Al-Qaeda. Al Qaeda non vincerà, non vincerà mai. Le democrazie saranno sempre più forti del terrore», ha dichiarato.
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Testata:  Avvenire 
Autore:  Lambruschi Paolo 
Titolo: Corridoi per i rifugiati in Italia 20 universitari L’Onu: sia un esempio – Tornano i corndoi per i rifugiati
Tema: University Corridors for Refugees

Dopo lo stop per la pandemia, riaprono i corridoi che portano legalmente i rifugiati in Europa dai Paesi di seconda accoglienza africani. Progetto nei quali l’Italia è all’avanguardia in Europa grazie al dinamismo della società civile e delle chiese cristiane in collaborazione con il governo di Roma. Si tratta significativamente di corridoi universitari. I primi rifugiati arrivati con vie sicure dal continente africano dopo l’emergenza Covid sono infatti 20 laureati che hanno studiato nei campi profughi in Etiopia e sono sbarcati a Fiumicino ieri mattina dal volo proveniente da Addis Abeba per proseguire con borse di studio il loro percorso accademico in 10 atenei italiani grazie al progetto University Corridors for Refugees. Scappati da guerre e persecuzioni, nel mezzo di una pandemia globale, vogliono costruirsi un futuro in Italia in cui potranno circolare liberamente grazie a un visto per studenti internazionali. Il corridoio universitario nasce con la collaborazione del ministero degli Esteri, dell’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr con Caritas Italiana, Diaconia Valdese, la rete in Etiopia di Gandhi Charity ed è reso possibile grazie al sostegno dell’Università di Bologna, promotore della prima edizione del progetto nel 2019.
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