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SINTESI IN PRIMO PIANO – 12 marzo 2021

In evidenza sui principali quotidiani:
– Covid, 12 regioni verso il rosso
– Il Pd prova a ripartire da Letta
– La Bce potenzia gli acquisti per sostenere l’economia
– L’Europa ferma AstraZeneca
– Draghi nomina Zappia: sarà la prima donna ambasciatrice negli Usa

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Da lunedì l’Italia chiude: 18 regioni a rischio tra rosso e arancione. L’indice di contagio in aumento – Tutta l’Italia chiude per pandemia Le regole della Pasqua blindata
Tema: Covid
L’Italia chiude da lunedì. La curva epidemiologica in rapida salita porta la maggior parte delle Regioni in fascia arancione e rossa. Serrata per i bar e i ristoranti, milioni di studenti costretti alla didattica a distanza, limitazioni per negozi, parrucchieri e centri estetici. La circolazione del Covid 19, agevolata dalle varianti, fa salire l’indice di contagio Rt oltre la soglia critica e le ordinanze del ministro della Salute Roberto Speranza faranno entrare nelle due fasce più alte di rischio quasi tutto il Paese. Il governo vara oggi il decreto che inasprirà le misure e blinderà anche la Pasqua con divieti che saranno validi fino al 6 aprile. II bollettino di ieri con 25.673 nuovi casi, 373 vittime e un indice di positivita al 6,9 fa scattare nuovi divieti. E altri potrebbero aggiungersi sulla base del nuovo parametro che l’esecutivo inserirà nel provvedimento per rendere automatiche le chiusure con 250 casi settimanali ogni 100 mila ab itanti. L’allarme di Giovanni Rezra, direttore della Prevenzione del ministero della Salute è netto: «I casi stanno aumentando, noi già la settimana scorsa abbiamo puntato l’indice sull’Rt che stava aumentando e di fatto, in diverse Regioni, vediamo la circolazione delle varianti, soprattutto inglese e brasiliana, che circolano rapidamente. Questo fa sì che il numero di casi incrementi. Bisogna adottare misure restrittive per arginare la diffusione delle varianti e fare un invito ai cittadini a mantenere comportamenti estremamente prudenti».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano – Tonacci Fabio 
Titolo: AstraZeneca, paura in Europa – AstraZeneca, lotto ritirato dopo tre morti sospette Allarme in tutta Europa
Tema: vaccini

C’è una partita di vaccino AstraZeneca sotto inchiesta in Italia. Si tratta del lotto contrassegnato dalla sigla ABV2856, con 250 mila dosi distribuite in tutto il Paese. Duecentoquindicimila sono state già somministrate senza intoppi, se si escludono piccoli, previsti e prevedibili effetti collaterali. Tre casi di «evento avverso fatale» sono però stati segnalati all’Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco: dopo la somministrazione della prima dose – in un episodio sedici giorni dopo – tre pazienti in Sicilia sono morti. Al momento non è stata dimostrata la correlazione diretta tra la puntura e il decesso ma tanto è bastato per far accadere tre cose: la sospensione in via precauzionale, da parte di Alfa, della somministrazione dei vaccini del lotto ABV2856; il sequestro effettuato dai carabinieri del Nas di tutte le fiale di quel lotto non ancora utilizzate in 88 città italiane; e l’apertura di tre inchieste penali per omicidio col poso a Siracusa, Catania e Trapani. Gli indagati finora sarebbero una dozzina: si tratta di tutti coloro che nella filiera – a partire dagli stabilimenti di produzione e infialamento di AstraZeneca (il lotto è uscito dal sito di Anagni della Catalent) sino a coloro che hanno effettuato l’inoculo – che hanno avuto a che fare con le fiale sotto indagine. Il caso più delicato è ad Augusta, dove un sottoufìficiale della Marina militare, Stefano Paternò, 43 anni, è morto 15 ore dopo aver fatto il vaccino. Dopo aver ricevuto la dose alle 10 del mattino, come raccontato dai familiari, ha avuto febbre alta e convulsioni e nella notte lo ha ucciso un arresto cardiaco: l’autopsia stabilirà se c’erano problemi preesistenti, soprattutto a livello cardiaco.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Viola Antonella 
Titolo: L’analisi – Ma ora serve trasparenza – I cittadini devono essere rassicurati ora l’azienda fornisca l’accesso ai dati
Tema: vaccini
In attesa di capire cosa sia accaduto e se c’è un nesso tra la somministrazione del vaccino e i decessi, l’Istituto Superiore di Sanità ha deciso di bloccare questo lotto e analizzarlo. Anche in Austria ci sono state delle segnalazioni di effetti gravi a seguito della somministrazione di un lotto (diverso dal nostro) del vaccino di AstraZeneca; in particolare, si sono registrati quattro eventi tromboembolici (alterazioni della coagulazione del sangue) che in un caso hanno portato alla morte del soggetto. E, anche in questo caso, il lotto è stato bloccato per accertamenti. Altri Paesi, invece, hanno deciso di bloccare del tutto la somministrazione del vaccino di AstraZeneca; Danimarca, Islanda e Norvegia hanno optato per una sospensione in via cautelare, in attesa di chiarimenti. Cosa sta succedendo? L’azienda non ha fornito dati utili a orientarci. Non sappiamo quanti siano stati gli eventi di questo tipo durante gli studi clinici o se questi lotti possono avere qualcosa di diverso rispetto agli altri. II commento dell’azienda produttrice che «il vaccino è generalmente ben tollerato» non può essere sufficiente, così come Ema non può dire con certezza che gli eventi tromboembolici non hanno nulla a che fare con la vaccinazione senza aver ottenuto i risultati di tutte le autopsie. Tuttavia, quello che possiamo provare a fare è analizzare i dati che abbiamo a disposizione per muoverci senza panico.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vitale Giovanna 
Titolo: Pd, Letta parla già da segretario “Non accetterò nessun diktat”
Tema: Pd

«Deve essere chiaro che non accetterò imposizioni, né ultimatum da nessuno». È un Enrico Letta molto di lotta e poco di governo, lontano anni luce dal democristiano felpato e accomodante sin qui conosciuto, l’uomo che stamattina annuncerà di aver accettato la guida del Pd. Che gli verrà ufficialmente consegnata domenica in Assemblea nazionale, con voto palese e pressoché unanime. Nicola Zingaretti su Facebook battezza a nome della maggioranza interna la candidatura dell’ex presidente del Consiglio. «È la soluzione più forte e autorevole», rivendica la scelta il leader dimissionario. «La migliore garanzia per un rilancio della nostra sfida di grande partito popolare, vicino alle persone e non alle polemiche. Promotore di un progetto per l’Italia e l’Europa e baricentro di qualsiasi alternativa alle destre», scrive nel lungo post che somiglia tanto a un messaggio ai naviganti. La linea politica non cambia. E lui, che oggi formalizzerà l’ingresso dei 5S nella giunta del Lazio, è pronto a difenderla: «Abbiamo riacceso la speranza e io ci sarò», ribadisce dopo aver riunito il gotha di Piazza Grande, la mozione con cui due anni fa vinse le Primarie, in procinto di farsi corrente organizzata. Fin dalla prima chiamata alle armi, ricevuta sabato scorso, il direttore della Scuola Affari internazionali di Sciences Po sapeva di avere pochi margini per dire no. Pena, la dissoluzione di un progetto che tredici anni fa lui stesso aveva contribuito a creare. «Bisogna salvare il Pd», lo avevano esortato Gentiloni e Franceschini, i primi a chiedergli di mettersi alla testa di un esercito in rotta, uscito malridotto dalla caduta del Conte II, ferito a morte dalla guerra intestina fra generali. Premesso che con la sua leadership si apre una fase nuova, gli ex renziani vogliono capire se l’ex premier ha intenzione di inaugurare un percorso di maggior impegno sull’agenda Draghi; di maggiore autonomia politica rispetto all’alleanza coi 5S; di discussione seria sul profilo e l’identità del Pd. Lasciando al segretario in pectore la libertà di indicarne le forme: se cioè con un congresso vero oppu re tematico.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Meli Maria_Teresa 
Titolo: Sì di Letta al Pd: ora tutti uniti Il sostegno cli Zingaretti – Letta scioglie la riserva: lavoreremo insieme, non ci saranno vendette o epurazioni
Tema: Pd

L’ex premier ha spiegato a tutti i suoi interlocutori che «è venuto il tempo di ricostruire e di rilanciare il Pd», ha tenuto a sottolineare soprattutto una cosa: «Non cerco un’unanimità di facciata e comprendo alcuni dubbi e obiezioni. Sono pronto a chiarire per un lavoro comune». Quinid per essere ancora più esplicito ha aggiunto «Non ci saranno nè epurazioni nè vendette, per rilanciare il Partito democratico servono tutte le energie». Parole, queste ultime, che hanno definitivamente rassicurato Base riformista che domenica darà il suo appoggio a Letta. A questo punto nemmeno il Congresso è più una questione dirimente: se sarà tematico — come sarà — la minoranza non si opporrà. Tematico, ossia politico, per definire l’orizzonte e l’identità del Partito democratico. L’importante è fissare una linea. E in questo senso Letta ha gi&ag rave; qualche idea in mente. L’agenda Draghi, innanziitutto, a cui il Pd contribuirà con le sue idee. E poi il tema della alleanze, di cui, probabilmente, parlerà íl giorno dell’investitura, cioè domenica, per dire, in sostanza, che le alleanze vanno ricercate ma che la proposta politica non è definita dalle alleanze ma da ciò che il Pd sarà in grado di elaborare. Dunque Letta si avvia a diventare segretario con il plauso di (quasi ) tutti. Anche le donne del Pd (e non è una novità) rinunciano a presentare una loro candidata alle assise di domenica. E Debora Serracchiani, indicata da molte come possibile rappresentante delle donne nella corsa alla leadership declina e spiega: «Dobbiamo privilegiare l’unità». Anche íl presidente della Regione Lazio è della partita: «lo cl sarò», annuncia su Facebook, come a voler testimoniare che le sue pur traumatiche dimissioni non corrispondono a una rottura con il Pd.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: La Nota – Un Pd costretto a emanciparsi dalla identità del passato
Tema: Pd

Ritenere che il successore di Zingaretti debba nascere con le stimmate dell’antirenzismo viene ritenuto un errore: più il segno di un’ossessione di alcuni settori del Pd verso un’esperienza finita, che il risultato di un’analisi fredda dei problemi. Senza un ripensamento radicale del partito e della sua funzione, l’operazione si ridurrebbe al piccolo cabotaggio della sopravvivenza; alla consumazione di qualche vendetta; e a un’ipoteca delle correnti ancora più forte di quanto sia stata finora. Né convincerebbe lo schema di un segretario «alla Mario Draghi», che diventerebbe il doppione sbiadito del presidente del Consiglio. In realtà, il profilo è da costruire e plasmare intorno a quello che Letta, se toccherà a lui, ha rappresentato finora. Proprio il giudizio liquidatorio di Zingaretti su un Pd del quale ha detto di «vergognarsi» sembra imporre una risposta forte. Al momento, però, appare indefinita: anche nel l’attribuzione del potere decisionale a chi sarà scelto come leader. L’Assemblea che si riunisce domenica non è il luogo migliore per legittimare un nuovo segretario. Evoca un sistema basato sulla cooptazione e, in questo caso, spinto a una scelta di cambiamento dettata dalla disperazione. Zingaretti dà a Letta il suo personale viatico, con un Pd «baricentro di qualsiasi alternativa alle destre». Ma rovesciare l’immagine di un partito avviato al capolinea non sara facile, senza una visione nuova del Paese, una squadra credibile e il tempo per realizzarla.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: Il M5S tratta con Casaleggio sui soldi E Conte incontra i capigruppo
Tema: M5S
Strade che si incrociano o si dividono dal percorso dei Cinque Stelle: come quelle di Giuseppe Conte e Davide Casaleggio, entrambi al centro di incontri riservati. L’ex premier sta disegnando il suo progetto politico per il rilancio del M5S, un progetto che a sentire i ben informati potrebbe avvalersi del contributo In prima linea di molte donne. Conte sta procedendo a passi spediti con la sua «rifondazione» del Movimento: ha incontrato i capigruppo pentastellati Davide Crippa e Ettore Lichera. Un passaggio per spiegare la «road map» contiana verso il nuovo partito, con un coinvolgimento diretto dei gruppi. II presidente di Rousseau, invece, è nel mirino dei parlamentari per il «manifesto Controvento» e sta cercando una difficile mediazione per il ruolo della piattaforma. La presentazione del manifesto è sempre oggetto di aspre critiche. «Se vuole fare il recall per gil eletti perché non si può fare per chi amminis tra Rousseau?». «Il suo documento è irricevibile: quale partito paga un gestore di servizi che si permette di mettere becco su come formuli i tuoi quesiti?». A gettare altra benzina sul fuoco sono le dichiarazioni di Enrica Sabatini a Piazzapulita. la socia di Rousseau pone tre condizioni per la partnership e poi precisa: «Se la partecipazione non è considerata prioritaria e c’è invece una struttura gerarchica che prende decisioni dall’alto, non ha senso utilizzare un metodo che funziona per organizzazioni orizzontali. La partecipazione non è “accendi e spegni” quando ti serve». Tuttavia, nonostante le polemiche e i malumori, la trattativa tra M5S e Rousseau va avanti sottotraccia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Salvaggiulo Giuseppe 
Titolo: Donazioni ai partiti Il M5S è il più “ricco” in un anno 8 milioni
Tema: donazioni ai partiti

Nel 2020 il Pil italiano è calato del 9%, quello dei partiti del 22%. Hanno ricevuto 21 milioni di euro di donazioni private (il canale di finanziamento rimasto assieme al 2 per mille, una volta abolito quello pubblico), contro i 27 dell’anno prima. Gran parte delle donazioni (circa 17 milioni) è in realtà una partita di giro, perché proviene dai parlamentari. Il Movimento 5 Stelle è il partito più «ricco». Secondo Transparency International Italia, che da tre anni raccoglie, elabora e rende fruibili i dati sul sito www.soldiepolitica.it, la via della trasparenza è ancora lastricata di buone intenzioni: le informazioni sui donatori sono parziali e il ruolo di fondazioni, associazioni e comitati resta opaco. Nel 2020 i 21 milioni di euro provengono da 1500 donatori che hanno effettuato 12 mila erogazioni. Come nel 2019, sul podio dei beneficiari Movimento 5 Stelle (7,9 milioni), Lega (6,2) e Pd (2,4)». Il principale do natore è il Comitato Iniziative 5 Stelle. Creato nel 2019 per organizzare la kermesse «Italia 5 Stelle», ha girato al Movimento 140 mila euro. Questo comitato fa parte della galassia di sei tra fondazioni e associazioni (tra cui Rousseau) che circonda il Movimento, alimentandolo sia dal punto di vista politico che finanziario, in modo non del tutto trasparente. Ben 17,7 milioni su 21 arrivano ai partiti da parlamentari o ministri.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colaprico Piero 
Titolo: Intervista a Giuseppe Sala – Sala: “Scelgo il green e vado con i Verdi europei Nel Pd troppe correnti” – Sala “La mia svolta green Vado con i Verdi europei tra i dem troppe correnti”
Tema: Sala aderisce ai Verdi

– «Ho deciso, aderisco ai verdi europei». dice Beppe Sala. Sindaco, lei è in campagna elettorale. Perché una decisione così drastica e sorprendente? «Perché non c’è più tempo da perdere. La questione ambientale riguarda il nostro presente e il futuro dei nostri figli. Come cittadino e come sindaco sono sempre più convinto che il miglioramento delle politiche pubbliche parta dalle strategie di sviluppo delle città. E miglioramento per me significa puntare con coraggio e decisione su sviluppo sostenibile e avanguardia ambientale. Lo penso da sempre. A Milano ho creato, e gestito in prima persona, l’assessorato alla Transizione Ecologica». Ma perché decide ora? «Adesso questi due miei percorsi sindaco e appassionato ecologista – si uniscono. E per me aderire ai Verdi Europei significa, prima di tutto, fare meglio il sindaco di Milano. E rendere Milano una città sempre più protagoni sta nello scenario internazionale. La mia non è una scelta “sorprendente”, è ponderata». Secondo lei, nel Pd che effetto farà la sua scelta? «Nella mia esperienza personale da sindaco, l’interlocuzione con il Partito democratico è stata sempre positiva e leale. Il Pd milanese è tra i più solidi d’Italia e vanta rappresentanti e militanti competenti e appassionati. In molti territori e amministrazioni locali il partito è forte ed efficiente. Ora però il Pd nazionale sta attraversando un momento difficile e io non avrei propriamente il diritto di dire la mia da “interno”, perché non lo sono, ma Zingaretti paga la scelta del Pd di dare troppo spazio, da troppi anni, alle correnti. Spero che questo momento possa essere superato presto e aggiungo solo che seguirò con interesse l’assemblea nazionale». E come giudica l’ ipotesi Enrico Letta alla segreteria? «Enrico è un amico e un suo ruolo attivo in questa fase non potrebbe che farmi piacere, ma, ripeto, non sta a me giudicare la discussione interna al Pd».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Violante Luciano 
Titolo: Un futuro per il Parlamento
Tema: regolamento Camere

In posti chiave, Economia, Transizione ecologica, Mobilità, Innovazione digitale, Sviluppo economico, Cultura, Lavoro, Salute, Pubblica amministrazione, Istruzione, Ricerca scientifica, prevalgono le competenze sui fatti, proprie dell’economia, rispetto a quella sulle norme, propria della cultura giuridica. È in corso un salutare riorientamento dalle leggi ai risultati. Fermi questi positivi primi passi, il governo e i partiti dovrebbero affrontare un problema istituzionale, la cui mancata soluzione potrebbe vanificare i risultati che ci attendiamo. Si tratta del funzionamento delle Camere, nella prossima legislatura, dopo la riduzione del numero di parlamentari. Gli obbiettivi strategici messi a punto da Draghi e gli impegni derivanti dal Recovery Plan vanno ben oltre le elezioni politiche. Il governo ha impostato tre grandi transizioni che impegneranno l’intero decennio: la transizione energetica, digitale e ambientale. Occorrerà attuare con tempestività i progetti del Recovery, altrimenti verranno negate le rate del finanziamento. L’intento di superare il gender gap va tradotto in concreti atti politici. Infine, va messo in piedi un primo cauto programma di ridimensionamento del debito. Se Parlamento e governo, indipendentemente dal colore delle maggioranze, non avranno gli strumenti per affrontare questi straordinari impegni, rischiamo di tornare indietro. Le elezioni politiche, salvo sorprese, si terranno nel 2023. Occorre quindi intervenire entro l’estate 2022, un anno circa da oggi. Dopo, tra legge di bilancio e incombenze di fine legislatura, non ci sarà più tempo. Dovremmo inoltre approvare entro quei termini la nuova legge elettorale e adeguare i Regolamenti parlamentari al nuovo assetto delle Camere. Il metodo dovrebbe essere quello del minimo indispensabile e non del massimo possibile. Gli obbiettivi sono due: a) rafforzare il governo in Parlamento; b) aumentare la capacità di decisione e controllo delle Camere.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ceccarelli Filippo 
Titolo: Vezzali sottosegretaria Sullo sport la scelta pop del governo dei migliori
Tema:

Oggi Valentina Vezzali sarà nominata sottosegretario allo sport, unica casella lasciata libera, per complicate ragioni che mettono in causa la vita stessa dell’intero comparto. L’idea, un pochino ingenua, sarebbe che in un governo mezzo “tecnico” e “dei migliori” la più grande campionessa di scherma di tutti i tempi, la più medagliata (16 ori mondiali, 13 europei, 3 alle Olimpiadi), la più riconosciuta all’estero e in patria dove fino a ieri ha fatto tante cose buone (l’ultima mettersi a disposizione per il progetto “Legend” di Sport e Salute), ecco, l’idea sarebbe di farla passare come una scelta appunto “tecnica”, aggettivo che più ambiguo non ce n’è. Così, pur con la quasi certezza che difficilmente si rimpiangeranno i predecessori di partito Lotti e Spadafora, la scelta sembra rientrare piuttosto nel novero pop, per il format dei migliori. E qui la faccenda si fa doppiamente delicata perché da un lato l’odierna politica &egr ave;, rispetto allo sport, tanto rapinosa quanto parassitaria; mentre dall’altro ecco che Vezzali, proprio perché grandissima campionessa, reca in dote quel che con sorriso, o un sospiro, o un’alzata di occhi, comunque si definisce “un bel caratterino”. Accortezze e buon senso sconsigliano di calcare sul fattore femminile. Per quanto sconquassato, lo sport abbonda di campioni maschi scemi, bulli, viziati. Ma negli organismi collettivi la figura della Prima Donna è per sua natura problematica, divisiva. Per cui ci si limita a ricordare che quando nell’estate del 2015 Matteo Renzi era lì lì per promuovere Vezzali a ministro dello Sport, da quel mondo si registrò la classica levata di scudi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Longo Grazia 
Titolo: Insulti e minacce al Quirinale Dieci indagati
Tema: gli attacchi al Quirinale

C’è il sospetto di una regia unica, di una rete sovranista, dietro la tempesta di tweet con minacce di morte al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La procura di Roma, coordinata da Michele Prestipino, ha finora indagato dieci persone, residenti in varie parti d’Italia, da Aprilia ad Asti passando per Bari e Viterbo, accusate di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato. Un reato per cui si procede direttamente, senza querela da parte della vittima. Gli indagati hanno un’età compresa tra 45 e 61 anni e sono quasi tutti antieuropeisti, populisti, simpatizzanti della destra estrema, qualcuno addirittura con un passato in Forza Nuova. Ieri mattina la Digos e la polizia postale, su disposizione del pm Eugenio Albamonte, ha perquisito le loro abitazioni e ha sequestrato i loro telefoni cellulari e computer. Il materiale informatico sarà ora attentamente esaminato proprio per accertare il sospetto di un’unica rete sovranista. Intanto, già d a un primo esame si è avuta la conferma che sono proprio loro gli hater che si celavano dietro falsi account per minacciare il Presidente.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bufacchi Isabella 
Titolo: Bce potenzia gli acquisti per sostenere l’economia L’inflazione punta al 2% – Diga Bce all’aumento dei tassi: accelerano gli acquisti di bond
Tema: aiuti Bce

Saliranno in maniera significativa nel prossimo trimestre gli acquisti del programma pandemico Pepp per mantenere tassi e rendimenti bassi, spaziando tra i Paesi dell’area dell’euro dai titoli di Stato alle obbligazioni societarie e a tutte le classi di attività, nel breve, medio e lungo periodo, al fine di preservare condizioni di finanziamento favorevoli per imprese, famiglie e Stati, per ridurre l’incertezza e rafforzare la fiducia. Lo ha stabilito ieri il Consiglio direttivo della Bce, adottando all’unanimità una decisione che per il prossimo trimestre almeno metterà nero su bianco quel che il mercato si aspetta dal Pepp. Diradata così già da ieri quella nebbia di confusione e dubbi che ha avvolto i mercati nelle ultime settimane, quando l’aumento ingiustificato dei rendimenti dei titoli di Stato nell’area dell’euro, trascinati all’insù dai Treasuries Usa, è stato contrastato dalla Bce con più parole ma non con più ac quisti. Per evitare un inasprimento « indesiderato e prematuro» delle condizioni di finanziamento, «incompatibile» con l’impatto della pandemia sull’inflazione, «nel prossimo trimestre gli acquisti nell’ambito del Pepp saranno condotti a un ritmo significativamente più elevato rispetto ai primi mesi di quest’anno», è stato detto ieri. Sull’entità degli interventi, la presidente Christine Lagarde ha chiarito che non esiste «un importo prestabilito» e questo è comprensibile vista l’ampia flessibilità del Pepp e soprattutto la volontà della Bce di non ingabbiarsi dentro automatismi e interventi meccanici. In quanto al periodo di riferimento temporale di un trimestre, Lagarde ha detto che la valutazione «congiunta» delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione, che ha portato ieri all’incremento degli acquisti, coinciderà tra tre mesi con le prossime proiezioni macroeconomiche. La cadenza trimestrale potrebbe divenire una prassi consolidata del Pepp, allentando e allungando i tempi delle aspettive del mercato adesso accorciate di settimana in settimana, inciampando in fattori tecnici.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Masciandaro Donato 
Titolo: Perché la Bce ha deciso di ricaricare il bazooka
Tema: aiuti Bce

In fasi macroeconomiche ad alta incertezza  i rischi connaturati alla azione di una banca centrale possono essere asimmetrici. È l’odierno dilemma della Banca centrale europea: rischio di contribuire a una ricaduta recessiva, oppure a una ripresa dei prezzi al consumo? La risposta di Francoforte è molto chiara: i costi del primo evento sono molto più alti del secondo. È una risposta che si basa su una stella polare, anche ieri ribadita dalla Lagarde: l’àncora delle decisioni è l’andamento nel medio periodo dell’inflazione e delle relative aspettative. È auspicabile che la parola «àncora» prenda progressivamente il posto di «target»: in un orizzonte di medio periodo una politica monetaria credibile è quella che si propone di contribuire a una sana dinamica dei prezzi, non certo quella che pretende di determinarla da sola. Allo stesso tempo, l’àncora dell’inflazione è il presidio i stituzionale, tutelato dal Trattato, che garantisce l’indipendenza della Bce dalla politica. È la complementarietà tra l’efficacia economica della politica monetaria e l’indipendenza politica della banca centrale che consente di provare ad avere una regola monetaria flessibile, che va poi comunicata. Ed è proprio in questa prospettiva di “flessibilità regolata”, che la Lagarde ha chiarito due punti importanti: 1 – In assenza di novità, se anche durante il 2021 l’inflazione arrivasse al 2%, la Bce considerebbe il fatto un fenomeno temporaneo, confermando il suo orientamento espansivo. 2 – Per avere azioni coerenti con l’àncora inflazionistica la Bce in questa fase utilizzerà in modo continuo e sistematico una serie di bussole che sono concretamente una batteria di tassi di interesse nominali, su titoli pubblici e privati, come pure relativi ai mercati creditizi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: «Aiuti Bce più veloci» – La Bce accelera gli acquisti Lagarde vede la ripresa ma resta troppa incertezza
Tema: aiuti Bce

Non è chiaro quanto la Bce sia disposta a tollerare che l’intera area resti a pochi passi da una corrosiva deflazione anche in futuro. Ieri, malgrado i tentativi di spiegarsi e trovare il punto d’equilibrio in un Consiglio direttivo diviso, la presidente ha finito per rifugiarsi dietro una coltre di ambiguità. Non per la prima volta. E come in passato, nei prossimi giorni i mercati si apprestano inevitabilmente a metterla alla prova — vendendo titoli di Stato europei— per capire quali siano le sue reali linee rosse. Il problema che la Bce ha davanti è dato da una situazione per niente nuova: come nel 2009 gli Stati Uniti stanno uscendo da una crisi globale prima dell’area euro. La campagna vaccinale già avanzata e un piano di stimolo senza precedenti che vale il 9% del prodotto lordo, varato dalla Casa Bianca di Joe Biden, stanno già innescando un forte rimbalzo. Manny Roman di Pimco, prevede già una crescita del 7% negli Sta ti Uniti quest’anno. II mercato se n’è accorto e prevede un aumento dell’inflazione americana, tanto che i rendimenti dei titoli a dieci anni del Tesoro Usa sono saliti da 0,5% in agosto a 1,5% oggi. Nelle ultime settimane lo spostamento è accelerato e ha trascinato con sé i rendimenti dei titoli dei governi europei. II rendimento del titolo italiano a 10 anni è quasi raddoppiato da 0,44% il 12 febbraio a 0,83% il 25 febbraio, movimenti simili si sono visti nel costo del debito di tutti i Paesi dell’euro. Per imprese e famiglie prendere un prestito in banca ora rischia di costare di più, anche se Lagarde stessa ieri ha detto che la zona euro resta per ora in recessione.Questo è esattamente il dilemma di fronte a cui si trova la banca centrale: poco leggibile per il grande pubblico, ma essenziale per il suo benessere futuro. Perché la Bce ha a disposizione ancora mille miliardi circa del suo arsenale per interventi straordinari varato con la pandemia.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Il Parlamento vuole altri commissari Giovannini: non sia la prassi – Infrastrutture, la maggioranza vuole «molti altri commissari» Giovannini: non sia la prassi
Tema: infrastrutture

Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, incassa il parere positivo di Camera e Senato che gli consente di avviare al rush finale il commissariamento delle prime 58 opere  indicate nello schema di Dpcm avviato da Conte. Ora bisogna fare le intese con le Regioni sulle opere locali, poi la firma di Mario Draghi. Giovannini esprime «soddisfazione» per aver superato indenne un passaggio politico delicatissimo e per poter «accelerare la realizzazione di 58 opere importanti per lo sviluppo del nostro Paese, attese da molto tempo da cittadini e imprese». Ne beneficerà tutto il Paese – afferma il Ministro – «e in particolare il Mezzogiorno, dove è prevista la quota maggiore di investimento». L’avvio delle attività «fomirà anche uno stimolo all’occupazione e alla ripresa economica, consentendo uno spostamento del traffico a favore del trasporto ferroviario, in linea con l’obiettivo di uno sviluppo più sostenibile». Ma – dopo i pareri di ieri – il ministro è seduto su un vulcano. Si è scatenata una corsa ai commissari che la maggioranza considera, evidentemente, l’unica soluzione possibile per sbloccare le infrastrutture. Il parere chiede infatti di inserire «molte altre opere» nel secondo decreto promesso da Giovannini, che dovrà essere «di consistenza considerevolmente più ampia nel numero delle opere e nelle risorse per esse impegnate». Non solo, le commissioni Ambiente e Trasporti chiedono di «condividere preventivamente la definizione dell’elenco degli interventi infrastrutturali da inserire nel prossimo decreto» e già indicano criteri di selezione netti. «Si abbia cura – affermano – di inserire prioritariamente le opere che siano in stato di avanzamento progettuale a livello esecutivo, cantierabill e con un quadro finanziario definito, utilizzando lo strumento dei lotti funzionali e costruttivi per la realizzazione delle grandi opere che necessitano di importanti finanziamenti».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mania Roberto 
Titolo: Intervista ad Enrico Giovannini – Giovannini: “Un piano per semplificare le opere pubbliche” – Giovannini “Al via opere pubbliche che valgono 66 miliardi”
Tema: infrastrutture

Un “piano semplificazioni” per accelerare la realizzazione delle opere pubbliche che potranno beneficiare anche delle risorse europee del Next Generation Eu. II ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, spiega come il governo si muoverà agendo su più fronti: quello del Codice degli appalti, quello della progettazione a livello locale, quello dei commissariamenti quando occorrerà, quello delle procedure burocratiche. «Perché – dice – non possono essere i commissari l’unica soluzione, né si può pensare di replicare il modello Genova dal momento che li si è operato in condizioni straordinarie e irripetibili». Ministro, intanto il Parlamento ha dato il via libera al commissariamento di 58 opere già finanziate per circa 40 miliardi, per un valore complessivo di 66 miliardi. Sono opere che lei ha definito “particolarmente importanti e significative”, tra queste, per esempio, l’al ta velocità Salerno-Reggio Calabria. Quando partiranno i lavori? «In tempi brevi perché il Parlamento ha accettato la lista delle opere e dei commissari che avevamo presentato. Si tratta di alte professionalità, come tecnici provenienti da Anas o dalle Ferrovie, già pronti a iniziare a lavorare. La velocità di esecuzione dovrebbe essere elevata. Ho lavorato in questa prospettiva dal primo giorno in cui mi sono insediato. Entro aprile sarà poi pronto un secondo decreto per sbloccare altre opere da approvare entro giugno». Quante e quali? «È partita la ricognizione delle stazioni appaltanti. Ci vorranno alcune settimane. Entro aprile, ripeto, ci sarà una nuova lista di opere». Entro aprile per intercettare le risorse del Next Generation Eu? «C’è un incrocio tra queste opere pubbliche, comprese alcune delle 58 già sbloccate, con i fondi europei. Il Piano di ripresa e resilienza prevede che diverse opere possano essere finanziate con le risorse europee. Purché rispettino i vincoli previsti dalle regole di Bruxelles: servono progetti molto dettagliati e sostanziosi. E che abbiano un impatto positivo sull’economia e sulla vita di imprese e cittadini, in un ottica di sviluppo sostenibile. Il tutto entro il 2026 deve essere messo in esercizio».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fotina Carmine 
Titolo: L’Italia ha speso solo il 48% dei fondi Ue – Clima, ambiente, Pa e inclusione frenano la spesa dei fondi Ue
Tema: Recovery

La difficoltà italiana nella spesa dei fondi europei è ancora più evidente proprio nelle aree considerate strategiche per rispondere alla crisi e poste al centro del Recovery Plan: cambiamento climatico, ambiente, pubblica amministrazione e inclusione sociale. Dall’ultimo monitoraggio della Ragioneria generale emerge che, a fine 2020, della programmazione 2014-2020 l’Italia ha speso il 48,7% su 73,4 miliardi di euro, compreso il cofinanziamento nazionale. C’è tempo fino a dicembre 2023. Ancora più indietro la spesa del Fondo sviluppo e coesione. Intanto va avanti la partita sui fondi 2021-2027: il piano di ripartizione delle risorse europee presentato alle regioni vede in forte aumento i fondi per Lombardia e Lazio. Le regioni (e la Ue) chiedono un taglio di almeno 2 miliardi per i programmi nazionali gestiti dai ministeri, ai quali andranno già le risorse del Recovery Plan e di React-Eu.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Magatti Mauro 
Titolo: Un patto tra generazioni per guardare al futuro
Tema: Recovery

Si parla di ricostruzione. Lo ha fatto anche Mario Draghi quando ha concluso il suo discorso di insediamento, richiamandosi allo spirito di ricostruzione post bellica per affrontare i difficili passaggi che ci aspettano. Ma oggi non ci sono macerie. La pandemia ha lasciato molti morti, reso precari molti posti di lavoro, mandato in rovina molti cornmercianti e piccoli imprenditori. Ma non lascia sul terreno palazzi o ponti da rimettere in piedi, da cui ripartire concretamente. Attorno a noi non c’è la materialità della distruzione che l’esito di un conflitto bellico pluriennale si lascia dietro. Si aggiunga che, nel dopoguerra, l’agenda economico-politica era relativamente facile da scrivere: permettere l’accesso al benessere materiale a quella ampia parte di popolazione che lo doveva ancora conquistare. Oggi, al contrario, abbiamo un problema di sostenibilità (economica, ambientale, sociale) che ci chiede di cambiare i nostri modi di produrre e consumare. Pi&ugr ave; che ricostruire oggi dobbiamo ripensare l’economia. Per questo, e importante la visione del futuro. Il mondo non va ricostruito, ma reinventato. E questo è necessario sia per riuscire a cogliere le opportunità di sviluppo che abbiamo davanti — cosa tutt’altro che scontata, vista la difficoltà di stesura del Recovery plan — sia per scongiurare il rischio che tra la popolazione prevalgano sfiducia e scoramento. Sono tanti gli imprenditori che, viste le tante difficoltà, sono tentati di chiudere le loro aziende. Ricostruire senza macerie significa riuscire a definire meglio il senso di quello che vogliamo fare. Ed è per questo che sostenibilità e digitalizzazione non possono essere viste in chiave esclusivamente tecnocratica ma come cardini di un nuovo modello di sviluppo che deve indicare quale «benessere», quale società vogliamo ora raggiungere.
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Testata:  Giornale 
Autore:  De Francesco Gian_Maria 
Titolo: Subito i soldi sul conto – Partite Iva in crisi, piano di Lega e Fi per aiuti più rapidi nel dl Sostegno –
Tema: ristori
Ristori ad aziende e partite Iva in tempo reale e direttamente sul conto corrente. E’ su questo obiettivo che si sta impostando il pressing del centrodestra sul governo Draghi per lasciarsi alle spalle ritardi ed errori del governo Conte-bis. «L’aggravamento della crisi rischia di avere ulteriori devastanti conseguenze sulle aziende che hanno già subito cali di fatturato importanti, che, in alcuni settori, come nel turismo, hanno raggiunto addirittura il 90%», ha dichiarato ieri in un messaggio video il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, aggiungendo che «per queste imprese e per le partite Iva è quindi indispensabile procedere subito con dei sostegni al fine di scongiurare migliaia e migliaia di perdite di posti di lavoro». Secondo il leader azzurro, lo Stato può e deve «rimborsare gran parte dei costi fissi alle medie e grandi imprese che hanno perso il 30% o più delle loro entrate ed anche alle piccole e piccolis sime imprese che hanno perso il 70% o più del loro fatturato». L’Agenzia delle Entrate, ha proseguito, «ha tutti gli strumenti per appurare quanto un’impresa o un piccolo imprenditore abbiano perso negli ultimi 12 mesi rispetto al 2019 e quindi per rendere possibili le erogazioni dei risarcimenti in pochi giorni». Anche la Lega è sulla stessa lunghezza d’onda. «Abbiamo chiesto rimborsi immediati sui conti correnti e poi che le decisioni prese siano attuate nel giusto tempo», ha dichiarato ieri il leader della Lega, Matteo Salvini, precisando che, tuttavia, «non sarà sufficiente e sarà necessario un ulteriore scostamento di bilancio».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Vico Dario 
Titolo: I più deboli rimasti senza aiuti
Tema: welfare

Sono poco meno di 3 milioni, hanno pagato il prezzo più salato alla devastazione del virus (la mortalità si è concentrata tra persone ultraottantenni con due o tre patologie concomitanti) ma ciononostante non riescono ad ottenere la giusta e necessaria attenzione. Si aspettavano che, una volta illuminata dal media la loro condizione, politica e amministrazione agissero di conseguenza e invece niente. Sono il piccolo esercito degli anziani che vivono nelle Rsa o in casa propria ma non sono autosufficienti vuoi a causa di una riduzione drastica della mobilità fisica vuoi per un grave disturbo cognitivo (il terribile Alzheimer tra tutti). Avrebbero bisogno di assistenza continuativa domiciliare o residenziale per rispondere alla condizione di dipendenza permanente, però non trovano interlocutori e risposte. Perché se è vero che la spesa corrente per il welfare italiano pende sul lato pensionistico, una è la condizione di un ex lavo ratore settantenne in buona salute, altra e diversa quella di un anziano che dipende dai congiunti per le funzioni vitali e il sostentamento materiale. Su questa esigenza di rappresentanza e di voce si muove il Network Non autosufficienza, una rete di esperti affiancata da 8 associazioni di malati di Alzheimer e Parkinson, da Cittadinanzattiva, Forum del Terzo Settore, Forum Disuguaglianze diversità e sostenuta da Caritas Italiana.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cazzullo Aldo 
Titolo: Torino, la Fiat e la Juve Lo stile dell’Avvocato – Torino, il mondo Il secolo dell’Avvocato
Tema: 100 anni fa nasceva Gianni Agnelli

Torino era il Centro dell’universo di Giovanni Agnelli, e non solo perché vi era nato. Da Torino, dalla città-fabbrica traeva la propria forza, da quella Mirafiori che pareva la città dell’Apocalisse, con le mura e i sotterranei, dalle vie squadrate e dalle ventitré porte spesso affollate di sovversivi venuti a incontrare o sobillare gli operai, che negli Anni ’70 a migliaia percorrevano i reparti brandendo una spranga di ferro e scandendo: «Agnelli, l’Indocina/ ce l’hai nell’officina!». Era insomma quella Gerusalemme terrena una fonte di guai, e anche di violenze; ma era anche una fonte di potere e di legittimazione, che consentiva all’Avvocato di andare a Roma a parlare con il presidente del Consiglio da pari a pari, anche perché i politici cambiavano ma il capo della Flat restava sempre lui. Certo, Agnelli non amava e forse non sapeva esercitare la forza in prima persona. Quando nel 1946 Vittorio Valletta gli aveva detto «ci son o soltanto due possibilità, o fa lei il presidente o lo faccio io», aveva risposto «professore lo faccia lei». La vicenda di Giovanni Agnelli però non riguarda solo l’economia. Nella propria biografia, nei suoi chiaroscuri riassumeva un secolo di storia del Paese, che lui aveva attraversato quasi per intero. Nato nell’ultimo anno dell’era liberale, il 1921, di cui aveva ricevuto l’impronta attraverso il precettore Franco Antonicelli cresciuto nel ventennio del regime, conobbe la Seconda guerra mondiale sul fronte russo prima e su quello africano poi. Dopo 113 settembre passo le linee per unirsi alla divisione Legnano, i soldati italiani che combattevano con gli americani, ed ebbe un grave incidente stradale con la soreua Suni da cui uscì con una gamba a pezzi. Attraversò la dolce vita degli anni Cinquanta, il miracolo economico dei Sessanta, la rivolta dei Settanta, la modernizzazione degli Ottanta, la mondializzazione dei Novanta. Le sue città di elezione erano Parigi e New York, i suoi interlocutori erano Jacques Delors, il banchiere Andre Meyer, Iienry Kissinger, David Rockefeller, cui telefonò per annunciare che aveva ricomprato con l’aiuto di Goldman Sachs il Rockefeller Center che e ra finito ai giapponesi. Però il centro del suo universo era, e rimase sempre, Torino.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: L’esordio di Biden da presidente in tv: parte la ricostruzione
Tema: Usa

Vaccini, sussidi per i bassi redditi e una scommessa sulla riconversione energetica. Joe Biden ha lanciato ieri sera la seconda fase dell’azione di governo. II presidente americano ha tenuto il suo primo discorso alla Nazione, all’ora di cena, quella del massimo ascolto. Poco prima ha firmato il pacchetto anti-Covid da 1.900 miliardi di dollari, commentando: «È una legge storica che servirà a ricostruire la spina dorsale del Paese». Biden ha anche ricordato come nelle scorse settimane «l’American Rescue Plan sia stato appoggiato da una maggioranza schiacciante di cittadini: le loro voci sono state ascoltate». I repubblicani gli hanno lasciato completamente la scena. Nessun parlamentare conservatore, neanche uno, ha votato a favore di un provvedimento così atteso da gran parte dell’opinione pubblica. Eppure lo scorso anno, proprio di questi tempi, Donald Trump aveva varato un piano di soccorso dal valore ancora più alto: 2.100 m iliardi di dollari, cui vanno aggiunti gli altri 900 stanziati a dicembre del 2020. In ogni caso ora Biden può passare alla fase successiva. La campagna dei vaccini sta accelerando. «Un adulto su quattro negli Stati Uniti ha ricevuto la prima dose e adesso siamo leader nel mondo dal punto di vista delle vaccinazioni. Ecco che cosa significa andare avanti», ha twittato il presidente. L’Amministrazione si è appena assicurata un’ulteriore fornitura di 100 milioni di fiale da Johnson & Johnson. «Entro maggio — assicura Biden — ci saranno dosi sufficienti per immunizzare tutti gli americani. Non è lontano il momento in cui si potrà tornare alla normalità».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: L’America riparte Biden: “Aiuti e vaccini per la ricostruzione”
Tema: Usa

Il presidente parla a una nazione in piena rinascita sui due fronti che contano di più e che lui stesso indicò come priorità nel discorso dell’Inauguration day: economia e pandemia. 24 ore prima Biden ha annunciato l’acquisto di altri 100 milioni di dosi monouso dalla Johnson & Johnson e ha confermato un accordo produttivo con la concorrente Merck che mette a disposizione alcune sue fabbriche per rafforzare la capacità produttiva. Molte restrizioni vengono tolte, siamo entrati nel dopo-lockdown. Ieri ha firmato la sua prima legge di bilancio, 1.900 miliardi di dollari di spese che mandano subito assegni o bonifici da 1.400 dollari ai tre quarti della popolazione. Molte famiglie riceveranno già questo weekend i sussidi dal Tesoro. La prima manovra di spesa pubblica dell’era Biden vale quasi quanto il Pil annuo dell’Italia, è un sostegno alla ripresa superiore ad ogni raffronto internazionale, e più del doppio di quanto l’Ammini strazione Obama-Biden spese nella prima manovra anti-crisi del 2009 (benché la recessione di 12 anni fa fosse più grave). La spesa pubblica aggiuntiva, insieme con una campagna vaccinazioni sempre più rapida (ormai supera i tre milioni al giorno) consentir&agr ave; agli Stati Uniti di agganciare una crescitadi tipo cinese, +7% a fine anno, e aggiungerà un punto percentuale al Pil dell’intero pianeta nel 2021. Un elemento chiave dietro l’accelerazione della crescita è che aggiunge reddito alle famiglie, in una fase in cui erano molto meno impoverite di quanto si temesse. Benché la manovra Biden si chiami American Rescue Plan, non è più un “salvataggio” in quanto la ripresa era già cominciata. Grazie alle manovre di spesa precedenti, varate nel 2020 sotto l’Amministrazione Trump, a fronte di una perdita di redditi pari a 490 miliardi di dollari le famiglie americane avevano ricevuto trasferimenti pubblici per 1.300 miliardi. C’è stata quindi una sovra-compensazione del danno e una parte degli americani si sono scoperti un po’ più ricchi per effetto della pandemia.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Valsania Marco 
Titolo: Biden, contenimento di Pechino con gli alleati asiatici
Tema: rapporti Usa-Cina

Dalla sua finestra l’ex governatore dell’Alaska e mancata aspirante repubblicana alla vicepresidenza Sarah Palin vantava, improbabilmente, di poter gettare lo sguardo e controllare le mosse d’un vecchio avversario americano, la Russia. L’amministrazione democratica di Joe Biden ha scelto adesso Anchorage, nello stato dell’estremo nordovest americano proiettato verso l’Asia, per “vedere” le carte del nuovo grande rivale strategico, la Cina: sarà teatro, giovedì prossimo, del primo faccia a faccia bilaterale. Un colloquio che però rischia di offrire una visibilità forse non molto migliore di quella immaginata da Palin sulla partita a scacchi geopolitica oggi più incerta per gli Stati Uniti. La posta in gioco: combinare un contenimento di Pechino e pressioni per riforme economiche, militari, di sicurezza e di rispetto di diritti umani e politici – con una caccia alla cooperazione su sfide globali, dal clima alle pandemie. Essenziale per realizzar e questo difficile equilibrio è in realtà un altro, imminente incontro inaugurale che fa da contraltare al dialogo di Anchorage. Biden parteciperà oggi in videoconferenza al primo summit del Quad, l’informale Nato asiatica con India, Giappone e Australia, impegnata proprio a limitare l’aggressività di Pechino nella regione. Un Quadrilateral Security Dialogue che è stato definito esplicitamente come “centrale” per gli Stati Uniti, da un osservatore privilegiato, il premier di Canberra Scott Morrison. Di certo il Quad ha già intensificato in epoca recente le sue attività, comprese esercitazioni militari congiunte. Prima di sedersi con le controparti di Pechino, il Segretario di stato Antony Blinken e il Segretario alla Difesa Lloyd Austin faranno inoltre tappa presso due alleati, ancora il Giappone e la Corea del Sud. La complessità del rebus cinese è salita alla ribalta nell’ultima testimonianza al Congresso di Blinken, che in Alaska sarà affiancato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Alla domanda se la Casa Bianca baratterà concessioni a Pechino per schiarite, ad esempio, sull’effetto serra – la Cina è leader nelle emissioni – ha risposto «no&ra quo;.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Il valzer dei nostri diplomatici: Zappia prima donna a Washington
Tema: nomine dipolmatici

Una tornata di nomine nei posti chiave della diplomazia italiana. L’ha decisa ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, d’intesa con Mario Draghi, in una girandola di cambi che va da Washington a Berlino sino a Bruxelles e Tokyo. La sede di Washington, la più importante per la nostra diplomazia, sara guidata da Mariangela Zappia, già consigliera diplomatica sia di Renzi che di Gentiloni. In uscita da Washington Armando Varricchio si trasferisce nell’altrettanto cruciale sede di Berlino. Novità anche per la rappresentanza europea a Bruxelles, finora guidata da Maurizio Massari, che per scadenza di mandato cede il suo posto all’ex consigliere diplomatico di Giuseppe Conte, Piero Benassi. Verso il Palazzo di Vetro, la rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite, proprio Massari, dopo una tappa obbligata a Roma, per aver ricoperto per oltre otto anni una sede all’estero. Prima il Cairo poi Bruxelles. A Tokyo andrà il ministro plenipotenziario Luigi Bene detti. Mariangela Zappia è stata la prima donna ambasciatrice italiana alla Nato e, successivamente, alle Nazioni Unite. Armando Varricchio, ex consigliere diplomatico con Letta va al posto di Luigi Mattiolo, chiamato dal premier Mario Draghi a Palazzo Chigi come consigliere diplomatico.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colarusso Gabriella 
Titolo: Draghi nomina Zappia Sarà la prima donna ambasciatrice negli Usa
Tema: nomine diplomatici
In oltre 30 anni di carriera diplomatica, Mariangela Zappia ha rotto per tre volte quello che gli americani chiamano il glass ceiling , il tetto di vetro: prima donna ambasciatrice italiana alla Nato, nel 2014; prima rappresentante italiana alle Nazioni Unite, nel 2018; e ora prima donna ambasciatrice a Washington, un ruolo chiave per i nostri rapporti internazionali. La notizia dell’incarico è arrivata ieri insieme ad altre nomine definite dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro degli Esteri Luigi di Maio su alcune delle più importanti ambasciate italiane: Armando Varricchio, attuale titolare della sede a Washington, andrà a Berlino mentre alla rappresentanza a Bruxelles si insedia Piero Benassi, già consigliere diplomatico del premier Conte. A Washington Zappia arriva dopo una carriera iniziata nel 1983: «Ero l’unica del mio concorso!», ha rivelato qualche anno dopo ricordando come la carriera diplomatica sia stata aperta alle donne solo nel 1967. Ancora oggi la diplomazia è una professione prevalentemente maschile, le donne rappresentano circa il 23 % di tutto il personale. Anche se fra loro vi sono figure di spicco come Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina. Sessantuno anni, prima di quattro figli, ha imparato da ragazzina ad adattarsi ai ritmi di una vita in movimento seguendo il papà militare e la mamma casalinga romagnola in giro per l’Italia. Spirito di servizio, curiosità, passione per i viaggi. La prima sede all’estero fu in Senegal, cooperazione allo sviluppo, di quegli incarichi con cui si fanno le ossa molti diplomatici agli inizi. Poi le Nazioni Unite, nel 1993, il primo intervento all’assemblea con la bandiera dell’Italia. Zappia, che è madre di due figli, fa parte dell'”International gender champions network”, una rete internazionale che lavora per l’empowerment femminile ovvero per costruire gli strumenti che mettano le donne nelle condizioni di entrare nei processi, di tenere insieme vita privata e lavoro, e di fare carriere come quella diplomatica che richiedono un alto livello di flessibilità e mobilità.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Stato di diritto, Polonia e Ungheria ricorrono contro il meccanismo
Tema: ricorso alla Corte di giustizia Ue

La Polonia e l’Ungheria hanno presentato ieri ricorso davanti alla Corte europea di Giustizia contro il regolamento approvato alla fine dell’anno scorso e che vincola l’esborso dei fondi comunitari al rispetto dello stato di diritto. La decisione, pur clamorosa, era attesa. Il ricorso non impedirà alla Commissione europea di monitorare il rispetto dei principi democratici nei due paesi, ed eventualmente chiedere il congelamento dei fondi una volta pubblicata la sentenza. «Riteniamo che tali soluzioni non abbiano alcuna base giuridica nei trattati, interferiscano con le competenze degli Stati membri e violino il diritto dell’Unione europea», si legge in una dichiarazione del governo nazionalista polacco pubblicata ieri a Varsavia. Su Facebook, la ministra della Giustizia ungherese Judit Varga ha aggiunto che secondo il governo ungherese «la legislazione comunitaria è una violazione della legge e non può rimanere in vigore». Alla fine dell’anno scorso, il regolamento era stato oggetto di un difficile negoziato politico. Ungheria e Polonia, appoggiate in parte anche dalla Slovenia, fecero di tutto per evitare un meccanismo che intende proteggere il bilancio comunitario, così come il Fondo perla Ripresa, da frodi, ruberie e altri reati. Sia Varsavia che Budapest sono oggetto di una procedura ex articolo 7 dei Trattati per via di ripetute scelte politiche che stanno mettendo in dubbio i principi democratici. Il meccanismo prevede che Bruxelles verifichi il rispetto dello stato di diritto nei paesi membri e possa chiedere al Consiglio di congelare l’esborso di fondi comunitari, nel caso di violazione dei principi democratici. In un vertice europeo a fine dicembre, i Ventisette avevano deciso che le linee-guida da usare nell’applicazione del meccanismo sarebbero state messe a punto solo dopo un eventuale ricorso e la conseguente presa di posizione della Corte.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Perria Sara 
Titolo: Nuovo bagno di sangue Aung San Suu Kyi accusata di corruzione
Tema: Birmania
Ieri mattina la televisione di Stato birmana trasmetteva ginnastica di gruppo, suggerendo ai birmani come mantenersi in forma. La sera, la lista delle persone uccise dalle forze di sicurezza è arrivata ad almeno dodici, per un totale di settanta dall’inizio del golpe militare del primo febbraio. Gli arrestati, fra prigionieri politici e coloro che protestano contro la giunta, sono oltre duemila. La più celebre, Aung San SuuKyi, ex consigliera di Stato di nuovo agli arresti domiciliari, si è vista recapitare una nuova accusa, quella di corruzione per aver accettato 600 mila dollari e «oro, 11 chilogrammi. Nel clima attuale, dove la Nobel per la Pace è stata anche accusata di possesso illegale di walkie talkie e di aver infranto le restrizioni per il Covid, la credibilità delle accuse appare risibile. Il nuovo tassello di questa presa di potere voluta dal generale Min Aung Hlaing è stato interpretato dai birmani come un ulteriore attacco alla richiesta di democrazia, espressa non solo a gran voce, ma a costo della vita da tutte le etnie del Paese. Con una eccezione più silenziosa: quella del Rakhine, già scenario della violenta repressione dei musulmani Rohingya. I militari sarebbero riusciti ad accordarsi con la Arakan Army, il gruppo di guerriglia che in tempi recenti aveva inaspettatamente aperto uno dei fronti più caldi fra i tanti conflitti etnici del Paese. Di ieri, la decisione della giunta di rimuovere la AA dalle liste di organizzazioni denominate «terroriste», con la possibilità di aderire al processo di Pace. Qui le manifestazioni sono state molto meno numerose che altrove. Ma la direzione che vuole prendere il resto del Paese continua a essere espressa in maniera chiara. Le proteste si accompagnano a violenta repressione ovunque, anche in una piccolissima cittadina come Myaing, nel centro del Paese, dove si è verificato il maggior numero di uccisioni – otto – e di feriti – più di venti.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Polese Fabio 
Titolo: Myanmar, altri 12 morti Il parroco-eroe in piazza «Ora il mondo ci aiuti»
Tema: Birmania
Ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una dichiarazione in cui condanna l’uso della violenza da parte dei militari, ma non ha minacciato nessuna sanzione reale nei confronti della giunta militare a causa dell’opposizione di Cina, Russia, India e Vietnam. «Abbiamo ribadito il nostro sostegno al popolo del Myanmar», ha detto Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. «Speriamo che questo spinga i generali a rendersi conto che è assolutamente essenziale che tutti i prigionieri siano rilasciati e che i risultati delle elezioni di novembre siano rispettati». Oltre alle parole però, servono i fatti. «Abbiamo bisogno che la comunità internazionale stia concretamente dalla parte del nostro popolo e intraprenda azioni forti contro il regime militare», dice padre Celso Ba Shwe, parroco della Cattedrale di Cristo Re nella città di Loikaw, nello Stato Kayah, che nei giorni scorsi – insieme a un pastore protestante – ha fermato l’avanzata della polizia contro i manifestanti. «Tanto sangue è già stato versato, non vogliamo che continui. ll mondo non deve tacere davanti alle sofferenze del nostro popolo. Aiutateci a combattere contro ingiustizie e crimini, a liberarci da questa drammatica situazione», ha aggiunto. Da quando sono iniziate le rivolte contro il golpe militare del primo febbraio, la comunità cattolica del Paese si è subito schierata in difesa della popolazione. «Abbiamo paura che gli agenti di polizia uccidano i giovani manifestanti. La nostra presenza di persone di fede, operatrici di pace, può aiutare a farli desistere. Per questo siamo qui in strada», hanno detto alcune suore di Myitkyina, capitale dello Stato Kachin, nel Nord del Myanmar.
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Testata:  Avvenire
Autore:  Lambruschi Paolo 
Titolo: Cristiani d’Etiopia ancora una strage – Etiopia, altra strage in chiesa: ventinove trucidati in Oromia
Tema: Etiopia

Ancora un massacro di fedeli ortodossi in Etiopia. La strage risale al 5 marzo scorso ed è avvenuta nella regione dell’Oromia, la più grande del Paese. Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella chiesa ortodossa di Abo a Debos Kebele, ha riferito l’Addis Standard. Testimoni oculari hanno raccontato che i terroristi hanno ucciso il prete in chiesa e portato nella vicina foresta di Gerji 28 persone, tra le quali 21 donne con bambini piccoli, le quali sarebbero state prima violentate e poi uccise con i figli. Una sopravvissuta, scampata allo stupro e alla strage perché sieropositiva, ha accusato l’Esercito di liberazione Oromo (Ola). La milizia, però, ha inviato all’Addis Standard una lettera respingendo ogni responsabilità e accusando un altro gruppo. Oltre al conflitto in corso nel Tigrai il gigante del Como d’Africa è dilaniato da anni da violenze interetniche sempre più frequenti, in particolare in Oromia e nel Beshangul Gumu z, regione al confine col Sudan. Dopo il suo insediamento nel 2018, il premier Abiy Ahmed, primo capo di governo oromo, ha avviato un processo di riconciliazione per disarmare i gruppi ribelli e assorbirli nel sistema partitico. Negli ultimi giorni, però, due tra i più grandi partiti di opposizione oromo hanno annunciato che boicotteranno le elezioni politiche di giugno per gli arresti e la repressione del governo federale che ha incarcerato due leader del principale gruppo etnico del Paese, Jawar Mohammed e Bekele Gerba, dopo i disordini seguiti all’omicidio nel giugno 2020 del cantante Hachalu Hundessa soffocati dalla polizia con decine di vittime. Fuori dalle elezioni anche il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf) contro cui il governo ha sferrato il 4 novembre un’offensiva militare non ancora conclusa.
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