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SINTESI IN PRIMO PIANO – 12 novembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Covid-19: Italia prima in Europa per le vittime, superato il milione di casi;
– Emendamento “Pro-Mediaset”: il no della Lega;
– Verso la manovra: nuovo deficit fino a 15-20 miliardi;
– Autostrade: sicurezza sacrificata ai profitti, ai domiciliari l’ex numero uno Castellucci e altri manager;
– Lotta al terrorismo: l’Italia esclusa dal vertice Ue;
– Usa: Biden prepara la squadra, ma Trump non lascia la Casa Bianca.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Caruso Paola
Titolo: Superato il milione di casi – Con 623 morti Italia prima in Europa Superato il milione di contagi totali
Tema: Covid-19: Italia prima in Ue per numero di vittime
Sono oltre un milione i casi totali: per la precisione 1.028.424 sommando gli attuali positivi, i guariti e i decessi dall’inizio dell’epidemia. Un numero a sette cifre che fa impressione e indica quanto stia colpendo questa seconda ondata. L’Italia è «tra i 5 Paesi con record di nuovi positivi nella scorsa settimana», ha spiegato l’Oms nel report settimanale: si tratta di un drammatico primato condiviso con Stati Uniti, Francia, India e Regno Unito. Ma la curva epidemiologica continua a deflettere: i contagi in 24 ore diminuiscono e sono 32.961 (contro i 35.098 del giorno prima), nonostante il maggior numero di tamponi pari a 225.640 (7.882 in più). L’inversione di rotta è evidente anche dal tasso di positività che scende dal 16,196 al 14,696: vuol dire che su loo test processati meno di 15 sono risultati positivi, contro i 16 di martedì. «Se l’attuale tendenza si mantiene, e il Dpcm dovrebbe contribuire in tal senso, si prevede che a livello nazionale si raggiunga il picco agli inizi di dicembre per poi iniziare a scendere – spiega il fisico Roberto Battiston dell’Università di Trento-. Il numero degli infetti attivi a quel punto potrebbe raggiungere il milione». La regione più colpita rimane la Lombardia, in discesa per numero di nuovi positivi (+8.180), seguita sopra quota 3 mila da Campania (+3.166) e Veneto (+3.082). In ascesa ci sono la Sicilia che conta 1.487 nuovi contagiati e supera il picco del 6 novembre (erano +1.423) e la Puglia (+1.332) che supera il suo picco del 10 novembre.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza
Titolo: Stretta nelle città Strade e piazze chiuse dai sindaci Domani la scelta sulla Campania
Tema: Covid-19, chiusure mirate per evitare lockdown nazionale
Per la prima volta da settimane, a Palazzo Chigi è arrivato un refolo di ottimismo. Lo hanno portato gli scienziati Brusaferro, Locatelli e Miozzo, chiamati dal premier per capire se davvero la curva del virus ha cominciato a piegarsi sotto í colpi delle misure restrittive adottate dal governo. Ebbene sì, grafici alla mano il terzetto di tecnici ha confermato al capo dell’esecutivo, ai capi delegazione e al ministro Boccia le impressioni degli ultimi giorni: il Covid-19 ha iniziato a rallentare la sua folle corsa. I contagi continuano ad aumentare, è vero, ma la crescita non è più esponenziale. Questo non vuol dire però abbassare la guardia, awl. La linea è andare avanti con le chiusure per evitare il lockdown nazionale. Ieri si sono riuniti i comitati per l’ordine e la sicurezza e sono dunque scattate le ordinanze di chiusura nelle città. A Roma saranno intensificati i controlli nei parchi e sul litorale, mentre nel fine settimana saranno contingentati gli accessi alle vie dello shopping. A Firenze sabato e domenica saranno invece chiusi bar e ristoranti, ma si sta anche valutando di vietare l’accesso in alcune piazze. A Palermo un’ordinanza dispone «fino al 3 dicembre il divieto di stazionamento per le persone, dal lunedì al venerar dalle 16 e fino alle 22; sabato, domenica e festivi dalle 5 alle 22, nelle zone del centro di Palermo». Stessa misura scatterà «sabato e domenica, dalle 5 alle 22, anche in tutto il litorale, comprese spiagge, coste, aree verdi aperte al pubblico». A Bologna nelle piazze e strade del centro storico sono vietati eventi e manifestazioni, comprese le esibizioni degli artisti di strada. A Bari chiudono tre giardini e lo skate-park. A Verona si studiano blocchi, controlli e accessi contingentati al centro storico però si è già deciso di far scattare il senso unico per le strade pedonali.
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Testata:  Stampa
Autore:  Bertini Carlo – Russo Paolo
Titolo: Campania al collasso, esercito a Napoli – Campania ormai al collasso sanitario Conte: “Lo Stato deve dare un segnale”
Tema: Covid-19, Campania al collasso
«Con questi dati, dobbiamo andare avanti su questa linea, anche se il trend dovesse portare verso il rosso diverse regioni, si procederà con le ordinanze, non con un nuovo Dpcm». Giuseppe Conte per ora batte un colpo «nazionale» solo sulla Campania e rafforza la presenza di esercito e Protezione civile – fagocitato anche dallo sdegno di Luigi Di Maio, dopo le immagini choc del video di un paziente del Cardarelli riverso senza più vita nei bagni del Pronto soccorso. Immagini che danno il senso compiuto del caos della sanità campana e che resteranno nella memoria collettiva al pari dei camion dell’esercito con i morti di Bergamo nella prima ondata del Covid: «Il governo non deve perdere tempo e deve rispondere, il Sud rischia di implodere». Ma se al summit con i capidelegazione di maggioranza il premier tiene fermo il timone, è perché qualche timido segnale incoraggiante arriva dai dati di ierie degli ultimi giorni. È vero infatti che ci sono stati 623 decessi (580 il giorno prima), ma nel giorno in cui si supera il milione di contagi da inizio epidemia, con un numero di tamponi superiore, 225 mila contro 217 mila, la curva comincia a flettersi: 32.961 nuovi infetti contro i 35.098 di martedì. Due indicatori fanno sperare: lo spiegano i tecnici invitati al summit, Locatelli, Brusaferro e la scienziatache stila ogni settimana il report dell’Iss, basato sui famosi 21 parametri, da cui esce l’algoritmo fatale per le sorti di ogni regione. I due fattori positivi sono il famoso Rt, indice di contagiosità, che comincialievemente a flettere; e il rapporto tra tamponi fatti e contagiati: due giorni fa era al 17,1%, ora è al 14,4. Insomma, si spera che si vedano i primi effetti dei Dpcm sulle mascherine all’aperto, sul coprifuoco e dell’ultimo sulle fasce a colori: considerando che il numero di morti viene addebitato al fatto che avessero subito il contagio oltre tre settimane fa, prima del nuovo impianto normativo della «zonizzazione» del paese.
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Testata:  Giornale
Autore:  Sallusti Alessandro
Titolo: Il milione di casi e l’unità che serve
Tema: Covid-19
Ieri in Italia si è superato il milione di contagiati. Un cittadino su sessanta è stato quindi colpito dal virus, ma il numero probabilmente è assai più alto, se si considerano anche le persone che in questi nove mesi l’hanno avuto senza neppure accorgersene o che sono sfuggiti ai conteggi ufficiali. È una cifra che fa impressione, e ancora non è finita. Prendiamo atto che circa la metà dei contagiati è stata asintomatica e non ha avuto bisogno di cure, i sintomatici e i malati restano comunque un numero troppo alto per poterli curare tutti nelle strutture sanitarie pubbliche e private e il motivo è presto detto: mettendoli tutti insieme (day hospital, ricoveri ordinari e terapie intensive) e nella teorica e assurda ipotesi di requisirli, i posti letto in Italia raggiungono a mala pena i duecentomila. Questo per dire quanto grande e complesso sia il problema. Per risolvere il quale non bastano i decreti domenicali del presidente del Consiglio, serve uno sforzo enorme sia dal punto di vista sanitario che economico. Uno sforzo che questa maggioranza, per le sue divisioni e fragilità, non è in grado di fare, altrimenti lo avrebbe già fatto. Preso atto che in questo momento non ci può essere un altro governo – un cambio di guida sarebbe la via maestra – servirebbe uno sforzo per costruire, limitatamente ai temi economici e sanitari, una diversa maggioranza parlamentare aprendo all’opposizione non a parole, ma nei fatti.
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Testata:  Quotidiano del Sud L’Altravoce dell’Italia
Autore:  Marincola Claudio
Titolo: Intervista a Luigi Di Maio – “I calabresi si meritano il meglio il governo lo dimostri con i fatti il sud va ascoltato, non abbandonato” – Di Maio: «Il governo ascolti il sud non può essere abbandonato»
Tema: Intervista al Ministro di Maio
Ministro Di Maio, in molti si meravigliano di come il Mezzogiorno sia entrato in emergenza ancora prima che la curva dei contagi si sia impennata. Sono gli stessi che hanno forse hanno dimenticato le condizioni in cui versa la sanità delle regioni meridionali. Vale per la Campania ma anche per la Calabria. È mai possibile che investimenti sanitari in Calabria ammontino a 15,9 euro pro capite contro gli 84,4 procapite dell’Emilia-Romagna? Non crede che la prima cosa sia correggere questi numeri? «Guardi, le voglio dire una cosa molto chiara: il Sud non può essere abbandonato. Lei dice bene in merito alla sanita, per decenni è stata tartassata da politiche che invece di rilanciarla ne hanno tagliato le risorse. La sanità è stata il bancomat della politica italiana e oggi a farne le spese sono i cittadini. Come Movimento lo denunciamo da tempo e adesso stiamo iniziando a invertire la rotta, perché uno Stato serio deve investire nella sanità, come stiamo facendo. Certo, ci ritroviamo nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria e i nostri ospedali sono davvero sotto stress. È un dato di fatto. Questo è inaccettabile e dobbiamo lavorare per stanziare ancora altre risorse a favore della nostra rete ospedaliera, da Nord a Sud. Senza eccezioni».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Palmerini Lina
Titolo: Politica 2.0 – Chi spinge a collaborare e chi rischia l’angolo
Tema: Collaborazione politica
Alla fine, come in un allineamento di pianeti, ieri sono accaduti alcuni fatti che scongelano una collaborazione politica invocata da tutti ma praticata da nessuno. Per esempio, il segretario Pd Zingaretti per la prima volta ha messo la faccia su una proposta di Forza Italia per creare un doppio relatore sulla legge di bilancio e poi, sempre nella serata di ieri, si sono incontrati i presidenti Casellati e Fico per discutere l’ipotesi di creare una conferenza di capigruppo bipartisan in raccordo con il Governo per le decisioni sull’emergenza Covid. La missione di cercare un luogo in cui, operativamente, maggioranza e opposizione potessero dialogare era stata sollecitata da Sergio Mattarella che, una settimana fa, aveva chiamato al Quirinale la seconda e terza carica dello Stato mettendo in chiaro una moral suasion che fino ad allora era stata tenuta fuori dai riflettori. Evidentemente c’è stato bisogno di stanare le posizioni politiche di tutti e di verificare chi stesse annuendo con la testa ma – sotto sotto – sfilava la tela che si tesseva. Una tela che si è cucita anche nei ministeri, in particolare tra lo Sviluppo Economico e íl Mef, dove è stato costruito un emendaMento approvato – sempré ieri – dal Senato e che riguarda anche Mediaset. Si tratta di una norma anti-scalata, per difendere l’italianità di imprese che operano in settori strategici per la nazione come, appunto, le telecomunicazioni.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Intervista a Matteo Salvini – Salvini: «Dialogo? Altro che manovra voglio vedere i fatti»
Tema: “Pro-Mediaset”, no della Lega all’emendamento

«E’ un metodo che non ci piace e lo rivendico. Non si inserisce not- un emendamento su un tema così strategico qual è la tutela del mercato dell’informazione e per di più in un provvedimento sul Covid! Serve invece una riforma organica. L’ho detto anche a Berlusconi». Così Matteo Salvini spiega il «no» della Lega in commissione Affari costituzionali e la successiva astensione in Aula al cosiddetto emendamento salva Mediaset. Una mossa che ha spiazzato anzitutto gli alleati di Forza Italia. D. Senatore, più di qualcuno sospetta che il mancato sì della Lega sia un segnale, un avvertimento a Berlusconi per la presunta intesa con la maggioranza sull’emendamento e non solo: è così? R. “Come ho detto in Aula non credo a inciuci, ad accordi sottobanco. Mediesekèñ ,magrande azienda italiana con migliaia di lavoratori. Pongo un problema di merito: serve dare certezza nel settore. Ma serve farlo con una riforma organica fatta in trasparenza. Certo mi domando cosa sarebbe successo se una roba del genere l’avessi proposta io…” D. Perché favorisce Mediaset? R. “Voglio essere chiaro. Siamo i primi ad aver denunciato i tentativi di scalate e ad aver chiesto adeguate contromisure. Quindi non siamo certo contrari a ostacolare interventi ostili che possano favorire il passaggio in mano francese di aziende strategiche come Mediaset ma anche Telecom. Detto questo non si fa con un emendamento presentato alla chetichella alle io di sera ma con una riforma organica in totale trasparenza. Serve una norma ponte nel frattempo? Bene, lo si dica ma alla luce del sole!”.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Livini Ettore 
Titolo: La norma antiscalate spinge Mediaset ma la Lega si astiene e si scontra con Fi
Tema: “Pro-Mediaset”, no della Lega all’emendamento

Mediaset festeggia in Borsa (+5,5%) un 2020 molto migliore del previsto e l’ “aiutino” – emendamento anti-Vivendi – del governo a Silvio Berlusconi. il Biscione, malgrado Io tsunami del Covid, ha chiuso i primi nove mesi dell’anno in utile per 10,5 milioni. Merito di un’estate d’oro – specie sul fronte degli spot – e di un deciso taglio dei costi ridotti di 200 milioni. La festa di Piazza Affari, al di là dei conti migliori delle previsioni, ha anche un’altra spiegazione: il via all’iter parlamentare della norma voluta da Pd e Movimento 5 Stelle che rende più complessa un’eventuale scalata alle tv di Arcore da parte del raider francese Vincent Bollore. Un percorso iniziato ieri con l’ok in Senato ma con la sorprendente astensione – dopo il “no” in Commissione – della Lega di Matteo Salvini. «Mediaset va tutelata ma non con norme fatte di notte», ha detto il leader del Carroccio. Parole che non sono piaciuLe tappe te agli alleati di Forza Italia. «La Lega non ha valutato la situazione», ha detto Maurizio Gasparri, mentre il suo collega Andrea Cangini è andato giù più duro: «Il nuovo slogan di Salvini è prima i francesi». L’emendamento presentato dal governo – considerato da molti il ramoscello d’ulivo a Forza Italia per tutelare la maggioranza parlamentare da eventuali fibrillazioni grilline – è il primo passo del riassetto delle norme sul sistema televisivo reso necessario dalla bocciatura della legge Gasparri da parte della Ue, chiamata ad esprimersi sul tema proprio da Vivendi. La proposta dell’esecutivo attribuisce all’Agcom il ruolo di possibile “stopper” su eventuali scalate, concedendole sei mesi dl tempo per verificare possibili «effetti distorsivi» in caso di operazioni sensibili nel settore radiotelevisivo.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni
Titolo: Scostamento da 15-20 miliardi Doppia manovra in Parlamento
Tema: Verso la manovra, legge di bilancio domani in Cdm
Per rifinanziare la macchina degli indennizzi all’economia colpita dal Covid il governo ragiona su un nuovo scostamento da 15-20 miliardi. Tutto caricato sul 2021, perché per un terzo decreto Ristori quest’anno sarebbe sufficiente lo spazio di bilancio generato dalla dinamica delle entrate prodotta da un terzo trimestre migliore delle aspettative. II deficit aggiuntivo, quindi, finanzierebbe un ulteriore provvedimento urgente che darebbe al sistema degli aiuti un orizzonte un po’ più ampio rispetto agli interventi di stretta emergenza di questa fase. Ristori-ter e scostamento sarebbero sul tavolo del consiglio dei ministri la prossima settimana. Le pedine di questo gioco che si complica ogni giorno di più sono tutte in movimento. E un nuovo vertice fra il premier Conte e i capidelegazione della maggioranza si terrà questa mattina per provare a tirare le fila di tutto l’impianto. Mentre già domani potrebbero arrivare nuove derisioni sui colori delle regioni. Sempre domani, alle 12.30, è in calendario un consiglio dei ministri che dovrebbe dare il secondo via lrbera alla legge di bilancio attesa in Parlamento. Anche se non è tramontata l’ipotesi che il lavoro sul testo, in crescita di giorno in giorno verso quota 300 articoli, possa chiedere tutto il fine settimana. Quella che si prospetta è nei fatti una doppia manovra, con la Camera impegnata nell’unico vero passaggio parlamentare della legge di bilancio, e il Senato al lavoro sull’esame dei decreti Ristori in serie, che si tradurrebbero nella manovrabis finanziata da anche dal nuovo deficit e destinata a concentrare le attenzioni della politica. Perché la legge di bilancio vera e propria, al netto del rigonfiamento del testo, rimarrebbe nell’impianto quella pensata a metà ottobre, con bonus 100 euro, decontribuzione al Sud, assegno unico peri figli e così via. Per questa sorta di doppia sessione di bilancio non esistono precedenti.
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Testata:  Mf
Autore:  Leone Luisa
Titolo: Festeggiano solo i cinesi – Un’altra manovra salva-imprese
Tema: Manovra: previsti fondi per le crisi industriali
«Stiamo facendo un pacchetto di norme capaci di dare più tempo alle imprese per riorganizzarsi, fare i piani di risanamento e i concordati. Questo perché non bastano solo norme per dare più liquidità ma bisogna dare più tempo in una situazione come questa», aveva detto martedì sera la viceministra Castelli. Nella legge di Bilancio poi troveranno posto anche la proroga fino a giugno delle varie moratorie sui crediti, delle misure a sostegno della liquidità (le garanzie pubbliche) e quelle per la patrimonializzazione delle Pmi, visto che le nuove misure europee sugli aiuti di Stato lo consentono. Sempre in manovra, attesa nel Consiglio dei ministri già convocato per domani, dovrebbe trovare posto poi anche il rifinaziamento del bonus per le società che si quotano, ampliato anche a quelle diverse dalle pmi. L’ossatura della manovra dovrebbe comunque restare, anche se irrobustendo alcuni capitoli, a partire da quello dedicato agli interventi di ristoro per le categorie più colpite dai lockdown selettivi, portando il finanziamento da 4 a 5 miliardi. Intanto sarà probabilmente necessario passare dal Parlamento per autorizzare un nuovo scostamento di bilancio, che potrebbe essere richiesto verso la fine del mese di novembre, viaggiando sostanzialmente in parallelo con la legge di Stabilità. Infine in arrivo ci sarebbe anche un nuovo decreto Ristori, il terzo, che potrebbe finire sul treno di uno dei due precedenti, attualmente in fase di conversione al Senato. La legge di Bilancio, invece, dovrebbe approdare alla Camera domani e Montecitorio licenziarla entro il 20 dicembre, con il Senato che quindi sarebbe chiamato praticamente solo a una lettura formale, senza possibilità di modifiche sostanziali, visto che la manovra va approvata entro il 31 dicembre, pochi giorni dopo natale, quando, secondo il sottosegretario alla Salute Sandra Zanmpa, saranno ancora in vigore «tutte le misure» anti-pandemia.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Caprino Maurizio – Cimmarusti Ivan
Titolo: Caso Autostrade, tre arresti Toma in salita la trattativa per cedere il controllo di Aspi – Chilometri di barriere fuori norma messe a carico dei pedaggi – Autostrade, scattano gli arresti: «Attentato alla sicurezza e frode»
Tema: Autostrade
«Sapevano, hanno occultato», dice in un’intercettazione con la moglie Paolo Berti, direttore centrale operativo di Autostrade per l’Italia (Aspi). Le «inadeguate» barriere fonoassorbenti Integautos montate in Liguria e su tratti dell’A14 potevano crollare con una raffica di vento e finire sui veicoli in corsa. Una «sottostima del 200%», di cui era a conoscenza fin dal 2017 anche l’ex-ad Giovanni Castellucci. Ma, soprattutto, emergono la sospetta consapevolezza che «i cavi del Morandi», un mese e mezzo prima del tragico crollo del 14 agosto 2018, erano «corrosi» ed elementi sui rapporti tra Castellucci e i Benetton. Sono gli atti del procuratore di Genova, Francesco Cozzi, dell’aggiunto Paolo D’Ovidio e del pm Walter Cotugno a dare retroscena da chiarire sulla gestione Aspi fino al 2019. Ai domiciliari sono finiti Castellucci, Michele Donferri Mitelli, ex-direttore Maintenance, e Paolo Berti, ex-direttore Operations. Interdizione di 12 mesi a Stefano Marigliani, direttore del Tronco di Genova ora a Milano, e ai dipendenti Paolo Strazzullo e Massimo Meliani (Spea). Accuse: attentato allasicurezza dei trasporti e inadempimento contrattuale in pubbliche forniture, aggravati dalla frode allo Stato. L’inchiesta, nata da quella sul crollo del Morandi, è condotta dal gruppo della Guardia di finanza di Genova, al comando del colonnello Ivan Bixio. Stando agli atti, la pessima condizione delle barriere fonoassorbenti era stata «occultata fraudolentemente allo Stato e agli organi ispettivi».
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Testata:  Repubblica
Autore:  Lauria Emanuele
Titolo: Intervista a Giancarlo Cancellieri – Cancelleri “I Benetton devono uscire dall’azionariato lo Stato punisca i colpevoli”
Tema: Il Vice Ministro alle Infrastrutture, “La trattativa non può essere infinita”
«Io spero che entro la fine del mese si concluda la trattativa fra Aspi e Cassa depositi e prestiti per estromettere definitivamente Atlantia. Se ci saranno ulteriori ritardi, Conte non potrà che valutare la revoca della concessione ad Autostrade». II viceministro per le Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, uomo di punta di M5S, legge le carte delle inchieste di Genova e parla di «agghiacciante soap opera cui mettere subito fine». Gli ultimi arresti riaccendono ancora una volta le luci sulla gestione di Autostrade. «E’ sempre la stessa storia, che va avanti dal report falsi di Ispea sulle gallerie e poi è proseguita con inadempienze messe in luce dalle inchieste giudiziarie. Non cambia il copione, non cambiano gli attori. Può solo allargarsi l’elenco delle infrastrutture senza manutenzione: le barriere antirumore, le gallerie, il ponte. E i responsabili sono lì, sempre gli stessi. Hanno intascato il malloppo dei pedaggi e hanno sorvolato in modo criminale – ora lo possiamo dire – sui requisiti di sicurezza» A ogni svolta dell’Inchiesta la soddisfazione del parenti delle vittima del Morandi. Anche questo fa parte della storia, »lo spero che un giorno, presto, possiamo dire a questa gente che giustizia è stata fatta. E non bastano i risarcimenti, per quanto robusti. Chi ha responsabilità deve pagare, con il carcere e le altre sanzioni previste dall’ordinamento. Le vittime di Genova non può riportarle nessuno in vita, ma lo Stato deve dare una risposta chiara punendo i colpevoli».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Intervista a Stefano Buffagni – Buffagni: “La manleva ora è una scelta obbligata Lo Stato aspetta ancora 1,5 miliardi da Atlantia”
Tema: L’indignazione del Vice Ministro dello Sviluppo Economico

Ha un tono che è un misto di indignazione e incredulità, Stefano Buffagni, mentre rilegge le intercettazioni dell’inchiesta che coinvolge l’ex numero uno di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci e altri manager, anche attualmente in forza alla società che fa capo ad Atlantia. «Manager che confessano di aver diminuito la manutenzione per fare utili… È una vergogna. Ho ancora i brividi. E tutto per compiacere la famiglia Benetton», spiega al telefono con la Stampa il viceministro dello Sviluppo economico del M5S. Uno sfogo che trattiene a stento un senso di rivendicazione ancora più sentito per chi da sempre punta il dito sulle responsabilità per il crollo del Ponte Morandi: «Si certifica quello che abbiamo sempre detto, spesso in solitaria, noi del Movimento». Resta il fatto che i grillini chiedevano la revoca, che non è mai arrivata. Mentre si cerca, con grande fatica, un accordo di vendita tra Atlantia e Cdp, in cordata con i fondi Blackstone e Macquarie: «La procedura di revoca è sempre in essere – replica Buffagni – Al contempo però sul tavolo ci sono soluzioni più convenienti per l’interesse generale. Quello che trovo indecente è che Atlantia continui a tirare la corda, nonostante uno scandalo che ognivolta viene fuori più grande. L’Italia ha bisogno di voltare pagina. Perché i Benetton non lo capiscono?».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Menduni Marco 
Titolo: Intervista a Roberto Tomasi – “In Autostrade un taglio netto Ora verifiche e investimenti”
Tema: Un cambio di passo con l’ad Tomasi

Rivendica un taglio netto rispetto al passato. Nel giorno degli arresti, di un nuovo diluvio di accuse e di intercettazioni che piovono su Autostrade, l’attuale amministratore delegato Roberto Tomasi vuol sottolineare il cambio di passo della società dopo l’uscita di Giovanni Castellucci. Ma non dribbla le domande su quel che è accaduto prima. Le frasi più imbarazzanti captate al telefono? «I comportamenti delle persone si qualificano per quelle che sono le intercettazioni». Le scelte del passato: «Io sono convinto che un alto livello di manutenzione alla fine migliori i conti, investire poco non è stata una scelta lungimirante». Ma punta anche il dito su un sistema che si muoveva in una palude: «Non era definito lo standard nell’interlocuzione con il ministero e con il Consiglio dei lavori pubblici. L’asticella doveva essere posta. Se in un rapporto contrattale uno lo standard non ce l’ha, è difficile individuarlo». Possibile che nessuno si sia mai accorto degli enormi deficit sulla sicurezza? «Io posso garantire – spiega Tomasi – che cosa è stato fatto dopo quell’epoca. Ci siamo attivati sull’intera rete per verificare viadotti, gallerie, barriere di sicurezza. Secondo quanto emergeva ci siamo subito attivati per sicurezza o verifica».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Biondi Andrea 
Titolo: Rai, no di Gualtieri alla proroga dei vertici
Tema: Rai, Gualtieri confera il 5% del canone a viale Mazzini

La buona notizia per la Rai, che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dà durante l’audizione in Commissione di vigilanza, sta in quegli 85 milioni annui che finiranno nelle casse di Viale Mazzini dal prossimo armo. «Nell’ambito della prossima Legge di Bilancio è stata inserita una norma» che preveda la assegnazione del 5% attualmente trattenuto dallo Stato sul canone «alla stessa Rai a parziale compensazione degli oneri derivanti dalla crisi». La mano tesa però si fermali. E l’intervento in Vigilanza da parte del ministro dell’Economia ha il peso di una bacchettata in piena regola che si è sentita dalle parti di Viale Mazzini dove l’ad Fabrizio Salini, il presidente Marcello Foa e i consiglieri si trovavano per una riunione del board che ha dato l’ok auna tornata di nomine che ha suscitato molti malumori all’interno anche della componente Dem del Governo come dimostrato dal tweet critico del vicesegretario del Pd Andrea Orlando. Le nuove risorse, dice Gualtieri, anivano anche in risposta alle esigenze espresse «da un’ampia schiera di associazioni di categoria, di lavoratori e operatori del mondo dell’informazione e dell’audiovisivo, che sono parte fondamentale della produzione culturale e che rappresentano l’indotto della prima azienda culturale». Ma il tutto deve «essere accompagnato da interventi del management più ampi e incisivi che puntino a un rilancio» dell’azienda.
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Testata:  Italia Oggi 
Autore:  Capisani Marco A. 
Titolo: Gualtieri, la Rai va rilanciata
Tema: Rai, al nuovo cda il compito di risanare Viale Mazzini

“Interventi del management più incisivi per il rilancio” della Rai e una “seria riorganizzazione” della tv pubblica che sarà, però, compito del cda da nominare in primavera: lo ha chiesto ieri il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, ricordando come nella prossima Manovra verrà inserita una norma per destinare a Viale Mazzini nuove risorse per 85 milioni, anche se “questo intervento dev’essere accompagnato dalla risoluzione di problemi strutturali”. Non solo, per fine anno, la previsione è di “una perdita consolidata di 43 milioni di euro, con conseguente prevedibile ulteriore aggravio della posizione finanziaria netta”, sempre secondo Gualtieri. “Il tutto nonostante che, per il 2020, siano venuti meno i costi che la Rai avrebbe dovuto sostenere per i Campionati europei di calcio, che non si sono tenuti a causa del Covid. In sostanza sembra emergere che, a fronte di un andamento economico con risultati netti in perdita contenuta ma stabile negli ultimi esercizi, la struttura finanziaria evidenzia un peggioramento”. Così l’a.d. della Rai Fabrizio Salini incassa, da una parte, l’intenzione dello Stato di destinare alla tv pubblica maggiori risorse dopo, però, aver dovuto paventare un possibile taglio ai costi del personale, tra esodi incentivati e prepensionamenti. In particolare, gli 85 milioni di euro citati da Gualtieri provengono dall’extragettito derivante dal recupero del canone evaso. Per i12020 si tratta complessivamente di 190 milioni, di cui 105 milioni da destinare per legge ad altri operatori radio-televisivi e i rimanenti 85 milioni, pari per l’appunto al 5% del canone, rimasti finora allo Stato. Dall’altra parte, invece, Gualtieri ricorda che riportare in carreggiata la Rai «sarà la missione che vorrei potessimo affidare al prossimo consiglio di amministrazione e ai nuovi vertici che si insedieranno entro le scadenze previste».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pieraccini Silvia 
Titolo: Mps, Giani scrive a Gualtieri: «Rinviare l’uscita dello Stato»
Tema: Mps, lettera per il Ministro Gualtieri dal neo governatore della Toscana

È alla guida della Regione Toscana da poco più di un mese ma il presidente Eugenio Giani (Pd) sul destino del Monte dei Paschi ha già una linea chiara, e ieri l’ha spiegata in una conferenza stampa: la privatizzazione della banca senese va rinviata, ha detto, perché in questa fase di emergenza sanitaria non possiamo permetterci il rischio che ci siano «i tagli occupazionali che qualsiasi aggregazione porterebbe con sè», né che si complichi «l’accesso al credito per il sistema produttivo toscano». Soprattutto, secondo Giani, sarebbe un grave danno se il Monte dei Paschi, «che è una banca ben guidata e dotata di grandi professionalità», non potesse «continuare a operare per portare a termine il lavoro di risanamento» (nel primi nove mesi del 2020 ha perso 1,5 miliardi, ndr). Proprio per fermare la cessione della quota del 68% in capo al Tesoro, il presidente della Toscana ha scritto una lettera al ministro dell’Economia e finanze, Roberto Gualtieri, chiedendo un incontro per discutere delle prospettive della banca senese. Il percorso già delineato – col via libera della Bce alla scissione di Mps e il decreto governativo di poche settimane fa che autorizza la scissione di 8,1 miliardi di crediti deteriorati dando il via alla privatizzazione da condudersi, secondo le previsioni, con l’approvazione del bilancio 2021 nel giugno 2022 – non rappresenterebbe un ostacolo insormontabile secondo il presidente della Toscana: «Ho avuto incontri con parlamentari ed esponenti della maggioranza di governo – dice Giani – penso di avere speranze nel chiedere il rinvio della privatizzazione per un paio d’anni e faccio appello al ministro. Si deve dare la tranquillità al management attuale, che sta operando bene, di poter lavorare al risanamento della banca».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  pa. pic. 
Titolo: Terna, balzo degli investimenti: «Siamo motore della ripresa»
Tema: Terna, profitti a quota 569 milioni

La pandemia non pesa sui conti di Terna che chiude i primi nove mesi con risultati in crescita e la forte accelerazione degli investimenti (+17% tra luglio e settembre), confermando la «guidane» per l’intero 2020. Dall’esercizio in corso il gruppo delle reti di trasmissione, presieduto da Valentina Bosetti e guidato da Stefano Donnarumma, si aspetta ricavi per 2,49 miliardi e un margine operativo lordo (ebitda) di 1,79 . I mesi passati e quelli a venire, afferma Donnarumma, confermano anche il ruolo di Tema «regista della transizione energetica e motore della crescita economica. In quest’ottica – anticipa il ceo – il 19 novembre presentiamo il piano 2021-2025: l’obiettivo è di contribuire ulteriormente alla ripresa dell’Italia». Al 30 settembre, i ricavi salgono del 6,9% a 1,780 miliardi, l’ebitda del 3,5% a 1,323 miliardi, l’ utile netto del 3% a 569,1 milioni. Gli investimenti ammontano a 749,5 milioni e e sono il 12% in più dello scorso anno, in crescita in tutte le aree del Paese. Nel solo terzo trimestre, gli investimenti hanno superato i 321 milioni, con un balzo del 17%. Tra i progetti dei nove mesi, gli interventi sul mercato elettrico in Campania e Sicilia, la razionalizzazione della rete dell’area di Napoli, i cantieri per l’interconnessione con la Francia.
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Testata:  Mf 
Autore:  Follis Manuel 
Titolo: Rete unica, verso accordo Enel-Cdp su Open Fiber
Tema: Rete Unica in tempi brevi

La  rete unica non è più un miraggio, qualcosa finalmente si muove. Forse non a caso ieri nel corso della conference call con gli analisti sui risultati del trimestre di Tim, l’amministratore delegato Luigi Gubitosi ha spiegato di aspettarsi una decisione da parte di Open Fiber «in tempi brevi». Lato Tim, o meglio lato Fibercop, «è tutto pronto. Abbiamo il nostro advisor che comunica con loro. Adesso credo sia tutto nelle mani di Cdp e del governo che stanno parlando con Enel. Stanno facendo passi avanti, ma lascio a loro commenti eventuali». Secondo Gubitosi, per il governo «è arrivato il momento di prendere una decisione e dibattere. E’ arrivato il momento di fare un passo avanti». Il punto è che i due azionisti di Open Fiber, Cdp ed Enel, da mesi discutono sulla governance futura della società. Sul tavolo dell’a.d. di Enel, Francesco Starace, c’è da tempo un’offerta del fondo Macquarie per la quota del 50%, ma la sensazione è che il gruppo guidato da Fabrizio Palermo sia vicino alla soluzione desiderata, ossia finire per avere una quota maggioritaria in Open Fiber. Una volta risolta la questione relativa all’assetto azionario, con Cdp in possesso di una quota tra il 51% e il 60% di Open Fiber, potrebbero esserci impatti sulla governance e sull’attuale ad Elisabetta Ripa, ma soprattutto potrebbe finalmente partire il tavolo per la realizzazione di AccessCo, ossia la società che gestirebbe le principali dorsali italiane delle reti tic. «E una priorità per il nostro governo e speriamo che possa verificarsi subito, il prima possibile», ha aggiunto l’ad; «dobbiamo sviluppare il 5G, il cloud, l’edge computing e l’intelligenza artificiale e la rete ci serve a questo».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  A. Bio. 
Titolo: Accordo a tre per la scuola digitale
Tema: Formazione e Istruzione

Un’intesa triennale, che va oltre quindi il periodo di emergenza legata alla pandemia da Coronavirus e con l’intento di aiutare la scuola italiana ad avvicinarsi a quel livello di digitalizzazione necessario per ottimizzare iprocessi diapprendimento, ma anche inevitabile in un mondo in cui la quotidianità dei ragazzi è impregnata di app, web, tv on demand e tecnologie. È in questo quadro che Ministero dell’Istruzione, Apple e l’Osservatorio Permanente Giovani-Editori hanno siglato nei giorni scorsi un Protocollo d’Intesa «perla realizzazione di attività destinate a rinforzare le competenze digitali dei docenti», come recita un comunicato dell’Oipge presieduta da Andrea Ceccherini. La presenza di Apple rappresenta una prima volta in un percorso arrivato alla partecipazione del colosso guidato da Tim Cook all’interno dei progetti dell’Osservatorio che ha preso corpo negli ultimi anni e suggellato da un ceo Apple che a fine 2019 è stato a Firenze per tenere a battesimo il ventennale de “Il Quotidiano in classe”, progetto dell’Osservatorio Giovani-Editori che coinvolge gli studenti delle scuole superiori di tutta Italia. Per Cook si trattava di un bis, dopo l’inaugurazione del 2017. L’interessamento di Apple rappresenta un biglietto da visita importante per un progetto che, come detto, si è sostanziato nella sigla di un Protocollo che «consentirà di mettere a disposizione, da parte di Apple e Osservatorio, servizi e risorse destinate alla formazione professionale degli insegnanti».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Trump licenzia, Biden assume La vendetta inizia dal Pentagono
Tema: Usa

Joe Biden comincia ad assumere. Donald Trump continua a licenziare. L’incrocio tra il nuovo e il vecchio presidente resta carico di incognite e inquietudini. A Washington circolavano da mesi le voci di una crisi tra Casa Bianca e Pentagono. «Ci sarà una resa dei conti e Mark Esper sarà mandato via», aveva previsto in un’intervista al Corriere del 17 giugno Jeff Gordon, consulente vicino all’Amministrazione. Lunedì 9 novembre Trump ha allontanato il segretario alla Difesa con un tweet e lo ha rimpiazzato con Christopher Miller, responsabile del National Counterterrorism Center. Poche ore dopo, anticipando una probabile rimozione, si sono dimesse altre figure chiave del Dipartimento: James Anderson, sottosegretario per le politiche della Difesa; Joseph Kernan, sottosegretario per l’Intelligence; Jen Stewart, capo dello staff di Esper. Trump li ha rimpiazzati con due fedelissimi: il generale Anthony Tata e il controverso Ezra Cohen-Watnick che nel 2017 aveva messo in sieme un dossier usato dal deputato David Nunes per dimostrare come il comitato elettorale trumpiano fosse stato spiato dall’amministrazione Obama. Finì nel nulla, per mancanza di prove. La «resa dei conti» non finisce qui. Secondo i media americani i prossimi nella lista sono Gina Haspel, direttrice della Cia e Christopher Wray, direttore dell’Fbi. ll presidente pensa di essere stato tradito dai generali e dall’Intelligence. Il Pentagono si è subito chiamato fuori dalla gestione dell’ordine pubblico nel momento delle grandi manifestazioni di Black Lives Matter.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pompetti Flavio 
Titolo: Trump, strategia estrema: boicottare i grandi elettori e restare alla Casa Bianca
Tema: Usa

«Non c’è nessun motivo di allarme per i ricorsi in atto. Presto sapremo quale dei due candidati riceverà la certificazione della vittoria in ognuno degli Stati, poi il collegio elettorale determinerà chi ha vinto». Il messaggio sibillino del leader repubblicano al senato: Mitch McConnell, ha aperto una nuova pagina nella strategia di Trump per disputare l’esito delle elezioni. Una strada contorta e destinata ad approfondire la spaccatura già in atto nel tessuto sociale del paese, ma forse l’unica a questo punto in grado ribaltare il giudizio delle urne. Il sito mediatico Axios l’ha prospettata ieri in un articolo pubblicato sul suo sito. I singoli Stati dell’unione sono chiamati entro l’8 di dicembre a dichiarare che non ci sono contestazioni residue sul voto, e a nominare i grandi elettori. Sei giorni dopo i nominati confermano l’elezione del presidente. I legali del partito repubblicano hanno depositato denunce presso ognuno degli Stati in bilico prima del voto, e dove l’attribuzione della vittoria è stata decisiva nel permettere a Biden di essere considerato il presidente eletto. Sulla base della contestazione in atto, Trump potrebbe chiedere agli amministratori locali di non emettere la certificazione. La costituzione prevede che per evitare l’impasse la nomina dei grandi elettori in questo caso sia fatta dal legislativo locale, dove deputati e senatori sarebbero svincolati dalla scelta delle urne.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Flores d’Arcais Alberto 
Titolo: Un round a Trump La Georgia riconterà tutti i voti a mano
Tema: Usa

14 dicembre 2020. Questa è la data cerchiata di rosso sui calendari della Casa Bianca. Giorno dopo giorno, la strategia di Trump viene delineata con maggiori dettagli, una serie di tappe che attraverso la quotidiana contestazione (“brogli”, “truffe”, “elezioni rubate”) e decine di cause negli Stati-chiave, mira a ribaltare la vittoria del presidente-eletto Biden in un risultato a favore di The Donald. Ieri il presidente ha ottenuto un primo successo “legale”. Le Georgia – dove col 99 per cento di voti scrutinati Biden è in testa di 14mila voti – ha deciso di fare il riconteggio. Brad Raffensperger, il repubblicano Segretario di Stato, ha annunciato che i funzionari riconteranno a mano ogni scheda, in ogni contea, per avere un risultato definitivo entro il 20 novembre. Il recount in Georgia era previsto, la sua ufficialità permette adesso al leader del Grand Old Party e agli avvocati di Trump di concentrarsi meglio su Pennsylvania, Arizona, Wisconsin, gli Stati che considerano ancora “legalmente conquistabili”. La parola d’ordine è guadagnare tempo e congelare la vittoria di Biden, in attesa del giorno decisivo, quel 14 dicembre in cui i 538 grandi elettori voteranno ufficialmente il nome del nuovo Commander in Chief In queste elezioni 2020, in cui nulla è stato come prima – senza rispettare tradizione o fair-play – quella che per quasi due secoli e mezzo (58 elezioni presidenziali) è stata una pura formalità, stavolta potrebbe stravolgere ogni risultato. Quel giorno, a votare in ogni singolo Stato, saranno i delegati scelti per il “Collegio Elettorale”, secondo quanto stabilito dall’articolo 2, sezione 1, della Costituzione Usa.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  D’Argenio Alberto 
Titolo: Intervista a Josep Borrell – Borrell “Con Biden presidente Ue e Usa torneranno alleati”
Tema: Intervista all’alto rappresentante Ue per la politica estera

D. Quando Federica Mogherini tornò dalla sua prima visita a Washington dopo l’elezione dl Trump, affermò chele relazioni tra Ue e Usa non erano più sistematiche, ma “à la carte”: con Biden sarà diverso? «Con Joe Biden sarà differente -risponde Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell Unione, incontrando i giornalisti dell’alleanza Lena — perché l’approccio del presidente eletto è totalmente diverso. Sono certo che per Biden l’Europa non è un errore o una minaccia agli interessi degli Stati Uniti. Ci considera amici, alleati e partner. Penso torneremo ad avere una relazione strutturata. Tuttavia dobbiamo escare realistici in quanto alcuni fatti accaduti durante la presidenza di Trump non sono Imputabili solo alla sua personalità, che ha giocato un ruolo: gli Usa ora guardano più all’interno che all’esterno e la loro frontiera è il Pacifico. Il che significa che quando diciamo che con Biden torneremo ad avere un rapporto strategico, non affermiamo che torneremo agli anni del dopoguerra, ma a quelli di Obama, il primo presidente a spostare l’attenzione sull’Asia». D. E’ per questa ragione che giil europei parlano di autonomia strategica? «Ne parliamo molto e continueremo a farlo perché si tratta di una svolta fondamentale».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Degli Innocenti Nicol 
Titolo: Biden «l’irlandese» costringerà Johnson a essere più realista
Tema: Brexit

L’elezione di Joe Biden è stata accolta con giubilo a Dublino e con una certa inquietudine a Londra. La gioia dell’Irlanda è comprensibile: l’esponente democratico in gennaio diventerà il secondo presidente degli Stati Uniti cattolico e di origini irlandesi dopo John Fitzgerald Kennedy. Biden è orgoglioso delle sue radici e condivide l’interesse dei 33 milioni di americani di origine irlandese perla pace e la stabilità dell’isola. «Sono irlandese e l’Irlanda è scritta sulla mia anima», ha dichiarato di recente. Il Taoiseach irlandese Micheal Martin è stato il primo leader straniero a congratularsi con Biden e uno dei primi a ricevere una sua telefonata martedì, durante la quale il presidente eletto ha ribadito il suo amore per l’isola e l’importanza di tutelare l’Irlanda dai rischi di Brexit. A Londra invece il premier Boris Johnson con la prossima uscita di scena di Donald Trump perde un amico e un alleato, anche se le calde parole di ammirazione del presidente uscente non si sono concretizzate in passi avanti sull’auspicato trattato commerciale bilaterale. Tra le tante, evidenti differenze tra Trump e il suo successore la più rilevante per quanto riguarda Londra è l’atteggiamento verso l’Unione europea, l’Irlanda e Brexit. Biden, al contrario del presidente uscente, è un sostenitore della Ue, fortemente contrario a Brexit e deciso a preservare la pace in Irlanda del Nord evitando il ritorno a un confine interno sull’isola.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: Intervista a Clement Beaune – «Terrorismo? Nessuno esclude l’Italia Ma ora serve una nuova Schengen»
Tema: Lotta al terrorismo

D. Due giorni fa all’Eliseo si è svolto una sorta di «mini-summit» tra Francia, Austria, Germania, Paesi Bassi e Ue a proposito della lotta al terrorismo. L’Italia non era presente, come mai? R. «Non c’è stata alcuna volontà di esclusione. L’idea di par tenza era un colloquio tra Francia e Austria perché sono stati i Paesi più di recente bersaglio di attentati terroristici, a Conflans, Nizza e Vienna. La Germania (presidente di turno del Consiglio Ue) e la Commissione hanno partecipato in virtù del ruolo istituzionale, e il premier olandese Mark Rutte si è aggiunto all’ultimo momento perché voleva mostrare che il suo Paese è molto attivo. Ma non è stato un minisummit, piuttosto una riunione di lavoro, soprattutto franco-austriaca, in un formato che non è destinato a continuare. Ne parleremo ancora al Consiglio europeo di dicembre, e il ruolo di Paesi come Italia e Spagna è fondamentale». Nonostante la festa nazionale (11 novembre, armistizio della Prima guerra), il viceministro degli Affari europei della Francia, Clement Beaune, riceve il Corriere in un quai d’Orsay semi-deserto per parlare di lotta al terrorismo, gestione dell’immigrazione e relazioni tra Parigi e Roma. La riunione ristretta non è dipesa anche dalla convergenza di interessi tra voi Paesi di «migrazione secondaria» rispetto al Paesi di primo arrivo, come Italia, Grecia o Spagna? R. «Onestamente no, perché altrimenti ci sarebbero stati anche altri Paesi, per esempio del Nord Europa. ‘Peniamo particolarmente a lavorare con l’Italia, con la quale abbiamo un’intesa pressoché completa su una riforma della politica migratoria che ha al suo centro un meccanismo di solidarietà obbligatoria tra i Paesi europei».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Micalessin Gian 
Titolo: Il retroscena – «L’Italia mina la sicurezza Ue» E Macron ci escluse dal vertice
Tema: Lotta al terrorismo

«Ogni falla della sicurezza alle frontiere esterne dell’Ue o in uno degli Stati membri è un rischio di sicurezza per tutti gli Stati membri». Le parole del presidente francese in effetti lasciano pochi dubbi. Non esiste falla più evidente di quella in cui è inciampata l’Italia lasciando sbarcare e transitare sul nostro territorio Aouissaoui Bahrain, il terrorista tunisino autore della strage nella chiesa di Nizza. Una falla gravissima che, come ricordano fonti de Il Giornale, il ministro Luciana Lamorgese ha tentato di minimizzare sia durante la riunione del Copasir del 5 novembre, sia durante l’incontro con il collega francese Gerald Darmanin arrivato in visita al Viminale il giorno successivo. E se il fuoco di fila subito durante l’audizione del Copasir l’ha fatta vacillare, le rimostranze dell’omologo d’Oltralpe l’hanno messa definitivamente al tappeto. E, infatti, neanche 24 ore dopo la Lamorgese se n’è uscita con quella proposta di «posizionamento di assetti navali o aerei davanti alle coste tunisine» interpretata da molti come il progetto di un vero e proprio blocco navale. Peccato che a ridimensionarlo ci abbia pensato lo stesso premier Giuseppe Conte. E così ecco arrivare l’esclusione dal vertice di Parigi. Quell’esclusione secondo il magistrato esperto di terrorismo internazionale Stefano Dambruoso «certifica non l’incapacità dei nostri servizi di sicurezza nell’affrontare il terrorismo, ma lo scarso peso diplomatico e la sostanziale irrilevanza del nostro governo nell’ambito della diplomazia securitaria. Una debolezza gravissima per un Paese che essendo attraversato da importanti flussi migratori diventa chiave per la sicurezza dell’intero continente». Gli fa eco il vice presidente del Copasir Adolfo Urso «Non contiamo più nulla – spiega il senatore – perché malgrado lo straordinario lavoro della nostra intelligence alla fin dei conti risultiamo inadempienti. Purtroppo la mancanza di un’iniziativa politica precisa e costante del nostro governo finisce con il vanificare il lavoro svolto sul campo dai nostri organi di sicurezza. E questo oltre ad essere gravissimo spiega perché al vertice di Parigi Macron ha preferito rinunciare all’Italia e invitare al suo posto un Paese come l’Olanda».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ziniti Alessandra 
Titolo: Libia, strage di migranti annega bimbo di sei mesi – La morte di Joseph, 6 mesi Grave dopo il naufragio ma i soccorsi non arrivano
Tema: Strage di migranti nel Mediterraneo

Un fagottino avvolto nella coperta termica dorata nell’incavo del braccio di una soccorritrice, appena tirato su, semiassiderato, dalle acque gelide del Mediterraneo. Avevano gioito a bordo di Open Arms per aver strappato alla morte questo neonató, ancora increduli di come la giovane mamma fosse riuscita a tenerlo a galla dopo essere finita in mare insieme agli altri 117 migranti che viaggiavano su un vecchio gommone che chiedeva invano aiuto da 24 ore, il cui fondo ha improvvisamente ceduto. Ma Joseph, sei mesi appena, non ce l’ha fatta e alle otto di sera è spirato tra le braccia dei medici del team di Emergency che hanno tentato di tutto nella disperata attesa di quei soccorsi che da bordo erano stati subito richiesti. Troppo gravi le condizioni del neonato, che aveva bisogno di essere subito portato in ospedale, ma alla richiesta di evacuazione medica urgente ha risposto, e tardi, solo l’Italia, facendo partire una motovedetta da Lampedusa che è arrivata due ore dopo. Troppo tardi per Joseph, ucciso dall’indifferenza e dal disimpegno dell’Europa che ha svuotato il Mediterraneo di una flotta di soccorsi, militari ma anche civiIi, mettendo fuori gioco ormai quasi tutte le navi umanitarie: ben sette quelle fermate dall’Italia dopo ogni sbarco con i più fantasiosi rilievi, persino quello paradossale di portare a bordo troppi salvagente. Non ne avesse avuti tanti la Open Arms, certamente le vittime del naufragio di ieri, con 117 persone in acqua, sarebbero state ben più delle sei che i volontari tuffatisi in mare non sono riusciti a salvare.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Linardi Giorgia – Brinis Valentina 
Titolo: Quel neonato travolto dal mare
Tema: Strage di migranti nel Mediterraneo

E’ morto un neonato ieri sera, aveva sei mesi, era stato appena salvato dal mare insieme alla sua mamma. E’ morto senza lacrime tra le braccia dei volontari di Open Arms e dei medici di Emergency che sono abordo con loro. In meno di una settimana questa missione estrema, una delle ultimissime nel Mediterraneo, ha soccorso oltre duecento persone: le ultime 111 (ne hanno appena soccorse altre 65) , raggiunte ieri al largo della Libia dopo una segnalazione di Frontex, annaspavano aggrappate a un gommone quasi sgonfio intorno cui galleggiavano 5 cadaveri. Non conosciamo niente di questi fantasmi a parte le condizioni da subito gravissime di un ragazzo, una donna al sesto mese di gravidanza e due bambini, anzi uno. Il secondo è quello che poche ore fa non ce lira fatta. Sono immagini dure quelle che, nel chiedere un porto sicuro, Open Arms ha deciso di diffondere in un Italia già provatissima dalla pandemia. Sguardi di terrore, volti lividi, angoscia su angoscia. Lo sappiamo. Il virus non risparmia nessuno, tutti siamo fragili, tutti abbiamo persone care contagiate, nonni esposti al rischio massimo. Eppure crediamo sia nostro dovere di umani raccontare cosa continua a succedere nel Mediterraneo centrale, dove il lavoro dei soccorritori è mosso dalla medesima pulsione etica che anima i medici in prima linea nei pronto soccorso assediati dal coronavirus.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Santelli Filippo 
Titolo: Dimissioni di massa A Hong Kong sparisce l’opposizione
Tema: Cina, blitz sull’opposizione

Ieri l’Assemblea nazionale di Pechino ha annunciato di aver approvato una risoluzione che consente al governo di Hong Kong di destituire in via diretta e immediata, senza passare da un tribunale, I parlamentari protagonisti di atti contro la sicurezza nazionale. E l’esecutivo locale è subito passato all’azione, privando del seggio quattro esponenti dell’opposizione democratica, tre membri del Civic Party, Alvin Yeung, Dennis Kwok e Kwok Ka-kl, e il rappresentante di una associazione professionale, Kenneth Leung. Per tutta risposta tutti gli altri 19 esponenti ciel campo democratico si sono dimessi in massa, lasciando all’interno del Consiglio legislativo, il Parlamento, solo i membri della maggioranza pro Pechino. La già limitata democrazia di Hong Kong si riduce a simulacro. Questo nuovo blitz sull’opposizione, che arriva mentre negli Stati Uniti è in corso la difficile transizione tra Trump e Biden, è l’ultimo prodotto della draconiana legge sulla sicurezza nazionale introdotta da Pechino in giugno. La norma punisce atti indipendentisti e di sedizione, ma ribadisce anche che i politici eletti a Hong Kong devono essere fedeli alla patria, definita nei termini del Partito comunista. Due dei parlamentari squalificati avevano chiesto al governo americano di sanzionare le autorità centrali e locali protagoniste della stretta, parole che per Pechino costituiscono un appello all’interferenza straniera. Gli altri due non avevano fatto dichiarazioni esplicite, ma sono stati giudicati legati a persone o gruppi con posizioni illegali.
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